ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  30,  32,
37, 38, 39, 40, 42, 43 e 52 della legge della Regione  Basilicata  22
novembre 2018, n. 38 (Seconda variazione al  bilancio  di  previsione
pluriennale 2018/2020  e  disposizioni  in  materia  di  scadenza  di
termini legislativi e nei vari settori di  intervento  della  Regione
Basilicata), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri  con
ricorso notificato il 21-29 gennaio 2019, depositato  in  cancelleria
il 29 gennaio 2019, iscritto al n. 7  del  registro  ricorsi  2019  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  8,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  3  dicembre  2019  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Francesca Morici per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Nicoletta  Pisani  per  la
Regione Basilicata. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 21-29 gennaio 2019,  depositato  il
29 gennaio 2019 e iscritto al n. 7 del registro ricorsi per il  2019,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale, tra gli altri, degli artt. 30,  32,  37,
38, 39, 40, 42, 43 e 52  della  legge  della  Regione  Basilicata  22
novembre 2018, n. 38 (Seconda variazione al  bilancio  di  previsione
pluriennale 2018/2020  e  disposizioni  in  materia  di  scadenza  di
termini legislativi e nei vari settori di  intervento  della  Regione
Basilicata). 
    2.- Nel terzo motivo di ricorso il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ha impugnato l'art. 30 della legge reg. Basilicata n. 38 del
2018. Tale disposizione introduce  l'art.  2-bis  nella  legge  della
Regione Basilicata 30 dicembre 2015, n. 54 (Recepimento  dei  criteri
per il corretto inserimento nel  paesaggio  e  sul  territorio  degli
impianti da fonti  di  energia  rinnovabili  ai  sensi  del  D.M.  10
settembre 2010), intitolato «Cumulabilita' degli impianti da  FER  ai
fini della verifica di assoggettabilita' alla VIA». 
    L'art. 2-bis dispone quanto segue: 
    «1. Al fine di  evitare  l'elusione  della  normativa  di  tutela
dell'ambiente e di  impedire  la  frammentazione  artificiosa  di  un
progetto di produzione di energia  da  fonte  rinnovabile,  di  fatto
riconducibile ad un progetto unitario, e/o di considerare un  singolo
progetto anche in riferimento ad  altri  progetti  appartenenti  alla
stessa categoria localizzati nel medesimo  contesto  territoriale  ed
ambientale, che per l'effetto cumulo determinano il superamento della
soglia dimensionale fissata dall'allegato IV - Parte II del D.Lgs.  3
aprile 2006, n. 152, l'ambito territoriale da considerare,  ai  sensi
dell'art. 4 del D.Lgs. 3 marzo  2011,  n.  28,  per  la  verifica  di
assoggettabilita' alla valutazione di  impatto  ambientale  (VIA)  e'
definito da una fascia: 
    - Individuata dal raggio di 1 km misurato a  partire  dal  centro
per le opere puntuali, elevato  a  2,00  km  nelle  aree  non  idonee
individuate dalla presente legge; 
    - di 1 km misurato a  partire  dal  perimetro  esterno  dell'area
occupata per le opere areali, elevato a 2 km nelle aree non idonee ai
sensi della presente legge; 
    - di 500 metri dall'asse del tracciato per le opere lineari. 
    2. La sussistenza contemporanea di almeno due delle condizioni di
cui al comma 1 comporta la riduzione al  50%  delle  soglie  relative
alla specifica categoria progettuale riportata nell'allegato IV Parte
II del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. 
    3. Sono  esclusi  dall'applicazione  del  criterio  di  cumulo  i
progetti previsti da un piano o programma sottoposto  alla  procedura
di valutazione ambientale strategica  (VAS)  ed  approvato  ai  sensi
dell'art. 10 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nonche' i progetti per
i quali la procedura di verifica di cui  all'art.  20  del  D.Lgs.  3
aprile 2006, n. 152 e' integrata dalla VAS». 
    Il ricorrente rileva che l'art. 30, commi 1 e  2  (recte:  l'art.
2-bis, commi 1 e 2, della legge reg.  Basilicata  n.  54  del  2015),
disciplina «l'estensione  delle  aree  nelle  quali  piu'  iniziative
possono integrare casi di  cumulo  degli  impianti  FER  -  Fonte  di
energia  rinnovabili  ai  fini  della  preliminare   verifica   della
assoggettabilita'  a  VIA».  Tale  norma  si  risolverebbe   «in   un
ingiustificato aggravio procedimentale» in quanto applicherebbe «alla
preliminare verifica  di  assoggettabilita'  alla  VIA  cio'  che  e'
previsto per la sola VIA in modo coerente con il sistema e le  soglie
di potenza per l'assoggettamento alla medesima VIA». 
    Il ricorrente richiama l'art. 4 del decreto legislativo  3  marzo
2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE  sulla  promozione
dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e  2003/30/CE),  il
cui comma 3 dispone che,  «[a]l  fine  di  evitare  l'elusione  della
normativa di tutela dell'ambiente, del  patrimonio  culturale,  della
salute e della pubblica incolumita', fermo restando  quanto  disposto
dalla Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152,  e
successive modificazioni, e, in particolare, dagli articoli 270,  273
e 282, per quanto attiene  all'individuazione  degli  impianti  e  al
convogliamento delle emissioni, le Regioni  e  le  Province  autonome
stabiliscono i casi in cui la presentazione di piu' progetti  per  la
realizzazione  di  impianti  alimentati  da   fonti   rinnovabili   e
localizzati nella medesima area o in aree contigue sono  da  valutare
in  termini  cumulativi  nell'ambito  della  valutazione  di  impatto
ambientale». 
    L'aggravio procedimentale sarebbe poi «acuito dalla previsione di
cui al comma 2 dell'art. 30 [recte: comma  2  dell'art.  2-bis  della
legge reg. Basilicata n. 54 del 2015] dove le soglie  sono  dimezzate
in caso di ricorrenza di due delle condizioni previste  al  comma  n.
1». 
    La  norma  regionale  impugnata  contrasterebbe,   dunque,   «con
l'esigenza di uniformita' normativa sotto  il  profilo  della  tutela
ambientale  [...]  e  sotto  il  profilo  dell'autorizzazione   degli
impianti  alimentati  a  fonte  rinnovabile»,  violando  l'art.  117,
secondo comma, lettera  s),  e  terzo  comma  (con  riferimento  alla
materia dell'energia), della Costituzione. 
    3.- Nel quarto motivo di ricorso il Presidente del Consiglio  dei
ministri impugna l'art. 32 della legge  reg.  Basilicata  n.  38  del
2018. 
    Tale disposizione sostituisce l'art. 6 della legge della  Regione
Basilicata  26  aprile  2012,  n.  8  (Disposizioni  in  materia   di
produzione di energia da fonti  rinnovabili),  come  gia'  modificato
dall'art. 6 della legge della Regione Basilicata 11  settembre  2017,
n. 21 (Modifiche ed integrazioni  alle  leggi  regionali  19  gennaio
2010, n. 1  "Norme  in  materia  di  energia  e  piano  di  indirizzo
energetico ambientale regionale - d.lgs. n. 152 del 3 aprile  2006  -
legge regionale n. 9/2007; 26 aprile  2012,  n.  8  "Disposizioni  in
materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili" e 30
dicembre 2015,  n.  54  "Recepimento  dei  criteri  per  il  corretto
inserimento nel paesaggio e sul territorio degli impianti da fonti di
energia rinnovabili ai sensi del D.M. 10  settembre  2010"),  con  il
seguente: 
    «Articolo 6 
    Limiti  all'utilizzo  della  PAS  per  gli  impianti   eolici   e
fotovoltaici 
    1. Ai fini della sicurezza nonche' della tutela  territoriale  ed
ambientale, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione
di energia elettrica da fonti rinnovabili con  potenza  nominale  non
superiore a 200 kW e' consentita  nel  rispetto  delle  condizioni  e
prescrizioni di seguito riportate: 
    a) impianti eolici 
    a.1) devono rispettare le  indicazioni  riportate  nel  paragrafo
1.2.2. "Gli impianti di piccola  generazione"  dell'Appendice  A  del
P.I.E.A.R.; 
    a.2) parere paesaggistico  favorevole  rilasciato  dalla  Regione
sulla  compatibilita'  dell'impianto  con  l'area   interessata,   se
classificata non idonea dalla L.R. 30 dicembre 2015, n. 54; 
    a.3) devono avere una distanza  dagli  altri  impianti  eolici  o
impianti FER presenti, ovvero autorizzati,  non  inferiore  ad  1  km
misurato tra i punti piu' vicini  del  perimetro  dell'area  occupata
dall'impianto; 
    b) impianti solari di conversione fotovoltaica 
    b.1) devono rispettare le  indicazioni  riportate  nel  paragrafo
2.2.2. "Procedure per la costruzione  e  l'esercizio  degli  impianti
fotovoltaici di microgenerazione" dell'Appendice A del P.I.E.A.R.; 
    b.2) parere paesaggistico  favorevole  rilasciato  dalla  Regione
sulla  compatibilita'  dell'impianto  con  l'area   interessata,   se
classificata non idonea dalla L.R. 30 dicembre 2015, n. 54. 
    b.3) devono avere una distanza dagli altri impianti  fotovoltaici
o impianti FER presenti, ovvero autorizzati, non inferiore  ad  1  km
misurato tra i punti piu' vicini  del  perimetro  dell'area  occupata
dall'impianto; 
    b.4) devono avere la disponibilita' di un suolo la cui estensione
sia  pari  o  superiore  a  3  volte  la  superficie  del  generatore
fotovoltaico,  attraverso  l'asservimento  di  particelle   catastali
contigue, sul quale non potra' essere realizzato  altro  impianto  di
produzione di energia da qualunque tipo di fonte rinnovabile. 
    2. Qualora i progetti  di  due  o  piu'  impianti  eolici  ovvero
fotovoltaici siano  riconducibili  ad  un  solo  soggetto,  sia  esso
persona fisica o giuridica, ovvero siano  riconducibili  allo  stesso
centro decisionale ai sensi dell'articolo 2359 del  Codice  Civile  o
per qualsiasi altra relazione sulla  base  di  univoci  elementi  che
fanno presupporre la costituzione di un'unica centrale eolica  ovvero
fotovoltaica, si trovino nelle condizioni  di  cui  al  comma  1  del
presente  articolo,  saranno  assoggettati  cumulativamente  ad   una
autorizzazione regionale, rilasciata  ai  sensi  e  per  gli  effetti
dell'art. 12 del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, nel caso in cui: 
    - abbiano una potenza complessiva superiore a 200 kW; 
    - siano reciprocamente posti rispetto ad altri  ad  una  distanza
inferiore  ad  1  Km  valutata  a  partire  dal  centro  di   ciascun
aerogeneratore». 
    3.1.- Il ricorrente premette che il nuovo art. 6 della legge reg.
Basilicata n. 8 del 2012  fissa  in  200  kW  la  soglia  di  potenza
nominale massima entro  la  quale  e'  possibile  ricorrere  per  gli
impianti   eolici   e   fotovoltaici   alla   procedura   abilitativa
semplificata  (PAS),  nell'esercizio  del  potere  (attribuito   alle
regioni dal d.lgs. n. 28 del 2011) di elevare tale soglia  fino  a  1
MW. 
    La medesima disposizione regionale, nella parte in  cui  prevede,
alle lettere a.3) e b.3) del comma  1,  una  distanza  minima  tra  i
predetti impianti e gli altri impianti eolici o fotovoltaici (o altri
impianti da fonti rinnovabili - FER -  presenti  ovvero  autorizzati)
«non inferiore ad 1 km misurato tra i punti piu' vicini del perimetro
dell'area occupata dall'impianto» violerebbe l'art. 117, terzo comma,
Cost., in quanto la condizione di accesso alla PAS  cosi'  introdotta
contrasterebbe con i principi fondamentali nella materia «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»,  attribuita  alla
competenza legislativa concorrente dello Stato. 
