ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  77,  comma
2, della legge della  Regione  Siciliana  28  dicembre  2004,  n.  17
(Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2005), promosso
dal Tribunale ordinario di Termini Imerese, in  funzione  di  giudice
del lavoro, nel procedimento vertente tra M.G. A. e altri e il Comune
di Trabia e altro, con ordinanza del 7 giugno 2017,  iscritta  al  n.
156 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di costituzione di M.G. A. e altri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  19  febbraio  2019  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Sergio Galleano e Vincenzo De Michele per M.G.
A. e altri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Termini  Imerese,  in  funzione  di
giudice del lavoro, con ordinanza del 7 giugno 2017, iscritta  al  n.
159 del reg.  ord.  2017,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 77,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Siciliana 28 dicembre 2004,  n.  17  (Disposizioni  programmatiche  e
finanziarie per l'anno 2005),  in  riferimento  all'art.  117,  primo
comma, della Costituzione, in relazione alla direttiva n.  1999/70/CE
del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa  all'accordo  quadro  CES,
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. 
    La  disposizione  censurata,  escludendo   l'applicabilita'   del
decreto legislativo  6  settembre  2001,  n.  368  (Attuazione  della
direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro  a  tempo
determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES) «ai contratti  a
termine volti  alla  stabilizzazione  dei  soggetti  destinatari  del
regime transitorio dei  lavori  socialmente  utili»,  contravverrebbe
alla direttiva 1999/70/CE,  consentendo,  in  mancanza  di  oggettive
ragioni giustificatrici, un numero illimitato di rinnovi,  senza  mai
pervenire alla stabilizzazione dei lavoratori. 
    2.- Il rimettente premette: 
    - di essere stato adito da piu' lavoratori  che  avevano  chiesto
che fosse dichiarato che  i  Comuni  datori  di  lavoro  avevano  «in
violazione della Direttiva UE [recte: CE] 1999/70, posto in essere un
abuso  nell'utilizzazione  dei   contratti   a   termine»,   con   la
consequenziale  costituzione  di   rapporti   di   lavoro   a   tempo
indeterminato o, in subordine, con la condanna al pagamento  in  loro
favore  di  una  somma  non  inferiore  a  venti   mensilita'   della
retribuzione; 
    - che i contratti erano stati  stipulati  in  base  all'art.  12,
comma 2, seconda  parte,  della  legge  della  Regione  Siciliana  21
dicembre  1995,  n.  85  (Norme  per   l'inserimento   dei   soggetti
partecipanti ai progetti di utilita' collettiva di  cui  all'art.  23
della legge 11 marzo 1988, n. 67 ed interventi  per  l'attuazione  di
politiche attive del lavoro), che  disciplina  la  realizzazione  dei
progetti di utilita' collettiva. 
    3.- Tanto premesso, il giudice  a  quo  osserva  che,  poiche'  i
contratti  oggetto  della  controversia,  seppure  caratterizzati  da
finalita' sociali e collettive, hanno ad oggetto rapporti  di  lavoro
subordinato ai sensi dell'art. 2094 del codice  civile,  sussiste  il
dubbio di legittimita' costituzionale. 
    L'esclusione della applicabilita' della disciplina dei  contratti
a termine - e quindi della sanzione della trasformazione del rapporto
di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo  indeterminato,  in
caso  di  abusiva  reiterazione  -  contravverrebbe   agli   obblighi
eurounitari espressi dalla direttiva 1999/70/ CE. 
    Il giudice a quo richiama la tematica dei contratti a termine del
personale della scuola, affrontato  dalla  sentenza  della  Corte  di
giustizia dell'Unione europea (CGUE) 26 novembre  2014,  nelle  cause
riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri, e
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 187 del 2016. 
    4.- La questione sarebbe  rilevante,  poiche'  in  ragione  della
norma censurata, i ricorsi dovrebbero  essere  rigettati,  mentre  in
caso contrario sarebbero accolti, salva la successiva  determinazione
della tutela risarcitoria accordabile ai lavoratori. 
    5.- In data 31 ottobre 2017,  si  sono  costituiti  i  lavoratori
ricorrenti del giudizio a quo. 
    I ricorrenti prospettano  che  la  norma  censurata  esula  dalla
potesta' legislativa regionale. 
    Espongono, inoltre,  che  l'art.  5  della  legge  della  Regione
Siciliana 27 (recte: 29) dicembre 2010, n. 24 (Proroga di  interventi
per l'esercizio finanziario 2011. Misure di stabilizzazione di lavoro
a tempo determinato) ha stabilito che  l'utilizzo  dei  contratti  di
lavoro flessibile e' consentito nei limiti previsti dall'art. 36  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche) e nel rispetto dei principi previsti dal d.lgs. n. 368 del
2001. 
    I lavoratori,  in  particolare,  ripercorrono  la  giurisprudenza
della CGUE, e  richiamano  la  giurisprudenza  di  legittimita'  che,
successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  e'  intervenuta   su
analoghi ricorsi (Corte di cassazione, sezione  lavoro,  sentenze  27
ottobre 2017, n. 25672, n. 25673, n. 25674 e n. 25675). 
