ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4, 9 e 10
della legge della Regione Liguria 12 settembre 2018, n.  17,  recante
«Modifiche alla legge regionale 25 gennaio 1984, n. 7 (Norme  per  la
regolamentazione dell'attivita' di tassidermia e di imbalsamazione)»,
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 16-21 novembre 2018, depositato in  cancelleria  il  20
novembre 2018,  iscritto  al  n.  77  del  registro  ricorsi  2018  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  50,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  ottobre  2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    uditi l'avvocato  dello  Stato  Maria  Gabriella  Mangia  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Gabriele  Pafundi
per la Regione Liguria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 16-21 novembre 2018, depositato in
cancelleria il 20 novembre 2018,  iscritto  al  n.  77  del  registro
ricorsi 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  ha  promosso  -  in
riferimento, nel complesso, agli artt. 117, primo  e  secondo  comma,
lettere l) e s),  della  Costituzione  -  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 4,  9  e  10  della  legge  della  Regione
Liguria 12 settembre 2018,  n.  17,  recante  «Modifiche  alla  legge
regionale 25 gennaio  1984,  n.  7  (Norme  per  la  regolamentazione
dell'attivita' di tassidermia e di imbalsamazione)». 
    2. - Il ricorrente censura innanzitutto l'art. 4 della legge reg.
Liguria n. 17 del 2018, che ha aggiunto all'art. 4 della legge  della
Regione Liguria 25 gennaio 1984, n. 7 (Norme per la  regolamentazione
dell'attivita' di tassidermia e di imbalsamazione), tra  l'altro,  il
comma 2-bis, ai sensi del quale «[i]  tassidermisti  o  imbalsamatori
devono chiedere  alla  Regione  il  nullaosta  alla  preparazione  di
esemplari appartenenti a specie: - particolarmente protette ai  sensi
dell'articolo 2  della  L.  157/1992  e  successive  modificazioni  e
integrazioni;  -  non  cacciabili;  -  cacciabili,  per  i  quali  la
richiesta di preparazione sia stata avanzata al di fuori dei  periodi
in cui ne e' consentita la caccia». 
    Rileva l'Avvocatura che l'art. 30 della legge 11  febbraio  1992,
n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per
il prelievo venatorio), «nel prevedere al comma  primo,  lettere  a),
b),  c),  g),  h)   e   l),   sanzioni   penalmente   rilevanti   per
l'abbattimento, la cattura o la detenzione delle diverse tipologie di
esemplari di specie particolarmente protette (ex art. 2 della  stessa
legge) e/o non cacciabili, nonche' per il commercio o  la  detenzione
per il commercio degli stessi, al successivo comma secondo stabilisce
che "per la violazione delle disposizioni  della  presente  legge  in
materia di imbalsamazione e  tassidermia  si  applicano  le  medesime
sanzioni che sono comminate per l'abbattimento degli animali  le  cui
spoglie sono oggetto del trattamento descritto"». 
    Secondo l'Avvocatura  la  disposizione  impugnata  comporterebbe,
«pertanto,  una  illegittima  depenalizzazione  di  divieti   statali
sanzionati penalmente», determinando il «contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione, che  attribuisce  allo
Stato potesta'  legislativa  esclusiva  in  materia  di  "ordinamento
penale" andando di fatto ad incidere su fattispecie  penali  vigenti,
modificando  i  presupposti  per  l'applicazione  di  tali  norme   e
introducendo nuove cause di esenzione della responsabilita' penale». 
    3. - La seconda disposizione censurata e' l'art.  9  della  legge
reg. Liguria n. 17 del 2018, che sostituisce  l'art.  9  della  legge
reg. Liguria n. 7 del 1984, stabilendo che «[c]oloro che detengono  a
qualsiasi titolo  preparati  tassidermici  (animali  "imbalsamati"  o
"impagliati") realizzati antecedentemente al 25 gennaio  1984  e  non
dichiarati alle amministrazioni provinciali sono  tenuti  a  fornirne
l'elenco dettagliato alla Regione, con  lettera  raccomandata  o  con
posta elettronica certificata (PEC)». 
    Nella formulazione precedente, l'art. 9 prevedeva  che  «[c]oloro
che detengono a qualsiasi titolo animali imbalsamati debbono  fornire
l'elenco dettagliato alla Provincia, con lettera raccomandata,  entro
centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge». 
    La norma impugnata, dunque,  secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,
abroga il termine - di  centottanta  giorni  dall'entrata  in  vigore
della legge reg. Liguria n. 7 del 1984 - in  precedenza  previsto  ai
fini della presentazione dell'elenco all'ente territoriale competente
e introduce quello del 25 gennaio 1984 entro il  quale  il  preparato
tassidermico detenuto e' stato realizzato. 
