ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi per conflitto di  attribuzioni  tra  poteri  sorti  a
seguito dell'iter e approvazione della legge 27 dicembre 2019, n. 160
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2020  e
bilancio  pluriennale  per  il  triennio  2020-2022),   promossi   da
Mariastella Gelmini, in proprio nonche' nella qualita' di  Presidente
e legale rappresentante  del  gruppo  parlamentare  «Forza  Italia  -
Berlusconi Presidente» presso la Camera dei deputati, e altri,  nella
qualita' di deputati appartenenti  al  medesimo  gruppo;  da  Giorgia
Andreuzza e altri, tutti in  qualita'  di  deputati  appartenenti  al
gruppo parlamentare «Lega - Salvini Premier»  presso  la  Camera  dei
deputati; da Francesco Lollobrigida, in proprio e nella  qualita'  di
Presidente e legale rappresentante del gruppo parlamentare  «Fratelli
d'Italia» presso la Camera dei deputati, e altri, nella  qualita'  di
deputati appartenenti al medesimo gruppo, con ricorsi  depositati  in
cancelleria  il  14  gennaio  e  il   5   febbraio   2020,   iscritti
rispettivamente ai numeri 3, 4 e 5 del registro conflitti tra  poteri
dello Stato 2020, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 26 febbraio 2020  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    deliberato nella camera di consiglio del 27 febbraio 2020. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato il  14  gennaio  2020  (reg.
confl. poteri n. 3 del 2020), l'on. Mariastella Gelmini, in proprio e
quale Presidente e  legale  rappresentante  del  gruppo  parlamentare
«Forza Italia - Berlusconi Presidente» presso la Camera dei deputati,
e altri 42 deputati del medesimo gruppo, hanno promosso conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato  -  nei  confronti  del  Governo,
della V^ Commissione permanente (Bilancio, Tesoro e  programmazione),
della Conferenza dei Presidenti  dei  Gruppi  parlamentari  (da  qui:
Conferenza dei capigruppo), dell'Assemblea  e  del  Presidente  della
Camera  dei  deputati,  nonche',  per  quanto   occorra,   della   V^
Commissione permanente (Bilancio), della Conferenza  dei  capigruppo,
dell'Assemblea e del Presidente del Senato della Repubblica - avverso
l'iter di approvazione della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio
di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2020  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2020-2022); 
    che, a guisa di premessa, i ricorrenti ricordano che  l'ordinanza
di questa Corte n. 17 del 2019,  pur  dichiarando  nella  circostanza
inammissibile il conflitto di attribuzione  relativo  alla  legge  30
dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021),
volto a  censurare  analoghe  forzature  dell'iter  di  approvazione,
espresse un monito secondo  cui,  in  altre  situazioni,  una  simile
compressione delle funzioni costituzionali dei  parlamentari  avrebbe
potuto  portare  a  esiti  differenti;  monito  che   sarebbe   stato
manifestamente disatteso gia' nel ciclo  di  bilancio  immediatamente
successivo, in cui, anzi vi sarebbero  state  violazioni  di  maggior
gravita'; 
    che,  in  riferimento  alla  vicenda  di  fatto,  la  difesa  dei
ricorrenti sottolinea che il disegno di legge di bilancio, presentato
il 2 novembre 2019 in Senato, e' stato  approvato  in  prima  lettura
solo il successivo 16 dicembre, dopo numerosi e  frequenti  rinvii  e
annullamenti delle sedute della Commissione Bilancio, in virtu' della
prolungata trattativa politica nella maggioranza, e  si  e'  concluso
con la presentazione di un maxi-emendamento del Governo  parzialmente
innovativo e sostitutivo della prima sezione del  provvedimento,  poi
sottoposto al voto di fiducia dell'Assemblea; 
    che, pertanto, il testo  del  bilancio,  assai  ampio,  e'  stato
trasmesso alla Camera solo il 17 dicembre 2019, con l'effetto che  la
stessa  avrebbe  evidentemente  potuto  solo  procedere   alla   mera
approvazione, senza possibilita' d'introdurre emendamenti; 
    che il cronoprogramma dei lavori della V^ Commissione, a cui, tra
l'altro,  il  testo  completo  sarebbe  stato  consegnato  solo   nel
pomeriggio del 21 dicembre, sarebbe stato del tutto irrituale, specie
