ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  commi
2 e 3, 3, 8, comma 2, lettera g), 11, comma 5,  12,  comma  4  e  32,
comma 1, lettera c), della legge della Regione Veneto 16 marzo  2018,
n. 13 (Norme per la disciplina dell'attivita' di cava), promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 15-18
maggio 2018, depositato in cancelleria il 22 maggio 2018, iscritto al
n. 37 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  29  gennaio  2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Andrea Manzi e  Ezio  Zanon
per la Regione Veneto; 
    deliberato nella camera di consiglio del 29 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 15-18 maggio 2018 e  depositato  il
22 maggio 2018 (reg. ric. n. 37 del 2018) il Presidente del Consiglio
dei ministri ha impugnato gli artt. 2, commi 2 e 3, 3,  8,  comma  2,
lettera g), 11, comma 5, 12, comma 4, e  32,  comma  l,  lettera  c),
della legge della Regione Veneto 16 marzo 2018, n. 13 (Norme  per  la
disciplina dell'attivita' di  cava),  in  riferimento  all'art.  117,
primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    In particolare, ad avviso del ricorrente, gli artt. 2, commi 2  e
3, e 3 della legge reg. Veneto n. 13  del  2018  violerebbero  l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. perche' in  contrasto  con  gli
artt. 183, comma  l,  lettera  a),  184-bis  e  184-ter  del  decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  «Norme  in  materia
ambientale» (da ora in poi: cod. ambiente); gli artt. 8,  comma  2  ,
lettera  g),  e  11,  comma  5,  della  legge   regionale   impugnata
violerebbero il medesimo parametro costituzionale,  entrambi  perche'
in conflitto con l'art. 27-bis cod. ambiente, mentre il solo art. 11,
comma 5, perche' in contrasto con l'art. 14, comma 4, della  legge  7
agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di   procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi);
l'art. 12,  comma  4,  della  legge  regionale  impugnata  violerebbe
altresi' l'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. perche'
in conflitto con gli artt. 6,  comma  6,  7-bis,  comma  3,  19  cod.
ambiente, oltre che con l'allegato IV del medesimo cod. ambiente;  la
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e'  infine
addotta anche in riferimento all'art. 32, comma 1, lettera c) (recte,
art. 32, lettera c) della legge reg. Veneto n. 13 del  2018,  perche'
in affermata lesione dell'art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»,  nonche'
degli artt. 4 e 6 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  8
settembre  1997,  n.  357  (Regolamento  recante   attuazione   della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche) e dell'art. 5,  comma  1,  lettera  n)  del  decreto  del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare  17
ottobre 2007, recante «Criteri minimi uniformi per la definizione  di
misure di conservazione relative a  Zone  speciali  di  conservazione
(ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)». 
    2.- Il ricorrente premette che, ai sensi dell'art.  2,  comma  1,
della legge reg. Veneto n. 13 del 2008, «costituiscono  attivita'  di
cava i lavori di coltivazione dei giacimenti  formati  da  materiali,
industrialmente utilizzabili, classificati di seconda  categoria  dal
terzo comma dell'articolo 2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443
(Norme di carattere legislativo per  disciplinare  la  ricerca  e  la
coltivazione delle miniere nel Regno)  e  successive  modificazioni».
Precisa, ancora che, ai sensi del successivo art. 2, comma 2, risulta
annoverato, tra i lavori di coltivazione,  quello  di  «gestione  dei
materiali equiparabili a quelli di cava derivanti  da  scavi  per  la
realizzazione di opere pubbliche e private [...]». 
    Evidenzia, infine, che in ragione di quanto previsto dal comma  3
dello stesso art. 2, la «coltivazione dei giacimenti di materiale  di
cava e' subordinata al rilascio dell'autorizzazione all'attivita'  di
cava». 
    2.1.- Le disposizioni censurate, ad  avviso  del  Governo,  danno
sostanza alla lamentata  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera s),  Cost.,  perche'  mirano  a  sottrarre  la  gestione  dei
materiali da scavo dalla disciplina  dei  rifiuti  dettata  dal  cod.
ambiente, senza che ne sussistano le condizioni. 
    La  "gestione"  dei  suddetti  materiali  risulterebbe,  infatti,
esclusivamente subordinata al «rilascio della autorizzazione di cava»
quando dovrebbe invece ritenersi sottoposta alla  disciplina  dettata
dalla parte IV del cod. ambiente: i residui  in  questione,  infatti,
dovrebbero essere considerati rifiuti in ragione di  quanto  previsto
dall'art. 183, comma 1, lettera a), cod. ambiente, salvo che  possano
essere  considerati  sottoprodotti  ai  sensi  del  successivo   art.
184-bis. Qualifica, quella di rifiuto, che una volta  acquisita,  del
resto non potrebbe essere persa, se non per effetto dell'applicazione
dell'istituto di cui all'art. 184-ter cod. ambiente (cosiddetto "fine
rifiuto"). 
    2.2.- Identica lesione, ad avviso del ricorrente, deve  ritenersi
sussistente ove si presti attenzione all'art. 3, comma 1, della legge
regionale impugnata, in forza del quale  «ai  miglioramenti  fondiari
con volume di  materiale  di  risulta,  industrialmente  utilizzabile
superiore a 5.000 metri cubi per ettaro di superficie  di  scavo,  si
applica la disciplina prevista per l'attivita' di cava». 
