ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  64  della
legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n.  30  (Collegato  alla
legge  di  stabilita'  regionale  2017),   promosso   dal   Tribunale
amministrativo regionale per il Veneto nel procedimento vertente  tra
V. C. e altri  e  il  Comune  di  Altavilla  Vicentina  e  altri  con
ordinanza del 12 dicembre  2018,  iscritta  al  n.  96  del  registro
ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente  della   Giunta
regionale del Veneto,  dell'Anci  Veneto-Associazione  regionale  dei
Comuni  del  Veneto,  dell'Ance  Veneto-Associazione  regionale   dei
costruttori edili del Veneto e di M. B. P.; 
    udito nella camera di consiglio del  10  marzo  2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera, sostituito per la  redazione  della
decisione dal Giudice Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ordinanza  del   12   dicembre   2018,   il   Tribunale
amministrativo regionale per il  Veneto  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 64 della  legge  della  Regione
Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2017), in riferimento agli artt. 3, 5, 114, secondo  comma,
117, commi secondo, lettera l), e sesto, e 118 della Costituzione. 
    1.1.- Per quanto espone l'ordinanza di  rimessione,  il  giudizio
principale trae origine dalla denuncia di inizio attivita' presentata
il 1° dicembre 2016 da V. C. e altri, titolari di diritti reali su un
immobile  residenziale  nel  Comune  di  Altavilla   Vicentina,   per
l'ampliamento e la  ristrutturazione  dell'edificio  con  i  benefici
della legge della Regione Veneto 8 luglio  2009,  n.  14  (Intervento
regionale a sostegno del settore edilizio e per  favorire  l'utilizzo
dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12  luglio
2007, n. 16 in materia di barriere architettoniche), anche nota  come
legge veneta per il "piano casa". 
    La  denuncia  di  inizio  attivita'   prospettava   l'ampliamento
dell'abitazione tramite fruizione del bonus edificatorio del  20  per
cento e la contestuale ristrutturazione di  un  manufatto  condonato,
consistente in una baracca metallica, a  ridosso  del  confine,  onde
dotare l'immobile di un'autorimessa piu' adatta  alle  condizioni  di
una dei titolari, anziana e invalida. 
    La relazione  tecnica  allegata  alla  denuncia  evidenziava  che
l'intervento avrebbe derogato alla distanza minima  di  cinque  metri
dal confine stabilita dalle norme tecniche operative del Piano  degli
interventi, deroga che appariva tuttavia legittima sulla scorta della
corrente giurisprudenza amministrativa. 
    Quest'ultima, infatti, nell'interpretare l'art. 9, comma 8, della
legge reg. Veneto n. 14 del 2009, a tenore del  quale  «[s]ono  fatte
salve le disposizioni in materia di distanze previste dalla normativa
statale vigente», considerava inderogabili le sole distanze  previste
da disposizioni statali, non  anche  quelle  stabilite  da  strumenti
urbanistici e regolamenti comunali. 
    In  ragione  del  mutamento  intervenuto  medio   tempore   nella
giurisprudenza amministrativa, infine orientatasi a qualificare  come
inderogabili anche le  distanze  di  matrice  locale,  il  Comune  di
Altavilla Vicentina aveva inibito i lavori  esposti  in  denuncia,  e
l'inibitoria si era consolidata per mancata impugnazione. 
    Era quindi sopravvenuta la legge reg. Veneto n. 30 del 2016, che,
all'art. 64, aveva fornito l'interpretazione autentica  del  suddetto
divieto di deroga, riferendolo esclusivamente alle distanze stabilite
da disposizioni statali, nel contempo prevedendo l'obbligo di riesame
dei provvedimenti comunali  emessi  sulla  base  dell'interpretazione
opposta. 
    L'istanza di riesame avanzata da V. C. e  altri  e'  stata  pero'
respinta dal Comune  di  Altavilla  Vicentina,  e  l'impugnazione  di
questo rigetto costituisce l'oggetto del giudizio a quo. 
    2.- Il TAR Veneto sospetta che l'art. 64 della legge reg.  Veneto
n. 30 del 2016 violi gli artt. 3, 5, 114, secondo comma,  117,  commi
secondo, lettera l), e sesto,  e  118  Cost.,  «nella  parte  in  cui
dispone (recte:  consente)  la  deroga  della  distanza  dai  confini
prevista dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti dei Comuni». 
    2.1.- In punto di rilevanza delle questioni,  il  giudice  a  quo
osserva che l'impugnato diniego di riesame dell'inibitoria  e'  stato
motivato dal Comune di Altavilla Vicentina con esclusivo  riferimento
all'inderogabilita'  della  distanza  prevista   dalle   disposizioni
locali,  sicche',  qualora  la  norma  regionale  di  interpretazione
autentica  fosse  dichiarata  incostituzionale,  l'impugnazione   del
diniego  andrebbe  respinta,   trovando   conferma   il   presupposto
dell'inderogabilita' della distanza; viceversa, qualora  detta  norma
fosse  giudicata  costituzionalmente  legittima,  l'impugnazione  del
diniego andrebbe accolta e il Comune sarebbe obbligato a  riesaminare
le proprie determinazioni. 
    2.2.- In punto di non manifesta infondatezza delle questioni,  il
rimettente assume che,  consentendo  la  deroga  delle  distanze  dai
confini previste da strumenti urbanistici e regolamenti comunali,  il
legislatore  regionale  abbia  inciso  la  materia   dell'ordinamento
civile, riservata alla potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato
dall'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., atteso che le  norme
edilizie locali, le quali prescrivono maggiori distanze  dal  confine
rispetto alla distanza nelle costruzioni stabilita dall'art. 873  del
codice civile, hanno carattere integrativo per gli effetti  dell'art.
872, secondo comma, del  medesimo  codice;  ne'  la  norma  regionale
impugnata potrebbe  essere  ricondotta  al  governo  del  territorio,
materia di legislazione concorrente ex art. 117, terzo comma,  Cost.,
per non essere la deroga, che quella norma consente, inserita in  uno
strumento di conformazione dell'assetto complessivo e unitario di una
determinata zona territoriale. 
