ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
1, 2, comma 2, lettera a), 3, comma 1, lettera d), 5, commi 1 e 2, 6,
comma 1, 7 e 8 della legge della Regione Basilicata 30 novembre 2018,
n. 45 (Interventi regionali per la prevenzione e il  contrasto  della
criminalita' e per la promozione della cultura della legalita'  e  di
un  sistema  integrato  di  sicurezza  nell'ambito   del   territorio
regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  con
ricorso notificato il  30  gennaio-4  febbraio  2019,  depositato  in
cancelleria il 5 febbraio  2019,  iscritto  al  n.  15  del  registro
ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Udito nell'udienza pubblica  del  19  novembre  2019  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    udito l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' in via principale degli artt. 1, comma 1,  2,  comma  2,
lettera a), 3, comma 1, lettera d), 5, commi 1 e 2, 6, comma 1,  7  e
«8, comma 1, lettera c)» (recte: 8,  nella  parte  in  cui  introduce
l'art.  29-bis,  comma  1,  lettera  c,  della  legge  della  Regione
Basilicata 29 dicembre 2009, n.  41,  intitolata  «Polizia  locale  e
politiche di sicurezza urbana»), della legge della Regione Basilicata
30 novembre 2018, n. 45 (Interventi regionali per la prevenzione e il
contrasto della criminalita' e per la promozione della cultura  della
legalita' e di un sistema  integrato  di  sicurezza  nell'ambito  del
territorio regionale), per violazione degli  artt.  3,  117,  secondo
comma, lettere h) e l), della Costituzione. 
    2.- L'impugnato art. 1, comma 1, della legge reg.  Basilicata  n.
45  del  2018   enuncia   le   finalita'   generali   dell'intervento
legislativo. La disposizione stabilisce che la Regione, «nel rispetto
delle competenze  stabilite  dall'articolo  117  della  Costituzione,
considerando la  sicurezza  quale  bene  comune  essenziale  per  uno
sviluppo ordinato e durevole della convivenza civile della  comunita'
regionale, concorre allo sviluppo della stessa attraverso  interventi
nei settori della prevenzione e della lotta  contro  la  criminalita'
comune e organizzata, anche attraverso iniziative  di  sostegno  alle
vittime della criminalita'  e  di  sensibilizzazione  della  societa'
civile  e  delle  istituzioni   pubbliche,   assumendo   direttamente
iniziative  e  concedendo  finanziamenti  per  la  realizzazione   di
interventi volti a favorire un  sistema  integrato  di  sicurezza  in
ambito regionale. La Regione promuove altresi' interventi finalizzati
al contrasto del fenomeno delle truffe  ai  danni  della  popolazione
anziana». 
    2.1.- Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato,  i  settori
interessati dalla disciplina legislativa regionale atterrebbero  alla
politica  criminale,  afferente  alla  materia  «ordine  pubblico   e
sicurezza», di esclusiva competenza statale ai sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost. 
    La difesa dello Stato riconosce che il decreto-legge 20  febbraio
2017, n. 14 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  sicurezza  delle
citta'), convertito, con modificazioni, nella legge 18  aprile  2017,
n. 48, ha introdotto il concetto di sicurezza integrata, che richiede
forme di collaborazione istituzionale e di coordinamento tra Stato  e
Regioni, postulando  un  loro  intervento,  ciascuno  nel  rispettivo
ambito di competenza, in vista dell'attuazione di un sistema unitario
di  sicurezza   che   garantisca   il   benessere   delle   comunita'
territoriali. 
    Cio' nonostante, la difesa statale considera le  finalita'  della
legge regionale talmente generiche da non consentire l'individuazione
delle competenze regionali coinvolte, sconfinando nelle attivita'  di
prevenzione e repressione dei reati  di  competenza  esclusiva  dello
Stato. 
    2.2.- Ai sensi del  d.l.  n.  14  del  2017,  infatti,  gli  enti
territoriali diversi dallo  Stato  dovrebbero  limitarsi  a  svolgere
attivita' di  promozione  della  vivibilita'  del  territorio  e  del
benessere delle comunita' locali, come la «riqualificazione urbana» e
la «sicurezza nelle periferie». 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  anche
l'art. 2, comma 2, lettera a), l'art.  3,  comma  1,  lettera  d),  e
l'art. 6, comma 1, della menzionata legge regionale. 
    La prima disposizione e' censurata laddove prevede  che  tra  gli
interventi regionali nei  settori  della  prevenzione  e  lotta  alla
criminalita'  rientrino  «programmi  di  attivita'  [...]  volti   ad
accrescere i livelli di sicurezza, a contrastare  l'illegalita'  e  a
favorire l'integrazione nonche' il reinserimento sociale». 
    La seconda disposizione prevede che  al  fine  di  contrastare  i
fenomeni di  illegalita'  e  criminalita'  comune  e  organizzata  la
Regione  Basilicata  promuove  intese  e  accordi  di  collaborazione
istituzionale con organi dello Stato e con altri enti e associazioni. 
    La terza disposizione infine prevede la promozione da parte della
Regione di politiche attuative  di  contrasto  agli  abusi  fisici  e
psicologici a tutela di soggetti  deboli,  «quali  bambini,  anziani,
diversamente  abili  sia  fisici  che  psichiatrici,  ospiti   presso
strutture sia pubbliche che private». 
    3.1.- Per il ricorrente, le tre disposizioni sarebbero generiche,
riguardando, almeno potenzialmente, misure di politica  criminale  di
competenza statale. 
    Le Regioni non potrebbero disciplinare settori diversi da  quelli
indicati  dalle  linee  generali  adottate  in  sede  di   Conferenza
unificata su proposta del Ministro dell'interno, ai sensi  di  quanto
previsto dall'art. 2 del d.l. n.  14  del  2017.  In  tal  senso,  la
stipula di intese e accordi con lo  Stato  dovrebbe  riguardare  solo
attivita' attinenti alla sicurezza integrata non potendo investire il
contrasto  della  illegalita'  e   della   criminalita'   comune   ed
organizzata. La stessa promozione di politiche  volte  a  contrastare
gli  abusi  fisici  e  psicologici  a  danno  dei   soggetti   deboli
riguarderebbe la prevenzione e la repressione dei reati,  compito  di
esclusiva spettanza statale ai sensi dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera h), Cost. 
    3.2.- Peraltro, secondo il Presidente del Consiglio dei  ministri
l'art. 3, comma 1, lettera d), della legge reg. Basilicata n. 45  del
2018 sarebbe illegittimo anche laddove prevede la possibilita' che la
Regione stipuli accordi e intese con «enti e  associazioni  afferenti
al terzo settore ovvero a quelli iscritti nei registri regionali  del
volontariato e dell'associazionismo di cui alla  legge  regionale  n.
