ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  comma
7, 5 e 8 della legge della Regione Basilicata 13  marzo  2019,  n.  4
(Ulteriori disposizioni urgenti in vari  settori  d'intervento  della
Regione  Basilicata),  promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 13-20 maggio 2019,  depositato  in
cancelleria il successivo 21 maggio  2019,  iscritto  al  n.  60  del
registro ricorsi 2019 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata; 
    udito il Giudice  relatore  Giuliano  Amato  nell'udienza  del  7
aprile 2020, svolta, ai sensi  del  decreto  della  Presidente  della
Corte del 24 marzo 2020, punto  1),  lettera  c),  senza  discussione
orale, su conforme istanza delle parti, pervenuta in  data  31  marzo
2020; 
    deliberato nelle camere di consiglio del 7 e del 20 aprile 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 13-20 maggio 2019 e  depositato  il
21  maggio  2019,  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
impugnato tra gli altri, gli artt. 2, comma 7,  5  e  8  della  legge
della Regione Basilicata 13 marzo 2019, n. 4 (Ulteriori  disposizioni
urgenti in vari settori d'intervento della Regione Basilicata). 
    La prima delle disposizioni  indicate  attribuisce  alla  Polizia
provinciale la facolta' di  avvalersi  del  personale  dell'Arma  dei
Carabinieri forestali per  l'attuazione  dei  piani  di  abbattimento
della fauna selvatica, ove si dimostrino inefficaci gli interventi di
controllo selettivo mediante  l'utilizzo  di  metodi  ecologici.  Nel
consentire alla Regione di attribuire nuovi compiti a  una  forza  di
polizia statuale, questa disposizione violerebbe l'art. 117,  secondo
comma, lettera g), della  Costituzione,  che  riserva  alla  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato la disciplina  dell'«ordinamento  e
organizzazione amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici
nazionali». 
    E' inoltre impugnato l'art. 5 della stessa legge reg.  Basilicata
n. 4 del 2019. Ai fini dello spandimento dei  fanghi  di  depurazione
delle acque reflue in  agricoltura,  questa  disposizione  impone  il
rispetto - per la concentrazione degli idrocarburi e dei fenoli - dei
limiti di concentrazione soglia  di  contaminazione  stabiliti  nella
Tabella 1  dell'Allegato  5  al  Titolo  V,  Parte  IV,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). Cio'
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  poiche'  la
Regione avrebbe disciplinato la gestione  dei  rifiuti,  che  rientra
nella materia «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»,  riservata
alla competenza esclusiva statale. 
    Infine, e' impugnato l'art. 8 della legge reg.  Basilicata  n.  4
del 2019, che consente  ai  Comuni  interessati  da  significativi  e
ricorrenti episodi di attentati alla proprieta' privata di  avvalersi
delle risorse del Fondo Unico Autonomie Locali,  di  cui  alla  legge
regionale 19 settembre 2018, n. 23, recante  «Istituzione  del  Fondo
Unico  Autonomie   Locali   (F.U.A.L.)»,   per   stipulare   apposite
convenzioni con imprese di  vigilanza  privata.  Questa  disposizione
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., che  riserva
alla competenza legislativa esclusiva  statale  la  disciplina  della
tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza. 
    2.- E' denunciata, in primo luogo, l'illegittimita' dell'art.  2,
comma 7, della legge reg. Basilicata n. 4 del 2019, per contrasto con
l'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. 
    L'Avvocatura generale dello Stato fa rilevare che la disposizione
regionale impugnata, nel modificare l'art. 28, comma 2,  della  legge
della  Regione  Basilicata  9  gennaio  1995,  n.  2  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio), attribuisce  alla  Polizia  provinciale  la  facolta'  di
avvalersi, per i piani di abbattimento, del  personale  specializzato
dell'Arma dei Carabinieri nel settore del patrimonio  agro-forestale,
istituito con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177,  recante
«Disposizioni in  materia  di  razionalizzazione  delle  funzioni  di
polizia e assorbimento del Corpo  forestale  dello  Stato,  ai  sensi
dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto  2015,  n.
124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche». 
    Ad avviso della parte ricorrente,  la  Regione  avrebbe  previsto
l'attribuzione di nuovi compiti a una forza di  polizia  statuale,  i
Carabinieri forestali, che sarebbero posti al servizio della  polizia
provinciale per  il  perseguimento  di  obiettivi  individuati  dalla
Regione. Sarebbe cosi' violato l'art. 117, secondo comma, lettera g),
Cost., che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la
disciplina dell'«ordinamento e  organizzazione  amministrativa  dello
Stato e degli enti pubblici nazionali». 
    Al riguardo, e' richiamata la giurisprudenza  costituzionale  che
afferma che le Regioni  non  possono  porre  a  carico  di  organi  e
amministrazioni dello  Stato  compiti  ulteriori  rispetto  a  quelli
individuati   dalla   legge   statale,   ne'   possono   disciplinare
unilateralmente,   nemmeno   nell'esercizio   della   loro   potesta'
legislativa,  forme  di  collaborazione  e   di   coordinamento   che
coinvolgono attribuzioni di organi statali (e' richiamata la sentenza
n. 134 del 2004). 
    2.1.-  E'  inoltre  denunciata  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 5 della stessa legge regionale n. 4 del 2019, per contrasto
con l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  in  relazione
all'art. 41 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni
urgenti per la citta' di Genova, la sicurezza  della  rete  nazionale
delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del  2016  e
2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni,
nella legge 16 novembre 2018, n. 130. 