per gli emendamenti, da presentarsi entro meno di 24 ore  dall'inizio
dell'esame e con l'eliminazione dei tempi per  i  ricorsi  contro  le
inammissibilita'  (eliminazione   impropriamente   compensata   dalla
possibilita' di ricorrere direttamente al Presidente della Camera  in
sede d'esame dell'Assemblea); 
    che,  dopo  l'intervento  (tardivo)  in  audizione  del  Ministro
dell'economia e delle finanze Roberto Gualtieri nella seduta  del  19
dicembre, alla ripresa dei lavori, constatata l'assenza dei relatori,
di gran parte dei componenti della Commissione e  del  rappresentante
del Governo, i gruppi di opposizione, ritenendo cio'  espressione  di
scarsa collaborazione istituzionale e della volonta' di non  prendere
in considerazione alcuna  modifica  al  testo,  hanno  abbandonato  i
lavori dell'organo; 
    che, in seguito alla discussione sul complesso degli emendamenti,
nella seduta del 21 dicembre, i relatori e il Governo hanno  espresso
parere contrario sugli stessi, scelta motivata  dalla  necessita'  di
scongiurare il ricorso all'esercizio provvisorio,  la  qual  cosa  ha
portato all'abbandono dei lavori da parte dei deputati dei gruppi  di
opposizione,  con  conseguente  reiezione  di   tutte   le   proposte
emendative presentate; 
    che il 22 dicembre e' iniziato l'esame dell'Assemblea, nel  corso
del quale, dopo la discussione generale, e' stata posta  dal  Governo
la questione di  fiducia  sull'art.  1  del  disegno  di  legge,  con
l'approvazione definitiva della legge di bilancio alle  ore  4.55  di
martedi' 24 dicembre 2019; 
    che, cio' precisato, riguardo ai profili soggettivi del conflitto
sarebbe evidente la legittimazione dei singoli  deputati,  alla  luce
dei criteri indicati  dall'ordinanza  n.  17  del  2019,  poiche'  le
menomazioni  censurate   atterrebbero   esattamente   alle   medesime
prerogative  richiamate  nella  stessa,  trattandosi,   appunto,   di
«violazioni   manifeste   delle   prerogative   costituzionali    dei
parlamentari»,  rilevabili  nella  loro  evidenza  gia'  in  sede  di
sommaria delibazione; 
    che parimenti dovrebbe essere riconosciuta la legittimazione  del
gruppo parlamentare «Forza Italia - Berlusconi  Presidente»,  di  cui
risulterebbero  lese  le   prerogative   costituzionali,   rientrando
sicuramente i gruppi parlamentari tra  le  articolazioni  del  potere
legislativo,  quali  organi  che  la  Costituzione  mostrerebbe  come
«presupposti», sia all'art. 72, terzo comma, sia all'art. 82, secondo
comma, quale riflesso naturale dei partiti politici, unita' di misura
basilare degli organi parlamentari, nonche' modulo organizzativo e di
esercizio delle funzioni tipico dei singoli  rappresentanti,  con  un
ruolo  indefettibile   soprattutto   nell'ambito   del   procedimento
legislativo; 
    che, in riferimento ai profili oggettivi del conflitto, sarebbero
violati nella specie gli artt. 67, 68, 70,  71,  primo  comma,  e  72
della Costituzione, nonche' il principio bicamerale e i  principi  di
separazione dei poteri fra Governo e Parlamento, di effettivita'  del
circuito di responsabilita'  democratica,  di  leale  collaborazione,
delle prerogative delle opposizioni e delle minoranze parlamentari; 
    che, infatti, l'esercizio del libero mandato  parlamentare  e  la
rappresentanza della Nazione si sostanzierebbero anche e  soprattutto
nella  partecipazione  alle   discussioni   e   alle   deliberazioni,
esprimendo «opinioni»  e  «voti»  e,  nello  specifico  ambito  della
funzione legislativa,  nel  potere  di  iniziativa,  comprensivo  del
potere di proporre emendamenti, al fine di collaborare cognita  causa
alla formazione del testo, che' altrimenti  la  funzione  legislativa
delle Camere risulterebbe ridotta  a  una  mera  ratifica  di  scelte
assunte altrove; 
    che cio' varrebbe a  maggior  ragione  per  l'approvazione  della
legge di bilancio annuale - «in cui si  concentrano  le  fondamentali
scelte di indirizzo politico e in cui si decide  della  contribuzione
dei cittadini alle  entrate  dello  Stato  e  dell'allocazione  delle
risorse pubbliche: decisioni  che  costituiscono  il  nucleo  storico
