ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  12-bis,
comma 4, 16, comma 1, e 52, comma 2, lettere a), h), i) e  j),  della
legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee  d'Aoste  6  aprile
1998, n. 11 (Normativa urbanistica e di  pianificazione  territoriale
della Valle d'Aosta) inserito,  il  primo,  e  come  sostituiti,  gli
altri, rispettivamente dagli artt.  3,  9  e  17  della  legge  della
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 29  marzo  2018,  n.  5
(Disposizioni in materia urbanistica e  pianificazione  territoriale.
Modificazione  di  leggi  regionali),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 28 giugno-4  luglio
2018, depositato in cancelleria il 6 luglio 2018, iscritto al  n.  43
del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  19  marzo  2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Giovanni  Guzzetta  per  la
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il 28 giugno 2018  e
depositato in  cancelleria  il  6  luglio  2018,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 3, 9 e  17  della  legge
della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  29   marzo   2018,   n.   5
(Disposizioni in materia urbanistica e  pianificazione  territoriale.
Modificazione di leggi regionali), ritenendo  che  tali  disposizioni
eccedano  dalla  competenza  riconosciuta  in   materia   urbanistica
dall'art. 2, lettera g), della legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta) e violino la  competenza
esclusiva dello Stato  in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e  del
paesaggio di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione. 
    2.- L'art. 3 impugnato inserisce l'art. 12-bis nella legge  della
Regione autonoma Valle  d'Aosta  6  aprile  1998,  n.  11  (Normativa
urbanistica e di pianificazione territoriale  della  Valle  d'Aosta),
con il quale viene disciplinata la valutazione ambientale  strategica
(VAS) del piano regolatore generale (PRG) e delle sue varianti. 
    Il ricorso  indirizza  la  censura  nei  confronti  del  comma  4
dell'art. 12-bis, ai  sensi  del  quale  «[i]  piani  urbanistici  di
dettaglio interessanti aree gia' sottoposte a VAS in occasione  della
predisposizione di strumenti urbanistici sovraordinati,  qualora  non
comportino ulteriori varianti al PRG vigente, non sono sottoposti ne'
a VAS ne' alla verifica di assoggettabilita'. Negli  altri  casi,  la
VAS e la verifica  di  assoggettabilita'  dei  piani  urbanistici  di
dettaglio sono comunque limitate agli  aspetti  che  non  siano  gia'
stati  oggetto  di  valutazione  nelle  procedure  effettuate   sulle
varianti al PRG sovraordinate». 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata consentirebbe
di non svolgere la verifica di assoggettabilita' a VAS in fattispecie
in  cui,  invece,  questa  deve  essere  assicurata  ai  sensi  della
normativa statale  interposta.  Infatti,  il  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) prevede all'art. 6,
comma 2, lettera a), che «viene effettuata una valutazione per  tutti
i piani [...] che sono elaborati [...]  per  i  settori  [...]  della
pianificazione territoriale o della destinazione  dei  suoli»  e,  al
successivo  comma  3,  specifica  che  per  i  predetti  piani   «che
determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche
minori dei piani e dei programmi di cui al comma  2,  la  valutazione
ambientale e' necessaria qualora l'autorita'  competente  valuti  che
producano   impatti   significativi   sull'ambiente,    secondo    le
disposizioni di cui  all'articolo  12  e  tenuto  conto  del  diverso
livello di sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento». 
    La disciplina regionale del PRG e  delle  modifiche  allo  stesso
prevede, invece, le categorie  delle  «varianti  non  sostanziali»  e
delle  «modifiche  non  costituenti  variante».  In  particolare,  il
ricorrente evidenzia che tra le seconde vi  sarebbero  delle  ipotesi
suscettibili di  produrre  effetti  ambientali  non  considerati  nei
processi  di  valutazione  aventi  a   oggetto   gli   strumenti   di
pianificazione sovraordinati. Tra quelle elencate dall'art. 14, comma
7, della legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998, vengono  menzionati
gli «adeguamenti di limitata entita', imposti da  esigenze  tecniche,
della localizzazione delle infrastrutture, degli spazi e delle  opere
destinate a servizi pubblici o di interesse generale» (lettera  b)  e
la «destinazione a specifiche opere pubbliche o servizi  pubblici  di
aree che il PRG vigente destina ad altra  categoria  di  opere  o  di
servizi pubblici» (lettera h). 
    La normativa impugnata, pertanto, consentirebbe di  escludere  la
verifica di assoggettabilita'  a  VAS  per  i  piani  urbanistici  di
dettaglio  (PUD)  che  non  comportano  «ulteriori  varianti  al  PRG
vigente», ma che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e
che  possono  contenere  modifiche  minori  ai  piani   sovraordinati
(qualificate  dalla   normativa   regionale   come   «modifiche   non
costituenti variante»). 
    Di  conseguenza,  poiche'   la   normativa   statale   richiamata
stabilisce dei livelli di tutela ambientale che anche le  Regioni  ad
autonomia speciale devono assicurare, la legge  regionale  impugnata,
in violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,
avrebbe  determinato   casi   di   esclusione   dalla   verifica   di
assoggettabilita' a  VAS  non  previsti  dalla  legislazione  statale
interposta, riducendo cosi' i livelli di tutela ambientale stabiliti. 
    3.- Il ricorso impugna anche l'art.  9  della  legge  reg.  Valle
d'Aosta n. 5 del 2018 che, nel sostituire l'art. 16 della legge  reg.
Valle  d'Aosta  n.  11  del  1998  (rubricato  «[p]rocedure  per   la
formazione,  l'adozione   e   l'approvazione   delle   varianti   non
sostanziali al PRG»), vi prevede al comma 1 che  «[l]e  varianti  non
sostanziali   al   PRG   non   sono   sottoposte   a   verifica    di
assoggettabilita' a VAS». 
    Secondo il ricorrente, le varianti non sostanziali rientrerebbero
senza dubbio tra le modifiche minori ai piani per le quali l'art.  6,
commi 2, lettera a), e 3, cod.  ambiente  prevede  la  sottoposizione
alla verifica di assoggettabilita' a VAS. 
    Pertanto, la disposizione impugnata avrebbe determinato  casi  di
esclusione dalla verifica di assoggettabilita' a VAS e alla  VAS  non
previsti dalla legislazione statale, la quale stabilisce dei  livelli
di tutela ambientale che  anche  le  Regioni  ad  autonomia  speciale
devono assicurare. Sussisterebbe  pertanto  la  violazione  dell'art.
117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  essendo  stati  ridotti  i
livelli di tutela ambientale stabiliti dal legislatore statale con la
normativa interposta. 
