ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
3, e 2 della legge della  Regione  Toscana  28  giugno  2019,  n.  38
(Disposizioni urgenti per il rafforzamento dei servizi e delle misure
di politica attiva  del  lavoro  per  la  sostituzione  di  personale
collocato in quiescenza, del  direttore  generale  e  dei  direttori.
Modifiche alla l. r. 1/2009), promosso dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con ricorso notificato il 22-27 agosto 2019, depositato
in cancelleria il 26 agosto 2019, iscritto  al  n.  93  del  registro
ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 41, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    udito il Giudice relatore Silvana Sciarra ai  sensi  del  decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data  20
maggio 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio 20 maggio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 22-27 agosto 2019 e depositato il 26 agosto 2019 (reg. ric. n.  93
del 2019), ha promosso, per  violazione  degli  artt.  3,  51,  primo
comma, 97, 117, commi secondo,  lettere  l)  e  m),  e  terzo,  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1,
comma 3, e 2 della legge della Regione Toscana 28 giugno 2019, n.  38
(Disposizioni urgenti per il rafforzamento dei servizi e delle misure
di politica attiva  del  lavoro  per  la  sostituzione  di  personale
collocato in quiescenza, del  direttore  generale  e  dei  direttori.
Modifiche alla l. r. 1/2009), pubblicata in pari data sul  Bollettino
Ufficiale della Regione, n. 31, parte prima. 
    L'art. 1, comma 3, della  legge  reg.  Toscana  n.  38  del  2019
autorizza  l'Agenzia  regionale  toscana  per  l'impiego   (ARTI)   a
reclutare il personale da destinare ai centri per l'impiego  mediante
lo scorrimento delle graduatorie approvate a far data dal 1°  gennaio
2019, in deroga a quanto previsto dall'art. 1, comma 361, della legge
30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2019  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2019-2021) sia per le assunzioni  a  tempo  determinato  sia  per  le
assunzioni a tempo indeterminato. 
    La richiamata legge n. 145 del 2018, che riguarda le  graduatorie
delle procedure concorsuali bandite successivamente alla sua data  di
entrata in vigore e opera a decorrere dal  1°  gennaio  2020  per  le
«procedure  concorsuali  per  l'assunzione   di   personale   medico,
tecnico-professionale e  infermieristico,  bandite  dalle  aziende  e
dagli enti del Servizio sanitario nazionale»  (art.  1,  comma  365),
limita ai soli vincitori l'efficacia delle  graduatorie  selettive  e
consente di impiegare la graduatoria, entro i limiti triennali  della
sua vigenza,  solo  al  fine  di  coprire  i  posti  che  si  rendono
disponibili   «in   conseguenza   della   mancata   costituzione    e
dell'avvenuta estinzione del  rapporto  di  lavoro  con  i  candidati
dichiarati vincitori». 
    L'art. 1, comma 3, della legge reg. Toscana n.  38  del  2019  e'
impugnato  in  quanto  prevede  lo  «scorrimento  delle   graduatorie
approvate "a far data" dal 1° gennaio  2019»  e  deroga  «alle  nuove
regole stabilite a livello statale anche in epoca  successiva  al  10
[recte 1°] luglio 2019», in contrasto con quanto stabilito  dall'art.
12,  comma  8-ter,  del  decreto-legge  28   gennaio   2019,   n.   4
(Disposizioni urgenti in materia di  reddito  di  cittadinanza  e  di
pensioni), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo  2019,
n. 26, che prevede l'applicazione dell'art. 1, comma 361, della legge
n. 145 del 2018 «alle procedure  concorsuali  per  le  assunzioni  di
personale da destinare ai centri per l'impiego  bandite  a  decorrere
dal 1° luglio 2019». 
    L'art. 2 della legge reg. Toscana n. 38 del  2019  consente  alla
Regione, agli enti dipendenti, alle aziende e agli enti del  Servizio
sanitario nazionale di reclutare il personale mediante lo scorrimento
delle graduatorie approvate a far data dal 1° gennaio 2019, in deroga
alle citate previsioni dell'art. 1, comma 361, della legge n. 145 del
2018. 
    La disposizione impugnata non sarebbe compatibile ne' con  quanto
disposto dall'art. 1, comma 361, della legge n. 145  del  2018,  «per
quanto concerne il personale delle Regioni,  degli  enti  dipendenti,
delle aziende e per il personale tecnico-amministrativo del  servizio
sanitario», ne' con il successivo comma 365, «per quanto riguarda  il
personale  medico,  tecnico-professionale  e  Infermieristico   delle
aziende e degli enti del servizio sanitario». 
    1.1.- Entrambe le disposizioni impugnate violerebbero, anzitutto,
«la competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato»  nella  materia
dell'ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lettera l,  Cost.),
che comprende «la disciplina dei rapporti di diritto privato regolati
dal codice civile e dai contratti  collettivi  e,  quindi,  anche  la
disciplina generale degli atti funzionali  alla  loro  instaurazione,
come le graduatorie concorsuali». 
    1.2.- Sarebbe violata anche la competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti diritti civili e sociali (art.  117,  secondo
comma, lettera m, Cost.), competenza «di carattere trasversale»,  che
riguarda anche le regole in tema di reclutamento del personale  e  la
limitazione dell'efficacia delle graduatorie ai  soli  vincitori.  Le
regole dettate a tale riguardo sarebbero «espressione di un principio
generale  di  organizzazione  enucleato   dal   legislatore   statale
nell'esercizio della sua  funzione  di  garanzia  dell'unitarieta'  e
uniformita' dell'ordinamento», suscettibile  di  imporsi  anche  alle
Regioni, titolari di competenza legislativa residuale  nella  materia
dell'organizzazione amministrativa (art. 117, quarto comma, Cost.)  e
percio' legittimate, in  tale  ambito,  a  disciplinare  soltanto  le
«dettagliate e specifiche modalita' di  accesso  al  lavoro  pubblico
regionale». 
    1.3.- Le disposizioni impugnate contrasterebbero, inoltre, con  i
principi di eguaglianza, di imparzialita' e di buon  andamento  della
pubblica amministrazione «di cui agli articoli 3, 51, primo comma,  e
97, della Costituzione».  Esse  si  discosterebbero  dalla  normativa
statale che limita l'efficacia della graduatoria ai soli vincitori  e
cosi' mira a garantire «per tutti i candidati ai pubblici  uffici  un
trattamento eguale, rispettoso dei principi di imparzialita'  e  buon
andamento di cui  agli  articoli  3,  51  e  97  della  Costituzione,
nell'ottica della valorizzazione delle professionalita'  al  servizio
della  Nazione  unitariamente  intesa»,  prevedendo,  sempre  in  una
prospettiva di «efficienza e  buon  andamento  dell'amministrazione»,
che la graduatoria possa servire a coprire  anche  i  posti  «che  si
rendono disponibili, in  conseguenza  della  mancata  costituzione  e
dell'avvenuta estinzione del  rapporto  di  lavoro  con  i  candidati
dichiarati vincitori». 
