ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito della delibera del Consiglio  dei  ministri  del  7  dicembre
2018, promosso dalla Regione Molise con  ricorso  notificato  il  5-8
febbraio 2019, depositato in cancelleria il 6 febbraio 2019, iscritto
al n. 2 del registro conflitti  tra  enti  2019  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  9,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  22  ottobre  2019  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    udito l'avvocato Massimo Luciani per  la  Regione  Molise  e  gli
avvocati  dello  Stato  Leonello  Mariani  e  Diana  Ranucci  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione Molise ha promosso conflitto di  attribuzione  nei
confronti  dello  Stato,  lamentando  che  non  sarebbe  spettata   a
quest'ultimo e, per esso, al Consiglio dei ministri, l'adozione della
delibera del 7 dicembre 2018, recante  la  nomina  del  dott.  Angelo
Giustini a  commissario  ad  acta  e  della  dott.ssa  Ida  Grossi  a
sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro  dai  disavanzi
del  servizio  sanitario  della  Regione  Molise,  e  chiedendo,   di
conseguenza, il suo annullamento. 
    La ricorrente ritiene, infatti, che la delibera censurata sarebbe
stata adottata in violazione degli artt. 3, 81, 97, 117, terzo comma,
118 e 120 della Costituzione e dei principi di leale collaborazione e
legittimo affidamento e, pertanto, sarebbe lesiva, per una pluralita'
di motivi, delle proprie attribuzioni costituzionali. 
    In subordine,  chiede  a  questa  Corte  di  dichiarare,  «previa
eventuale rimessione della questione di  legittimita'  costituzionale
innanzi a se  stessa,  [...]  l'illegittimita'  costituzionale  degli
artt. 1, comma 395, della l. n. 232 del 2016 e 2, comma 84-bis, della
l. n. 191 del 2009, nella formulazione vigente ratione temporis». 
    1.1.- La ricorrente sottolinea come per le Regioni  commissariate
ai sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007,  n.
159 (Interventi urgenti  in  materia  economico-finanziaria,  per  lo
sviluppo e l'equita' sociale), convertito, con  modificazioni,  nella
legge 29 novembre 2007, n. 222,  quali,  da  oltre  un  decennio,  la
Regione Molise, vigeva un regime per  il  quale:  per  un  verso,  il
Consiglio dei  ministri  dovesse  nominare  commissario  ad  acta  il
Presidente della Regione; per l'altro, solo in caso di  dimissioni  o
di impedimento del Presidente della Giunta, il Consiglio dei ministri
avrebbe  potuto  nominare  un  altro   Commissario   ad   acta   fino
all'insediamento del nuovo Presidente della Regione o alla cessazione
della causa di impedimento. Inoltre, parte ricorrente sottolinea come
la normativa sul commissariamento abbia una struttura tendenzialmente
duale, nella quale  il  sub-commissario  «rappresenta  la  componente
squisitamente tecnica, mentre il commissario - da individuarsi  nella
persona  del  Presidente  della  Regione  interessata  -  costituisce
l'elemento  di  raccordo   politico-decisionale   con   l'istituzione
regionale». 
    La Regione ricorda le modifiche normative che si  sono  succedute
in materia e rileva  come  la  regola  della  nomina  automatica  del
Presidente della Regione a commissario ad acta, sancita dall'art.  2,
commi 79, 83, 84 e 84-bis, della legge  23  dicembre  2009,  n.  191,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», sia  stata  in  un
primo tempo superata dall'art. 1, comma 569, della legge 23  dicembre
2014, n. 190, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di  stabilita'  2015)».  Con
l'intervento del 2014, il legislatore ha introdotto infatti la regola
dell'incompatibilita'  tra  la  nomina  a  commissario  ad   acta   e
l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi  incarico  istituzionale
presso la Regione commissariata e, di conseguenza,  ha  modificato  i
commi 79, 83, 84 e 84-bis, in sostanza eliminando il  riferimento  al
Presidente della Regione in essi contenuto. 
    Successivamente,  tuttavia,   il   legislatore   e'   intervenuto
novamente con l'art. 1, comma 395, della legge 11 dicembre  2016,  n.
232 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e
bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), superando la  regola
dell'incompatibilita' introdotta pochi anni prima, e ha statuito  che
alle Regioni commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n.
159 del 2007 non si applicassero  le  disposizioni  cui  all'art.  1,
comma 569, della legge n. 190 del 2014. 
    1.2.- Alla luce di tali premesse, la Regione Molise  ritiene  che
la delibera  censurata  sarebbe  lesiva  delle  proprie  attribuzioni
costituzionali,  in  quanto  il  Consiglio   dei   ministri   avrebbe
esercitato un potere radicalmente diverso da quello attribuito  dalla
legge «cosi' integrando un'ipotesi di palese "carenza  di  potere  in
concreto"». Secondo la  Regione,  poi,  il  tono  costituzionale  del
conflitto non verrebbe meno in  ragione  del  fatto  che  l'atto  sia
viziato anche per violazione  di  legge,  fatta  valere  dinnanzi  al
competente giudice amministrativo. Tale conclusione, a  parere  della
ricorrente,   troverebbe   conforto   nella   stessa   giurisprudenza
costituzionale (si richiama la sentenza n. 10  del  2017),  la  quale
distingue i casi in cui  la  lesione  derivi  da  un  atto  meramente
illegittimo da quelli in cui l'atto sia viziato anche  per  contrasto
con le norme attributive di  competenza  costituzionale,  non  avendo
rilievo alcuno, in tale caso, che l'atto sia impugnato anche in  sede
giurisdizionale. 
    1.3.-  Nel  primo  motivo   di   ricorso,   la   Regione   Molise
preliminarmente chiarisce che ad essere censurata  non  e'  tanto  la
violazione di legge, quanto la omessa valutazione in concreto di  una
«pluralita' di elementi coessenziali al corretto esercizio dei poteri
sostitutivi demandati dal Governo  nei  confronti  delle  Regioni  in
piano di rientro». 
    La ricorrente, nello specifico, lamenta che la  delibera  oggetto
del conflitto, in assenza di un'attenta valutazione  sullo  stato  di
avanzamento del piano di rientro, avrebbe determinato,  senza  valide
ragioni   costituzionali   e   in   violazione   del   principio   di
ragionevolezza e del  buon  andamento  dell'amministrazione,  nonche'
degli artt. 117, terzo comma, e 118  Cost.,  una  compressione  delle
competenze sia legislative sia  amministrative  della  Regione  nelle
materie  «tutela  della  salute»  e  «coordinamento   della   finanza
pubblica»; la stessa delibera avrebbe  altresi'  soppresso,  peraltro
senza  perseguire  alcun   interesse   meritevole   di   tutela,   il
collegamento  istituzionale  tra   la   struttura   commissariale   e
l'amministrazione regionale. 
    La delibera avrebbe omesso, infatti, una concreta valutazione  di
una serie di profili ritenuti rilevanti (l'opportunita' di  conferire
l'incarico  ad  un  soggetto  che  permettesse   un   confronto   con
l'amministrazione regionale grazie alla coincidenza di  incarichi  in
capo alla stessa persona, fatto questo supportato  anche  dal  parere
della Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome,  contenuto
nella nota 2018/104/SRFS/C7; lo stato di  avanzamento  del  piano  di
rientro dal deficit sanitario,  evidenziando  come  per  il  2017  il
punteggio della griglia dei livelli essenziali di assistenza - pari a
167 - si colloca di sopra dalla soglia di  adempienza,  dato  che  il
livello di sufficienza e' «pari al valore di >160»; gli  effetti  che
il grave ritardo accumulato dal Governo nella nomina del  commissario
ad acta  avrebbe  sul  sistema  sanitario  regionale),  al  punto  da
risultare irragionevolmente punitiva  nei  confronti  della  Regione,
poiche' avrebbe compromesso ulteriormente l'autonomia regionale senza
prendere in considerazione l'opzione migliore per la Regione Molise. 
    Alla luce di dette ragioni, la  delibera  oggetto  del  conflitto
risulterebbe  in  tal   modo   palesemente   irragionevole,   poiche'
rallenterebbe il percorso di risanamento, e si porrebbe in  contrasto
con il principio di buon andamento  della  pubblica  amministrazione.
Cio' avrebbe dirette ripercussioni  sulle  competenze  legislative  e
amministrative costituzionalmente  riconosciute  alla  Regione  dagli
artt. 117, terzo comma, e  118  Cost.,  poiche'  il  commissariamento
impedirebbe di esercitarle. 
    1.4.- Nel secondo  motivo  di  ricorso,  la  Regione  lamenta  la
menomazione delle proprie  attribuzioni  costituzionali,  determinata
dalla violazione della disciplina costituzionale  dell'esercizio  dei
poteri sostitutivi e del principio di leale collaborazione in cui  la
delibera sarebbe incorsa. 
    Richiamando alcuni precedenti di questa Corte  (sentenze  n.  171
del 2015 e n. 56 del 2018), in forza dei quali il potere  sostitutivo
deve attivarsi solo in caso di accertata inerzia delle Regioni e  nel
rispetto dei principi di leale collaborazione  e  di  sussidiarieta',
viene denunciata la compressione dello spazio di autonomia  regionale
nel procedimento di rientro dal deficit sanitario. Compressione  che,
peraltro, sarebbe avvenuta senza verificare ne' se  la  misura  fosse
proporzionata e necessaria, ne'  se  vi  fosse  un'inerzia  nel  dare
attuazione al piano di rientro. Si mette in evidenza,  poi,  come  la
delibera sia stata adottata senza «neppure richiedere o acquisire  il
parere» della Regione, che sarebbe invece imposto dall'art. 2,  comma
84, della legge n. 191 del 2009. 