    Per  altro  verso,  la  censurata  norma   regionale   violerebbe
l'autonomia dei Comuni, affermata dagli artt. 5, 114, secondo  comma,
117, sesto comma, e  118  Cost.,  «avendo  esautorato  i  Comuni  dal
disciplinare in conformita' con le specifiche esigenze di un ordinato
sviluppo del proprio territorio ed in modo  equo  i  rapporti  tra  i
proprietari confinanti per una intera categoria di interventi edilizi
[...]». 
    Sarebbe infine violato l'art. 3  Cost.,  per  irragionevolezza  e
disparita' di trattamento, in quanto la derogabilita' della  distanza
di cinque metri dal confine favorirebbe  in  modo  sproporzionato  il
costruttore in prevenzione, imponendo al prevenuto  di  costruire  in
arretramento per osservare la distanza  di  dieci  metri  tra  pareti
finestrate prescritta dall'art. 9 del decreto del Ministro dei lavori
pubblici 2 aprile 1968, n.  1444  (Limiti  inderogabili  di  densita'
edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi
tra spazi destinati agli insediamenti  residenziali  e  produttivi  e
spazi pubblici  o  riservati  alle  attivita'  collettive,  al  verde
pubblico o a parcheggi da osservare  ai  fini  della  formazione  dei
nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai
sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765); nonostante  la
sua posizione abbia la medesima  natura  di  diritto  soggettivo,  il
confinante avrebbe  «una  diversa  tutela  a  fronte  di  uno  stesso
intervento edilizio», a seconda che questo sia  stato  realizzato  in
forza della norma regionale derogatoria anziche' nel  rispetto  delle
ordinarie norme di piano. 
    3.- Con atti depositati l'11 luglio  2019,  sono  intervenute  ad
opponendum l'Anci Veneto-Associazione regionale dei Comuni del Veneto
e l'Ance Veneto-Associazione  regionale  dei  costruttori  edili  del
Veneto, la prima quale rappresentante dei  Comuni  del  Veneto  nelle
sedi  istituzionali,  la  seconda  quale  ente   esponenziale   della
categoria di  riferimento,  entrambe  assumendosi  portatrici  di  un
interesse   qualificato,   immediatamente   inerente   al    rapporto
sostanziale dedotto in giudizio. 
    3.1.- Le intervenienti oppositive hanno  chiesto  dichiararsi  le
questioni  manifestamente  infondate,  poiche'  la   norma   che   ne
costituisce oggetto pur sempre afferisce al governo  del  territorio,
materia di  competenza  legislativa  concorrente,  l'esercizio  della
quale non avrebbe in alcun modo conculcato l'autonomia comunale;  del
tutto coerente con la disciplina generale delle distanze sarebbe  poi
l'effetto  della  prevenzione  edificatoria  nella  relazione  tra  i
proprietari frontisti; in subordine, le intervenienti  hanno  chiesto
che gli effetti di un'eventuale declaratoria  di  incostituzionalita'
decorrano solo ex nunc, a salvaguardia  dell'affidamento  riposto  da
cittadini, enti ed  operatori  nella  legittimita'  degli  interventi
edilizi operati in deroga. 
    4.- Con atto depositato il 16  luglio  2019,  e'  intervenuto  ad
adiuvandum M. B. P., attore in un diverso giudizio, ora  pendente  in
grado di appello, nel  quale  egli  ha  lamentato  la  violazione  in
proprio danno della distanza dei cinque metri in regime di deroga  ex
art. 64 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016. 
    4.1.-  L'interveniente  adesivo   ha   chiesto   dichiararsi   la
fondatezza delle questioni come sollevate, o quantomeno emettersi una
pronuncia interpretativa  che  estenda  il  divieto  di  deroga  alle
distanze di fonte comunale. 
    5.- Con atto depositato il 16  luglio  2019,  e'  intervenuto  il
Presidente della  Giunta  regionale  del  Veneto,  chiedendo  che  le
questioni  siano  dichiarate  inammissibili  o   infondate,   e,   in
subordine,  che  gli  effetti   di   un'eventuale   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale siano limitati al futuro. 
    5.1.- Ad  avviso  di  quest'ultimo  interveniente,  le  questioni
sarebbero inammissibili perche' la norma censurata non  e'  stata  in
realta' applicata  dal  Comune  di  Altavilla  Vicentina,  che  anzi,
sospettandone     l'incostituzionalita',     l'ha     deliberatamente
disapplicata, negando il riesame della pregressa inibitoria,  sicche'
il giudizio principale avrebbe ad oggetto unicamente la questione  di
legittimita' costituzionale, onde un difetto di incidentalita'. 
    Le questioni sarebbero comunque infondate, per  la  riferibilita'
della norma censurata alla  materia  di  competenza  concorrente  del
governo del territorio e per  il  carattere  limitato  delle  deroghe
consentite, incapaci di alterare  tanto  l'esercizio  delle  funzioni
comunali  di  pianificazione  territoriale,   quanto   la   relazione
edificatoria dei proprietari frontisti. 
    Ove le questioni fossero accolte, gli effetti della  declaratoria
di incostituzionalita' dovrebbero essere limitati al futuro, per  non
tradire l'affidamento riposto da  migliaia  di  cittadini  in  titoli
edilizi apparentemente legittimi. 
    6.- In prossimita'  della  camera  di  consiglio,  M.  B.  P.  ha
depositato memoria illustrativa, tornando a sostenere le  ragioni  di
incostituzionalita' della  norma  censurata  ed  opponendosi  ad  una
limitazione temporale degli effetti della relativa declaratoria. 
    7.- Anche il Presidente della  Giunta  regionale  del  Veneto  ha
depositato  memoria  illustrativa,   insistendo   nell'eccezione   di
inammissibilita' delle questioni  per  difetto  di  incidentalita'  e
ribadendone l'infondatezza nel merito, salva la modulazione temporale
degli effetti di un'eventuale declaratoria di incostituzionalita'. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Veneto  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 64 della
legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n.  30  (Collegato  alla
legge di stabilita' regionale 2017), in riferimento agli artt. 3,  5,
114, secondo comma, 117, commi secondo, lettera l), e  sesto,  e  118
della Costituzione. 