    Tale disposizione sottrarrebbe detti interventi  alla  disciplina
dei rifiuti e anche il  successivo  comma  2  sarebbe  gravato  dalle
medesime  ragioni   di   illegittimita'   costituzionale,   giacche',
disponendo che «la Giunta regionale, entro 365 giorni dall'entrata in
vigore  della  presente  legge,  fissa  procedure   e   criteri   per
l'autorizzazione dei miglioramenti fondiari con volume  di  materiale
di risulta, industrialmente utilizzabile,  inferiore  a  5.000  metri
cubi per ettaro, escludendo in ogni caso interventi  che  interessino
la falda freatica», finisce per configurare un sistema che si suppone
semplificato nel confronto con quello concernente  le  attivita'  che
riguardano volumetrie maggiori, fermo comunque l'effetto di sottrarre
la gestione dei materiali suddetti alla disciplina dei  rifiuti,  cui
vanno certamente ricondotti i materiali derivanti  da  costruzione  e
demolizione (cosiddetti materiali di risulta), espressamente elencati
nell'ambito dei rifiuti speciali dall'art. 184, comma 3, lettera  b),
cod. ambiente. 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  impugnato  anche
l'art. 8, comma 2, lettera g), della legge  reg.  Veneto  n.  13  del
2018, ai sensi del quale «[i]l progetto di coltivazione,  redatto  in
conformita' alla disciplina vigente e tenendo conto  delle  finalita'
di salvaguardia ambientale, deve essere sottoscritto  da  un  tecnico
professionista abilitato e deve contenere: [...] g) la documentazione
costituente esito della procedura di  cui  alla  legge  regionale  18
febbraio 2016, n. 4,  "Disposizioni  in  materia  di  Valutazione  di
Impatto Ambientale e  di  competenze  in  materia  di  autorizzazione
integrata ambientale e successive modificazioni"». 
    3.1.- La citata disposizione, ad avviso del  ricorrente,  farebbe
presupporre che la procedura di VIA sia stata  gia'  espletata  prima
dell'autorizzazione strumentale all'attivita' di cava e che si riveli
dunque propedeutica, antecedente e distinta da quest'ultima. Cio'  in
ritenuto contrasto con quanto previsto  dall'art.  27-bis,  comma  7,
cod. ambiente, in  base  al  quale  «la  determinazione  motivata  di
conclusione della conferenza di servizi costituisce il  provvedimento
autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA  e
i titoli abilitativi rilasciati per la  realizzazione  e  l'esercizio
del progetto, recandone l'indicazione esplicita. Resta fermo  che  la
decisione di  concedere  i  titoli  abilitativi  di  cui  al  periodo
precedente e` assunta sulla base del provvedimento di  VIA,  adottato
in conformita' all'articolo 25, commi l, 3, 4, 5  e  6  del  presente
decreto». 
    3.2.-  Identica  lesione,  ad  avviso  del  ricorrente,   sarebbe
apportata dall'art. 11, comma 5, della legge regionale censurata,  in
forza  del  quale  si  prevede  che  l'autorizzazione  relativa  alla
coltivazione del giacimento, resa ai sensi dell'art. 10 della  stessa
legge regionale, «costituisce titolo unico» tanto da sostituire «ogni
altro atto di autorizzazione, nulla osta, assenso comunque denominato
per l'esercizio  dell'attivita'  di  cava  previsto  dalla  normativa
vigente». 
    Anche questa norma, ove riferita all'attivita' di cava soggetta a
valutazione di impatto ambientale, sarebbe in  conflitto  con  l'art.
27-bis, comma 7, cod. ambiente, il quale impone in siffatti casi  che
sia il provvedimento autorizzatorio unico che chiude il  procedimento
di VIA regionale a costituire l'autorizzazione alla realizzazione del
progetto e che il titolo abilitativo funzionale all'attivita' di cava
debba  essere  assunto  sulla  base   del   provvedimento   di   VIA;
considerazione, questa, confermata, del  resto,  anche  dal  disposto
dell'art. 14, comma 4, della legge n. 241 del 1990. 
    4.- Il ricorrente sottolinea altresi' che, in ragione  di  quanto
previsto dall'art. 12, comma 4, della legge reg.  Veneto  n.  13  del
2018,  viene  previsto  che  «la  proroga   dei   termini   stabiliti
dall'autorizzazione»,   giustificata   «dall'utilizzo    nel    ciclo
produttivo della cava di materiali equiparabili ai materiali di  cava
e provenienti da opere  infrastrutturali  d'interesse  regionale  con
movimentazione di materiale per volumi superiori a 500.000 mc, non e'
soggetta alle limitazioni di cui al comma 3». 
    La  disposizione  impugnata,  nell'assunto  sotteso  al  ricorso,
introdurrebbe una proroga  automatica  e  sine  die  dei  termini  di
conclusione dell'attivita' di coltivazione,  come  tale  incongrua  e
irragionevole, perche' non consente la necessaria  verifica  inerente
al permanere delle condizioni soggettive e oggettive che  legittimano
la relativa iniziativa, sottraendo cosi'  il  rinnovo  alle  relative
verifiche amministrative. 
    A supporto della doglianza, il ricorrente evoca la giurisprudenza
della  Corte  di   Giustizia   dell'Unione   europea   in   tema   di
autorizzazioni  postume,   destinate   ad   incidere   sulla   tutela
dell'ambiente ed evidenzia, al contempo,  che  la  proroga  in  esame
consentirebbe di eludere, per l'attivita' di  cava,  la  verifica  di
assoggettabilita' a VIA altrimenti imposta dagli artt. 6, comma 6,  e
7-bis, comma 3, del cod. ambiente e dalla lettera i) dell'allegato IV
alla parte seconda dello stesso cod. ambiente. 
    Di qui la dedotta violazione dell'art. 117  Cost.,  primo  comma,
che impone  alla  Regione  il  rispetto  degli  obblighi  comunitari,
nonche'  dell'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   per   la
conflittualita' della norma censurata  con  le  disposizioni  statali
evocate quali parametri interposti. 
    5.- Viene, infine, censurato l'art. 32 della legge reg. Veneto n.
13 del 2018. 