    La disposizione oggetto di censura, rubricata «Disposizioni sulla
gestione dei fanghi di depurazione», al comma 1  prevede  che  «[s]ul
territorio della Regione Basilicata,  nelle  more  di  una  revisione
organica  della  normativa  di  settore,  ai  fini  dell'utilizzo  in
agricoltura dei fanghi di cui all'art. 2  comma  1,  lettera  a)  del
D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 vigono i limiti  dell'Allegato  IB  del
predetto decreto nonche', per  la  concentrazione  di  idrocarburi  e
fenoli, i valori limite sanciti dalla Tabella 1, all.  5,  Titolo  V,
parte IV del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152». 
    Nel  disciplinare  l'utilizzo  in  agricoltura  dei   fanghi   di
depurazione delle acque reflue, la disposizione impugnata prevede  il
rispetto dei limiti di concentrazione dei  metalli  pesanti  e  degli
altri parametri previsti dal decreto legislativo 27 gennaio 1992,  n.
99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente  la  protezione
dell'ambiente,  in  particolare  del  suolo,  nell'utilizzazione  dei
fanghi di depurazione in agricoltura) e, per la concentrazione  degli
idrocarburi e dei fenoli, impone il rispetto  dei  valori  limite  di
concentrazione stabiliti nella Tabella 1 dell'Allegato 5 al Titolo V,
Parte IV, del d.lgs. n. 152 del 2006. 
    L'Avvocatura dello Stato osserva che questi valori tabellari sono
finalizzati alle verifiche del suolo per la  destinazione  d'uso  dei
siti da bonificare e sono distinti  in  funzione  dell'utilizzazione,
ossia a seconda che si tratti di siti  destinati  a  verde  pubblico,
privato e residenziale, ovvero a uso commerciale  e  industriale.  Si
tratterebbe, dunque, di valori elaborati in relazione ad una  diversa
tipologia di intervento e, pertanto, non sarebbero  applicabili  allo
smaltimento di rifiuti mediante spargimento in aree agricole. 
    Si fa inoltre rilevare che l'art. 41 del d.l. n.  109  del  2018,
per taluni analiti non previsti nel d.lgs. n. 99 del  1992,  tra  cui
proprio gli idrocarburi, ha introdotto un valore limite di 1000 mg/kg
di "sostanza secca" (recte: "tal  quale"),  corrispondente  a  quanto
indicato, in base alla normativa europea, quale limite massimo per la
determinazione dei rifiuti pericolosi. 
    Pertanto, nell'imporre il rispetto di limiti piu' restrittivi per
gli idrocarburi e per i fenoli, la disposizione  regionale  censurata
si  porrebbe  in  contrasto  con  il  parametro  statale,  costituito
dall'art. 41 del d.l. n. 109 del 2018,  che  ha  stabilito  i  valori
limite da assumere per gli idrocarburi e  per  altri  composti.  Cio'
determinerebbe, inoltre, un aggravio  sulla  filiera  gestionale  del
rifiuto, atteso l'obbligo di conferire in  discarica,  o  presso  gli
impianti di incenerimento o coincenerimento, i fanghi di  depurazione
delle acque reflue, non recuperabili in agricoltura. 
    La   disposizione   eccederebbe,   pertanto,   dalla   competenza
regionale, poiche' la disciplina della gestione dei  rifiuti  rientra
nella materia «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»,  riservata
alla competenza esclusiva dello Stato dall'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. 
    La difesa statale sottolinea come il potere di fissare livelli di
tutela uniforme sull'intero  territorio  nazionale  debba  intendersi
riservato allo Stato, ferma restando la competenza delle  Regioni  in
ordine alla cura di interessi  funzionalmente  collegati  con  quelli
propriamente ambientali. In riferimento alla gestione del  ciclo  dei
rifiuti e agli ambiti materiali ad essa  connessi,  viene  citata  la
giurisprudenza costituzionale,  secondo  cui  la  disciplina  statale
«costituisce, anche  in  attuazione  degli  obblighi  comunitari,  un
livello  di  tutela  uniforme  e  si  impone  sull'intero  territorio
nazionale, come un  limite  alla  disciplina  che  le  Regioni  e  le
Province autonome dettano in altre materie di  loro  competenza,  per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale  stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenza n. 58  del  2015;  nello
stesso senso, sono richiamate le sentenze n. 314 del 2009, n. 62  del
2008 e n. 378 del 2007). 
    2.2.- E' infine denunciata  l'illegittimita'  dell'art.  8  della
legge reg. Basilicata n. 4 del 2019, per contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost. 
    La disposizione  impugnata  consente  ai  Comuni  interessati  da
significativi e  ricorrenti  episodi  di  attentati  alla  proprieta'
privata di avvalersi delle risorse del Fondo Unico Autonomie  Locali,
di cui alla legge  reg.  n.  23  del  2018,  per  stipulare  apposite
convenzioni con imprese di vigilanza privata. 
    Ad  avviso   dell'Avvocatura   generale   dello   Stato,   questa
disposizione violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.,
che  riserva  alla  competenza  legislativa  esclusiva   statale   la
disciplina della tutela dell'ordine pubblico e  della  sicurezza.  La
parte ricorrente evidenzia che, con il  richiamo  al  «controllo  del
territorio», la disposizione censurata si riferisca all'attivita'  di
prevenzione dei reati, che  e'  tipica  della  funzione  di  pubblica
sicurezza. Questa costituisce, tuttavia, un'attivita' riservata  allo
Stato, diretta a tutelare beni fondamentali, come l'integrita' fisica
o psichica delle persone, la sicurezza di possessi e ogni altro  bene
che   assume   prioritaria   importanza   per   l'esistenza    stessa
dell'ordinamento (e' richiamata la sentenza n. 407 del 2002). 