    1.1.- La norma censurata violerebbe  gli  evocati  parametri,  in
quanto, nel fornire l'interpretazione autentica dell'art. 9, comma 8,
della legge della Regione Veneto 8 luglio  2009,  n.  14  (Intervento
regionale a sostegno del settore edilizio e per  favorire  l'utilizzo
dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12  luglio
2007, n. 16 in materia  di  barriere  architettoniche),  consente  la
deroga delle distanze dal confine fissate dagli strumenti urbanistici
e dai  regolamenti  comunali,  in  tal  modo  ledendo,  da  un  lato,
l'esclusiva  potesta'   legislativa   dello   Stato   nella   materia
dell'ordinamento civile, dall'altro,  l'autonomia  dei  Comuni  nella
pianificazione  del  loro  territorio  e,  infine,  la   parita'   di
trattamento  dei  proprietari  frontisti  nell'esercizio  dello   ius
aedificandi. 
    2.- In via preliminare, deve essere dichiarata l'inammissibilita'
degli interventi ad opponendum spiegati dall'Anci Veneto-Associazione
regionale dei  Comuni  del  Veneto  e  dall'Ance  Veneto-Associazione
regionale   dei   costruttori   edili   del   Veneto,   come    anche
dell'intervento ad adiuvandum spiegato da M. B. P. 
    2.1.- Per costante giurisprudenza di questa Corte,  sono  ammessi
ad   intervenire   nel   giudizio   incidentale    di    legittimita'
costituzionale, in base all'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), e all'art. 3 delle Norme integrative per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale del 7 ottobre 2008, i soggetti  che
erano  parti  del  giudizio  a  quo  al  momento  dell'ordinanza   di
rimessione, oltre che il Presidente del Consiglio dei ministri e, nel
caso di legge regionale, il Presidente della Giunta regionale, mentre
l'intervento di altri soggetti, estranei al  giudizio  principale,  a
norma dell'art. 4,  comma  3,  delle  Norme  integrative  (nel  testo
applicabile ratione temporis), e' ammissibile soltanto  per  i  terzi
titolari di un interesse qualificato, inerente  in  modo  diretto  ed
immediato  al  rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio,  e   non
semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di
censura (ex plurimis, sentenze n. 30 del 2020, con allegata ordinanza
letta all'udienza del 15 gennaio 2020, n. 206 del 2019, con  allegata
ordinanza letta all'udienza del 4 giugno 2019 e n. 120 del 2018,  con
allegata ordinanza letta all'udienza del 10 aprile 2018). 
    D'altra parte, nel testo sostituito dall'art. 1 della delibera  8
gennaio 2020 della Corte, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17
del 22 gennaio 2020, l'art. 4 delle Norme integrative dispone ora, al
comma 7, che «[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire  i
titolari di un interesse qualificato,  inerente  in  modo  diretto  e
immediato al rapporto dedotto in giudizio». 
    Pertanto, poiche' l'Anci Veneto-Associazione regionale dei Comuni
del Veneto,  l'Ance  Veneto-Associazione  regionale  dei  costruttori
edili del Veneto e M. B. P. non sono parti del giudizio  a  quo,  ne'
titolari di un interesse qualificato,  inerente  in  modo  diretto  e
immediato  al  rapporto  ivi  dedotto,  che  ne   possa   legittimare
l'intervento, questo va dichiarato inammissibile. 
    3.- Il Presidente della Giunta regionale del Veneto  ha  eccepito
l'inammissibilita' delle questioni per difetto di incidentalita'. 
    3.1.- L'eccezione e' infondata. 
    Per costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  l'incidentalita'
della questione e' assicurata  dalla  diversita'  tra  l'oggetto  del
giudizio a quo e l'oggetto del  giudizio  di  costituzionalita',  per
essere cioe' separati e distinti  i  rispettivi  petita  (ex  multis,
sentenze n. 217 del 2019, n. 191 del 2015, n. 162 del 2014 e  n.  242
del 2011). 
    Il  giudizio  instaurato  dai  ricorrenti  innanzi  al  Tribunale
amministrativo regionale per il Veneto ha ad  oggetto  l'impugnazione
del  diniego  di  riesame  dell'inibitoria  opposto  dal  Comune   di
Altavilla   Vicentina,   sicche'   la   questione   di   legittimita'
costituzionale della norma regionale che prescrive detto riesame  non
esaurisce il  petitum  del  giudizio  principale,  ma  si  limita  ad
inciderne una premessa. 
    4.- Nel merito, le questioni sono  infondate,  in  riferimento  a
tutti i parametri evocati. 
    4.1.- L'art. 64 della legge reg. Veneto n. 30 del  2016,  oggetto
di censura, stabilisce  al  comma  1:  «[l]e  norme  di  deroga  alle
previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti  urbanistici  e
territoriali comunali, provinciali e regionali di cui all'articolo 2,
comma 1, e di prevalenza  sulle  norme  dei  regolamenti  degli  enti
locali e sulle norme tecniche dei piani e regolamenti urbanistici  di
cui all'articolo 6, comma 1, della legge regionale 8 luglio 2009,  n.
14 "Intervento regionale  a  sostegno  del  settore  edilizio  e  per
favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla  legge
regionale  12  luglio  2007,   n.   16   in   materia   di   barriere
architettoniche" e successive modificazioni,  devono  intendersi  nel
senso che  esse  consentono  di  derogare  ai  parametri  edilizi  di
superficie, volume, altezza e distanza, anche dai  confini,  previsti
dai regolamenti e dalle norme tecniche  di  attuazione  di  strumenti
urbanistici  e   territoriali,   fermo   restando   quanto   previsto
all'articolo 9, comma 8, della  medesima  legge  regionale  8  luglio
2009, n. 14 con esclusivo riferimento a  disposizioni  di  emanazione
statale». 