    1.4.- Sarebbe violato anche l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  La
fissazione di  «modalita'  uniformi  di  utilizzo  delle  graduatorie
concorsuali per l'accesso al pubblico impiego» si  atteggerebbe  come
«un principio fondamentale di coordinamento della finanza  pubblica»,
giacche' non  si  potrebbero  «ammettere  usi  di  risorse  pubbliche
diverse da quelle dettate a livello uniforme sul piano nazionale  per
consentire l'assunzione (con correlativa spesa) alle dipendenze della
pubblica amministrazione». 
    2.- Con atto depositato il 25 settembre 2019, si e' costituita in
giudizio  la  Regione  Toscana,  chiedendo  di  respingere,   perche'
inammissibili e comunque  infondate,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    L'art. 1, comma 361, della legge n. 145 del 2018, come modificato
dall'art. 12, comma 8-ter del d.l. n. 4 del  2019,  come  convertito,
nel limitare l'uso delle graduatorie alla sola  copertura  dei  posti
messi a concorso, si applicherebbe - per quel che attiene  ai  centri
per l'impiego - alle graduatorie dei concorsi banditi a decorrere dal
1° luglio 2019. Pertanto, fino al termine  del  30  giugno  2019,  la
deroga consentita dall'art. 1, comma 3, della legge reg.  Toscana  n.
38 del 2019 sarebbe compatibile con la previsione statale.  Nel  caso
di  specie,  peraltro,  i   concorsi   per   l'assunzione   a   tempo
indeterminato  di  personale  destinato  ai  centri   per   l'impiego
sarebbero stati banditi prima del 30 giugno 2019. 
    La Regione Toscana evidenzia che il legislatore  nazionale,  «con
lo sblocco del c.d. "turn over"» (art.  14-bis  del  d.l.  n.  4  del
2019), pur consentendo alle Regioni di «avviare una nuova stagione di
assunzioni di personale», necessarie per fronteggiare i pensionamenti
anticipati conseguenti all'introduzione della pensione  "quota  100",
ha tuttavia vanificato tale facolta', impedendo lo scorrimento  delle
graduatorie    concorsuali.     L'organizzazione     dei     concorsi
rappresenterebbe per ciascuna amministrazione un onere notevole,  ora
aggravato anche dall'incremento del compenso per i  componenti  delle
commissioni di concorso, e lo sforzo «sia di carattere  organizzativo
che  finanziario»  potrebbe   essere   compensato   soltanto   «dalla
possibilita' di attingere alle graduatorie formatesi  per  assicurare
il  turn-over  con  le  cessazioni   di   personale   nel   frattempo
intervenute». 
    Lo stesso legislatore  nazionale,  in  altre  occasioni,  avrebbe
fatto ricorso allo scorrimento delle graduatorie (art.  3,  comma  4,
della legge 19  giugno  2019,  n.  56,  recante  «Interventi  per  la
concretezza  delle  azioni  delle  pubbliche  amministrazioni  e   la
prevenzione dell'assenteismo»). 
    La  parte  resistente  replica  di  avere  adottato  una  deroga,
«nell'esercizio della propria autonomia organizzativa» e nel rispetto
dei vincoli di finanza pubblica. Non sarebbero pertinenti, dunque, le
censure di violazione degli artt. 3, 51, primo  comma,  e  97  Cost.:
l'amministrazione avrebbe indetto un pubblico concorso che garantisce
l'eguaglianza  di  tutti  i  partecipanti  e  prevede  una  validita'
triennale delle  graduatorie,  secondo  quanto  tuttora  e'  disposto
dall'art. 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.
165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche).  La  previsione  regionale  non  soltanto
salvaguarderebbe  la  competenza  del  personale  da  reclutare,   ma
implicherebbe anche «risparmio di tempo e di denaro». 
    La  stessa  giurisprudenza  amministrativa,   in   un'ottica   di
riduzione  della  spesa  pubblica,  confermata  anche   dal   giudice
contabile, attribuirebbe priorita' allo scorrimento delle graduatorie
«rispetto all'indizione di un nuovo concorso», a condizione  che  non
si tratti «di posti di nuova istituzione o trasformazione» e che alla
graduatoria si attinga per profili e categorie professionali in tutto
e per tutto corrispondenti. 
    Non sarebbe fondata la censura  di  violazione  della  competenza
legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile»,
che includerebbe soltanto la fase successiva  alla  costituzione  del
rapporto lavorativo. La  disciplina  delle  procedure  concorsuali  e
delle graduatorie, in quanto relativa a  una  fase  antecedente  alla
costituzione di tale rapporto, sarebbe riconducibile alla  competenza
regionale residuale nella materia dell'organizzazione  amministrativa
e dell'ordinamento del personale (si citano le sentenze  n.  251  del
2016 e  n.  380  del  2004).  Secondo  la  Regione  resistente,  tale
competenza  si  dovrebbe  esercitare   nel   «rispetto   dei   limiti
costituzionali  e  dei  principi  fondamentali  di  organizzazione  e
funzionamento previsti dai relativi Statuti  (art.  123  Cost.),  con
esclusione di qualsiasi tipo di regolamentazione statale». 
    La scelta del legislatore statale di costituire  graduatorie  «di
soli  vincitori»   comprimerebbe   la   competenza   della   Regione,
impedendole di predisporre le procedure concorsuali, «in un'ottica di
programmazione del fabbisogno del personale e capacita'  assunzionale
dell'Ente», e di impiegare graduatorie ancora valide  per  ovviare  a
esigenze imprevedibili. 
    Ne' si potrebbe ravvisare la violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera m), Cost., poiche' non sarebbe possibile  individuare,
nel caso di specie, specifiche prestazioni delle quali  la  normativa
statale definisca il livello essenziale di erogazione (si menziona la
sentenza n. 232 del 2011). 