1/2000 [...]». La disposizione risulterebbe discriminatoria  rispetto
a quelle associazioni, che, pur operanti  sul  territorio  regionale,
sarebbero iscritte, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 7 dicembre
2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di  promozione  sociale),
nel registro nazionale e non in quello regionale. Vi  sarebbe  dunque
una disparita' di trattamento priva di giustificazione, in  contrasto
con l'art. 3 Cost. 
    4.- Il rimettente ritiene incostituzionale anche l'art. 5,  commi
1 e 2, della legge reg. Basilicata n. 45 del 2018. 
    In  virtu'  del  comma  1,  «[l]a  Regione  promuove   iniziative
formative, informative e culturali, nonche' interventi di  assistenza
di tipo materiale e di assistenza psicologica, utili a prevenire e  a
contrastare i  reati  che  colpiscono  la  popolazione  anziana,  con
particolare riferimento ai  delitti  contro  il  patrimonio  mediante
frode di cui al codice penale». 
    In base al comma 2, detti interventi «sono  realizzati  anche  in
collaborazione con  le  forze  dell'ordine,  a  seguito  di  apposita
stipula d'intesa [...]». 
    4.1.- Oltre a rilevare una certa genericita' nella  formulazione,
la difesa statale ritiene  che,  dal  combinato  disposto  delle  due
norme, derivi un intervento sulla formazione delle forze dell'ordine,
il cui addestramento, trattandosi di corpi di  appartenenza  statale,
sarebbe di esclusiva spettanza dello Stato, ai sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost. 
    5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  anche
l'art. 7 della menzionata legge regionale. Secondo il comma 1 di tale
articolo, la Regione «favorisce gli interventi  di  assistenza  e  di
aiuto ai  familiari  degli  esercenti  un'attivita'  imprenditoriale,
commerciale, artigianale o comunque economica,  nonche'  degli  altri
soggetti  deceduti,  vittime   della   criminalita',   mediante:   a)
assistenza  legale;  b)  contributi  utili  ad  affrontare  emergenze
economiche causate dal decesso». Il comma 2  impegna  la  Regione  ad
assicurare il patrocinio a proprie spese nei procedimenti penali  per
la difesa  dei  cittadini  che,  vittime  di  un  delitto  contro  il
patrimonio o contro la persona, siano accusati di  aver  commesso  un
delitto per eccesso colposo in legittima difesa, ovvero  assolti  per
la  sussistenza  dell'esimente  della  legittima  difesa»,  affidando
altresi' alla Giunta regionale la definizione  dei  criteri  e  delle
modalita' per l'accesso al patrocinio. 
    5.1.- Ad avviso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  il
citato art. 7 violerebbe le lettere h) e l)  dell'art.  117,  secondo
comma, Cost. 
    In particolare, la norma relativa al  patrocinio  a  spese  della
Regione invaderebbe gli ambiti relativi alla sicurezza,  coinvolgendo
«valutazioni  politiche  in  tema  di  prevenzione  dei  reati  e  di
contrasto alla criminalita'». 
    La consapevolezza di poter usufruire di  un  beneficio  da  parte
dell'autorita'  pubblica  inciderebbe   sulla   «percezione   che   i
consociati hanno circa  l'atteggiamento  istituzionale  della  stessa
autorita'  pubblica»,  che  figurerebbe  «favorevolmente   atteggiata
rispetto ad un'ipotesi cui l'ordinamento continua  ad  attribuire  un
disvalore, come il commesso reato». 
    Verrebbe dunque incoraggiato il ricorso alla giustizia  fatta  da
se', secondo una  scelta,  che  a  prescindere  dalla  sua  possibile
condivisione, attiene ad aspetti di politica generale che non possono
non trovare una disciplina unitaria su tutto il territorio  nazionale
(viene richiamata la sentenza n. 172 del 2017). 
    5.2.- L'art. 7 della  legge  regionale  censurata  contrasterebbe
anche  con  la  competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia   di
giurisdizione e disciplina del  processo,  di  cui  alla  lettera  l)
dell'art. 117, secondo comma, Cost. 
    Ad  avviso  della   difesa   statale,   non   sarebbe   possibile
differenziare  il  sostegno  economico  alla  garanzia  della  difesa
tecnica sul territorio nazionale. La giurisprudenza di  questa  Corte
avrebbe gia'  affermato  simile  principio  rispetto  a  leggi  della
Regione Veneto, della Regione Liguria e della  Regione  Puglia  (sono
citate le sentenze n. 81 del 2017, n. 172  del  2017  e  n.  299  del
2010). 
    L'Avvocatura  generale  dello  Stato  riconosce  come  la  difesa
tecnica sia obbligatoria: non a caso la legge dello Stato prevede  la
designazione di un difensore di ufficio qualora la parte non provveda
alla nomina del legale di fiducia, e concede il  patrocinio  a  spese
dello Stato ove la parte non sia in condizioni economiche tali che le
consentano di retribuire il proprio difensore. Al di fuori di  questa
ipotesi, non potrebbero essere ammessi «benefici di matrice regionale
che creano trattamenti territoriali diversi» in merito  all'esercizio
di un diritto fondamentale del cittadino, come quello di difesa. 
    6.- Infine, l'art. 8 della legge reg. Basilicata n. 45 del  2018,
nella parte in cui introduce l'art.  29-bis,  comma  1,  lettera  c),
della legge reg. Basilicata n. 41 del 2009  sarebbe  illegittimo  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. 
    La disposizione prevede che, «[a]l fine di assicurare un adeguato
controllo del territorio  mediante  un  piu'  efficiente  svolgimento
delle funzioni di polizia locale, la Regione promuove, previa  intesa
con gli enti locali  interessati,  interventi  diretti  [...]  c)  al
potenziamento delle attivita' di vigilanza nelle aree piu' soggette a
rischio di esposizione ad attivita' criminose». 
    Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, il controllo
del  territorio  sarebbe  espressione  della  funzione  di   pubblica
sicurezza (viene richiamata la  sentenza  n.  167  del  2010),  e  la
partecipazione della polizia locale a tale funzione puo' esplicitarsi
solo nell'ambito di piani  coordinati  redatti  in  conformita'  alle
direttive  impartite  dal  Ministro  dell'interno,  limitatamente  al
territorio urbano in vista dell'incremento dei livelli  di  sicurezza
nelle citta'. 