    Tale  disposizione  -  evidenzia  il  Governo  -   attiene   alla
"coltivazione di trachite" da realizzare all'interno  del  Parco  dei
Colli Euganei. Il comma 1 prevede che all'interno del Parco  «possono
essere autorizzate, anche  a  titolo  di  sperimentazione  operativa,
attivita' di cava  per  l'estrazione  di  trachite,  in  deroga  alle
limitazioni contenute nel piano ambientale e  nel  progetto  tematico
cave». Ad avviso del ricorrente,  perche'  l'attivita'  in  questione
venga autorizzata, occorre tuttavia che, ai sensi di quanto  previsto
dall'art.  32,  comma  1,  lettera  c),  l'intervento  proposto   «si
configuri come modifica e/o ampliamento di  cave  in  attivita'  alla
data di emanazione del D.M. 17 ottobre 2007 "Criteri minimi  uniformi
per la  definizione  di  misure  di  conservazione  relative  a  Zone
speciali di conservazione (ZSC)  e  a  Zone  di  protezione  speciale
(ZPS)"  e  sul  progetto  si  esprimano  favorevolmente   il   Comune
territorialmente interessato e l'Ente Parco Colli Euganei». 
    5.1.-  La  disposizione  censurata,  ad   avviso   del   Governo,
garantisce una generica possibilita' di modifica e/o  ampliamento  di
cave esistenti al momento di emanazione del  d.m.  17  ottobre  2007,
senza in alcun modo  limitare  tale  possibilita'  a  quanto  imposto
dall'art. 5, lettera n), del citato decreto.  Decreto,  quest'ultimo,
che alla luce di quanto previsto dall'art. 1, comma 1226, della legge
n. 296 del 2006, contiene i criteri minimi uniformi ai  quali  devono
attenersi le Regioni nel provvedere agli adempimenti  previsti  dagli
artt. 4 e 6 del regolamento  di  cui  al  d.P.R.  n.  357  del  1997,
definendo le misure di conservazione e le zone di protezione speciale
nell'ambito dell'attuazione della direttiva del Consiglio  92/43/CEE,
relativa alla conservazione degli habitat naturali e  seminaturali  e
della flora e della fauna selvatiche. 
    5.2.- Cio' premesso, il ricorrente rimarca che l'art. 5,  lettera
n), del citato d.m.  17  ottobre  2007  ha  vietato,  nelle  zone  di
protezione speciale, l'apertura di  nuove  cave  e  l'ampliamento  di
quelle esistenti «ad eccezione di quelle previste negli strumenti  di
pianificazione generali e di settore vigenti alla data di  emanazione
del presente atto o  che  verranno  approvati  entro  il  periodo  di
transizione, prevedendo altresi' che il recupero  finale  delle  aree
interessate  dall'attivita'  estrattiva   sia   realizzato   a   fini
naturalistici  e  a  condizione  che  sia  conseguita   la   positiva
valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli  strumenti
di   pianificazione   generale   e   di   settore   di    riferimento
dell'intervento; in via  transitoria,  per  18  mesi  dalla  data  di
emanazione  del  presente  atto,   in   carenza   di   strumenti   di
pianificazione o nelle more di valutazione d'incidenza dei  medesimi,
e' consentito l'ampliamento delle cave in atto, a condizione che  sia
conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei singoli  progetti,
fermo restando  l'obbligo  di  recupero  finale  delle  aree  a  fini
naturalistici; sono fatti salvi i progetti di cava gia' sottoposti  a
procedura di valutazione d'incidenza, in conformita'  agli  strumenti
di pianificazione vigenti e sempre  che  l'attivita'  estrattiva  sia
stata orientata a fini naturalistici». 
    Certa  la  riferibilita'   dei   parametri   interposti   evocati
all'ambito afferente alla tutela dell'ambiente, il Governo ha  dunque
contestato, anche con riferimento all'art. 32 della legge reg. Veneto
n. 13 del 2018, la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), Cost. 
    6.- Il 25 giugno 2018 si e' costituita  in  giudizio  la  Regione
Veneto, concludendo per la non fondatezza delle questioni prospettate
con il ricorso in oggetto. 
    Ad avviso della resistente, le censure articolate dal  Presidente
del Consiglio dei ministri devono  ritenersi  il  frutto  di  erronea
interpretazione delle disposizioni impugnate,  emanate  nel  rispetto
della competenza legislativa residuale in materia di cave e torbiere,
e delle norme, interne e unionali, a torto evocate a  sostegno  delle
lesioni prospettate dal ricorrente e  comunque  sempre  innalzando  i
livelli di tutela ambientale imposti dalle  disposizioni  statali  di
riferimento. 
    6.1.- Con particolare riguardo alla questione  riferita  all'art.
32, comma 1, lettera c), della legge reg. Veneto n. 13 del  2018,  la
resistente ha in primo luogo evidenziato che la censura non afferisce
unicamente al tema inerente all'ampliamento delle cave, ma  coinvolge
piuttosto l'intera previsione dell'art. 32. 
    Cio' precisato, ad avviso della Regione Veneto, la questione deve
ritenersi infondata: mentre la norma  statale  determina  un  divieto
assoluto, prescindendo  da  qualsivoglia  valutazione  di  interesse,
tanto da risultare irragionevole e sproporzionata,  quella  regionale
mira a perseguire una riduzione delle  alterazioni  del  paesaggio  e
degli impatti ambientali negativi, mediante l'introduzione di  metodi
di coltivazione innovativi (lettera a del censurato art. 32),  sempre
subordinati ad una positiva valutazione di impatto ambientale. 
    7.- In data 26 febbraio 2019 sia la  difesa  statale  sia  quella
regionale hanno depositato memorie ribadendo le argomentazioni  spese
a sostegno delle rispettive conclusioni. 
    La difesa della  resistente  ha  altresi'  evidenziato  che,  con
riferimento agli artt. 2, 3, 8, 11, e 12 della legge reg.  Veneto  n.