    Tali principi fondamentali sarebbero dettati,  nell'ambito  della
disciplina delle procedure per  l'autorizzazione  degli  impianti  di
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, dalle  seguenti
norme statali di riferimento: 
    - l'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre  2003,
n.  387  (Attuazione  della  direttiva   2001/77/CE   relativa   alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'), alla cui  stregua
«[i]n Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle  attivita'
produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del Ministro per i beni e le attivita' culturali, si
approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento  di  cui
al comma 3 [id est, il procedimento di autorizzazione unica cui  sono
soggetti la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di
energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi  di
modifica,   potenziamento,   rifacimento   totale   o   parziale    e
riattivazione, come definiti  dalla  normativa  vigente,  nonche'  le
opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione  e
all'esercizio degli impianti stessi]. Tali linee guida sono volte, in
particolare, ad assicurare un corretto  inserimento  degli  impianti,
con specifico  riguardo  agli  impianti  eolici,  nel  paesaggio.  In
attuazione di tali linee guida, le  regioni  possono  procedere  alla
indicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di
specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano  le  rispettive
discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle
linee guida.  In  caso  di  mancato  adeguamento  entro  il  predetto
termine, si applicano le linee guida nazionali»; 
    - il paragrafo 1.2 del decreto ministeriale  10  settembre  2010,
adottato in attuazione del citato art. 12, comma 10,  del  d.lgs.  n.
387 del 2003  e  recante  «Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili»,  secondo  cui  «[l]e  sole
Regioni e le Province autonome possono porre limitazioni e divieti in
atti di tipo programmatorio o pianificatorio per  l'installazione  di
specifiche tipologie di impianti alimentati a  fonti  rinnovabili  ed
esclusivamente nell'ambito e con le modalita'  di  cui  al  paragrafo
17»; 
    - il paragrafo 17.1  delle  stesse  linee  guida,  richiamato  al
precedente paragrafo 1.2, che recita: «Al fine di  accelerare  l'iter
di autorizzazione alla costruzione  e  all'esercizio  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili,  in  attuazione  delle  disposizioni
delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono
procedere  alla  indicazione  di  aree  e  siti   non   idonei   alla
installazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti   secondo   le
modalita' di cui al presente punto e sulla base dei  criteri  di  cui
all'Allegato 3. L'individuazione della  non  idoneita'  dell'area  e'
operata dalle Regioni attraverso un'apposita  istruttoria  avente  ad
oggetto  la  ricognizione  delle  disposizioni  volte   alla   tutela
dell'ambiente, del paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,
delle tradizioni agroalimentari locali,  della  biodiversita'  e  del
paesaggio  rurale  che  identificano  obiettivi  di  protezione   non
compatibili con l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche
tipologie e/o  dimensioni  di  impianti,  i  quali  determinerebbero,
pertanto,  una  elevata  probabilita'   di   esito   negativo   delle
valutazioni, in sede di autorizzazione. Gli  esiti  dell'istruttoria,
da richiamare nell'atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere,  in
relazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione  a
specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle
incompatibilita'  riscontrate  con  gli   obiettivi   di   protezione
individuati nelle disposizioni esaminate». 
    Le  linee  guida  adottate  con  il  d.m.   10   settembre   2010
costituirebbero  norme   secondarie   che   completano   in   settori
squisitamente tecnici la normativa primaria, formando  con  essa  «un
corpo unico», destinato a individuare le specifiche tecniche che  mal
si  conciliano  con  il  contenuto  di  un  atto  legislativo  e  che
necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale
(e' citata la sentenza di questa Corte n. 99 del 2012). 
    Ad  avviso  del   ricorrente,   in   base   alla   giurisprudenza
costituzionale  in  subiecta  materia  e'  consentito  alle   regioni
soltanto individuare, caso per caso, «aree e  siti  non  idonei»  con
specifico riguardo alle  diverse  fonti  e  alle  diverse  taglie  di
impianto, in via di eccezione e solo  se  necessario  per  proteggere
interessi  costituzionalmente  rilevanti,   mentre   al   legislatore
regionale non sarebbe permesso di stabilire limiti  generali,  specie
nella forma di distanze minime. Cio' contrasterebbe con il  principio
fondamentale  di  massima   diffusione   delle   fonti   di   energia
rinnovabili, stabilito dal legislatore statale  in  conformita'  alla
normativa dell'Unione europea (sono  citate  le  sentenze  di  questa
Corte n. 69  del  2018  e  n.  13  del  2014,  che  hanno  dichiarato
l'illegittimita'    costituzionale    di    disposizioni    regionali
prescrittive di distanze minime per la costruzione e collocazione  di
impianti  a  fonte  rinnovabile  applicabili  in  via  generale   sul
territorio regionale). 
    Il  principio  di  massima  diffusione  delle  fonti  di  energia
rinnovabili deriverebbe in particolare dalla direttiva n.  2001/77/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre  2001,  sulla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita' e  dalla  direttiva
n.  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, in  attuazione  delle  quali  sono
stati emanati il d.lgs. n. 387 del 2003, il d.lgs. n. 28 del  2011  e
le linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010. 
    La soluzione adottata  dalla  Regione  Basilicata  con  la  norma
impugnata, nello  stabilire  in  via  generale  distanze  minime  non
previste dalla normativa statale, destinate a limitare  gli  impianti
da fonti energetiche rinnovabili senza istruttoria e  valutazione  in
concreto dei luoghi nell'ambito del procedimento amministrativo, come
richiedono i principi  di  efficacia,  imparzialita',  pubblicita'  e
trasparenza di cui all'art. 1 della  legge  7  agosto  1990,  n.  241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  diritto  di
accesso ai documenti amministrativi), violerebbe i citati principi  e
non  permetterebbe  un'adeguata  tutela  dei   molteplici   interessi
coinvolti. Solo nella sede procedimentale prevista al paragrafo  17.1
delle citate  linee  guida,  sarebbe  possibile  individuare  la  non
idoneita' delle aree attraverso la valutazione di tutti i  pertinenti
interessi pubblici, e in particolare  di  quelli  della  salute,  del
paesaggio, dell'ambiente e dell'assetto urbanistico  del  territorio,
in presenza dei  quali  il  principio  di  massima  diffusione  degli
impianti di energia a fonte rinnovabile potrebbe subire  un'eccezione
(sono citate le sentenze di questa Corte n. 13 del 2014 e n. 224  del
2012). 
    Per le stesse ragioni la  norma  regionale  impugnata  violerebbe
anche l'art. 97 Cost., e segnatamente i principi di  legalita'  e  di
buon andamento dell'amministrazione, nonche' l'art. 117, primo comma,
Cost., per contrasto  con  le  richiamate  direttive  comunitarie,  e
ancora l'art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con  i  principi
fondamentali nella materia  «tutela  della  salute»,  assegnata  alla
regione in regime di competenza ripartita. 
    3.2.- L'art. 32 della legge reg. Basilicata n.  38  del  2018  e'
impugnato anche nella parte in cui  introduce  la  lettera  b.4)  nel
comma 1 del nuovo art. 6 della legge reg. Basilicata n. 8  del  2012,
ove e' previsto, quale ulteriore  condizione  per  la  costruzione  e
l'esercizio degli impianti FER con potenza nominale non  superiore  a
200 kW, che gli impianti solari di conversione  fotovoltaica  «devono
avere la disponibilita' di un suolo la  cui  estensione  sia  pari  o
superiore a  3  volte  la  superficie  del  generatore  fotovoltaico,
attraverso l'asservimento di particelle catastali contigue, sul quale
non potra' essere realizzato altro impianto di produzione di  energia
da qualunque tipo di fonte rinnovabile». 
    La norma violerebbe in  primo  luogo  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost.,  in  quanto,  ledendo  il  «principio   cardine   in   materia
richiamato», introdurrebbe un aggravamento ingiustificato degli oneri
a carico dell'operatore anche sotto il profilo del divieto  di  altre
iniziative nell'area, in contrasto  con  l'art.  12,  comma  10,  del
d.lgs. n. 387 del 2003 e con il  paragrafo  1.2  delle  citate  linee
guida di cui al d.m. 10 settembre 2010, che rinvia,  come  visto,  al
successivo paragrafo 17 per le modalita' di individuazione delle aree
non idonee. 
    Essa violerebbe altresi'  l'art.  41  Cost.  «sulla  liberta'  di
iniziativa economica privata» e l'art. 117, primo comma,  Cost.,  «in
riferimento all'art. 1  del  D.Lgs.  n.  79/1999,  che  sancisce,  in
attuazione della Direttiva 96/92/CE, la liberalizzazione del  mercato
elettrico,  ivi  comprese  le  attivita'  di  produzione  di  energia
elettrica». 
    3.3.- Il ricorrente impugna inoltre l'art.  32,  comma  2,  della
legge reg. Basilicata n. 38 del 2018 la' dove  abroga  e  sostituisce
l'art. 6, comma 2,  della  legge  reg.  Basilicata  n.  8  del  2012,
prevedendo che devono essere assoggettati cumulativamente a una  sola
autorizzazione regionale, rilasciata ai sensi dell'art. 12 del d.lgs.
n. 387 del  2003,  i  progetti  di  due  o  piu'  impianti  eolici  o
fotovoltaici che, singolarmente considerati, hanno potenza  inferiore
a 200 kW, «qualora [...] siano riconducibili ad un solo soggetto, sia
esso persona fisica o  giuridica,  ovvero  siano  riconducibili  allo
stesso centro decisionale ai  sensi  dell'articolo  2359  del  Codice
Civile o per qualsiasi altra relazione sulla base di univoci elementi
che fanno presupporre la costituzione  di  un'unica  centrale  eolica
ovvero fotovoltaica [...]». 
    La norma violerebbe gli artt. 97 e  117,  primo  e  terzo  comma,
Cost., in quanto, introducendo «un vincolo per  l'applicazione  della
PAS in ragione di un criterio  estremamente  soggettivo  e  generico,
riferito  a  una  relazione  anche  di  fatto,  non  suscettibile  di
riscontro»,  oltre  a  rivelare  i  profili  di  illegittimita'  gia'
richiamati in tema di distanze tra gli impianti, porrebbe limitazioni
al regime abilitativo non previste dal d.lgs. n. 387 del 2003  e  dal
d.lgs. n. 28 del 2011,  in  contrasto  con  i  principi  fondamentali
dettati  dallo  Stato  in  materia  di   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia». 
    4.- Nel quinto motivo di ricorso il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha impugnato l'art. 37 della legge reg. Basilicata n. 38 del
2018, il quale aggiunge il comma 5  nell'art.  14  della  legge  reg.
Basilicata n. 8 del 2012, stabilendo quanto segue: «Dalla data  della
comunicazione  ai  comuni  interessati  dell'avviso  di   avvio   del
procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica  regionale  di
cui  all'art.  12  del  D.Lgs.   n.   387/2003,   e'   sospesa   ogni
determinazione  comunale  in  ordine  alle  domande  di  permesso  di
costruire,  nonche'  di  Procedura  Abilitativa  Semplificata  (PAS),
nell'ambito delle aree  potenzialmente  impegnate  che  nel  caso  di
impianti eolici sono  individuate  dal  perimetro  virtuale  ottenuto
congiungendo le pale degli  aerogeneratori  esterni,  mentre  per  le
altre  tipologie  di  impianti  circoscritta  dal  perimetro  esterno
dell'impianto, fino alla conclusione del procedimento  autorizzativo.
In ogni caso la misura di  salvaguardia  perde  efficacia  decorsi  i
termini previsti dal D.Lgs. n. 28/2011 a  partire  dalla  data  della
comunicazione dell'avvio del procedimento, salvo il caso  in  cui  la
Regione ne disponga per lo  stesso  fine,  per  una  sola  volta,  la
proroga  non  superiore  ad  un  anno   per   sopravvenute   esigenze
istruttorie e procedimentali relative al rilascio  del  provvedimento
autorizzativo». 