    7.- La Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale degli artt.  1,  comma  1,  2,  comma  2,
lettera a), 3, comma 1, lettera d), 5, commi 1 e 2, 6, comma 1,  7  e
«8, comma 1, lettera c» (recte:  8,  nella  parte  in  cui  introduce
l'art.  29-bis,  comma  1,  lettera  c,  della  legge  della  Regione
Basilicata 29 dicembre 2009, n.  41,  intitolata  «Polizia  locale  e
politiche di sicurezza urbana»), della legge della Regione Basilicata
30 novembre 2018, n. 45 (Interventi regionali per la prevenzione e il
contrasto della criminalita' e per la promozione della cultura  della
legalita' e di un sistema  integrato  di  sicurezza  nell'ambito  del
territorio regionale), per violazione degli  artt.  3,  117,  secondo
comma, lettere h) e l), della Costituzione. 
    2.- Prima di esaminare le singole censure avanzate  dalla  difesa
statale,   questa   Corte   ritiene   opportuno   premettere   alcune
considerazioni in ordine alla materia «ordine pubblico e  sicurezza»,
di esclusiva competenza  statale  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera h), Cost., anche alla  luce  del  recente  intervento,
realizzato dallo Stato, di cui al decreto-legge 20 febbraio 2017,  n.
14 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  sicurezza  delle  citta'),
convertito, con modificazioni, nella legge 18 aprile 2017, n. 48. 
    2.1.- Gia' a partire dal secondo trasferimento di  funzioni  alle
Regioni, il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di
cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975,  n.  382)  ha  individuato
espressamente la pubblica sicurezza tra le materie in  cui  lo  Stato
avrebbe conservato il potere di esercitare le corrispondenti funzioni
amministrative. 
    Al di fuori di tale ambito, l'art. 9  del  menzionato  d.P.R.  ha
stabilito che le  Regioni  e  gli  enti  locali  devono  considerarsi
titolari delle funzioni di polizia amministrativa  nelle  materie  ad
essi attribuite o trasferite e nelle materie nelle quali e'  delegato
alle Regioni l'esercizio di funzioni  amministrative  dello  Stato  e
degli enti pubblici. 
    E' stata cosi' sancita una «interdipendenza funzionale» (sentenza
n. 77 del 1987), una  sorta  di  parallelismo  tra  le  attivita'  di
polizia amministrativa e le materie attribuite agli enti regionali. 
    Con riguardo alle attivita' relative alla materia «polizia locale
urbana e rurale», di competenza concorrente ai sensi  del  previgente
art. 117, primo comma, Cost., l'art. 18 del d.P.R. n. 616 del 1977 ha
specificato, con una previsione di portata  residuale,  che  in  tale
ambito sono da ricomprendere tutte quelle attivita' di polizia svolte
«esclusivamente nel territorio comunale e che non siano proprie delle
competenti autorita' statali». 
    Tale ripartizione e' stata poi confermata  dal  cosiddetto  terzo
trasferimento  di  funzioni:  l'art.  159,  comma  2,   del   decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle  regioni  ed  agli  enti  locali,  in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) ha  precisato
che le  funzioni  e  i  compiti  amministrativi  relativi  all'ordine
pubblico e alla sicurezza pubblica concernono le misure preventive  e
repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso  come
il complesso  dei  beni  giuridici  fondamentali  e  degli  interessi
pubblici primari sui quali si regge l'ordinata  e  civile  convivenza
nella comunita' nazionale, nonche' alla sicurezza delle  istituzioni,
dei cittadini e dei loro beni. 
    2.2.- In tale quadro, alla vigilia della entrata in vigore  della
revisione costituzionale del Titolo V, questa Corte ha confermato  la
distinzione tra la «polizia locale urbana e  rurale»,  di  competenza
concorrente, e le altre funzioni rientranti nella nozione di  polizia
amministrativa, trasferite  alle  Regioni  come  funzioni  accessorie
rispetto agli ambiti materiali loro attribuiti,  da  un  lato,  e  le
attribuzioni «attinenti alla sicurezza  pubblica,  riservate  in  via
esclusiva allo Stato ex art. 4 del medesimo d.P.R. n. 616 del  1977»,
dall'altro (sentenza n. 290 del 2001). 
    In particolare, «[l]a funzione  di  polizia  di  sicurezza  [...]
riguarda  [...]  le  misure  preventive  e  repressive   dirette   al
mantenimento dell'ordine pubblico  e,  pertanto,  si  riferisce  alla
attivita' di polizia giudiziaria e a quella di pubblica sicurezza; la
funzione   di   polizia   amministrativa   riguarda,    diversamente,
l'attivita' di prevenzione e repressione diretta ad evitare  danni  o
pregiudizi a persone o cose nello svolgimento di attivita' rientranti
nelle materie affidate alla competenza regionale»  (sentenza  n.  290
del 2001). 
    La definizione di ordine pubblico  e  sicurezza  «nulla  aggiunge
alla tradizionale nozione [...]», che «riserva allo  Stato  [...]  le
funzioni primariamente dirette a tutelare  beni  fondamentali,  quali
l'integrita' fisica  o  psichica  delle  persone,  la  sicurezza  dei
possessi ed ogni  altro  bene  che  assume  primaria  importanza  per
l'esistenza  stessa  dell'ordinamento».   Non   qualsiasi   interesse
pubblico alla cui cura siano preposte le  pubbliche  amministrazioni,
dunque, «ma soltanto quegli interessi essenziali al  mantenimento  di
una ordinata convivenza civile». Siffatta precisazione «e' necessaria
ad impedire che una smisurata dilatazione della nozione di  sicurezza
e ordine pubblico si converta in una preminente competenza statale in
relazione a tutte le attivita' che vanificherebbe  ogni  ripartizione
di compiti tra autorita'  statali  di  polizia  e  autonomie  locali»
(sentenza n. 290 del 2001). 
    2.3.- Tali affermazioni sono state riprese  dalla  giurisprudenza
di questa Corte successiva alla riforma del Titolo V. Ai  fini  della
ripartizione disciplinata dall'art. 117, secondo comma,  lettera  h),
Cost.  (il  quale  non  a  caso  esclude,  dall'ambito  materiale  di
competenza  statale,  la  «polizia  amministrativa   locale»),   sono
assegnate allo Stato le funzioni dirette a prevenire  e  a  reprimere
reati, in  vista  della  tutela  di  «interessi  fondamentali,  quali
l'integrita' fisica e psichica delle  persone,  o  la  sicurezza  dei
beni» (da ultimo, tra le tante, sentenza n. 116  del  2019  e,  nello
stesso senso, sentenza n.  208  del  2018),  tutti  ricompresi  nella
«ordinata e civile convivenza nella comunita' nazionale» (sentenza n.
148 del 2018). 