13 del 2018, erano in corso di approvazione modifiche ed  abrogazioni
delle disposizioni censurate destinate a far cessare  le  ragioni  di
impugnazione prospettate dal Governo. 
    Innovazioni successivamente apportate dalla legge  della  Regione
Veneto  25  luglio  2019,  n.  29  (Legge  regionale  di  adeguamento
ordinamentale 2018 in materia di governo del territorio e  paesaggio,
parchi,  trasporto  pubblico,  lavori  pubblici,  ambiente,  cave   e
miniere, turismo e servizi all'infanzia), in  forza  delle  quali  la
difesa dello Stato, con istanza depositata l'11  settembre  2019,  ha
chiesto il differimento  dell'udienza  di  discussione  del  ricorso,
fissata per l'8 ottobre 2019. 
    8.- La Regione resistente, con memoria depositata il 17 settembre
2019, non si e' opposta  al  suddetto  rinvio,  evidenziando  che  le
modifiche apportate dalla legge reg. Veneto n. 29 del 2019 riguardano
tutte le disposizioni censurate fatto salvo l'art.  32,  della  legge
reg. Veneto n. 13 del 2018, rimasto immutato. 
    Con riguardo alle censure prospettate in  relazione  al  suddetto
art. 32, la difesa della resistente ne ha ribadito la non  fondatezza
atteso che l'attivita'  di  estrazione  prevista  dalla  disposizione
impugnata non  sarebbe  in  contrasto  con  il  parametro  interposto
evocato perche' afferente alle  cave  previste  «negli  strumenti  di
pianificazione generali e di settore» vigenti alla data di emanazione
del d.m. 17 ottobre 2007, alla luce delle  previsioni  contenute  nel
piano ambientale adottato, ai sensi  dell'art.  3  della  legge  reg.
Veneto 10 ottobre 1989, n. 38  (Norme  per  l'istituzione  del  parco
regionale dei Colli Euganei), dal  Consiglio  dell'Ente  Parco  Colli
Euganei con le delibere n. 26 e n.  37  del  1997  (e  approvato  dal
Consiglio regionale con deliberazione n. 74 del  1998),  nonche'  dal
Progetto tematico Cave, approvato con la deliberazione 9 marzo  2001,
n. 11 e formulato ai sensi  degli  artt.  20  e  34  delle  norme  di
attuazione del detto piano ambientale. 
    9.- Differita la trattazione del ricorso, la difesa statale,  con
memoria dell'8 gennaio 2020, ha in primis  replicato  alle  ulteriori
difese spiegate dalla Regione  resistente  senza  prendere  posizione
sulle novita' normative introdotte con la legge reg. Veneto n. 29 del
2019. 
    In particolare, in relazione alla  censura  rivolta  all'art.  32
della legge regionale impugnata, l'Avvocatura generale dello Stato ha
addotto l'inconferenza del riferimento alle previsioni contenute  nel
piano ambientale adottato dall'Ente Parco e approvato  dal  Consiglio
regionale, dirette a  prescrivere,  per  le  cave  di  trachite,  «la
quantita' massima dei materiali estraibili  e  i  tempi  di  chiusura
delle  attivita'  considerate  incompatibili  con  le  finalita'  del
parco»,  cosi'  da  risultare  incompatibili  con   la   disposizione
censurata che avrebbe come scopo quello di «ampliare  l'attivita'  di
materiali estraibili». 
    10.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  forza  della
delibera assunta dal  Consiglio  dei  ministri  nella  seduta  del  9
gennaio 2020, ha poi depositato in data  17  gennaio  2020,  atto  di
rinunzia  al  ricorso,  limitatamente  alle  questioni  proposte  nei
confronti degli artt. 2, commi 2 e 3, 3, 8, comma 2, lettera g),  11,
comma 5, e 12, comma 4, della legge reg. Veneto n. 13 del  2018,  cui
ha fatto seguito  l'accettazione  della  Regione  Veneto,  deliberata
dalla Giunta regionale il 21 gennaio 2020 e depositata il 28  gennaio
2020. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 15 - 18 maggio 2018 (reg.  ric.  n.
37 del 2018), il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  impugnato
gli artt. 2, commi 2 e 3, 3, 8, comma 2, lettera g), 11, comma 5, 12,
comma 4, e 32, comma l, lettera c), della legge della Regione  Veneto
16 marzo 2018, n. 13  (Norme  per  la  disciplina  dell'attivita'  di
cava), in riferimento all'art. 117, primo e  secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione. 
    2.- Nelle more del giudizio, la  Regione  Veneto,  con  la  legge
regionale 25 luglio 2019,  n.  29  (Legge  regionale  di  adeguamento
ordinamentale 2018 in materia di governo del territorio e  paesaggio,
parchi,  trasporto  pubblico,  lavori  pubblici,  ambiente,  cave   e
miniere, turismo e servizi dell'infanzia), ha modificato il  disposto
degli impugnati artt. 2, 3, 11 e 12 ed ha abrogato l'art. 8, comma 2,
lettera g), della legge impugnata. 
    In ragione di tali innovazioni, il ricorrente, con  deliberazione
assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 9  gennaio  2020,
ha rinunziato al ricorso limitatamente  alle  questioni  proposte  in
direzione delle disposizioni impugnate  modificate  dalla  richiamata
legge reg. Veneto n. 29 del 2019. 
    La Regione Veneto ha quindi depositato  una  nota  contenente  la
formale accettazione della rinunzia parziale operata dal  ricorrente;
accettazione deliberata dalla Giunta regionale  in  data  21  gennaio
2020. 