    La ricorrente afferma, inoltre, che  il  mancato  rispetto  della
disciplina  costituzionale  in  materia  di  poteri  sostitutivi   si
rifletterebbe sulle attribuzioni conferite alla Regione  dagli  artt.
117, terzo comma, in riferimento alla  tutela  della  salute,  e  118
Cost., al  punto  che  la  Regione  non  avrebbe  alcun  ruolo  nella
struttura commissariale, mentre il principio di leale  collaborazione
e l'art. 120 Cost. imporrebbero che le Regioni  siano  specificamente
ed individualmente coinvolte in modo da poter far valere  le  proprie
ragioni. 
    1.5.- Con il terzo  motivo  di  ricorso,  la  Regione  si  duole,
invece,  della  lesione  del  principio  del  legittimo  affidamento,
affermando   che   la   «legittima   aspettativa   di    continuita'»
dell'incarico di commissario ad  acta  al  Presidente  della  Regione
sarebbe stata «frustrata senza alcuna ragione giustificativa». 
    La ricorrente, da un lato, afferma  che  la  propria  aspettativa
fosse «certamente consolidata»,  poiche'  non  vi  era  stata  alcuna
modifica normativa astrattamente idonea  ad  incidere  sulla  propria
posizione,  e,  dall'altro,  lamenta  la  mancanza  di  una  «(reale)
valutazione degli interessi  pubblici»,  operata  dal  Consiglio  dei
ministri e tale da poter, quanto meno, motivare «la frustrazione  del
legittimo  affidamento  riposto  dalla   Regione   nella   situazione
esistente». 
    1.6.- Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente denuncia  la
violazione  degli  artt.  81  e  97  Cost.,   in   riferimento   alle
attribuzioni costituzionali riconosciute alla Regione  nelle  materie
«tutela della salute» e «coordinamento  della  finanza  pubblica»  ex
artt. 117, terzo comma,  e  118  Cost.,  nonche'  in  riferimento  al
principio di leale collaborazione. La scelta di nominare un  soggetto
diverso dal Presidente della  Giunta  avrebbe  gravato,  infatti,  la
Regione  di   ulteriori   oneri,   i   quali   sarebbero   oltretutto
ingiustificati e non conformi al criterio di economicita'  desumibile
dalle disposizioni costituzionali  invocate,  in  considerazione  del
fatto  che  il  Presidente  della  Giunta  avrebbe  potuto  adempiere
all'incarico «in tempi piu'  stretti,  in  ragione  dell'approfondita
conoscenza della realta' sulla quale intervenire, e senza costi». 
    1.7.- La Regione, infine, in via subordinata  chiede  che  questa
Corte    dichiari    (previa     autorimessione)     l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 395, della legge n. 232 del 2016, e
dell'art. 2, comma  84-bis,  della  legge  n.  191  del  2009,  nella
formulazione vigente ratione temporis, per violazione  del  principio
di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e  del  principio  di  buon
andamento di cui all'art. 97 Cost., nonche' del  principio  di  leale
collaborazione e degli artt. 81, 97, 117,  terzo  comma,  118  e  120
Cost. 
    Secondo  la  ricorrente,  ove  si  dovesse  ritenere  che   dalle
disposizioni  legislative  richiamate  derivi   l'impossibilita'   di
nominare  il  Presidente  della  Giunta  commissario  ad  acta,  esse
dovrebbero essere dichiarate incostituzionali (previa  autorimessione
della questione  di  legittimita'  costituzionale),  con  conseguente
illegittimita' derivata  della  delibera  impugnata.  Secondo  questa
prospettiva, tutti i motivi  di  ricorso  addotti  dalla  Regione  si
tramuterebbero in altrettanti motivi di incostituzionalita', poiche':
si escluderebbe  il  rappresentante  della  Regione  dalla  struttura
commissariale senza una previa valutazione,  da  parte  dello  Stato,
sull'avanzamento del piano di rientro dal deficit sanitario; verrebbe
impedita la nomina quale commissario ad  acta  del  Presidente  della
Giunta mediante un automatismo irragionevole e contraddittorio con le
finalita' del piano  di  rientro;  si  impedirebbe  alla  Regione  di
mantenere spazi  di  autonomia  e  di  partecipazione  procedimentale
nell'esercizio   dei   poteri    sostitutivi    dello    Stato;    si
determinerebbero,  infine,  ulteriori  spese,  irragionevoli  e   non
necessarie, a carico del sistema sanitario regionale. 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio con atto depositato il 20 marzo 2019. 
    2.1.- In  via  preliminare,  la  difesa  dello  Stato  chiede  di
dichiarare inammissibile il conflitto. Eccependo in primo  luogo,  il
difetto di interesse attuale e  concreto  all'impugnativa,  in  forza
delle modifiche recate dall'art. 25-septies, commi  1,  2  e  3,  del
decreto-legge 23  ottobre  2018,  n.  119  (Disposizioni  urgenti  in
materia fiscale e finanziaria),  convertito,  con  modificazioni,  in
legge 17 dicembre 2018, n. 136. Tali norme prevedono, infatti, da  un
lato, che gli incarichi istituzionali presso la Regione commissariata
sono incompatibili con la nomina di commissario ad acta;  dall'altro,
che nel regime di  incompatibilita'  rientrano  anche  gli  incarichi
commissariali in atto, a qualunque titolo affidati a soggetti interni
all'amministrazione regionale, alla data di entrata in  vigore  della
modifica normativa. 
    Si  sostiene,  infatti,  che  in  ragione   dell'incompatibilita'
introdotta  da  tali  norme  (la  quale  si  estende  agli  incarichi
commissariali in atto alla data di entrata in vigore  della  modifica
normativa),  la  Regione  Molise  non   trarrebbe   utilita'   alcuna
dall'eventuale pronuncia favorevole di questa  Corte,  in  quanto  il
Consiglio dei ministri non potrebbe,  comunque  sia,  procedere  alla
nomina auspicata. 
    In  secondo  luogo,  il  ricorso  sarebbe  inammissibile  perche'
difetterebbe del "tono" costituzionale. 
    Per un verso, la Regione sarebbe carente della  legittimazione  a
ricorrere avverso la delibera in contestazione,  perche'  espressione
dell'esercizio  del  potere  sostitutivo,  di  competenza   esclusiva
statale; il che escluderebbe che la ricorrente possa essere  titolare
di una posizione soggettiva giuridica  attiva,  in  base  alla  quale
poter pretendere la nomina del proprio Presidente pro  tempore  quale
commissario ad acta. Per  l'altro,  la  delibera  -  espressione  del
potere sostitutivo dello Stato - non sarebbe invasiva della sfera  di
competenza   costituzionalmente   riservata   alle    Regioni.    Non
sussistendo,  pertanto,  violazione  delle  norme  costituzionali   a
presidio del riparto di competenza, le violazioni di norme  ordinarie
denunciate dalla ricorrente sarebbero irrilevanti e il conflitto,  di
conseguenza, inammissibile. 
    2.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene,  comunque
sia, infondato il conflitto, poiche'  non  sarebbe  sussistito  alcun
obbligo in capo al Consiglio dei ministri di nominare commissario  ad
acta il Presidente della Giunta regionale. 
    Secondo  l'Avvocatura  generale  dello   Stato,   infatti,   gia'
nell'art. 2, commi 79, 83 e 84, della legge  n.  191  del  2009,  nel
testo vigente prima dell'entrata in vigore della  legge  n.  190  del
2014, non si sarebbe configurato un obbligo per lo Stato di  nominare
il Presidente della Giunta commissario ad acta. Si sostiene, infatti,
che,  pur  volendo  ammettere  che  il  comma  79  di  tale  articolo
prevedesse espressamente tale eventualita', i successivi commi  83  e
84  statuivano,  rispettivamente,   che   in   caso   di   perdurante
inadempienza degli obblighi derivanti dal piano di rientro o in  caso
di inadempimento  del  Presidente  della  Giunta,  il  Consiglio  dei
ministri avrebbe potuto, in attuazione dell'art. 120 Cost.,  nominare
commissario  un  soggetto  diverso.  L'incompatibilita'  -   continua
l'Avvocatura - in un primo tempo introdotta dalla legge  n.  190  del
2014, tanto per i commissariamenti disposti  ai  sensi  dell'art.  4,
comma 2, del d.l. n. 159 del 2007, quanto per quelli ex art. 2, commi
79, 83 e 84, della legge n. 191 del 2009, sarebbe stata superata, con
le modifiche introdotte dall'art. 1, comma 395, della  legge  n.  232
del 2016, solo per i primi e non per i secondi; si aggiunge,  infine,
che il venir meno della incompatibilita' non avrebbe potuto, in  ogni
caso, equivalere all'obbligo  di  nominare  commissario  ad  acta  il
Presidente della Giunta regionale. 
    2.3.-   Ripercorsa   l'evoluzione   legislativa    in    materia,
l'Avvocatura generale dello Stato afferma che, seppur originariamente
il commissariamento della Regione Molise fosse stato  predisposto  ai
sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007, gia' a  partire
dal  gennaio  del  2012  sarebbe   «"transitato"   nella   sfera   di
applicazione dell'art. 2 della l. n. 191/2009». 