    Per effetto di questa interpretazione autentica, la  clausola  di
inderogabilita' delle distanze, posta dall'art.  9,  comma  8,  della
legge reg. Veneto n. 14 del 2009,  secondo  la  quale  «[s]ono  fatte
salve le disposizioni in materia di distanze previste dalla normativa
statale vigente», e' stata  ristretta  alla  sua  dizione  letterale,
precludendo   l'interpretazione,   infine   affermatasi   presso   la
giurisprudenza amministrativa, che ne aveva esteso  la  portata  alle
distanze di fonte comunale, in ragione del loro carattere integrativo
rispetto alla disciplina del codice civile. 
    4.1.1.-  La  legge  reg.  Veneto  n.  14  del  2009   costituisce
attuazione dell'intesa «sull'atto concernente misure per il  rilancio
dell'economia attraverso  l'attivita'  edilizia»  (cosiddetto  "piano
casa"), sancita  tra  Stato,  Regioni  ed  enti  locali  in  sede  di
Conferenza unificata il 1° aprile 2009. 
    In coerenza con gli obiettivi  dell'intesa,  la  legge  regionale
veneta per il "piano casa" persegue finalita'  generali  di  pubblico
interesse, quali preservare, mantenere, ricostituire e  rivitalizzare
il patrimonio edilizio esistente, favorire  l'utilizzo  dell'edilizia
sostenibile  e  delle  fonti  di  energia  rinnovabili,   incentivare
l'adeguamento sismico e l'eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici esistenti, incentivare la demolizione  e  ricostruzione
in area idonea di edifici esistenti che ricadono in  aree  dichiarate
ad  alta  pericolosita'  idraulica,  favorire  la  rimozione   e   lo
smaltimento della copertura in cemento amianto di  edifici  esistenti
(art. 1, comma 1, della legge reg. Veneto n. 14 del 2009). 
    Gli interventi edilizi di ampliamento in deroga  alle  previsioni
degli  strumenti  urbanistici  e  dei   regolamenti   comunali   sono
consentiti solo  in  zona  territoriale  omogenea  propria  ed  entro
precisi limiti di volume e superficie rapportati all'esistente  (art.
2); gli interventi di demolizione e ricostruzione,  sempre  contenuti
in   zona   territoriale   omogenea    propria,    sono    funzionali
all'adeguamento  del  patrimonio  edilizio  esistente  agli   attuali
standard qualitativi, architettonici, energetici,  tecnologici  e  di
sicurezza  (art.  3,  comma  1);  la  prevalenza  sulle   norme   dei
regolamenti degli enti locali e sulle  norme  tecniche  dei  piani  e
regolamenti urbanistici e' riferita al carattere straordinario  delle
disposizioni incentivanti della legge regionale (art. 6, comma 1). 
    In ultimo, queste sono state abrogate dall'art.  19  della  legge
della Regione Veneto 4 aprile 2019, n. 14 (Veneto 2050: politiche per
la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del  territorio  e
modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11  "Norme  per  il
governo del territorio e in materia di  paesaggio"),  ferma  la  loro
perdurante applicazione,  fatta  salva  dall'art.  17,  comma  1,  in
riferimento agli interventi per i quali la  segnalazione  certificata
di inizio lavori o la richiesta del permesso di costruire siano state
presentate entro il 31 marzo 2019. 
    4.1.2.- L'impostazione originaria della legge reg. Veneto  n.  14
del 2009 non aveva connotati rigidamente verticali, in quanto  l'art.
9, comma 5,  rimetteva  ai  Comuni  di  deliberare,  «sulla  base  di
specifiche   valutazioni   di   carattere   urbanistico,    edilizio,
paesaggistico ed ambientale,  se  o  con  quali  ulteriori  limiti  e
modalita'» applicare le norme attuative del  "piano  casa";  ad  ogni
Comune era data, quindi, un'opzionale "riserva  di  tutela",  che  ad
esso consentiva di rendere  inderogabili  le  proprie  determinazioni
regolamentari. 
    In occasione delle proroghe  delle  norme  attuative  del  "piano
casa", questo regime  opzionale  e'  stato  dapprima  ristretto,  con
l'introduzione  di  una  procedura  simile  a  quella,  operante  tra
pubblica amministrazione e privati,  del  silenzio-assenso  (art.  8,
commi 4 e 5, della legge della Regione Veneto 8 luglio 2011,  n.  13,
recante  «Modifiche  alla  legge  regionale  8  luglio  2009,  n.  14
"Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per  favorire
l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale
12 luglio 2007, n. 16  in  materia  di  barriere  architettoniche"  e
successive modificazioni, alla legge regionale 23 aprile 2004, n.  11
"Norme per il governo del territorio e in  materia  di  paesaggio"  e
successive modificazioni e disposizioni in materia di  autorizzazioni
di impianti solari e fotovoltaici»), ed  infine  abrogato  (art.  10,
comma 9, della legge della Regione Veneto 29 novembre  2013,  n.  32,
recante «Nuove disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del
settore edilizio e modifica di leggi regionali in materia urbanistica
ed edilizia»). 
    Le delibere comunali di attivazione  della  "riserva  di  tutela"
assunte a norma dell'art. 9, comma 5, della legge reg. Veneto  n.  14
del 2009 hanno perduto effetto per previsione dell'art. 8,  comma  2,
della  legge  reg.  Veneto  n.  13  del  2011;  successivamente,  per
previsione dell'art. 14, comma 2, della legge reg. Veneto n.  32  del
2013, hanno perduto effetto anche le delibere comunali di attivazione
della "riserva di tutela" assunte a norma dell'art. 8, comma 4, della
legge reg. Veneto n. 13 del 2011. 
    4.2.- Le deroghe alle distanze minime di fonte locale, consentite
dalla  norma  regionale  di  interpretazione  autentica  oggetto   di
censura, attengono ad interventi  di  ampliamento  e  adeguamento  di
edifici gia' esistenti, situati in zona territoriale omogenea propria
(artt. 2 e 3 della legge reg. Veneto n. 14 del 2009). 
    In  tempi  recenti,  anche  l'ordinamento  statale,   perseguendo
obiettivi di riduzione del consumo di suolo e  di  rigenerazione  del
patrimonio edilizio esistente, ha differenziato il grado  di  cogenza
delle distanze minime in base alla densita' edificatoria  della  zona
omogenea. 