    Quanto alla  dedotta  violazione  dei  principi  fondamentali  di
coordinamento della  finanza  pubblica,  le  censure  del  ricorrente
sarebbero inammissibili, per carenza  di  motivazione  in  ordine  ai
«principi  finanziari  non  rispettati»,  e  comunque,  nel   merito,
infondate. La scelta regionale di usare le graduatorie,  nel  termine
triennale della loro validita', per gli stessi profili  professionali
perseguirebbe l'obiettivo di contenere le  spese  dell'organizzazione
dei concorsi. 
    3.-  In  base   al   decreto   della   Presidente   della   Corte
costituzionale del 20 aprile 2020 (punto 1, lettera c), il  giudizio,
originariamente destinato alla trattazione in  udienza  pubblica,  e'
stato  trattato  in  camera  di  consiglio,  sulla  base  degli  atti
depositati dalle parti, come richiesto dalle medesime. 
    3.1.- In vista della camera di consiglio, la Regione  Toscana  ha
depositato una  memoria  illustrativa,  chiedendo,  con  le  seguenti
specificazioni, l'accoglimento delle conclusioni gia' rassegnate. 
    L'inammissibilita'  e  l'infondatezza   del   ricorso   sarebbero
confermate dall'evoluzione della normativa statale. 
    L'art. 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018,  invocato
come normativa interposta, sarebbe stato abrogato dall'art. 1,  comma
148, della legge 27 dicembre 2019, n.  160  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il
triennio 2020-2022). L'art. 1, comma 147, lettera c), della legge  n.
160 del 2019 oggi consentirebbe l'uso delle graduatorie approvate nel
2019, come quelle disciplinate dalla legge regionale impugnata, entro
tre anni dalla loro approvazione. 
    Le  disposizioni  impugnate,   pertanto,   sarebbero   pienamente
conformi alla normativa statale, che ammetterebbe la possibilita'  di
impiegare le graduatorie anche  per  l'assunzione  degli  idonei  non
vincitori, entro i termini di  vigenza  delle  graduatorie  e  per  i
medesimi profili  professionali,  per  fronteggiare  le  esigenze  di
copertura dei posti vacanti e nel contesto della  programmazione  del
fabbisogno del personale. Da tali considerazioni discende, ad  avviso
della  Regione,  l'inammissibilita'  del  ricorso  per   sopravvenuta
carenza di interesse e per cessazione della materia del contendere. 
    Il ricorso sarebbe comunque  infondato  nel  merito,  poiche'  la
disciplina delle  graduatorie  sarebbe  riconducibile  «alla  materia
dell'ordinamento   ed   organizzazione   amministrativa   regionale»,
spettante alla competenza legislativa residuale della Regione in base
all'art. 117, quarto comma, Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna gli artt. 1,
comma 3, e 2 della legge della Regione Toscana 28 giugno 2019, n.  38
(Disposizioni urgenti per il rafforzamento dei servizi e delle misure
di politica attiva  del  lavoro  per  la  sostituzione  di  personale
collocato in quiescenza, del  direttore  generale  e  dei  direttori.
Modifiche alla l. r. 1/2009), per contrasto  con  gli  artt.  3,  51,
primo comma, 97, 117, commi secondo, lettere l) e m), e terzo,  della
Costituzione. 
    1.1.- L'art. 1, comma 3, della legge reg. Toscana n. 38 del  2019
affida all'Agenzia regionale toscana per l'impiego (ARTI) la gestione
di un piano triennale di reclutamento, finalizzato  al  rafforzamento
dei centri per l'impiego. Si prevede, a  tal  fine,  «lo  scorrimento
delle graduatorie per il reclutamento di personale  approvate  a  far
data dal 1° gennaio 2019», in deroga  alle  previsioni  dell'art.  1,
comma 361,  della  legge  30  dicembre  2018,  n.  145  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2019  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2019-2021), che consentiva di  utilizzare
le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale  presso
le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), al  solo
scopo di coprire i posti messi a concorso e «quelli  che  si  rendono
disponibili, entro i limiti di efficacia temporale delle  graduatorie
medesime, fermo restando il numero dei posti banditi e  nel  rispetto
dell'ordine di merito, in conseguenza della  mancata  costituzione  o
dell'avvenuta estinzione del  rapporto  di  lavoro  con  i  candidati
dichiarati vincitori». 
    1.2.- L'art. 2 della citata legge regionale autorizza la Regione,
gli enti dipendenti, le aziende e gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale a procedere, in deroga a quanto previsto dall'art. 1, comma
361, della legge n. 145 del 2018, allo scorrimento delle  graduatorie
approvate a far data dal 1° gennaio 2019. 
    1.3.- Le censure si indirizzano verso la scelta di ricorrere allo
scorrimento delle graduatorie in deroga all'art. 1, comma 361,  della
legge  n.  145  del  2018,   disposizione,   quest'ultima,   che   si
prefiggerebbe  di  fornire  all'amministrazione  il  personale   piu'
qualificato. 
    1.3.1.- Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  assume  che
entrambe le disposizioni impugnate invadano la competenza legislativa
esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile»  (art.  117,
secondo  comma,  lettera  l,  Cost.),  che  includerebbe   anche   la
disciplina  delle  graduatorie  concorsuali,  in  quanto  preordinate
all'instaurazione  dei  rapporti  di  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche. 
    1.3.2.- Le  disposizioni  impugnate  sarebbero  lesive,  inoltre,
della competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  nella  materia
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale» (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.).  A
tale ambito, difatti,  apparterrebbe  «anche  la  determinazione  dei
limiti soggettivi di efficacia delle graduatorie», che il legislatore
statale provvederebbe a fissare «nell'esercizio della sua funzione di
garanzia dell'unitarieta' e uniformita' dell'ordinamento». 
    1.3.3.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  prospetta  la
violazione dei principi  di  eguaglianza,  di  imparzialita'  e  buon
andamento della pubblica amministrazione «di cui agli articoli 3, 51,
primo comma, e  97  della  Costituzione».  Il  legislatore  regionale
avrebbe disatteso  le  regole  sull'uso  delle  graduatorie,  che  si
riprometterebbero di «assicurare per tutti i  candidati  ai  pubblici
uffici  un   trattamento   eguale,   rispettoso   dei   principi   di
imparzialita' e buon andamento di cui agli articoli 3, 51 e 97  della
Costituzione, nell'ottica della valorizzazione delle professionalita'
al servizio della Nazione unitariamente intesa». 
    1.3.4.- Il ricorrente, infine, denuncia il contrasto  con  l'art.