delle   funzioni   affidate   alla   rappresentanza   politica    sin
dall'istituzione dei primi  parlamenti  e  che  occorre  massimamente
preservare» (e' citata l'ordinanza n. 17 del 2019) -  ancor  piu'  in
virtu' del rilievo sempre maggiore della gestione delle finanze nello
Stato sociale di diritto nella congiuntura della crisi,  nonche'  del
necessario  raccordo  fra  istituzioni  nazionali  e   sovranazionali
nell'ambito del processo d'integrazione europea; 
    che, nel caso di specie, le modalita' e le tempistiche attraverso
cui la legge di bilancio per il 2020  e'  stata  approvata  avrebbero
senz'altro menomato le prerogative di cui si assume  la  lesione,  in
quanto il pur diffuso malcostume di condensare i testi legislativi in
innumerevoli commi di un unico articolo avrebbe superato ogni margine
di tollerabilita', tradendo una violazione dell'art. 72, primo comma,
Cost.; 
    che palesemente violato  sarebbe  anche  il  principio  di  leale
collaborazione (sono richiamate le sentenze n. 168 del  2013,  n.  23
del 2011 e n. 262 del 2009), non sussistendo alcuna  motivazione,  se
non la pura inerzia o il volontario ritardo, per comprimere oltremodo
le prerogative dei parlamentari e non rilevando a tal fine neppure la
necessita'   di   scongiurare   l'esercizio   provvisorio,    ipotesi
espressamente prevista e disciplinata dalla Costituzione che, quindi,
non rappresenterebbe affatto un'eventualita' da evitare  a  qualunque
prezzo; 
    che le anomalie dell'iter parlamentare sarebbero state  censurate
anche dai Presidenti delle Camere e riconosciute da  taluni  deputati
della maggioranza (quali il senatore Matteo Renzi e  l'on.  Tabacci),
nonche' ammesse dallo stesso Presidente del Consiglio  dei  ministri,
impegnatosi a garantire tempi piu'  congrui  nel  prossimo  ciclo  di
bilancio; 
    che, inoltre,  nessuna  delle  ragioni  giustificative  ravvisate
nella citata ordinanza n. 17 del 2019 - cioe' la  serrata  trattativa
con l'Unione europea, le nuove modifiche al regolamento del Senato  e
l'esservi stata almeno una lettura effettiva  da  parte  di  ciascuna
Camera - ricorrerebbe nel caso  di  specie,  poiche'  le  istituzioni
europee avrebbero avallato il progetto di bilancio in via  definitiva
gia' il 20 novembre 2019, alla Camera dei  deputati  nessuna  riforma
regolamentare sarebbe intervenuta, mentre  l'intervento  del  secondo
ramo del Parlamento, in cui siedono, tra l'altro, il  maggior  numero
di rappresentanti del corpo elettorale, sarebbe  stato  completamente
obliterato, restituendo l'immagine di un  preoccupante  e  patologico
slittamento di un gia' allarmante  bicameralismo  di  facciata  a  un
illegittimo monocameralismo di fatto; 
    che, in ogni caso, il conflitto  non  e'  volto  a  sindacare  il
contenuto del disegno di legge annuale di bilancio, quanto  piuttosto
a   ristabilire    il    corretto    esercizio    delle    competenze
costituzionalmente previste; 
    che, in conclusione, i ricorrenti  chiedono  a  questa  Corte  di
dichiarare che non spettava: al Governo, presentare  il  testo  della
manovra di bilancio in forma di maxi-emendamento, senza rispettare le
scadenze previste dalla legislazione  vigente;  al  Presidente  della
Commissione Bilancio, alla Conferenza dei capigruppo e al  Presidente
del Senato, organizzare e condurre i lavori  con  modalita'  tali  da
comprimere oltremodo le prerogative costituzionali dei  deputati;  al
Presidente della V^ Commissione, alla Conferenza dei capigruppo e  al
Presidente della Camera, organizzare e condurre i lavori omettendo di
riservare all'esame  e  all'approvazione  del  disegno  di  legge  di
bilancio il tempo ragionevolmente sufficiente ad  acquisire  adeguata
conoscenza dello stesso, di discuterlo e con  cio'  di  esprimere  un
voto consapevole; al Presidente della Camera, porre in  votazione  il
testo  del  disegno  di  legge  di  bilancio  in   tale   situazione;
all'Assemblea della Camera, approvare il disegno di legge di bilancio
senza che  fossero  stati  garantiti  l'esame  in  Commissione  e  la
possibilita' di conoscere, discutere e proporre emendamenti al testo; 
    che, con ricorso depositato  il  14  gennaio  2020  (reg.  confl.