    Cio' troverebbe  conferma  nell'ulteriore  circostanza  che  solo
pochi mesi dopo, nel giugno del 2012, a  causa  del  perdurare  della
situazione  di  grave  disavanzo  strutturale,  e'   stato   nominato
commissario ad acta un soggetto diverso dal Presidente della  Giunta,
in espresso richiamo alla procedura stabilita dall'art. 2, comma  84,
della legge n. 191 del 2009. Disposizione, peraltro, richiamata nella
stessa delibera contestata. 
    Su tali basi la difesa dello Stato ritiene che l'incompatibilita'
in un primo tempo introdotta dalla legge n. 190 del 2014, tanto per i
commissariamenti disposti ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l.  n.
159 del 2007, quanto per quelli ex art. 2, commi 79, 83 e  84,  della
legge n. 191 del 2009, sarebbe stata superata, mediante le  modifiche
introdotte con la legge n. 232 del 2016, solo per i primi e non per i
secondi. 
    L'art. 1, comma 395, della legge n. 232  del  2016  ha  abrogato,
infatti, il solo comma 570, il quale estendeva l'incompatibilita'  ai
commissariamenti ex art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007, e  non
anche il comma 569, che, invece, si applicava ai commissariamenti  ex
art. 2, commi 79, 83 e 84, della legge n. 191 del 2009.  Rispetto  ai
commissariamenti  sorti  in  forza  di  tale  fonte   sarebbe   stata
pienamente  operante,  pertanto,  l'incompatibilita'  tra  Presidente
della Giunta regionale e commissario ad  acta.  Con  la  conseguenza,
cosi' si conclude, che con la delibera consiliare del 7 dicembre  del
2018 non si sarebbe potuto procedere alla nomina del Presidente della
Regione quale commissario ad acta, poiche' il Consiglio dei  ministri
«era tenuto - come imposto dalla legge ed esattamente come ha fatto -
ad orientare la propria scelta su di un soggetto diverso», in  quanto
- come si e' gia' ricordato - la Regione  Molise  dovesse  intendersi
commissariata ai sensi dell'art. 2, commi 79, 83 e 84, della legge n.
191 del 2009. 
    2.4.- In  via  subordinata,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
deduce l'infondatezza del ricorso,  anche  per  il  caso  in  cui  si
ritenesse che la Regione Molise sia commissariata ai sensi  dell'art.
4, comma 2, del d.l. n.  159  del  2007  e,  quindi,  anche  a  voler
reputare che, nel caso di specie, non  potesse  trovare  applicazione
l'incompatibilita' ex lege fra l'incarico di Presidente della  Giunta
regionale e quello di commissario ad acta. 
    Si sostiene, infatti, che,  prima  dell'incompatibilita'  sancita
dalla legge n. 190 del 2014, ne' il comma 83  ne'  il  comma  84-bis,
dell'art. 2 della legge n. 191 del 2009, «imponevano necessariamente»
la nomina del Presidente della Giunta regionale quale commissario  ad
acta. Quanto al comma 83, questo avrebbe previsto, «su  un  piano  di
assoluta alternativita'», la nomina a commissario ad acta anche di un
soggetto  diverso  dal  Presidente  della  Giunta  o,  comunque  sia,
«esterno alla compagine regionale».  Rispetto  al  comma  84-bis,  il
quale si ritiene, comunque sia, non applicabile al  caso  di  specie,
questo si limita ad apprestare una soluzione normativa di  emergenza:
individuerebbe, infatti, nell'insediamento del nuovo Presidente della
Giunta   regionale   il   solo   termine   finale   di   durata   del
commissariamento temporaneo. In altri termini,  non  condizionerebbe,
«una volta cessato l'impedimento o ricostituito  l'organo  regionale,
il potere di scelta del Governo il quale, ai fini dell'individuazione
della persona del nuovo commissario ad acta», godrebbe  della  stessa
liberta'   esercitabile   al   momento   dell'affidamento    iniziale
dell'incarico. 
    2.5.- Riguardo agli altri motivi di ricorso la difesa dello Stato
afferma che essi, «ancor prima che infondati», sarebbero  «del  tutto
privi di "tono costituzionale"», risolvendosi  in  semplici  vizi  di
legittimita',   in   quanto   tali   di   competenza   del    giudice
amministrativo. 
    2.5.1.- In primo luogo, la delibera non  potrebbe  ritenersi  non
adeguatamente motivata, poiche' quest'ultima, rientrando fra gli atti
di   alta   amministrazione,   e'   espressione   di   «un'amplissima
discrezionalita'  che  si  traduce  in   un   obbligo   motivazionale
estremamente contenuto». In buona sostanza - cosi' continua la difesa
statale - l'obbligo di  esternazione  delle  ragioni,  in  linea  con
quanto concretamente avvenuto, si ridurrebbe alle sole indicazioni in
positivo delle norme di legge da applicare e  dei  requisiti  per  il
conferimento  dell'incarico.  Un  particolare  sforzo   motivazionale
sarebbe, al contrario, risultato necessario nell'ipotesi  in  cui  la
scelta  fosse  ricaduta  su  un  «soggetto  intraneo  alla  struttura
istituzionale»,   sia   per   il    generale    disfavore    espresso
dall'ordinamento verso il cumulo  degli  incarichi,  sia  in  ragione
della particolare situazione in cui verserebbe la  sanita'  molisana.
In secondo luogo e proprio alla luce di  tale  gravita'  -  la  quale
troverebbe conferma nel  programma  operativo  straordinario  che,  a
seguito della sottoscrizione di uno specifico accordo con la  Regione
Molise, ha trovato riconoscimento nell'art. 34-bis del  decreto-legge
24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in  materia  finanziaria,
iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per
le zone  colpite  da  eventi  sismici  e  misure  per  lo  sviluppo),
convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 2017, n.  96  -  la
scelta di un soggetto estraneo all'apparato amministrativo  regionale
dovrebbe bensi' considerarsi opportuna. 
    2.5.2.- La situazione  in  cui  verserebbe  la  sanita'  molisana
renderebbe  non  sussistente  neppure  la  violazione  del  legittimo
affidamento lamentata dalla ricorrente. Doglianza che  sarebbe  priva
di fondamento  anche  dal  punto  di  vista  giuridico:  pur  volendo
ammettere, infatti, che non sussistesse la  (piu'  volte  richiamata)
incompatibilita' nella nomina del Presidente della Giunta  regionale,
non vi sarebbe stato alcun obbligo giuridico  sul  quale  fondare  il
legittimo affidamento dell'incarico  al  neoeletto  Presidente  della
Regione. 
    2.5.3.-  Non  sarebbe   configurabile   neppure   la   denunciata
irrazionalita' e antieconomicita' della  scelta  statale,  la  quale,
nell'affidare la funzione di  commissario  ad  acta  ad  un  soggetto
estraneo  all'amministrazione   regionale,   avrebbe   aggravato   la
situazione   economico-finanziaria   della   Regione,   chiamata    a
sopportarne i relativi oneri. Sostiene  l'Avvocatura  generale  dello
Stato che, da un lato, «non dipendera' certo  dal  compenso»  la  cui
erogazione grava sulla Regione «il successo o meno dell'attivita'  di
riequilibrio economico-finanziario»;  dall'altro,  l'onere,  ritenuto
«giustificato e pienamente compatibile» dal legislatore,  proprio  in
forza dell'esplicita previsione normativa, non puo'  essere  invocato
«a motivo di illegittimita' della decisione in proposito assunta». 
    2.5.4.- Senza  fondamento  sarebbero  anche  le  doglianze  sulla
violazione  del  principio  di   leale   collaborazione.   Principio,
quest'ultimo,   che    atterrebbe    alla    fase    precedente    il
commissariamento: cio' che  costituisce  oggetto  di  condivisione  e
codecisione  sarebbero  cioe'  il  piano  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario e le misure per farvi fronte. Il commissariamento,  invece,
in quanto espressione del potere  sostitutivo,  competerebbe  in  via
esclusiva allo Stato, il quale lo esercita con le  garanzie  previste
dalla Costituzione e dalla normativa  di  riferimento.  A  tal  fine,
l'art. 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009 contempla l'audizione
della Regione interessata, obbligo che -  sostiene  la  difesa  dello
Stato - sarebbe stato puntualmente espletato, come  risulterebbe  dal
«corpo della contestata deliberazione». 
    2.5.5.- Infine,  la  difesa  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ritiene che deve dichiararsi inammissibile, per  difetto  di
rilevanza, la questione di legittimita' costituzionale  proposta,  in
via subordinata, dalla ricorrente. 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, infatti,  entrambe  le
disposizioni sarebbero estranee alla  materia  dell'incompatibilita'.
Per un verso, l'art. 1, comma 395, della legge n. 232 del 2016,  «non
escludeva certo  che  il  presidente  della  regione  fosse  nominato
commissario ad acta». Tale previsione normativa, infatti,  stabilendo
che «le disposizioni di cui al comma 569 dell'articolo 1 della  legge
23 dicembre 2014,  n.  190,  [...]  non  si  applicano  alle  regioni
commissariate ai sensi dell'articolo 4, comma 2 del decreto-legge  1°
ottobre 2007, n. 159», avrebbe consentito la nomina a commissario  ad
acta  dei  Presidenti  delle  Regioni  commissariate  ai   sensi   di
quest'ultima   disposizione   (essendo,   invece,   ancora   presente
l'incompatibilita' per le Regioni commissariate ai sensi dell'art. 2,
commi 79, 83 e 84, della legge n. 191  del  2009).  Per  l'altro,  la
previsione di cui all'art. 2, comma 84-bis, limitandosi «a  stabilire
che, in caso di impedimento del  presidente  della  regione  nominato
commissario ad acta, il Consiglio dei Ministri  avrebbe  nominato  un
commissario ad acta fino alla cessazione della causa di impedimento»,
sarebbe «totalmente anodina quanto  all'individuazione  del  soggetto
destinato ad essere nominato commissario ad acta una volta cessata la
causa di impedimento». 