    6.- Il 29 gennaio 2019 i ricorrenti del giudizio principale hanno
depositato memoria con la  quale,  pur  insistendo  nell'accoglimento
della questione, hanno richiamato il mutamento  della  giurisprudenza
di merito intervenuto in ragione dei principi enunciati  dalla  Corte
di cassazione nelle citate sentenze. 
    7.-  Il  19  febbraio  2019   i   ricorrenti   hanno   depositato
documentazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Termini  Imerese,  in  funzione  di
giudice  del  lavoro,  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 77,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Siciliana 28 dicembre 2004,  n.  17  (Disposizioni  programmatiche  e
finanziarie per l'anno 2005),  in  riferimento  all'art.  117,  primo
comma, della Costituzione, in relazione alla direttiva n.  1999/70/CE
del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa  all'accordo  quadro  CES,
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. 
    2.- La norma  impugnata  prevede:  «Le  disposizioni  di  cui  al
decreto legislativo 6  settembre  2001,  n.  368,  non  si  intendono
applicabili ai contratti a termine  volti  alla  stabilizzazione  dei
soggetti destinatari del regime transitorio  dei  lavori  socialmente
utili». 
    Secondo il rimettente  la  non  applicabilita'  della  disciplina
attuativa  della  direttiva  1999/70/CE  a  contratti  che,   seppure
caratterizzati da finalita' sociali e collettive,  hanno  ad  oggetto
rapporti di lavoro subordinato a termine, riconducibili  allo  schema
negoziale dell'art.  2094  del  codice  civile,  darebbe  luogo  alla
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., consentendo  un  numero
illimitato di rinnovi, senza  oggettive  ragioni  giustificatrici,  e
senza pervenire alla stabilizzazione dei lavoratori. 
    3.- Va premesso che, come questa Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
affermare, le parti del giudizio a  quo,  costituitesi  nel  giudizio
incidentale, non  possono  integrare  i  parametri  costituzionali  o
ampliare  il  thema  decidendum  come   esposto   nell'ordinanza   di
rimessione (da ultimo, sentenza n. 248 del 2018). 
    4.- La questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
Tribunale di Termini Imerese, e' inammissibile, in quanto  e'  basata
su una erronea ed incompleta ricostruzione del quadro normativo,  sia
nazionale che europeo relativo alla complessa vicenda dei contratti a
termine. 
    5.- Il rimettente premette che i  contratti  in  oggetto  trovano
fondamento nella legge della Regione Siciliana 21 dicembre  1995,  n.
85 (Norme per l'inserimento dei soggetti partecipanti ai progetti  di
utilita' collettiva di cui all'art. 23 della legge 11 marzo 1988,  n.
67 ed interventi per l'attuazione di politiche  attive  del  lavoro),
che ha disciplinato, tra l'altro, la  realizzazione  da  parte  degli
enti  locali  di  progetti  di  pubblica  utilita',  avvalendosi   di
lavoratori socialmente utili, mediante la  stipula  di  contratti  di
diritto privato. 
    6.- Il  rimettente,  tuttavia,  nell'effettuare  il  processo  di
sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta,  ha  fatto
riferimento  all'art.  2094  cod.  civ.,  e  ha  cosi'  escluso   una
diversita' strutturale dei rapporti di lavoro in  questione  rispetto
agli ordinari rapporti  di  lavoro  subordinato  a  termine  con  una
pubblica amministrazione; pertanto ha ritenuto tali rapporti estranei
alle ipotesi che la clausola 2, punto  2,  dell'accordo  quadro  CES,
UNICE e CEEP nel lavoro a tempo determinato,  concluso  il  18  marzo
1999,  sottrae  al  proprio  campo  di  applicazione  («rapporti   di
formazione  professionale  iniziale  e  di   apprendistato»   nonche'
«contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di  un  programma
specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale
pubblico o che usufruisca di contributi pubblici»). 
    Tale premessa va considerata  alla  luce  della  decisione  della
Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) del 15 marzo  2012,  in
causa C-157/11, Sibilio, ove si  e'  affermato  (paragrafo  49),  con
riguardo al punto 1 della  clausola  2  dell'accordo  anzidetto,  che
«Tenuto conto degli obiettivi perseguiti dall'accordo  quadro  [...],
si  deve  rilevare  che  la  qualificazione  formale,  da  parte  del
legislatore [...], del rapporto costituito tra una persona che svolge
lavori socialmente utili e l'amministrazione pubblica per cui vengono
effettuati questi lavori non puo' escludere che a detta persona debba
tuttavia essere conferita  la  qualita'  di  lavoratore  in  base  al
diritto nazionale, se tale qualifica formale e' solamente fittizia  e
nasconde in tal modo un reale rapporto di lavoro  ai  sensi  di  tale
diritto». 