poteri n. 4 del 2020), l'on. Giorgia Andreuzza e altri 124  deputati,
tutti appartenenti al gruppo parlamentare «Lega  -  Salvini  Premier»
presso  la  Camera  dei  deputati,  hanno   promosso   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato  -  nei  confronti  del  Governo,
della «Conferenza dei Capigruppo, Presidenza di Assemblea, Presidenza
di Commissione e Relatori» - per le modalita' con cui la  Camera  dei
deputati ha approvato la legge n. 160 del 2019; 
    che, premessa un'ampia disamina dei fatti, secondo la difesa  dei
ricorrenti l'iter di approvazione della legge n. 160 del 2019 avrebbe
violato le prerogative proprie dei parlamentari e del gruppo da  essi
composto, formazione a  cui  la  Costituzione  attribuirebbe  diretto
rilievo, senza il ricorrere di  alcuna  regione  giustificativa,  con
violazione degli artt. 1, secondo comma, 67, 68, 70, 71, 72, 81 e  94
Cost.; 
    che, infatti, i tempi assegnati in  sede  di  programmazione  dei
lavori e il concreto svolgimento degli  stessi  sarebbero  stati  del
tutto incongrui, in se' e rispetto alla incipiente istruttoria,  gia'
dimidiata a causa del difetto  persino  delle  fonti  di  cognizione,
determinando una manifesta privazione  di  ogni  effettivo  potere  e
diritto  di  quelli  che  la  Costituzione   riconosce   ai   singoli
parlamentari (e alle articolazioni organizzative  delle  quali  siano
componenti); 
    che,  pur  prescindendo  da  ogni  rilievo   critico   circa   la
compatibilita'  dell'istituto  della  questione  di  fiducia  con  il
sistema costituzionale della forma di governo, nel caso di specie  la
posizione della questione  di  fiducia  sull'art.  1  determinerebbe,
rispetto alla disciplina di cui all'art. 94  Cost.,  un  elemento  di
anormale accidentalita'  nella  procedura  ordinaria  prescritta  per
l'approvazione  del  bilancio,  sostituendo  l'oggetto  tipico  della
procedura di cui all'art. 72, quarto comma, Cost.,  con  l'aggravante
ulteriore della posizione  della  fiducia  sul  solo  art.  1,  nella
versione  gia'  previamente  approvata  dal  Senato,  la  qual   cosa
pregiudicherebbe l'unitario disegno contabile-finanziario,  coartando
la discussione e la votazione sugli ulteriori articoli; 
    che, in tal modo, sarebbe stato alterato il regolare ordine della
relazione  fiduciaria  e  di  responsabilita'  politica,  che,  nella
fattispecie  della  legge  di  bilancio,  potrebbe  essere  implicata
soltanto in sede di valutazione politica da parte del Governo; 
    che, in ogni caso, pur quando si ritenga  che  il  Governo  possa
porre  la  questione  di  fiducia  sulla  legge   di   bilancio,   il
provvedimento normativo non potrebbe essere messo in votazione se non
all'esito dell'iter puntualmente previsto e prescritto dall'art.  72,
quarto comma, Cost.; 
    che altresi' violato sarebbe l'art. 70 Cost., poiche' la legge di
bilancio sarebbe stata approvata dal solo Senato della  Repubblica  e
non gia' da entrambe le Camere collettivamente, con una vanificazione
del diritto di voto di cui all'art.  48  Cost.,  essendosi  sottratta
agli elettori ogni effettiva possibilita' di partecipazione, mediante
i  propri  rappresentanti,  alla  fondamentale  scelta  di  indirizzo
politico di cui all'art. 81 Cost.; 
    che verrebbe leso anche il principio di leale collaborazione  tra
poteri  e  tra  organi  dello  Stato,  sia  a  causa  della   tardiva
presentazione del disegno di legge di bilancio al Senato, sia per  il