    4.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  impugna,  infine,
l'art. 17  della  legge  reg.  Valle  d'Aosta  n.  5  del  2018,  che
sostituisce l'art. 52 della legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del  1998,
rubricato «[d]isciplina applicabile nelle zone territoriali  di  tipo
A» e diretto a  individuare  gli  interventi  consentiti  nei  centri
storici in assenza degli strumenti attuativi del PRG. In particolare,
nell'elenco contenuto nel comma 2 del novellato art. 52,  la  censura
si appunta sugli interventi descritti alle lettere a), h), i)  e  j),
«di cui non si rinviene corrispondenza» nell'art. 9 del  decreto  del
Presidente della Repubblica 6 giugno  2001,  n.  380  recante  «Testo
unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia
edilizia  (Testo  A)».   Tale   disposizione   statale   stabilirebbe
«puntualmente»  quali  interventi   di   manutenzione   ordinaria   e
straordinaria, oltre che di restauro e di risanamento conservativo  e
di ristrutturazione edilizia, sono consentiti nei  Comuni  sprovvisti
di strumenti urbanistici nonche' nelle aree  nelle  quali  non  siano
stati approvati gli strumenti urbanistici  attuativi  previsti  dagli
strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione. 
    Il legislatore regionale, con la  norma  impugnata,  non  avrebbe
rispettato la sfera di competenza esclusiva  in  materia  urbanistica
statutariamente prevista e si porrebbe soprattutto in  contrasto  con
la  normativa  statale  in  materia  di  «tutela  dell'ambiente»,  di
competenza esclusiva statale e rilevante per delimitare la competenza
regionale esclusiva in materia  urbanistica.  Quest'ultima,  infatti,
deve comunque «svolgersi in armonia con la Costituzione e i  principi
dell'ordinamento giuridico della  Repubblica  e  col  rispetto  degli
obblighi internazionali e degli interessi  nazionali,  nonche'  delle
norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica». 
    Quanto all'art. 9 del  t.u.  edilizia,  il  ricorso  richiama  la
giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 68 del 2018 e n.  84  del
2017), affermando che sia il comma 1 che il  comma  2,  «coinvolgendo
anche  valori  di  rilievo  costituzionale,   quali   il   paesaggio,
l'ambiente e i beni culturali, [sarebbero] posti a presidio di valori
di chiaro rilievo costituzionale, essendo volti a impedire interventi
suscettibili  di  compromettere  l'ordinato  uso  del  territorio   e
determinare la consumazione  del  suolo  nazionale:  le  disposizioni
statali, quindi, per tali  profili,  attesa  la  rilevanza  del  bene
protetto,  non  po[trebbero]  che  rendersi  applicabili  anche   nei
confronti delle Regioni ad autonomia speciale». 
    Da ultimo, il ricorrente esclude che la legittimita' dell'art. 17
possa essere utilmente sostenuta: a) dalla previsione  normativa  del
parere delle strutture regionali competenti in materia di tutela  dei
beni culturali e del paesaggio, operante «nel caso in cui  l'immobile
sia tutelato ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
"Codice dei beni culturali e del paesaggio", dell'art. 40 delle norme
di attuazione del PTP e della L.R. n. 56/1983», b) dalla facolta' per
i  Comuni  di  non  consentire  la  realizzazione   delle   strutture
pertinenziali indicate dalla lettera i) dell'art. 52, comma 2,  legge
reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998, come previsto dal successivo comma
3. 
    5.- Con atto depositato il 3 agosto  2018  si  e'  costituita  in
giudizio la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, in persona
del  Presidente  pro  tempore,  chiedendo   che   la   questione   di
legittimita' costituzionale sia dichiarata non fondata. 
    6.- Con riferimento all'art. 3 della legge reg. Valle d'Aosta  n.
5 del 2018, si sottolinea in primo luogo che l'art. 12-bis, comma  4,
legge reg. Valle d'Aosta n.  11  del  1998,  «mentre  non  impone  di
procedere a VAS o a verifica di assoggettabilita'» ove gli  strumenti
attuativi «non comportino ulteriori varianti  al  PRG  vigente»,  non
sancirebbe affatto «alcuna  esenzione  dall'obbligo  predetto  "negli
altri casi"». Tale formula, avente portata evidentemente "residuale",
darebbe idonea «copertura a tutte le ipotesi che  sfuggono  a  quanto
previsto dal primo periodo della disposizione»,  configurandosi  come
norma di chiusura  per  ogni  altro  possibile  caso  di  variante  o
modifica. 
    La  deroga  riguarderebbe  solo  l'ipotesi  in  cui  gli  aspetti
suscettibili di venire in rilievo ai fini della VAS o della  verifica
di assoggettabilita' siano stati gia' «oggetto di  valutazione  nelle
procedure effettuate sulle varianti al  PRG  sovraordinate».  Non  vi
sarebbe dunque una zona franca in  grado  di  sottrarsi  alle  tutele
predisposte  mediante  la  procedura  di  VAS  o   di   verifica   di
assoggettabilita'. 
    Da cio' si deduce, anzi, che  l'art.  12-bis,  comma  4,  citato,
contemplerebbe  «un  assetto  persino   piu'   rigoroso   di   quello
desumibile»  dalle  norme  indicate  nel  ricorso   quale   parametro
interposto, ovvero l'articolo 6, commi 2, lettera a) e 3, del  d.lgs.
n. 152 del 2006. Infatti, a  livello  regionale  l'esperimento  della
procedura  di  VAS  o  di  verifica  di  assoggettabilita',   seppure
circoscritto agli aspetti non precedentemente oggetto di valutazione,
non interesserebbe, unicamente - come, invece, in sede statale  -,  i
piani e programmi «che determinano l'uso di piccole  aree  a  livello
locale» e le loro «modifiche minori», ma sarebbe esteso, di fatto, in
virtu'  dell'espressione  «negli  altri  casi»,  a   ogni   possibile
variante, indipendentemente dalla  sua  consistenza  qualitativa  e/o
quantitativa. 
    Sotto tale profilo, l'art. 12-bis, comma  4,  si  ricollegherebbe
all'art. 3-quinquies, comma 2,  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,  che
prevede la possibilita' per le Regioni  e  le  Province  autonome  di
«adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente  piu'  restrittive,
qualora lo richiedano situazioni  particolari  del  loro  territorio,
purche'  cio'  non  comporti  un'arbitraria  discriminazione,   anche
attraverso ingiustificati aggravi procedimentali». 
    Sostiene la Regione che l'art. 12-bis, comma 4, legge reg.  Valle
d'Aosta n. 11 del 1998 sarebbe, inoltre,  ascrivibile  alla  potesta'
normativa primaria in materia di «urbanistica, piani  regolatori  per
zone di particolare importanza turistica» e, ampliando lo spettro  di
applicazione   delle   procedure   di   VAS   e   di   verifica    di
assoggettabilita',  si  collocherebbe  «nell'alveo  degli  interventi
permessi alle Regioni, a maggiore garanzia dell'interesse ambientale,
a fronte dei livelli di tutela  omogenei  approntati  sul  territorio
nazionale». 