    In  particolare,  l'art.  5,  comma  1,   lettera   b-bis),   del
decreto-legge 18 aprile 2019, n.  32  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio del settore  dei  contratti  pubblici,  per  l'accelerazione
degli interventi  infrastrutturali,  di  rigenerazione  urbana  e  di
ricostruzione  a  seguito  di  eventi   sismici),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55,  ha  stabilito  che
«[l]e disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo,  del
decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444,  si
interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati  ivi
previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di  cui  al
primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9», e quindi alle  sole
zone omogenee destinate a nuova edificazione («zone  C»),  non  anche
alle zone totalmente o parzialmente edificate («zone B»). 
    4.3.- Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, la  disciplina
delle distanze, che ha la sua collocazione anzitutto nella Sezione VI
del Capo II del Titolo II del Libro III del codice civile, attiene in
via primaria e diretta ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi,
sicche' non si puo' dubitare che tale disciplina, per quanto concerne
i rapporti suindicati, rientri nella materia dell'ordinamento civile,
di competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n.  41  del
2017, n. 6 del 2013 e n. 232 del 2005).  Nondimeno,  si  e'  altresi'
sottolineato che, poiche' i fabbricati insistono su di un  territorio
che puo' avere, rispetto ad altri - per ragioni naturali  e  storiche
-, specifiche caratteristiche, la disciplina che li riguarda -  e  in
particolare quella dei loro rapporti nel territorio stesso - esorbita
dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca  anche  interessi
pubblici, la cui cura deve ritenersi  affidata  anche  alle  Regioni,
perche' attratta all'ambito di competenza concorrente del governo del
territorio (sentenze n. 41 del 2017, n. 134 del 2014, n. 6 del 2013 e
n. 232 del 2005). 
    4.4.- Pertanto, nel determinare il punto  di  equilibrio  tra  la
potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di  ordinamento
civile ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.  e  la  potesta'
legislativa concorrente della  Regione  in  materia  di  governo  del
territorio ex art. 117, terzo comma, Cost., questa Corte ha messo  in
luce come alle Regioni non sia precluso fissare distanze in deroga  a
quelle stabilite nelle  normative  statali,  purche'  la  deroga  sia
giustificata  dal  perseguimento  di  interessi   pubblici   ancorati
all'esigenza di omogenea conformazione  dell'assetto  urbanistico  di
una determinata zona, non potendo la deroga stessa riguardare singole
costruzioni,  individualmente   ed   isolatamente   considerate   (ex
plurimis, sentenze n. 13 del 2020, n. 50 e n. 41 del 2017, n. 134 del
2014 e n. 6 del 2013). E tale delimitazione  e'  stata  recepita  dal
legislatore statale, il quale, con l'introduzione dell'art. 2-bis del
d.P.R.  6  giugno  2001,  n.  380  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia), da parte  dell'art.
30, comma 1, lettera 0a), del decreto-legge 21  giugno  2013,  n.  69
(Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con
modificazioni, nella legge  9  agosto  2013,  n.  98,  ha  sancito  i
principi fondamentali della vincolativita', anche per le Regioni e le
Province autonome, delle distanze legali stabilite dal d.m.  n.  1444
del 1968 e dell'ammissibilita' delle deroghe, solo a  condizione  che
siano inserite in strumenti urbanistici, funzionali a  conformare  un
assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio (ex
multis, sentenze n. 50 e n. 41 del 2017, n. 231, n. 185 e n. 178  del
2016, e n. 134 del 2014). 
    4.5.- La deroga alla disciplina delle distanze  realizzata  dagli
strumenti urbanistici e' stata, in  conclusione,  ritenuta  legittima
sempre  che  faccia  riferimento  ad  una  pluralita'  di  fabbricati
("gruppi di edifici") e sia fondata su previsioni  planovolumetriche,
che evidenzino una capacita' progettuale tale da definire i  rapporti
spazio-dimensionali  e   architettonici   delle   varie   costruzioni
considerate come fossero un edificio unitario, ai sensi dell'art.  9,
ultimo comma, del d.m. n. 1444 del 1968, disposizione,  quest'ultima,
che rappresenta la sintesi normativa del punto di equilibrio  tra  la
competenza  statale  in  materia  di  ordinamento  civile  e   quella
regionale in  materia  di  governo  del  territorio  (tra  le  tante,
sentenze n. 13 del 2020, n. 50 e n. 41 del 2017, n. 185 e n. 178  del
2016, n. 134 del 2014 e n. 6 del 2013). 
    5.-  Orbene,  nel  ribadirsi  il  richiamato  orientamento,  deve
sottolinearsi come la previsione di una competenza esclusiva  statale
in materia di ordinamento civile (art. 117, comma secondo, lettera l,
Cost.) in tanto si giustifica in quanto  con  la  stessa  si  intende
assicurare che i rapporti interprivati siano disciplinati nell'intero
territorio della Repubblica secondo criteri di identita'. Una  simile
esigenza, se  e'  ravvisabile  con  riguardo  alla  disciplina  delle
distanze quale stabilita nelle norme statali (codice civile, d.m.  n.
1444 del 1968 e d.P.R. n. 380 del 2001), certamente non  puo'  essere
invocata con riferimento alle  discipline  locali,  che,  per  quanto
integrative del codice civile, sono destinate ad operare in ristretti
ambiti territoriali. In effetti,  esse  trovano  il  loro  fondamento
proprio nell'autonomia degli enti locali in un contesto normativo nel
quale  ancora  non  erano  state  introdotte,  con  la   Costituzione
repubblicana, le autonomie regionali. 
