ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  14  della
legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e
di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di  atti
giudiziari), e dell'art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre  2006,
n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»,  promosso  dalla
Commissione tributaria regionale della Campania nel giudizio vertente
tra  l'Agenzia  delle  entrate-Riscossione  -  Napoli,  subentrata  a
Equitalia Servizi Riscossione spa, e Andrea  Mignone,  con  ordinanza
del 10 novembre 2017, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 2018 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  27,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio  del  6  marzo  2019  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso. 
    Ritenuto che con ordinanza del 10 novembre 2017,  la  Commissione
tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 24, 23, 97, 111 e  11  della  Costituzione,
quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art. 14 della legge  20  novembre  1982,  n.  890
(Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta
connesse con la notificazione di atti  giudiziari),  e  dell'art.  1,
comma  161,  della  legge  27  dicembre   2006,   n.   296,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  (legge  finanziaria  2007)»,  «nella  parte   in   cui,
ammettendo la notificazione diretta degli atti impositivi e dei ruoli
- da parte degli Uffici Finanziari Erariali e  Locali  nonche'  degli
Enti di riscossione - a mezzo servizio postale  di  raccomandata  con
ricevuta  di  ritorno,  escludono  a  tale  forma  di   notifica   la
applicazione delle modalita' di cui alla L. 890/1982»; 
    che la CTR  deve  decidere  sull'appello  proposto  da  Equitalia
Servizi di Riscossione spa (quale incorporante di Equitalia Sud  spa)
nei confronti della sentenza della Commissione tributaria provinciale
di Napoli che ha accolto il ricorso proposto dal contribuente  Andrea
Mignone avverso un preavviso di fermo, emesso da Equitalia Sud spa  e
notificato a mezzo posta raccomandata, sul rilievo  che  la  notifica
delle sottostanti cartelle di pagamento, riferite a tributi  erariali
e imposte comunali, risultava viziata in quanto non supportata  dalla
prova dell'avviso  di  ricevimento  postale  della  comunicazione  di
avvenuta notificazione (cosiddetta CAN); 
    che la CTR rileva l'errore del giudice di primo grado il quale ha
ritenuto la nullita' della  notifica  benche'  dagli  atti  di  causa
emergesse che tutte le cartelle erano state notificate «a mezzo posta
raccomandata A.R. diretta, cioe' senza l'intermediazione di ufficiale
notificatore», sia  quelle  relative  a  tributi  erariali  (notifica
effettuata ai sensi dell'art. 14 della legge n. 890  del  1982),  sia
quelle concernenti  tributi  locali  (notifica  effettuata  ai  sensi
dell'art. 1, comma 161, della legge n. 296 del 2006); 
    che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la   giurisprudenza   di
legittimita', con orientamento consolidato, afferma che, in  tema  di
notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata
con avviso di ricevimento, mediante la quale puo' essere  notificato,
ai sensi dell'art. 14 della  legge  n.  890  del  1982,  l'avviso  di
accertamento  o  liquidazione  senza  intermediazione  dell'ufficiale
giudiziario,  e'  quella  dettata  dalle  disposizioni  sul  servizio
postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in  quanto
le disposizioni di cui alla  legge  citata  attengono  esclusivamente
alla notifica eseguita dall'ufficiale giudiziario  ex  art.  140  del
codice di procedura civile; 
    che conseguentemente non deve essere  redatta  alcuna  relata  di
notifica o annotazione specifica sull'avviso di ricevimento in ordine
alla persona cui e' stato consegnato  il  plico  e  l'atto  pervenuto
all'indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente  consegnato
a quest'ultimo, stante la presunzione di conoscenza di  cui  all'art.