117, terzo  comma,  Cost.,  sul  presupposto  che  la  disciplina  di
«modalita' uniformi di utilizzo  delle  graduatorie  concorsuali  per
l'accesso al pubblico impiego» rappresenti «un principio fondamentale
di coordinamento della finanza pubblica», che tenderebbe «a  regolare
la spesa per l'accesso ai pubblici uffici (evitando  il  reclutamento
secondo modalita' differenziate [...])». 
    2.- Anche ai fini  della  disamina  delle  eccezioni  preliminari
formulate dalla Regione  Toscana,  occorre  ricostruire  l'evoluzione
della normativa statale sulle graduatorie concorsuali, nella parte in
cui  si  interseca  con  le  previsioni  adottate   dal   legislatore
regionale. 
    L'art. 1, comma 361, della legge  n.  145  del  2018,  nella  sua
formulazione originaria, prevedeva che le  graduatorie  dei  concorsi
per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche
di cui all'art. 1, comma 2,  del  d.lgs.  n.  165  del  2001  fossero
«utilizzate  esclusivamente  per  la  copertura  dei  posti  messi  a
concorso», fermo restando il termine di  vigenza  (allora  triennale)
delle graduatorie dei concorsi  per  il  reclutamento  del  personale
presso le amministrazioni pubbliche (art. 35, comma 5-ter, del d.lgs.
n. 165 del 2001). 
    Tale previsione era stata poi temperata dall'art.  14-ter,  comma
1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni  urgenti  in
materia di reddito di cittadinanza e  di  pensioni),  inserito  dalla
legge di conversione 28 marzo 2019, n. 26, che  aveva  consentito  di
avvalersi delle graduatorie anche per la copertura dei posti «che  si
rendono disponibili, entro i  limiti  di  efficacia  temporale  delle
graduatorie medesime, fermo restando il numero dei  posti  banditi  e
nel rispetto dell'ordine di  merito,  in  conseguenza  della  mancata
costituzione o dell'avvenuta estinzione del rapporto di lavoro con  i
candidati  dichiarati  vincitori»  e  per  effettuare  le  assunzioni
obbligatorie contemplate dagli artt. 3 e  18  della  legge  12  marzo
1999, n. 68 (Norme per il  diritto  al  lavoro  dei  disabili)  e  le
assunzioni dei titolari  del  diritto  al  collocamento  obbligatorio
sancito dall'art. 1, comma 2, della legge 23 novembre  1998,  n.  407
(Nuove  norme  in  favore  delle  vittime  del  terrorismo  e   della
criminalita' organizzata), «sebbene collocati  oltre  il  limite  dei
posti ad essi riservati nel concorso». 
    L'art.  1,  comma  365,  della  legge  n.  145  del  2018,  aveva
inizialmente disposto che le previsioni citate si applicassero  «alle
graduatorie delle procedure concorsuali bandite successivamente  alla
data di entrata in vigore della presente legge». Al rispetto di  tali
regole  non  erano  assoggettate   le   «assunzioni   del   personale
scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di
alta formazione artistica, musicale  e  coreutica»,  oltre  che  «del
personale educativo degli enti locali»  (art.  1,  comma  366,  della
legge n. 145 del 2018, modificato dapprima dall'art. 14-ter, comma 2,
del  d.l.  n.  4  del  2019,  come  convertito,  e,  successivamente,
dall'art. 33, comma 2-bis, lettere a e b, del decreto-legge 30 aprile
2019, n. 34, recante «Misure urgenti di crescita economica e  per  la
risoluzione di specifiche situazioni di crisi», inserito dalla  legge
di conversione 28 giugno 2019, n. 58). 
    Quanto alle «procedure concorsuali per l'assunzione di  personale
medico,  tecnico-professionale  e  infermieristico,   bandite   dalle
aziende  e  dagli  enti  del  Servizio   sanitario   nazionale»,   le
limitazioni all'uso delle graduatorie riguardavano le sole  procedure
bandite a decorrere dal 1° gennaio 2020 (art. 1, comma  365,  secondo
periodo, della legge n. 145 del 2018, aggiunto dall'art. 9-bis, comma
1, lettera a, del decreto-legge 14 dicembre  2018,  n.  135,  recante
«Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le
imprese e per la pubblica amministrazione», inserito dalla  legge  di
conversione 11 febbraio 2019, n. 12). 
    Anche per le procedure concorsuali finalizzate ad  assunzioni  di
personale da destinare ai centri per l'impiego, il legislatore  aveva
differito l'operativita' dell'art. 1, comma 361, della legge  n.  145
del 2018, applicabile soltanto alle procedure concorsuali  bandite  a
decorrere dal 1° luglio 2019 (art. 12, comma 8-ter, del d.l. n. 4 del
2019, inserito dalla legge di conversione n. 26 del 2019). 
    L'art. 1, comma  148,  della  legge  27  dicembre  2019,  n.  160
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2020  e
bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022) ha  abrogato,  a  far
data dal 1° gennaio 2020, l'art. 1, commi 361 e 365, della  legge  n.
145 del 2018. Tale abrogazione  si  colloca  in  un  intervento  piu'
ampio, volto a ridefinire in maniera rigorosa i limiti temporali  per
l'utilizzo delle graduatorie dei concorsi  pubblici  (art.  1,  comma
147, della legge n.  160  del  2019)  e  a  fissare,  a  regime,  una
validita' biennale  delle  graduatorie  concorsuali,  con  decorrenza
dalla loro approvazione (art. 1, comma 149, della legge  n.  160  del
2019). 
    I limiti piu' stringenti all'uso delle  graduatorie,  in  passato
reiteratamente prorogate,  e  la  loro  piu'  circoscritta  validita'
temporale si inquadrano in un contesto normativo mutato. Nel  settore
pubblico hanno contribuito a dare nuovo impulso  alle  assunzioni  le
vacanze di  organico  determinate  dall'introduzione  della  pensione
"Quota 100" (art. 14-bis del d.l. n.  4  del  2019,  con  particolare
riguardo a  Regioni,  enti  locali,  aziende  ed  enti  del  Servizio
sanitario  nazionale),  la  necessita'  di  promuovere  «investimenti
pubblici,  con  particolare  riferimento  a  quelli  in  materia   di
mitigazione del rischio idrogeologico,  ambientale,  manutenzione  di
scuole e strade, opere infrastrutturali, edilizia  sanitaria  e  agli
altri programmi previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145»  (art.