    D'altro canto, questa Corte ha ribadito, sulla scorta  di  quanto
affermato nella sentenza n. 290 del 2001, la necessita' di delimitare
l'ambito materiale della competenza in questione, affermando che  gli
«"interessi  pubblici  primari"  che  vengono  in  rilievo  ai   fini
considerati  sono  [...]  unicamente  gli  interessi  essenziali   al
mantenimento di una ordinata convivenza civile:  risultando  evidente
come, diversamente opinando, si produrrebbe una smisurata dilatazione
della nozione di sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in  crisi
la stessa ripartizione costituzionale delle  competenze  legislative,
con   l'affermazione   di   una   preminente    competenza    statale
potenzialmente riferibile a ogni tipo di attivita'» (sentenza n.  300
del 2011). La potesta' legislativa regionale puo'  essere  esercitata
non solo per disciplinare  generici  interessi  pubblici,  come  pure
affermato nella sentenza n. 290 del 2001, ma anche per garantire beni
giuridici fondamentali tramite attivita' diverse dalla prevenzione  e
repressione dei reati (sentenza n. 300 del 2011). 
    Per costante orientamento  di  questa  Corte,  allora,  l'endiadi
«ordine pubblico e sicurezza», di cui all'art.  117,  secondo  comma,
lettera h), Cost., allude a una materia in senso proprio, e  cioe'  a
una materia oggettivamente delimitata che  di  per  se'  non  esclude
l'intervento regionale in settori ad essa liminari. 
    Non a caso l'ordinamento conosce, accanto al  nucleo  duro  della
sicurezza di esclusiva competenza statale,  discipline  regionali  in
settori prossimi ancorche' con essa  non  coincidenti.  La  sicurezza
puo' ben assumere una possibile declinazione pluralista, coerente con
la valorizzazione del principio autonomistico di cui all'art. 5 della
Costituzione: ad  una  sicurezza  in  «senso  stretto»  (o  sicurezza
primaria) puo' essere affiancata, infatti, una  sicurezza  «in  senso
lato» (o sicurezza secondaria), capace di ricomprendere un fascio  di
funzioni  intrecciate,  corrispondenti  a  plurime  e   diversificate
competenze di spettanza anche regionale. 
    Alle Regioni e' cosi' consentito realizzare una serie  di  azioni
volte a  migliorare  le  condizioni  di  vivibilita'  dei  rispettivi
territori,  nell'ambito  di  competenze  ad  esse  assegnate  in  via
residuale o concorrente, come, ad esempio, le politiche (e i servizi)
sociali, la polizia locale, l'assistenza sanitaria,  il  governo  del
territorio. 
    2.4.- Tale ampia accezione di  sicurezza  e'  stata  accolta  dal
citato d.l. n. 14 del 2017, che all'art. 1 fa  esplicito  riferimento
al concetto di sicurezza integrata,  da  intendersi  come  «l'insieme
degli  interventi  assicurati  dallo  Stato,  dalle  Regioni,   dalle
Province autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali, nonche' da
altri  soggetti  istituzionali,  al  fine  di  concorrere,   ciascuno
nell'ambito  delle  proprie  competenze   e   responsabilita',   alla
promozione e all'attuazione di un sistema  unitario  e  integrato  di
sicurezza per il benessere delle comunita' territoriali» (comma 2). 
    L'art. 2 del citato decreto-legge ha affidato ad  apposite  linee
generali, da adottare con  accordo  sancito  in  sede  di  Conferenza
unificata (su proposta del  Ministro  dell'interno),  il  compito  di
«coordinare, per lo svolgimento di  attivita'  di  interesse  comune,
l'esercizio delle competenze dei  soggetti  istituzionali  coinvolti,
anche con riferimento alla collaborazione tra le forze di  polizia  e
la polizia locale», nei settori di intervento ivi  indicati,  tenendo
conto della «necessita' di migliorare la qualita' della  vita  e  del
territorio e di favorire l'inclusione sociale e  la  riqualificazione
socio-culturale delle aree interessate». 
    2.5.- Il d.l.  n.  14  del  2017  ha  cosi'  contribuito  a  dare
attuazione all'art. 118,  terzo  comma,  Cost.,  prevedendo  che,  in
attuazione delle  summenzionate  linee  generali,  Stato,  Regioni  e
Province  autonome  possano  concludere  «specifici  accordi  per  la
promozione della sicurezza integrata, anche  diretti  a  disciplinare
gli interventi  a  sostegno  della  formazione  e  dell'aggiornamento
professionale del personale della polizia locale» (art. 3, comma  1).
Le  Regioni  e  le  Province  autonome  possono  altresi'  sostenere,
nell'ambito  delle  proprie  competenze  e  funzioni,  iniziative   e
progetti volti ad attuare interventi di  promozione  della  sicurezza
integrata nel territorio di riferimento, «ivi inclusa  l'adozione  di
misure di sostegno  finanziario  a  favore  dei  comuni  maggiormente
interessati da fenomeni di criminalita' diffusa» (art. 3, comma 2). 
    In tal senso, il  menzionato  decreto-legge  ha  disciplinato  in
senso ampio  e  trasversale  le  «forme  di  coordinamento»  previste
dall'art. 118, terzo comma, Cost., coinvolgendo  gli  enti  regionali
non solo quali terminali delle scelte compiute dallo Stato in materia
di ordine pubblico e sicurezza, ma anche come portatori di  interessi
che,  ancorche'  non  direttamente  afferenti  alla  materia  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., sono teleologicamente
connessi alla competenza esclusiva statale. 
    Nel  disegno  del  legislatore  statale,  infatti,   l'intervento
regionale dovrebbe assicurare le precondizioni per un  piu'  efficace
esercizio delle classiche funzioni di ordine pubblico, per migliorare
il  contesto  sociale  e  territoriale  di  riferimento,   postulando
l'intervento dello Stato in relazione  a  situazioni  non  altrimenti
correggibili se  non  tramite  l'esercizio  dei  tradizionali  poteri
coercitivi. 