1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo dia  prova  di
essersi trovato nell'impossibilita'  senza  sua  colpa  di  prenderne
cognizione; 
    che l'applicazione di tali principi comporterebbe  l'accoglimento
dell'appello; 
    che tuttavia la  CTR  dubita  della  legittimita'  costituzionale
delle disposizioni  censurate,  la'  dove  «prevedono  una  forma  di
notificazione degli atti impositivi senza le garanzie nella  fase  di
consegna del plico previste dalla L. 890/1982 per le notificazioni  a
mezzo posta effettuate dall'Ufficiale giudiziario, dal messo comunale
o speciale» e, in particolare, senza la  CAN  prescritta  (alla  data
dell'ordinanza di rimessione) dall'art. 7  della  legge  n.  890  del
1982; 
    che la  CTR  si  diffonde  sulla  ratio  della  disciplina  delle
notificazioni, evidenziando la differenza tra la comunicazione  degli
atti unilaterali, regolata dagli  artt.  1334  e  1335  cod.  civ.  e
finalizzata a garantire la mera conoscibilita', e la procedura  della
notificazione, volta, invece, ad assicurare una conoscenza  effettiva
dell'atto; 
    che le norme censurate  sarebbero  irragionevoli  e,  dunque,  in
conflitto con l'art. 3  Cost.,  in  quanto  darebbero  luogo  a  «una
sostanziale elusione dell'obbligo di notifica» la' dove prevedono una
«mera comunicazione, elevando a forma di notificazione sul piano solo
nominalistico,  presunzioni  semplici  di  conoscibilita'   che   non
corrispondono alla prima che e' presunzione legale iuris et  de  iure
di conoscenza»; 
    che, inoltre, sarebbe  violato  l'art.  24  Cost.,  in  combinato
disposto con l'art. 3 Cost., in quanto l'attenuazione delle  garanzie
di conoscenza dell'atto in danno del contribuente si risolverebbe  in
un'irragionevole lesione del diritto di difesa; 
    che  la  CTR,  poi,  assume   che   le   disposizioni   impugnate
violerebbero anche «l'art. 6 CEDU applicabile direttamente ex art. 11
Cost., non garantendo al soggetto passivo  una  conoscenza  dell'atto
sfavorevole con negazione della possibilita' di adeguata e tempestiva
difesa considerando le decadenze e preclusioni  peraltro  fissate  in
termini  assai  brevi  (di  regola  60  giorni),  il  tutto  altresi'
rimettendo a sostanziale discrezione dell'Ufficio  Impositore,  cioe'
dell'Autorita', la scelta se adottare o  meno  un  procedimento  piu'
garantista, o meglio una vera notificazione che conduce  alla  legale
certa conoscenza ovvero una comunicazione che al massimo  conduce  ad
una mera astratta conoscibilita'»; 
    che le disposizioni censurate darebbero luogo,  altresi',  a  una
violazione  dell'art.  111  Cost.  «perche'  rendendo  non  certa  la
conoscenza legale al destinatario dell'atto  sostanziale  impugnabile
determinano una lesione del contraddittorio, quale esplicazione della
possibilita' effettiva  di  agire  e  contrastare  nel  processo»  la
pretesa avanzata dall'amministrazione, nonche'  dell'art.  97  Cost.,
permettendo alla  pubblica  amministrazione  «di  non  organizzare  i
propri uffici e le proprie attivita' in modo da consentire  la  certa
legale conoscenza degli atti sfavorevoli al cittadino stesso»; 
    che con atto depositato il  24  luglio  2018  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni siano dichiarate inammissibili e, comunque, infondate; 
    che, in particolare, l'Avvocatura generale pone in rilievo che la
Corte costituzionale, con la  sentenza  n.  175  del  2018,  ha  gia'
dichiarato non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 26, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, nella parte in
cui facoltizza l'agente della riscossione  alla  notifica  diretta  e
semplificata  delle  cartelle   esattoriali,   senza   intermediario,
mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento. 