33 del d.l. n. 34 del 2019, per quel che attiene alle  assunzioni  da
parte delle Regioni a statuto ordinario e  dei  Comuni),  e  un  piu'
ampio  programma  finalizzato  ad  assicurare  «l'effettivo  ricambio
generazionale e la migliore organizzazione del lavoro» e a  reclutare
personale qualificato nei settori strategici della  digitalizzazione,
della razionalizzazione e della semplificazione  dei  procedimenti  e
dei processi amministrativi, della  qualita'  dei  servizi  pubblici,
della  gestione  dei  fondi  strutturali   e   della   capacita'   di
investimento, della  contrattualistica  pubblica,  del  controllo  di
gestione e dell'attivita' ispettiva, della  contabilita'  pubblica  e
della gestione finanziaria (art. 3 della legge 19 giugno 2019, n. 56,
recante «Interventi per la concretezza delle azioni  delle  pubbliche
amministrazioni e la prevenzione dell'assenteismo»). 
    3.-  Nella  memoria  illustrativa,  depositata  in  vista   della
trattazione della causa in camera di consiglio, la  parte  resistente
fa leva sull'abrogazione dell'art. 1, commi 361 e 365, della legge n.
145 del  2018,  per  eccepire  l'inammissibilita'  del  ricorso  «per
sopravvenuta carenza di interesse  e  cessazione  della  materia  del
contendere». 
    Tale assunto non puo' essere condiviso. 
    La parte ricorrente, pur  evocando  le  previsioni  dell'art.  1,
commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018, ora abrogate a far data
dal 1° gennaio 2020, lamenta, in primo  luogo,  la  violazione  della
competenza esclusiva dello Stato nelle materie «ordinamento civile» e
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali». 
    Rispetto a tale doglianza, che contesta in radice il potere della
Regione di legiferare in merito alle graduatorie concorsuali, non  si
puo' ritenere che sia venuto  meno  l'interesse  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri a ottenere una pronuncia di questa Corte.  Per
le medesime ragioni, non si possono neppure ravvisare  i  presupposti
della prospettata cessazione della materia del contendere. 
    L'evoluzione  del  quadro  normativo  non  cancella  la   dedotta
invasione della sfera di competenza esclusiva statale e, pertanto, di
la' da ogni altro rilievo  sui  presupposti  della  cessazione  della
materia  del   contendere,   non   puo'   dispensare   questa   Corte
dall'esaminare il merito delle censure proposte. 
    4.- Le  questioni  promosse  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri non sono fondate. 
    5.- Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate sarebbero
innanzitutto lesive della competenza  legislativa  esclusiva  statale
nella materia «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma,  lettera
l, Cost.). 
    5.1 - La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha precisato che «[l]a regolamentazione dell'accesso
ai pubblici impieghi mediante concorso e' riferibile all'ambito della
competenza esclusiva statale, sancita dall'art. 117,  secondo  comma,
lettera g), Cost., solo per quanto riguarda i concorsi indetti  dalle
amministrazioni statali e dagli enti pubblici nazionali» (sentenza n.
380 del 2004, punto 3.2. del Considerato in diritto). 
    Quanto  all'impiego  pubblico   regionale,   esso   deve   essere
ricondotto all'ordinamento civile, di competenza  esclusiva  statale,
solo «per i profili privatizzati del rapporto», attinenti al rapporto
di     lavoro     gia'     instaurato,     laddove     «i     profili
"pubblicistico-organizzativi"    rientrano     nell'ordinamento     e
organizzazione amministrativa regionale, e quindi  appartengono  alla
competenza legislativa residuale della Regione (ex  multis,  sentenze
n. 63 del 2012, nn. 339 e 77 del 2011, n. 233  del  2006,  n.  2  del
2004)» (sentenza n. 149 del  2012,  punto  4.2.  del  Considerato  in
diritto). Tali profili pubblicistico-organizzativi,  proprio  perche'
indissolubilmente connessi con l'attuazione  dei  principi  enunciati
dagli artt. 51  e  97  Cost.,  sono  sottratti  «all'incidenza  della
privatizzazione del lavoro presso le pubbliche  amministrazioni,  che
si riferisce alla disciplina del rapporto gia' instaurato»  (sentenza
n. 380 del 2004, punto 3.1. del Considerato in diritto). 
    Questa Corte e' costante nell'affermare che  la  regolamentazione
delle modalita' di accesso al lavoro pubblico regionale -  in  quanto
riconducibile alla materia dell'organizzazione  amministrativa  delle
Regioni e degli enti pubblici regionali - e' preclusa allo  Stato  (a
maggior ragione attraverso disposizioni di dettaglio) e  spetta  alla
competenza residuale delle Regioni (sentenza  n.  2  del  2004),  nel
rispetto dei limiti costituzionali (sentenza n. 380 del  2004,  punto
3.2. del Considerato in diritto). 
    Alla competenza legislativa residuale in materia di ordinamento e
organizzazione amministrativa delle Regioni  sono  riconducibili,  in
particolare, le procedure concorsuali  pubblicistiche  per  l'accesso
all'impiego regionale (sentenze n.  191  del  2017,  punto  5.4.  del
Considerato  in  diritto,  e  n.  251  del  2016,  punto  4.2.1.  del
Considerato in diritto) e la regolamentazione delle graduatorie,  che
rappresentano il provvedimento conclusivo delle  procedure  selettive
(sentenza n. 241 del 2018, punto 4. del Considerato in diritto). 
    Pertanto, le disposizioni impugnate, proprio perche' si correlano
a una fase  antecedente  al  sorgere  del  rapporto  di  lavoro,  non
invadono  la  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  nella
materia  «ordinamento  civile»,  attenendo   all'organizzazione   del
personale, ambito in cui si esplica  la  competenza  residuale  delle
Regioni. 
    Alla luce di tali rilievi, questa Corte, nel decidere sul ricorso
della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste che lamentava  la
lesione delle prerogative regionali, ha escluso che  le  prescrizioni
dell'art. 1, commi 361 e 365, della legge n. 145 del 2018 dispieghino
effetti nei confronti delle Regioni (sentenza n. 77 del  2020,  punto
4.3.1. del Considerato in diritto), titolari di un'ampia autonomia in
forza dell'art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  e  vincolate,  in  tale
ambito, solo al rispetto dei limiti costituzionali del buon andamento
e dell'imparzialita' e dei principi di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    6.- Dall'esclusione della vincolativita' dei parametri interposti
citati per le Regioni, discende l'infondatezza dell'ulteriore censura
del  ricorrente,  che  denuncia  la   violazione   della   competenza
legislativa esclusiva dello Stato nella materia  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»
(art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.). 