    2.6.- Peraltro, secondo quanto  previsto  dalle  «Linee  generali
delle politiche pubbliche per la  sicurezza  integrata  (art.  2  del
decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni,
dalla legge 18 aprile 2017, n. 48)»,  approvate  nella  seduta  della
Conferenza unificata del 24 gennaio 2018, le  autonomie  territoriali
possono dotarsi di «strumenti di "prevenzione situazionale" che [...]
mirano a ridurre le opportunita' di commettere reati unitamente  alle
misure  volte  a  sostenere  la  partecipazione  dei  cittadini  alla
ricostituzione  della  dimensione  comunitaria  e  al   miglioramento
complessivo  delle  condizioni  sociali,  abitative  e  dei   servizi
("prevenzione comunitaria") e agli interventi di prevenzione  sociale
finalizzati  al  contenimento  dei  fattori   criminogeni».   Proprio
nell'ottica di valorizzare  la  «prevenzione  comunitaria»,  l'ultimo
punto delle linee generali e' dedicato alla «inclusione sociale», che
richiama la necessita'  di  interventi  finalizzati  alla  promozione
dell'«uso  sociale  del  territorio»,  alla  coesione   sociale,   al
contrasto del «sentimento  di  insicurezza»,  alla  diffusione  della
cultura della legalita', alla predisposizione di misure di assistenza
psicologica alle vittime dei reati. 
    3.- Alla  luce  di  tali  premesse,  e'  possibile  esaminare  le
questioni  poste  dalla  difesa  dello  Stato,  tenendo  conto  della
rinnovata declinazione legislativa  del  concetto  di  sicurezza,  la
quale consente l'intervento delle autonomie regionali purche'  queste
si muovano nell'ambito delle  competenze  che  l'art.  117,  terzo  e
quarto comma, Cost. assegna loro in via concorrente o residuale. 
    4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 45 del 2018,  che  enuncia
le finalita' generali del menzionato intervento normativo, stabilendo
che  la   Regione,   «nel   rispetto   delle   competenze   stabilite
dall'articolo 117 della Costituzione, considerando la sicurezza quale
bene comune essenziale per uno sviluppo  ordinato  e  durevole  della
convivenza civile della comunita' regionale, concorre  allo  sviluppo
della stessa attraverso interventi nei settori  della  prevenzione  e
della lotta  contro  la  criminalita'  comune  e  organizzata,  anche
attraverso iniziative di sostegno alle vittime della  criminalita'  e
di  sensibilizzazione  della  societa'  civile  e  delle  istituzioni
pubbliche,   assumendo   direttamente   iniziative    e    concedendo
finanziamenti per la realizzazione di interventi volti a favorire  un
sistema integrato  di  sicurezza  in  ambito  regionale.  La  Regione
promuove altresi' interventi finalizzati al  contrasto  del  fenomeno
delle truffe ai danni della popolazione anziana». 
    Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato si tratterebbe  di
una disposizione eccessivamente generica, capace  di  esondare  dalle
competenze regionali per abbracciare la materia  «ordine  pubblico  e
sicurezza» assegnata, dalla Costituzione, allo Stato. 
    4.1.- La questione non e' fondata. 
    Si tratta di una norma - per cosi' dire - programmatica:  la  sua
portata precettiva  deve  essere  declinata  alla  luce  dei  singoli
interventi disciplinati dalla legge. In tal senso, pur scontando  una
certa vaghezza, le azioni elencate  non  possono  dirsi  di  per  se'
contrarie alla ripartizione costituzionale di competenze, posto  che,
almeno prima facie, evocano ambiti riconosciuti  alle  Regioni  dalla
stessa disciplina statale contenuta nel d.l. n.  14  del  2017,  come
specificata dalle menzionate linee generali approvate  in  Conferenza
unificata. 
    4.1.1.- Per un verso, infatti, l'impugnato art. 1,  comma  1,  si
riferisce ad attivita' di promozione socio-culturale non  esorbitanti
dalle attribuzioni regionali (ex plurimis, sentenze n. 116 del 2019 e
n. 208 del 2018); per altro verso, il riferimento  ad  iniziative  di
«prevenzione» e di «lotta» alla criminalita' deve essere riferito  ad
attivita' che non  comportano  l'esercizio  di  poteri  coercitivi  o
autoritativi tipici delle funzioni  relative  all'art.  117,  secondo
comma, lettera h), Cost. 
    5.- Il ricorrente ha censurato,  altresi',  l'art.  2,  comma  2,
lettera a), l'art. 3, comma 1, lettera d), e l'art. 6, comma 1, della
menzionata legge della Regione Basilicata. 
    Ad avviso della difesa statale, tali disposizioni, nel prevedere,
allo scopo di contrastare i  fenomeni  d'illegalita'  e  criminalita'
comune e  organizzata,  «attivita'  [...]  volt[e]  ad  accrescere  i
livelli di  sicurezza,  a  contrastare  l'illegalita'  e  a  favorire
l'integrazione nonche' il reinserimento sociale», «intese  e  accordi
di collaborazione istituzionale con gli organi  dello  Stato»  e  con
altri «enti e associazioni»,  nonche'  politiche  di  contrasto  agli
abusi fisici e  psicologici  a  tutela  di  soggetti  deboli,  «quali
bambini, anziani, diversamente abili  sia  fisici  che  psichiatrici,
ospiti presso strutture sia pubbliche che private»,  riguarderebbero,
almeno potenzialmente, misure di politica  criminale  in  materia  di
ordine pubblico e sicurezza. Le Regioni non  potrebbero  disciplinare
settori diversi da quelli indicati dalle linee generali approvate  in
Conferenza unificata su proposta del Ministro dell'interno, ai  sensi
di quanto previsto dall'art. 2 del d.l. n. 14 del 2017. 
    5.1.- Le censure non sono fondate. 
    Come si e' gia' visto con riferimento all'art. 1, comma 1,  della
legge regionale impugnata,  le  disposizioni  censurate  alludono  ad
interventi relativi  a  politiche  socio-assistenziali  di  spettanza
regionale. L'art. 2,  comma  2,  lettera  a),  prevede,  infatti,  la
possibilita' di predisporre «programmi di attivita'  [...]  volti  ad
accrescere i livelli di sicurezza, a contrastare  l'illegalita'  e  a
favorire l'integrazione nonche' il reinserimento sociale»; l'art.  6,
comma 1, della stessa legge regionale richiama  «politiche  attuative
di contrasto» agli abusi fisici e psicologici a  tutela  di  soggetti
deboli, «quali bambini, anziani, diversamente abili  sia  fisici  che
psichiatrici, ospiti presso strutture  sia  pubbliche  che  private».
Come ha recentemente ribadito  questa  Corte  in  casi  analoghi,  la
disciplina di un'attivita',  per  quanto  connessa  al  contrasto  di
fenomeni criminali, puo' venire assegnata alla legge regionale se  e'
«"tale da poter essere ricondott(a) a materie o funzioni di spettanza
regionale ovvero a interessi di rilievo regionale"» (sentenze n.  208
del 2018 e n. 35 del 2012). 
    Considerazioni analoghe valgono per l'art. 3,  comma  1,  lettera
d),  della  legge  reg.  Basilicata  n.  45  del  2018,  laddove   fa
riferimento ad «intese e accordi di collaborazione istituzionale  con
gli organi dello Stato [...] nonche' con enti e associazioni». 