ricorso alla questione di fiducia; 
    che, infine, vi sarebbe violazione anche dell'art. 81  Cost.,  in
combinato funzionale con l'art. 97, primo comma, Cost.,  poiche',  in
virtu' della prevalenza della decisione di bilancio rispetto  a  ogni
altra manifestazione di volonta' normativa, la mancata partecipazione
della Camera alla formazione di tale  decisione  si  ripercuoterebbe,
con effetti di dimidiazione, anche sull'ulteriore e diversa attivita'
normativa, ancora una volta in violazione dell'art. 70 Cost.; 
    che da  siffatti  vizi  deriverebbe  altresi'  l'invalidita'  dei
suddetti atti e di quelli a essi conseguenti, ivi compresa  la  legge
n. 160 del 2019; 
    che, in conclusione, a detta dei  ricorrenti,  non  spettava:  al
Presidente  e  alla  Conferenza  dei  capigruppo,  disporre  e   dare
esecuzione alla calendarizzazione dei lavori di cui al riunione della
Conferenza medesima del 17 dicembre 2019; al Governo,  il  potere  di
presentare un maxi-emendamento sostitutivo dell'art. 1 del disegno di
legge e di porre la questione di fiducia sulla  sua  approvazione  e,
correlativamente, al Presidente della Camera, il potere di ricevere e
ammettere alla votazione l'uno e l'altra; al Presidente della Camera,
porre in votazione il disegno di legge e il suddetto maxi-emendamento
in difetto d'istruttoria; 
    che, con ricorso depositato  il  5  febbraio  2020  (reg.  confl.
poteri n. 5 del 2020), l'on. Francesco  Lollobrigida,  in  proprio  e
quale Presidente e  legale  rappresentante  del  gruppo  parlamentare
«Fratelli d'Italia» presso la Camera dei deputati, e altri 7 deputati
del medesimo gruppo, nonche' lo  stesso  gruppo  parlamentare,  hanno
promosso conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  -  nei
confronti del Governo, della V^  Commissione,  della  Conferenza  dei
capigruppo, dell'Assemblea e del  Presidente  della  Camera  (nonche'
degli organi corrispondenti presso il Senato)  -  avverso  l'iter  di
approvazione   della   legge   n.   160   del   2019,   riproponendo,
sostanzialmente, le argomentazioni e le conclusioni di cui al ricorso
iscritto al n. 3 del reg. confl. poteri 2020. 
    Considerato che, con separati ricorsi (reg. confl. poteri  numeri
3,  4  e  5  del  2020),  i  Presidenti,  i  componenti  dei   gruppi
parlamentari presso la Camera dei deputati «Forza Italia - Berlusconi
Presidente», «Lega Salvini Premier» e «Fratelli d'Italia», nonche'  i
medesimi gruppi, hanno promosso conflitti di attribuzione tra  poteri
dello Stato - nei confronti del Governo, del Presidente  e  della  V^
Commissione permanente (Bilancio,  Tesoro  e  programmazione),  della
Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari (da qui: Conferenza
dei capigruppo), del Presidente, dell'Assemblea e dei Relatori  della
Camera dei deputati (nonche', per i ricorsi di cui ai numeri  3  e  5
del reg.  confl.  poteri  2020,  della  Commissione  Bilancio,  della
Conferenza dei capigruppo, dell'Assemblea e del Presidente del Senato
della Repubblica) -  avverso  la  legge  27  dicembre  2019,  n.  160
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2020  e
bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022) e il relativo iter di
approvazione,  ai  fini  dell'accertamento  dell'avvenuta  violazione
delle prerogative costituzionali  spettanti  agli  stessi  ricorrenti
(chiedendo, nel ricorso di cui al n. 4 del reg. confl.  poteri  2020,
altresi' l'annullamento dei relativi atti, ivi compresa la  legge  n.