    3.- Con la memoria depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  la
difesa della Regione  Molise  risponde  puntualmente  alle  eccezioni
sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri nel suo  atto  di
costituzione. 
    3.1.- Secondo la ricorrente  non  potrebbe  trovare  accoglimento
l'eccezione di difetto di interesse attuale e  concreto  al  ricorso,
causato dall'introduzione dell'art. 25-septies del d.l.  n.  119  del
2018. 
    Richiamando la sentenza di questa  Corte  n.  198  del  2017,  si
ricorda che  l'esaurimento  degli  effetti  dell'atto  impugnato  non
farebbe  venir  meno  l'interesse  all'accertamento  del  riparto  di
competenze. 
    Quand'anche - cosi' conclude la Regione  Molise  -  la  norma  di
legge dovesse uscire indenne dal controllo di costituzionalita' e  la
doverosita'  della  nomina  del  Presidente  della  Giunta  regionale
dovesse valere solo per uno spatium  temporis  limitato,  l'interesse
della Regione non verrebbe meno, ma  sarebbe  soltanto  inciso  nella
misura; si ritiene, tuttavia, che «un interesse ridotto nella misura»
sarebbe «pur sempre un interesse costituzionalmente e processualmente
protetto». 
    3.2.- Per quanto riguarda  l'eccezione  di  inammissibilita'  per
carenza di legittimazione attiva, la difesa  regionale  sostiene  che
sarebbe   proprio   la   titolarita'   di   sfere    di    competenza
costituzionalmente garantite a dare titolo alla Regione di  lamentare
«l'invasione,  l'interferenza  o   la   menomazione   delle   proprie
attribuzioni costituzionali». Cio' perche' motivo della doglianza non
sarebbe la mancata nomina del proprio Presidente, bensi'  la  lesione
delle   attribuzioni   costituzionali    della    Regione,    causata
dall'esercizio di un potere radicalmente diverso da quello attribuito
dalla legge. 
    In merito all'eccezione di inammissibilita' per l'assenza di tono
costituzionale, la ricorrente precisa che non avrebbe messo in dubbio
la spettanza  del  potere  sostitutivo  al  Governo,  bensi'  avrebbe
denunciato l'esercizio di un potere radicalmente  diverso  da  quello
attribuitogli dalla legge, andando ad integrare un'ipotesi di carenza
di potere in concreto, la  quale  sarebbe  idonea  a  conferire  tono
costituzionale al conflitto. Tale  pregiudizio  sarebbe  direttamente
riconducibile  «all'autonoma   attitudine   lesiva   della   Delibera
impugnata e non (soltanto) al modo erroneo in cui da  essa  e'  stata
applicata la legge». Da cio' deriverebbe che il  tono  costituzionale
non verrebbe meno dall'aver impugnato la  delibera  in  contestazione
anche davanti alla giurisdizione ammnistrativa. 
    3.3.- Chiarite le ragioni  per  le  quali  il  conflitto  sarebbe
«certamente ammissibile», la  Regione  Molise  risponde  puntualmente
alle deduzioni della difesa statale. 
    3.3.1.-   Innanzitutto   la   ricorrente,   nel   contestare   la
ricostruzione normativa proposta dalla difesa  dello  Stato,  ritiene
che non vi sarebbe  stata  alcuna  «"inalveazione"  del  procedimento
nell'ambito della disciplina di cui alla l. n. 191 del 2009», poiche'
quest'ultima si sarebbe aggiunta, senza abrogarla, a  quella  dettata
dall'art. 4 del d.l. n. 159 del 2007. In forza dell'art. 2, comma 88,
della legge n. 191 del 2009, le  specifiche  procedure  stabilite  da
tale  legge  avrebbero,  infatti,  potuto  trovare  applicazione   ai
commissariamenti (fra cui quello della Regione  Molise)  attivati  in
forza dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007 e,  pertanto,  a
tale disposizione continuerebbero ad essere ascritti questi ultimi. 
    Cio' sarebbe confermato dalla  circostanza  che  le  delibere  di
nomina del Commissario ad acta, successive alla presunta inalveazione
nella  disciplina  introdotta  dalla   legge   n.   191   del   2009,
continuerebbero, da un lato, a far riferimento espresso  all'art.  4,
comma  2,  del  d.l.  n.  159  del  2007  e,  dall'altro,  esse   non
menzionerebbero neppure l'art. 2, comma 83, della legge  n.  191  del
2009, il quale attribuisce al Consiglio dei  ministri  il  potere  di
nominare il Presidente della Regione o di un altro soggetto. 
    3.3.2.- La ricorrente, inoltre, ritiene che non  coglierebbe  nel
segno la difesa dello  Stato  quando  afferma  che  l'art.  2,  comma
84-bis, della legge n. 191 del 2009,  non  avrebbe  portata  decisiva
nella vicenda, poiche',  al  contrario,  darebbe  conferma  che,  nel
quadro  normativo  riferibile  ratione  temporis  alla  delibera   in
contestazione, si dava «assolutamente per scontato che il  Presidente
della Regione [fosse], sempre, anche Commissario ad acta». 
    Infine la difesa regionale ribadisce che, in forza  dell'art.  1,
comma 395, della legge n. 232 del  2016,  con  il  quale  si  sarebbe
derogato alla regola dell'incompatibilita' sancita dall'art. 1, comma
569, della legge n. 190 del 2014 in riferimento  ai  commissariamenti
sorti in forza dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007, per la
Regione Molise (il cui commissariamento si ascriverebbe a tale ultima
norma)  la  nomina  a  Commissario  ad   acta   non   sarebbe   stata
incompatibile con l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi  altro
incarico regionale. 
    3.3.3.-  Priva  di  fondamento  sarebbe  anche   l'eccezione   di
infondatezza relativa alla violazione dei principi di  sussidiarieta'
e di leale collaborazione, basata sulla distinzione tra la disciplina
dei piani  di  rientro  dal  deficit  sanitario,  riconducibile  alla
potesta' legislativa concorrente, in materia di «tutela della salute»
e di «coordinamento della finanzia pubblica», e il  commissariamento,
espressione  del  potere  sostitutivo  straordinario   del   Governo,
disciplinato dall'art. 120 Cost. e oggetto  di  competenza  esclusiva
statale. 
    La Regione ritiene, al contrario, che proprio  nella  materia  in
esame il rispetto di tali principi caratterizzi  «non  tanto  l'an  -
procedimentalizzato in  funzione  del  mancato  raggiungimento  degli
obiettivi  del  Piano  di   rientro   -   quanto   il   quomodo   del
commissariamento». 
    La  delibera  impugnata,  impendendo  l'avvicendamento   tra   il
precedente e l'attuale Presidente della Regione,  avrebbe  compresso,
invece, lo spazio di autonomia della Regione, la  quale  non  avrebbe
«alcun ruolo all'interno della struttura  commissariale,  benche'  il
principio di leale collaborazione e l'art. 120 Cost.  impongano»  che
le Regioni interessate dall'esercizio del  potere  sostitutivo  siano
coinvolte in modo da poter far valere le proprie ragioni. 
    3.3.4.- Per gli ulteriori  motivi,  la  difesa  regionale,  nella
sostanza, ribadisce quanto sostenuto nel ricorso introduttivo. 
    3.4.- A seguito del rinvio della  udienza  pubblica,  la  Regione
Molise ha depositato ulteriore memoria, nella quale  ha  ribadito  la
fondatezza del ricorso, sottolineando come la  sentenza  n.  200  del
2019, con la quale questa Corte  ha  deciso  il  conflitto  fra  enti
promosso dalla Regione Calabria (la quale ha rigettato il ricorso per
conflitto di attribuzione in riferimento alla delibera di nomina  del
commissario e del  sub-commissario  per  l'attuazione  del  piano  di
rientro dai disavanzi del servizio sanitario) darebbe conferma  della
fondatezza del ricorso della stessa Regione Molise. 
    3.4.1.- Da un lato, infatti, le censure  proposte  dalla  Regione
Calabria si fondavano su circostanze diverse e peculiari; dall'altro,
le situazioni di criticita' riscontrate nella gestione  commissariale
di quella Regione non sarebbero riscontrabili nel caso della  Regione
Molise. Da cio' - si conclude - proprio seguendo il  ragionamento  di
questa Corte e riportando i principi da essa espressi alla vicenda in
esame, «la Delibera oggetto del ricorso per conflitto  d'attribuzione
proposto dalla Regione Molise si rivela - se possibile -  viziata  in
modo ancor piu' grave». 
    4.- Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha  depositato
ulteriore  memoria,  nella   quale,   rispondendo,   a   sua   volta,
puntualmente ai rilievi mossi dalla difesa della Regione  Molise,  ha
nella  sostanza   ribadito   le   deduzioni   svolte   nell'atto   di
costituzione. 