    Si tratta di norme, dunque,  prive  di  portata  lesiva:  non  e'
sufficiente, infatti, il vago richiamo ai «fenomeni d'illegalita'»  e
di «criminalita' comune e organizzata» (art. 3, comma 1, citato)  per
generare quelle «interferenze, anche potenziali», con  la  disciplina
statale di  prevenzione  e  repressione  dei  reati,  alle  quali  la
giurisprudenza di questa Corte ricollega l'invasione della competenza
legislativa statale di cui all'art. 117, secondo comma,  lettera  h),
Cost. (sentenze n. 208 del 2018 e n. 35 del 2012). 
    6.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi proposto  una
autonoma censura avverso lo stesso art. 3, comma 1, lettera d), della
citata legge regionale, nella parte in cui  prevede  la  possibilita'
che la Regione stipuli accordi e  intese  con  «enti  e  associazioni
afferenti al terzo settore ovvero  a  quelli  iscritti  nei  registri
regionali del volontariato e dell'associazionismo di cui  alla  legge
regionale n. 1/2000 [...]». 
    La   disposizione   violerebbe   l'art.   3   Cost.,   risultando
discriminatoria rispetto a quelle associazioni che, pur operanti  sul
territorio regionale, sarebbero iscritte, ai sensi degli artt. 7 e  8
della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di
promozione  sociale),  nel  registro  nazionale  e  non   in   quello
regionale. 
    6.1.-  La  questione  non  e'  fondata  nei  termini  di  seguito
precisati. 
    E' evidente, infatti, che la norma censurata si riferisce, per un
verso, alle  associazioni  di  volontariato  regionale,  disciplinate
dalla  relativa  legge  della  Regione  e,  per  altro  verso,   alle
associazioni «afferenti  al  terzo  settore».  Poiche'  l'espressione
"ovvero", in questo contesto, assume  un  valore  disgiuntivo  e  non
meramente  esplicativo,  la  disposizione  impugnata  non  puo'   non
riferirsi anche alle associazioni iscritte al registro  nazionale  di
cui agli artt. 45 e seguenti del decreto legislativo 3  luglio  2017,
n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma  dell'articolo  1,
comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106». 
    L'asserito effetto  discriminatorio  argomentato  dall'Avvocatura
generale dello Stato e' dunque insussistente, non  avendo  la  difesa
dello Stato tenuto in considerazione la duplice categoria associativa
coinvolta nella stipula di accordi di collaborazione con la Regione. 
    7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  anche
l'art. 5, commi 1 e 2, della legge reg. Basilicata n. 45 del 2018. 
    Tali disposizioni, nel  consentire  alla  Regione  di  promuovere
iniziative formative, informative e culturali, nonche' interventi  di
assistenza di tipo materiale e di  assistenza  psicologica,  utili  a
prevenire e a contrastare  i  reati  che  colpiscono  la  popolazione
anziana, «anche in collaborazione con le forze dell'ordine, a seguito
di apposita stipula d'intesa», disciplinerebbero la formazione  delle
forze dell'ordine, il cui  addestramento,  trattandosi  di  corpi  di
appartenenza statale, sarebbe di esclusiva spettanza dello Stato,  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. 
    7.1.- La questione non e' fondata. 
    La censura muove  dall'erroneo  presupposto  ermeneutico  che  le
iniziative formative,  di  cui  alla  disposizione  censurata,  siano
dirette  alle  forze  di  polizia.  Al  contrario,  da  una   lettura
complessiva del dato normativo, si desume  che  i  destinatari  delle
iniziative sono da  rinvenire  nella  popolazione  anziana,  tra  cui
possono annoverarsi individui deboli  e  potenzialmente  vulnerabili,
che la Regione si premura di assistere e  rendere  edotti,  anche  in
collaborazione con le forze di polizia, circa i rischi  derivanti  da
possibili attivita' a loro danno costituenti fatti di reato. 
    7.2.- In ogni caso, il legislatore regionale  e'  intervenuto  in
una  prospettiva  di  prevenzione  sociale,  che  e'  confermata  dal
carattere eventuale della partecipazione delle forze di  polizia:  la
Regione, infatti, realizza gli interventi sopra menzionati «anche» in
collaborazione con  le  forze  dell'ordine,  previa  stipula  di  una
intesa. E' evidente che, laddove non vi sia un concorso  di  volonta'
tra la Regione e  i  soggetti  preposti  alle  funzioni  di  pubblica
sicurezza, questi non saranno tenuti  a  partecipare  alle  attivita'
formative. 
    La disciplina legislativa, da questo punto di vista, e'  diretta,
anzitutto, alla amministrazione regionale e locale, che e' chiamata a
coinvolgere, nella predisposizione delle iniziative di cui sopra,  le
forze di polizia,  le  quali  restano  pur  sempre  non  obbligate  a
prestare il proprio ausilio ai programmi predisposti dalla Regione. 
    Escluso il coinvolgimento  necessario  delle  forze  di  polizia,
resta conseguentemente da scartare  la  violazione  della  competenza
statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. 
    La disciplina impugnata non  e'  assimilabile  a  quelle  ipotesi
normative,  gia'  dichiarate  costituzionalmente   illegittime,   che
richiedevano la partecipazione  necessaria  ad  organi  regionali  di
rappresentanti dello Stato  o  comunque  dell'autorita'  di  pubblica
sicurezza (sentenza n. 134 del 2004,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma,  lettera  g,  e  all'art.  108,  primo  comma,  Cost.;
sentenza  n.  55  del  2001,  in  relazione  ad  alcune  disposizioni
statutarie della Regione Siciliana). 
    In una recente decisione, questa Corte si e' pronunciata  per  la
non fondatezza della  questione:  infatti,  a  fronte  di  una  norma
regionale che prevedeva il coinvolgimento facoltativo delle forze  di
polizia ad un  tavolo  di  coordinamento  per  la  prevenzione  e  il
contrasto del bullismo e del cyberbullismo, e' stata riconosciuta  la
portata essenzialmente «informativ[a] e conoscitiv[a]» dell'attivita'
in oggetto, anche alla luce del  carattere  eventuale  e  facoltativo
della partecipazione dei rappresentanti delle forze di  polizia,  pur
sempre  subordinata  ad  una  «previa  intesa   con   gli   enti   di
appartenenza» (sentenza n. 116 del 2019). 