    Considerato che con motivazione sintetica, ma  non  implausibile,
il collegio rimettente ha dato conto delle  ragioni  che  inducono  a
fare applicazione delle disposizioni censurate; 
    che questa Corte (sentenza n. 175 del  2018)  ha  gia'  esaminato
analoga  questione  di  costituzionalita'  riguardante  parimenti  la
modalita' di notificazione «diretta» delle cartelle di pagamento  con
riferimento a quella effettuata dagli ufficiali della riscossione  ai
sensi dell'art. 26, primo comma, del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla  riscossione
delle imposte sul reddito); 
    che con tale pronuncia questa Corte - richiamando  i  consolidati
principi secondo  cui  «il  regime  differenziato  della  riscossione
coattiva   delle   imposte   risponde   all'esigenza,   di    rilievo
costituzionale, di assicurare con regolarita' le  risorse  necessarie
alla finanza pubblica» e «la disciplina  speciale  della  riscossione
coattiva delle imposte non pagate risponde all'esigenza della  pronta
realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento
della vita finanziaria dello Stato» (rispettivamente, sentenze n.  90
del 2018 e n. 281 del 2011) - ha dichiarato non fondate, nei sensi di
cui in  motivazione,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  26,  primo  comma,  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sollevate, in riferimento  agli
artt. 3, primo comma, 24, primo e  secondo  comma,  e  111,  primo  e
secondo comma, della Costituzione; 
    che, come rilevato nella medesima  pronuncia,  nella  fattispecie
della notificazione  "diretta",  vi  e'  un  sufficiente  livello  di
conoscibilita' - ossia di  possibilita'  che  si  raggiunga,  per  il
notificatario, l'effettiva conoscenza dell'atto - «stante  l'avvenuta
consegna  del  plico  (oltre  che  allo  stesso  destinatario,  anche
alternativamente) a chi  sia  legittimato  a  riceverlo,  sicche'  il
"limite inderogabile" della discrezionalita' del legislatore  non  e'
superato e non e' compromesso il diritto di difesa  del  destinatario
della notifica»; 
    che analoghe considerazioni possono svolgersi con riferimento sia
alla notifica diretta ad  opera  degli  uffici  finanziari,  prevista
dall'art. 14 della legge n. 890 del 1982, sia  a  quella  contemplata
dall'art. 1, comma 161, della legge n. 296 del  2006  per  i  tributi
locali; 
    che l'indicazione degli ulteriori parametri da  parte  della  CTR
rimettente non offre  elementi  per  una  diversa  valutazione  delle
questioni, che sono  pertanto,  sotto  ogni  profilo,  manifestamente
infondate. 
    che peraltro - come gia' evidenziato nella sentenza  n.  175  del
2018 - la mancanza, in concreto, di «effettiva conoscenza» dell'atto,
per  causa  non  imputabile,  puo'  legittimare  il  destinatario   a
richiedere la rimessione in termini ai sensi dell'art.  153,  secondo
comma, del codice di procedura civile; 
    che l'art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni  in
materia  di  statuto  dei   diritti   del   contribuente)   legittima
un'applicazione estensiva dell'istituto della rimessione in  termini,
si' da tutelare  il  contribuente  che  non  abbia  avuto  «effettiva
conoscenza» dell'atto restituendolo nel termine di decadenza, di  cui
all'art.  19  del  decreto  legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
per impugnare l'atto; 
    che e'  rimesso  al  prudente  apprezzamento  del  giudice  della
controversia valutare ogni comprovato elemento presuntivo (art.  2729
del codice civile), offerto dal destinatario della notifica "diretta"
della cartella  di  pagamento  -  il  quale,  pur  essendo  integrata
un'ipotesi  di  conoscenza  legale  in  ragione  del  rispetto  delle
formalita' (tanto piu' che semplificate)  di  cui  alle  disposizioni
censurate, assuma di non aver avuto  conoscenza  effettiva  dell'atto
per causa a lui non imputabile - al fine  di  accogliere,  o  no,  la
richiesta di rimessione in termini. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.