    5.- In udienza, infine, la ricorrente ha depositato  la  «Griglia
LEA 2018», estratta dallo «Schema di certificazione della  situazione
regionale  relativo   agli   adempimenti   LEA   2018»,   dal   quale
risulterebbe, ad ulteriore prova del positivo  stato  di  avanzamento
del  piano  di  rientro  dal  deficit  sanitario,  che  essa  avrebbe
raggiunto un "punteggio" pari a 180, collocandosi oltre la soglia  di
adempienza nell'erogazione delle prestazioni sanitarie. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Molise ha promosso conflitto di  attribuzione  nei
confronti  dello  Stato,  lamentando  che  non  sarebbe  spettato   a
quest'ultimo e, per esso, al Consiglio dei ministri, l'adozione della
delibera del 7 dicembre 2018, recante  la  nomina  del  dott.  Angelo
Giustini a  commissario  ad  acta  e  della  dott.ssa  Ida  Grossi  a
sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro  dai  disavanzi
del  servizio  sanitario  della  Regione  Molise,  e  chiedendo,   di
conseguenza, il suo annullamento. 
    La ricorrente ritiene  che  la  delibera  impugnata  non  sarebbe
incorsa solo  in  una  violazione  di  legge,  in  quanto  con  essa,
contrariamente a quanto imposto dalla disciplina legislativa  vigente
in materia, si sarebbe nominato commissario ad acta  persona  diversa
dal Presidente pro tempore della Giunta regionale, ma  essa  sarebbe,
altresi', espressione di un potere  radicalmente  diverso  da  quello
attribuito  dalla  legge  «cosi'  integrando  un'ipotesi  di   palese
"carenza di potere in concreto"». 
    Alla luce di tali premesse, la  Regione  Molise  ritiene  che  la
delibera censurata sarebbe stata adottata in violazione  degli  artt.
3, 81, 97, 117, terzo coma,  118  e  120  della  Costituzione  e  dei
principi di  leale  collaborazione  e  legittimo  affidamento,  cosi'
ledendo le proprie attribuzioni costituzionali. 
    2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   ritualmente
costituitosi   in   giudizio,   ha   sollevato   due   eccezioni   di
inammissibilita' del conflitto. 
    2.1.- In primo luogo, la  difesa  statale  ritiene  il  conflitto
inammissibile per difetto di interesse attuale e concreto,  in  forza
delle modifiche intervenute con l'art. 25-septies, commi 1,  2  e  3,
del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119  (Disposizioni  urgenti  in
materia fiscale e finanziaria),  convertito,  con  modificazioni,  in
legge 17 dicembre 2018, n. 136. 
    Si  sostiene,  infatti,  che  in  ragione   dell'incompatibilita'
introdotta  da  tali  norme  (la  quale  si  estende  agli  incarichi
commissariali in atto alla data di entrata in vigore  della  modifica
normativa),  la  Regione  Molise  non   trarrebbe   utilita'   alcuna
dall'eventuale pronuncia favorevole di questa  Corte,  in  quanto  il
Consiglio dei ministri non potrebbe,  comunque  sia,  procedere  alla
nomina auspicata. 
    L'eccezione  non  e'  fondata,  in  quanto  e'   pacifico   nella
giurisprudenza di questa Corte che a rilevare nel conflitto tra  enti
sia l'interesse all'accertamento  del  riparto  costituzionale  delle
attribuzioni, «il quale trae origine dall'esigenza di  porre  fine  -
secondo quanto disposto dall'art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale) - ad  una  situazione  di  incertezza»  in  ordine  a
quest'ultimo (sentenza n. 198 del 2017; nello stesso senso,  sentenze
n. 260 del 2016 e n. 9 del 2013). 
    2.2.- Con la seconda eccezione di inammissibilita',  l'Avvocatura
generale dello Stato deduce che il conflitto non sarebbe sorretto dal
necessario tono costituzionale. Per  un  verso,  la  Regione  sarebbe
carente della legittimazione  a  ricorrere  avverso  la  delibera  in
contestazione,  perche'   espressione   dell'esercizio   del   potere
sostitutivo, di competenza esclusiva statale; il che escluderebbe che
la ricorrente possa  essere  titolare  di  una  posizione  soggettiva
giuridica attiva, in base alla quale poter pretendere la  nomina  del
proprio  Presidente  pro  tempore  quale  commissario  ad  acta;  per
l'altro, l'interesse  regionale  al  risanamento  e  al  riequilibrio
economico-finanziario   in   ambito   sanitario   (fondantesi   sulla
competenza legislativa e amministrativa in materia  di  tutela  della
salute e in quella del coordinamento  della  finanza  pubblica),  non
assumerebbe una  consistenza  tale  da  consentire  alla  Regione  di
sindacare la legittimita' e l'opportunita' della  scelta  governativa
nell'esercizio del potere sostitutivo, qual e'  quello  della  nomina
del commissario, che «e'  e  rimane  di  competenza  esclusiva  dello
Stato». 
    In modo del tutto conseguente, la delibera non  sarebbe  invasiva
della sfera di competenza costituzionalmente riservata alle  Regioni;
pertanto, la ricorrente starebbe denunciando, semmai,  vizi  di  mera
violazione di legge. 
    Anche tale eccezione non e' fondata. 
    Occorre  rilevare,  innanzitutto,  che  la  Regione  Molise   non
rivendica la spettanza di una posizione soggettiva giuridica  attiva,
in forza della quale pretendere la nomina quale commissario  ad  acta
del Presidente pro tempore della Giunta regionale,  bensi'  si  duole
della  menomazione   delle   proprie   attribuzioni   costituzionali,
derivante, a suo modo di vedere, dal  cattivo  esercizio  del  potere
sostitutivo, del quale, peraltro, non viene contestata la titolarita'
esclusiva in capo allo Stato. 
    Cosi' stando le cose, la Regione ha titolo e interesse a  dolersi
della menomazione delle proprie attribuzioni, tanto piu' che, come ha
avuto gia' modo di rilevare questa Corte, «la disciplina, generale  e
astratta, del potere sostitutivo e delle sue modalita'  di  esercizio
puo' essere di per se' idonea a invadere le competenze costituzionali
della Regione o a comprimere il principio  di  leale  collaborazione,
laddove non preveda adeguati meccanismi  di  raccordo  con  gli  enti
territoriali interessati» (sentenza n. 36 del 2018). 
    Posta  l'idoneita'  del  potere  sostitutivo  ad  incidere  sulle
competenze regionali, il conflitto ha allora tono costituzionale,  in
quanto la  ricorrente  non  si  e'  limitata  a  denunciare  la  mera
violazione di legge, bensi' l'«esercizio di  un  potere  radicalmente
diverso da quello attribuito dalla legge», integrante «"un'ipotesi di
lamentata carenza di potere in concreto incidente  sulle  prerogative
costituzionali della ricorrente"» (cosi', sentenza n.  10  del  2017;
nello stesso senso, sentenze n. 260 del 2016  e  104  del  2016),  e,
pertanto, ha lamentato «non una qualsiasi lesione»  (sentenza  n.  28
del 2018), ma una lesione di proprie  competenze  costituzionali  (in
questo senso, fra le tante, sentenze n. 28 del 2018, n. 52 del 2013 e
n. 90 del 2011). 
    3.- Prima di analizzare i singoli motivi di ricorso e' necessario
fornire una breve ricostruzione  del  contesto  normativo in  cui  si
colloca l'impugnata delibera, al fine di chiarire, da un lato, se  al
momento della sua adozione sussistesse, come sostiene la  ricorrente,
l'obbligo di nominare il  Presidente  della  Regione  commissario  ad
acta; dall'altro, se - come dedotto  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato - il commissariamento  della  Regione  Molise,  originariamente
disposto  in  base  all'allora  vigente  art.   4,   comma   2,   del
decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti  in  materia
economico-finanziaria,  per  lo  sviluppo   e   l'equita'   sociale),
convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n.  222,
sarebbe  successivamente  "transitato"  nell'ambito  di  applicazione
dell'art.  2  della  legge  23  dicembre  2009,   n.   191,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2010)», cosi' impedendo, a causa della
perdurante regola dell'incompatibilita',  la  nomina  del  Presidente
della Regione quale commissario ad acta. 
    3.1.- La ricostruzione puo' prendere le  mosse  dall'art.  4  del
d.l. n. 159 del 2007, con il quale - e per cio' che qui rileva  -  il
legislatore statale ha  previsto  che,  qualora  la  Regione  risulti
inadempiente rispetto agli impegni assunti in sede di  sottoscrizione
del piano di rientro, il Consiglio dei ministri nomina un commissario
ad acta, con il compito di  realizzare  le  finalita'  riportate  nel
piano concordato tra Stato e Regione. 
    La disposizione, anche nella formulazione tutt'oggi vigente,  non
da' indicazione alcuna ne' sulla  figura  che  possa  ricoprire  tale
incarico  ne'  sui  particolari  requisiti  di  professionalita'   ed
esperienza che il commissario debba possedere. 
    La previsione della nomina automatica del Presidente della Giunta
regionale quale commissario ad acta compare nella versione originaria
della legge n. 191 del 2009, all'art. 2, commi 79, 83 e 84. 
    L'art. 2, comma 79, della  legge  n.  191  del  2009,  prevedeva,
infatti, che, in caso di mancata presentazione da parte della Regione
del piano di rientro ovvero in caso  di  mancata  approvazione  dello
stesso, il Consiglio dei ministri, in attuazione dell'art. 120 Cost.,
nominasse il Presidente della Regione quale commissario ad  acta  per
la predisposizione del piano di rientro e per la sua attuazione. 