    3.- Con riferimento agli artt. 2, commi 2 e 3,  3,  8,  comma  2,
lettera g), 11,  comma  5,  e  12,  comma  4,  va  quindi  dichiarata
l'estinzione  del  processo  ai  sensi  dell'art.  23   delle   Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    4.- L'oggetto del giudizio resta di conseguenza limitato al  solo
scrutinio della questione  relativa  all'art.  32  della  legge  reg.
Veneto n. 13 del 2018, estraneo alla rinunzia. 
    5.- Quanto alla censura in questione, giova premettere che con la
legge regionale n. 13 del  2018,  la  Regione  Veneto  ha  portato  a
termine  una  complessiva  riforma  della  disciplina  inerente  alla
gestione ed alla pianificazione dell'attivita' di  cava,  provvedendo
anche   ad   assemblare   gli   stratificati   interventi   normativi
intervenuti, nel corso degli anni, a parziale modifica o integrazione
delle disposizioni contenute  nella  legge  della  Regione  Veneto  7
settembre 1982, n. 44 (Norme  per  la  disciplina  dell'attivita'  di
cava); legge che in origine disciplinava la materia di riferimento  e
che ora e' stata abrogata dall'art. 36, comma 4,  lettera  a),  della
legge regionale posta allo scrutinio della Corte. 
    5.1.- Per quel che  qui  immediatamente  interessa,  la  novella,
all'interno del Titolo VI, dedicato alle «norme finali,  transitorie,
finanziarie e di abrogazione», proprio per il tramite  del  censurato
art. 32, detta specifiche disposizioni in materia di coltivazione  di
trachite all'interno del Parco dei Colli Euganei. 
    Piu' precisamente, l'articolo in oggetto prevede che  all'interno
del  Parco  «possono  essere   autorizzate,   anche   a   titolo   di
sperimentazione operativa, attivita'  di  cava  per  l'estrazione  di
trachite, in deroga alle limitazioni contenute nel piano ambientale e
nel Progetto Tematico Cave». Perche' l'attivita' in  questione  venga
autorizzata occorre, tuttavia, che i relativi progetti di estrazione,
oltre a dover essere caratterizzati da un «alto contenuto innovativo,
da dimostrare con uno studio di fattibilita' sperimentale, dal  quale
emerga un'effettiva drastica riduzione degli impatti paesaggistici ed
ambientali rispetto a quelli derivanti  dalle  coltivazioni  condotte
con le usuali tecniche normalmente adottate  per  l'estrazione  della
trachite» (art. 32, lettera a), vengano inoltre sottoposti con  esito
favorevole «a procedura di valutazione di impatto  ambientale»  (art.
32, lettera b). E' infine necessario che  l'intervento  proposto  «si
configuri come modifica e/o ampliamento di  cave  in  attivita'  alla
data di emanazione del D.M. 17 ottobre 2007 "Criteri minimi  uniformi
per la  definizione  di  misure  di  conservazione  relative  a  Zone
speciali di conservazione (ZSC)  e  a  Zone  di  protezione  speciale
(ZPS)"  e  sul  progetto  si  esprimano  favorevolmente   il   Comune
territorialmente interessato e l'Ente Parco Colli Euganei» (art.  32,
lettera c). 
    5.2.- La doglianza del Presidente dei Consiglio dei  ministri  si
appunta in particolare su  tale  ultimo  profilo  della  disposizione
censurata, che si prospetta in conflitto con l'art. 5, lettera n) del
citato d.m. 17 ottobre 2007. 
    5.2.1.- Osserva in particolare il ricorrente che la  disposizione
statale evocata, alla luce di  quanto  previsto  dall'art.  1,  comma
1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.  (Legge
finanziaria 2007)», contiene  i  criteri  minimi  uniformi  ai  quali
devono attenersi le Regioni nel provvedere agli adempimenti  previsti
dagli artt. 4 e 6 del regolamento di cui al  decreto  del  Presidente
della Repubblica  8  settembre  1997,  n.  357  (Regolamento  recante
attuazione della  direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione
degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della  flora  e  della
fauna selvatiche), volti a definire le misure di conservazione  e  le
zone  di  protezione  speciale  nell'ambito   dell'attuazione   della
direttiva 92/43/CEE. In particolare, in ragione  di  quanto  previsto
dal citato art. 5, lettera n), del d.m. 17 ottobre 2007,  nelle  zone
di protezione speciale, detto decreto vieta non  solo  l'apertura  di
nuove cave, ma anche l'ampliamento di quelle esistenti «ad  eccezione
di quelle previste negli strumenti di pianificazione  generali  e  di
settore vigenti alla data di  emanazione  del  presente  atto  o  che
verranno  approvati  entro  il  periodo  di  transizione,  prevedendo
altresi' che il recupero finale delle aree interessate dall'attivita'
estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia
conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli  progetti
ovvero degli strumenti di pianificazione generali  e  di  settore  di
riferimento dell'intervento». 
    5.2.2.- Certa la  riferibilita'  delle  disposizioni  in  oggetto
all'ambito inerente alla  tutela  dell'ambiente,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha dunque contestato la  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., in  riferimento  al  parametro
interposto: ad avviso del ricorrente,  infatti,  la  norma  regionale
impugnata  garantisce  una  generica  possibilita'  di  modifica  e/o
ampliamento di cave esistenti al momento di emanazione  del  d.m.  17
ottobre 2007, senza tuttavia attenersi ai limiti imposti dall'art. 5,
lettera n), del citato decreto. 
    6.-  Costituendosi  in  giudizio,  la   Regione   resistente   ha
contestato la fondatezza della lesione prospettata. Ad  avviso  della
difesa regionale, infatti, la norma censurata mira a  perseguire  una
riduzione delle alterazioni del  paesaggio  di  riferimento  e  degli
impatti  ambientali  negativi  legati  alla  relativa  attivita'   di
estrazione, prevedendo, in particolare, l'introduzione di  metodi  di
coltivazione  innovativi  comunque  subordinati   ad   una   positiva
valutazione di impatto ambientale. 
