ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 20, comma
1, lettera g), 32, comma 1,  lettera  e),  e  79  della  legge  della
Regione  Lazio  22  ottobre  2018,  n.   7   (Disposizioni   per   la
semplificazione e lo sviluppo regionale), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri, con  ricorso  notificato  il  24-28  dicembre
2018, depositato in cancelleria il 28 dicembre 2018, iscritto  al  n.
87 del registro ricorsi 2018 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  7  luglio  2020  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Francesca Morici per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Rodolfo Murra per la  Regione
Lazio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto  al
n. 87 del registro ricorsi 2018, ha impugnato,  tra  gli  altri,  gli
artt. 20, comma 1, lettera g), 32, comma 1, lettera e),  e  79  della
legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n. 7 (Disposizioni per  la
semplificazione   e   lo   sviluppo   regionale),   per    violazione
complessivamente degli artt. 97 e 117,  secondo  comma,  lettera  h),
della Costituzione. 
    1.1.- L'art. 20, comma  1,  lettera  g),  della  legge  regionale
impugnata aggiunge il comma  3-bis  all'art.  42  della  legge  della
Regione Lazio 7 dicembre  1990,  n.  87  (Norme  per  la  tutela  del
patrimonio ittico e per  la  disciplina  dell'esercizio  della  pesca
nelle acque interne del Lazio), il quale prevede che il rilascio e il
rinnovo della qualifica di guardia giurata ittica volontaria  possono
essere riconosciuti a  coloro  che  abbiano  riportato  condanne  per
«reati puniti con la sola pena pecuniaria». 
    A detta del ricorrente, tale disposizione violerebbe l'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost., in materia  di  ordine  pubblico  e
sicurezza. Infatti, l'art. 31 del regio decreto 8  ottobre  1931,  n.
1604 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla  pesca)  dispone
che gli agenti giurati addetti alla sorveglianza  sulla  pesca  nelle
acque interne devono possedere i requisiti previsti dall'art. 138 del
regio decreto 18 giugno 1931, n.  773,  recante  «Testo  unico  delle
leggi  di  pubblica  sicurezza»  (da  ora:  TULPS)  per  le   guardie
particolari giurate. Nonostante quest'ultima norma prescriva, tra gli
altri, il requisito del «non avere riportato condanna  per  delitto»,
la disposizione gravata, nel consentire  il  rilascio  o  il  rinnovo
della qualifica di guardia giurata anche a chi ha riportato  condanna
a una pena pecuniaria, senza operare alcuna distinzione tra  multa  e
ammenda, includerebbe anche chi sia stato condannato per un delitto. 
    1.2.- L'art. 32,  comma  1,  lettera  e),  della  medesima  legge
regionale gravata,  che  sostituisce  l'art.  17  della  legge  della
Regione Lazio 29 novembre 2006,  n.  21,  recante  «Disciplina  dello
svolgimento  delle  attivita'  di  somministrazione  di  alimenti   e
bevande. Modifiche alla L.R. 6 agosto  1999,  n.  14  (Organizzazione
delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione  del
decentramento amministrativo) e alla L.R. 18  novembre  1999,  n.  33
(Disciplina  relativa  al  settore  del   commercio)   e   successive
modifiche», attribuisce al Comune la competenza a stabilire limiti  e
condizioni agli orari di apertura e chiusura  dei  pubblici  esercizi
«per gravi  e  urgenti  motivi  relativi  all'ordine  pubblico,  alla
sicurezza [...]». 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri esso  violerebbe
l'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., in  quanto  l'art.  50,
comma 5, del decreto legislativo 18  agosto  2000,  n.  267,  recante
«Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (da ora:
TUEL), come modificato con decreto-legge  20  febbraio  2017,  n.  14
(Disposizioni  urgenti  in  materia  di  sicurezza   delle   citta'),
convertito, con modificazioni, nella legge 18 aprile 2017, n. 48, pur
consentendo al sindaco di intervenire (con ordinanza  contingibile  e
urgente) in materia di orari di vendita, riconoscerebbe tale facolta'
esclusivamente per i casi di «urgente necessita' di interventi  volti
a superare situazioni di grave  incuria  o  degrado  del  territorio,
dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del  decoro
e della vivibilita' urbana, con particolare riferimento alle esigenze
di tutela della tranquillita' e del riposo dei residenti», e non gia'
per  ragioni  di  tutela  dell'ordine  pubblico  e  della  sicurezza,
riservata alle autorita' di pubblica sicurezza. 