    Il ricorrente osserva che tale norma «introduce una moratoria per
le PAS», fino alla fine  del  procedimento  di  autorizzazione  unica
regionale, in relazione alle aree impegnate  da  progetti  presentati
per l'autorizzazione stessa. La disposizione  de  qua  violerebbe  «i
principi fondamentali che disciplinano il  regime  abilitativo  degli
impianti tra i quali il termine di conclusione  dei  procedimenti  di
cui all'art. 12, comma 4, del D.Lgs. n. 387/2003»: tale norma statale
sarebbe    ispirata    alla    semplificazione    amministrativa    e
rappresenterebbe principio fondamentale della materia (vengono citate
le sentenze di questa Corte n. 168 del 2010, n. 282 del 2009 e n. 364
del  2006),  applicabile  anche   nel   caso   delle   autorizzazioni
semplificate. Di qui la violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Inoltre l'art. 37 si porrebbe in contrasto anche  con  la  citata
direttiva  n.  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso   dell'energia
rinnovabile, e con il d.lgs. n. 28 del 2011, recante attuazione della
direttiva stessa, in quanto le  moratorie  per  l'abilitazione  degli
impianti a fonte rinnovabile violerebbero l'art.  117,  primo  comma,
Cost.,  «per  il  favor  che  le  Direttive  europee  e  gli  Accordi
riconoscono alla massima diffusione delle fonti rinnovabili». 
    5.- Il sesto motivo di ricorso ha per oggetto gli artt. 38, 39  e
40 della legge reg.  Basilicata  n.  38  del  2018,  che  modificano,
rispettivamente, i paragrafi 1.2.1., 1.2.2. e 2.2.2. dell'Appendice A
del  piano  di  indirizzo  energetico  ambientale  regionale  (PIEAR)
approvato con la legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1
(Norme  in  materia  di  energia  e  Piano  di  Indirizzo  Energetico
Ambientale Regionale. D.Lgs.  n.  152  del  3  aprile  2006  L.R.  n.
9/2007). 
    Tali disposizioni sono impugnate nella parte in  cui  «contengono
varie prescrizioni sulle distanze, rispettivamente,  in  relazione  a
"impianti di grande generazione", a "impianti di piccola generazione"
e a "impianti fotovoltaici di microgenerazione"». 
    Esse violerebbero gli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost.  per  le
stesse ragioni dedotte con riferimento all'art. 6, comma  1,  lettere
a.3) e b.3), della legge reg. Basilicata n. 8  del  2012,  nel  testo
introdotto dall'art. 32 della legge reg. Basilicata n. 38  del  2018,
in tema di distanze  che  gli  impianti  eolici  e  fotovoltaici  con
potenza massima non superiore a 200 kW devono rispettare dagli  altri
impianti per consentire l'utilizzo della PAS. 
    Secondo il ricorrente, anche le previsioni contenute negli  artt.
38, 39 e 40 che introducono limiti generali per la collocazione degli
impianti eolici  e  fotovoltaici,  nella  forma  di  distanze  minime
valevoli  sull'intero  territorio  regionale  senza   istruttoria   e
valutazione  in  concreto  dei  luoghi  in  sede  procedimentale,  si
porrebbero in contrasto sia con i principi fondamentali delle materie
a  competenza  ripartita  «produzione,  trasporto   e   distribuzione
nazionale dell'energia» e «tutela della salute», contenuti  nell'art.
12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 e nei paragrafi 1.2  e  17.1
delle linee guida approvate con il d.m. 10 settembre 2010, sia con il
principio di legalita' e di buon andamento dell'amministrazione,  non
essendo garantita l'imparzialita' della scelta  e  il  perseguimento,
nel modo piu' adeguato ed efficace, dell'interesse primario. 
    5.1.- Nel successivo motivo di  ricorso,  identificato  anch'esso
con il numero 6, e' impugnato l'art. 42 della legge  reg.  Basilicata
n. 38 del 2018, secondo cui «le disposizioni di cui agli articoli 29,
30, 31, 34 e 36 si applicano anche ai procedimenti  pendenti»,  nella
parte in cui si riferisce all'art. 30. 
    Richiamate le ragioni poste  a  fondamento  dell'impugnazione  di
tale ultima disposizione, il ricorrente lamenta che la sua  immediata
applicazione ai  procedimenti  in  corso  consentirebbe  di  derogare
immediatamente «al sistema nazionale» in una  materia  di  competenza
legislativa concorrente «ai  sensi  dell'art.  117,  comma  3,  della
Costituzione, quale quella del governo del territorio». 
    6.- Nel settimo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei
ministri impugna gli artt. 43 e 52 della legge reg. Basilicata n.  38
del 2018. Il primo reca integrazioni all'allegato A della legge  reg.
Basilicata n. 54 del 2015. Tale allegato indica i siti  «non  idonei»
all'installazione di impianti alimentati  da  fonti  rinnovabili.  La
norma introdotta dall'art. 43 stabilisce che «[i] Buffer  di  cui  al
punto 1.2 Beni monumentali 1.4 Beni paesaggistici: in  riferimento  a
laghi ed invasi artificiali, fiumi, torrenti e corsi d'acqua,  centri
urbani, centri storici, 2.4 Rete Natura 2000, cosi' come  individuati
e definiti  nell'Allegato  A  della  legge  regionale  n.  54/2015  e
ss.mm.ii.,   trovano   applicazione   esclusivamente    nelle    aree
territoriali visibili dal bene monumentale  vincolato  se  l'impianto
FER in progetto non risulta in correlazione visiva con lo stesso bene
vincolato da punti di vista privilegiati» . 
    Secondo il ricorrente, «[l]'attuazione delle previsioni contenute
nell'art. 43 [...] riduce drasticamente l'applicazione dei "Buffer"»,
limitando «l'applicazione di tutte le aree  "Buffer",  a  prescindere
dalla natura delle  medesime,  a  due  circostanze:  1)  che  intorno
dell'area di "Buffer" medesima sia presente un bene  monumentale;  2)
che l'impianto FER sia in "correlazione visiva  con  lo  stesso  bene
vincolato  da  punti  di  vista  privilegiati"».   Tali   circostanze
sarebbero «in contrasto con i principi  ispiratori  posti  alla  base
della individuazione delle "aree non idonee" stabiliti  dall'Allegato
3 (paragrafo 17)» delle linee guida  del  2010.  L'applicazione  «del
parametro della "correlazione visiva" con un bene vincolato» sarebbe,
infatti,  «assolutamente  strumentale  alla  significativa  riduzione
della natura e specificita' delle diverse categorie di aree  ritenute
particolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni
territoriali o del paesaggio, elencate nell'Allegato 3 del su  citato
Decreto del 2010». 
    Inoltre, l'art. 43  vanificherebbe  «l'istruttoria  condotta  dal
Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali, di  concerto  con  la
Regione Basilicata, che ha portato alla  definizione  delle  aree  di
"Buffer" di cui  agli  allegati  A  e  C  e  agli  elaborati  di  cui
all'allegato B» della legge reg. Basilicata n. 54 del 2015. 
    L'art. 52 della legge reg. Basilicata n. 38 del  2018  stabilisce
quanto segue: «1. E' definita area attinente ad un  parco  eolico  la
porzione di territorio  delimitato  dalla  poligonale  chiusa  e  non
intrecciata ottenuta collegando  tra  loro  gli  aerogeneratori  piu'
esterni del parco stesso. 2. I progetti di ottimizzazione di un parco
eolico,  che  non  comportano  un  aumento  della  potenza  elettrica
complessiva del progetto  originario  (compresi  gli  spostamenti  di
viabilita' interna al parco eolico, spostamenti  di  elettrodotti  di
servizio,      spostamento      di      aereogeneratori,       cambio
dell'aereogeneratore,   ecc.),   previsti    all'interno    dell'area
attinente, come definita al  precedente  comma  1,  sono  considerati
varianti non sostanziali a condizione che l'area attinente  al  Parco
eolico si riduca e che le  aree  interessate  dalle  modifiche  siano
nella disponibilita' del soggetto proponente il parco eolico». 
    Secondo il ricorrente, tale norma interverrebbe  su  una  materia
«gia' ampiamente regolamentata  dalla  legislazione  statale  con  il
D.Lgs. n. 152 del 2006» e stabilirebbe  «un  nuovo  criterio  per  la
definizione della sostanzialita' delle  varianti  ai  parchi  eolici,
che, sostituendosi ai criteri elencati nell'allegato V alla parte  II
del  medesimo  D.Lgs.  n.  152/2006,  crea  conflitti   normativi   e
incertezze applicative, soprattutto nei procedimenti di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA statale di cui all'art. 19 del D.Lgs.  citato
che [...] riguarda anche gli impianti eolici di potenza superiore  ai
30 MW». 
    Gli   impugnati   artt.   43   e   52   rappresenterebbero    una
«contraddittorieta' interna» rispetto alle altre  disposizioni  della
stessa legge regionale e «un mancato rispetto degli  impegni  assunti
con la sottoscrizione del Protocollo di Intesa  per  la  elaborazione
del Piano Paesaggistico Regionale, stipulato ai  sensi  dell'articolo
143, comma 2, del D.Lgs. n. 42 del 2004, tra il Ministero dei Beni  e
delle Attivita' Culturali, il  Ministero  dell'Ambiente  [...]  e  la
Regione Basilicata, in data 14 settembre 2011». In  definitiva,  essi
violerebbero  le  norme  poste  a   tutela   dell'ambiente   (decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  «Norme  in  materia
ambientale») e  del  patrimonio  culturale  (decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n.  42,  recante  «Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137») e l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    7.- La Regione  Basilicata  si  e'  costituita  in  giudizio  con
memoria depositata il 28 febbraio 2019. 
    In essa rileva, innanzi tutto, che l'art.  30  della  legge  reg.
Basilicata n. 38 del 2018, insieme ad altre disposizioni, sarebbe  il
frutto di un lavoro svolto d'intesa tra la Regione  ed  il  Ministero
per i beni e le attivita' culturali (di seguito:  MIBAC),  e  che  il
parere dell'Ufficio legislativo di quest'ultimo del 27 dicembre  2018
richiederebbe l'abrogazione degli artt. 43  e  52  della  legge  reg.
Basilicata n. 38 del 2018, e non dell'art. 30. 
    La Regione osserva inoltre che la disciplina sulla  cumulabilita'
degli impianti da FER ai fini della verifica di  assoggettabilita'  a
VIA sarebbe stata attribuita alla Regione dal decreto ministeriale n.
52  del  30  marzo   2015   (Linee   guida   per   la   verifica   di
assoggettabilita' a valutazione di impatto ambientale dei progetti di
competenza delle regioni e province autonome, previsto  dall'articolo
15  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116), il  cui  allegato
al punto 4.1 regola il «Cumulo con altri  progetti»,  stabilendo  fra
l'altro che «[l]'ambito  territoriale  e'  definito  dalle  autorita'
regionali competenti in base alle diverse tipologie progettuali e  ai
diversi  contesti  localizzativi,  con  le  modalita'   previste   al
paragrafo 6 delle  presenti  linee  guida».  Dunque,  il  legislatore
regionale avrebbe solo «ottemperato a quanto previsto dal D.M.  sopra
richiamato al fine di evitare che i titolari di impianti  da  FER  in
modo artato possano eludere l'applicazione» del codice dell'ambiente. 
    La Regione contesta poi che l'art. 32  violi  l'art.  117,  terzo
comma, Cost. e ne afferma invece la coerenza  con  il  riparto  delle
competenze tra lo Stato  e  le  regioni  nonche'  con  la  disciplina
statale della materia. 
    Sotto  quest'ultimo  profilo,   sarebbe   stata   rispettata   la
previsione dell'art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, che  consente  alle
regioni di disciplinare  l'estensione  della  PAS  agli  impianti  di
potenza fino a 1 MW senza dettare limitazioni all'esercizio  di  tale
facolta'. La disposizione impugnata, oltre a estendere  la  PAS  agli
impianti fotovoltaici con potenza non superiore  a  200  kW,  avrebbe
pertanto  stabilito  anche  le  condizioni  in  base  alle  quali  e'
possibile ricorrere alla PAS in luogo dell'autorizzazione unica. 