    Una volta riconosciuta alle Regioni la competenza concorrente  in
materia di governo del territorio, deve infatti escludersi  che  esse
incontrino il limite dell'ordinamento civile tutte le volte  in  cui,
ferma la disciplina statale delle distanze, ad essere modificate  per
effetto di leggi regionali  siano  le  disposizioni  dei  regolamenti
comunali o delle norme tecniche, la cui finalita' e'  proprio  quella
di adattare la disciplina  a  specifiche  esigenze  territoriali,  ma
certamente non quella, propria delle norme di ordinamento civile,  di
stabilire  criteri  uniformi  sull'intero  territorio  nazionale  nei
rapporti  tra  privati.  Ne  consegue  che  non  puo'  opporsi   alla
competenza regionale il limite dell'ordinamento civile quando oggetto
di deroga siano - come per  effetto  della  norma  regionale  ora  in
scrutinio - non le disposizioni statali sulle distanze, ma  le  norme
integrative dei regolamenti locali. 
    Nel caso in  esame,  pertanto,  la  valutazione  di  legittimita'
dell'intervento legislativo regionale non va compiuta in  riferimento
al limite dell'ordinamento civile,  in  quanto  si  sposta,  come  si
vedra', sul piano del rapporto  tra  potesta'  legislativa  regionale
concorrente in materia di governo del territorio  e  autonomia  degli
enti locali. 
    6.- Tanto premesso, deve ritenersi che le previsioni in  tema  di
distanze contenute nella disposizione censurata non ledano la materia
di  riserva  statale:  tale  disposizione,   infatti,   nel   fornire
l'interpretazione autentica dell'art. 9, comma 8,  della  legge  reg.
Veneto n. 14 del  2009,  si  e'  limitata,  in  ragione  della  forte
oscillazione giurisprudenziale, a chiarire i margini di derogabilita'
delle  distanze  disposte  dagli  enti  locali,  in  funzione   degli
interventi straordinari di rigenerazione  del  territorio  edificato,
senza tuttavia incidere sulle distanze di fonte statale. 
    La disposizione censurata, riferendosi alle misure previste dalla
legge reg.  Veneto  n.  14  del  2009,  mira  a  consentire,  secondo
l'impianto  originale  della  legge   stessa,   gli   interventi   di
rivitalizzazione  del  patrimonio  edilizio  esistente,  e  cioe'   a
realizzare un obiettivo generale di  interesse  pubblico,  perseguito
con disposizioni incentivanti di  carattere  straordinario,  limitate
nel tempo e operanti per zone territoriali omogenee. 
    D'altra parte,  come  gia'  rilevato,  anche  nella  legislazione
statale si e' registrato un allentamento del  regime  delle  distanze
nelle zone omogenee totalmente o parzialmente edificate, al  medesimo
fine di perseguire obiettivi di rigenerazione del patrimonio edilizio
esistente, fattore primario in una strategia di riduzione del consumo
di suolo. 
    In raffronto a siffatta evoluzione dell'ordinamento  statale,  la
norma regionale di interpretazione autentica qui censurata si  rivela
ancor piu' conservativa, poiche' tiene per assolutamente  cogenti  le
distanze minime di fonte statale - quindi i tre metri tra costruzioni
ex art. 873 cod. civ. e i dieci metri tra pareti finestrate ex art. 9
del d.m. n. 1444 del 1968 -, mentre consente la deroga unicamente per
le eventuali maggiori distanze di fonte  comunale  (nella  specie,  i
cinque metri dal confine prescritti dalle norme tecniche  del  Comune
di Altavilla Vicentina). 
    Nella  normativa  regionale  autenticamente   interpretata,   che
attiene  alla  materia  del  governo  del  territorio,  non  e'  dato
riscontrare alcuna violazione della competenza statale in materia  di
ordinamento civile, e quindi alcuna violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost. 
    7.- La correlazione alla materia del governo del territorio, come
legittima la norma regionale di deroga alle distanze nel rapporto con
la  competenza  esclusiva  statale  nella  materia   dell'ordinamento
civile, cosi' la legittima nel rapporto con le funzioni  comunali  di
pianificazione territoriale. 
    Oltre a non violare l'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.
riguardo all'esclusiva potesta' legislativa dello  Stato  in  materia
civilistica, l'art. 64  della  legge  reg.  Veneto  n.  30  del  2016
pertanto neppure viola gli artt. 5, 114, secondo  comma,  117,  sesto
comma, e 118 Cost. riguardo all'autonomia regolamentare dei Comuni in
materia pianificatoria. 
    7.1.- Nel  nostro  ordinamento,  la  funzione  di  pianificazione
urbanistica e' tradizionalmente rimessa all'autonomia dei Comuni, fin
dalla legge 25 giugno 1865, n.  2359  (Espropriazioni  per  causa  di
utilita'  pubblica),  ne'  lo  sviluppo  dell'ordinamento   regionale
ordinario  e  la  necessita'  di  una   pianificazione   territoriale
sovracomunale  hanno  travolto  questo  impianto  fondamentale,   pur
tuttavia assoggettandolo a ineludibili esigenze di coordinamento  tra
differenti livelli ed istanze. 
    Nell'attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione,  il  punto
di sintesi e'  stato  fissato  dal  legislatore  statale  tramite  la
disposizione per cui «sono funzioni fondamentali dei Comuni, ai sensi
dell'articolo 117, secondo comma,  lettera  p),  della  Costituzione:
[...] d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale
nonche' la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello
sovracomunale», ma «[f]erme restando le funzioni di programmazione  e
di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie  di  cui
all'articolo 117, commi terzo e  quarto,  della  Costituzione,  e  le
funzioni esercitate ai sensi dell'articolo  118  della  Costituzione»
(art. 14, comma 27, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,  recante
«Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica», convertito, con modificazioni, nella legge
30 luglio 2010, n.  122,  come  sostituito  dall'art.  19,  comma  1,
lettera  a),  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,   recante
«Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario»,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135). 
    Il "sistema della pianificazione", che assegna in modo preminente
ai  Comuni,  quali  enti  locali  piu'  vicini  al   territorio,   la
valutazione  generale  degli   interessi   coinvolti   nell'attivita'
urbanistica ed edilizia,  non  assurge,  dunque,  a  principio  cosi'
assoluto e stringente  da  impedire  alla  legge  regionale  -  fonte
normativa primaria, sovraordinata agli strumenti urbanistici locali -
di prevedere interventi in deroga quantitativamente, qualitativamente
e temporalmente circoscritti (sentenze n. 245 del 2018 e  n.  46  del
2014). 