    La difesa statale richiama la giurisprudenza di questa Corte, che
riconduce la disciplina  della  semplificazione  amministrativa  alla
competenza legislativa esclusiva attribuita allo Stato dall'art. 117,
secondo  comma,  lettera  m),  Cost.  Secondo   il   ricorrente,   il
legislatore  statale,  in  virtu'  di  un  titolo  di  legittimazione
suscettibile di investire tutte le materie,  deve  poter  dettare  le
norme che assicurino sull'intero territorio nazionale il godimento di
prestazioni garantite, senza  che  la  legislazione  regionale  possa
limitarle o condizionarle (si menzionano le sentenze n. 62 del 2013 e
n. 207 del 2012). 
    Questa Corte ha chiarito che la competenza  attribuita  dall'art.
117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,  per  il  suo   carattere
trasversale, comprime in misura apprezzabile l'autonomia  legislativa
delle Regioni. Proprio per questo, essa non puo' essere invocata  «se
non in relazione a specifiche prestazioni delle  quali  la  normativa
statale definisca il livello essenziale di  erogazione  (sentenze  n.
383 e n. 285 del  2005),  mediante  la  determinazione  dei  relativi
standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi  diritto
su  tutto  il  territorio  nazionale   in   quanto   concernenti   il
soddisfacimento  di  diritti  civili   e   sociali   tutelati   dalla
Costituzione stessa» (sentenza  n.  232  del  2011,  punto  5.2.  del
Considerato in diritto). 
    La disciplina della semplificazione amministrativa, addotta  come
termine di raffronto e contraddistinta dal ricorrere di una specifica
prestazione a beneficio dei cittadini,  non  puo'  essere  assimilata
alla regolamentazione delle graduatorie delle procedure selettive per
l'accesso all'impiego regionale,  in  cui  viene  in  rilievo  quella
potesta'   delle   Regioni   di   organizzare   il   personale,   che
l'individuazione di una competenza esclusiva  statale  vanificherebbe
fino a negare del tutto. 
    A tale riguardo, questa  Corte  ha  ribadito,  anche  di  recente
(sentenza n. 77 del 2020, punto 4.3.1. del Considerato  in  diritto),
che spetta  alle  Regioni,  nell'esercizio  della  citata  competenza
residuale, definire le regole di accesso all'impiego regionale  e  di
utilizzo delle relative graduatorie concorsuali, compiendo le  scelte
discrezionali piu' appropriate. Per costante orientamento  di  questa
Corte, le Regioni devono esercitare tale competenza nel rispetto  dei
limiti costituzionali (sentenza n.  380  del  2004,  punto  3.2.  del
Considerato in diritto) e,  in  particolare,  dei  principi  di  buon
andamento e di imparzialita' (sentenza n. 77 del 2020,  punto  4.3.1.
del Considerato in diritto), che la  stessa  normativa  statale  puo'
contribuire a enucleare e a definire. 
    Si deve notare che le stesse censure, pur formulate  nei  termini
dell'invasione di una competenza esclusiva statale, si incentrano, in
una  prospettiva  eminentemente  sostanziale,  sulla  violazione  dei
principi sanciti dagli artt. 3, 51, primo comma, e 97 Cost.  E'  alla
stregua   di   tali   parametri,   che   rappresentano   il    fulcro
dell'argomentazione del ricorso, che  la  disciplina  regionale  deve
essere ora scrutinata. 
    7.- Il ricorrente censura gli artt. 1, comma 3, e 2, della  legge
reg. Toscana n. 38 del 2019, in quanto si porrebbero in contrasto con
il dettato costituzionale, che impone l'accesso agli  impieghi  nelle
pubbliche  amministrazioni  mediante  concorso,  in   condizioni   di
eguaglianza,   cosi'   da   salvaguardare   il   buon   andamento   e
l'imparzialita'. 
    7.1. - Tali censure non sono fondate. 
    7.2.- L'art. 1, comma 361, della legge n. 145 del 2018, istituiva
una stretta correlazione  tra  la  graduatoria  e  i  posti  messi  a
concorso e, in virtu' delle modifiche apportate dall'art. 14-ter  del
d.l. n. 4 del 2019, come convertito,  consentiva  all'amministrazione
di reclutare gli idonei al  solo  scopo  di  sopperire  alla  mancata
costituzione o all'estinzione anticipata del rapporto di lavoro con i
candidati dichiarati vincitori. 
    Tale disposizione, non  applicabile  nel  settore  scolastico  ai
sensi dell'art. 1, comma 366, della legge n. 145 del 2018 e operativa
soltanto a far  data  dal  1°  luglio  2019  per  le  assunzioni  del
personale dei centri per l'impiego (art. 12, comma 8-ter, del d.l. n.
4 del 2019, come convertito) e a decorrere dal 1° gennaio 2020 per le
procedure di assunzione di personale medico, tecnico-professionale  e
infermieristico, bandite dalle aziende  e  dagli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale, e'  stata  poi  abrogata,  con  effetto  dal  1°
gennaio 2020, dall'art. 1, comma 148, della legge n. 160 del 2019. 
    Nell'esercizio  della  competenza  riconosciuta  dall'art.   117,
quarto comma, Cost., il  legislatore  regionale  non  puo'  ritenersi
vincolato all'osservanza dei criteri indicati dal legislatore statale
- peraltro rimasti in vigore per un tempo limitato - a meno che  essi
non  riflettano  i  principi  inderogabili  di   buon   andamento   e
imparzialita' sanciti dall'art. 97 Cost. 
    I limiti posti alle assunzioni nel settore  pubblico  sono  stati
gradualmente   superati,   per   costruire   un   diverso    assetto,
caratterizzato  da  periodi  piu'  contenuti   di   validita'   delle
graduatorie (due anni), con prescrizioni rigorose  circa  il  ricorso
alle graduatorie piu' datate, in vista  della  ripresa  di  procedure
selettive e di assunzioni. 
    Con riguardo alle procedure selettive per  l'accesso  all'impiego
regionale, riconducibili alla competenza legislativa residuale  delle
Regioni, si deve ribadire che non ogni difformita'  della  disciplina
regionale  rispetto  alle  regole  dettate  dallo  Stato  denota   la
violazione dei canoni di imparzialita' e di buon andamento  (sentenza
n. 241 del 2018, punto 6. del Considerato in  diritto).  L'evoluzione
della normativa statale conferma che tale difformita',  in  un  breve
arco di tempo, e' stata superata. 
    La disciplina  dell'accesso  all'impiego  regionale  deve  dunque
essere   scrutinata   alla   luce   delle   peculiarita'    che    la
contraddistinguono,  delle  finalita'  che  essa   persegue   e   del
complessivo contesto in cui si colloca. 