    6.1.- Con memoria depositata il  17  settembre  2019,  la  difesa
della Regione resistente  ha  anche  precisato  che  la  disposizione
censurata non deve ritenersi in conflitto con  il  parametro  statale
evocato a sostegno della questione, perche' destinata  ad  applicarsi
alle attivita' di estrazione  assentite,  alla  data  di  entrata  in
vigore del d.m.  17  ottobre  2007,  dalle  previsioni  del  Progetto
tematico  Cave  del  Parco   dei   Colli   Euganei   (approvato   con
deliberazione del Consiglio regionale 9 marzo 2001, n. 11),  rese  in
applicazione degli artt. 20 e 34  delle  Norme  attuative  del  piano
ambientale del  medesimo  parco,  approvato,  con  deliberazione  del
Consiglio Regionale del 7 ottobre 1998, n. 74, ai sensi  dell'art.  3
della legge della Regione Veneto 10 ottobre 1989, n.  38  (Norme  per
l'istituzione del parco regionale dei Colli Euganei). 
    Non troverebbe dunque  applicazione  il  divieto  previsto  dalla
norma interposta evocata dal ricorrente, efficace solo nei  confronti
delle cave «non previste negli strumenti di pianificazione generali e
di settore vigenti alla  data  di  emanazione»  del  citato  d.m.  17
ottobre 2007. 
    7.- Cio' precisato, la questione deve ritenersi non  fondata  nei
seguenti termini. 
    7.1.- Va innanzitutto evidenziato  che  l'impugnato  art.  32  e'
caratterizzato  da  un  unico  blocco  normativo  che  contiene   una
indicazione generale, espressa nel primo capoverso,  in  forza  della
quale viene configurata la possibilita', all'interno  del  Parco  dei
Colli Euganei, di autorizzare attivita' di cava per  l'estrazione  di
trachite, anche in deroga ai limiti imposti dal  piano  ambientale  e
dal Progetto tematico Cave. 
    Tale  previsione  di   massima   viene   tuttavia   espressamente
subordinata, quanto alla sua possibile operativita', al riscontro  di
tre diverse precondizioni, descritte dalle lettere a), b) e c), dello
stesso art. 32. 
    Di queste precondizioni, le prime due riguardano le  connotazioni
oggettive e  le  verifiche  ambientali  imposte  per  i  progetti  da
autorizzare. La terza precondizione, quella prevista dalla lettera c)
del censurato art. 32, assurge all'evidenza a presupposto di  sistema
rispetto allo stesso esercizio dell'attivita' di cava, giacche',  per
quanto gia' evidenziato,  il  legislatore  regionale,  nel  perimetro
territoriale del parco dei Colli Euganei, non consente autorizzazioni
per interventi di estrazione della trachite che  non  si  configurino
«come modifiche e/o ampliamenti di cave in  attivita'  alla  data  di
emanazione del D.M. 17 ottobre 2007». 
    7.2.- Il  ricorso,  dunque,  contiene  un  improprio  riferimento
letterale al comma 1, lettera c), dell'art. 32 della legge impugnata.
Nel suo tenore sostanziale appare, invece, rivolto a contrastare  non
solo detta lettera c), ma anche il primo capoverso  del  citato  art.
32. 
    Per quanto  resecata,  sul  piano  testuale,  nei  termini  sopra
riferiti, e' di piena evidenza, tuttavia, che la censura finisce  per
coinvolgere  l'intera  struttura   della   disposizione   in   esame.
Attraverso la caducazione della previsione  contenuta  nella  lettera
c), si finisce, infatti, per mettere in discussione la ratio e quindi
l'intera portata dell'art. 32 della  legge  regionale  impugnata,  il
quale ammette l'estrazione di  trachite  all'interno  del  Parco  dei
Colli, ma solo per le  attivita'  considerate  dalla  citata  lettera
dell'articolo censurato. 
    8.- Cio' premesso giova poi ribadire  che,  con  la  riforma  del
Titolo V della Costituzione, la mancata menzione della materia  «cave
e torbiere» nel nuovo testo dell'art.  117  Cost.,  ha  portato  alla
riconduzione della stessa - piu' volte affermata da  questa  Corte  -
alla competenza residuale delle Regioni (ex plurimis, da  ultimo,  la
sentenza n. 176 del 2018). 
    Se la disciplina dell'attivita'  di  cava,  dunque,  puo'  essere
regolata dalle Regioni, resta, tuttavia, salvo il necessario rispetto
degli standard ambientali fissati dalle  leggi  statali:  secondo  la
costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  infatti,  la  competenza
esclusiva  statale  in  materia  di  tutela  dell'ambiente  si   deve
«confrontare con la competenza regionale in materia  di  cave,  senza
che cio', pero', possa importare alcuna deroga rispetto a quanto gia'
affermato da questa Corte in ordine  ai  principi  che  governano  la
tutela dell'ambiente» (sentenze n. 66 del  2018,  n.  210  del  2016;
nello stesso senso, sentenze n. 199 del 2014 e n. 246 del 2013). 
    8.1.- Su questo versante va in primo luogo  evidenziato  che,  ai
sensi di quanto previsto dalla legge 29 novembre 1971, n. 1097 (Norme
per la  tutela  delle  bellezze  naturali  ed  ambientali  e  per  le
attivita'  estrattive  nel  territorio  dei   Colli   Euganei),   nel
territorio dei Colli Euganei e' stata vietata sia l'apertura di nuove
cave e miniere, sia la ripresa di esercizio  di  cave  e  miniere  in
stato di inattivita' alla data del 1° ottobre 1970,  con  l'eccezione
delle concessioni minerarie da  sfruttare  mediante  perforazione  di
pozzi (art. 1, commi 1 e 2). 