    La parte ricorrente fa inoltre rilevare che l'art. 17 della legge
26 marzo 2001, n. 128 (Interventi legislativi in  materia  di  tutela
della sicurezza dei cittadini) prevede che il  Ministro  dell'interno
emana le direttive per la realizzazione, a livello  provinciale,  dei
piani  coordinati  di  controllo  del  territorio,  attuati,  in  via
prioritaria, dalle forze di polizia a competenza generale, Polizia di
Stato e Arma dei Carabinieri, sotto il  coordinamento  dell'autorita'
di pubblica sicurezza. La polizia locale e' chiamata a  concorrere  a
questi piani nell'ambito delle proprie competenze. 
    L'Avvocatura dello Stato evidenzia, inoltre, che,  in  attuazione
dell'art. 118, terzo comma, Cost., il decreto-legge 20 febbraio 2017,
n. 14 (Disposizioni urgenti in materia di  sicurezza  delle  citta'),
convertito, con modificazioni, nella legge 18 aprile 2017, n. 48,  ha
introdotto misure per realizzare azioni integrate dello Stato,  delle
Regioni, delle Province autonome di  Trento  e  Bolzano,  degli  enti
locali  e  di  altri  soggetti   istituzionali,   per   il   concorso
all'attuazione di un sistema unitario e integrato di  sicurezza,  per
il benessere delle comunita' locali  e  per  contrastare  il  degrado
delle aree urbane. 
    3.- Con atto depositato il 21 giugno 2019, si  e'  costituita  in
giudizio  la  Regione  Basilicata,  chiedendo  che  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge  reg.  n.  4  del
2019 sia dichiarata inammissibile o comunque infondata. 
    In via subordinata, la difesa regionale ha chiesto che l'art.  41
del d.l. n. 109 del 2018 sia dichiarato non applicabile, nella  parte
in cui impone limiti diversi da  quelli  stabiliti  nella  Tabella  1
dell'Allegato 5 al Titolo V, Parte IV, del d.lgs. n.  152  del  2006,
per contrasto con la direttiva 86/278/CEE del Consiglio del 12 giugno
1986, concernente la protezione  dell'ambiente,  in  particolare  del
suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, e
con il principio di precauzione sancito dall'art. 174,  paragrafo  2,
del Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997. 
    In via ulteriormente gradata, la parte resistente ha chiesto che,
ai sensi dell'art. 267 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea, come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona  del  13
dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto  2008,  n.  130,  sia
sollevata la questione pregiudiziale dell'art. 41 del d.l. n. 109 del
2018 o, alternativamente, che sia sollevata questione di legittimita'
costituzionale della medesima disposizione per  violazione  dell'art.
117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  ai  parametri  interposti
costituiti dalla direttiva 86/278/CEE e dal principio di  precauzione
di cui all'art. 174, paragrafo 2, del Trattato  di  Amsterdam,  oltre
che per violazione della competenza legislativa regionale in  materia
di agricoltura, di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. 
    3.1.- In via preliminare,  la  difesa  regionale  deduce  che  la
disposizione impugnata e' stata formulata nel contesto di un radicale
cambiamento  del  territorio  regionale,  conseguente  a  un  intenso
sfruttamento della  risorsa  petrolifera,  che  ha  dato  origine  ad
allarmanti fenomeni  pregiudizievoli  per  la  comunita'  lucana.  La
Regione ha ritenuto, dunque,  doveroso  attivare  misure  di  maggior
tutela  dell'ambiente,  della   salute   della   popolazione,   della
salubrita' del territorio, nonche' della produzione agricola. 
    Dopo avere richiamato i principi enunciati  dalla  giurisprudenza
costituzionale  in   riferimento   alla   «tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema», la difesa regionale sottolinea  come  il  carattere
trasversale della materia, e la sua  capacita'  di  estendersi  anche
nell'ambito delle competenze riconosciute alle Regioni, fa  salva  la
facolta' di queste ultime di adottare, nell'esercizio  delle  proprie
attribuzioni legislative, norme di tutela piu' elevata (e' citata  la
sentenza n. 7 del 2019). 
    3.2.- Si fa rilevare che gia' l'art. 6, numero 2, del  d.lgs.  n.
99 del 1992 assegnava alla competenza  regionale  la  definizione  di
«ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura per  i
diversi tipi di fanghi in relazione alle caratteristiche  dei  suoli,
ai tipi di colture praticate,  alla  composizione  dei  fanghi,  alle
modalita' di trattamento». 
    La Regione, con la norma censurata, solo per la concentrazione di
idrocarburi e fenoli, ha richiamato i valori limite  stabiliti  dalla
Tabella 1 dell'Allegato 5 al Titolo V, Parte IV, del  d.lgs.  n.  152
del 2006. Si tratterebbe di criteri piu' restrittivi,  in  ogni  caso
definiti dallo Stato, finalizzati  a  una  piu'  intensa  tutela  del
territorio e della salute dei cittadini. D'altra  parte,  osserva  la
difesa regionale, anche la giurisprudenza ha evidenziato  ragioni  di
preoccupazione in ordine ai limiti, piu' ampi, posti dall'art. 41 del
d.l. n. 109 del 2018 rispetto a alcune sostanze ritenute cancerogene,
quali appunto idrocarburi e fenoli. 