    7.3.- In linea generale, si deve  osservare  che  lo  scorrimento
delle graduatorie, consentito  dalle  disposizioni  impugnate  e  ora
anche dalla sopravvenuta normativa statale, presuppone lo svolgimento
delle ordinarie procedure  selettive,  finalizzate  a  individuare  i
soggetti piu' qualificati per l'occupazione dei posti vacanti, e  non
costituisce dunque una deroga  al  principio  del  pubblico  concorso
invocato dal ricorrente. 
    Lo scorrimento delle graduatorie consente all'amministrazione  di
attingere alla provvista degli idonei,  per  far  fronte  in  maniera
tempestiva ed efficace alle esigenze sopravvenute. Questa  Corte  ha,
infatti,  anche  recentemente  precisato   che   «[u]n   reclutamento
imparziale degli idonei  inseriti  nelle  graduatorie  non  entra  in
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., proprio perche' costituisce una
delle possibili espressioni del buon andamento  e  dell'imparzialita'
dell'amministrazione,  nell'esercizio  della  competenza  legislativa
regionale» (sentenza n. 77 del 2020, punto 4.3.1. del Considerato  in
diritto). 
    7.4.- Inoltre, lo scorrimento delle graduatorie ancora valide  e'
assoggettato a limitazioni, che valgono a renderlo compatibile con  i
principi di imparzialita' e di buon  andamento  dell'amministrazione,
evocati a piu' riprese dal ricorrente. 
    Il canone di imparzialita' consente di ricorrere allo scorrimento
delle graduatorie, nel rigoroso rispetto dell'ordine di merito,  solo
quando vi  sia  un'integrale  corrispondenza  tra  il  profilo  e  la
qualifica professionale del posto che si intende coprire, da un lato,
e, dall'altro, il profilo e la categoria professionale per i quali si
e'  bandito  il  concorso  poi  concluso  con  l'approvazione   delle
graduatorie. Non vi e' scorrimento per posti di nuova  istituzione  o
frutto di trasformazione, per evitare rimodulazioni dell'organico  in
potenziale contrasto con i principi di imparzialita' prescritti dalla
Costituzione. 
    Il buon andamento, per  altro  verso,  preclude  di  scorrere  le
graduatorie, quando  sia  mutato  il  contenuto  professionale  delle
mansioni tipiche del profilo che si intende acquisire o  quando,  per
il tempo trascorso o  per  le  modifiche  sostanziali  nel  frattempo
introdotte nelle prove di esame e nei requisiti di partecipazione dei
concorrenti, la graduatoria gia' approvata cessi di rispecchiare  una
valutazione  attendibile  dell'idoneita'  dei  concorrenti  e   della
qualificazione professionale necessaria per ricoprire l'incarico. 
    7.5.-  L'esame  delle  specificita'  della  disciplina  regionale
impugnata conferma la non fondatezza delle censure proposte. 
    La legge reg. Toscana n. 38 del 2019  non  deroga  agli  ordinari
limiti di validita' delle graduatorie. Essa riguarda  le  graduatorie
piu' recenti, approvate a  far  data  dal  1°  gennaio  2019,  e  non
pregiudica  l'esigenza  di  dotare  l'amministrazione  di   personale
qualificato, che sia stato sottoposto a una valutazione  esaustiva  e
imparziale in un tempo prossimo all'assunzione. 
    Le disposizioni impugnate si riconnettono, peraltro, a  obiettivi
specifici e definiti nel tempo, che la  stessa  legislazione  statale
provvede a delineare. 
    L'art. 1 della legge reg. Toscana n. 38 del 2019 si ripromette di
rafforzare le  dotazioni  organiche  dei  centri  per  l'impiego,  in
armonia con le previsioni dell'art. 1, comma 258, della legge n.  145
del  2018,  cui  si  fa  risalire  un   peculiare   procedimento   di
concertazione con le Regioni, al  fine  di  stabilire  i  criteri  di
ripartizione delle risorse stanziate. 
    L'art. 2  della  citata  legge  regionale,  nel  disciplinare  le
assunzioni da parte della  Regione  Toscana,  degli  enti  dipendenti
dalla Regione e delle aziende e degli  enti  del  servizio  sanitario
regionale, tiene conto della cessazione dal  servizio  del  personale
beneficiario della pensione "Quota 100". E'  la  stessa  legge  dello
Stato che si preoccupa di fronteggiare tali conseguenze, con precipuo
riguardo alle Regioni, agli enti locali, agli enti e alle aziende del
Servizio sanitario nazionale (art. 14-bis del d.l.  n.  4  del  2019,
come convertito). 
    Lo scorrimento  delle  graduatorie  non  ha  dunque  una  portata
indiscriminata, ma si rivela direttamente funzionale a organizzare il
reclutamento degli idonei nel modo piu' efficiente e sollecito, in un
ambito - quello delle politiche attive del lavoro, della tutela della
salute e dell'organizzazione amministrativa regionale in senso  ampio
- riservato a vario titolo all'autonomia della Regione, in  vista  di
specifiche finalita', che lo  stesso  legislatore  statale  riconosce
meritevoli di particolare considerazione. 
    8.-  Il  ricorrente,  da  ultimo,  ravvisa   nelle   disposizioni
impugnate la violazione dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  e,  in
particolare,  del  principio  fondamentale  di  coordinamento   della
finanza pubblica, che individua nelle «modalita' uniformi di utilizzo
delle graduatorie concorsuali  per  l'accesso  al  pubblico  impiego»
dettate dalla legislazione dello Stato. 
    8.1.- La Regione Toscana  ha  eccepito  l'inammissibilita'  della
censura, perche' generica e carente di argomenti idonei a  dimostrare
con quali principi finanziari, nella specie, la legge regionale entri
in conflitto. 
    L'eccezione di inammissibilita' deve essere disattesa. 
    Il ricorrente ha identificato nell'art. 1, commi 361 e 365, della
legge n. 145 del 2018  il  principio  fondamentale  di  coordinamento
della finanza pubblica che ritiene violato dal legislatore regionale.
Le doglianze del ricorso sono dunque avvalorate da  un'argomentazione
adeguata, che supera il vaglio di ammissibilita'. Se la  disposizione
indicata dal ricorrente  rappresenti  un  principio  fondamentale  di
coordinamento della finanza  pubblica,  e'  profilo  che  investe  il
merito delle censure. 