    8.1.1.- In particolare, secondo l'art. 2, comma 1,  della  citata
legge statale, «le cave e le miniere di materiale da riporto e quelle
che forniscono pietrame trachitico, liparitico e calcareo e pietrisco
basaltico, trachitico, liparitico e calcareo», devono  aver  concluso
«ogni attivita' entro il termine perentorio del 31 marzo  1972».  Per
contro, la «coltivazione e l'esercizio delle altre cave  e  miniere»,
in attivita' alla data di entrata in vigore della citata legge,  sono
state disciplinate dal successivo art. 3, «salvo che per  le  miniere
il cui sfruttamento avviene mediante perforazione di  pozzi,  per  le
quali nulla e' innovato» (art. 2, comma 2). 
    In tali ultimi casi, la continuazione delle attivita' estrattive,
secondo  quanto  previsto  dall'art.  3,  comma  1,  e'   subordinata
all'approvazione di un apposito progetto di coltivazione da parte del
soprintendente ai monumenti, competenza oggi spettante alla Regione. 
    8.1.2.- Il dato normativo statale sopra riferito legittima dunque
la continuazione dell'attivita' di estrazione afferente  la  trachite
limitatamente ai soli casi in cui lo sfruttamento avviene tramite  la
perforazione di pozzi, risultando la stessa altrimenti vietata dal 31
marzo  1972.  Ed  in  questa  cornice  di  riferimento   rientra   la
disposizione  censurata,  che  nella  sua   premessa   fa   esplicito
riferimento  «alle  attivita'  di  cava  consentite  della  legge  29
novembre 1971, n. 1097» all'interno del  Parco  regionale  dei  Colli
Euganei. 
    8.2.- Sempre  con  riguardo  al  quadro  normativo,  e'  altresi'
necessario rimarcare che la normativa regionale primaria non contiene
una  disciplina  compiuta  quanto  alla  estrazione  della   trachite
all'interno del territorio del Parco in questione. 
    8.2.1.- La legge reg. n. 44 del 1982, previgente alla  disciplina
introdotta dalla legge reg. n  13  del  2018  ed  ora  abrogata,  non
dettava alcuna  norma  specifica,  limitandosi  a  richiamare  talune
competenze amministrative e talune funzioni di vigilanza  (artt.  16,
comma 3, e 28, comma 3). 
    8.2.2.- A sua volta,  la  legge  reg.  Veneto  n.  38  del  1989,
istitutiva del Parco regionale dei Colli  Euganei,  assegna  all'Ente
Parco (previsto  dall'art.  14)  il  compito  di  rendere  il  parere
necessario   per   la   concessione,   da   parte   della    Regione,
dell'autorizzazione  all'attivita'  di  estrazione  all'interno   del
relativo perimetro  territoriale  (art.  16,  comma  2,  lettera  a);
ancora, attribuisce al medesimo Ente (art. 16, comma 1, lettera a) il
compito di adottare il piano ambientale chiamato a definire,  tra  le
altre cose, per  le  cave  di  trachite  «la  quantita'  massima  dei
materiali  estraibili  e  i  tempi  di   chiusura   delle   attivita'
considerate incompatibili con le finalita' del parco» (art. 3,  comma
2, lettera g). 
    8.2.3.- Il piano ambientale (approvato con delibera del Consiglio
regionale del 7 ottobre 1998, n. 74), all'art. 20, comma  2,  rimette
al  Progetto  tematico  Cave  la   determinazione   delle   modalita'
estrattive e dei relativi termini quantitativi  e  temporali  che  la
Regione potra' autorizzare. In particolare, in relazione alle cave di
trachite in  attivita',  per  un  verso  autorizza  l'estrazione  nei
«limiti quantitativi massimi pari a quanto gia' estratto,  mediamente
all'anno, per ciascun sito nell'ultimo quinquennio»; per altro  verso
rimette al Progetto tematico Cave il compito di fissare, per  ciascun
sito in attivita',  i  tempi  di  durata  dell'estrazione  assentita,
nonche' «le quantita' estraibili nell'arco temporale  di  riferimento
assunto» (art. 20, commi 10 e 11). 
    8.2.4.- Sul piano attuativo, infine, il  Progetto  tematico  Cave
descrive le cave di trachite in attivita' alla  data  della  relativa
approvazione e, per ciascun sito, detta le quantita' di materiale  da
estrarre e i tempi massimi di definizione dello sfruttamento (art. 5,
commi 1 e 2), a far tempo dalla data di approvazione del progetto. 
    8.2.5.- Il quadro normativo sopra descritto  consente  dunque  di
affermare  che,  in  forza  di  quanto  previsto   dalla   menzionata
disciplina  regionale,  all'interno  del  parco  dei  Colli  Euganei,
l'attivita' di estrazione della  trachite  e'  stata  svolta  secondo
quanto previsto dalle citate  disposizioni  di  indirizzo  del  piano
ambientale e attuative del Progetto tematico Cave. Piu' precisamente,
per quel che qui immediatamente interessa, emerge che  alla  data  di
emanazione della norma statale evocata  quale  parametro  interposto,
risalente al  2007,  i  suddetti  piani  di  indirizzo  e  attuazione
prevedevano gia', e assentivano, diversi siti dedicati  all'attivita'
di estrazione della trachite. 
    8.3.- Cio' precisato in  linea  generale,  va  rimarcato  che  la
normativa interposta richiamata dal Governo  inerisce  all'attuazione
delle direttive 92/43/CEE e  79/409/CEE,  in  materia  di  protezione
ambientale (cosiddetta rete europea "Natura 2000", con relative  Zone
speciali di conservazione e Zone di protezione speciale;  da  ora  in
poi, rispettivamente: ZSC e ZPS).  