    8.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  anche
l'art. 7 della legge reg. Basilicata n. 45 del  2018,  il  quale,  al
comma 1, stabilisce che  la  Regione  «favorisce  gli  interventi  di
assistenza e di  aiuto  ai  familiari  degli  esercenti  un'attivita'
imprenditoriale,  commerciale,  artigianale  o  comunque   economica,
nonche' degli altri soggetti deceduti,  vittime  della  criminalita',
mediante: a) assistenza legale; b)  contributi  utili  ad  affrontare
emergenze economiche causate dal decesso». Il comma  2  dello  stesso
articolo assicura invece il patrocinio a spese della Regione a coloro
che, vittime di un delitto contro il patrimonio o contro la  persona,
siano accusati di aver commesso un delitto  per  eccesso  colposo  in
legittima difesa, ovvero assolti  per  la  sussistenza  dell'esimente
della legittima difesa. Lo stesso comma affida alla Giunta  regionale
la  definizione,  con  apposito  regolamento,  dei  criteri  e  delle
modalita' per l'accesso al patrocinio. 
    Tale disciplina si porrebbe in contrasto, per un  verso,  con  la
competenza esclusiva  in  materia  di  ordine  pubblico  e  sicurezza
assegnata allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.,
coinvolgendo «valutazioni politiche in tema di prevenzione dei  reati
e di contrasto alla criminalita'»; per altro verso,  si  profilerebbe
una violazione della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
«giurisdizione e norme processuali», di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., posto che  il  sostegno,  anche  economico,
all'accusato, sia attraverso il difensore d'ufficio sia attraverso il
gratuito patrocinio, attiene alla disciplina del diritto di difesa. 
    8.1.- In via preliminare, deve essere chiarito  come,  nonostante
sia stato formalmente impugnato l'intero art. 7  della  citata  legge
regionale,  le  censure  dell'Avvocatura   generale   siano   rivolte
esclusivamente al comma 2 del menzionato articolo. Per tale  ragione,
questa Corte ritiene necessario delimitare l'esame della questione al
solo comma 2 dell'art. 7 della legge reg. Basilicata n. 45 del 2018. 
    8.2.- La questione e' fondata. 
    Il comma censurato assicura il patrocinio a spese  della  Regione
agli «accusati di aver commesso un delitto  per  eccesso  colposo  in
legittima difesa» e a coloro che,  all'esito  di  un  giudizio,  sono
stati «assolti  per  la  sussistenza  dell'esimente  della  legittima
difesa».  Si  tratta  di   una   ipotesi   normativa   ben   diversa,
all'evidenza, dalla tipologia di prestazioni  previste  dall'art.  7,
comma 1, della legge reg. Basilicata n. 45 del 2018,  che  garantisce
la «assistenza  legale»  ai  familiari  delle  vittime  di  attivita'
criminosa: questo particolare  intervento  di  supporto,  predisposto
dall'amministrazione regionale, non  allude  a  una  vera  e  propria
assistenza processuale in giudizio, ma a una attivita' di consulenza,
di natura stragiudiziale, insuscettibile di tradursi in un patrocinio
processuale. 
    8.2.1.- Con riferimento al patrocinio a spese della  Regione,  e'
utile   richiamare   alcuni   precedenti,   opportunamente    evocati
dall'Avvocatura  generale,  con  cui  questa  Corte   ha   scrutinato
fattispecie regionali di portata analoga alla disposizione impugnata. 
    Con riferimento a una norma della Regione Puglia che garantiva la
tutela legale «[...] agli immigrati presenti a qualunque  titolo  sul
territorio della  regione»,  questa  Corte  ha  chiarito  che  simile
disposizione concerneva, «all'evidenza, aspetti  [...]  riconducibili
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.  [...].  Peraltro,
questa conclusione si impone anche in riferimento alla disciplina del
diritto di difesa dei non abbienti, che le norme statali  contemplano
in riferimento al processo penale, civile, amministrativo,  contabile
e tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, garantendolo
anche allo straniero e all'apolide residente nello Stato (artt. 74  e
seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio  2002,
n. 115, recante il "Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di spese di giustizia"). [...] [N]eppure  in
relazione a questo profilo la norma e'  riconducibile  ad  un  ambito
materiale di competenza  regionale  (in  particolare,  a  quello  dei
servizi e dell'assistenza sociale),  con  conseguente  illegittimita'
costituzionale della medesima» (sentenza n. 299 del 2010). 
    Nella sentenza n. 81  del  2017,  avente  ad  oggetto  una  norma
regionale, in tutto e  per  tutto  simile  alla  fattispecie  oggetto
dell'odierno giudizio, che prevedeva  il  patrocinio  a  spese  della
Regione  «nei  procedimenti  penali  per  la  difesa  dei   cittadini
residenti in Veneto da  almeno  quindici  anni  che,  vittime  di  un
delitto contro il patrimonio o contro la persona, [fossero]  accusati
di eccesso colposo di legittima difesa o di omicidio colposo per aver
tentato di difendere se stessi, la propria attivita', la famiglia o i
beni, da un pericolo attuale di un'offesa ingiusta», questa Corte  ha
ribadito le affermazioni contenute nella sentenza n.  299  del  2010.
E',   infatti,   «il   codice   di   rito   penale   che   stabilisce
l'obbligatorieta'  della  difesa  tecnica  nel   relativo   processo,
prevedendo,  in  mancanza  della  designazione  di  un  difensore  di
fiducia, la nomina di un difensore d'ufficio e l'obbligo della  parte
di retribuirlo, qualora  difettino  le  condizioni  per  accedere  al
gratuito patrocinio (art. 369-bis, del codice di  procedura  penale).
Quest'ultimo costituisce poi oggetto delle norme statali [...], anche
con riguardo alla persona offesa  dal  reato;  per  quest'ultima,  le
stesse prevedono, in relazione a  determinati  reati,  il  patrocinio
gratuito  anche  in  deroga  dei  limiti  di  reddito   espressamente
stabiliti (art. 76,  comma  4-ter,  del  d.P.R.  n.  115  del  2002)»
(sentenza n. 81 del 2017). 
    8.2.2.- Infine, nella sentenza n. 172 del 2017,  relativa  a  una
disposizione della Regione Liguria che  assicurava  il  patrocinio  a
spese della Regione ai cittadini, «vittime di un  delitto  contro  il
patrimonio o contro la persona, [...] indagati per aver  commesso  un
delitto per eccesso colposo in legittima difesa, ovvero  assolti  per
la sussistenza dell'esimente della legittima difesa», questa Corte ha
accolto la questione di legittimita'  costituzionale  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.  (ordine  pubblico  e
sicurezza), ma, in un  passaggio  della  motivazione,  ha  confermato
incidentalmente come simili norme  regionali  siano  comunque  lesive
della competenza esclusiva statale in materia di  norme  processuali,
ribadendone l'incompatibilita' con l'art. 117, secondo comma, lettera
l), Cost. 