    8.2.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    8.3.- Il ricorrente richiama la sentenza di questa Corte n. 3 del
2013, che ha riconosciuto un principio fondamentale di  coordinamento
della finanza pubblica nell'art. 17, comma 10, del  decreto-legge  1°
luglio 2009, n.  78  (Provvedimenti  anticrisi,  nonche'  proroga  di
termini), convertito, con modificazioni, nella legge 3  agosto  2009,
n. 102, che  consente  alle  amministrazioni  pubbliche  locali,  nel
triennio 2010-2012, di «bandire concorsi per le  assunzioni  a  tempo
indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento
dei posti messi a concorso, per  il  personale  non  dirigenziale  in
possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558,  della
legge 27 dicembre 2006, n. 296 e  all'articolo  3,  comma  90,  della
legge 24 dicembre 2007, n. 244». 
    La disposizione sopra indicata, nell'introdurre «nuove  modalita'
di  valorizzazione  dell'esperienza   professionale   acquisita   dal
personale precario»  e  nel  prevedere  «l'espletamento  di  concorsi
pubblici con parziale riserva dei posti in favore di tale personale»,
preclude «a tutte le pubbliche amministrazioni, a partire dal gennaio
2010, ogni diversa procedura di stabilizzazione del personale non  di
ruolo» e persegue l'obiettivo di contenere la «spesa nello  specifico
settore del personale» (sentenza  n.  3  del  2013,  punto  4.1.  del
Considerato in diritto). 
    Diverso e' il caso ora sottoposto al vaglio di questa Corte. 
    Le disposizioni  impugnate  non  superano  i  limiti  posti  alle
facolta'  di  assunzione  delle  amministrazioni  regionali,  che  si
ripercuotono su  un  rilevante  aggregato  della  spesa  corrente  e,
proprio per questo, si  configurano  come  principi  fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    8.4.- A tale riguardo, non rilevano le enunciazioni di  principio
di questa Corte, che ha attribuito il rango di norme di coordinamento
della finanza pubblica alle previsioni volte a delimitare la  proroga
dell'efficacia  delle  graduatorie,  «in  costanza   di   misure   di
contenimento delle assunzioni» (sentenza n. 5 del 2020, punto  4.3.1.
del Considerato in diritto). Le disposizioni introdotte  dalla  legge
reg. Toscana n. 38 del 2019 toccano il diverso  profilo  dell'uso  di
graduatorie ancora  valide  e  non  contrastano  con  misure  statali
finalizzate a circoscrivere la proroga delle stesse e, in pari tempo,
a restringere le facolta' di assunzione delle amministrazioni. 
    8.5.- Le disposizioni impugnate non  incorrono  nella  violazione
dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.  anche  alla  luce  dei  seguenti
rilievi. 
    Lo  scorrimento   delle   graduatorie   consente,   infatti,   di
risparmiare i costi correlati  all'espletamento  di  nuovi  concorsi,
come ha affermato  la  giurisprudenza  amministrativa  (Consiglio  di
Stato, Adunanza plenaria, sentenza 28 luglio 2011, n. 14, punto  40.)
e come conferma anche il preambolo della legge impugnata (punto  7.),
con particolare riguardo al reclutamento di personale da parte  della
Regione Toscana, degli enti dipendenti e degli enti e  delle  aziende
del servizio sanitario regionale (art. 2 della legge reg. Toscana  n.
38 del 2019). Non  si  ravvisa,  pertanto,  la  violazione  di  alcun
principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica. 
    L'art. 1, comma 1, della  legge  reg.  Toscana  n.  38  del  2019
prevede che l'ARTI - ente intermedio  preposto  alla  gestione  della
rete regionale dei centri per l'impiego e all'erogazione dei  servizi
destinati a misure di politiche attive - proceda alle assunzioni  del
personale da destinare a tali centri, con contratto di lavoro a tempo
indeterminato, entro i  limiti  delle  risorse  finanziarie  previste
dalla  legge  statale  allo  scopo   di   potenziarne   le   funzioni
nell'orientamento  al  lavoro.  Tali  risorse  sono   ripartite   dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali  in  base  ai  criteri
definiti previa  intesa  in  sede  di  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento  e
di Bolzano (artt. 1, comma 258, della legge n. 145  del  2018  e  12,
comma 8-bis, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito nella  legge  28
marzo 2019, n. 26). Come traspare dal preambolo della legge regionale
impugnata (punto 4.), il personale e' reclutato «solo a seguito della
effettiva ripartizione delle suddette risorse tra  tutte  le  regioni
interessate ad opera del decreto del Ministero  del  lavoro  e  delle
politiche sociali». 
    Regole non dissimili valgono anche  per  le  assunzioni  a  tempo
determinato  di  personale  incaricato  di  svolgere   «funzioni   di
orientamento ai processi di inserimento lavorativo» (art. 1, comma 2,
della legge reg. Toscana n. 38 del 2019). Parte integrante del «piano
di rafforzamento dei servizi e delle misure di  politica  attiva  del
lavoro approvato nella Conferenza unificata il 21 dicembre 2017»,  le
assunzioni in esame sono  disposte  «entro  i  limiti  delle  risorse
finanziarie   assegnate   dal   piano   operativo   nazionale   (PON)
"Inclusione"  2014-2020  e  dal  programma  operativo   complementare
"Sistemi per  le  politiche  attive  per  l'occupazione"  (POC  SPAO)
2014-2020» (art. 1, comma 2, della legge reg. Toscana n. 38 del 2019)
e solo dopo la concreta ripartizione di tali risorse  (punto  5.  del
preambolo della legge regionale). 
    Per  potenziare  le  attivita'  dei  centri  per  l'impiego,   lo
scorrimento delle graduatorie si  iscrive  dunque  in  un  quadro  di
risorse finanziarie puntualmente definite quanto agli importi e  alle
modalita' di utilizzo. In particolare, e' opportuno  evidenziare  che
il Piano operativo nazionale (PON) Inclusione  2014-2020  si  colloca
nell'ambito di misure cofinanziate dal  Fondo  sociale  europeo,  con
l'innovativo intervento dei fondi strutturali destinati a  promuovere
l'inclusione sociale e  a  superare  le  diseguaglianze  tra  diversi
territori. 
    Le disposizioni impugnate si connettono dunque  in  modo  diretto
alle  politiche  europee  di  sostegno  all'inclusione  attiva  e  ne
valorizzano le finalita' a livello regionale, senza infrangere  alcun
principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica. 
    Anche sotto quest'ultimo profilo, pertanto, le  censure  proposte
con il ricorso dello Stato si rivelano infondate.