    Pur riconoscendo il potere statale di  individuare  gli  standard
minimi  di  tutela  in  maniera  omogenea  su  tutto  il   territorio
nazionale, la Regione Basilicata rivendica  il  potere  regionale  di
introdurre  livelli  di  tutela  piu'  elevati,  in  conformita'   al
principio di precauzione e ai piu' stringenti valori soglia  indicati
dalla normativa europea recepita dal d.lgs. n. 152 del 2006. 
    D'altra parte, il d.lgs. n. 99  del  1992  sarebbe  coerente  con
l'art. l della  direttiva  86/278/CEE,  che,  all'art.  3,  comma  2,
prevede che «i fanghi di cui all'articolo 2, lettera a),  punto  II),
possono  essere  utilizzati  in  agricoltura   nel   rispetto   delle
condizioni che lo Stato membro interessato puo'  ritenere  necessarie
per garantire la tutela delle salute dell'uomo  e  dell'ambiente»  e,
all'art. 12, consente agli Stati  membri  di  «adottare  misure  piu'
severe di quelle previste nella presente direttiva». 
    Ad avviso della difesa  regionale,  questa  impostazione  sarebbe
piu'  aderente  alla  Carta  dei  diritti  fondamentali   dell'Unione
europea,  proclamata  a  Nizza  il  7  dicembre  2000  e  adattata  a
Strasburgo il 12  dicembre  2007,  che  anteporrebbe  la  tutela  del
diritto alla salute, garantito dagli  artt.  3  e  35,  perfino  alla
tutela dell'ambiente (art. 37). 
    L'esigenza di armonizzazione della disciplina  nazionale  con  la
normativa  europea  in  materia  ambientale  deve  tenere  conto  del
principio di precauzione, di  cui  all'art.  174,  paragrafo  2,  del
Trattato di  Amsterdam,  che  riprende  l'art.  130  R  del  Trattato
sull'Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato
in vigore il 1° novembre 1993. In quanto  discende  direttamente  dal
Trattato  UE,  tale  principio  costituisce  criterio  interpretativo
valido in Italia, a prescindere da singoli atti di recepimento  delle
direttive in cui esso si compendia (e' citato il Consiglio di  Stato,
sezione quarta, sentenza 21 agosto 2013, n. 4227).  Cio'  vale  anche
per la normativa di cui al d.lgs n.  152  del  2006,  che  impone  di
privilegiare trattamenti di tutela dell'ambiente e della salute  piu'
elevati (art. 301, comma l, del d.lgs. n. 152 del 2006, espressamente
richiamato quale principio fondamentale, anche  in  tema  di  rifiuti
dall'art. 178, comma l, dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006). 
    Primato  dell'Unione   europea   e   principio   di   precauzione
imporrebbero dunque un'interpretazione della norma  statale  conforme
al   diritto   europeo.   Dovrebbe,   quindi,   ritenersi   legittimo
l'intervento regionale volto a garantire, attraverso l'imposizione di
limiti piu' stringenti, livelli di tutela piu' elevati. 
    La difesa  regionale  osserva  che  il  contrasto  di  una  norma
nazionale con una norma della Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, si traduce in una  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,
Cost. Ove non sia possibile un'interpretazione della  prima  conforme
alla seconda, il giudice, non potendo applicare la norma nazionale in
contrasto   con   quella   convenzionale   (e,   pertanto,   con   la
Costituzione),  deve   sollevare   la   questione   di   legittimita'
costituzionale ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost. Tale  sorte
meriterebbe  la  norma  statale  interposta  richiamata  dalla  parte
ricorrente, l'art. 41 del d.l. n. 209 del 2018,  laddove  sia  intesa
nel senso di precludere alla Regione di elevare i livelli  di  tutela
della  salute  e  dell'ambiente  nella  disciplina  dell'utilizzo  in
agricoltura dei fanghi di depurazione. 
    3.3.-  La  Regione  Basilicata  non  ha  svolto  alcun  argomento
difensivo, ne' ha avanzato alcuna istanza in ordine alle questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 8  della  legge
reg. Basilicata n. 4 del 2019. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale, tra gli altri, degli artt. 2, comma 7, 5
e 8 della  legge  della  Regione  Basilicata  13  marzo  2019,  n.  4
(Ulteriori disposizioni urgenti in vari  settori  d'intervento  della
Regione Basilicata). 
    1.1.- Va  riservata  a  separata  pronuncia  la  decisione  delle
ulteriori questioni di legittimita' costituzionale  promosse  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    1.2.- In primo luogo, e' impugnato l'art. 2, comma 7, che  -  nel
modificare il secondo comma dell'art. 28, comma 2, della legge  della
Regione Basilicata 9 gennaio 1995, n.  2  (Norme  per  la  protezione
della fauna selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio)  -
attribuisce alla Polizia provinciale la  facolta'  di  avvalersi  del
personale dell'Arma dei Carabinieri forestali, per  l'attuazione  dei
piani di  abbattimento  della  fauna  selvatica,  ove  si  dimostrino
inefficaci gli interventi di controllo selettivo mediante  l'utilizzo
di metodi ecologici. Nel consentire alla Regione di attribuire  nuovi
compiti a una forza di polizia statuale, la  disposizione  violerebbe
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  g),  della  Costituzione,  che
riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la disciplina
dell'«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli
enti pubblici nazionali». 
    1.3. - E' inoltre censurato l'art.  5  della  stessa  legge  reg.