    1.3.- L'art. 79 della legge reg. Lazio n. 7 del 2018, sostituisce
il comma 1 dell'art. 23 della legge della Regione  Lazio  3  novembre
2015, n. 14 (Interventi regionali in favore dei soggetti  interessati
dal sovraindebitamento o vittime di usura o di estorsione) e  dispone
l'estensione a favore  delle  vittime  di  estorsione  di  interventi
regionali previsti per le vittime di usura. 
    A parere del ricorrente esso si  porrebbe  in  contrasto  con  la
normativa  statale  di  cui  alla  legge  7  marzo   1996,   n.   108
(Disposizioni in materia di usura) - che prevede, all'art. 14,  comma
2, la concessione in favore delle vittime del reato di  usura  di  un
mutuo senza interessi da restituire in rate decennali - e alla  legge
23 febbraio  1999,  n.  44  (Disposizioni  concernenti  il  Fondo  di
solidarieta' per le vittime delle richieste estorsive e  dell'usura),
la quale, all'art. l, stabilisce che «[a]i  soggetti  danneggiati  da
attivita' estorsive e' elargita una  somma  di  denaro  a  titolo  di
contributo al ristoro del danno patrimoniale  subito,  nei  limiti  e
alle condizioni stabiliti dalla presente legge». In particolare, poi,
l'art. 12, al comma 1-bis, della  legge  n.  44  del  1999  (aggiunto
dall'art. 1 del decreto-legge 13  settembre  1999,  n.  317,  recante
«Disposizioni  urgenti  a  tutela  delle  vittime   delle   richieste
estorsive e dell'usura», convertito, con modificazioni,  nella  legge
12  novembre  1999,  n.  414),  dispone  la  non  cumulabilita'   con
precedenti risarcimenti o rimborsi a qualunque  titolo  da  parte  di
altre amministrazioni pubbliche e il successivo  art.  16,  al  comma
2-bis (ugualmente aggiunto dall'art. 1 del d.l.  n.  317  del  1999),
stabilisce  la  revoca  totale   o   parziale   dell'elargizione   al
sopravvenire di tale risarcimento o rimborso ovvero  di  un  rimborso
assicurativo. 
    Nonostante tali norme statali siano dirette  a  scongiurare  ogni
possibile sovrapposizione rispetto ad analoghi benefici eventualmente
previsti dalle legislazioni regionali, la disposizione gravata,  «nel
prevedere, genericamente, un distinto  intervento  regionale  per  il
contrasto all'estorsione ed all'usura», creerebbe una duplicazione di
benefici a ristoro del medesimo evento dannoso e violerebbe  pertanto
il principio del  buon  andamento  dell'azione  amministrativa  della
pubblica amministrazione di cui all'art.  97  Cost.,  nonche'  l'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost. in materia di ordine pubblico e
sicurezza. 
    2.- Si e' costituita la Regione Lazio,  eccependo  l'infondatezza
delle tre questioni in esame e l'inammissibilita' dell'ultima. 
    2.1.- Quanto alla prima, la resistente deduce che la disposizione
impugnata, nel contemplare la possibilita' di rilascio e  di  rinnovo
della qualifica di guardia giurata ittica  volontaria  a  coloro  che
abbiano  riportato  condanne  per  reati  puniti  con  la  sola  pena
pecuniaria,  non  intenderebbe  derogare  ai   requisiti   prescritti
dall'art. 138  del  TULPS,  in  quanto  essa,  nel  suo  incipit,  fa
espressamente salvo il rispetto di quanto  previsto  da  quest'ultima
norma, ivi compreso, dunque, il divieto di rilascio o  rinnovo  della
predetta qualifica a coloro che hanno riportato condanne per delitto. 
    A  parere  della  Regione,  dunque,   la   gravata   disposizione
troverebbe applicazione nei limiti di quanto previsto dal  richiamato
art. 138, dovendosi intendere, pertanto, esclusi dal  riferimento  ai
«reati punti con la sola pena pecuniaria» quelli  sanzionati  con  la
multa.  Secondo  una  interpretazione  costituzionalmente  orientata,
cioe', la norma regionale troverebbe applicazione per i soli casi  di
condanna  al  pagamento  di  un'ammenda,  sanzione  prevista  per  le
contravvenzioni, e non anche per le multe, comminate per i delitti. 