    Cio' non puo' non valere anche in tema di distanze degli edifici,
nei  limiti  in  cui  la  disciplina  regionale  delle  stesse  possa
rientrare nella materia di legislazione concorrente del  governo  del
territorio ex art. 117, terzo comma, Cost., in quanto una  differente
interpretazione equivarrebbe a cristallizzare l'art. 873 cod. civ. ad
una fase pre-costituzionale. 
    Nell'articolazione dei  vari  livelli,  dunque,  il  giudizio  di
costituzionalita' della legge regionale «non riguarda [...],  in  via
astratta,  la  legittimita'  dell'intervento  del  legislatore,   ma,
piuttosto,  la  verifica  dell'esistenza  di  esigenze  generali  che
possano  ragionevolmente  giustificare  le  disposizioni  legislative
limitative delle funzioni gia' assegnate agli enti locali»  (sentenza
n. 286 del 1997). 
    La   dialettica   istituzionale   sottesa   al    principio    di
sussidiarieta' verticale, come sancito nell'art.  118  Cost.,  induce
pertanto  questa  Corte  a  valutare,  nell'ambito   della   funzione
pianificatoria riconosciuta come funzione  fondamentale  dei  Comuni,
«quanto la legge regionale toglie all'autonomia comunale e quanto  di
questa residua, in nome di quali interessi sovracomunali attua questa
sottrazione, quali compensazioni procedurali essa prevede e per quale
periodo  temporale  la  dispone»,  inteso  che  «[i]l   giudizio   di
proporzionalita' deve percio' svolgersi, dapprima, in astratto  sulla
legittimita' dello  scopo  perseguito  dal  legislatore  regionale  e
quindi in concreto con riguardo alla necessita', alla  adeguatezza  e
al corretto bilanciamento degli interessi coinvolti» (sentenza n. 179
del  2019).  Proprio  tale  giudizio,  cosi'  dinamicamente   inteso,
consente di verificare se, per effetto  di  una  normativa  regionale
rientrante nella materia del governo del territorio, come quella  sub
iudice, non venga menomato  il  nucleo  delle  funzioni  fondamentali
attribuite ai Comuni all'interno del "sistema della  pianificazione",
cosi' da  salvaguardarne  la  portata  anche  rispetto  al  principio
autonomistico ricavabile dall'art. 5 Cost. 
    7.2.- In questo senso,  assume  rilievo  la  circostanza  che  le
deroghe alle distanze di fonte comunale siano rapportate dalla  norma
regionale,   come   autenticamente   interpretata,    a    interventi
quantitativamente,  qualitativamente  e  temporalmente  circoscritti,
poiche', come gia' visto, gli interventi agevolati dalla legge veneta
per il "piano casa" possono svolgersi unicamente con  precisi  limiti
oggettivi, soltanto sugli edifici esistenti e nell'arco della  durata
del "piano" (peraltro ormai esaurita alla data del 31 marzo 2019  per
effetto dell'abrogazione disposta dalla legge reg. Veneto n.  14  del
2019). 
    In particolare, giova ribadire che la legge reg. Veneto n. 14 del
2009   aveva   le   seguenti   finalita',   enunciate   all'art.   1:
«miglioramento della qualita' abitativa  per  preservare,  mantenere,
ricostituire  e  rivitalizzare  il  patrimonio  edilizio   esistente»
nonche' «favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e delle  fonti
di  energia  rinnovabili»  (lettera  a);  «incentivare  l'adeguamento
sismico e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici
esistenti» (lettera b); «incentivare la demolizione  e  ricostruzione
in area idonea di edifici esistenti che ricadono in  aree  dichiarate
ad alta pericolosita' idraulica» (lettera c); «favorire la  rimozione
e lo smaltimento  della  copertura  in  cemento  amianto  di  edifici
esistenti» (lettera d). 
    Oggetto  del  "piano  casa"  erano,  dunque,  solo  gli   edifici
esistenti, e gli interventi ampliativi  sono  stati  consentiti  solo
«nei limiti del 20 per cento del volume o della superficie» (art.  2,
comma 1, della legge reg. Veneto n. 14 del 2009). Nessuna  deroga  e'
stata quindi consentita per le nuove costruzioni, in  relazione  alle
quali, dunque, le distanze stabilite  dai  regolamenti  locali  hanno
continuato a trovare applicazione. 
    Rilevano, inoltre,  le  ipotesi  oggettive  di  esclusione  degli
interventi in deroga. L'art. 9, comma 1, della legge reg.  Veneto  n.
14 del 2009 non consentiva, o consentiva solo a condizioni  ed  entro
limiti ancora piu' stringenti,  gli  interventi  in  deroga  per  gli
edifici ricadenti nei centri storici, soggetti a vincolo o  a  tutela
urbanistica, ricadenti nelle aree di inedificabilita' assoluta, anche
solo parzialmente abusivi; per gli edifici commerciali,  l'intervento
sui quali fosse volto ad eludere o derogare le disposizioni regionali
in materia di  commercio;  nonche'  per  gli  immobili  inedificabili
perche' ricadenti in aree dichiarate ad alta pericolosita' idraulica. 
    Ne' e' senza significato il  fatto,  sopra  evidenziato,  che  la
disposizione qui censurata rechi l'interpretazione autentica  di  una
norma regionale la quale, nella versione originaria,  riconosceva  ad
ogni Comune una "riserva di tutela", attivabile mediante una delibera
di  sottrazione,  per  an  o  per  quomodo,  all'applicazione   della
normativa derogatoria sul "piano-casa"; da cio' discende che, ove mai
una spoliazione di autonomia vi fosse stata in danno dei Comuni, essa
non sarebbe stata prodotta dalla norma di  interpretazione  autentica
oggi denunciata, ma semmai dalle norme che hanno abrogato  il  regime
opzionale e privato di effetto  le  pregresse  delibere  comunali  di
attivazione della "riserva  di  tutela"  (rispettivamente,  art.  10,
comma 9, ed art. 14, comma 2, della  legge  reg.  Veneto  n.  32  del
2013), norme viceversa non censurate. Peraltro, e' appena il caso  di
osservare che l'ordinanza di rimessione e' del tutto silente circa le
scelte compiute dal Comune di  Altavilla  Vicentina  a  fronte  della
possibilita' di attivare  la  "riserva  di  tutela",  originariamente
prevista dall'art. 9, comma 5, della legge  reg.  Veneto  n.  14  del
2009, poi modificata dall'art. 8, commi  4  e  5,  della  legge  reg.