    In tal modo, essa «prevede, di fatto, un meccanismo  condonatorio
a favore di chiunque detenga  animali  "imbalsamati"  o  "impagliati"
tassidermizzati (senza distinzione tra specie protette o cacciabili e
realizzati prima del 25 gennaio 1984), attivabile nei rapporti con la
Regione    attraverso    modalita'    comunicative     standardizzate
(raccomandata  o  PEC)  e   tale   da   consentire   di   legittimare
impropriamente sine die il possesso di  esemplari,  anche  di  specie
protette, di cui non si potrebbe nemmeno documentare la datazione, in
assenza della previsione di specifici accertamenti/perizie». 
    Il  descritto  «quadro  normativo»,  prosegue  l'Avvocatura,   si
porrebbe in contrasto con i divieti e le  correlate  sanzioni  penali
disciplinati dagli artt. 21, comma 1, lettera ee),  e  30,  commi  1,
lettere b), c), g), h) ed l), e 2, della legge  n.  157  del  1992  a
carico di chiunque detiene specie protette  a  vario  titolo  e/o  le
prepara con trattamento tassidermico. La perdurante vigenza di questa
disciplina,  ad  avviso  della  difesa  statale,  precluderebbe  alle
Regioni la facolta' di potervi derogare attraverso l'introduzione  di
«meccanismi regolarizzativi di qualsivoglia natura». 
    La  disciplina  statale  indicata,  a   parere   dell'Avvocatura,
costituirebbe un  limite  invalicabile  per  l'attivita'  legislativa
della  Regione,  «dettando  norme  imperative   che   devono   essere
rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze  di
tutela ambientale»; limite ulteriormente ribadito dall'art. 18  della
legge n. 157 del 1992, relativo alle specie cacciabili e  ai  periodi
di attivita' venatoria, che garantirebbe, nel rispetto degli obblighi
comunitari contenuti nella direttiva 79/409/CEE del Consiglio  del  2
aprile 1979, concernente la conservazione  degli  uccelli  selvatici,
standard minimi e  uniformi  della  tutela  della  fauna  sull'intero
territorio nazionale,  assumendo  natura  di  norma  fondamentale  di
riforma economico-sociale. 
    Di qui, secondo la difesa statale, la norma impugnata,  «oltre  a
violare i vincoli derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  tende  a
ridurre in peius il livello di tutela della fauna selvatica stabilito
dalla [citata] legislazione nazionale, invadendo illegittimamente  la
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia penale  e  di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», cosi' violando  l'art.  117,
primo e secondo comma, lettere l) e s), Cost. 
    4. - La terza disposizione censurata e'  l'art.  10  della  legge
reg. Liguria n. 17 del 2018, che modifica l'art. 10 della legge  reg.
Liguria n. 7 del 1984, adeguando in euro le sanzioni previste per  le
violazioni  alle  disposizioni  della  medesima  legge  regionale   e
stabilendo,  in   particolare   alla   lettera   d),   «la   sanzione
amministrativa  pecuniaria  da  euro  20,00   a   euro   200,00   per
inosservanza dell'obbligo di notizia  previsto  dall'articolo  6»  in
capo al tassidermista. 
    A parere dell'Avvocatura, tale disposizione, nel  riformulare  in
euro gli importi sanzionatori, non menzionerebbe  la  sanzione  della
revoca dell'autorizzazione a svolgere l'attivita', cosi' ponendosi in
contrasto con il combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 6 della
legge n. 157 del 1992, che recitano: «2. I tassidermisti  autorizzati
devono segnalare all'autorita' competente le richieste di  impagliare
o imbalsamare spoglie di specie protette o  comunque  non  cacciabili
ovvero le richieste relative a spoglie di specie cacciabili  avanzate
in periodi diversi da quelli previsti nel calendario venatorio per la
caccia della specie in questione. 3. L'inadempienza alle disposizioni
di cui al comma 2 comporta la revoca dell'autorizzazione  a  svolgere
l'attivita' di tassidermista, oltre alle sanzioni  previste  per  chi
detiene illecitamente esemplari di specie protette o per chi  cattura
esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati  nel  calendario
venatorio». 
    Secondo la difesa dello Stato, la nuova formulazione  violerebbe,
dunque, l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.  in  materia  di
«tutela dell'ambiente». 
    5.- La Regione Liguria si e' costituita con atto depositato il 21
dicembre 2018. 
    5.1.- Essa sostiene che la censura  concernente  l'art.  4  della
legge reg. Liguria n. 17 del 2018 e' «destituita di fondamento [...],
posto che la norma non  introduce  alcuna  depenalizzazione  rispetto
all'art. 30 comma 2 della L. 157/92», ma «riguarda  il  comportamento
preteso dal tassidermista». 