    L'art. 2, comma 83, della stessa legge (nella formulazione ancora
oggi in vigore)  prende  in  considerazione  l'ipotesi  in  cui,  pur
essendo stato presentato ed approvato il piano  di  rientro,  ad  una
verifica  dello  stesso  venisse  constatata  la  inadempienza  della
Regione in merito alla realizzazione degli  obiettivi  tracciati  nel
piano. In tal caso, il Consiglio  dei  ministri  diffida  la  Regione
interessata ad attuare il piano, adottando altresi'  tutti  gli  atti
normativi,  amministrativi,  organizzativi  e  gestionali  idonei   a
garantire il conseguimento degli obiettivi previsti. A seguito  della
persistente inerzia della Regione,  il  Consiglio  dei  ministri,  in
attuazione dell'art. 120 Cost.,  nominava  (cosi'  era  previsto  dal
testo  dell'originaria  disposizione)  il  Presidente  della  Regione
commissario ad acta per la intera durata del piano di rientro. 
    Da ultimo, il comma 84 dell'art. 2 della ricordata legge  n.  191
del 2009  stabiliva  che  «[q]ualora  il  presidente  della  regione,
nominato commissario ad acta per  la  redazione  e  l'attuazione  del
piano ai sensi dei commi 79 o 83, non adempia in  tutto  o  in  parte
all'obbligo di redazione del piano o agli obblighi, anche  temporali,
derivanti  dal  piano   stesso,   indipendentemente   dalle   ragioni
dell'inadempimento,  il  Consiglio  dei   ministri,   in   attuazione
dell'articolo 120 della Costituzione, adotta tutti gli atti necessari
ai fini della predisposizione  del  piano  di  rientro  e  della  sua
attuazione. Nei casi di riscontrata difficolta' in sede di verifica e
monitoraggio nell'attuazione del piano, nei tempi o nella  dimensione
finanziaria ivi indicata, il Consiglio dei  ministri,  in  attuazione
dell'articolo 120 della Costituzione, sentita la regione interessata,
nomina uno o piu' commissari ad  acta  di  qualificate  e  comprovate
professionalita' ed esperienza in materia di gestione  sanitaria  per
l'adozione e  l'attuazione  degli  atti  indicati  nel  piano  e  non
realizzati». 
    La disposizione, anche  nella  sua  versione  originaria,  faceva
evidentemente riferimento ad una ipotesi in cui il  Presidente  della
Regione fosse risultato  inadempiente  agli  obblighi  derivanti  dal
piano di rientro e stabiliva un autonomo potere  sostitutivo  statale
attraverso un nuovo commissariamento. 
    Occorre ricordare, infine, che, ai sensi dell'art. 2,  comma  88,
della medesima legge, tali disposizioni trovano applicazione anche ai
commissariamenti sorti in forza dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159
del 2007. 
    Soltanto dal periodo che va dal 2009  al  2012,  in  forza  della
disciplina dettata dalla legge n. 191 del 2009, nell'ordinamento  era
presente   inequivocabilmente   l'automaticita'   della   nomina    a
commissario ad acta del Presidente della Regione, e  questo  sistema,
proprio in forza dell'art. 2, comma  88,  appena  richiamato,  poteva
ritenersi  applicabile  anche  alle  Regioni  commissariate  con   la
disciplina del 2007. 
    Con l'art. 2, comma 6, lettera a), del decreto-legge  10  ottobre
2012, n. 174, recante «Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e
funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni
in favore delle zone terremotate nel maggio  2012»,  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  7  dicembre  2012,  n.  213,  e'  stato
modificato, infatti, l'art. 2, comma 83, della legge n. 191 del 2009,
prevedendosi che il  Consiglio  dei  ministri  potesse  nominare  «il
presidente della regione o un altro soggetto  commissario  ad  acta»,
nel  caso  in  cui  dalle   verifiche   periodiche   fossero   emerse
inadempienze della Regione nell'attuazione del piano di rientro. 
    Occorre ricordare, inoltre, che, nell'occasione (e specificamente
dall'art 2, comma 6, lettera b del d.l. n. 174 del  2012),  e'  stato
inserito nell'art. 2 della legge n.  191  del  2009  anche  il  comma
84-bis con il quale si e' stabilito che «[i]n caso di dimissioni o di
impedimento del presidente della regione il  Consiglio  dei  ministri
nomina un commissario ad acta [...] fino all'insediamento  del  nuovo
presidente  della  regione  o  alla   cessazione   della   causa   di
impedimento». 
    Il quadro normativo muta notevolmente con la  legge  23  dicembre
2014, n. 190, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di  stabilita'  2015)»,  non
soltanto perche',  da  un  lato,  si  prevede  (art.  1,  comma  569)
l'incompatibilita' tra incarichi istituzionali regionali e la  nomina
a  commissario  ad  acta  per  la   predisposizione,   l'adozione   e
l'attuazione del piano di rientro, effettuata ai sensi  dell'art.  2,
commi 79, 83 e 84, della citata legge n. 191 del 2009, e  si  estende
(art. 1, comma 570) tale incompatibilita' anche  ai  commissariamenti
disposti ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007; ma,
anche perche', dall'altro, il che e' fondamentale per la  vicenda  in
esame, viene abrogato il  riferimento  al  Presidente  della  Regione
presente  nei  commi  79,  83  e  84  e  viene,  invece,  interamente
modificato  il  comma  84-bis,  prevedendosi  che   «[i]n   caso   di
impedimento del presidente  della  regione  nominato  commissario  ad
acta, il Consiglio dei ministri nomina un  commissario  ad  acta,  al
quale spettano i poteri indicati nel terzo e nel quarto  periodo  del
comma 83, fino alla cessazione della causa di impedimento». 
    Tale ultima modifica risultava necessaria in quanto  il  generale
regime di incompatibilita' introdotto dalla legge n. 190 del 2014  si
applicava ai soli nuovi commissariamenti. Dovevano, pertanto, trovare
disciplina le (sole) ipotesi di impedimento che si fossero verificate
in relazione agli incarichi commissariali  ricoperti  dai  Presidenti
della Regione. 
    Lettura,  questa,  che  trova  conferma  nell'ultimo   intervento
normativo in materia, vale a dire l'art. 25-septies del decreto-legge
n. 119 del 2018 (dichiarato incostituzionale da questa Corte  con  la
sentenza   n.   247   del   2019),   il    quale,    avendo    esteso
l'incompatibilita',   dallo   stesso   introdotta,   agli   incarichi
commissariali in atto alla data  della  sua  entrata  in  vigore,  ha
abrogato l'art. 2, comma 84-bis, della legge n. 191 del 2009. 
    Dopo la legge n. 190 del 2014,  pertanto,  da  un  lato,  con  la
previsione espressa dell'incompatibilita', si  e'  stabilito  che  il
Presidente della Regione non  potesse  essere  commissario  ad  acta;
dall'altro, attraverso la modifica delle disposizioni che contenevano
l'espresso riferimento al Presidente della Regione, e' venuta meno la
regola della nomina automatica di quest'ultimo. 
    La situazione muta novamente  e  parzialmente  con  la  legge  11
dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio  2017-2019),
la quale, con l'art. 1, comma 395, ha derogato al generale regime  di
incompatibilita'  introdotto  nel  2014  in   riferimento   ai   soli
commissariamenti disposti ai sensi dell'art. 4, comma 2, d.l. n.  159
del 2007  (statuendo  che  «le  disposizioni  di  cui  al  comma  569
dell'articolo 1  della  legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  non  si
applicano alle regioni commissariate ai sensi dell'articolo 4,  comma
2, del  decreto-legge  1º  ottobre  2007,  n.  159,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222») e non  anche  a
quelli sorti in forza dell'art. 2, commi 79, 83 e 84, della legge  n.
191 del 2009. 
    4.-  Alla  stregua  di  tale  composita  evoluzione  del   quadro
normativo risulta infondato l'assunto della difesa dello  Stato,  dal
momento che l'originario "titolo" di commissariamento  della  Regione
Molise, rappresentato dal piu' volte richiamato art. 4, comma 2,  del
d.l.  n.  159  del  2007,  non  si  e'  affatto  "inalveato"  -  come
pretenderebbe la resistente  -  all'interno  della  piu'  "matura"  e
completa disciplina dei commissariamenti dettata dalla legge  n.  191
del 2009, pur  tenendo  conto  delle  articolate  sovrastrutturazioni
normative  che   l'hanno   attinta,   attraverso   le   varie   fonti
novellatrici. 
    Occorre  rilevare,  innanzitutto,  che  i  commissariamenti  piu'
antichi - come  quello  della  Regione  Molise,  il  quale  ormai  ha
abbondantemente superato il decennio - non hanno subito una sorta  di
"novazione" sul versante della legislazione applicabile, in quanto la
base normativa dalla quale ha tratto origine l'intervento sostitutivo
dello Stato e' rimasta intatta nella  sua  perdurante  produzione  di
effetti, al punto che ha formato oggetto di espresso richiamo proprio
- e da ultimo - nella delibera censurata con il presente conflitto. 