Veneto n. 13 del 2011, e infine abrogata dall'art. 10, comma 9, della
legge reg. Veneto n. 32 del 2013. 
    Del pari significativa e' la circostanza che la stessa legge reg.
Veneto n. 30 del 2016, con l'art. 63, comma 1, abbia aggiunto  l'art.
11-ter della legge reg. Veneto n. 11 del 2004,  ove  e'  previsto  il
ricorso a una conferenza di servizi tra gli enti interessati  per  il
coordinamento degli strumenti di pianificazione incidenti sul governo
del territorio. 
    Si puo' quindi affermare che, nel consentire interventi in deroga
agli strumenti urbanistici o ai regolamenti  locali,  il  legislatore
regionale  veneto,  in  attuazione  dell'intesa  sancita  tra  Stato,
Regioni ed enti locali in sede di Conferenza unificata il  1°  aprile
2009,  ha  compiuto  una  ponderazione   degli   interessi   pubblici
coinvolti,  attraverso  sia   la   limitazione   dell'entita'   degli
interventi  ammessi,  sia  l'esclusione  di  alcune  componenti   del
patrimonio edilizio dall'ambito di operativita' della legge regionale
censurata  e  delle  disposizioni  di  deroga.  E   cio'   ha   fatto
consentendo, altresi', ai Comuni, nella sua  prima  applicazione,  di
sottrarre i propri  strumenti  urbanistici  e  i  propri  regolamenti
all'operativita'  delle  deroghe   ammesse   dalla   medesima   legge
regionale. Resta, invece, priva di rilievo nel presente  giudizio  la
vicenda normativa che ha portato al  venir  meno  della  "riserva  di
tutela" concessa ai Comuni veneti, sia perche' tale  vicenda  non  e'
stata censurata dal rimettente, sia e soprattutto perche' il medesimo
rimettente ha omesso  di  precisare  quale  sia  stata  la  specifica
posizione tenuta al riguardo dal Comune di Altavilla Vicentina. 
    Nelle  delicate  verifiche  di  funzionamento  del  principio  di
sussidiarieta' verticale tra l'autonomia comunale e quella regionale,
il giudizio di proporzionalita' deve traguardare  i  singoli  assetti
normativi, nel loro peculiare  e  mutevole  equilibrio,  sicche'  non
appare difforme  dall'odierna  conclusione  quanto  da  questa  Corte
deciso   con   la   sentenza   n.   179   del   2019,    dichiarativa
dell'illegittimita' costituzionale di un  divieto  regionale  di  ius
variandi in relazione  ai  contenuti  edificatori  del  documento  di
piano,  divieto  la  cui  durata  indefinita,  carenza   di   profili
interlocutivi  e  assolutezza  finanche   contraddittoria   con   gli
obiettivi posti in sede regionale evidenziavano - a differenza  della
fattispecie  ora  in  esame  -  un  sacrificio  sproporzionato  della
potesta' comunale. 
    7.3.- La norma  regionale  oggi  in  scrutinio  -  e  si  intende
l'interpretazione autentica da  essa  recata  -  supera,  dunque,  la
verifica  di  proporzionalita',  in   aderenza   col   principio   di
sussidiarieta' verticale, poiche' gli interventi  in  deroga  che  la
norma stessa consente, da un lato, soddisfano interessi  pubblici  di
dimensione sovracomunale e, dall'altro, per i gia'  segnalati  limiti
quantitativi, qualitativi e  temporali,  non  comprimono  l'autonomia
comunale oltre la soglia dell'adeguatezza e della necessita'. 
    8.- La denuncia di violazione  dell'art.  3  Cost.,  infine,  non
esprime  reali  margini  di  autonomia  e   si   dimostra   piuttosto
"ancillare" rispetto alle altre censure, si' da condividerne la sorte
di dichiarata infondatezza (sentenze n. 212 del  2019  e  n.  46  del
2014). 
    8.1.- Premesso che non e' oggetto di specifica censura la  scelta
del  legislatore  regionale  di  intervenire   con   una   norma   di
interpretazione  autentica  -  il  che  esime  questa   Corte   dalla
necessita'  di  ripercorrere  i  propri  orientamenti   sulle   leggi
regionali di interpretazione autentica -, e ricordato che la disposta
interpretazione trovava comunque giustificazione  nel  succedersi  di
indirizzi giurisprudenziali contrastanti, la natura "ancillare" della
denuncia ex art. 3 Cost. e' palesata dalla sua circolarita' col  tema
del fondamento normativo dell'intervento edilizio in deroga, poiche',
una volta che tale intervento sia risultato provvisto di valida  base
normativa, gli effetti della prevenzione, raffigurati dal  rimettente
come  irragionevoli  e  discriminatori,   si   rivelano   fisiologica
conseguenza della priorita' temporale della costruzione, criterio  al
quale si informa, con i necessari temperamenti, il sistema del codice
civile sui distacchi tra i fabbricati. 
    Peraltro, lo stesso richiamo all'istituto  della  prevenzione  da
parte del giudice a quo non  e'  del  tutto  pertinente,  atteso  che
quello della priorita' temporale e' un criterio  dinamico  regolativo
dell'attivita' di nuova edificazione, mentre gli interventi ai  quali
si riferisce la norma oggi censurata riguardano soltanto - come  piu'
volte notato - edifici gia' esistenti. 
    9.- Previa  declaratoria  di  inammissibilita'  degli  interventi
indicati al punto 2, alla luce delle considerazioni che precedono, le
questioni devono essere dichiarate non fondate in riferimento a tutti
i parametri evocati.