    2.2.- Anche la seconda questione non sarebbe fondata,  in  quanto
la norma gravata, nel disciplinare i  casi  in  cui  il  Comune  puo'
prevedere limiti e condizioni agli orari dei pubblici  esercizi,  non
intenderebbe invadere prerogative proprie dell'autorita' di  pubblica
sicurezza  relative  alla  tutela  dell'ordine   pubblico   e   della
sicurezza,  ma,  anzi,  terrebbe  conto  delle  norme   dettate   dal
legislatore statale nel TUEL, ed in particolare dall'art. 50, che, ai
commi 5 e 7-bis, prevede  le  fattispecie  in  cui  il  sindaco  puo'
limitare  gli  orari  degli  esercizi   commerciali   con   ordinanze
contingibili e urgenti, e dall'art. 54, che  attribuisce  al  sindaco
competenze in materia di ordine e sicurezza pubblica. 
    La resistente segnala inoltre che, ai  fini  dell'interpretazione
del predetto  art.  50,  occorrerebbe  tenere  in  considerazione  la
definizione di "sicurezza urbana" contenuta nell'art. 4 del  d.l.  n.
14 del 2017, la quale fa riferimento al «bene pubblico che  afferisce
alla vivibilita' e  al  decoro  delle  citta',  da  perseguire  anche
attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale
e  culturale,  e  recupero  delle  aree   e   dei   siti   degradati,
l'eliminazione dei fattori marginalita' e di esclusione  sociale,  la
prevenzione della criminalita', in particolare di tipo predatorio, la
promozione   della   cultura   del   rispetto   della   legalita'   e
l'affermazione  di  piu'  elevati  livelli  di  coesione  sociale   e
convivenza  civile,  cui  concorrono  prioritariamente,   anche   con
interventi integrati, lo Stato, le Regioni  e  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano e gli enti locali, nel rispetto delle  rispettive
competenze e funzioni». 
    Del resto, dato che l'ambito di applicazione della norma  sarebbe
limitato ai soli casi emergenziali (cioe' in  presenza  di  «gravi  e
urgenti motivi»), esso riguarderebbe solo il potere  dei  sindaci  di
emanare ordinanze contingibili e  urgenti,  restando  quindi  escluso
quello  di  regolare  in  via  ordinaria  gli  orari  degli  esercizi
commerciali, dei pubblici  esercizi  e  dei  servizi  pubblici,  come
avrebbe sostenuto anche questa Corte,  pronunciandosi,  su  questione
analoga relativa agli interventi di emergenza, con  sentenza  n.  196
del 2009. 
    2.3.- Quanto alla terza questione,  la  resistente  ne  sostiene,
innanzitutto,   l'inammissibilita'   per   la   mancata   contestuale
impugnazione dell'art. 78 della medesima legge reg. Lazio  n.  7  del
2018. Infatti,  il  gravato  art.  79  ha  un  contenuto  prettamente
finanziario, limitandosi a modificare  l'art.  23  della  legge  reg.
Lazio n. 14 del 2015 (rubricato «Disposizioni  finanziarie»),  mentre
e' il precedente  art.  78  che  dispone  l'estensione  alle  vittime
dell'estorsione dei benefici che la legge reg. Lazio n. 14  del  2015
accordava, prima della novella, alle vittime di usura. 
    La questione sarebbe comunque  infondata,  in  quanto  il  timore
della  «duplicazione  di  benefici  a  ristoro  del  medesimo  evento
dannoso»   risulterebbe   scongiurato    dalla    previsione    della
comunicazione  all'ufficio  del  Governo  competente  in  materia  di
iniziative antiracket e antiusura degli indennizzi concessi ai  sensi
dell'art. 6 della legge reg. Lazio  n.  14  del  2015  a  favore  dei
soggetti che abbiano subito l'interruzione o la compromissione  della
propria attivita' lavorativa.  La  finalita'  di  tale  comunicazione
sarebbe proprio quella di evitare che si possano sommare due  diversi
indennizzi per la medesima causale. 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri in data  29  ottobre
2019 ha depositato memoria, nella quale, pero', non sono trattate  le
disposizioni in esame, ma altri articoli della stessa legge regionale
n. 7 del 2018 impugnati con il medesimo ricorso n. 87 del 2019. 
    4.- In data 13 maggio  2020,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha depositato memoria, rappresentando che l'art. 107,  comma
1, lettera ll), della legge della Regione Lazio 6 novembre  2019,  n.
22 (Testo Unico del Commercio) ha abrogato l'impugnato art. 32  della
legge reg. Lazio n. 7 del 2018 e rinunciando,  quindi,  alla  propria
impugnazione limitatamente a tale disposizione. 