Basilicata n. 4 del 2019. Ai fini dello  spandimento  dei  fanghi  di
depurazione delle acque reflue in  agricoltura,  questa  disposizione
impone il rispetto - per la concentrazione degli  idrocarburi  e  dei
fenoli  -dei  limiti  di  concentrazione  soglia  di   contaminazione
stabiliti nella Tabella I, allegato 5 al  titolo  V,  parte  IV,  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale). Cio' violerebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., poiche'  la  Regione  avrebbe  disciplinato  la  gestione  dei
rifiuti,  che  rientra  nella   materia   «tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema», riservata alla competenza esclusiva statale. 
    1.4.- Infine, e' impugnato l'art. 8 della legge  reg.  Basilicata
n. 4 del 2019, che consente ai Comuni interessati da significativi  e
ricorrenti episodi di attentati alla proprieta' privata di  avvalersi
delle risorse del Fondo Unico Autonomie Locali,  di  cui  alla  legge
della  Regione  Basilicata  19  settembre  2018,   n.   23,   recante
«Istituzione  del  Fondo  Unico  Autonomie  Locali  (F.U.A.L.)»,  per
stipulare apposite convenzioni  con  imprese  di  vigilanza  privata.
Questa disposizione violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera h),
Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva  statale  la
disciplina della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza. 
    2.- Con riferimento alla prima  disposizione  impugnata,  occorre
preliminarmente rilevare che, nelle more del  presente  giudizio,  e'
entrata in vigore la legge della Regione Basilicata 20 marzo 2020, n.
12 (Collegato alla legge di stabilita'  regionale  2020).  L'art.  1,
recante «Modifiche alla legge regionale 9 gennaio 1995, n.  2  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio)», sostituisce il secondo periodo del comma 2 dell'art.  28
della legge reg. Basilicata n. 2 del  1995  con  il  seguente:  «Tali
piani  di  abbattimento  vengono  attuati  dal   Corpo   di   polizia
provinciale e dalla Polizia locale muniti di licenzia per l'esercizio
venatorio  nonche',  previa  intesa  tra  Regione  Basilicata  ed  il
Ministero  delle  politiche  agricole  e  forestali,  dall'Arma   dei
carabinieri, ai sensi del comma  5,  dell'articolo  13,  del  decreto
legislativo 19 agosto  2016,  n.  177  (Disposizioni  in  materia  di
razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del  Corpo
forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a),
della legge 7 agosto 2015, n. 124,  in  materia  di  riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche)». 
    Pertanto, rispetto  alla  previsione  di  cui  alla  disposizione
impugnata, la recente  legge  reg.  Basilicata  n.  12  del  2020  ha
introdotto la necessita' della previa intesa tra la stessa Regione ed
il Ministero delle politiche agricole e forestali, al fine di potersi
avvalere dell'Arma dei Carabinieri  per  l'attuazione  dei  piani  di
abbattimento della fauna selvatica. In considerazione  delle  censure
poste a fondamento dell'impugnazione  statale,  il  nuovo  intervento
regionale e' volto a realizzare, attraverso lo strumento dell'intesa,
una  forma  di  coordinamento  tra  apparati  statali  e   regionali.
Nell'introdurre l'intesa tra la Regione e il  Ministero,  la  novella
legislativa appare, dunque, satisfattiva delle pretese  fatte  valere
dal ricorrente. 
    2.1.- Peraltro, «la modifica normativa  della  norma  oggetto  di
questione  di   legittimita'   costituzionale   in   via   principale
intervenuta in pendenza di giudizio  determina  la  cessazione  della
materia del  contendere  solo  quando  ricorrono  simultaneamente  le
seguenti condizioni: occorre che  il  legislatore  abbia  abrogato  o
modificato le norme censurate in  senso  satisfattivo  delle  pretese
avanzate con il  ricorso  e  occorre  che  le  norme  impugnate,  poi
abrogate  o  modificate,  non  abbiano  ricevuto  applicazione  medio
tempore» (ex plurimis, sentenze n. 287 e n. 180 del 2019, n. 238,  n.
185, n. 44 e n. 5 del 2018, n. 191, n. 170, n. 59 e n. 8 del 2017). 
    Nel caso in esame, la disposizione impugnata e' rimasta in vigore
per circa un anno (dal 15 marzo 2019 al 24 marzo  2020)  e  non  sono
disponibili informazioni circa  la  sua  effettiva  applicazione.  Si
tratta, dunque, di un arco temporale piuttosto  ampio  e  la  Regione
Basilicata, pur essendo costituita  nel  presente  giudizio,  non  ha
svolto  alcun  argomento  a   sostegno   della   legittimita'   della
disposizione impugnata, ne'  ha  fornito  indicazioni  circa  la  sua
mancata applicazione. 
    In assenza di un presupposto imprescindibile per la dichiarazione
della cessazione della  materia  del  contendere,  si  deve,  quindi,
ritenere che persiste l'interesse dello Stato  alla  trattazione  del
ricorso. 
    3.- Nel  merito,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 7, della legge reg. Basilicata n. 4  del  2019  e'
fondata. 
    Come si e' gia' osservato, nel modificare il comma 2 dell'art. 28
della legge reg. Basilicata n. 2 del 1995, la disposizione  impugnata
ha previsto che - laddove si dimostrino inefficaci gli interventi  di
controllo selettivo della  fauna  selvatica  mediante  l'utilizzo  di
metodi  ecologici  -  la  Polizia  provinciale  puo'  avvalersi,  per
l'attuazione dei piani di abbattimento, del personale  dell'Arma  dei
Carabinieri forestali. 