    Quale  ulteriore  conferma  della  compatibilita'  costituzionale
della disciplina regionale  impugnata,  la  difesa  segnala  come  il
citato  art.  12-bis,  comma  4,  sarebbe  del  tutto  sovrapponibile
all'art. 16, dodicesimo comma, secondo periodo, della legge 17 agosto
1942, n.  1150  (Legge  urbanistica)  ai  sensi  del  quale,  ove  lo
strumento attuativo  di  piani  urbanistici  comporti  variante  allo
strumento sovraordinato, la valutazione ambientale  strategica  e  la
verifica di assoggettabilita' sono comunque limitate agli aspetti che
non sono stati oggetto di valutazione sui piani sovraordinati. 
    Si richiama, infine, il contenuto dell'art. 23 della  legge  reg.
Valle d'Aosta n. 11 del 1998 il quale, ai fini della formazione delle
varianti al PRG, rimette  ad  apposita  deliberazione  del  Consiglio
regionale la determinazione  di  adeguati  rapporti  qualitativi  e/o
quantitativi tra gli abitanti insediati e da insediare (ivi  compresi
quelli fluttuanti per ragioni di turismo) e gli spazi da riservare ai
servizi locali,  tenuto  conto  degli  indirizzi  forniti  dal  piano
territoriale paesistico.  Alla  luce  di  tale  quadro  normativo  di
settore,   la   difesa   regionale   sottolinea   che   la   puntuale
individuazione dei vincoli procedurali  e,  soprattutto,  sostanziali
«alle eventuali varianti al PRG, osti in radice alla possibilita'  di
introdurre, in sede  esecutiva,  soluzioni  capaci  di  alterare  gli
impatti ambientali e paesaggistici  gia'  scrutinati  nella  fase  di
approvazione degli strumenti urbanistici generali». 
    7.- La Regione autonoma resistente ritiene parimenti non  fondata
la questione relativa all'art. 9 della legge reg. Valle d'Aosta n.  5
del 2018, che, nel  sostituire  l'art.  16  della  legge  reg.  Valle
d'Aosta n. 11 del 1998, vi prevede al comma 1 che «[l]e varianti  non
sostanziali   al   PRG   non   sono   sottoposte   a   verifica    di
assoggettabilita' a VAS»). 
    Si richiamano le «ragioni  di  ordine  letterale  e  sistematico»
esposte a proposito della prima questione e si aggiunge che in  senso
convergente  deporrebbe  «la  stessa  configurazione   normativa   di
siffatte modifiche», che l'art. 14, comma 1, lettera d), della  legge
reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998 definisce come «le modifiche al PRG
non rientranti nelle categorie di cui alle lettere a), b) e  c)».  Si
tratterebbe, quindi, di «ipotesi di natura assolutamente  "residuale"
rispetto a quelle tipizzate», in quanto ulteriori  e  non  rientranti
ne' nelle «varianti sostanziali generali» (art. 14, comma 1,  lettera
a), ne' nelle «varianti sostanziali  parziali»  (art.  14,  comma  1,
lettera b), ne' nelle «modifiche non costituenti variante» (art.  14,
comma 1, lettera c). 
    La sistematica contenuta nella citata  disposizione  attesterebbe
come la fattispecie delle varianti non sostanziali non potrebbe, «per
definizione, generare  mutamenti  significativi  alle  determinazioni
urbanistiche e ambientali assunte in occasione della  predisposizione
degli strumenti generali». 
    A ulteriore esclusione della fondatezza della censura, si  rileva
che «anche per le "varianti non sostanziali", in quanto espressamente
qualificate,   comunque,   come   "varianti"»,    dovrebbe    trovare
applicazione l'art. 12-bis, comma 4, della legge reg.  Valle  d'Aosta
n. 11 del 1998, con  la  conseguenza  che,  contrariamente  a  quanto
asserito dal ricorrente, una simile fattispecie rientrerebbe  «"negli
altri casi" (ai quali sono riconducibili,  senz'altro,  le  varianti,
anche non sostanziali, al PRG)» per i quali «la VAS e la verifica  di
assoggettabilita' dei piani urbanistici di  dettaglio  sono  comunque
limitate agli aspetti che non siano gia' stati oggetto di valutazione
nelle procedure effettuate sulle varianti al PRG sovraordinate». 
    8.- Riguardo alla censura relativa all'art. 17 della  legge  reg.
Valle d'Aosta n. 5 del 2018, la  difesa  regionale  ne  argomenta  la
infondatezza,  affermando  in  primo  luogo  che  l'impostazione  del
ricorrente non terrebbe in debito conto la titolarita' in  capo  alla
Regione di una potesta' legislativa primaria in tema di «urbanistica,
piani regolatori per zone di particolare importanza turistica»  (art.
2, lettera g, dello statuto speciale) e  di  «industria  alberghiera,
turismo e tutela del paesaggio» (art. 2,  lettera  q,  dello  statuto
speciale), la quale - diversamente dalla  competenza  concorrente  in
materia di «governo del territorio» - deve  essere  esercitata  «[i]n
armonia con la Costituzione e i principi  dell'ordinamento  giuridico
della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli
interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali  delle  riforme
economico-sociali [...]». 
    Il ricorrente sarebbe quindi incorso in un «errore  prospettico»,
comprovato dalla giurisprudenza  costituzionale  sull'interpretazione
dell'art. 10 della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3,
recante  «Modifiche  al  titolo   V   della   parte   seconda   della
Costituzione» (si richiama la sentenza n. 51 del 2006). 
    Nella fattispecie non potrebbe, quindi,  venire  in  rilievo  «il
sistema di distribuzione delle attribuzioni  normative  tra  Stato  e
Regioni, scaturito dalla l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3», poiche'  le
competenze legislative primarie spettanti  alla  Regione  autonoma  a
norma  dell'art.  2,  lettere  g)  e  q)   dello   statuto   speciale
risponderebbero  «a  limiti  meno  stringenti  rispetto   all'omologa
potesta' concorrente invocata  nell'atto  introduttivo  del  presente
giudizio».   La   prospettazione   del   ricorrente,    del    resto,
disconoscerebbe la clausola dell'art. 2, comma 2, del t.u.  edilizia,
secondo cui «[l]e regioni a statuto speciale e le  province  autonome
di Trento e di Bolzano esercitano  la  propria  potesta'  legislativa
esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli  statuti  di  autonomia  e
delle relative norme di attuazione». 
    Si evidenzia,  inoltre,  che  la  norma  oggetto  di  impugnativa
prefigurerebbe    «limitati    interventi    di    edificazione    ed
infrastrutturazione»,   alcuni   dei   quali   (gli    accessi,    le
pavimentazioni e gli arredi sulle aree libere pertinenziali: art. 52,
comma 2, lettera j, numero 1, della legge reg. Valle  d'Aosta  n.  11
del 1998) identici a quelli che, nel restante  territorio  nazionale,
ricadono nella sfera della cosiddetta attivita' edilizia  libera.  In
ogni caso, si tratterebbe piuttosto di  interventi  «funzionali  alla
riqualificazione e rivitalizzazione delle aree territoriali  di  tipo
A, puntualmente perimetrate e  strettamente  delimitate  sul  margine
dell'edificio storico, quale consolidatosi nel corso del tempo». 