    5.- In data 4  giugno  2020,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  ha  depositato  nuova  memoria,  chiedendo  dichiararsi  la
cessazione  della  materia  del  contendere  quanto  all'impugnazione
dell'art. 32 della legge reg. Lazio n. 7 del  2018.  Con  riferimento
agli altri articoli impugnati,  viene  reputata  non  convincente  la
lettura  costituzionalmente  orientata  dell'art.  20   della   legge
regionale n. 7 del 2018, proposta dalla Regione Lazio  nella  propria
tesi difensiva, in quanto il richiamo in esso contenuto all'art. 138,
comma 1, TULPS non sarebbe sufficiente a escludere che l'incarico  di
guardia giurata ittica volontaria possa  essere  attribuito  anche  a
soggetti condannati per delitti. Quanto, poi, al successivo art.  79,
viene ricordato che gli artt. 12, comma 1-bis, e 16, comma 2-bis, del
d.l. n. 317 del 1999, convertito con legge  n.  414  del  1999,  sono
diretti a scongiurare ogni  possibile  sovrapposizione  dei  benefici
previsti dalla medesima legge statale rispetto ad  analoghi  benefici
eventualmente previsti da leggi regionali, disponendo rispettivamente
la mancata ammissione e la revoca dell'elargizione nelle  ipotesi  in
cui lo  stesso  danno  sia  oggetto  di  risarcimento  o  rimborso  a
qualunque titolo da parte di amministrazioni pubbliche.  Non  sarebbe
quindi consentito alla legislazione regionale - prosegue l'Avvocatura
- la previsione di elargizioni di  ulteriori  benefici  economici  in
aggiunta  a  quanto  disposto  dalla  normativa  statale,  la  quale,
appunto, fisserebbe un limite del  beneficio  medesimo.  Pertanto  la
disposizione regionale si  porrebbe  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera h), Cost.,  oltre  che  con  l'art.  97  Cost.
proprio a causa della duplicazione di benefici a ristoro del medesimo
danno. 
    Con specifico riferimento all'eccezione di inammissibilita' della
Regione Lazio per la mancata contestuale  impugnazione  dell'art.  78
della medesima  legge  reg.  Lazio  n.  7  del  2018,  infine,  viene
affermata la sua infondatezza in quanto oggetto di  contestazione  e'
proprio (e  solo)  il  successivo  art.  79.  Ed  infatti,  non  sono
censurati gli interventi  in  favore  delle  vittime  dell'estorsione
previsti dalle norme regionali, rientrando,  nella  competenza  della
Regione, la realizzazione di interventi di sostegno di  tale  natura;
e', «invece, oggetto di contestazione lo  stanziamento  di  fondi  in
favore delle vittime di usura ed estorsione che  si  aggiungono  alle
provvidenze economiche previste dalla normativa statale, determinando
quella "duplicazione" lesiva dell'art. 117, comma 2, lett. h),  della
Costituzione in materia di ordine pubblico e sicurezza».  L'art.  79,
dunque, prosegue il ricorrente, e' «la norma correttamente censurata,
perche' recante la diposizione lesiva delle norme interposte,  mentre
la parificazione, ad altri effetti,  delle  vittime  dell'usura  alle
vittime dell'estorsione non viola  ex  se  precetti  costituzionali».
Viene  in  chiusura  segnalato  che  la  previsione  dell'obbligo  di
comunicazione all'Ufficio di Governo competente non sarebbe idoneo  a
evitare la temuta duplicazione dei benefici, non essendo  finalizzato
alla revoca o preclusione di altre elargizioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale di alcune disposizioni della legge  della
Regione  Lazio  22  ottobre  2018,  n.   7   (Disposizioni   per   la
semplificazione e lo sviluppo regionale) e, tra queste,  degli  artt.
20, comma 1,  lettera  g),  32,  comma  1,  lettera  e),  e  79,  per
violazione degli artt. 97 e 117, secondo  comma,  lettera  h),  della
Costituzione. 
    2.- L'art.  20,  comma  1,  lettera  g),  della  legge  regionale
impugnata, aggiungendo il comma 3-bis all'art. 42 della  legge  della
Regione Lazio 7 dicembre  1990,  n.  87  (Norme  per  la  tutela  del
patrimonio ittico e per  la  disciplina  dell'esercizio  della  pesca
nelle acque interne del Lazio), prevede che il rilascio e il  rinnovo
della qualifica di guardia  giurata  ittica  volontaria  puo'  essere
riconosciuto a coloro  che  abbiano  riportato  condanne  per  «reati
puniti con la sola pena pecuniaria». 