    Con la disposizione  impugnata,  la  Regione  Basilicata  si  e',
dunque, attribuita il potere di assegnare unilateralmente ad un corpo
di polizia dello Stato compiti ulteriori rispetto a quelli  stabiliti
dalla legge statale, per il perseguimento  di  obiettivi  individuati
dalla stessa Regione. Questa previsione  contrasta  con  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  g),  Cost.,  che  riserva   alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato la disciplina  dell'«ordinamento  e
organizzazione amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici
nazionali». 
    Al  riguardo,  la  giurisprudenza  costituzionale   e'   costante
nell'affermare che le Regioni non possono porre a carico di organi  e
amministrazioni dello  Stato  compiti  ulteriori  rispetto  a  quelli
individuati   dalla   legge   statale,   ne'   possono   disciplinare
unilateralmente,   nemmeno   nell'esercizio   della   loro   potesta'
legislativa,  forme  di  collaborazione  e   di   coordinamento   che
coinvolgono attribuzioni di organi statali (ex plurimis, sentenze  n.
2 del 2013, n. 167 del 2010, n. 104 del 2010, n. 10 del 2008 e n. 322
del 2006). 
    4.- E' fondata,  in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera  s),  Cost.,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 5 della legge reg. Basilicata n. 4 del 2019. 
    4.1.- Con la disposizione impugnata,  la  Regione  Basilicata  ha
disciplinato l'impiego in agricoltura dei fanghi  di  depurazione  di
acque reflue, richiamando - solo per la concentrazione di idrocarburi
e fenoli - i valori limite stabiliti dalla Tabella 1 dell'Allegato  5
al Titolo V, Parte IV, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152
(Norme in materia ambientale). In applicazione di questa tabella,  la
concentrazione soglia di contaminazione e' stabilita in 50  mg/kg  di
"sostanza secca". 
    Questi criteri stabiliti  dal  legislatore  regionale  risultano,
invero, piu' restrittivi, quanto alla concentrazione di idrocarburi e
fenoli,  di  quelli  stabiliti  dall'art.  41  del  decreto-legge  28
settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la citta' di Genova,
la  sicurezza  della  rete  nazionale  delle  infrastrutture  e   dei
trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e  le  altre
emergenze), convertito, con modificazioni, nella  legge  16  novembre
2018,  n.  130.  Infatti,  quest'ultima  disposizione,   dopo   avere
confermato i limiti  dell'Allegato  IB  del  decreto  legislativo  27
gennaio  1992,  n.  99   (Attuazione   della   direttiva   86/278/CEE
concernente la protezione dell'ambiente, in  particolare  del  suolo,
nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura) per  gli
idrocarburi (C10-C40) stabilisce il valore limite di 1.000 mg/kg "tal
quale" (ossia non sulla "sostanza secca"). 
    4.2.- Tale valore limite e' stato anche oggetto di controversia e
di critica in sedi diverse. Tuttavia,  la  verifica  di  legittimita'
costituzionale che il ricorrente rimette a questa  Corte  attiene  al
riparto di competenze stabilito dall'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost. Ed e' la stessa Regione Basilicata, nelle  proprie  istanze
difensive, a prospettare la questione sempre a  difesa  del  corretto
riparto di competenze. 
    La verifica demandata a questa Corte deve allora tenere conto, in
primo luogo, della qualificazione prevista dall'art. 127  del  d.lgs.
n. 152 del 2006, secondo la quale «i fanghi derivanti dal trattamento
delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei  rifiuti,  ove
applicabile». 
    Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte  e'  costante  nel
ritenere che la disciplina della gestione dei  rifiuti  debba  essere
ricondotta alla «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»,  materia
naturalmente trasversale, idonea percio' a incidere sulle  competenze
regionali (ex plurimis, sentenze n. 289 e n. 142 del 2019, n. 215, n.
151 e n. 150 del 2018, n. 101 del 2016, n. 180, n. 149 e  n.  58  del
2015, n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33
del 2011, n. 314, n. 61 e n. 10 del 2009). 
    E' altresi' costante l'affermazione secondo la quale, in  materia
ambientale,  il  potere  di  fissare  livelli  di   tutela   uniforme
sull'intero territorio  nazionale  e'  riservato  allo  Stato,  ferma
restando  la  competenza  delle  Regioni  alla  cura   di   interessi
funzionalmente  collegati  con  quelli  propriamente  ambientali  (ex
plurimis, sentenze n. 129 del 2019, n. 215, n. 151 e n. 150 del 2018,
n. 85 del 2017, n. 180, n. 149 e n. 58 del 2015, n. 67 del  2014,  n.
314, n. 249, n. 225 e n. 164 del 2009, n. 437 e n. 62  del  2008,  n.
378 del 2007 e n. 536 del 2002). 
    Quanto  a  tali  interventi,  la  Corte  ha  affermato   che   la
collocazione della materia «tutela dell'ambiente [e] dell'ecosistema»
tra quelle di esclusiva  competenza  statale  «non  comporta  che  la
disciplina statale vincoli in ogni caso  l'autonomia  delle  Regioni,
poiche' il carattere trasversale  della  materia,  e  quindi  la  sua
potenzialita'  di  estendersi  anche  nell'ambito  delle   competenze
regionali, mantiene salva la  facolta'  delle  Regioni  di  adottare,
nell'esercizio delle loro competenze  legislative,  norme  di  tutela
piu' elevate» (ex plurimis, sentenze n. 7 del 2019, n. 215 del  2018,
n. 77 del 2017, n. 58 del 2015, n. 278 del 2012, n. 30 del  2009,  n.