    La resistente contesta, infine, che  il  vincolo  gravante  sulla
potesta' regionale sia «da ricondurre ad esigenze di tutela di valori
che si riflettono nel  limite  delle  "grandi  riforme"»,  in  quanto
connesse con l'istanza di protezione ambientale. Proprio al  fine  di
evitare che gli interventi amministrativi  in  tale  materia  possano
determinare un siffatto vizio,  la  stessa  norma  subordinerebbe  la
realizzazione degli interventi menzionati  al  rilascio  del  «previo
parere delle strutture regionali competenti in materia di tutela  dei
beni culturali e del paesaggio», nel caso  di  immobile  tutelato  ai
sensi  della  normativa  statale  o  regionale;  si  sarebbe   quindi
apprestato «un  presidio  di  particolare  intensita'  a  favore  dei
profili ambientali  e  paesaggistici  coinvolti  nella  realizzazione
degli interventi controversi». 
    9.- Entrambe le parti hanno presentato tempestive  memorie  prima
dell'udienza. 
    9.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, in aggiunta  agli
argomenti gia' contenuti nel ricorso, precisa che la legge  regionale
impugnata   avrebbe   introdotto   un   criterio   "automatico"    di
«catalogazione degli interventi  [...]  che  esclude  l'apprezzamento
dell'incidenza ambientale anche di  interventi  di  minima  entita'»,
senza una «previa valutazione discrezionale  a  tutela  dell'ambiente
[...] riducendo,  pertanto,  il  livello  di  tutela  previsto  dalla
normativa statale». Ne' si potrebbe ritenere che  l'obbligo  sia,  di
fatto, «superato dalle minuziose previsioni di carattere urbanistico»
disciplinate dalla normativa regionale, in quanto nella  potesta'  di
pianificazione sarebbero insiti effetti sul bene ambiente, dei  quali
sarebbe doveroso valutare la compatibilita' in ciascuna fattispecie. 
    Quanto alla questione sull'art. 17 della legge reg. Valle d'Aosta
n. 5 del 2018, per un verso si ribadisce che la competenza  esclusiva
dello Stato «in tema di  conservazione  ambientale  e  paesaggistica»
sarebbe alla base della norma statale interposta, l'art. 9  del  t.u.
edilizia,  che  osterebbe  alla  legittimita'  di   norme   regionali
"peggiorative"; per altro verso si confuta l'argomento  della  difesa
regionale incentrato sul titolo di competenza esclusiva statutaria in
materia urbanistica, in considerazione dei limiti ai quali  anch'essa
sarebbe sottoposta. 
    9.2.- La memoria della Regione  autonoma,  con  riferimento  alla
prima questione, ribadisce che la disposizione impugnata non  procura
alcun vulnus, identificando, piuttosto, il «punto di equilibrio»  tra
le istanze di salvaguardia ambientale  e  le  «esigenze  di  economia
procedimentale  connesse  con  il   principio   di   buon   andamento
dell'amministrazione  scolpito  nell'art.  97  Cost.».  I  piani   di
dettaglio  esentati  dallo  svolgimento  della  procedura  di  VAS  e
verifica di assoggettabilita' sarebbero  unicamente  quelli  «il  cui
contenuto sia identico a quello degli strumenti sovraordinati, e non,
invece, quelli che introducano varianti ulteriori rispetto  a  questi
ultimi»;   cio'   sarebbe   coerente   con    l'orientamento    della
giurisprudenza  amministrativa  secondo  cui  non  vi   sarebbe   «la
necessita' di instaurare una procedura ulteriore [di VAS],  a  fronte
di prescrizioni di dettaglio sostanzialmente riproduttive  di  quelle
contenute nello strumento sovraordinato». 
    Richiamando la sentenza n. 7 del 2019 di questa Corte si sostiene
che, qualora  vengano  in  rilievo  «potesta'  normative  intimamente
legate» alla competenza statale di tutela dell'ambiente,  le  Regioni
ben potrebbero, nell'esercizio di quelle attribuzioni,  «incrementare
il tasso di protezione ambientale» rispetto agli standard  di  tutela
omogenei vigenti sul piano statale. 
    Con  riferimento   alla   seconda   questione,   si   invoca   la
giurisprudenza amministrativa a  sostegno  della  non  predicabilita'
della reiterazione della procedura di VAS  «dinanzi  a  modificazioni
minori  e,  comunque,  non  significative,   apprestate   dal   piano
attuativo». 
    Quanto alla terza questione, la memoria richiama, tra l'altro, la
sentenza n. 46 del 2014 di questa Corte e ravvisa  il  principio,  di
valenza generale, secondo cui eventuali scostamenti della  disciplina
regionale rispetto a quella statale  non  integrerebbero,  in  quanto
tali, la «violazione dei limiti opposti dai rispettivi  Statuti  alle
competenze legislative primarie intestate alle Regioni  ad  autonomia
speciale». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  gli  artt.
3, 9 e 17 della legge della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste 29 marzo 2018, n. 5 (Disposizioni in  materia  urbanistica  e
pianificazione  territoriale.  Modificazione  di  leggi   regionali),
ritenendo che tali disposizioni eccedano  la  competenza  legislativa
regionale riconosciuta in materia urbanistica  dall'art.  2,  lettera
g), della legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  4  (Statuto
speciale per la Valle d'Aosta) e violino  la  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato  in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e  del
paesaggio di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione. 
    2.-  Le  prime  due  questioni  attengono  al  rapporto  tra   la
disciplina statale e quella regionale nell'ambito  della  valutazione
ambientale strategica (VAS). 
    L'una riguarda l'art. 3 della legge reg. Valle d'Aosta n.  5  del
2018,  che  inserisce   l'art.   12-bis   (rubricato   «[v]alutazione
ambientale strategica») nella  legge  della  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta  6  aprile  1998,  n.  11   (Normativa   urbanistica   e   di
pianificazione territoriale della Valle d'Aosta), il  quale,  secondo
il ricorrente, ridurrebbe il livello di tutela  ambientale  stabilito
dall'art. 6, commi 2, lettera a), e  3,  del  decreto  legislativo  3
aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia  ambientale),  in  quanto
consentirebbe di  escludere  dalla  valutazione  ambientale  i  piani
urbanistici di dettaglio  (PUD)  anche  quando  contengono  modifiche
minori  ai  piani  sovraordinati,  qualificate   dalla   legislazione
regionale come «modifiche non costituenti variante». 