    La prescrizione della distanza di 1 km dagli  impianti  esistenti
troverebbe «fondamento giuridico non solo nella ratio  dell'art.  4.1
del D.M. n. 52/2015, tesa a  evitare  l'elusione  della  verifica  di
assoggettabilita' alla procedura di V.I.A., ma anche nella prevalente
esigenza di tutela del  paesaggio»,  che  secondo  la  giurisprudenza
amministrativa  dovrebbe  essere  sempre  considerata,  insieme  alla
tutela dell'ambiente, nei  bilanciamenti  concretamente  operati  dal
legislatore  e   dalle   pubbliche   amministrazioni,   non   essendo
ipotizzabile la tutela "ad ogni costo" dell'interesse  ambientale  in
forza di un'aprioristica gerarchia che inverte la scala  dei  valori,
giungendo  cosi'  a  consentire  un'eccessiva  proliferazione   degli
impianti da fonti rinnovabili. Con il censurato art. 32,  la  Regione
avrebbe  dunque  stabilito  le  condizioni  dirette  a  garantire  il
concreto  bilanciamento  dei  richiamati  interessi  «ovvero   l'equo
contemperamento tra la tutela  del  paesaggio  e  lo  sviluppo  degli
impianti da FER». 
    In relazione all'art. 37, che prevede la sospensione  delle  PAS,
la Regione osserva che tale disposizione  sarebbe  il  frutto  di  un
lavoro svolto d'intesa con il MIBAC, che rispetto ad esso non avrebbe
riscontrato alcun vizio di incostituzionalita'.  La  norma  impugnata
troverebbe fondamento nell'art. 1-sexies, comma 3, del  decreto-legge
29 agosto 2003, n. 239 (Disposizioni urgenti per la  sicurezza  e  lo
sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza
di energia elettrica), in base al quale «[l]'autorizzazione di cui al
comma 1 e' rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto entro
il termine di centottanta giorni [...] Il  procedimento  puo'  essere
avviato sulla base di  un  progetto  preliminare  o  analogo  purche'
evidenzi,  con  elaborato  cartografico,   le   aree   potenzialmente
impegnate sulle quali apporre il vincolo  preordinato  all'esproprio,
le  eventuali  fasce  di  rispetto  e   le   necessarie   misure   di
salvaguardia. Dalla data della comunicazione  dell'avviso  dell'avvio
del   procedimento   ai   comuni   interessati,   e'   sospesa   ogni
determinazione  comunale  in  ordine  alle  domande  di  permesso  di
costruire nell'ambito delle aree potenzialmente impegnate, fino  alla
conclusione del procedimento autorizzativo. In ogni caso la misura di
salvaguardia perde  efficacia  decorsi  tre  anni  dalla  data  della
comunicazione dell'avvio del procedimento, salvo il caso  in  cui  il
Ministero dello sviluppo economico ne disponga, per una  sola  volta,
la proroga di un anno per sopravvenute esigenze istruttorie».  A  sua
volta, il comma 1 dispone che, «[a]l fine di garantire  la  sicurezza
del sistema energetico e di promuovere  la  concorrenza  nei  mercati
dell'energia  elettrica,   la   costruzione   e   l'esercizio   degli
elettrodotti  facenti  parte  della  rete  nazionale   di   trasporto
dell'energia elettrica sono attivita' di preminente interesse statale
e sono soggetti a un'autorizzazione unica comprendente tutte le opere
connesse  e  le  infrastrutture  indispensabili  all'esercizio  degli
stessi,  rilasciata  dal  Ministero  delle  attivita'  produttive  di
concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e previa intesa con la regione o le regioni interessate [...]». 
    Secondo la  Regione,  la  sospensione  (non  moratoria)  prevista
dall'art. 37 sarebbe  «misura  di  salvaguardia  per  la  tutela  del
paesaggio», tutela «che potrebbe  essere  altrimenti  compromessa  in
considerazione del fatto che la procedura  di  PAS  ha  un  tempo  di
conclusione piu' veloce rispetto  al  procedimento  per  il  rilascio
dell'Autorizzazione Unica (AU)». 
    Sulle questioni relative agli artt. 38, 39, 40 e 42,  la  Regione
ha richiamato gli argomenti  svolti  per  resistere  all'impugnazione
dell'art. 32, aggiungendo che «le contestazioni sollevate attengono a
riferimenti normativi regionali vigenti ed entrati in vigore da tempo
e mai osservati dalla Presidenza del Consiglio». 
    Con riferimento agli artt. 43 e  52  la  Regione  non  ha  svolto
difese. 
    8.- La Regione, inoltre, ha depositato il 5 giugno 2019  un  atto
denominato «note interlocutorie», nel quale ha chiesto, tra  l'altro,
che questa Corte dichiari cessata la materia del contendere in ordine
alle questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.  42  e  47
della legge reg. Basilicata n. 38 del  2018,  sul  presupposto  della
loro sopravvenuta abrogazione (limitata, per quanto  riguarda  l'art.
47, al solo comma 1) ad opera della legge della Regione Basilicata 13
marzo 2019, n. 4 (Ulteriori  disposizioni  urgenti  in  vari  settori
d'intervento della Regione Basilicata). 
    9.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  previa  conforme
delibera del Consiglio dei ministri del 30 maggio 2019, ha depositato
il  19  giugno  2019  atto  di  rinuncia  al  ricorso   limitatamente
all'impugnazione,  tra  l'altro,  dell'art.  42  della   legge   reg.
Basilicata n. 38 del 2018. 
    10.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  inoltre,  ha
depositato una  memoria  integrativa  il  5  novembre  2019,  in  cui
ribadisce le censure gia' svolte nel ricorso  e  contesta  le  difese
della Regione, osservando, con specifico riferimento all'art. 32, che
esse si soffermerebbero sulla sola esigenza di tutela  del  paesaggio
«senza   considerare   la   coesistenza    di    plurimi    interessi
costituzionalmente protetti che  devono  trovare  composizione  [n]el
procedimento amministrativo». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  impugnato,  con
ricorso iscritto al n. 7 del registro ricorsi per  il  2019,  diverse
disposizioni della legge della Regione Basilicata 22  novembre  2018,
n. 38 (Seconda  variazione  al  bilancio  di  previsione  pluriennale
2018/2020  e  disposizioni  in  materia  di   scadenza   di   termini
legislativi  e  nei  vari  settori  di   intervento   della   Regione
Basilicata), alcune delle quali riguardano gli impianti di produzione
di energia da fonti rinnovabili (di seguito: impianti FER): si tratta
degli artt. 30, 32, 37, 38, 39, 40, 42, 43 e 52. 
    1.1. - Resta riservata a separata  sentenza  la  decisione  delle
ulteriori  questioni  di  legittimita'  costituzionale  promosse  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con lo stesso ricorso. 
    2.- Nel terzo motivo di ricorso il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ha impugnato l'art. 30 della legge reg. Basilicata n. 38 del
2018. Tale disposizione introduce  l'art.  2-bis  nella  legge  della
Regione Basilicata 30 dicembre 2015, n. 54 (Recepimento  dei  criteri
per il corretto inserimento nel  paesaggio  e  sul  territorio  degli
impianti da fonti  di  energia  rinnovabili  ai  sensi  del  D.M.  10
settembre 2010), intitolato «Cumulabilita' degli impianti da  FER  ai
fini della verifica di assoggettabilita' alla VIA». 
    La norma censurata indica i  casi  in  cui  diversi  progetti  di
impianti FER vanno considerati in modo cumulativo per la verifica  di
assoggettabilita' alla valutazione di impatto ambientale (di seguito:
VIA), «[a]l fine di evitare  l'elusione  della  normativa  di  tutela
dell'ambiente  e  di  impedire  la  frammentazione  artificiosa»  dei
progetti (art. 2-bis, comma 1). 
    Secondo l'Avvocatura,  l'art.  2-bis  sarebbe  in  contrasto  con
l'art. 4 del decreto legislativo 3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione
della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva  abrogazione  delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), perche', mentre questo  riferisce
la valutazione cumulativa alla VIA, la norma regionale  impugnata  la
"anticipa" alla fase di  verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA.  Il
ricorrente  lamenta  la  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), e terzo comma della  Costituzione,  in  quanto  l'art.  4
indicato costituirebbe sia standard uniforme di tutela ambientale sia
principio fondamentale nella materia dell'energia. 
    2.1.- La questione non e' fondata. 
    Il ricorso trascura un significativo dato normativo:  il  decreto
ministeriale n. 52 del 30 marzo 2015 (Linee guida per la verifica  di
assoggettabilita' a valutazione di impatto ambientale dei progetti di
competenza delle regioni e province autonome, previsto  dall'articolo
15  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 11 agosto  2014,  n.  116).  Tale  decreto
riguarda specificamente la verifica di assoggettabilita'  a  VIA  dei
progetti di competenza  regionale  e,  al  punto  4.1  dell'allegato,
regola  la  valutazione  cumulativa  dei  progetti  «localizzati  nel
medesimo  contesto  ambientale  e  territoriale»,   stabilendo,   fra
l'altro, che «[l]'ambito territoriale  e'  definito  dalle  autorita'
regionali competenti in base alle diverse tipologie progettuali e  ai
diversi  contesti  localizzativi,  con  le  modalita'   previste   al
paragrafo 6 delle presenti linee guida». 
    Dopo le modifiche  apportate  al  codice  dell'ambiente  (decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  «Norme  in  materia
ambientale»)  dal  decreto  legislativo  16  giugno  2017,   n.   104
(Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva  2011/92/UE,
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli  1  e  14  della
legge 9 luglio 2015, n. 114), due diverse disposizioni confermano che
la verifica di assoggettabilita' deve essere svolta  sulla  base  del
citato d.m. 30 marzo 2015.  L'art.  6,  comma  6,  lettera  d),  cod.
ambiente  sottopone  a  verifica  di  assoggettabilita'  «i  progetti
elencati nell'allegato IV alla parte seconda del presente decreto, in
applicazione dei criteri e delle  soglie  definiti  dal  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare  del
30 marzo 2015». L'art. 19, comma 10, cod. ambiente dispone che «[p]er
i progetti elencati nell'allegato  II-bis  e  nell'allegato  IV  alla
parte seconda del presente decreto la verifica di assoggettabilita' a
VIA e' effettuata applicando i  criteri  e  le  soglie  definiti  dal
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del mare del 30 marzo 2015». 
    Lo stesso codice dell'ambiente, inoltre, nell'indicare i «Criteri
per la verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 19», dispone che
«[l]e caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo
conto, in particolare [...] del cumulo con altri  progetti  esistenti
e/o approvati» (cosi' l'Allegato V alla parte II del cod.  ambiente).
Ancora, si puo' ricordare che la sentenza n. 86 del  2019  di  questa
Corte ha annullato diverse  disposizioni  legislative  della  Regione
Basilicata in materia di fonti di energia  rinnovabili  ma  ha  fatto
salve le norme regionali antielusive, cioe'  quelle  che  «mirano  al
medesimo scopo,  individuato  dal  legislatore  statale,  di  evitare
comportamenti surrettizi dei privati che,  mediante  una  artificiosa
parcellizzazione degli interventi di propria iniziativa, risultino in
concreto preordinati a eludere l'applicazione di  una  normativa  che
potrebbe rivelarsi piu' gravosa rispetto a un'altra» (punto 3.3.2 del
Considerato in diritto; si veda anche il punto 3.7.2). 
    Infine, anche la riduzione della soglia prevista dall'art. 2-bis,
comma 2, della legge reg. Basilicata n. 54 del 2015  (pure  censurata
nel ricorso) risulta coerente con il  d.m.  30  marzo  2015,  il  cui
allegato contempla un'analoga riduzione  delle  soglie  (si  veda  il
punto 4.1). 
    L'art. 30 della legge reg. Basilicata n. 38 del 2018 e' dunque in
linea con la  normativa  statale  in  materia,  con  conseguente  non
fondatezza della censura. 
    3.- Nel quarto motivo di ricorso il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha impugnato l'art. 32 della legge reg. Basilicata n. 38 del
2018, che sostituisce l'art. 6 della legge della  Regione  Basilicata
26 aprile 2012, n.  8  (Disposizioni  in  materia  di  produzione  di
energia da fonti rinnovabili), come gia' sostituito dall'art. 6 della
legge della Regione Basilicata 11 settembre 2017, n. 21 (Modifiche ed
integrazioni alle leggi regionali 19 gennaio 2010,  n.  1  "Norme  in
materia  di  energia  e  piano  di  indirizzo  energetico  ambientale
regionale - d.lgs. n. 152 del 3 aprile  2006  -  legge  regionale  n.