160 del 2019); 
    che, nello specifico,  i  ricorsi  censurano  l'approvazione  del
disegno di legge di bilancio a seguito della presentazione al  Senato
di un maxi-emendamento sostitutivo dell'art. 1, su cui e' stata posta
dal Governo la questione di fiducia, voto a cui ha fatto  seguito  un
esame in tempi ridotti alla Camera, ove nel corso  del  dibattito  in
Assemblea e' stata ancora posta la questione di fiducia sull'art.  1,
nel testo approvato dal Senato, la qual cosa  non  avrebbe  di  fatto
consentito ai deputati d'intervenire nel  procedimento  di  bilancio,
rendendolo sostanzialmente monocamerale; 
    che  i  ricorsi,   aventi   il   medesimo   oggetto,   presentano
argomentazioni in larga parte sovrapponibili, e, pertanto, i relativi
giudizi di ammissibilita' possono essere riuniti  per  essere  decisi
con unica ordinanza; 
    che, in questa fase del  giudizio,  la  Corte  costituzionale  e'
chiamata esclusivamente a verificare, ai sensi dell'art. 37, terzo  e
quarto  comma,  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale),  in
camera  di  consiglio  e  senza  contraddittorio,  se  sussistano   i
requisiti, sul piano soggettivo  e  oggettivo,  di  un  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato e a  valutare  l'esistenza  della
materia  di  un  conflitto  la  cui  risoluzione  spetti   alla   sua
competenza; 
    che i conflitti sono sollevati sia dai singoli parlamentari,  sia
dai relativi gruppi di appartenenza, lamentandosi  la  lesione  delle
medesime prerogative costituzionali; 
    che, in via preliminare, va risolta  negativamente  la  questione
della legittimazione ad agire, nella specie, dei gruppi  parlamentari
presso la Camera dei deputati «Forza Italia - Berlusconi Presidente»,
«Lega Salvini Premier» e «Fratelli d'Italia»; 
    che,   infatti,   l'indiscutibile   ruolo   svolto   dai   gruppi
parlamentari quali espressioni istituzionali del pluralismo  politico
(sentenze n. 174 del 2009, n. 193 del 2005, n. 298 del 2004 e  n.  49
del 1998) - venendo garantita dagli artt.  72,  terzo  comma,  e  82,
secondo comma, della Costituzione la tendenziale proporzionalita'  ai
gruppi stessi nella composizione delle commissioni - non comporta, di
per se', che si debba riconoscere agli stessi  la  titolarita'  delle
medesime prerogative spettanti a ciascun membro del Parlamento; 
    che, tuttavia,  nel  caso  di  specie  i  ricorsi  lamentano  nei
confronti dei gruppi proprio  la  lesione  delle  stesse  prerogative
indicate in riferimento ai singoli deputati, senza  una  specifica  e
articolata argomentazione, basata  sulla  Costituzione,  sul  perche'
tali prerogative dovrebbero essere riconosciute nella stessa identica
declinazione ai gruppi; 
    che,   con   riferimento   alla   legittimazione   dei    singoli
parlamentari, la  stessa  e'  stata  riconosciuta  da  questa  Corte,
nell'ordinanza  n.  17  del  2019,  a   tutela   delle   attribuzioni
costituzionali di cui agli artt. 67, 68, 69, 71, primo  comma,  e  72
Cost.; 
    che, nondimeno, la pronuncia da ultimo indicata ha precisato  che
il  singolo  parlamentare  puo'  ritenersi  legittimato  a  sollevare
conflitto di attribuzione solo quando siano  prospettate  «violazioni
manifeste delle prerogative  costituzionali  dei  parlamentari  [...]