    L'altra concerne l'art. 9 della medesima legge regionale che, nel
sostituire l'art. 16 della legge reg. Valle d'Aosta n. 11  del  1998,
stabilisce, al comma 1 di quest'ultimo articolo, che  «[l]e  varianti
non  sostanziali  al  PRG  non  sono   sottoposte   a   verifica   di
assoggettabilita' a VAS», cosi' introducendo casi di esclusione dalla
verifica di assoggettabilita' a VAS e alla  VAS  non  previsti  dalla
legislazione statale, dal momento che, ad avviso del  ricorrente,  le
varianti non sostanziali rientrerebbero senza dubbio tra le modifiche
minori ai piani per le quali l'art. 6, commi 2, lettera a), e 3, cod.
ambiente prevede la sottoposizione alla verifica di assoggettabilita'
a VAS. 
    In tutti e due i casi risulterebbe, quindi, violato  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    2.1.- Le questioni sono entrambe fondate. 
    Il comma 2, lettera a), dell'art. 6  cod.  ambiente  prevede  una
generalizzata e obbligatoria sottoposizione a VAS di  tutti  i  piani
elaborati nei  settori  della  pianificazione  territoriale  o  della
destinazione dei suoli, mentre il successivo comma 3 ne ipotizza  una
possibile esclusione, per le modifiche minori e in relazione  a  quei
piani che determinano l'uso di piccole aree a livello locale, ma solo
all'esito  di  un  giudizio  dell'autorita'  competente  che   valuti
l'assenza di impatti significativi sull'ambiente. Il successivo  art.
12 dello stesso  cod.  ambiente,  infatti,  struttura  un  articolato
procedimento tra autorita' procedente e autorita' competente  diretto
a  verificare  se  il  piano  possa   avere   impatti   significativi
sull'ambiente;  il  suddetto   giudizio   rimane   necessario   anche
nell'ipotesi prevista dal comma 6 del medesimo articolo (modifiche  a
piani e programmi ovvero a strumenti attuativi di piani  o  programmi
gia' sottoposti positivamente a verifica  di  assoggettabilita'  o  a
VAS), pur se limitato ai soli effetti significativi sull'ambiente che
non  siano  stati   precedentemente   considerati   dagli   strumenti
normativamente sovraordinati. 
    Tali  disposizioni  del  codice  dell'ambiente   configurano   un
complesso normativo idoneo a vincolare la potesta' legislativa  della
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
    Se, da un lato, infatti, la VAS, «disciplinata dal d.lgs. n.  152
del 2006 in attuazione della direttiva 27 giugno 2001, n.  2001/42/CE
(Direttiva del Parlamento europeo  e  del  Consiglio  concernente  la
valutazione  degli  effetti  di   determinati   piani   e   programmi
sull'ambiente), attiene alla materia "tutela dell'ambiente" [...], di
competenza esclusiva dello Stato»  (sentenza  n.  58  del  2013),  le
disposizioni citate, dall'altro, sono configurabili anche come  norme
fondamentali  delle  riforme  economico-sociali,  sia  per  il   loro
contenuto riformatore, sia per la loro attinenza a  un  bene  comune,
quale e' quello  ambientale,  di  primaria  importanza  per  la  vita
sociale ed economica (sentenze n. 198 del 2018, n. 164 del 2009 e  n.
378 del 2007). 
    Anche la competenza legislativa primaria  regionale  in  tema  di
«tutela del paesaggio»,  prevista  dall'art.  2,  lettera  q),  dello
statuto  reg.  Valle  d'Aosta,  ne  risulta  quindi,  in  ogni  caso,
vincolata, posto che questa deve  essere  esercitata  nel  «rispetto»
delle  «norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  della
Repubblica». 
    2.2.- Entrambe le disposizioni impugnate,  invece,  contraddicono
tale vincolo. 
    E'  preliminare  considerare  che  le  modifiche  introdotte  dal
legislatore regionale hanno mutato la sedes materiae della disciplina
in tema di VAS riferita ai piani urbanistici. 
    Nella sistematica dell'ordinamento regionale la disciplina  delle
valutazioni ambientali dei piani e progetti urbanistici era, infatti,
in precedenza specificamente  contenuta  nella  legge  della  Regione
autonoma Valle d'Aosta  26  maggio  2009,  n.  12  (Disposizioni  per
l'adempimento degli obblighi della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta
derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'   europee.
Attuazione delle direttive  2001/42/CE,  concernente  la  valutazione
degli effetti di  determinati  piani  e  programmi  sull'ambiente,  e
2011/92/UE, concernente la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati   progetti   pubblici   e   privati.   Disposizioni   per
l'attuazione della direttiva 2006/123/CE,  relativa  ai  servizi  nel
mercato interno e modificazioni di leggi regionali in adeguamento  ad
altri obblighi comunitari. Legge comunitaria 2009). 
    Con le impugnate disposizioni, invece, la  disciplina  della  VAS
relativa  ai  piani  e'  stata  trasferita  nella  legge  urbanistica
regionale (legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998). 
    In tale nuova collocazione, tuttavia,  il  legislatore  regionale
non ha adeguatamente considerato che la VAS si sviluppa  secondo  una
logica diversa da quella della pianificazione, che non attiene  tanto
ai termini della conformita' (del piano  urbanistico  a  disposizioni
contenute in altri piani di settore, oppure di un piano  rispetto  ad
un altro), bensi' a  quelli  della  compatibilita',  verificando  con
funzione predittiva che il bilanciamento degli interessi compiuto dal
pianificatore sia direttamente coerente con una  protezione  ottimale
dell'ambiente. 
    L'indice  sintomatico  di  questa  inadeguata   impostazione   si
rinviene  laddove  il  legislatore   regionale,   all'interno   delle
disposizioni  impugnate,  ha  stabilito,  come  rileva   l'Avvocatura
generale  dello  Stato,  effetti  automatici  di   esclusione   delle
procedure di assoggettabilita' e sottoposizione a VAS. 
    2.2.1.- Il comma  4  dell'art.  12-bis  della  legge  reg.  Valle
d'Aosta n. 11 del 1998, aggiunto dall'art. 3 della legge  reg.  Valle
d'Aosta  n.  5  del  2018,  stabilisce,  infatti,  che   «[i]   piani
urbanistici di dettaglio interessanti aree gia' sottoposte a  VAS  in
occasione   della   predisposizione    di    strumenti    urbanistici
sovraordinati, qualora  non  comportino  ulteriori  varianti  al  PRG
vigente,  non  sono  sottoposti  ne'  a  VAS  ne'  alla  verifica  di
assoggettabilita'.  Negli  altri  casi,  la  VAS  e  la  verifica  di
assoggettabilita' dei piani urbanistici di  dettaglio  sono  comunque
limitate agli aspetti che non siano gia' stati oggetto di valutazione
nelle procedure effettuate sulle varianti al PRG sovraordinate». 