9/2007; 26 aprile 2012, n. 8 "Disposizioni in materia  di  produzione
di energia elettrica da fonti rinnovabili" e 30 dicembre 2015, n.  54
"Recepimento dei criteri per il corretto inserimento nel paesaggio  e
sul territorio degli impianti da  fonti  di  energia  rinnovabili  ai
sensi del D.M. 10 settembre 2010"). 
    Il nuovo art. 6 della legge reg. Basilicata n. 8 del  2012  detta
«[l]imiti  all'utilizzo  della  PAS  per  gli   impianti   eolici   e
fotovoltaici». 
    In via generale, esso determina in 200 kW la  soglia  di  potenza
nominale massima entro  la  quale  e'  possibile  ricorrere  per  gli
impianti   eolici   e   fotovoltaici   alla   procedura   abilitativa
semplificata (PAS) disciplinata dall'art. 6  del  d.lgs.  n.  28  del
2011.  In  questi  termini,  la  disposizione  non   e'   contestata,
costituendo legittima attuazione del  potere  di  elevare  la  soglia
massima di cui sopra fino a 1 MW, attribuito alle  regioni  dall'art.
6, comma 9, dello stesso d.lgs. n. 28 del 2011. Dall'esame dei motivi
del ricorso si evince invece che l'oggetto delle  questioni,  benche'
formalmente esteso a tutto l'art. 32, e' limitato alle lettere  a.3),
b.3) e b.4) del comma 1 nonche' al comma 2 del nuovo testo  dell'art.
6 della legge reg. Basilicata n. 8 del 2012. 
    3.1.- In primo luogo, la disposizione e' impugnata per violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. nella parte in  cui  prevede,  alle
suddette lettere a.3) e b.3), una distanza minima  tra  gli  impianti
eolici o fotovoltaici e gli altri impianti dello stesso tipo (o altri
impianti FER presenti ovvero autorizzati)  «non  inferiore  ad  1  km
misurato tra i punti piu' vicini  del  perimetro  dell'area  occupata
dall'impianto», in quanto la condizione per accedere alla  PAS  cosi'
introdotta contrasterebbe con i principi fondamentali  nella  materia
«produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale   dell'energia»,
attribuita alla competenza legislativa concorrente dello Stato. 
    Gli   evocati   principi   fondamentali   sarebbero    desumibili
innanzitutto dalle previsioni dell'art. 12,  comma  10,  del  decreto
legislativo 29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta
da   fonti    energetiche    rinnovabili    nel    mercato    interno
dell'elettricita'),   che   demanda   la   disciplina   tecnica   per
l'autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili a «linee  guida»
da approvare in sede  di  Conferenza  unificata  e  da  adottare  con
decreto  ministeriale,  prescrivendo  che  esse  siano   «volte,   in
particolare, ad assicurare un corretto  inserimento  degli  impianti,
con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio», e che le
regioni, dandovi attuazione, possano procedere «alla  indicazione  di
aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie  di
impianti». Il ricorrente indica poi, allo stesso  fine,  i  paragrafi
1.2 e 17.1 del decreto ministeriale 10 settembre 2010, recante «Linee
guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti  alimentati  da   fonti
rinnovabili» e adottato in attuazione del citato art. 12,  comma  10,
del d.lgs. n. 387 del 2003. Il paragrafo 1.2 prevede che  «[l]e  sole
Regioni e le Province autonome possono porre limitazioni e divieti in
atti di tipo programmatorio o pianificatorio per  l'installazione  di
specifiche tipologie di impianti alimentati a  fonti  rinnovabili  ed
esclusivamente nell'ambito e con le modalita'  di  cui  al  paragrafo
17». A sua volta il paragrafo17.1, nel disciplinare  tali  modalita',
subordina l'individuazione da parte  delle  regioni  dell'inidoneita'
delle  aree  a  «un'apposita  istruttoria  avente   ad   oggetto   la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente,  del
paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che
identificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con
l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o
dimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una
elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede  di
autorizzazione»,    prescrivendo,    altresi',    che    gli    esiti
dell'istruttoria «dovranno contenere, in relazione  a  ciascuna  area
individuata come non idonea in relazione a specifiche  tipologie  e/o
dimensioni  di  impianti,  la  descrizione   delle   incompatibilita'
riscontrate  con  gli  obiettivi  di  protezione  individuati   nelle
disposizioni esaminate». 
    3.1.1.- La questione e' fondata. 
    Questa Corte ha affermato piu' volte, anche di recente, «che  "la
disciplina del regime abilitativo degli impianti di energia da  fonti
rinnovabili rientra, oltre che nella materia 'tutela  dell'ambiente',
anche   nella   competenza   legislativa   concorrente,   in   quanto
riconducibile a  'produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia' (art. 117,  terzo  comma,  Cost.),  nel  cui  ambito  i
principi fondamentali sono dettati anche dal d.lgs. n. 387  del  2003
e, in specie, dall'art. 12 (ex multis,  sentenza  n.  14  del  2018)"
(sentenza  n.  177  del  2018).  Pertanto,  il  legislatore   statale
"attraverso la disciplina delle procedure per l'autorizzazione  degli
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto
principi che [...] non  tollerano  eccezioni  sull'intero  territorio
nazionale" (sentenze n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012).  Principi  che
si desumono dalle "Linee guida" di cui al  d.m.  10  settembre  2010,
adottate in attuazione dell'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387  del
2003, da quest'ultimo decreto e dal d.lgs. n. 28 del 2011, e  il  cui
rispetto si impone al legislatore  regionale»  (sentenza  n.  86  del
2019). 
    In particolare, le citate linee guida  sono  atti  di  normazione
secondaria che,  in  settori  squisitamente  tecnici,  completano  la
normativa primaria, sicche' «[e]ssi rappresentano un corpo unico  con
la disposizione legislativa che li prevede e che ad  essi  affida  il
compito di individuare le specifiche tecniche che mal  si  conciliano
con il  contenuto  di  un  atto  legislativo  e  che  necessitano  di
applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale» (sentenza  n.
69 del 2018). Tale vincolativita' e' confermata anche dal  fatto  che
esse sono state adottate in sede di Conferenza unificata, in  ragione
degli ambiti materiali che vengono in rilievo, e quindi nel  rispetto
del principio di leale collaborazione tra Stato e  regioni  (sentenza
n. 308 del 2011). 
    Alle regioni e' consentito  soltanto  di  individuare,  caso  per
caso, aree e siti non idonei, avendo specifico riguardo alle  diverse
fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione  e  solo
qualora   cio'    sia    necessario    per    proteggere    interessi
costituzionalmente   rilevanti,   all'esito   di   un    procedimento
amministrativo nel cui ambito deve avvenire la valutazione sincronica
di tutti gli interessi pubblici coinvolti  e  meritevoli  di  tutela,
come prevede il paragrafo 17.1. delle linee guida (sentenza n. 69 del
2018). 
    Il margine di intervento riconosciuto  al  legislatore  regionale
per individuare le aree e i siti non idonei non permette  invece  che
le  regioni  prescrivano  limiti  generali   inderogabili,   valevoli
sull'intero territorio regionale,  specie  nella  forma  di  distanze
minime, perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale  di
massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito  dal
legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea
(sentenza n. 13 del 2014). 
    Pertanto,  la  soluzione  legislativa  adottata   dalla   Regione
Basilicata,  stabilendo  in  via  generale  -  ed  escludendo   cosi'
un'istruttoria e una valutazione in concreto dei luoghi da operare in
sede procedimentale - vincoli di distanze minime per la  collocazione
degli impianti non  previste  dalla  disciplina  statale  e  valevoli
sull'intero territorio regionale,  non  garantisce  il  rispetto  dei
descritti principi fondamentali e non permette un'adeguata tutela dei
molteplici e rilevanti interessi coinvolti (sentenza n. 69 del  2018;
nello stesso senso, sentenze n. 13 del 2014 e n.  44  del  2011),  in
violazione  del  principio  di  derivazione  europea  della   massima
diffusione degli impianti da fonti di  energia  rinnovabili,  attuato
dal  legislatore  statale  con  il  d.lgs.  n.  28  del   2011,   che
puntualmente disciplina le varie ipotesi in  cui  l'installazione  di
impianti di energia da fonti rinnovabili e'  possibile  all'esito  di
una procedura abilitativa semplificata (PAS). 
    La norma impugnata  rinnova  sostanzialmente  i  vizi  che  hanno
condotto questa Corte, con la citata  sentenza  n.  86  del  2019,  a
dichiarare l'illegittimita' degli  artt.  5  e  7  della  legge  reg.
Basilicata n. 21 del 2017, nella parte in cui introducevano gli artt.
5, commi 1 e 2, e 6-bis, comma 1, della stessa legge reg.  Basilicata
n. 8 del 2012. Anch'essa,  infatti,  pur  muovendosi  secondo  quanto
previsto dal comma 9 dell'art. 6 del d.lgs. n.  28  del  2011,  nella
parte in cui  estende  l'applicazione  della  PAS  agli  impianti  di
potenza fino a 200 kW, introduce poi previsioni che si  traducono  in
ingiustificati aggravi per la realizzazione e l'esercizio  di  questi
impianti attraverso la previsione di condizioni diverse e  aggiuntive
rispetto a quelle stabilite dal legislatore statale per  il  rilascio
della PAS. 
    Il contrasto con il principio fondamentale di massima  diffusione
delle fonti di energia rinnovabili si fa ancora piu' radicale per  il
fatto che, in base al  nuovo  art.  6  -  che  presenta,  in  questo,
contenuto analogo a  quello  del  gia'  dichiarato  illegittimo  art.
6-bis, comma 1, della legge reg.  Basilicata  n.  8  del  2012  -  il
mancato  rispetto  delle  condizioni  in   esso   previste   comporta
l'inapplicabilita' del regime  dell'autorizzazione  unica  regionale,
prevista invece per gli impianti fotovoltaici ed eolici  con  potenza
massima fino a 200 kW dai previgenti artt. 5, comma 2, e 6, comma  2,
della  stessa  legge  regionale.   Con   la   conseguenza   che   gli
ingiustificati  aggravi  imposti  dall'art.  32  della   legge   reg.
Basilicata n. 38 del 2018 possono giungere fino al punto di  impedire
del tutto la costruzione e l'esercizio degli impianti. 
    Si  deve  quindi   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 32 della legge reg. Basilicata n. 38 del 2018, nella  parte
in cui ha introdotto le lettere a.3) e b.3) del comma 1  dell'art.  6
della legge reg. Basilicata n. 8 del 2012. 
    Le altre questioni, promosse in riferimento agli artt. 97 e  117,
primo e terzo  comma  (quest'ultimo,  in  relazione  alla  competenza
concorrente in materia di  «tutela  della  salute»),  Cost.,  restano
assorbite. 
    3.2.- L'art. 32 della legge reg. Basilicata n.  38  del  2018  e'
censurato anche nella parte in cui ha introdotto la lettera b.4)  del
comma 1 dell'art. 6 della legge reg. Basilicata n. 8  del  2012,  che
prevede, quale ulteriore condizione per la costruzione e  l'esercizio
degli impianti FER con potenza nominale non superiore a 200  kW,  che
gli impianti solari di  conversione  fotovoltaica  «devono  avere  la
disponibilita' di un suolo la cui estensione sia pari o superiore a 3
volte  la  superficie   del   generatore   fotovoltaico,   attraverso
l'asservimento di particelle catastali contigue, sul quale non potra'
essere  realizzato  altro  impianto  di  produzione  di  energia   da
qualunque tipo di fonte rinnovabile». 
    La norma violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., ancora  sotto
il profilo della competenza concorrente  dello  Stato  nella  materia
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  in
quanto introdurrebbe un aggravamento  ingiustificato  degli  oneri  a
carico dell'operatore, anche  per  il  divieto  di  altre  iniziative
nell'area, in contrasto con l'art. 12, comma 10, del  d.lgs.  n.  387
del 2003 e con i paragrafi 1.2 e 17 delle citate linee guida. 