    Deve  infatti  escludersi  che  per  le  Regioni  all'epoca  gia'
commissariate, la legge n. 191 del 2009 abbia rappresentato una fonte
"novatrice" di portata tale da aver nella sostanza "sterilizzato"  la
precedente disciplina. Anzi, che tale disciplina  continui  ad  avere
perdurante efficacia e' confermato da ultimo dall'art. 1, comma  395,
della legge n. 232 del  2016,  che  ha  escluso  la  incompatibilita'
proprio per i commissariamenti sorti in forza dell'art. 4,  comma  2,
del d.l. n. 159 del 2007. 
    Da cio' deve concludersi  che,  al  momento  dell'adozione  della
delibera contestata,  alla  Regione  Molise  -  commissariata,  giova
ribadirlo, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007  -
non si applicava l'incompatibilita' introdotta con la  legge  n.  190
del 2014. 
    5.- Tale conclusione non vale, pero', a fondare  l'assunto  della
ricorrente, ovverosia che  per  le  Regioni  commissariate  ai  sensi
dell'art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007, fra  cui  la  Regione
Molise, con le modifiche apportate dalla legge n. 232  del  2016  non
solo si sarebbe superata la regola  dell'incompatibilita'  introdotta
dalla legge n. 190 del 2014, ma si sarebbe, altresi', ripristinata la
regola della nomina automatica del Presidente della Regione. 
    Evidentemente la tesi espressa dalla difesa regionale  presuppone
che l'inciso contenuto nel comma 395 della legge n. 232 del 2016  (il
quale prevede che le disposizioni di cui al  comma  569  dell'art.  1
della  legge  n.  190  del  2014  non  si  applicano   alle   Regioni
commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2,  del  d.l.  n.  159  del
2007)   comporti    non    soltanto    la    deroga    alla    regole
dell'incompatibilita' e dei particolari  requisiti  di  esperienza  e
professionalita' sancite, rispettivamente,  al  primo  e  al  secondo
periodo del comma 569,  ma  il  ripristino  del  contenuto  normativo
originariamente espresso dai commi 79, 83, 84 e  84-bis,  i  quali  -
prima dell'intervento  operato  con  la  legge  n.  190  del  2014  -
prevedevano (si presupponeva, nel caso del comma  84-bis)  la  nomina
automatica  a  commissario  ad  acta  del  Presidente  della   Giunta
regionale. 
    Come ha avuto gia' modo di chiarire questa Corte, «[i]l  fenomeno
della reviviscenza di norme abrogate [...] non opera in via  generale
e automatica e puo' essere ammesso  soltanto  in  ipotesi  tipiche  e
molto limitate», fra le quali rientra l'abrogazione di  «disposizioni
meramente  abrogatrici,  perche'  l'unica  finalita'  di  tali  norme
consisterebbe nel rimuovere il precedente effetto abrogativo» e cosi'
facendo, in  sostanza,  il  legislatore  assume  «per  relationem  il
contenuto normativo della legge precedentemente  abrogata»  (sentenza
n. 13 del 2012). 
    Ipotesi, questa, che e' differente da quella in esame. 
    Con la legge n. 190 del 2014 il legislatore  non  ha  effettuato,
infatti, un intervento meramente abrogativo, bensi' ha modificato  la
portata precettiva delle disposizioni, poiche' facendo venir meno  il
riferimento al Presidente della Regione ha "superato" il sistema  che
imponeva, almeno in prima battuta (come meglio si  specifichera'  fra
breve), la nomina automatica di quest'ultimo. 
    Non sfugge a questa Corte che le  abrogazioni,  poste  in  essere
dall'art. 1,  comma  569,  della  legge  n.  190  del  2014,  fossero
funzionali all'operare della regola  generale  dell'incompatibilita',
introdotta dalla stessa norma. 
    Tuttavia, la scelta di derogare al regime  dell'incompatibilita',
compiuta  con  la  legge  n.  232  del  2016,  non  puo'  avere  come
conseguenza implicita ed automatica la reviviscenza  delle  norme  in
precedenza  abrogate  (con  le  quali  si  prevedeva  la   nomina   a
commissario ad acta del Presidente  della  Giunta  regionale),  posto
che, come si e' gia' ricordato, il ripristino di norme abrogate e' un
fatto eccezionale, ammesso solo se disposto dal legislatore  in  modo
espresso, o comunque sia tramite l'abrogazione di norma a  sua  volta
abrogatrice. 
    Su tali basi deve concludersi, pertanto, che l'art. 1, comma 395,
della legge n. 232 del 2016, stabilendo che le disposizioni di cui al
comma 569 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014  non  si  applicano
alle Regioni commissariate ai sensi dell'art. 4, comma 2, del d.l. n.
159  del  2007,  nel  superare   la   regola   dell'incompatibilita',
introdotta dalla legge n. 190 del 2014, non  ha  determinato  (e  non
avrebbe potuto determinare) il ripristino  delle  norme  abrogate  da
quest'ultima. 
    Per  completezza  e  decisivamente  deve  aggiungersi  che,   pur
prescindendo dall'impossibilita'  nel  caso  di  specie  di  reputare
ripristinate disposizioni in precedenza abrogate,  gia'  prima  delle
modifiche introdotte dalla legge n. 190 del 2014, il sistema non  era
affatto  graniticamente  improntato  alla   nomina   automatica   del
Presidente della Regione, in quanto - come e'  stato  gia'  posto  in
evidenza nella ricostruzione dell'evoluzione normativa in  materia  -
con le modifiche, apportate dal d.l. n.  174  del  2012  all'art.  2,
comma 83, della legge n. 191 del  2009,  il  Consiglio  dei  ministri
aveva il potere di nominare commissario ad acta un  soggetto  diverso
dal Presidente della Regione. 
    In conclusione,  al  momento  dell'adozione  della  delibera,  il
Consiglio  dei  ministri  poteva  discrezionalmente  nominare   quale
commissario ad acta tanto il Presidente della Regione quanto un altro
soggetto. 
    6.- Alla luce del quadro legislativo di riferimento e chiarite le
implicazioni dell'evoluzione normativa sulla  vicenda  in  esame,  le
censure non sono fondate. 
    6.1.- Con il primo motivo di ricorso, la Regione  Molise  lamenta
che la delibera oggetto  del  conflitto,  in  assenza  di  un'attenta
valutazione sullo stato di avanzamento del piano di rientro,  avrebbe
determinato, senza valide ragioni costituzionali e in violazione  del
principio    di    ragionevolezza    e     del     buon     andamento
dell'amministrazione, nonche' degli artt. 117,  terzo  comma,  e  118
Cost.,  una  compressione  delle  competenze  sia   legislative   sia
amministrative della Regione nelle materie «tutela  della  salute»  e
«coordinamento della  finanza  pubblica»;  e  cio',  in  particolare,
perche' avrebbe soppresso, peraltro senza perseguire alcun  interesse
meritevole di tutela, il collegamento istituzionale tra la  struttura
commissariale e l'amministrazione regionale. 
    Rileva  la  difesa  regionale,  infatti,  che  il  Consiglio  dei
ministri ha omesso di valutare, da un lato, l'andamento positivo  del
processo di rientro dal deficit sanitario,  che  troverebbe  conferma
nel dato, superiore al livello di sufficienza,  relativo  ai  livelli
essenziali di assistenza (d'ora in avanti: LEA); dall'altro,  che  il
conferimento dell'incarico ad un soggetto interno all'amministrazione
regionale (e  nella  specie  al  Presidente  della  Regione)  avrebbe
assicurato un confronto costante con l'amministrazione regionale. 
    Per tali ragioni, e anche a  voler  prescindere  dall'obbligo  di
nomina del Presidente della  Regione  -  che  secondo  la  ricorrente
sarebbe imposto dalla legge  -  il  Consiglio  dei  ministri  avrebbe
dovuto nominare quest'ultimo commissario ad acta. 
    La tesi della ricorrente non puo' essere accolta. 
    E' noto che  la  disciplina  dei  piani  di  rientro  poggia  sul
collegamento stretto  fra  la  verifica  economico-finanziaria  e  la
capacita' della Regione di assicurare i LEA,  collegamento  che  deve
essere reso esplicito attraverso un'analitica quantificazione - anche
per le Regioni che non si trovino in deficit - ai sensi dell'art.  20
del decreto legislativo 23  giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42)
(sentenze n.  197  del  2019  e  n.  51  del  2013).  L'inadempimento
regionale, anche rispetto  ad  uno  solo  di  questi  due  obiettivi,
giustifica, pertanto, sia (e  in  origine)  l'intervento  sostitutivo
dello Stato sia (di  conseguenza  e  dopo  l'attivazione  del  potere
sostitutivo) il mantenimento in vita del commissariamento. 
    Sulla  base  di  tali  presupposti,  deve  rilevarsi   che,   nel
commissariamento  della  Regione  Molise,  l'esercizio   del   potere
sostitutivo trova giustificazione nella circostanza che  all'allegato
dato positivo inerente ai LEA non corrisponde un  risultato  positivo
relativo   al   rientro    dal    disavanzo    economico-finanziario,
confermandosi cosi' la complessa inefficienza del  sistema  sanitario
regionale. 
    E' da aggiungere che i dati  depositati  nel  corso  dell'udienza
dalla  Regione  Molise,  secondo  cui  essa  avrebbe   raggiunto   un
"punteggio" pari a 180, collocandosi oltre la  soglia  di  adempienza
nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, appaiono equivoci. 
    Confrontando le due valutazioni compiute in sede di  monitoraggio
dello  stato  di  attuazione,  si  palesa,  infatti,   una   evidente
contraddizione consistente nella separazione del  punteggio  inerente
all'erogazione delle prestazioni sanitarie dalla negativa valutazione
riguardante i concreti adempimenti previsti  dal  piano  di  rientro.