    8.2.3.- Va, dunque,  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 7, comma 2, della legge reg. Basilicata n. 45 del 2018, per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    La censura relativa all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),
Cost. rimane assorbita. 
    9.- Resta da esaminare la questione  relativa  all'art.  8  della
legge reg. Basilicata n. 45 del 2018, nella parte  in  cui  introduce
l'art. 29-bis, comma 1, lettera c), della legge reg. Basilicata n. 41
del 2009. 
    In base a tale disposizione, «[a]l fine di assicurare un adeguato
controllo del territorio  mediante  un  piu'  efficiente  svolgimento
delle funzioni di polizia locale», la Regione, previa intesa con  gli
enti locali interessati, promuove il «potenziamento  delle  attivita'
di vigilanza nelle aree piu' soggette a  rischio  di  esposizione  ad
attivita' criminose». Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato,
la disposizione in esame contrasterebbe  con  la  competenza  statale
esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza,  attenendo  alle
funzioni di controllo del territorio, da  annoverare  tra  i  compiti
inerenti alla pubblica sicurezza.  La  partecipazione  della  polizia
locale a tale funzione  potrebbe  esplicitarsi  solo  nell'ambito  di
piani coordinati redatti in conformita' alle direttive impartite  dal
Ministro dell'interno. 
    9.1.- La  questione  non  e'  fondata,  nei  termini  di  seguito
precisati. 
    Non vi e' dubbio che la  norma,  nel  rafforzare  l'attivita'  di
vigilanza  svolta  dalla  polizia  locale,  possa  interferire  nelle
attivita' inerenti al controllo del territorio. 
    Come questa Corte si e' trovata ad affermare con riguardo ad  una
norma di una Regione ad autonomia speciale, che affidava alla polizia
locale funzioni di presidio del territorio «al fine di garantire,  in
concorso con le forze di polizia dello  Stato,  la  sicurezza  urbana
degli ambiti territoriali di riferimento»,  l'eventuale  assegnazione
di compiti attinenti alla pubblica sicurezza, tra  cui  evidentemente
rientra l'attivita' di pattugliamento del territorio, non puo' essere
decisa  unilateralmente  dalla  Regione,   pena   l'invasione   della
competenza esclusiva dello Stato  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera h), Cost. (sentenza n.  167  del  2010;  nello  stesso
senso, sentenza n. 35 del 2011). 
    9.2.- A conferma  del  principio  enunciato  da  tali  decisioni,
militano una serie di  riferimenti  normativi  presenti  nel  tessuto
dell'ordinamento. Il combinato disposto dei commi 1, lettera c), e  2
dell'art.  5  della  legge  7  marzo  1986,   n.   65   (Legge-quadro
sull'ordinamento della polizia municipale) prevede che possano essere
assegnati alla  polizia  municipale  compiti  ausiliari  di  pubblica
sicurezza, ma solo su decisione del prefetto, previa comunicazione al
sindaco; la medesima legge stabilisce, all'art. 3,  che  gli  addetti
alla  polizia  municipale  «collaborano,  nell'ambito  delle  proprie
attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato», ma  solo  «previa
disposizione del sindaco,  quando  ne  venga  fatta,  per  specifiche
operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorita'». 
    Piu' nello specifico,  proprio  con  riguardo  al  controllo  del
territorio, il comma 8 dell'art. 12 del decreto-legge 13 maggio 1991,
n. 152 (Provvedimenti urgenti in  tema  di  lotta  alla  criminalita'
organizzata  e  di  trasparenza  e  buon   andamento   dell'attivita'
amministrativa), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio
1991, n. 203, assegna al Ministro dell'interno il potere  di  emanare
direttive «per la realizzazione a  livello  provinciale,  nell'ambito
delle potesta' attribuite al prefetto [...], di piani  coordinati  di
controllo del territorio da attuarsi a  cura  dei  competenti  uffici
della Polizia di  Stato  e  dei  comandi  provinciali  dell'Arma  dei
carabinieri e della Guardia di finanza, ai quali possono partecipare,
previa richiesta al sindaco,  contingenti  dei  corpi  o  servizi  di
polizia municipale». In tal senso, e' al Ministro dell'interno  e  ai
prefetti in ambito provinciale  che  spetta  coinvolgere  la  polizia
municipale per compiti di  controllo  del  territorio,  eventualmente
promuovendo «le iniziative occorrenti per incrementare  la  reciproca
collaborazione  fra  gli  organi  dello  Stato,  le  regioni   e   le
Amministrazioni locali in materia, anche  attraverso  la  stipula  di
protocolli d'intesa o accordi per conseguire specifici  obiettivi  di
rafforzamento delle  condizioni  di  sicurezza  delle  citta'  e  del
territorio extraurbano» (art. 7, comma 3, del decreto del  Presidente
del Consiglio dei ministri 12 settembre 2000, recante «Individuazione
delle risorse finanziarie,  umane,  strumentali  e  organizzative  da
trasferire alle regioni ed agli enti  locali  per  l'esercizio  delle
funzioni  e  dei  compiti  amministrativi  in  materia   di   polizia
amministrativa»). 
    9.3.- Nell'ambito della rinnovata strategia istituzionale volta a
garantire la sicurezza integrata, tuttavia, non e' possibile impedire
alla Regione di sollecitare lo Stato affinche'  questo  ricalibri  la
distribuzione della forza pubblica sul territorio. Non a caso, l'art.
3 del d.l. n. 14 del 2017 prevede la possibilita' che Stato e Regioni
concludano «specifici  accordi  per  la  promozione  della  sicurezza
integrata»; questa stessa Corte ha ammesso  che  la  Regione,  seppur
nell'esercizio  delle  proprie   competenze,   possa   svolgere   una
«attivita' di stimolo e d'impulso, nei limiti  consentiti,  presso  i
competenti  organi  statali,  all'adozione   di   misure   volte   al
perseguimento del fine della tutela della sicurezza» (sentenza n. 167
del 2010). 
    In tal senso, la Regione puo' promuovere il  potenziamento  delle
attivita' di vigilanza  ad  opera  delle  forze  di  polizia  locale,
«previa  intesa  con  gli  enti  locali  interessati»  (come  prevede
l'impugnato art.  29-bis,  comma  1,  lettera  c,  della  legge  reg.
Basilicata n. 41 del 2009), purche' nell'ambito dei piani predisposti
dal Ministro dell'interno. 
    Cosi' interpretata, la disposizione censurata  non  viola  l'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost.