ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi  2
e 4 (recte: dell'art.  2),  della  legge  della  Regione  Campania  3
settembre 2002, n. 20 (Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali
16 maggio 2001 n. 7 e 11 agosto 2001, n. 10 - Disposizioni in materia
di personale) e dell'art. 1,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Campania 12 dicembre 2003, n.  25  (Modifiche  ed  integrazioni  alla
legge regionale 3 settembre 2002, n. 20 - Disposizioni in materia  di
personale), nella parte in cui il primo sostituisce il comma 2  e  il
secondo inserisce il comma 4 nell'art. 58 della legge  della  Regione
Campania 11 agosto 2001, n. 10  (Disposizioni  di  finanza  regionale
anno 2001), promosso dalla Corte  dei  Conti,  sezione  regionale  di
controllo  per  la  Campania,  nel  giudizio  di  parificazione   dei
rendiconti  generali  della  Regione  Campania,  per   gli   esercizi
finanziari 2015 e 2016, con ordinanza dell'8 ottobre  2018,  iscritta
al n. 25 del registro ordinanze  2019  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  8,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2019. 
    Udito nella camera di consiglio dell'8  maggio  2019  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza  dell'8  ottobre  2018,  la  Corte  dei  conti,
sezione regionale di  controllo  per  la  Campania,  nell'ambito  del
giudizio di  parificazione  dei  rendiconti  generali  della  Regione
Campania per gli  esercizi  finanziari  2015  e  2016,  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento  agli  artt.
81, 97,  primo  comma,  e  117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione, dell'art. 2, commi 2 e 4 (recte:  dell'art.  2),  della
legge della Regione Campania 3 settembre 2002, n.  20  (Modifiche  ed
integrazioni alle leggi regionali 16 maggio 2001 n.  7  e  11  agosto
2001, n. 10 - Disposizioni in materia di personale), e  dell'art.  1,
comma 1, della legge della Regione Campania 12 dicembre 2003,  n.  25
(Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 3 settembre 2002,  n.
20 - Disposizioni in materia di personale), nella  parte  in  cui  il
primo sostituisce il comma 2  e  il  secondo  inserisce  il  comma  4
nell'art. 58 della legge della Regione Campania 11 agosto 2001, n. 10
(Disposizioni di finanza regionale anno 2001). 
    1.1.- La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo  per  la
Campania, premette  che  le  sono  stati  trasmessi,  ai  fini  della
deliberazione del giudizio di parificazione,  i  rendiconti  generali
della Regione Campania rispettivamente per gli esercizi 2015 e  2016,
completi del conto di bilancio e del conto del patrimonio, unitamente
alla  relazione  dei  revisori  dei  conti  e   alla   relazione   di
accompagnamento. 
    Per procedere alla parificazione del capitolo I  dell'allegato  B
alla  relazione  allegata  alla  decisione   di   parificazione   dei
rendiconti  suddetti,  riguardante  il  trattamento  accessorio   del
personale dipendente, la  Sezione  ha  inviato  nota  istruttoria  24
aprile 2018, prot. n. 2607, cui e'  seguita  una  successiva  nota  9
maggio 2018, prot. n. 2759, di assegnazione di un nuovo termine.  Con
nota 30 maggio 2018, prot. cdc n. 3072, veniva  fornito  riscontro  a
tale richiesta di chiarimenti, con la trasmissione  di  due  distinte
relazioni, rispettivamente del Consiglio e della Giunta regionali. 
    In particolare, la Sezione regionale di controllo  aveva  rivolto
al Consiglio e alla Giunta un  quesito  circa  la  conformita'  della
disciplina regionale al  principio  secondo  cui  la  disciplina  del
finanziamento e dei presupposti di alimentazione  dei  fondi  per  il
trattamento  accessorio  del  personale  regionale   e   della   loro
erogazione e' riservata alle leggi dello Stato e alla  contrattazione
collettiva  nazionale  cui  queste  fanno   rinvio   (contratti   che
disciplinano le regole per la costituzione del  fondo  delle  risorse
decentrate, stabili e variabili). E cio' con  specifico  riguardo  al
fondo destinato al  personale  comandato  e  distaccato  in  servizio
presso le strutture politiche (da ora in poi  :  Fondo  "Legge  20"),
istituito  dall'art.  2  della  legge  regionale  n.  20  del   2002,
novellando il comma 2 dell'art. 58 della legge regionale  n.  10  del
2001, e all'ulteriore  fondo  (da  ora  in  poi  Fondo  "Legge  25"),
istituito dall'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 25 del  2003
aggiungendo il comma 4 al medesimo art. 58, configurato come un fondo
integrativo in cui la predetta componente retributiva e' erogata come
indennita' di importo fisso e predeterminato per  ciascuna  categoria
di personale, che  svolga  prestazioni  di  assistenza  all'attivita'
degli organi istituzionali del Consiglio. 
    Nel  riscontro  della  Direzione  generale  delle  risorse  umane
strumentali e finanziarie del Consiglio regionale  si  era  osservato
che   l'eventuale   illegittimita'   delle   disposizioni   regionali
censurate, attualmente in vigore, deve essere pronunciata in sede  di
giudizio  di  legittimita'  costituzionale.  Pertanto,  il  Consiglio
regionale aveva precisato che, in vigenza della normativa  regionale,
la pubblica amministrazione ha l'obbligo di applicare le leggi, anche
se ritenute illegittime. 
    La Sezione, inoltre, richiama all'attenzione la circostanza  che,
gia' nella  relazione  allegata  al  giudizio  di  parifica  relativo
all'esercizio finanziario  2013,  riguardo  alla  compatibilita'  dei
fondi "Legge 20" e "Legge 25" con il vigente sistema delle fonti  del
trattamento economico  dei  dipendenti  pubblici,  si  era  affermata
«l'urgenza  di  immediati  provvedimenti  correttivi,  di   carattere
legislativo, volti  ad  eliminare,  anche  a  fini  recuperatori,  le
indennita' erogate ai sensi delle richiamate leggi». Si era, infatti,
segnalato  che,  per  costante  giurisprudenza   costituzionale,   la
disciplina del trattamento economico dei dirigenti  e  del  personale
del comparto e'  compresa  nella  materia  «ordinamento  civile»,  di
esclusiva competenza legislativa statale,  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., e che, pertanto, la disciplina  del
finanziamento e dei presupposti di alimentazione dei citati  fondi  e
della loro erogazione  e'  riservata  a  leggi  dello  Stato  e  alla
contrattazione collettiva nazionale cui queste leggi facciano rinvio. 
    In  relazione  al  giudizio  di  parificazione   dei   rendiconti
regionali 2015 e 2016, anche il Procuratore regionale della Corte dei
conti  aveva  espresso  forti  perplessita'  sulla   competenza   del
legislatore regionale a dettare una  simile  disciplina.  Slegata  da
ogni riferimento concreto a parametri oggettivamente verificabili  di
attivita' e di risultato, essa avrebbe finito per  configurarsi  come
un'irragionevole forma di aumento retributivo per tutti i  dipendenti
assegnati alle strutture politiche del Consiglio regionale. 
    Pertanto, la medesima  Procura  regionale  aveva  demandato  alla
Sezione regionale di controllo la valutazione circa l'opportunita' di
sollevare,  d'ufficio,  in   via   incidentale,   la   questione   di
legittimita' della normativa regionale di riferimento, sussistendo il
presupposto della sua rilevanza ai fini della decisione di parificare
i rendiconti regionali 2015 e 2016 e quello della sua  non  manifesta
infondatezza. 
    1.2.- Tanto premesso, la Sezione  regionale  di  controllo  della
Corte dei conti per la Campania sostiene  che  il  finanziamento  dei
suddetti fondi - che trova la  fonte  principale  nelle  disposizioni
legislative regionali  citate  -  sia  tale  da  causare  un  inutile
dispendio di risorse attraverso una loro distribuzione «a pioggia». 
    Nonostante si fosse cercato,  dapprima  con  l'accordo  sindacale
sottoscritto il 12 febbraio 2015, poi con quello sottoscritto  il  16
marzo 2016, di ricondurre in un alveo di rispondenza  dell'erogazione
dei fondi de quibus ai principi posti a presidio della disciplina del
trattamento retributivo e accessorio del personale  dipendente  della
Regione, cio' sarebbe avvenuto senza poter incidere sui  difetti  che
caratterizzano le citate norme regionali. 
    Il finanziamento ivi previsto, infatti, si porrebbe in  contrasto
con  il  principio  -  contenuto  nella   contrattazione   collettiva
nazionale di comparto, cui rinvia la legge statale - secondo  cui  il
parametro principale da assumere per la ripartizione degli  incentivi
non  deve  essere  quello  della  semplice  presenza   in   servizio,
apprezzabile in termini di quantita', ma il valore aggiunto  connesso
al lavoro svolto o la presenza di un elemento di innovazione rispetto
agli standard ordinari. In tal modo, le norme regionali in esame  (di
cui  gli  accordi   sindacali   sottoscritti   in   sede   decentrata
rappresentano una  mera  applicazione),  nel  violare  la  competenza
esclusiva  dello  Stato  nella  specifica  materia  del   trattamento
accessorio dei dipendenti pubblici, determinerebbero la  lesione  dei
«beni-valori»  della  contabilita'  pubblica.  Secondo   la   Sezione
regionale di controllo, infatti, l'istituzione  e  l'assegnazione  di
fondi aggiuntivi da parte della Regione in tale materia, costituiti e
alimentati fuori dalle fonti normative costituzionalmente  prescritte
(legge statale, che demanda  ai  contratti  collettivi  nazionali  di
comparto), avrebbe riflessi 
    negativi sugli equilibri complessivi  della  finanza  pubblica  e
sulla sostenibilita' del debito, di cui lo Stato e' garante e custode
in rapporto agli impegni internazionali assunti ex  artt.  81  e  97,
primo comma, Cost. 
    L'attribuzione  della  competenza  legislativa  esclusiva   nelle
materie di cui al secondo comma, lettera l), dell'art. 117 Cost. allo
Stato, connessa alla sua funzione di regolatore della spesa pubblica,
sarebbe -  anche  teleologicamente  -  volta  alla  salvaguardia  dei
«beni-valori» della sostenibilita' e  dello  sviluppo  economico  del
Paese nel suo complesso, ex art. 81 Cost. 
    Pertanto, la Sezione  regionale  di  controllo  per  la  Campania
dubita della legittimita' costituzionale delle citate norme regionali
in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.,  nel
suo intrecciarsi con i valori dell'art. 97,  primo  comma,  Cost.,  e
dell'art. 81 Cost. 
    Di conseguenza, dichiara di non poter parificare  i  capitoli  di
bilancio n. 4024 e n. 4141 su cui sono  imputati  i  pagamenti  delle
competenze relative ai fondi  "Legge  20"  e  "Legge  25"  e  solleva
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2, commi 2  e  4
(recte: dell'art. 2), della legge reg. Campania n. 20 del 2002  e  1,
comma 1, della legge  reg.  Campania  n.  25  del  2003  nei  termini
suddetti. 
    1.3.- Quanto alla propria legittimazione a sollevare questione di
legittimita' costituzionale in sede di giudizio di parificazione  del
rendiconto, anche con  riguardo  a  parametri  diversi  dall'art.  81
Cost., la Sezione regionale di controllo per la Campania, richiamando
gli argomenti  svolti  nell'ordinanza  di  rimessione  della  Sezione
regionale di controllo per la Liguria, iscritta al  n.  34  del  reg.
ord.  2018,  ritiene  che  tale  legittimazione  sussista  anche   in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  nonche'
all'art. 97, primo comma, Cost.,  considerata  la  gia'  evidenziata,
intrinseca correlazione teleologico-funzionale dei  menzionati  artt.
81, 117 e 97 Cost. 
    Nel caso di  specie,  infatti,  la  violazione  della  competenza
legislativa statale da parte della Regione  avrebbe  determinato  una
dinamica  espansiva  della  spesa  di  personale  non  sottoposta   a
verifica, in termini di an e quantum,  dai  soggetti  deputati  dalla
legge a verificarne i presupposti ossia da parte dell'Agenzia per  la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni  (ARAN)  per
la parte pubblica, e da parte delle organizzazioni sindacali  per  il
personale impiegato nel settore pubblico. 
    La  procedura  individuata  dallo  Stato   nell'esercizio   della
potesta' legislativa riservata in materia di ordinamento  civile,  ai
fini della  costituzione  dei  fondi  per  il  trattamento  economico
accessorio dei dipendenti pubblici e del loro finanziamento  mediante
il ricorso  alla  contrattazione  collettiva,  avrebbe  lo  scopo  di
«verificare, con i soggetti interessati, la  sostenibilita'  di  tali
istituti in termini di risorse finanziarie disponibili e la  corretta
attribuzione  dei  compensi  ai  soggetti   titolari   di   posizioni
lavorative, rilevanti in termini di produttivita' e performance». 
    La violazione  della  distribuzione  delle  competenze  normative
operata dalla Costituzione con riguardo ai rapporti fra lo Stato e le
Regioni (art. 117, secondo  comma,  lettera  l,  Cost.)  ridonderebbe
sulla corretta costruzione del bilancio  e  dei  suoi  equilibri,  ai
sensi degli artt. 97 e 81 Cost. 
    In altri  termini,  sarebbe  stata  disposta  una  spesa  che  la
disciplina statale intende evitare, con finalita' uniformi  su  tutto
il territorio nazionale, per il raggiungimento di comuni obiettivi di
finanza pubblica. 
    A cio' la Sezione rimettente aggiunge la  considerazione  che  il
riconoscimento della propria legittimazione a sollevare questione  di
legittimita' costituzionale in sede di giudizio di parificazione, nel
caso  di   specie,   servirebbe   a   garantire   il   principio   di
costituzionalita' e a evitare che si venga a creare una  zona  franca
del sistema di giustizia costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte dei conti, Sezione regionale  di  controllo  per  la
Campania, in sede di  parificazione  dei  rendiconti  generali  della
Regione Campania per gli  esercizi  finanziari  2015  e  2016  e,  in
particolare, del capitolo concernente la  spesa  per  il  trattamento
accessorio del personale  regionale,  solleva,  in  riferimento  agli
artt. 81, 97, primo comma, e 117, secondo comma,  lettera  l),  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,
commi 2 e 4 (recte: dell'art. 2), della legge della Regione  Campania
3 settembre  2002,  n.  20  (Modifiche  ed  integrazioni  alle  leggi
regionali 16 maggio 2001 n. 7 e 11 agosto 2001, n. 10 -  Disposizioni
in materia di personale) e dell'art. 1, comma 1,  della  legge  della
Regione Campania 12 dicembre 2003, n. 25 (Modifiche  ed  integrazioni
alla legge regionale 3  settembre  2002,  n.  20  -  Disposizioni  in
materia di personale), nella parte in cui  il  primo  sostituisce  il
comma 2 e il secondo inserisce il comma 4 nell'art.  58  della  legge
della Regione Campania 11 agosto 2001, n. 10 (Disposizioni di finanza
regionale anno 2001). 
    Tali disposizioni  sono  censurate  in  quanto,  rispettivamente,
istituiscono un  fondo  (d'ora  in  avanti:  Fondo  "Legge  20")  per
finanziare  le  indennita'  da  versare  al  personale  comandato   o
distaccato, in servizio  presso  le  strutture  politiche  (uffici  a
diretta collaborazione e supporto dei Presidenti di Commissioni,  dei
membri dell'Ufficio di Presidenza e  dei  gruppi  consiliari);  e  un
ulteriore fondo (d'ora in avanti: Fondo "Legge 25") per il  personale
in servizio presso le strutture organizzative del Consiglio regionale
al  fine  di  «assegnare  risorse  per   l'assistenza   agli   organi
istituzionali  per  l'incremento  dell'attivita'  anche   legata   ai
processi di riforma in atto consequenziali alle modifiche del  titolo
V della Costituzione - parte II che  hanno  attribuito  alle  Regioni
nuove potesta' amministrative e legislative» (comma 4 del citato art.
58 della legge reg. Campania n. 10 del 2001, come novellato dall'art.
1, comma 1, della legge reg. n. 25 del 2003). 
    Si tratterebbe di fondi aggiuntivi, istituiti  dalla  Regione  in
tema di trattamento economico accessorio dei dipendenti regionali, al
di fuori di quanto previsto dalle fonti normative  costituzionalmente
prescritte  (legge  statale  e  contratti  collettivi  nazionali   di
comparto),  quindi  illegittimi  perche'  lesivi   della   competenza
esclusiva statale in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo
comma, lettera l, Cost.) e degli equilibri complessivi della  finanza
pubblica e della sostenibilita'  del  debito,  di  cui  lo  Stato  e'
garante e custode in rapporto agli impegni internazionali assunti, ex
artt. 81 e 97, primo comma, Cost. 
    2.- Preliminarmente, occorre tener conto della  circostanza  che,
dopo il deposito dell'ordinanza di rimessione  e  la  discussione  in
udienza pubblica delle questioni con essa sollevate, le norme oggetto
di censura sono state abrogate per effetto della legge della  Regione
Campania 30 maggio 2019, n.  6  (Modifica  alla  legge  regionale  11
agosto 2001, n. 10 e abrogazione  delle  leggi  regionali  16  maggio
2001, n. 7, 3 settembre 2002, n. 20 e 12  dicembre  2003,  n.  25  in
materia di personale). 
    Tuttavia, secondo gli  ordinari  principi  di  successione  delle
leggi nel tempo, tale abrogazione non spiega effetti sul  giudizio  a
quo. Pertanto, sono insussistenti i presupposti per  la  restituzione
degli atti al giudice a quo al fine di un nuovo esame della rilevanza
e della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate. 
    3.-  Sempre  in  linea  preliminare,   occorre   riconoscere   la
legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo,
in sede di giudizio di  parificazione  del  rendiconto  regionale,  a
sollevare questioni di  legittimita'  costituzionale  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., oltre che agli  artt.
81 e 97, primo comma, Cost. 
    Questa Corte si  e'  recentemente  pronunciata  su  questioni  di
legittimita' costituzionale prospettate  in  termini  analoghi  dalla
Sezione regionale di controllo per la Liguria (con un'ordinanza  cui,
peraltro, la Sezione regionale di controllo per la Campania fa  ampio
rinvio) in relazione a norme regionali che istituivano il  ruolo  dei
vice-dirigenti regionali e lo finanziavano mediante la previsione  di
un incremento del fondo per il trattamento accessorio  del  personale
regionale,  in  assenza  di  indicazioni  da  parte   del   contratto
collettivo nazionale di comparto (sentenza n. 196 del 2018). 
    In quella  occasione  questa  Corte  ha  ripercorso  l'evoluzione
normativa  che  ha   riguardato   il   giudizio   di   parificazione,
contraddistinto da tratti sempre piu' riconducibili a una nozione  di
giurisdizione rilevante ai fini della proposizione  di  questioni  di
legittimita'  costituzionale  (sentenza  n.  89  del  2017).  Si  e',
inoltre, evidenziata la legittimazione, anche da parte delle  sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti, a 
    sollevare questioni di legittimita' costituzionale  avverso  «"le
disposizioni di legge che  determinano,  nell'articolazione  e  nella
gestione del bilancio stesso, effetti  non  consentiti  dai  principi
posti a tutela degli equilibri economico-finanziari" e da  tutti  gli
"altri precetti costituzionali, che  custodiscono  la  sana  gestione
finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213  del  2008  e  n.  244  del
1995)" (sentenza n. 181 del 2015)» (sentenza n. 196 del  2018;  nello
stesso senso, da ultimo, sentenza n. 138 del 2019). 
    Nel caso oggetto della sentenza n. 196 del 2018, in cui  venivano
in rilievo al tempo stesso norme regionali istitutive del  ruolo  dei
vice-dirigenti, in violazione della competenza esclusiva  statale  in
materia di ordinamento civile, e disposizioni  di  finanziamento  del
medesimo ruolo, si e' riconosciuta la  legittimazione  della  sezione
regionale di controllo,  in  sede  di  parificazione  del  rendiconto
generale   regionale,   a   sollevare   questioni   di   legittimita'
costituzionale  anche  in  riferimento  a  parametri  attributivi  di
competenza  (l'art.  117,   secondo   comma,   lettera   l,   Cost.),
sull'assunto che «in tali casi la Regione manca per definizione della
prerogativa di allocare risorse» (sentenza n.  196  del  2018,  punto
2.1.2. del Considerato in diritto). Pertanto,  «entro  tali  materie,
non vi e' intervento regionale produttivo di spesa che non si traduca
immediatamente nell'alterazione dei criteri dettati  dall'ordinamento
ai  fini  della  sana  gestione  della  finanza  pubblica  allargata»
(sentenza n. 196 del 2018, punto 2.1.2. del Considerato in diritto). 
    I medesimi argomenti possono essere  presi  in  considerazione  e
ulteriormente precisati nel presente giudizio. 
    Nel caso ora all'esame  di  questa  Corte  si  discute  di  norme
regionali istitutive di fondi che il  rimettente  ritiene  alimentati
con risorse ulteriori e  diverse  rispetto  a  quelle  tassativamente
previste  dai  contratti  collettivi  nazionali,  in  contrasto   con
l'attribuzione che il legislatore statale, titolare della  competenza
legislativa esclusiva nella materia «ordinamento civile», opera  alla
contrattazione   collettiva   nazionale   di   comparto,    per    la
determinazione  e   l'assegnazione   delle   risorse   destinate   al
trattamento accessorio dei dipendenti pubblici. L'effetto ineludibile
di una tale scelta si riverbera in una espansione della spesa per  il
personale,  in  violazione  dei  «beni-valori»   della   contabilita'
pubblica tutelati dagli artt. 81 e 97, primo comma, Cost. 
    L'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  inerente  alla
competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento  civile»,  e'
evocato in stretta connessione funzionale con l'art. 81 Cost.  e  con
l'art. 97, primo comma, Cost., peraltro in riferimento a entrambe  le
norme censurate. 
    Con l'istituzione dei fondi  di  cui  si  e'  detto  la  Regione,
secondo  il  rimettente,  avrebbe  disposto  una  spesa  inerente  al
trattamento accessorio dei dipendenti regionali  che  il  legislatore
statale e la contrattazione collettiva  di  comparto,  cui  la  legge
rinvia, non hanno autorizzato,  in  vista  del  raggiungimento  degli
obiettivi  di  finanza  pubblica.  La  violazione  della   competenza
legislativa esclusiva statale in tema di disciplina  del  trattamento
accessorio  del  personale  regionale  ridonderebbe  in  una  lesione
dell'equilibrio di bilancio e della  sana  gestione  finanziaria,  ai
sensi degli artt. 97, primo comma, e 81 Cost. Sono  questi  i  valori
alla cui tutela  e'  preordinata  la  Corte  dei  conti,  cui  spetta
accertare  tutte  le  «irregolarita'»  poste  in  essere  dagli  enti
territoriali suscettibili di pregiudicarli, secondo quanto  stabilito
dall'art. 1, comma 3, del decreto-legge  10  ottobre  2012,  n.  174,
recante «Disposizioni urgenti in materia di finanza  e  funzionamento
degli enti territoriali  nonche'  ulteriori  disposizioni  in  favore
delle  zone   terremotate   nel   maggio   2012»,   convertito,   con
modificazioni, in legge 7 dicembre 2012, n. 213 (sentenze n.  18  del
2019 e n. 196 del 2018). 
    Anche nel caso ora  in  esame  la  legislazione  censurata,  «che
destina nuove  risorse  senza  che  [..]  siano  ravvisabili  diretti
controinteressati, non  potrebbe  agevolmente  essere  sottoposta  al
giudizio di questa Corte per altra via che non  sia  il  giudizio  di
parificazione» (sentenza n. 196 del 2018, par. 2.1.2. del Considerato
in diritto). 
    L'esigenza   di   fugare   zone   d'ombra   nel   controllo    di
costituzionalita', affermata da questa Corte quale tratto costitutivo
del sistema di giustizia  costituzionale,  con  particolare  riguardo
alla specificita' dei compiti assegnati  alla  Corte  dei  conti  nel
quadro della finanza pubblica (sentenza n. 18 del 2019), e'  tale  da
rif1ettersi, anche ai limitati fini del caso di cui qui  si  discute,
sui criteri di valutazione  dei  requisiti  di  ammissibilita'  delle
questioni. 
    4.- Ancora in linea preliminare, nessun dubbio  sorge  in  ordine
alla rilevanza delle questioni sollevate nei  confronti  delle  norme
regionali in esame. Si tratta, infatti, di norme istitutive di fondi,
che incidono sulla  spesa  regionale  per  il  personale,  sulla  cui
legittimita' la Sezione regionale di controllo per la Campania  della
Corte dei conti si  interroga,  ai  fini  della  parificazione  degli
specifici capitoli del rendiconto regionale, dunque delle  spese  che
su di essi gravano. 
    Se avesse parificato tali capitoli, in applicazione  delle  norme
censurate, il collegio a quo, si sarebbe trovato nella condizione  di
validare un risultato di amministrazione non corretto, relativo a una
spesa connessa alla istituzione dei fondi "Legge 20"  e  "Legge  25",
ritenuta illegittima. Esso sarebbe,  pertanto,  venuto  meno  al  suo
compito  di  accertare  eventuali  «irregolarita'   suscettibili   di
pregiudicare,     anche     in     prospettiva,     gli     equilibri
economico-finanziari degli enti» (art. 1, comma 3, del d. l.  n.  174
del 2012). 
    5.- Nel merito, le questioni sono fondate. 
    La Corte  dei  conti,  Sezione  regionale  di  controllo  per  la
Campania, in sede di parificazione dei rendiconti generali  regionali
relativi agli esercizi 2015 e 2016, censura, in primo  luogo,  l'art.
2, comma 2 (recte: l'art. 2), della legge reg.  Campania  n.  20  del
2002, nella parte in cui sostituisce il comma 2  dell'art.  58  della
legge della Regione Campania n. 10 del 2001 e  dispone  l'istituzione
di  un  fondo  (Fondo  "Legge  20")  per  il  personale  comandato  o
distaccato,  in  servizio  presso  le  strutture  organizzative   del
Consiglio regionale (art. 9 della legge  della  Regione  Campania  25
agosto 1989, n. 15, recante  «Nuovo  ordinamento  amministrativo  del
Consiglio  regionale»),  e  presso  le  Segreterie  particolari   del
Presidente del Consiglio regionale, dei  componenti  dell'Ufficio  di
Presidenza, dei presidenti  delle  commissioni,  del  Presidente  del
Collegio dei revisori dei conti (art. 14 della legge regionale n.  15
del 1989), al fine, fra l'altro, di individuare: «a) risorse  per  il
trattamento  economico  accessorio  da  attribuire  con   le   stesse
quantita' e modalita' di erogazione del salario  accessorio  previsto
dai Contratti Collettivi  Decentrati  Integrativi  del  personale  di
ruolo del  Consiglio  regionale»;  e  «b)  risorse  per  l'incremento
dell'attivita'  istituzionale  e  per   l'assistenza   agli   organi,
integrative a quelle previste dalla lettera a)» (art.  58,  comma  2,
della legge reg. Campania n. 10 del 2001). 
    Poco piu' di un anno dopo, con l'art. 1,  comma  1,  della  legge
reg. Campania n.  25  del  2003,  dichiarata  urgente  (art.  2),  il
Consiglio regionale  della  Campania  -  con  una  tecnica  normativa
peraltro non  del  tutto  cristallina,  a  causa  del  succedersi  di
modifiche fra se' non sempre coordinate - ha aggiunto al citato  art.
2 della legge regionale n. 20 del 2002 (recte: al  suddetto  art.  58
della legge regionale n. 10 del 2001) altri tre  commi,  fra  cui  il
comma  4.  Anche  quest'ultimo  comma   e'   censurato   dall'odierno
rimettente (congiuntamente con l'art. 1, comma 1,  della  legge  reg.
Campania n. 25 del 2003,  che  l'ha  inserito)  nella  parte  in  cui
istituisce un «ulteriore fondo [il Fondo "Legge 25"] per il personale
in servizio presso le  strutture  organizzative  di  cui  alla  legge
regionale  25  agosto  1989,   n.15,   articolo   2   [le   strutture
organizzative del Consiglio regionale], al fine di assegnare  risorse
per  l'assistenza  agli   organi   istituzionali   per   l'incremento
dell'attivita'  anche  legata  ai  processi  di   riforma   in   atto
consequenziali alle modifiche del titolo V della Costituzione - parte
II che hanno attribuito alle Regioni nuove potesta' amministrative  e
legislative». 
    Le norme regionali richiamate,  come  e'  evidente,  istituiscono
nuovi fondi al fine di destinare  risorse  ulteriori  al  trattamento
accessorio  dei  dipendenti  regionali,  con  elargizioni  indistinte
destinate a tutto il  personale  comandato  o  distaccato  presso  il
Consiglio regionale (o presso organi dello  stesso)  e  a  quello  in
servizio presso le strutture organizzative del Consiglio, in  ragione
della mera attivita' di assistenza agli organi del Consiglio  stesso.
Nella relazione di accompagnamento alla  decisione  di  parifica  del
rendiconto  regionale  relativo  all'esercizio   2013,   la   Sezione
regionale di controllo per  la  Campania  aveva,  non  a  caso,  gia'
segnalato che si tratta di indennita' a importo fisso,  sganciata  da
considerazioni di rendimento. Tali previsioni, peraltro, non  trovano
riscontro nella contrattazione collettiva nazionale di comparto,  cui
il legislatore statale demanda  la  determinazione  e  l'assegnazione
delle risorse destinate  al  trattamento  accessorio  dei  dipendenti
pubblici, anche al fine di premiare  il  merito  e  il  miglioramento
delle prestazioni dei dipendenti, come previsto in  specie  dall'art.
45, commi 3 e 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni  pubbliche).  Nella  disciplina   del   lavoro   alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni la fonte collettiva assume
caratteristiche peculiari, proprio perche' fonte di rinvio  governata
da precisi vincoli di spesa. In ogni caso, i criteri che essa esprime
per l'attribuzione delle risorse disponibili sono vincolanti. 
    Alla luce di  quanto  previsto  dalla  contrattazione  collettiva
nazionale  di  comparto  -  che  individua  puntualmente  le  risorse
aggiuntive da destinare alle  politiche  di  sviluppo  delle  risorse
umane e della produttivita' (artt. 15 e 17 del  contratto  collettivo
nazionale di lavoro sottoscritto il 1° aprile 1999, comparto  Regioni
e autonomie locali; art. 31 del CCNL 22  gennaio  2004  del  comparto
Regioni e autonomie locali) e le ancora alla finalita' di «promuovere
effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di  efficienza  e
di efficacia degli enti e delle amministrazioni  e  di  qualita'  dei
servizi istituzionali mediante la realizzazione di piani di attivita'
anche pluriennali e di progetti strumentali e di risultato basati  su
sistemi di  programmazione  e  di  controllo  quali-quantitativo  dei
risultati» (cosi' l'art. 17  del  CCNL  del  1°  aprile  1999)  -  si
conferma il contrasto delle norme regionali censurate con i parametri
costituzionali evocati. 
    Le norme regionali hanno introdotto la  previsione  di  un  nuovo
trattamento economico accessorio  per  il  personale  regionale  che,
oltre a non essere coerente con  i  criteri  indicati  dai  contratti
collettivi di comparto, e' innanzi tutto in contrasto con la  riserva
di competenza esclusiva assegnata al  legislatore  statale  dall'art.
117, secondo comma, lettera  l),  Cost.  in  materia  di  ordinamento
civile. A questa  materia,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 175 e n. 72 del 2017;  n.  257
del 2016; n. 180 del 2015; n. 269, n. 211 e n.  17  del  2014),  deve
ricondursi la disciplina del trattamento giuridico ed  economico  dei
dipendenti  pubblici  e  quindi   anche   regionali,   «retta   dalle
disposizioni del codice civile  e  dalla  contrattazione  collettiva»
nazionale, cui la legge dello  Stato  rinvia  (sentenza  n.  196  del
2018). 
    Non e' superfluo rimarcare che  lo  spazio  della  contrattazione
decentrata e integrativa, individuato dall'art. 40, comma 3-bis,  del
d.lgs. n. 165 del 2001  come  sede  idonea  per  la  destinazione  di
risorse  aggiuntive  relative  al  trattamento  economico  accessorio
collegato alla qualita' del rendimento  individuale,  e'  uno  spazio
circoscritto e delimitato dai contratti  nazionali  di  comparto.  La
contrattazione non potra' che svolgersi «sulle materie, con i vincoli
e nei limiti stabiliti dai collettivi nazionali, tra i soggetti e con
le procedure negoziali che  questi  ultimi  prevedono».  Come  questa
Corte  ha   recentemente   evidenziato   «[i]   due   livelli   della
contrattazione sono [...] gerarchicamente  ordinati,  in  specie  nel
settore del lavoro pubblico, poiche' solo a  seguito  degli  atti  di
indirizzo emanati dal Ministero e diretti all'ARAN  per  l'erogazione
dei fondi, secondo quanto previsto  dalla  contrattazione  collettiva
nazionale, puo'  aprirsi  la  sede  decentrata  e  sotto-ordinata  di
contrattazione» (sentenza n. 196 del 2018). 
    L'istituzione dei nuovi fondi, prevista dalle norme regionali  in
violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva   statale,   ha
determinato, quale inevitabile conseguenza, un aggravio  della  spesa
per il personale regionale che, «per la  sua  importanza  strategica,
[costituisce] non gia' una minuta  voce  di  dettaglio»  nei  bilanci
delle amministrazioni pubbliche, ma «un  importante  aggregato  della
spesa di parte corrente» (fra le altre, sentenza n.  108  del  2011).
Tale spesa, non autorizzata dal  legislatore  statale  e  dunque  non
divenuta oggetto di rinvio alla contrattazione di comparto, non  puo'
trovare per cio' stesso legittima copertura finanziaria. Essa  incide
negativamente sull'equilibrio dei bilanci e sulla sostenibilita'  del
debito pubblico, in violazione degli artt.  81  e  97,  primo  comma,
Cost. Il nesso funzionale che connette la violazione della competenza
statale in materia di «ordinamento civile» con la tutela del bilancio
inteso quale bene pubblico viene  in  rilievo  in  modo  netto  nello
specifico caso sottoposto al vaglio di questa Corte. 
    Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 2, della legge reg. Campania n. 20 del 2002, nella parte in
cui sostituisce il comma 2 dell'art. 58 della legge reg. Campania  n.
10 del 2001; e dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Campania n.  25
del 2003, nella parte in cui aggiunge il comma 4 al citato art. 58. 
    6.- I commi 3 e 5 del medesimo art. 58 della legge reg.  Campania
n. 10 del 2001,  -  il  primo  sostituito  dall'art.  2  della  legge
regionale n. 20 del 2002, il secondo aggiunto  dall'art.1,  comma  1,
della legge n. 25 del  2003  -,  che  disciplinano  le  modalita'  di
erogazione e ripartizione dei fondi istituiti con le norme dichiarate
costituzionalmente illegittime, divengono non piu' applicabili e sono
dunque destinati a seguire la stessa sorte delle disposizioni da  cui
dipendono (sentenza n. 123 del 2019).