Quest'ultimo non puo' essere inteso se non  in  modo  unitario  senza
possibilita'  di  separazione  tra  profili  essenziali   e   profili
quali-quantitativi di resa delle prestazioni sanitarie  indefettibili
quali i LEA. 
    Non essendovi obbligo ex lege di  nominare  il  Presidente  della
Regione commissario ad acta, da un lato, e sussistendo i  presupposti
per  instaurare  e  mantenere  il  commissariamento  della   Regione,
dall'altro, deve concludersi che la scelta di far cadere la nomina su
persona diversa dal Presidente della Regione non risulta lesiva delle
attribuzioni regionali. 
    Tanto piu' che il costante confronto fra amministrazione centrale
e amministrazione  periferica,  svolto  nel  Tavolo  tecnico  per  la
verifica degli adempimenti regionali e nel Comitato permanente per la
verifica dei livelli essenziali  di  assistenza  (nonche'  la  stessa
composizione di detti organismi, improntata a una compenetrazione tra
la componente statale e quella regionale) permette che, nelle fasi di
svolgimento del piano di rientro, le attribuzioni regionali  ricevano
adeguata rappresentazione e pertanto tutela (cosi'  sentenza  n.  200
del 2019), sicche' la scelta di nominare commissario ad acta  persona
diversa dal Presidente della Regione non  determina,  a  dispetto  di
quanto sostenuto dalla ricorrente, alcuna interruzione del  confronto
fra struttura commissariale e amministrazione centrale. 
    Per le ragioni esposte, la delibera impugnata (e  la  correlativa
scelta governativa) non  e'  neppure  irragionevole  e  contraria  al
principio di buon andamento dell'amministrazione. 
    Deve  concludersi  pertanto  per  l'infondatezza  del  motivo  di
ricorso. 
    6.2.- Con il secondo motivo  di  ricorso,  la  Regione  si  duole
dell'illegittimita' della delibera perche' sarebbe stata adottata  in
violazione della disciplina costituzionale dell'esercizio dei  poteri
sostitutivi e del principio di  leale  collaborazione,  menomando  le
attribuzioni costituzionali della ricorrente, conferite  dagli  artt.
117, terzo comma (in materia di tutela della salute), e 118 Cost. Con
la nomina a commissario ad acta di un soggetto diverso dal Presidente
della Regione sarebbe stato compresso lo  spazio  di  autonomia  gia'
riconosciuto alle Regioni, senza verificare ne' se  la  misura  fosse
proporzionata e necessaria  ne'  se  vi  fosse  un'inerzia  nel  dare
attuazione  al  piano  di  rientro.  A  seguito  dell'adozione  della
delibera, peraltro avvenuta senza «neppure richiedere o acquisire  il
parere» della Regione, cosi' come  imposto  dall'art.  2,  comma  84,
della legge n. 191 del 2009, la Regione non avrebbe alcun ruolo nella
struttura commissariale, pur se il principio di leale  collaborazione
e l'art. 120 Cost. imporrebbero che le Regioni  siano  specificamente
ed individualmente coinvolte in modo da poter far valere  le  proprie
ragioni. 
    Come detto, neppure tali censure possono ritenersi fondate. 
    L'adozione, l'attuazione e l'esecuzione del piano di rientro,  da
un lato, e l'eventuale commissariamento, dall'altro, sono espressioni
di un'unica vicenda, caratterizzata  da  un  costante  confronto  fra
Governo e Regione (tanto nella fase  di  adozione  del  piano  quanto
attraverso  le  verifiche  periodiche  e  il  termine  di  diffida  a
provvedere all'adozione o  all'attuazione  del  piano),  In  essa  il
commissariamento rappresenta l'extrema  ratio,  attivabile  solo  nel
caso in cui gli obiettivi stabiliti dal piano non riescano a  trovare
completa soddisfazione. 
    Nel caso di  specie,  vi  e'  stato  un  costante  confronto  fra
amministrazione   centrale   e   amministrazione   regionale.   Basti
considerare che risale solo a pochi giorni prima dell'adozione  della
delibera (e precisamente al 20 novembre 2018) la riunione di verifica
dell'attuazione del piano di rientro. 
    L'obbligo  dell'acquisizione  del  previo  parere,  poi,  non  e'
previsto ne' dall'art. 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009,  ne'
dalla piu' generale disciplina  sul  potere  sostitutivo  (l'art.  8,
comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante «Disposizioni per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3»), la quale prevede soltanto che
la Regione venga sentita. 
    Obbligo,  quest'ultimo,  che  e'  stato  assolto,  poiche'  dalla
delibera impugnata risulta che il Consiglio dei ministri ha  chiamato
a partecipare alla riunione per la nomina del Commissario ad acta  il
Presidente della Regione. 
    Per quanto riguarda,  infine,  il  coinvolgimento  della  Regione
nella struttura commissariale  e,  in  specie,  nel  procedimento  di
nomina del commissario ad acta, questa Corte ha gia'  avuto  modo  di
affermare che  «le  facolta'  di  audizione  e  partecipazione  della
Regione non si  estendono  [...]  all'individuazione  nominativa  del
commissario e  del  subcommissario,  la  cui  scelta  spetta  in  via
esclusiva  al   Governo.   Dal   che,   anche   per   tale   profilo,
l'insussistenza  delle  asserite  lesioni  di  competenze  regionali»
(sentenza n. 200 del 2019). 
    Da cio'  discende  che,  nel  caso  all'esame  di  questa  Corte,
essendosi il Governo conformato alla disciplina costituzionale e  non
prevedendo  la  disciplina  legislativa   l'automatica   nomina   del
Presidente della Regione a commissario  ad  acta,  non  vi  e'  stata
violazione della disciplina costituzionale del potere  sostitutivo  e
del principio di leale  collaborazione  ne',  infine,  lesione  delle
attribuzioni costituzionali della Regione. 
    Sono queste le ragioni esposte  che  inducono  a  concludere  per
l'infondatezza del motivo di ricorso. 
    6.3.- Non  sussiste  neppure  la  violazione  del  principio  del
legittimo affidamento, lamentata dalla Regione con il terzo motivo di
ricorso, con il quale si afferma che  la  «legittima  aspettativa  di
continuita'» dell'incarico di commissario ad acta al Presidente della
Regione   sarebbe   stata    «frustrata    senza    alcuna    ragione
giustificativa». 
    Tenuto  conto  del  non  felice  esito  del  previgente   assetto
commissariale, come dimostra la circostanza che  il  commissariamento
perdura da ben oltre  un  decennio,  e  della  grave  situazione  del
deficit regionale molisano, al momento dell'adozione  della  delibera
contestata, ben difficilmente si  poteva  ritenere  sussistente  quel
coeso e consolidato quadro nel quale poter iscrivere un  qualsivoglia
"affidamento" circa la  relativa  "stabilizzazione"  della  posizione
giuridica della Regione. 
    Sono proprio le ricordate difficolta' nell'attuazione  del  piano
di rientro che, anzi, danno fondamento e rendono non irragionevole  e
sproporzionata la scelta governativa  di  affidare  l'incarico  a  un
soggetto terzo rispetto all'amministrazione regionale. 
    6.4.- La difesa regionale denuncia, infine, la  violazione  degli
artt. 81 e 97 Cost., in riferimento alle attribuzioni  costituzionali
riconosciute alla Regione:  quest'ultima  sarebbe  stata  gravata  di
ulteriori oneri, i quali sarebbero oltretutto  ingiustificati  e  non
conformi al criterio di economicita'  desumibile  dalle  disposizioni
costituzionali  invocate,  in  considerazione  del   fatto   che   il
Presidente  della   Giunta   regionale   avrebbe   potuto   adempiere
all'incarico  senza  costi  e  in  tempi  piu'  stretti,  in  ragione
dell'approfondita conoscenza della realta' sulla quale intervenire. 
    La prospettiva della ricorrente non puo' essere accolta. 
    I maggiori oneri derivanti dalla nomina di  un  soggetto  esterno
all'amministrazione regionale sono, infatti, una mera conseguenza  di
fatto dell'attivazione del  potere  sostitutivo,  la  cui  disciplina
stabilisce e (pre)determina gli oneri del relativo esercizio. Da cio'
l'infondatezza del motivo di ricorso. 
    7.- Neppure puo'  essere  accolta,  infine,  la  richiesta  della
Regione  di  prendere  in  esame   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del combinato disposto dell'art. 1, comma  395,  della
legge n. 232 del 2016 e dell'art. 2, comma 84-bis, della legge n. 191
del 2009. Secondo la ricorrente,  se  da  tali  disposizioni  dovesse
ricavarsi l'incompatibilita' tra il ruolo di commissario ad acta e la
carica  di  Presidente  della  Regione,  risulterebbero  violati   il
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., il principio del
buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., nonche'
il principio di leale collaborazione e gli artt. 81, 97,  117,  terzo
comma, 118 e 120 Cost. 
    Contrariamente a  quanto  deduce  -  seppur  in  subordine  -  la
ricorrente, e come  si  e'  gia'  avuto  modo  di  esplicitare  nella
ricostruzione del quadro normativo, e' assorbente rilevare che  dalle
citate disposizioni non puo' ricavarsi, infatti, la sussistenza della
regola dell'incompatibilita' relativa alla nomina del commissario  ad
acta.