    Va precisato che il  piano  urbanistico  di  dettaglio  (PUD)  e'
definito dall'art. 48 della legge reg. Valle d'Aosta n. 11  del  1998
come lo «strumento urbanistico attuativo del PRG», avente la funzione
di «esplicitare, negli ambiti considerati, le indicazioni del PRG  e,
eventualmente, di  proporre  soluzioni  alternative  in  ordine  alla
localizzazione dei servizi pubblici, sia puntuali, sia a rete». 
    Tale definizione consente di qualificare il  PUD  come  un  piano
elaborato per il settore della pianificazione  territoriale  o  della
destinazione dei suoli che determina l'uso di piccole aree a  livello
locale. 
    In base alla norma impugnata, nel caso in cui il PUD non comporti
«ulteriori  varianti»  ma  determini   «modifiche   non   costituenti
variante», come definite ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera  c),
della stessa legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998, il medesimo PUD
viene automaticamente  escluso  ai  fini  della  assoggettabilita'  o
sottoposizione a VAS.  Cio'  accade,  ad  esempio:  a)  nel  caso  di
«adeguamenti di limitata entita', imposti da esigenze tecniche, della
localizzazione  delle  infrastrutture,  degli  spazi  e  delle  opere
destinate a servizi pubblici o di interesse generale» (art. 14, comma
7, lettera b, della legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998);  b)  in
quello della «destinazione a specifiche  opere  pubbliche  o  servizi
pubblici di aree che il PRG vigente destina  ad  altra  categoria  di
opere o di servizi pubblici» (art. 14,  comma  7,  lettera  h,  della
legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998). 
    Tali fattispecie rientrano invece nelle previsioni  dell'art.  6,
commi 2, lettera a), e  3,  cod.  ambiente:  in  tali  casi  il  PUD,
infatti, e' un piano che determina l'uso di piccole  aree  a  livello
locale e, inoltre, apporta  modifiche  minori  ai  piani  urbanistici
sovraordinati. La VAS  e'  quindi  necessaria  ove,  all'esito  della
apposita verifica di assoggettabilita', l'autorita' competente valuti
che il PUD produca impatti significativi sull'ambiente. 
    In tale prospettiva gli argomenti della difesa regionale, secondo
cui i PUD esentati sarebbero unicamente quelli «il cui contenuto  sia
identico  a  quello  degli  strumenti  sovraordinati»,  non  appaiono
dirimenti. Infatti, per  un  verso,  la  presenza  di  modifiche  non
costituenti variante - ma qualificabili come modifiche minori secondo
la norma statale - esenterebbe automaticamente il PUD pur non essendo
il suo contenuto "identico" a quello degli  strumenti  sovraordinati.
Per  altro  verso,  soprattutto,  non  si  puo'  aprioristicamente  e
astrattamente affermare la inoffensivita' sull'ambiente di interventi
in ragione della  loro  modesta  entita',  ma  occorre  concretamente
accertare  se  questi  sono  in  grado   di   produrre   un   impatto
significativo sull'ambiente (sentenza n. 197 del 2014). 
    Tali considerazioni consentono di  escludere  che  la  disciplina
regionale integri, come invece sostiene la difesa della  Regione,  un
innalzamento della tutela ambientale. 
    Nemmeno convincente e' l'argomento  della  prospettata  simmetria
contenutistica tra la norma impugnata  e  l'art.  16,  ultimo  comma,
della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica). Infatti,  ai
fini del perseguimento di una ragionevole istanza di semplificazione,
quest'ultima norma richiede non solo che lo strumento  attuativo  non
comporti  alcuna  variante,  ma  anche  che  il  piano  sovraordinato
contenga  una  puntuale  serie  di  prescrizioni   che   giustificano
l'esonero dalla duplicazione della valutazione ambientale. 
    Deve quindi essere dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 12-bis, comma 4, della legge reg. Valle d'Aosta n.  11  del
1998, inserito dall'art. 3 della legge reg. Valle d'Aosta  n.  5  del
2018, nella parte in cui consente di non sottoporre  ne'  a  VAS  ne'
alla verifica di assoggettabilita' i PUD  che  determinino  modifiche
non costituenti variante del PRG vigente. 
    2.2.2.- La seconda disposizione impugnata, l'art. 9  della  legge
reg. Valle d'Aosta n. 5 del  2018,  dispone,  sostituendo  l'art.  16
della legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998, e  in  particolare  il
suo comma 1, in via generale, che: «[l]e varianti non sostanziali  al
PRG non sono sottoposte a verifica di assoggettabilita' a VAS». 
    E' utile, anche in questo caso, precisare che,  nella  disciplina
regionale previgente, l'art. 6, comma 4,  lettera  d),  della  citata
legge reg. Valle d'Aosta n.  12  del  2009  escludeva  dal  campo  di
applicazione della VAS (solo) «le varianti non sostanziali  ai  piani
regolatori generali comunali e intercomunali, di cui all'articolo  14
della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11 (Normativa  urbanistica  e
di pianificazione territoriale della Valle  d'Aosta),  che  apportano
variazioni tese a ridurre eventuali  effetti  negativi  significativi
sull'ambiente». 
    Si  puo'  quindi  constatare  che  la  nuova   norma   impugnata,
modificando la precedente impostazione, ha escluso in via generale  e
astratta dalla disciplina della VAS un'intera categoria  di  varianti
al PRG che invece, in base alla normativa statale,  vanno  sottoposte
alla verifica di assoggettabilita', sulla base del ricordato criterio
della produzione di impatti significativi sull'ambiente. 
    Correttamente, percio', il ricorrente sostiene  che  le  varianti
non sostanziali rientrano tra le modifiche minori  ai  piani  di  cui
all'art. 6, commi 2, lettera a), e 3, cod. ambiente: la  disposizione
impugnata determina, anche in questo caso, un'automatica  esclusione,
non  prevista  dalla  legislazione   statale,   dalla   verifica   di
assoggettabilita' e sottoposizione a VAS. 
    Non coglie, invece, nel segno  la  difesa  della  Regione  quando
cerca di giustificare la disposizione asserendo che  questa  riguarda
«ipotesi  di  natura  assolutamente  "residuale"  rispetto  a  quelle
tipizzate»; la giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha escluso la
legittimita' di un criterio selettivo dei piani da sottoporre  a  VAS
basato su «un dato meramente quantitativo riferito alle dimensioni di
interventi la cui inoffensivita' sull'ambiente sia  aprioristicamente
ed astrattamente affermata in ragione  della  loro  modesta  entita'»
(sentenza n. 197 del 2014). 
    Deve quindi essere dichiarata  la  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 16, comma 1, della legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998,
come sostituito dall'art. 9 della legge reg. Valle d'Aosta n.  5  del
2018 
    3.- Oggetto dell'ultima questione e' l'art. 17 della  legge  reg.
Valle d'Aosta n. 5 del 2018, che, sostituendo l'art. 52  della  legge
reg.  Valle  d'Aosta  n.  11  del   1998,   rubricato   «[d]isciplina
applicabile  nelle  zone  territoriali  di  tipo  A»,  e'  diretto  a
individuare gli interventi consentiti nei centri storici  in  assenza
degli strumenti attuativi del PRG. 