104 del 2008, n. 246 del 2006 e n. 407 del 2002). 
    D'altra parte, nel disciplinare l'utilizzo agronomico dei  fanghi
di depurazione, la disposizione regionale impugnata dispiega  i  suoi
effetti   anche   in   materia   di   agricoltura,   definita   dalla
giurisprudenza  costituzionale  come  ambito  materiale  in  cui   e'
individuabile un "nocciolo duro", assegnato alla competenza residuale
regionale, che «ha a che  fare  con  la  produzione  di  vegetali  ed
animali destinati all'alimentazione» (sentenze n. 250  del  2009,  n.
116 del 2006, n. 282 e n. 12 del 2004). 
    4.3.- Cio' posto,  il  contenuto  precettivo  della  disposizione
regionale impugnata impone il rispetto  di  criteri  diversi  e  piu'
restrittivi, quanto alla concentrazione  di  idrocarburi,  di  quelli
stabiliti dall'art. 41 del d.l. n. 109 del 2018. Si  tratta,  allora,
di verificare se - nel richiamare i valori tabellari di cui al d.lgs.
n. 152 del 2006 - la Regione Basilicata abbia disciplinato l'utilizzo
in agricoltura dei fanghi di depurazione, da un lato, pervenendo a un
piu' elevato livello di tutela ambientale, dall'altro  rimanendo  nel
"nocciolo duro" della propria competenza in materia  di  agricoltura,
giacche' quel piu' elevato livello concorre  anche  a  migliorare  la
produzione  agricola  destinata  all'alimentazione.  Alla  luce   dei
principi  sopra  richiamati,  l'esito  di  tale  verifica  si  rivela
negativo. 
    Va infatti riconosciuto che la competenza a  stabilire  i  valori
limite delle sostanze presenti nei fanghi di depurazione ai fini  del
loro utilizzo agronomico  non  puo'  che  spettare  allo  Stato,  per
insuperabili  esigenze  di  uniformita'  sul  territorio   nazionale,
sottese all'esercizio della competenza esclusiva di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Tali  esigenze  di  uniformita'  non  discendono  soltanto  dalla
necessita'  di  applicare  metodiche  di   valutazione   e   standard
qualitativi che siano omogenei e comparabili su tutto  il  territorio
nazionale, ma, non di meno, dal carattere integrato, anche a  livello
internazionale, del complessivo sistema di gestione e smaltimento dei
rifiuti, al servizio di interessi di rilievo ultraregionale. 
    4.3.1.- E' pur vero che  l'utilizzo  dei  fanghi  di  depurazione
delle  acque  reflue  in  agricoltura  deve  essere   calibrato   per
soddisfare i  fabbisogni  nutritivi  delle  colture  agrarie,  avendo
riguardo agli eventuali  effetti  correttivi  di  talune  matrici  ed
evitando l'accumulo di elementi e sostanze tossiche e pericolose  nel
terreno. 
    Tuttavia,  la  disposizione  regionale  impugnata,  che   si   fa
interprete di questa  legittima  esigenza,  concretizza  una  visione
frammentaria  del  sistema  integrato  di  gestione  dei  fanghi   di
depurazione.  La  limitazione   al   relativo   utilizzo,   derivante
dall'applicazione dei piu' restrittivi criteri regionali, e'  infatti
suscettibile  di  incidere  sul  complessivo  sistema  nazionale   di
gestione dei fanghi di depurazione, sull'adempimento  degli  obblighi
di riduzione  del  conferimento  in  discarica  di  tutti  i  rifiuti
recuperabili e riciclabili (art.  1,  punto  4),  lettera  c),  della
direttiva 2018/850/UE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  30
maggio 2018, che  modifica  la  direttiva  1999/31/CE  relativa  alle
discariche di rifiuti), nonche' sulla cessazione  della  qualita'  di
rifiuto (end of waste) che, in base alla  normativa  europea,  spetta
agli Stati membri decidere (art. 6  della  direttiva  2008/98/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa  ai
rifiuti e che abroga alcune direttive). 
    Le  restrizioni  introdotte  dalla  Regione  Basilicata  con   la
disposizione impugnata si traducono, infatti,  nell'incremento  della
quantita' di  rifiuti,  destinato  a  ripercuotersi  sul  complessivo
sistema di gestione, recupero e smaltimento. Le medesime  limitazioni
regionali finiscono per gravare  sulla  complessiva  capacita'  degli
impianti di depurazione e trattamento,  sui  corpi  idrici  ai  quali
afferiscono le acque reflue dopo il trattamento, sui flussi interni e
transfrontalieri di rifiuti destinati allo smaltimento. 
    Il punto di equilibrio fra la legittima esigenza regionale  e  le
richiamate ragioni di uniformita'  non  puo'  realizzarsi  attraverso
l'interferenza della Regione nella competenza statale in  materia  di
disciplina della gestione dei  rifiuti.  La  Regione  deve  attenersi
all'esercizio della propria competenza a tutela della qualita'  delle
produzioni agricole. Tale competenza ben le potrebbe  consentire,  in
primo luogo, l'adozione di limiti e condizioni nell'utilizzazione  in
agricoltura dei diversi tipi di fanghi, avuto riguardo alle  concrete
caratteristiche dei suoli, con riferimento in particolare  alla  loro
vulnerabilita', nonche' ai tipi di colture praticate. Inoltre,  fermo
restando il rispetto dei  valori  limite  stabiliti  dalla  normativa
statale, l'intervento  delle  Regioni  potrebbe  anche  tradursi  nel
miglioramento della qualita' dei fanghi prodotti sul loro  territorio
nell'ambito del servizio idrico integrato. 