    Essa violerebbe, altresi', l'art. 41  Cost.  «sulla  liberta'  di
iniziativa economica privata» e l'art. 117, primo comma,  Cost.,  «in
riferimento all'art. 1  del  D.Lgs.  n.  79/1999,  che  sancisce,  in
attuazione della Direttiva 96/92/CE, la liberalizzazione del  mercato
elettrico,  ivi  comprese  le  attivita'  di  produzione  di  energia
elettrica». 
    3.2.1.- La questione promossa in riferimento all'art. 117,  terzo
comma, Cost. e' fondata. 
    Come visto, la disciplina sul regime abilitativo  degli  impianti
alimentati da fonti di  energia  rinnovabili  e'  riconducibile  alla
materia   «produzione,   trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia»,  i  cui  principi  fondamentali,  vincolanti  per   il
legislatore regionale, si desumono dalle linee  guida  contenute  nel
d.m. 10 settembre 2010, adottato in attuazione  dell'art.  12,  comma
10, del d.lgs. n. 387 del 2003, da quest'ultimo decreto e dal  d.lgs.
n. 28 del 2011.  Tale  normativa  e'  ispirata  nel  suo  insieme  al
principio fondamentale di massima diffusione delle fonti  di  energia
rinnovabili, in conformita' con  la  normativa  dell'Unione  europea.
L'assenza, nel contesto  dei  detti  principi,  della  previsione  di
superfici minime per l'accesso alla PAS di impianti fotovoltaici,  fa
si' che non sia compatibile con essi la  previsione  impugnata,  che,
richiedendo invece la disponibilita' di una superficie pari almeno al
triplo di quella del generatore,  si  traduce  in  un  ingiustificato
aggravio per  la  realizzazione  e  l'esercizio  degli  impianti,  in
contrasto con il piu' volte ricordato principio di massima diffusione
delle fonti di energia rinnovabili. 
    Inoltre, anche in questo caso, per effetto della norma  censurata
la condizione stabilita dal legislatore  regionale  puo'  addirittura
precludere in assoluto la realizzazione degli impianti,  poiche'  non
e' prevista l'applicabilita' del regime dell'autorizzazione unica ove
la condizione non sia rispettata. 
    In definitiva, emergono con riguardo alla disposizione  in  esame
vizi di illegittimita', per violazione dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., analoghi a quelli che la sentenza n. 86 del 2019 ha  accertato
con riferimento all'art. 6-bis, comma 1, della legge reg.  Basilicata
n. 8 del 2012 (inserito dall'art. 7 della legge reg. Basilicata n. 21
del 2017), che prescriveva (oltre a vincoli di distanze) lotti minimi
per gli impianti eolici (comma 1, n. 1, lettera c) e  un  determinato
«rapporto superficie radiante  dei  pannelli/superficie  disponibile»
per gli impianti fotovoltaici a terra (comma 1, n. 2, lettera a). 
    Si  deve  quindi   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 32 della legge reg. Basilicata n. 38 del 2018, nella  parte
in cui ha introdotto la lettera b.4) del comma 1  dell'art.  6  della
legge reg. Basilicata n. 8 del 2012. 
    Le altre questioni, promosse in riferimento agli artt. 41 e  117,
primo comma, Cost., restano assorbite. 
    3.3.- Un'ulteriore censura e' mossa al comma 2 dell'art. 6  della
legge reg. Basilicata n. 8 del 2012,  come  sostituito  dall'art.  32
della  legge  reg.  Basilicata  n.  38  del  2018.  La   disposizione
assoggetta a un'unica autorizzazione regionale, rilasciata  ai  sensi
dell'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, i progetti  di  due  o  piu'
impianti eolici o fotovoltaici che, singolarmente considerati,  hanno
potenza inferiore a 200 kW, ma che, ove considerati  cumulativamente,
abbiano una potenza complessiva superiore  a  tale  soglia,  «qualora
[...] siano riconducibili ad  un  solo  soggetto,  sia  esso  persona
fisica o giuridica, ovvero siano  riconducibili  allo  stesso  centro
decisionale ai sensi dell'articolo  2359  del  Codice  Civile  o  per
qualsiasi altra relazione sulla base di univoci  elementi  che  fanno
presupporre  la  costituzione  di  un'unica  centrale  eolica  ovvero
fotovoltaica». 
    La norma violerebbe gli artt. 97 e  117,  primo  e  terzo  comma,
Cost., in quanto, introducendo «un vincolo per  l'applicazione  della
PAS in ragione di un criterio  estremamente  soggettivo  e  generico,
riferito  a  una  relazione  anche  di  fatto,  non  suscettibile  di
riscontro», oltre a  presentare  i  profili  di  illegittimita'  gia'
richiamati in tema di distanze tra gli impianti, porrebbe limitazioni
al regime abilitativo non previste dal d.lgs. n. 387 del 2003  e  dal
d.lgs. n. 28 del 2011,  in  contrasto  con  i  principi  fondamentali
dettati  dallo  Stato  in  materia  di   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia». 
    3.3.1.- La questione promossa in riferimento all'art. 117,  terzo
comma, Cost. non e' fondata. 
    Anche di questa disposizione  regionale,  come  delle  previgenti
norme regionali della Basilicata di analogo  contenuto  -  che  nella
gia' citata sentenza n. 86 del 2019 hanno  superato  indenni  censure
del tutto sovrapponibili a quelle qui in esame (artt. 5, comma 3,  6,
comma 3, e 6-bis, comma 3, della legge reg. Basilicata n. 8 del 2012,
come introdotti dalla legge reg. Basilicata n. 21 del 2017) - si puo'
affermare che mira al  medesimo  scopo  antielusivo  individuato  nel
paragrafo 11.6 delle linee guida di cui al d.m. 10 settembre  2010  e
nell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011. E piu'  precisamente
mira a evitare comportamenti surrettizi dei privati  che,  attraverso
un'artificiosa   parcellizzazione   degli   interventi   di   propria
iniziativa,   risultino   in   concreto   preordinati    a    eludere
l'applicazione della normativa piu' gravosa riservata  agli  impianti
piu' grandi. A tal fine, la norma impugnata individua  alcuni  indici
sintomatici dell'unicita' dell'operazione imprenditoriale,  suggeriti
dal legislatore statale,  indici  che  si  compendiano  nel  criterio
dell'unicita'  dell'interlocutore  che  ha  curato  i  rapporti   con
l'amministrazione e dell'identita' della societa'  alla  quale  vanno
imputati gli effetti giuridici della domanda, criterio non  disgiunto
da quello  della  contiguita'  spaziale,  richiesto  dalla  normativa
statale ed espresso  dalla  previsione  regionale  che  gli  impianti
«siano  reciprocamente  posti  rispetto  ad  altri  ad  una  distanza
inferiore  ad  1  Km  valutata  a  partire  dal  centro  di   ciascun
aerogeneratore» (art. 6, comma 2, della legge reg.  Basilicata  n.  8
del 2012, come sostituito dall'art. 32). 
    Si tratta dunque «di previsioni che, lungi dal porsi in contrasto
con i  principi  fondamentali  fissati  dal  legislatore  statale  in
materia di energia, in specie contenuti nelle linee guida del d.m. 10
settembre 2010, ne  costituiscono  specifica  attuazione  e  comunque
implicano il rispetto di tutti i requisiti spaziali stabiliti  a  tal
proposito dalla normativa statale» (sentenza n. 86 del 2019). 
    3.3.2.- Come visto, il ricorrente prospetta altresi'  i  «profili
di illegittimita' gia' richiamati in tema di distanze tra  impianti»,
cosi' lamentando la violazione anche degli  artt.  97  e  117,  primo
comma, Cost., gia' evocati, quali  parametri  ulteriori,  nell'ambito
delle censure mosse alle previsioni dell'art. 32 aventi ad oggetto le
distanze. 
    La  conformita'  della  norma  regionale  impugnata  ai  principi
fondamentali fissati dalla disciplina statale, della quale  la  prima
costituisce attuazione specifica in funzione antielusiva, ne conferma
anche il rispetto dei principi di  legalita'  e  di  buon  andamento,
sicche' anche la questione ex art. 97 Cost. si deve  considerare  non
fondata. 
    Quanto all'asserita violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.,
la questione e' inammissibile. 
    Il ricorrente lamenta «il mancato rispetto dei vincoli  derivanti
dall'ordinamento  comunitario»,  evocando  nella  loro  interezza  la
direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  27
settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica  prodotta  da
fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno  dell'elettricita',
e la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del
23 aprile 2009,  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, senza indicare le specifiche norme
interposte violate. 
    Per costante giurisprudenza costituzionale, «il  ricorso  in  via
principale  deve  identificare  esattamente  la  questione  nei  suoi
termini   normativi,   indicando   le   norme   costituzionali    (ed
eventualmente  interposte)  e  ordinarie,  la  definizione  del   cui
rapporto di compatibilita' o incompatibilita'  costituisce  l'oggetto
della questione (tra  tutte,  sentenza  n.  63  del  2016),  poiche',
altrimenti, non sarebbe possibile individuare correttamente i termini
della questione di costituzionalita' (ex multis, sentenze n. 311  del
2013 e n. 199 del 2012)», con la conseguenza  che  «e'  pacificamente
esclusa  l'ammissibilita'  delle  questioni  nelle  quali  non  siano
specificate le norme interposte violate, lesive del parametro di  cui
all'art. 117, primo comma, Cost., recanti un mero  rinvio  all'intero
corpo di una direttiva o  di  un  altro  atto  normativo  comunitario
(sentenze n. 156 e n. 63 del 2016, n. 311 del 2013, n. 199 del  2012,
n. 325 del 2010 e n. 51 del 2006)» (ex plurimis, ordinanza n. 201 del
2017). 
    Ancora piu' precisamente, in una fattispecie analoga, nella quale
una  disposizione  regionale   era   impugnata   perche',   incidendo
negativamente «sulla produzione  di  energia  da  fonti  rinnovabili,
[avrebbe comportato la violazione del]l'art. 117, primo comma, Cost.,
in   relazione   agli   obblighi    internazionali    e    comunitari
rispettivamente  fissati  dal  Protocollo  di  Kyoto  [...]  e  dalle
direttive 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE [...] e 23 aprile 2009, n.
2009/28/CE», questa Corte ha  gia'  dichiarato  «[l]a  censura  [...]
inammissibile per genericita', non avendo il  ricorrente  indicato  i
parametri interposti, limitandosi ad un rinvio  all'intero  corpo  di
due direttive comunitarie e di un trattato internazionale»  (sentenza
n. 156 del 2016). 
    4.- Nel quinto motivo di ricorso il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha impugnato l'art. 37 della legge reg. Basilicata n. 38 del
2018,  che  aggiunge  il  comma  5  nell'art.  14  della  legge  reg.
Basilicata n. 8 del 2012, stabilendo la sospensione della  PAS  nelle
aree   interessate   da   progetti   presentati   per   il   rilascio
dell'autorizzazione unica regionale di cui all'art. 12 del d.lgs.  n.
387 del 2003 fino alla conclusione  del  procedimento  autorizzativo.
Secondo il  ricorrente,  tale  «moratoria»  violerebbe  il  principio
relativo al termine di conclusione dei procedimenti di  cui  all'art.
12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 (e dunque l'art.  117,  terzo
comma,  Cost.),  applicabile  anche  alla   procedura   semplificata.
Inoltre, l'art. 37  violerebbe  anche  la  direttiva  n.  2009/28/CE,
attuata dal d.lgs. n. 28  del  2011,  espressiva  del  favor  che  il
diritto  europeo  riconosce  «alla  massima  diffusione  delle  fonti
rinnovabili»: di  qui  l'asserita  violazione  dell'art.  117,  primo
comma, Cost. 
    4.1.- La prima questione non e' fondata. 