    A questo riguardo, ad avviso della  difesa  regionale,  la  norma
impugnata  non  eliminerebbe  affatto  l'obbligo  del  tassidermista,
disciplinato dal citato art. 6, comma 2, della legge n. 157 del 1992,
di segnalazione all'autorita' locale competente  delle  richieste  di
imbalsamare specie protette o non cacciabili. 
    Il nullaosta regionale, infatti «non e' finalizzato a legittimare
una detenzione di specie non consentita  [...]  giacche'  riguarda  i
casi in cui:  a)  non  vi  e'  abbattimento,  in  quanto  il  decesso
dell'animale  da  imbalsamare  e'  avvenuto  per  cause  naturali   o
accidentali; b) vi e'  abbattimento  lecito,  in  quanto  le  spoglie
appartengono  a  specie  cacciate  legittimamente  e  per   l'animale
sottoposto a  trattamento  di  lunga  conservazione  si  richiede  il
trattamento tassidermico in periodo diverso da quello di caccia  alla
specie»: tali casi non rientrano quindi nella sfera  di  applicazione
dell'art.  30  della  legge  n.  157  del  1992,  che  si   riferisce
«all'abbattimento o alla detenzione di animali vivi e non morti». 
    Piu'  precisamente,  la   Regione   ritiene   che   gli   animali
appartenenti alla fauna selvatica, a  norma  dell'art.  2,  comma  1,
della legge n. 157 del 1992, «cessano di  far  parte  del  patrimonio
indisponibile dello Stato per divenire  proprieta'  del  cacciatore»,
sia in conseguenza di un abbattimento rispettoso  delle  disposizioni
della stessa legge appena citata, sia in caso di decesso  naturale  o
accidentale. In tale ultima ipotesi, infatti, il bene  perderebbe  il
carattere di indisponibilita', uscendo dalla sfera di  applicabilita'
delle norme sulla tutela della fauna selvatica per  divenire  oggetto
della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti, ai  sensi  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale). Conseguentemente,  la  censura  dell'Avvocatura  sarebbe
infondata poiche' la detenzione di spoglie animali non  originate  da
atti di cattura e  lecitamente  abbattute  sarebbe  consentita,  come
«indirettamente confermato dalla lettura dell'art. 21 comma  1  lett.
ee), della L. n. 157/1992». 
    5.2.- In ordine alle questioni concernenti l'art. 9  della  legge
reg. Liguria n. 17 del 2018, la  Regione  contesta  la  ricostruzione
dell'Avvocatura, precisando che la  finalita'  di  tale  articolo  e'
quella di effettuare una ricognizione dei preparati tassidermici piu'
datati ancora esistenti. Secondo la  difesa  regionale,  infatti,  «a
distanza di oltre 34  anni  dall'entrata  in  vigore  della  l.r.  n.
7/1984,   molti   degli   esemplari    all'epoca    segnalati    alle
Amministrazioni  provinciali  sono  verosimilmente  transitati  nella
disponibilita' di altri soggetti (ad esempio,  a  causa  di  passaggi
ereditari)  senza  essere  stati  dichiarati  da   proprietari   oggi
defunti». 
    A parere della Regione, pertanto,  la  norma  censurata  «non  e'
un'impropria sanatoria sine die, in quanto chi abbatte e prepara o fa
preparare illegittimamente fauna  selvatica,  protetta  o  meno,  ben
difficilmente si esporra' ai controlli della vigilanza e ad eventuali
perizie comunicando, una o addirittura  piu'  volte,  l'elenco  degli
esemplari detenuti». 
    5.3.- Con riferimento alla terza questione,  infine,  la  Regione
sostiene «l'assoluta inconsistenza del rilievo  statale»  poiche'  la
norma censurata si limiterebbe a  convertire  in  euro  l'importo  di
sanzioni pecuniarie. In particolare, la revoca dell'autorizzazione  a
svolgere l'attivita' di tassidermista (qualora non sia  segnalata  la
richiesta di preparare spoglie di specie protette, non  cacciabili  o
cacciabili  avanzate  in  periodi  diversi  da  quelli  previsti  nel
calendario venatorio) «esiste e viene applicata non  con  riferimento
alle previsioni di cui al cit. art. 10, ma in virtu' dell'articolo 46
della legge regionale 29/94, attuativa della Legge n. 157/1992»,  che
stabilisce: «[l]'attivita' di  tassidermia  ed  imbalsamazione  e  la
detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e trofei  sono
disciplinate dalla legge regionale 25 gennaio 1984, n.  7,  integrata
dalle sanzioni previste dalla legge n. 157/1992». 