rilevabili nella loro evidenza gia' in sede di sommaria  delibazione»
e, di conseguenza, e'  necessario  che  il  parlamentare  «alleghi  e
comprovi una sostanziale negazione o  un'evidente  menomazione  della
funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente, a tutela  della
quale e' apprestato il rimedio giurisdizionale innanzi a questa Corte
ex art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953»; 
    che, al fine di valutare il  grado  delle  lesioni  invocate  dai
ricorrenti, va rilevato che  le  procedure  legislative,  finalizzate
originariamente alla valorizzazione del contraddittorio, col  passare
degli anni hanno  dovuto  altresi'  farsi  carico  dell'efficienza  e
tempestivita' delle decisioni parlamentari, primieramente in  materia
economica e di bilancio, in ragione  di  fini,  essi  stessi  desunti
dalla Costituzione ovvero imposti  dai  vincoli  europei,  che  hanno
portato  a  un  necessario   bilanciamento   con   le   ragioni   del
contraddittorio; 
    che  tale  inevitabile  bilanciamento  si  e'  tradotto  sia   in
revisioni dei  regolamenti  parlamentari  (che  hanno  previsto,  fra
l'altro, il voto palese, il contingentamento dei tempi, l'istituzione
della sessione di  bilancio),  sia  nell'utilizzazione  di  strumenti
esistenti, con indubbie  deformazioni  e  dilatazioni  rispetto  alle
prassi applicative iniziali con aspetti non privi di  criticita',  ma
avvalendosi della naturale elasticita' delle regole e degli  istituti
propri della vita delle istituzioni politiche; 
    che  da  cio',   pertanto,   sono   sorte   nuove   prassi,   che
costituiscono, come gia' sottolineato da questa  Corte,  «un  fattore
non  privo  di  significato  all'interno  del  diritto  parlamentare,
contrassegnato  da  un  elevato   tasso   di   flessibilita'   e   di
consensualita'» e delle quali fanno parte, proprio per  le  leggi  di
natura  finanziaria,  altre  forme   di   interlocuzione,   come   il
«coinvolgimento della  Commissione  Bilancio  nella  definizione  del
testo su cui il Governo poneva  la  fiducia»  (ordinanza  n.  17  del
2019); 
    che in questa prospettiva le predette deformazioni e  dilatazioni
non sono, di per  se'  e  prima  facie,  espressione  di  violazioni,
dovendo emergere a tal fine  che  esse  danno  patentemente  luogo  a
bilanciamenti di cui non si  colgono  le  ragioni  e  il  complessivo
equilibrio; 
    che, nel caso  di  specie,  non  sono  state  prospettate  quelle
evidenti  lesioni  delle  prerogative  dei   parlamentari   richieste
dall'ordinanza n. 17 del 2019; 
    che va precisato anzitutto  che  non  assume  rilievo  l'assenza,
rilevata dai ricorrenti, delle circostanze giustificative  richiamate
da questa Corte nell'ordinanza n. 17 del 2019, trattandosi di ragioni
riferite a uno specifico caso concreto,  che  non  costituiscono  una
tassonomia esaustiva di elementi giustificativi; 
    che e' pertanto necessario  valutare  le  circostanze  specifiche
relative all'approvazione della legge n. 160 del 2019; 
    che, a tal proposito, deve  sottolinearsi  che  il  documento  di
economia e finanza (da qui: DEF) era stato approvato  da  un  Governo
diverso da quello che ha  poi  presentato  il  disegno  di  legge  di
bilancio, insediatosi solo nel settembre del 2019; 
    che da cio' e' derivata, come gia' per il 2018, una presentazione
tardiva del progetto di bilancio alle Camere (avvenuta il 2  novembre
2019), le cui scelte allocative, oltre a non poter essere  pienamente
corrispondenti all'elaborazione del DEF, non recavano  ancora  taluni
degli interventi maggiormente discussi nel corso del successivo esame
parlamentare; 
    che tali ragioni hanno senz'altro portato a un  allungamento  dei
tempi  d'esame  in  prima  lettura  al  Senato  (durato   circa   sei
settimane), sebbene tale allungamento sia stato  comunque  espressivo
di un'interlocuzione parlamentare, soprattutto ma non  solo,  tra  le
forze  di  maggioranza,  testimoniata  dai  numerosi  emendamenti   e
sub-emendamenti approvati gia' in fase referente, con la  conseguente