    7.- In questa prospettiva, peraltro, assume un  rilievo  centrale
l'art. 36 del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche), in particolare il comma 5, secondo cui la
violazione di  disposizioni  imperative  riguardanti  l'assunzione  o
l'impiego di lavoratori da parte delle pubbliche  amministrazioni,  e
dunque l'abusivo ricorso ai contratti a termine, non puo'  comportare
la trasformazione del rapporto  di  lavoro  a  tempo  determinato  in
rapporto di lavoro a tempo  indeterminato,  ma  attribuisce  solo  il
diritto al risarcimento del danno. 
    Al riguardo vi e' ampia giurisprudenza della CGUE. 
    Sin dalla sentenza 7 settembre 2006,  causa  C-53/04,  Marrosu  e
Sardino (paragrafo 49) la Corte del Lussemburgo ha chiarito  che  una
normativa  nazionale  «che  vieta  nel  solo  settore  pubblico,   la
trasformazione in contratto di lavoro a tempo  indeterminato  di  una
successione di contratti a tempo determinato» puo' essere considerata
conforme all'accordo quadro, qualora l'ordinamento giuridico  interno
dello Stato membro preveda un'altra misura  effettiva,  destinata  ad
evitare ed a sanzionare l'eventuale abuso. 
    Piu' recentemente l'ordinanza 1° ottobre 2010, in  causa  C-3/10,
Affatato, la CGUE ha affermato (paragrafo 51)  che:  «la  clausola  5
dell'accordo quadro dev'essere interpretata nel senso che [...]  essa
non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui all'art.  36,
quinto comma, del d.lgs. n. 165/2001, la quale, nell'ipotesi di abuso
derivante dal ricorso a  contratti  di  lavoro  a  tempo  determinato
stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico,
vieta che questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro  a
tempo indeterminato  quando  l'ordinamento  giuridico  interno  dello
Stato membro interessato  prevede,  nel  settore  interessato,  altre
misure effettive per evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso
abusivo a contratti a tempo determinato stipulati in successione». 
    8.- Di tutto cio' non da' conto il giudice a quo, che  si  limita
ad una mera citazione della sola decisione  della  CGUE  26  novembre
2014, nelle cause  riunite  C-22/13,  C-61/13,  C-63/13  e  C-418/18,
Mascolo ed altri, che  ha  riguardato  la  specifica  disciplina  dei
contratti a termine del settore scuola. 
    9.-  Assertivo  e'  pure  il  riferimento   alla   giurisprudenza
costituzionale. Anche in questo caso si cita la sentenza n.  187  del
2016, che verte sulla disciplina  dei  contratti  a  termine,  sempre
della scuola,  senza  approfondirne  le  statuizioni.  Questa  Corte,
infatti,  nel  ripercorrere  la  sentenza  della  CGUE  Mascolo,   ha
ricordato che «i precedenti della Corte di giustizia [...]  affermano
che rientra nel potere discrezionale degli Stati membri ricorrere, al
fine di prevenire l'utilizzo abusivo di contratti di lavoro  a  tempo
determinato, ad una o piu' tra le misure enunciate in  tale  clausola
o, ancora, a norme equivalenti in vigore, purche' tengano conto delle
esigenze di settori e/o di categorie specifici di lavoratori [...]». 
    10.- Infine, la stessa misura del risarcimento  del  danno,  come
alternativa alla trasformazione, e' stata oggetto  di  attenzione  in
sede europea e nazionale; basti al riguardo, citare - come  ricordato
nella recente sentenza n. 248 del 2018 - la decisione  della  CGUE  7
marzo  2018,  in  causa  C-494/16,  Santoro,  che  ha   ritenuto   la
compatibilita' con il diritto dell'Unione europea  delle  statuizioni
contenute nella sentenza della Corte  di  cassazione,  sezioni  unite
civili, 15 marzo 2016, n. 5072, pronunciata nel  giudizio  nel  corso
del quale era intervenuta la sentenza della CGUE Marrosu e Sardino. 
    La sentenza delle sezioni unite civili,  dopo  aver  ribadito  il
divieto di conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a
tempo  indeterminato,  ha  riconosciuto  al  dipendente  pubblico,  a
seguito della reiterazione illegittima dei contratti  a  termine,  il
diritto al risarcimento del danno previsto dall'art. 36, comma 5, del
d.lgs. n. 165 del 2001,  con  esonero  dall'onere  probatorio,  nella
misura e nei limiti di cui  all'art.  32,  comma  5,  della  legge  4
novembre 2010, n. 183  (Deleghe  al  Governo  in  materia  di  lavori
usuranti, di riorganizzazione di  enti,  di  congedi,  aspettative  e
permessi, di ammortizzatori sociali, di  servizi  per  l'impiego,  di
incentivi   all'occupazione,   di   apprendistato,   di   occupazione
femminile, nonche' misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in
tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro). 
    11.- La erronea ed incompleta ricostruzione del quadro  normativo
di riferimento, nazionale ed europeo, sui contratti a termine con  la
pubblica amministrazione rende inadeguato l'iter logico-argomentativo
delle  censure  prospettate  e  comporta  la  loro   inammissibilita'
(sentenza n. 134 del 2018).