    6.- Con memoria tempestivamente depositata la Regione Liguria  ha
insistito nella reiezione integrale del ricorso. 
    In  particolare,  quanto  alla  prima  questione,   relativa   al
censurato effetto di depenalizzazione, la Regione ribadisce,  per  un
verso, che la disciplina dettata dai commi 2-bis e seguenti dell'art.
4 della legge reg. Liguria n. 17 del 2018, concernerebbe  i  casi  in
cui «non si e' verificato alcun abbattimento, giacche'  l'animale  e'
deceduto per cause  naturali  o  accidentali»  o  «l'abbattimento  e'
avvenuto lecitamente (in quanto riguardante specie venabili prelevate
in periodo di caccia) e le relative spoglie sono state  sottoposte  a
trattamento di lunga conservazione»; per  altro  verso,  che,  tra  i
divieti elencati nell'art. 21 della legge n. 157 del 1992 (sanzionati
tramite il successivo art. 30  della  medesima  legge),  «non  appare
inclusa la detenzione di spoglie di animali non originate da atti  di
cattura o di abbattimento». 
    La difesa  regionale  evidenzia,  inoltre,  che  da  una  lettura
complessiva  del  citato  art.  4   si   ricaverebbe   l'assenza   di
«possibilita' elusive  delle  norme  penali»,  dal  momento  che  «le
richieste di nulla osta che l'imbalsamatore  deve  presentare  [alla]
Regione per la preparazione  degli  esemplari  [...]  "devono  essere
accompagnate  da   idonea   documentazione   rilasciata   da   medico
veterinario attestante che il decesso e' avvenuto per cause  naturali
o accidentali o, nel caso di specie cacciabili di cui si richiede  il
trattamento in periodo diverso da quello della  caccia  alla  specie,
che  l'esemplare  e'  stato  abbattuto  lecitamente  e  sottoposto  a
trattamento di lunga conservazione"». 
    Insiste  d'altro  canto   la   Regione   nel   sottolineare   che
«[u]lteriore livello di garanzia» sarebbe dato dalla circostanza  che
il  tassidermista,  a  cui   venisse   richiesta   una   preparazione
riguardante esemplari protetti o comunque non cacciabili  o  cacciati
in periodi diversi  da  quelli  previsti  nel  calendario  venatorio,
sarebbe comunque tenuto a segnalare il fatto all'autorita' regionale,
pena la sottoposizione alle sanzioni previste. 
    Infine, la Regione rileva «come molte regioni annoverino da molti
anni  nei  propri  ordinamenti  norme   simili   a   quelle   oggetto
dell'odierna impugnativa». 
    7.- Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha  depositato
una memoria, insistendo nell'accoglimento del ricorso. 
    In particolare, l'Avvocatura generale dello  Stato  ribadisce  le
censure aventi ad oggetto l'art. 4 della legge reg. Liguria n. 17 del
2018, osservando che «[l]a normativa vigente riconosce  alle  Regioni
la  sola  possibilita'  di  disciplinare  le   "modalita'"   inerenti
all'attivita' di tassidermia e imbalsamazione e non anche  rilasciare
autorizzazioni volte a superare cio' che viene sanzionato dalla legge
statale». 
    Inoltre, la difesa statale sostiene che, contrariamente a  quanto
argomentato  al  riguardo  dalla  Regione,  il  termine   «esemplari»
menzionato al comma 1, lettera  ee),  dell'art.  21  della  legge  n.
157/1992 - rubricato "divieti" - deve intendersi riferito anche  alle
spoglie, poiche' «altrimenti, se  cosi'  non  fosse,  il  legislatore
avrebbe inserito l'aggettivo "vivo" (o  "vivente")  proprio  come  ha
fatto per le restanti lettere, come ad es. lettera p),  q),  r),  t),
bb), cc)». 
    Per quanto concerne la questione avente ad oggetto l'art. 9 della
legge reg. Liguria n. 17 del  2018,  l'Avvocatura  ribadisce,  da  un
lato, che la norma censurata «prevede di fatto un  nuovo  termine  il
quale, come diretta conseguenza, comporta un meccanismo  condonatorio
a favore  di  tutti  coloro  che  possiedono  preparati  tassidermici
realizzati antecedentemente al 25 gennaio 1984 e mai dichiarati  alle
autorita'  competenti»;  dall'altro,  che  la  Regione  non  potrebbe
emanare leggi che permettono di sanare le condotte illecite tenute in
violazione di norme penali volte alla tutela della fauna  sull'intero
territorio nazionale. 
    Quanto, infine, all'impugnato art. 10 della medesima  legge  reg.