    Il ricorrente censura la sospensione della PAS ma invoca la norma
che fissa il termine in relazione al procedimento  di  autorizzazione
unica regionale, affermandone  l'applicabilita'  anche  in  relazione
alla PAS. Tale assunto  si  rivela  inesatto  in  quanto  la  PAS  e'
disciplinata, come visto, dall'art. 6 del d.lgs. n. 28 del  2011.  Il
ricorso invoca  dunque  un  parametro  interposto  inconferente,  con
conseguente infondatezza della questione (sentenza n. 156  del  2016,
riguardante un caso del tutto analogo). Una volta «acclarato  che  il
ricorso ha ben individuato il nucleo essenziale della censura, su cui
si puo' esercitare il  diritto  di  difesa  della  parte  resistente,
l'eventuale inconferenza  dei  parametri  costituzionali  ritualmente
indicati,  rispetto  al  contenuto   sostanziale   della   doglianza,
costituisce non gia' motivo  di  inammissibilita',  ma  piuttosto  di
infondatezza» (sentenza n. 290 del 2009). 
    4.2.- La seconda questione e' inammissibile. 
    In primo luogo, il ricorrente invoca la direttiva 2009/28/CE e il
d.lgs. n. 28 del 2011 ma non indica la specifica  norma  che  sarebbe
violata: proprio in materia di  fonti  rinnovabili  questa  Corte  ha
dichiarato inammissibili censure formulate in tal modo  (sentenze  n.
156 del 2016 e n. 307  del  2013),  come  visto  sopra  in  relazione
all'art. 32. 
    Inoltre, occorre rilevare che la motivazione della  questione  si
riduce all'affermazione del contrasto della norma  censurata  con  il
principio  del  favor  per  la   massima   diffusione   delle   fonti
rinnovabili, e che tale motivazione risulta insufficiente.  La  norma
impugnata prevede una sospensione delle PAS temporanea e  limitata  a
certe aree, cercando di conciliare l'interesse  ambientale  (tutelato
dalla diffusione delle FER) e quello imprenditoriale con quello  alla
tutela   del    paesaggio    (potenzialmente    pregiudicato    dalla
concentrazione   di   impianti   nella   stessa   area).   Ai    fini
dell'ammissibilita' della questione sarebbe stato, dunque, necessario
dare conto dell'irragionevolezza di tale bilanciamento, soffermandosi
in modo argomentato sulla durata della sospensione  e  sui  possibili
effetti della sovrapposizione dei procedimenti. 
    Questa Corte  ha  costantemente  affermato  che  «"l'esigenza  di
un'adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale  si  pone  in  termini  perfino   piu'
pregnanti nei giudizi proposti in via principale  rispetto  a  quelli
instaurati in via incidentale" (tra le tante, sentenze n. 32 del 2017
e n. 141 del 2016). Pertanto, "il  ricorso  in  via  principale  deve
contenere "una seppur sintetica argomentazione di merito  a  sostegno
della richiesta declaratoria di illegittimita'  costituzionale  della
legge. In particolare,  l'atto  introduttivo  al  giudizio  non  puo'
limitarsi  a  indicare  le  norme  costituzionali  e  ordinarie,   la
definizione del cui rapporto  di  compatibilita'  o  incompatibilita'
costituisce l'oggetto della questione di costituzionalita',  ma  deve
contenere  [...]  anche  una  argomentazione  di  merito,  sia   pure
sintetica,   a   sostegno    della    richiesta    declaratoria    di
incostituzionalita', posto che l'impugnativa  deve  fondarsi  su  una
motivazione  adeguata  e  non  meramente  assertiva"  (ex   plurimis,
sentenza n. 107 del 2017 che richiama anche le sentenze  n.  251,  n.
153, n. 142, n. 82 e n. 13 del 2015)"  (sentenza  n.  152  del  2018;
nello stesso senso, tra le tante, sentenze n. 109 del 2018, n. 261  e
n. 169 del 2017)» (da ultimo, sentenza n. 198 del 2019). 
    5.- Nel sesto motivo di ricorso il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ha impugnato  gli  artt.  38,  39  e  40  della  legge  reg.
Basilicata n. 38 del 2018, che modificano i paragrafi 1.2.1.,  1.2.2.
e  2.2.2.  dell'Appendice  A  del  piano  di   indirizzo   energetico
ambientale  regionale  (PIEAR)  approvato  con  legge  della  Regione
Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano
di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale. D.Lgs.  n.  152  del  3
aprile 2006 L.R. n. 9/2007). 
    Tali norme sono impugnate nella parte in  cui  «contengono  varie
prescrizioni  sulle  distanze,  in  relazione,   rispettivamente,   a
"impianti di grande generazione", a "impianti di piccola generazione"
e a "impianti fotovoltaici di microgenerazione"».  Esse  violerebbero
gli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost. per le stesse ragioni  dedotte
con riferimento all'art. 32, nella parte in cui introduce  l'art.  6,
comma 1, lettere a.3) e b.3), della legge reg. Basilicata  n.  8  del
2012, in tema di distanze che gli impianti eolici e fotovoltaici  con
potenza massima non superiore a 200 kW devono rispettare dagli  altri
impianti per consentire l'utilizzo della PAS. 
    Secondo il ricorrente, anche la previsione, negli artt. 38, 39  e
40, di limiti generali per la collocazione degli  impianti  eolici  e
fotovoltaici, nella forma di  distanze  minime  valevoli  sull'intero
territorio regionale senza istruttoria e valutazione in concreto  dei
luoghi in sede procedimentale, si porrebbe in  contrasto  sia  con  i
principi  fondamentali  delle  materie   «produzione,   trasporto   e
distribuzione  nazionale  dell'energia»  e  «tutela  della   salute»,
espressi nell'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387  del  2003  e  nei
paragrafi 1.2 e 17.1 delle  linee  guida  adottate  con  il  d.m.  10
settembre 2010, sia con il principio di legalita' e di buon andamento
dell'amministrazione. 
    5.1.- Il PIEAR costituisce «parte integrante»  della  legge  reg.
Basilicata n. 1 del 2010, ai sensi dell'art. 1, comma 1, della stessa
legge  regionale.  Puo'  essere  modificato   «quando   sopravvengano
importanti ragioni normative o tecnico-scientifiche  che  determinino
la   necessita'   o   la   convenienza   di   prevedere   limitazioni
all'installazione in relazione a specifiche tipologie  progettuali  e
costruttive di impianti nel rispetto degli obiettivi generali e delle
misure  nazionali  obbligatorie  per  l'uso  dell'energia  da   fonti
rinnovabili di cui alla Direttiva 2009/28/CE» (art. 1, comma 3), «con
le stesse procedure previste per la sua formazione»  (art.  1,  comma
4), quindi con atto legislativo. 
    Il PIEAR e' composto anche da alcune  Appendici.  L'Appendice  A,
suddivisa  in  paragrafi,  detta  i   «Principi   generali   per   la
progettazione, la realizzazione, l'esercizio e la  dismissione  degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili».  Il  paragrafo  1.2.  e  i
successivi  si  occupano  delle  «Procedure  per  la  costruzione   e
l'esercizio degli impianti eolici»,  distinguendo  tra  impianti  «di
grande generazione» e impianti «di piccola generazione». Il paragrafo
1.2.1. definisce «di grande  generazione»  gli  impianti  eolici  «di
potenza nominale superiore a 1  MW»,  aggiungendo  che  essi  «devono
possedere requisiti minimi di  carattere  territoriale,  anemologico,
tecnico   e   di   sicurezza,   propedeutici   all'avvio    dell'iter
autorizzativo». Il paragrafo 2.2. e i successivi, infine,  riguardano
gli impianti fotovoltaici. 
    L'art. 38 impugnato incide  sui  successivi  paragrafi  1.2.1.4.,
1.2.1.5. e 1.2.1.6. 
    L'art. 39 sostituisce il testo dei paragrafi  1.2.2.  e  1.2.2.1,
che si occupano invece degli impianti eolici «di piccola generazione»
(i quali devono soddisfare, ai fini del PIEAR, la duplice  condizione
di avere potenza nominale massima complessiva non superiore a 200  kW
e un numero massimo di 2 aerogeneratori). 
    L'art. 40 incide, sostituendone il testo, sul  paragrafo  2.2.2.,
che disciplina le procedure per la costruzione  e  l'esercizio  degli
impianti  fotovoltaici  «di   microgenerazione»   (i   quali   devono
soddisfare, ai fini del PIEAR, una  delle  seguenti  condizioni:  «a)
integrati e/o parzialmente integrati; b) non  integrati  con  potenza
nominale massima non superiore a 200 kW»). 
    5.2.-  Occorre  preliminarmente  rilevare  che,  nel  corso   del
giudizio, la lettera d-ter) del paragrafo 1.2.1.4.  dell'Appendice  A
del PIEAR,  introdotta  dall'art.  38,  comma  1,  della  legge  reg.
Basilicata n. 38 del 2018, e' stata modificata dall'art. 10, comma 1,
della legge della Regione Basilicata 13 marzo 2019, n.  4  (Ulteriori
disposizioni urgenti  in  vari  settori  d'intervento  della  Regione
Basilicata), nei seguenti termini: «1. Al comma 1 dell'art.  38  alla
lettera d-ter) le parole "e comunque non  inferiore  a  200  m"  sono
sostituite dalle parole "e comunque non inferiore  a  150  m".».  Per
effetto della modifica, la distanza minima degli impianti  eolici  di
grande generazione dalle strade comunali, stabilita dal PIEAR  tra  i
requisiti di  sicurezza  che  tali  impianti  devono  rispettare,  e'
ridotta da 200 a 150 metri. 
    L'art. 10 della legge reg. Basilicata n.  4  del  2019  e'  stato
impugnato dal Presidente del Consiglio dei ministri,  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., con ricorso iscritto al n. 60 reg.
ric. 2019. 
    Considerato che la sopravvenuta modifica normativa, limitandosi a
ridurre la distanza minima  prima  fissata,  non  ha  sostanzialmente
alterato il contenuto della disposizione impugnata  in  relazione  ai
motivi di ricorso e non soddisfa percio' le pretese del ricorrente, e
considerata altresi' l'autonoma impugnazione dello  ius  superveniens
da parte del Governo, si deve escludere che sia cessata in parte  qua
la  materia  del  contendere,  e  parimenti  che  la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 38 debba  essere  trasferita  o
estesa al nuovo testo della lettera d-ter). 
    5.3.- Si deve  esaminare  in  via  preliminare  la  difesa  della
Regione  secondo  cui  «le  contestazioni   sollevate   attengono   a
riferimenti normativi regionali vigenti ed entrati in vigore da tempo
e mai osservati dalla Presidenza del Consiglio». In altri termini, la
Regione sembra eccepire che il ricorso costituirebbe  una  tardiva  e
percio'  inammissibile  censura   di   precedenti   leggi   regionali
regolarmente promulgate in materia senza rilievi. 
    L'eccezione   e'   infondata.   Per    costante    giurisprudenza
costituzionale, ogni provvedimento legislativo esiste a  se'  e  puo'
formare oggetto di autonomo esame ai fini dell'accertamento della sua
legittimita': l'istituto dell'acquiescenza non si applica  invero  ai
giudizi in via principale, atteso che la norma impugnata ha  comunque
l'effetto di  reiterare  la  lesione  da  cui  deriva  l'interesse  a
ricorrere dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 237, n. 98  e  n.  60
del 2017, n. 39 del 2016, n. 215 e n. 124 del 2015). 
    5.4.- Nondimeno, le questioni sono inammissibili,  anche  se  per
una diversa ragione. 
    Il ricorso in  via  principale,  come  detto,  deve  identificare
esattamente la questione nei suoi  termini  normativi,  indicando  le
norme costituzionali, e le norme ordinarie eventualmente  interposte,
il  cui  rapporto  di  compatibilita'  o  incompatibilita'   con   la
disposizione impugnata costituisce l'oggetto  della  questione.  Deve
inoltre contenere una  argomentazione  di  merito  a  sostegno  della
richiesta declaratoria di illegittimita' costituzionale. 
    Gli artt. 38, 39 e  40  hanno  contenuto  eterogeneo,  di  natura
tecnica, diretto a modificare diversi paragrafi dell'Appendice A  del
PIEAR in materia di impianti eolici (di grande e piccola generazione)
e  di   impianti   fotovoltaici   (di   microgenerazione),   talvolta
sostituendone il testo integrale. Il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri impugna tali norme cumulativamente e  indistintamente  nella
parte in cui «contengono varie prescrizioni  sulle  distanze  [...]»,
senza indicarle precisamente e limitandosi a riprodurre,  in  nota  e
senza specificazioni di sorta, i (complessi e articolati) testi delle
disposizioni impugnate. 