    8.3.1.- Questa Corte ha gia' evidenziato  (sentenza  n.  316  del
2009) che la disciplina  nazionale  di  recepimento  della  direttiva
92/43/CEE e' stata dettata, anzitutto, dal d.P.R. n.  357  del  1997,
piu'  volte  modificato,  il  quale  riconosce,  all'art.  4,  poteri
normativi ed amministrativi alle Regioni ed alle Province autonome in
ordine  alle  ZSC  e,  all'art.  6,  reca  una  ulteriore  disciplina
attuativa della direttiva 79/409/CEE,  gia'  recepita  con  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio) prevedendo, anche in tal caso,
poteri normativi ed amministrativi degli enti territoriali in  ordine
alle ZPS. 
    8.3.2.- Sempre nell'ottica  legata  all'attuazione  delle  citate
direttive, va anche ricordato che l'art. 1, comma 1226,  della  legge
finanziaria  2007,  ha  espressamente  previsto  che,  al  fine   «di
prevenire ulteriori procedure di infrazione, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano devono  provvedere  agli  adempimenti
previsti dagli articoli 4 e 6 del regolamento di cui al  decreto  del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357,  e  successive
modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data  di
entrata in vigore della presente legge, sulla base di criteri  minimi
uniformi definiti con apposito decreto del Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del  mare».  Criteri  minimi  che  sono
stati dettati, per l'appunto, con il d.m.  17  ottobre  2007  secondo
indicazioni  precettive,  vincolanti  per  le   Regioni   in   quanto
espressione  di  livelli  uniformi  di   protezione   ambientale   in
attuazione delle citate direttive europee  (in  termini,  oltre  alla
citata sentenza n. 316 del 2009, le sentenze n.  329  e  n.  104  del
2008). 
    8.3.3.- In questa cornice  normativa  si  inserisce,  dunque,  il
parametro interposto specificatamente evocato dal ricorrente, vale  a
dire la disposizione di cui all'art. 5, lettera n),  del  piu'  volte
citato d.m. 17 ottobre 2007, per il  tramite  della  quale  e'  stato
imposto alle Regioni di introdurre, per il territorio delle  zone  di
protezione speciale, il divieto  di  apertura  di  nuove  cave  e  di
ampliamento di quelle esistenti. Tuttavia, quanto a queste ultime, si
sottraggono al detto divieto  «quelle  previste  negli  strumenti  di
pianificazione generali e di  settore»  gia'  vigenti  alla  data  di
emanazione del  citato  decreto  o  approvati  entro  il  periodo  di
transizione precisato secondo le cadenze temporali ivi definite. 
    In altri termini, nel perimetro delle dette zone di protezione, a
far tempo dalla data di emanazione del d.m.  17  ottobre  2007,  alle
Regioni non e' piu' consentita l'apertura di nuove cave. Per  contro,
i siti attivi in tale data, potevano - e ancora oggi possono - essere
oggetto di ampliamento: cio'  sempre  se  previsti  in  strumenti  di
pianificazione, generali o di settore, all'epoca gia'  vigenti  o  da
approvare entro il  periodo  di  transizione  previsto  dalla  citata
disposizione ministeriale. 
    9.- Alla luce del descritto quadro normativo, deve ritenersi  che
la disposizione regionale censurata, nel definire il perimetro  della
possibile attivita' di  estrazione  della  trachite  all'interno  del
Parco dei Colli Euganei, non  incorre  nel  vizio  di  illegittimita'
costituzionale prospettato con il ricorso; cio',  proprio  grazie  al
tenore della previsione  contenuta  nella  lettera  c)  dell'articolo
impugnato, sul quale, invece, si appunta la censura  del  ricorrente.
Detta disposizione, infatti,  contiene,  come  gia'  evidenziato,  un
esplicito e decisivo richiamo alla fonte statale competente ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., tale  da  permettere
un puntuale allineamento della disciplina regionale alle  indicazioni
della normativa statale di riferimento. 
    E' ben vero, come lamenta la difesa dello  Stato,  che  la  norma
impugnata, nel suo  tenore  letterale,  non  riporta  testualmente  i
criteri delimitativi contenuti in detta fonte statale, ma  si  limita
ad un generico riferimento ai siti attivi alla data di emanazione  di
quest'ultima. Cio' tuttavia non cancella i  confini  tracciati  dalla
norma statale richiamata e che possano dunque favorire il rilascio di
autorizzazioni  per  progetti  inerenti  a  siti  diversi  da  quelli
previsti  in  strumenti  di  pianificazione  vigenti  alla  data   di
emanazione del d.m. 17 ottobre 2007 o comunque approvati nel  periodo
di transizione considerato dallo stesso decreto. 
    Del  resto,  che  la  norma  regionale  censurata  sia  volta  ad
assentire unicamente l'implementazione,  all'interno  del  Parco  dei
Colli Euganei, solo dei siti in attivita', dedicati all'estrazione di
trachite, considerati dai piani  generali  e  di  settore  vigenti  o
comunque approvati nell'arco temporale dettato dall'art.  5,  lettera
n), del  decreto  ministeriale  piu'  volte  citato,  e'  valutazione
interpretativa che trova una conferma decisiva  nello  stesso  tenore
testuale del primo capoverso dell'art. 32 impugnato, laddove  prevede
espressamente  che  l'autorizzazione  dell'attivita'  di   cava   per
l'estrazione della trachite possa operare in deroga ai limiti imposti
«nel piano ambientale e nel Progetto Tematico Cave». Il  richiamo  ai
piani in questione  consente  di  ritenere  palese  l'intenzione  del
legislatore regionale di delimitare  l'operativita'  della  norma  ai
soli  siti  considerati  dai  detti  piani  di   settore   certamente
rispettosi,  per  quanto  gia'  evidenziato,  del  parametro  statale
interposto, cosi' da tracciare il confine  ultimo  dell'attivita'  di
estrazione della trachite all'interno del territorio  del  Parco  dei
Colli Euganei.