    4.3.2.- D'altra parte, va rilevato che nel  caso  del  richiamato
art. 41, si tratta di una composizione di  interessi  individuata  in
via temporanea, «[a]l fine di superare situazioni di criticita' nella
gestione dei fanghi di  depurazione,  nelle  more  di  una  revisione
organica della normativa di settore». Infatti, nella recente legge  4
ottobre 2019, n. 117 (Delega al  Governo  per  il  recepimento  delle
direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea  -
Legge di delegazione europea 2018), all'art. 15, lettera b), e' stata
prevista l'adozione di una «nuova disciplina organica in  materia  di
utilizzazione dei fanghi, anche modificando la  disciplina  stabilita
dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, al fine di  garantire
il  perseguimento  degli  obiettivi  di  conferimento  in   discarica
previsti dalle disposizioni di cui all'articolo 1, numero  4),  della
direttiva (UE) 2018/850». 
    Va  inoltre  rilevato  che  il  1°  agosto  2018  la   Conferenza
Stato-Regioni aveva gia' espresso parere favorevole sullo  schema  di
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e
del mare, recante regolamento concernente modifiche agli allegati IA,
IIA, IB e IIB al d.lgs. n. 99 del 1992. Tale schema gia' conteneva la
previsione  di  un  valore  limite  per  idrocarburi.   Dal   dialogo
istituzionale che, in seguito, ha accompagnato  anche  lo  schema  di
decreto  legislativo  in  corso  di  elaborazione,  nel   quadro   di
un'approfondita  interlocuzione  con  le  autonomie  regionali,   non
emergono  puntuali  contestazioni,  neppure  da  parte  della  stessa
Regione Basilicata, in ordine alla  condivisione  dei  valori  soglia
stabiliti per il parametro idrocarburi (C10-C40) nei fanghi destinati
ad utilizzo in agricoltura. Inoltre, l'introduzione di  nuovi  limiti
per tale parametro,  oggetto  di  approfonditi  studi  sia  da  parte
dell'Istituto superiore per la protezione e  la  ricerca  ambientale,
sia  dell'Istituto  superiore  di  sanita',  risulta   dagli   stessi
condivisa. 
    Nel  disciplinare  la  destinazione  agronomica  dei  fanghi,  la
disposizione regionale impugnata viola, dunque, la competenza statale
esclusiva in materia di gestione dei rifiuti. 
    4.4.- Infine, non possono essere  accolte  le  ulteriori  istanze
avanzate dalla difesa regionale, volte ad ottenere che sia presentata
richiesta di pronuncia pregiudiziale,  ai  sensi  dell'art.  267  del
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  Europea,  come  modificato
dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato
dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, in ordine all'art. 41 del d.l.  n.
109 del 2018, ovvero che  sia  sollevata  questione  di  legittimita'
costituzionale della medesima disposizione, per violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost. 
    A sostegno di tali richieste, la Regione deduce il  non  adeguato
rispetto  del  principio  di  precauzione,  ma  non  identifica   con
chiarezza  i  parametri  europei  dei  quali  assume  la  violazione,
limitandosi  ad  un  generico  richiamo  dei  principi  posti   dalla
direttiva 86/278/CEE, la quale, tuttavia,  non  contiene  indicazioni
circa la presenza di idrocarburi nei  fanghi  destinati  all'utilizzo
agricolo. 
    5.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della
legge reg. Basilicata n. 4 del 2019 non e' fondata. 
    La disposizione impugnata  consente  ai  «Comuni  interessati  da
ricorrenti e  significativi  episodi  di  attentati  alla  proprieta'
privata» di stipulare «apposite convenzioni con le imprese private di
vigilanza», avvalendosi  delle  risorse  del  Fondo  Unico  Autonomie
Locali, istituito dalla legge della Regione Basilicata  19  settembre
2018, n. 23, recante «Istituzione del Fondo  Unico  Autonomie  Locali
(F.U.A.L.)» e finanziato con fondi del bilancio regionale, al fine di
«migliorare i processi di controllo del territorio e fornire maggiore
sicurezza ai cittadini lucani». 
    Ad  avviso  della  parte  ricorrente,  questa  attivita'  sarebbe
connessa all'attivita' di prevenzione dei reati, che e' tipica  della
funzione di pubblica sicurezza. La disposizione  regionale  impugnata
avrebbe quindi violato l'art. 117, secondo comma, lettera h),  Cost.,
che  riserva  alla  competenza  legislativa  esclusiva   statale   la
disciplina della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza. 
    Tuttavia, nel caso  in  esame,  la  stipula  di  convenzioni  con
istituti  privati  di  vigilanza  si  configura   come   un'attivita'
ordinaria  di  gestione  del  patrimonio  iure  privatorum,  che  non
interferisce con la disciplina  della  prevenzione  dei  reati  e  il
mantenimento dell'ordine  pubblico  e  della  sicurezza,  ma  attiene
soltanto  alla  prudente  amministrazione   e   custodia   dei   beni
patrimoniali. Va da se' che gli istituti di  vigilanza  con  i  quali
sono stipulate le predette  convenzioni  non  hanno,  ne'  potrebbero
avere, compiti e tanto meno poteri di pubblica sicurezza.