contrazione dell'esame alla Camera, previsto in Commissione nei  soli
giorni 18-21 dicembre 2019 e  in  Assemblea  gia'  il  successivo  22
dicembre; 
    che a  cio'  si  e'  aggiunta  la  trattazione  parlamentare  del
decreto-legge 26  ottobre  2019,  n.  124  (Disposizioni  urgenti  in
materia  fiscale  e  per  esigenze  indifferibili),  convertito,  con
modificazioni, in legge 19 dicembre 2019, n. 157,  parte  sostanziale
della manovra finanziaria  e  oggetto  di  un  esame  tendenzialmente
parallelo presso la Camera, che lo ha trasmesso il 6 dicembre 2019 al
Senato, il quale, pur svolgendo un ben ridotto ruolo istruttorio,  ne
ha dovuto collocare le risultanze nella legge di bilancio, impegnando
cosi' parte del suo tempo; 
    che, d'altronde, mentre per l'approvazione della legge n. 145 del
2018 si era avuta la presentazione  in  Assemblea  al  Senato  di  un
maxi-emendamento  del  Governo  senza  che  la  Commissione  in  sede
referente avesse completato l'esame e votato un testo, nell'iter  per
l'approvazione  della  legge  n.  160   del   2019   il   testo   del
maxi-emendamento presentato dal Governo al Senato ha riprodotto,  con
modeste varianti,  quanto  discusso  e  approvato  dalla  Commissione
Bilancio; 
    che il testo trasmesso da quest'ultima all'Assemblea era  diverso
solo per sottrazione, in virtu' delle espunzioni  e  delle  modifiche
dovute alle  inammissibilita'  gia'  proclamate  dal  Presidente  del
Senato e al parere adottato dalla stessa Commissione sulla base della
relazione tecnica predisposta dalla Ragioneria generale dello Stato; 
    che, pertanto, la questione di fiducia in Senato e' stata  votata
il 16 dicembre 2019 su un testo sostanzialmente noto e  istruito,  in
cui sono state accolte  istanze  espresse  nel  corso  del  dibattito
parlamentare; 
    che, sebbene il disegno di legge di bilancio sia stato  trasmesso
alla Camera solo il 17 dicembre 2019, tale  pur  ridotto  periodo  ha
comunque consentito una fase di esame in Commissione Bilancio,  tanto
che i deputati hanno qui presentato 1130 emendamenti  (ben  oltre  il
numero di  350  che  in  sede  di  Ufficio  di  presidenza  i  gruppi
parlamentari avevano concordato al fine di ritenerli tutti  segnalati
per la votazione, come  risulta  dal  verbale  della  seduta  del  20
dicembre 2019); 
    che la mancata votazione degli emendamenti e la  reiezione  degli
stessi e' stata anche conseguenza della scelta delle  opposizioni  di
non  partecipare  ai  lavori  della  Commissione,  in  seguito   alla
decisione del Governo di fornire parere contrario -  come  era  nella
sua indiscussa facolta' - sul complesso degli emendamenti, al fine di
evitare l'esercizio provvisorio; 
    che anche per l'esame in Assemblea si registra  la  presentazione
di circa 800 emendamenti, sebbene la votazione degli stessi non abbia
avuto luogo in virtu' della decisione del  Governo  di  porre,  nella
seduta del 22 dicembre 2019, la questione di fiducia sull'art. 1  del
disegno  di   legge,   nel   testo   frutto   dell'approvazione   del
maxi-emendamento al Senato; 
    che,  sebbene  i  ricorrenti  prospettino   l'apposizione   della
questione di fiducia come ragione impeditiva dei piu' lunghi tempi di
discussione da  loro  ritenuti  necessari,  in  nessun  caso  sarebbe
sindacabile  da  questa  Corte  la  questione  di  fiducia  ai   fini
dell'approvazione senza emendamenti di un disegno di legge in seconda
lettura; 
    che,  inoltre,  come  gia'  ricordato,  la  stessa  Camera  aveva
discusso, emendato e approvato il decreto fiscale, parte  sostanziale
esso stesso della manovra di bilancio,  che  il  Senato  avrebbe  poi
approvato senza discussione; 
    che, in conclusione,  dalla  sequenza  oggettiva  dei  fatti  non
emerge un irragionevole squilibrio fra le  esigenze  in  gioco  nelle
procedure parlamentari e, quindi, un vulnus  delle  attribuzioni  dei
parlamentari grave e manifesto; 
    che,  di  conseguenza,  i  ricorsi   devono   essere   dichiarati
inammissibili.