Liguria, l'Avvocatura osserva che la tesi prospettata  dalla  Regione
«appare in evidente contrasto col principio di precisione, corollario
del piu' generale principio di legalita' ex art. 25 Cost., che impone
al legislatore di formulare norme chiare e precise». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  -  in
riferimento, nel complesso, agli artt. 117, primo  e  secondo  comma,
lettere l) e s),  della  Costituzione  -  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 4,  9  e  10  della  legge  della  Regione
Liguria 12 settembre 2018,  n.  17,  recante  «Modifiche  alla  legge
regionale 25 gennaio  1984,  n.  7  (Norme  per  la  regolamentazione
dell'attivita' di tassidermia e di imbalsamazione)». 
    2.- Il ricorrente censura innanzitutto l'art. 4, comma  3,  della
legge reg. Liguria n. 17 del 2018, che ha aggiunto all'art.  4  della
legge della Regione Liguria 25 gennaio  1984,  n.  7  (Norme  per  la
regolamentazione dell'attivita' di tassidermia e di  imbalsamazione),
tra l'altro, il comma 2-bis, ai sensi del quale «[i] tassidermisti  o
imbalsamatori  devono  chiedere  alla  Regione  il   nullaosta   alla
preparazione di esemplari appartenenti a  specie:  -  particolarmente
protette ai sensi dell'articolo 2  della  L.  157/1992  e  successive
modificazioni e integrazioni; - non cacciabili; - cacciabili,  per  i
quali la richiesta di preparazione sia stata avanzata al di fuori dei
periodi in cui ne e' consentita la caccia». 
    L'Avvocatura ritiene che tale previsione si  ponga  in  contrasto
con l'art. 30, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n.  157  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio),  ai  sensi  del  quale   «[p]er   la   violazione   delle
disposizioni della presente legge  in  materia  di  imbalsamazione  e
tassidermia si applicano le medesime sanzioni che sono comminate  per
l'abbattimento  degli  animali  le  cui  spoglie  sono  oggetto   del
trattamento descritto», ovverosia quelle previste dal  medesimo  art.
30, comma 1, lettera a), b), c), g) e l), che dispone sanzioni penali
per  l'abbattimento,  la  cattura,  o  la  detenzione  delle  diverse
tipologie di esemplari di specie  particolarmente  protette  e/o  non
cacciabili, nonche' per il commercio o la detenzione per il commercio
degli stessi. La norma regionale impugnata,  infatti,  determina,  ad
avviso della difesa statale, una depenalizzazione  delle  fattispecie
criminose appena  menzionate,  cosi'  violando  l'art.  117,  secondo
comma,  lettera  l),  Cost.,  che  riserva  allo  Stato  la   materia
dell'ordinamento penale. 
    2.1.- La questione, cosi' come prospettata, e' inammissibile. 
    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il ricorso in
via principale, per superare lo  scrutinio  di  ammissibilita',  deve
fondarsi su  una  motivazione  adeguata  e  non  meramente  assertiva
(sentenze n. 315 del 2009, n. 322 del 2008, n. 38 del 2007 e  n.  233
del 2006). Tale esigenza di motivazione si pone «in  termini  perfino
piu' pregnanti nei giudizi diretti che non in quelli incidentali» (n.
218 del 2015; n. 139 del 2006 e n. 450 del 2005; nello stesso  senso,
sentenze n. 261 e n. 81 del 2017). 
    Il  ricorso  statale,   invece,   a   fronte   della   dichiarata
impugnazione dell'intero art. 4 della legge reg. Liguria  n.  17  del
2018, circoscrive tutte le sue argomentazioni  alla  sola  parte  che
introduce il comma 2-bis nel  previgente  art.  4  della  legge  reg.
Liguria n. 7 del 1984, trascurando  del  tutto  che  detto  comma  si
colloca nel contesto normativo di un articolo ampiamente  strutturato
in una pluralita' di precetti (i commi da 1 a 2-quinquies) che - come
evidenziato   dalla   Regione   -   disciplinano    l'attivita'    di
imbalsamazione  e  tassidermia,  limitando  poi  il  procedimento  di
nullaosta a determinate fattispecie e a specifiche condizioni. 
    Da una lettura complessiva di tale  articolata  disciplina  viene
infatti immediatamente in rilievo che la fattispecie di cui al  comma
2-bis si completa necessariamente con il disposto del comma  2-ter  e
seguenti - del tutto ignorati dall'Avvocatura dello Stato  nella  sua
ricostruzione a fondamento del motivo  di  ricorso  -  dai  quali  si
desume che la richiesta di nullaosta e' limitata a casi (decesso  per
cause naturali o accidentali e legittimo  abbattimento  di  esemplare
sottoposto   a   trattamento   di   lunga   conservazione)    diversi
dall'abbattimento illecito. 