    Dalla  loro  lettura  emerge  una  congerie  di  prescrizioni  di
distanze minime, spesso  inserite  in  lunghi  elenchi  di  requisiti
tecnici: distanze da  strade  (statali,  provinciali  e  comunali)  e
autostrade, dai confini di proprieta', dal limite dell'ambito urbano,
da edifici e/o abitazioni, tra gli aerogeneratori o tra le loro file,
ecc. Distanze  strumentali  a  esigenze  diverse  (sicurezza,  tutela
ambientale  e  compatibilita'  acustica,  non  interferenza  con   le
attivita' dei centri di osservazione astronomiche e di rilevazione di
dati spaziali, ecc.) e congegnate in modi diversi (rispetto a strade,
confini,  ambiti  urbani,  edifici  e/o  abitazioni  subordinano   le
distanze  minime  a  «studi»  di  carattere  tecnico,  e  prescrivono
comunque, sebbene non in tutti i casi, distanze  minime  inderogabili
determinate ex lege o rinviando a parametri fissi come, per  esempio,
il diametro del rotore piu' grande nel caso di aerogeneratori). 
    Per consentire  la  definizione  dell'oggetto  del  giudizio,  il
ricorrente avrebbe dovuto individuare e indicare  in  dettaglio,  nel
coacervo delle previsioni modificate dagli artt. 38, 39 e 40,  quelle
ritenute illegittime,  e  avrebbe  dovuto  distinguere  fra  esse  in
relazione ai diversi caratteri dei vari  vincoli  introdotti  con  la
legge regionale. Anche  se  una  ricerca  testuale  consentirebbe  di
reperire,  nel  testo  complessivo  delle  norme  impugnate,  i  vari
frammenti  normativi  che  trattano  di  distanze,  non  e'  comunque
possibile  stabilire  quali  specifici  contenuti   della   normativa
regionale siano incompatibili con i parametri evocati  e  nemmeno  in
quali esatti termini (sentenza n. 63 del 2016). 
    Come visto, nella maggioranza dei  casi  la  distanza  minima  e'
«subordinata» a studi tecnici,  dovendo  in  ogni  caso  essere  «non
inferiore» a una certa misura lineare, ma il ricorrente  non  precisa
se sono impugnate solo queste previsioni (che impongono una  distanza
inderogabile) o anche quelle  che  fanno  dipendere  il  rispetto  di
distanze minime, per ipotesi  superiori  a  quelle  inderogabili,  da
specifici studi  tecnici  da  indicare  nei  progetti  sottoposti  ad
autorizzazione unica regionale o a PAS:  previsioni,  queste  ultime,
che implicano la necessita' di una valutazione caso per caso, in sede
procedimentale, mostrando dunque  una  fisionomia  non  incompatibile
ictu oculi con  gli  evocati  principi  fondamentali  della  materia.
Questa radicale  incertezza  sui  termini  delle  questioni,  che  si
rispecchia anche nella genericita' della motivazione - non  chiarendo
il ricorrente la portata lesiva delle singole  norme  sulle  distanze
nel loro contenuto concreto - conduce alla loro inammissibilita'. 
    6.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  anche
l'art. 42 della legge reg. Basilicata n. 38 del 2018, nella parte  in
cui stabilisce l'applicazione, tra  gli  altri,  dell'art.  30  della
stessa legge  regionale  ai  procedimenti  pendenti,  in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Dopo  l'instaurazione  del   giudizio,   l'art.   42   e'   stato
integralmente abrogato dall'art. 18 della legge reg. Basilicata n.  4
del 2019 e il Presidente del Consiglio dei ministri ha di conseguenza
rinunciato in parte qua  al  ricorso.  Trattandosi  di  rinuncia  non
accettata formalmente, va dichiarata sul punto  la  cessazione  della
materia del contendere, come espressamente richiesto  dalla  Regione,
che ha cosi'  palesato  la  mancanza  di  interesse  a  coltivare  il
giudizio (ex plurimis, sentenze n. 234 del 2017, n. 263, n. 239 e  n.
82 del 2015). 
    7.- Nel settimo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei
ministri impugna gli artt. 43 e 52 della legge reg. Basilicata n.  38
del 2018. 
    7.1.- Il primo reca integrazioni all'allegato A della legge  reg.
Basilicata n. 54 del 2015. Tale allegato indica  i  siti  non  idonei
all'installazione di impianti FER. La norma introdotta  dall'art.  43
stabilisce che i cosiddetti Buffer (fasce di rispetto  relative  alle
aree non idonee) «di cui al  punto  1.2  Beni  monumentali  1.4  Beni
paesaggistici: in riferimento a laghi ed invasi  artificiali,  fiumi,
torrenti e corsi d'acqua, centri urbani,  centri  storici,  2.4  Rete
Natura 2000, cosi' come individuati e definiti nell'Allegato A  della
legge  regionale  n.  54/2015  e  ss.mm.ii.,   trovano   applicazione
esclusivamente nelle aree territoriali visibili dal bene  monumentale
vincolato se l'impianto FER in progetto non risulta  in  correlazione
visiva con lo stesso bene vincolato da punti di vista  privilegiati».
La norma censurata prevede, dunque, una deroga alle fasce di rispetto
nel caso in cui non ci sia un "contatto visivo" fra l'impianto  e  il
sito protetto. 
    Secondo il ricorrente, l'art. 43 si porrebbe «in contrasto con  i
principi ispiratori posti alla base della individuazione delle  "aree
non idonee" stabiliti dall'Allegato 3  (paragrafo  17)»  delle  linee
guida del 2010, e inoltre vanificherebbe «l'istruttoria condotta  dal
Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali, di  concerto  con  la
Regione Basilicata, che ha portato alla  definizione  delle  aree  di
"Buffer" di cui  agli  allegati  A  e  C  e  agli  elaborati  di  cui
all'allegato B» della legge reg.  Basilicata  n.  54  del  2015,  con
conseguente  «mancato  rispetto  degli   impegni   assunti   con   la
sottoscrizione del Protocollo di Intesa per la elaborazione del Piano
Paesaggistico Regionale, stipulato ai sensi dell'articolo 143,  comma
2, del D.Lgs. n. 42 del 2004» il 14 settembre 2011, tra il  Ministero
per i beni e le attivita' culturali, il Ministero dell'Ambiente e  la
Regione Basilicata. Di qui la violazione delle norme poste  a  tutela
del paesaggio e del  patrimonio  culturale  (decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n.  42,  recante  «Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137») e, dunque, dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    7.2.- La questione relativa all'art. 43 e' fondata. 
    La disciplina delle aree non idonee all'installazione di impianti
FER «si pone al crocevia fra la materia della "tutela  dell'ambiente"
e quella  della  "produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia"» (sentenza n. 86 del 2019). 
    Come gia' illustrato  esaminando  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale relative all'art. 32, l'art. 12, comma 10, del  d.lgs.
n. 387 del 2003  dispone  che  «le  regioni  possono  procedere  alla
indicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di
specifiche tipologie di impianti» in  attuazione  delle  linee  guida
previste dallo stesso comma 10, che «sono volte, in  particolare,  ad
assicurare un corretto  inserimento  degli  impianti,  con  specifico
riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio». Sia il testo  di  tale
disposizione sia  l'evidente  "vocazione"  dell'individuazione  delle
aree non idonee confermano, dunque, il nesso  tra  la  disciplina  di
tali aree e la materia della tutela del paesaggio, ragion per cui  le
linee guida contenute nel d.m. 10 settembre 2010 sono vincolanti  per
le regioni, in  quanto  standard  omogenei  di  tutela  dell'ambiente
(comprensivo del paesaggio), espressivi del principio fondamentale di
uniformita' nella  materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» (sentenza n. 86 del 2019). 
    Cio' precisato, il punto 17.1 delle citate linee guida  del  2010
stabilisce, come visto, che «[l]'individuazione della  non  idoneita'
dell'area   e'   operata   dalle   Regioni   attraverso   un'apposita
istruttoria», i cui esiti sono «da richiamare  nell'atto  di  cui  al
punto 17.2» (cioe', in  un  atto  di  programmazione).  L'allegato  3
dispone che «[l]'individuazione delle aree non idonee  dovra'  essere
effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo  conto  dei
pertinenti strumenti di  pianificazione  ambientale,  territoriale  e
paesaggistica, secondo le modalita' indicate al paragrafo 17», e  che
le Regioni «possono procedere ad indicare come aree e siti non idonei
alla installazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti  le  aree
particolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni
territoriali o del paesaggio,  ricadenti  all'interno  di  quelle  di
seguito elencate [...] le aree non comprese in quelle di cui ai punti
precedenti ma che svolgono funzioni determinanti per la conservazione
della biodiversita' (fasce di rispetto o  aree  contigue  delle  aree
naturali protette)». 
    Questa Corte ha di recente confermato che «i criteri fissati  dal
paragrafo 17 delle linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010 [...]
impongono, fra l'altro, un'istruttoria adeguata, volta a prendere  in
considerazione tutti gli interessi coinvolti»  (sentenza  n.  86  del
2019). 
    Nella regione Basilicata  l'istruttoria  in  questione  e'  stata
svolta tramite una concertazione con  organi  statali  (come  risulta
dall'art. 2, comma 1, e dall'allegato A della legge  reg.  Basilicata
n. 54 del 2015) e i suoi esiti sono  stati  recepiti  negli  allegati
della stessa legge regionale. 
    Prevedendo una deroga alle  fasce  di  rispetto  delle  aree  non
idonee  stabilita  in  via  generale,  senza  istruttoria   e   senza
un'adeguata   valutazione   in   concreto   dei   luoghi   in    sede
procedimentale, l'art. 43 viola dunque i criteri fissati dalle  linee
guida del 2010 e, di conseguenza, l'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost. (da ultimo, sentenza n. 86  del  2019,  che  ha  dichiarato
costituzionalmente illegittime norme analoghe  della  stessa  Regione
Basilicata). 
    Resta assorbita la censura relativa alla  violazione  dell'Intesa
stipulata il 14 settembre 2011 e, dunque, del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    7.3.- La questione relativa all'art. 52 e' inammissibile. 
    La disposizione censurata definisce come varianti non sostanziali
determinati  «progetti  di  ottimizzazione»  dei  parchi  eolici.  La
qualifica  di  variante  non  sostanziale   esclude   la   necessita'
dell'autorizzazione unica (art. 5, comma 1,  del  d.lgs.  n.  28  del
2011). 
    Secondo il ricorrente, la norma stabilirebbe «un  nuovo  criterio
per la definizione della  sostanzialita'  delle  varianti  ai  parchi
eolici, che, sostituendosi ai criteri elencati nell'allegato  V  alla
parte II del medesimo D.Lgs. n. 152/2006, crea conflitti normativi  e
incertezze applicative, soprattutto nei procedimenti di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA statale di cui all'art. 19 del D.Lgs.  citato
che [...] riguarda anche gli impianti eolici di potenza superiore  ai
30 MW». Inoltre, l'art. 52 rappresenterebbe un mancato  rispetto  del
Protocollo di Intesa del 2011, sopra citato. Da cio'  deriverebbe  la
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    La questione sollevata risulta oscura. L'allegato V alla parte II
del  codice  dell'ambiente  detta  i  «Criteri  per  la  verifica  di
assoggettabilita' di cui all'art. 19» e non si occupa  affatto  della
distinzione tra varianti sostanziali e non sostanziali. Inoltre,  non
e'  chiaro  come  l'art.  52  possa  rappresentare   una   violazione
dell'Intesa del 14 settembre 2011,  dal  momento  che,  a  differenza
dell'art. 43, non riguarda le aree non  idonee  all'installazione  di
impianti  FER.  Infine,  occorre  rilevare   che   la   verifica   di
assoggettabilita' a VIA statale (allegato II-bis alla  parte  II  del
cod. ambiente) non comprende impianti eolici. 
    L'oscurita' della censura, dunque, ne implica  l'inammissibilita'
(sentenze n. 137 e n. 103 del 2018, n. 175 e n. 114 del 2017, n.  127
e n. 43 del 2016).