    La norma incide sulla disciplina urbanistico-edilizia applicabile
nelle zone territoriali di tipo A, ossia nelle «parti del  territorio
comunale  costituite  dagli  agglomerati  che  presentano   interesse
storico, artistico, documentario o ambientale e dai relativi elementi
complementari o integrativi» (art. 22, comma  1,  lettera  a),  della
legge reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998)  ed  elenca  gli  interventi
consentiti in assenza  dei  suddetti  strumenti  attuativi  e  previo
parere delle strutture regionali competenti in materia di tutela  dei
beni culturali e del  paesaggio,  nel  caso  in  cui  l'immobile  sia
tutelato ai sensi delle norme statali o regionali. 
    Tra quelli elencati nel comma 2 del novellato art. 52, la censura
statale si appunta sugli interventi descritti alle lettere a), h), i)
e j), «di cui non si rinviene corrispondenza» nell'art. 9 del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 recante  «Testo
unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia
edilizia (Testo A)» (d'ora innanzi t.u. edilizia). Tale  disposizione
statale   stabilirebbe   «puntualmente»   i   soli   «interventi   di
manutenzione ordinaria e straordinaria, oltre che di  restauro  e  di
risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia»,  consentiti
«nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici  nonche'  nelle  aree
nelle quali non  siano  stati  approvati  gli  strumenti  urbanistici
attuativi  previsti  dagli  strumenti   urbanistici   generali   come
presupposto per l'edificazione». 
    Richiamando  la  giurisprudenza  costituzionale   relativa   alle
Regioni a statuto ordinario, per le quali il suddetto art. 9 e' stato
qualificato come principio fondamentale, il ricorrente  sostiene  che
con le norme impugnate il  legislatore  regionale  non  solo  avrebbe
ecceduto la sfera di  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia
urbanistica statutariamente prevista, ma soprattutto si sarebbe posto
in  contrasto  con  la  normativa  statale  in  materia  di   «tutela
dell'ambiente»,  che,  «peraltro,  rileva  in  quanto   delimita   la
competenza regionale esclusiva in materia urbanistica». 
    3.1.- La questione non e' fondata. 
    Le norme regionali impugnate riguardano precipuamente la  materia
urbanistica, sulla quale sussiste, ai sensi dell'art. 2, lettera  g),
statuto reg. Valle d'Aosta, una competenza primaria  regionale,  come
tale vincolata al rispetto delle  norme  fondamentali  delle  riforme
economiche e sociali. 
    Occorre dunque verificare se  e  in  che  misura  l'art.  9  t.u.
edilizia possa ritenersi integrare un parametro idoneo a vincolare la
suddetta potesta' legislativa regionale, dal momento che l'Avvocatura
generale dello Stato l'ha puntualmente invocato come norma interposta
a  sostegno  sia  della  violazione  della   competenza   legislativa
esclusiva statale di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., sia del mancato rispetto dei  vincoli  posti  alla  competenza
regionale in materia urbanistica. 
    Al  riguardo  va  preliminarmente  superata  l'equivocita'  della
censura: nel caso di specie, infatti, ad assumere rilievo non  e'  il
comma 1 dell'art. 9 t.u. edilizia che concerne le aree sprovviste  di
strumenti urbanistici, ma solo il comma 2 che riguarda, invece,  come
le norme  impugnate,  la  diversa  fattispecie  dell'edificazione  in
porzioni del territorio oggetto di pianificazione generale,  ma  che,
per  espressa  determinazione  degli   stessi   strumenti   generali,
necessitino di piani attuativi e questi siano assenti. 
    In secondo luogo bisogna chiarire  che  la  censura  relativa  al
contrasto con la normativa statale sulla tutela dell'ambiente non  e'
appropriata,  in  quanto  l'evocata  norma  interposta  non   vi   e'
direttamente inerente. Quest'ultima, infatti, e' contenuta  nel  t.u.
edilizia e attiene, anche secondo la  tradizione  storico  normativa,
alla materia edilizia; non a quella della «tutela dell'ambiente»,  se
non forzandone il carattere di trasversalita', fino a  ricomprendervi
tutto cio' che materialmente incide sul territorio. 
    3.2.-  Il  parametro  di  riferimento  rimane,  dunque,  la  sola
competenza regionale primaria in  materia  di  urbanistica,  rispetto
alla quale non tutto il contenuto precettivo  delle  norme  del  t.u.
edilizia  integra  principi  vincolanti  per  l'autonomia  regionale.
L'art. 2, rubricato «Competenze delle regioni e degli  enti  locali»,
del suddetto t.u. stabilisce, infatti, che  la  potesta'  legislativa
concorrente in materia edilizia delle Regioni ordinarie  si  esercita
nel rispetto dei principi  fondamentali  della  legislazione  statale
«desumibili» dalle disposizioni contenute nel  medesimo  testo  unico
mentre quella delle Regioni  a  statuto  speciale  e  delle  Province
autonome di Trento e di Bolzano deve essere esercitata «nel  rispetto
e nei limiti degli statuti di autonomia e  delle  relative  norme  di
attuazione». 
    Ai fini del  presente  scrutinio,  pertanto,  questa  Corte  deve
verificare in che  termini  le  norme  impugnate  si  discostino  dal
principio desumibile dall'art. 9, comma 2, t.u. edilizia,  il  quale,
per il suo contenuto, per la sua obiettiva natura e per  il  contesto
normativo  in  cui  e'  inserito,   e'   qualificabile   come   norma
fondamentale di riforma economico-sociale, in quanto  tale  idonea  a
vincolare la potesta' legislativa primaria regionale. 
    In merito  e'  opportuno  precisare  che  questa  Corte  ha  gia'
individuato, nella sentenza n. 68 del 2018,  la  specifica  finalita'
perseguita  dal  suddetto   comma   2   dell'art.   9,   ravvisandola
nell'esigenza  di  «salvaguardare  la  funzione   di   pianificazione
urbanistica intesa nel suo complesso, evitando che,  nelle  more  del
procedimento di approvazione del piano  attuativo,  siano  realizzati
interventi  incoerenti  con  gli  strumenti  urbanistici  generali  e
comunque tali da compromettere l'ordinato uso del territorio».  Nella
successiva sentenza n. 245  del  2018,  ritenendosi  non  fondata  la
questione  relativa  a  una  legge  della  Regione  Abruzzo,  si   e'
ulteriormente specificato il principio ricavabile dal medesimo  comma
2 dell'art. 9, affermando che gli interventi di  recupero  consentiti
dalla  disposizione  censurata  non  implicavano  «consumo  di  suolo
mediante l'esercizio di attivita' di nuova edificazione». 
    3.3.-  Si  deve  allora  considerare  che  le  norme  oggetto  di
impugnativa   prefigurano   limitati   interventi   funzionali   alla
riqualificazione e rivitalizzazione delle aree territoriali  di  tipo
A, quindi gia' edificate e provviste di opere di  urbanizzazione;  si
tratta,  peraltro,  di  interventi   espressamente   subordinati   al
rilascio, nel caso di immobile  tutelato  ai  sensi  della  normativa
statale o regionale, del  previo  parere  delle  strutture  regionali
competenti in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio. 
    Nello specifico, l'intervento consentito  dalla  lettera  a)  del
comma 2 dell'art. 52 della legge reg. Valle d'Aosta n. 11  del  1998,
come novellato dall'art. 17 impugnato, attiene  alla  «esecuzione  di
infrastrutture e servizi anche di privati al  di  sotto  del  livello
naturale del terreno delle aree libere». La stessa norma precisa  che
si tratta di interventi in aree che sono comunque inedificabili e che
non possono conferire volumetria in altre zone. Tale fattispecie era,
peraltro, gia' contenuta nella legge reg. Valle  d'Aosta  n.  11  del
1998:  la  precedente  formulazione  richiamava  gli  interventi  nel
«sottosuolo», potendosi quindi riscontrare  nella  novella  apportata
l'intenzione di chiarire la rilevanza del piu' preciso riferimento al
«livello naturale del terreno», al di sotto del quale gli  interventi
possono essere consentiti. Inoltre, la delimitazione della  tipologia
di intervento alle «infrastrutture e servizi» e'  tale  da  escludere
destinazioni d'uso abitative  o  che  comunque  comportino  attivita'
umane di tipo continuativo. L'intervento ammesso e', infine, limitato
alle specifiche destinazioni indicate e non  e'  tale  da  comportare
nuovo  carico  antropico   ne'   da   incidere   sulle   possibilita'
edificatorie dell'area libera. 
    In base alla lettera h) del comma 2 dell'art. 52, come  novellato
dall'art.  17  impugnato,  sono   consentiti   «gli   interventi   di
ampliamento e sopraelevazione degli edifici pubblici,  a  prescindere
dalla   classificazione,    giustificati    dalla    necessita'    di
razionalizzare il servizio  pubblico  presente  nell'edificio,  o  di
adeguare l'edificio alla normativa vigente in materia di sicurezza  o
a norme igienico-sanitarie, previo parere favorevole delle  strutture
regionali competenti in materia di tutela dei beni  culturali  e  del
paesaggio». Anche tale tipologia  di  interventi,  connotata  da  una
obiettiva   razionalita',   era   gia'   ammessa   dalla   precedente
legislazione della Regione autonoma; le modifiche operate dalla legge
regionale impugnata consentono l'esecuzione di tali interventi (prima
limitati al  «recupero»)  «a  prescindere  dalla  classificazione»  e
generalizzano il  rinvio  alla  «normativa  vigente»  in  materia  di
sicurezza piuttosto che alle «specifiche leggi» nello stesso ambito. 
    Una ulteriore tipologia oggetto di censura  e'  quella  descritta
alla lettera i) del comma 2 dell'art. 52,  sostituito  dall'impugnato
art.  17,  come  «la   realizzazione   di   strutture   pertinenziali
all'edificio  principale,  secondo  i  criteri,  le  modalita'  e  le
caratteristiche tipologiche stabilite  dalla  Giunta  regionale,  con
propria  deliberazione».  In  questi  termini  la   legge   regionale
impugnata si e' limitata a  trasporre  nell'elenco  del  comma  2  il
contenuto del previgente comma 4-bis dello stesso art. 52 della legge
reg. Valle d'Aosta n. 11 del 1998, nel quale, tuttavia, le  strutture
pertinenziali erano definite come «piccole». Pur se la norma rinvia a
un  provvedimento  della  Giunta  regionale  per  stabilire  criteri,
modalita' e caratteristiche tipologiche,  la  nozione  di  pertinenza
porta necessariamente a escludere che l'intervento possa dar  vita  a
un  bene  avente  una  consistenza  significativa  e  quindi  a   una
destinazione funzionale autonoma rispetto  all'edificio  di  cui  sia
pertinenza.  La  norma,  infatti,   deve   essere   interpretata   in
connessione con l'art. 61, comma 1,  lettera  i),  della  legge  reg.
Valle d'Aosta n. 11 del 1998, che prevede la SCIA edilizia e  non  il
permesso  di   costruire   per   la   «realizzazione   di   strutture
pertinenziali agli edifici esistenti e di arredi fissi  da  giardino,
come tali privi di funzioni autonome e destinati invece  al  servizio
esclusivo degli edifici predetti,  o  di  loro  parti,  i  quali  non
comportino carico urbanistico alcuno, non determinino aggravio  sulle
opere di urbanizzazione e presentino  piccole  dimensioni».  In  tale
caso, il comma 3 dell'art. 52 della legge reg. Valle  d'Aosta  n.  11
del 1998, come sostituito dall'art. 17 della legge reg. Valle d'Aosta
n. 5 del 2018, stabilisce che le «disposizioni di  cui  al  comma  2,
lettera i), prevalgono sulle  norme  dei  PRG  e  le  sostituiscono»,
aggiungendo che i Comuni, attraverso  le  procedure  di  approvazione
delle varianti al PRG, «possono individuare le zone o le sottozone in
cui, per particolari motivi di ordine paesaggistico, non  e'  ammessa
la realizzazione delle strutture pertinenziali  di  cui  al  medesimo
comma 2, lettera i)». 
    L'ultima tipologia di intervento oggetto  di  censura  e'  quella
descritta alla lettera j) del comma 2 dell'art.  52,  come  novellato
dall'art. 17 impugnato, che si riferisce agli «interventi sulle  aree
libere pertinenziali agli edifici esistenti e relativi a: 1) accessi,
pavimentazioni e arredi; 2) muri e recinzioni; 3) parcheggi a  raso».
Si tratta di interventi accessori di minimo impatto, su  aree  libere
pertinenziali a edifici esistenti, per  i  quali,  fermo  il  vincolo
pertinenziale, la disciplina regionale ammette il regime  della  SCIA
edilizia, ai sensi dell'art. 61, comma 1, lettere c) e i-bis),  della
legge reg.  Valle  d'Aosta  n.  11  del  1998,  in  coerenza  con  la
previsione rinvenibile nell'art. 6, comma  1,  lettera  e-ter),  t.u.
edilizia. 
    Non si e' quindi in presenza,  come  conferma  l'esame  analitico
delle disposizioni censurate, di elementi tali da far  desumere  che,
in modo arbitrario  o  irrazionale,  gli  interventi  consentiti  dal
legislatore regionale non  rispettino  il  criterio  fondamentale  di
impedire il consumo di suolo attraverso nuove  edificazioni  su  aree
libere. Essi ne rappresentano, piuttosto,  un  legittimo  svolgimento
nella direzione di una riqualificazione urbana,  funzionale  anche  a
implementarne e adeguarne la dotazione infrastrutturale.