    Secondo l'art.  4,  comma  2-ter,  infatti:  «[l]e  richieste  di
nullaosta  devono  essere  presentate   alla   competente   struttura
regionale accompagnate da idonea documentazione rilasciata da  medico
veterinario, attestante che il decesso e' avvenuto per cause naturali
o accidentali o, nel caso di specie cacciabili di cui si richiede  il
trattamento in periodo diverso da quello di caccia alla  specie,  che
l'esemplare  e'  stato  abbattuto  legittimamente  e   sottoposto   a
trattamento di lunga conservazione». 
    Peraltro, il comma 2-quinquies, stabilisce che «[p]er  le  specie
particolarmente protette o di  rilevante  interesse  scientifico,  il
nullaosta e' rilasciato sentito il Civico Museo di Storia naturale di
Genova». 
    2.2.- Va altresi' rilevato  che  la  sopra  riportata  disciplina
dell'art. 4 della legge reg. Liguria n. 7 del 1984  non  sottrae,  in
ogni caso, il tassidermista e l'imbalsamatore all'obbligo di denuncia
all'autorita' amministrativa competente prescritto dall'art. 6, commi
2 e 3, della legge n. 157 del 1992, che attribuisce a  tali  soggetti
una funzione di controllo pubblico; si tratta, infatti, di un obbligo
anche autonomamente previsto dall'art. 6 della  medesima  legge  reg.
Liguria  n.  7  del  1984,  che  dispone:  «[i]l   tassidermista   od
imbalsamatore, nel  caso  gli  pervengano  esemplari  appartenenti  a
specie delle quali e' vietata la caccia o per i quali ritenga che  la
detenzione costituisca violazione  di  norme  venatorie  o  di  altra
natura, deve darne  immediata  notizia  alla  Regione,  indicando  le
generalita' del cliente o le  diverse  circostanze  nelle  quali  sia
venuto in possesso dell'animale». 
    2.3.- Ne' appare idonea a sanare la sopra evidenziata carenza del
ricorso statale la deduzione dell'Avvocatura dello Stato secondo  cui
il termine «esemplari», menzionato al comma 1, lettera ee), dell'art.
21 della legge n. 157/1992, rubricato "divieti", dovrebbe  intendersi
riferito anche alle spoglie, poiche' «altrimenti, se cosi' non fosse,
il legislatore avrebbe  inserito  l'aggettivo  "vivo"  (o  "vivente")
proprio come ha fatto per le restanti lettere, come  ad  es.  lettera
p), q), r), t), bb), cc)»: tale argomento  non  tiene  conto  che  lo
stesso divieto di detenzione, acquisto  e  vendita  di  esemplari  di
fauna selvatica,  prescritto  alla  citata  lettera  ee),  opera  «ad
eccezione [...] della fauna selvatica lecitamente abbattuta,  la  cui
detenzione viene regolamentata dalle regioni anche  con  norme  sulla
tassidermia». 
    2.4.- In conclusione, il ricorso statale, omettendo di  esaminare
nel complesso il novellato art. 4 della legge reg. Liguria n.  7  del
1984, non fornisce sufficienti elementi che consentano di comprendere
le ragioni in base alle  quali  la  nuova  disciplina  determinerebbe
l'asserito effetto  di  una  depenalizzazione  in  contrasto  con  le
disposizioni penali della legge n. 157 del 1992. 
    L'incompleta  ricostruzione  della   fattispecie   normativa   si
risolve, dunque, in un vizio di  motivazione  (sentenza  n.  153  del
2015) della censura formulata, con la conseguenza  che  la  questione
promossa in riferimento all'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.,
avente ad oggetto l'art. 4 della legge reg. Liguria n. 17  del  2018,
e' inammissibile. 
    3.- Il ricorrente censura anche l'art. 9 della legge reg. Liguria
n. 17 del 2018, che stabilisce: «[c]oloro che detengono  a  qualsiasi
titolo preparati tassidermici (animali "imbalsamati" o  "impagliati")
realizzati antecedentemente al 25 gennaio 1984 e non dichiarati  alle
amministrazioni  provinciali  sono   tenuti   a   fornirne   l'elenco
dettagliato alla  Regione,  con  lettera  raccomandata  o  con  posta
elettronica certificata (PEC)». 
    Tale disposizione sostituisce l'art. 9 della legge  reg.  Liguria
n. 7 del  1984,  ai  sensi  del  quale:  «[c]oloro  che  detengono  a
qualsiasi  titolo  animali  imbalsamati  debbono   fornire   l'elenco
dettagliato  alla  Provincia,   con   lettera   raccomandata,   entro
centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge». 
    La norma impugnata, secondo l'Avvocatura dello  Stato,  abrogando
il termine di centottanta giorni in precedenza previsto e riferendosi
ai preparati tassidermici realizzati antecedentemente al  25  gennaio
1984, «prevede di  fatto  un  meccanismo  condonatorio  a  favore  di
chiunque detenga animali "imbalsamati" o "impagliati" tassidermizzati
(senza distinzione tra specie  protette  o  cacciabili  e  realizzati
prima del 25 gennaio 1984), attivabile nei rapporti  con  la  Regione
attraverso modalita' comunicative standardizzate (raccomandata o PEC)
e tale da  consentire  di  legittimare  impropriamente  sine  die  il
possesso di esemplari, anche  di  specie  protette,  di  cui  non  si
potrebbe  nemmeno  documentare  la  datazione,   in   assenza   della
previsione di specifici accertamenti/perizie». 
    In questi termini, secondo l'Avvocatura,  la  suddetta  norma  si
porrebbe in contrasto con i divieti e le  correlate  sanzioni  penali
previsti, nei confronti di chiunque detiene specie protette  a  vario
titolo e/o le prepara con trattamento tassidermico, dagli  artt.  21,
comma 1, lettera ee), e 30, commi 1, lettere b), c), g), h) ed l),  e
2, della legge n. 157 del 1992. Tali  disposizioni,  «dettando  norme
imperative  che  devono  essere  rispettate  sull'intero   territorio
nazionale   per   primarie   esigenze    di    tutela    ambientale»,
costituirebbero un limite invalicabile  per  l'attivita'  legislativa
della Regione, ulteriormente ribadito dall'art. 18 della legge n. 157
del 1992, relativo alle specie cacciabili e ai periodi  di  attivita'
venatoria, diretto a  garantire  standard  minimi  e  uniformi  della
tutela della fauna sull'intero territorio nazionale. 
    Secondo la difesa statale, quindi, la norma impugnata,  «oltre  a
violare i vincoli derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  tende  a
ridurre  in  peius,  il  livello  di  tutela  della  fauna  selvatica
stabilito   dalla   [citata]   legislazione   nazionale,    invadendo
illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello  Stato  in
materia penale e di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema»,  in  tal
modo ponendosi in contrasto con l'art. 117, primo  e  secondo  comma,
lettere l) e s), Cost. 
    3.1.- Le questioni non sono fondate. 
    Premesso che l'art. 6, comma 1,  della  legge  n.  157  del  1992
dispone che le Regioni «disciplinano l'attivita'  di  tassidermia  ed
imbalsamazione  e  la  detenzione  o  il  possesso  di   preparazioni
tassidermiche e trofei» - attribuendo quindi alle stesse Regioni, fin
da allora, la facolta' di  dettare  specifiche  disposizioni  in  una
materia che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione,
e' venuta poi a collocarsi, pur con  i  medesimi  limiti  trasversali
inerenti l'attivita' venatoria  (sentenza  n.  7  del  2019)  cui  e'
strettamente  collegata,  all'interno  della   competenza   residuale
regionale -, si deve constatare  che  l'originaria  formulazione  del
citato art. 9 della legge reg. Liguria n. 7  del  1984  prevedeva  il
termine di centottanta giorni dalla data di entrata in  vigore  della
legge stessa affinche'  coloro  che  detenevano  a  qualsiasi  titolo
animali imbalsamati fornissero l'elenco  dettagliato  alla  Provincia
(ente competente pro tempore) con lettera raccomandata. Alla  mancata
presentazione dell'elenco nei predetti termini seguiva, a  norma  del
successivo art.  10  della  medesima  legge,  l'applicazione  di  una
sanzione amministrativa pecuniaria (art. 10, lettera g). 
    La comunicazione degli elenchi da parte di coloro che  detenevano
esemplari trattati prima dell'entrata in vigore della legge regionale
aveva quindi scopo ricognitivo: infatti, successivamente alla data di
entrata in vigore della citata legge reg. Liguria n. 7 del 1984,  gli
esemplari  lecitamente  preparati  dovevano  recare   una   specifica
etichetta, pena, anche in questo caso, l'applicazione di una sanzione
amministrativa (art. 10, lettera e). 
    Il citato art. 9, cosi' come riformulato dalla legge reg. Liguria
n. 17 del 2018, si e' inserito successivamente in questa  disciplina,
con la finalita' di consentire  una  regolarizzazione  amministrativa
tardiva degli esemplari a loro tempo non  denunciati  tempestivamente
alla Provincia, limitando l'ambito  di  applicazione  della  sanzione
amministrativa di cui all'art. 10, lettera g), della menzionata legge
reg. Liguria n. 7 del 1984. 
    Va tuttavia chiarito che la segnalazione da parte  del  detentore
che non abbia a suo tempo regolarizzato la sua posizione  ben  potra'
comunque comportare l'attivazione dei  relativi  controlli  da  parte
dell'autorita' competente, che potranno, a loro  volta,  sfociare  in
una   segnalazione   all'autorita'   giudiziaria   per    l'eventuale
valutazione della rilevanza penale delle condotte. 
    Infatti, mette conto precisare che, in attuazione della legge  n.
157 del 1992, la resistente ha emanato la legge della Regione Liguria
1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della  fauna
omeoterma e per il prelievo venatorio), che all'art. 46  dispone  che
«[l]'attivita' di tassidermia ed imbalsamazione e la detenzione o  il
possesso di preparazioni tassidermiche  e  trofei  sono  disciplinate
dalla legge regionale 25 gennaio 1984, n. 7, integrata dalle sanzioni
previste dalla legge n. 157 del 1992». 
    Poiche' tale disposizione - che la stessa  Avvocatura  del  resto
menziona nel ricorso - e' tuttora in vigore,  la  nuova  formulazione
dell'art. 9 non e' idonea a  costituire  un  meccanismo  condonatorio
degli effetti penali:  questi,  infatti,  restano  disciplinati,  per
effetto del citato art. 46, dalla legge statale. 
    Tanto precisato, risulta  quindi  plausibile  la  giustificazione
addotta dalla difesa regionale, che chiarisce  come  lo  scopo  della
modifica normativa sia meramente quello di permettere «a distanza  di
oltre 34 anni  dall'entrata  in  vigore  della  l.r.  n.  7/1984»  di
regolarizzare le situazioni relative  a  preparati  transitati  nella
disponibilita' di altri soggetti (ad esempio,  a  causa  di  passaggi
ereditari) senza essere stati dichiarati da proprietari oggi defunti. 
    Cosi'  interpretata,   la   impugnata   disposizione   regionale,
lasciando impregiudicata la sanzionabilita' penale delle  condotte  e
consentendo  un'ulteriore  attivita'   di   controllo   sulle   nuove
comunicazioni, non riduce in peius il livello di tutela  della  fauna
selvatica stabilito, anche in attuazione della direttiva  79/409/CEE,
dalla legislazione nazionale, risultando conseguentemente non fondate
le questioni promosse in riferimento all'art. 117,  primo  e  secondo
comma, lettere l) e s), Cost. 
    4.- La terza disposizione censurata e' l'art. 10 della legge reg.
Liguria n. 17 del 2018, che ha modificato l'art. 10 della legge  reg.
Liguria n. 7 del 1984, adeguando in euro le sanzioni previste per  le
violazioni  alle  disposizioni  della  medesima  legge  regionale   e
stabilendo,  in   particolare   alla   lettera   d),   «la   sanzione
amministrativa  pecuniaria  da  euro  20,00   a   euro   200,00   per
inosservanza dell'obbligo di notizia  previsto  dall'articolo  6»  in
capo al tassidermista. 
    A parere l'Avvocatura, tale disposizione, da un lato riformulando
in euro gli importi sanzionatori, ma dall'altro  non  menzionando  la
sanzione della revoca dell'autorizzazione a svolgere l'attivita',  si
porrebbe in contrasto con il combinato  disposto  dei  commi  2  e  3
dell'art. 6 della legge n. 157 del 1992. 
    Da qui la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost.,  in  ragione  dell'invasione  della   competenza   legislativa
esclusiva  dello  Stato  in  materia  di   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema. 
    4.1.- Anche questa censura non e' fondata. 
    La legge reg. Liguria n. 17 del 2018 si e', difatti,  limitata  a
introdurre delle modifiche alla previgente legge reg.  Liguria  n.  7
del 1984, con la  conseguenza  che  -  come  osservato  dalla  difesa
regionale - resta ancora pienamente efficace la prescrizione  di  cui
al citato art. 46 della legge reg. Liguria n. 29 del 1992 (come  gia'
ricordato nel precedente punto  3.1.  del  Considerato  in  diritto).
Questa disposizione prescrive l'integrazione della  disciplina  della
legge regionale con le sanzioni previste dalla legge n. 157/1992;  ne
discende quindi che la revoca dell'autorizzazione  del  tassidermista
in caso di mancata segnalazione e' tuttora  disciplinata  dal  rinvio
implicito all'art. 6, comma 3, della legge n. 157 del 1992. 
    Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono,   anche   tale
questione, promossa  in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., non e' fondata.