    A parere del  ricorrente  esso  violerebbe  l'art.  117,  secondo
comma, lettera h), Cost., in materia di ordine pubblico e  sicurezza,
in relazione all'art. 31 del regio decreto 8 ottobre  1931,  n.  1604
(Approvazione del testo unico delle  leggi  sulla  pesca),  il  quale
dispone che gli agenti giurati addetti alla sorveglianza sulla  pesca
nelle acque interne devono possedere i requisiti  previsti  dall'art.
138 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773,  recante  «Testo  unico
delle leggi di pubblica sicurezza» (da ora:  TULPS)  per  le  guardie
particolari giurate, tra i quali vi e' quello di «non avere riportato
condanna per delitto». 
    La norma gravata, nel consentire  che  la  qualifica  di  guardia
giurata possa essere rilasciata o rinnovata anche a chi ha  riportato
condanna a una pena pecuniaria, senza operare alcuna distinzione  tra
multa e ammenda, ammetterebbe anche chi sia stato condannato  per  un
delitto. 
    3.- La questione e' fondata. 
    4.- Va escluso al riguardo che sia risolutiva la  possibilita'  -
prospettata  dalla  Regione  -  di  una  lettura   costituzionalmente
orientata della disposizione. 
    E' pur vero che il  comma  3-bis  in  questione  afferma:  «Fermo
restando quanto previsto dall'articolo 138, primo  comma,  del  regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del  testo  unico  delle
leggi  di  pubblica  sicurezza)  e  successive  modifiche»,   ma   la
perentoria affermazione che segue,  secondo  cui  il  rilascio  e  il
rinnovo della qualifica di guardia giurata ittica volontaria non sono
preclusi nei confronti di coloro che abbiano riportato  condanne  per
reati puniti con la sola pena pecuniaria, oltre ad essere ragione  di
ingiustificata incertezza, comporta una novazione  della  fonte,  con
intrusione  negli  ambiti  di  competenza  esclusiva   statale,   che
costituisce di per se' causa di illegittimita' della norma  regionale
(ex plurimis, sentenze n. 110 del 2018, n. 40 del 2017, n. 234  e  n.
195 del 2015, n. 35 del 2011 e n. 26 del 2005). 
    5.- Ne consegue  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  20,
comma 1, lettera g), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018. 
    6.- Altra norma impugnata e' l'art.  32,  comma  1,  lettera  e),
della medesima legge regionale, che sostituisce l'art. 17 della legge
della Regione Lazio 29 novembre  2006,  n.  21,  recante  «Disciplina
dello svolgimento delle attivita' di somministrazione di  alimenti  e
bevande. Modifiche alla L.R. 6 agosto  1999,  n.  14  (Organizzazione
delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione  del
decentramento amministrativo) e alla L.R. 18  novembre  1999,  n.  33
(Disciplina  relativa  al  settore  del   commercio)   e   successive
modifiche». 
    6.1.-  Oggetto  delle  censure  e'  in  particolare  il  comma  3
dell'articolo sostituito, nella parte in cui dispone  che  il  Comune
puo', con ordinanza, prevedere limiti  e  condizioni  agli  orari  di
apertura e chiusura dei pubblici esercizi, per gravi e urgenti motivi
relativi all'ordine pubblico e alla sicurezza. 
    7.- Il comma e' stato dapprima modificato ad opera dell'art.  16,
comma 9, della legge  della  Regione  Lazio  20  maggio  2019,  n.  8
(Disposizioni finanziarie di interesse regionale e misure  correttive
di leggi regionali varie), e successivamente abrogato dall'art.  107,
comma 1, lettera ll), della legge  della  Regione  Lazio  6  novembre
2019, n. 22 (Testo Unico del Commercio), il quale, alla lettera  mm),
ha abrogato anche il comma 9 dell'art. 16 della legge reg. Lazio n. 8
del 2019, relativamente alle  modifiche  apportate  alla  legge  reg.
Lazio n. 21 del 2006. 
    7.1.- In  considerazione  di  tutto  questo,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con memoria depositata il 13 maggio 2020,  ha
rinunciato all'impugnazione limitatamente a tale disposizione  e,  il
successivo 4 giugno, con nuova memoria,  ha  chiesto  dichiararsi  la
cessazione  della  materia  del  contendere,  pur   in   assenza   di
accettazione della rinuncia. La Regione, a  sua  volta,  in  sede  di
udienza pubblica, ha dichiarato che nulla osta a  questa  definizione
del giudizio. 
    8.- Si concorda su tale  conclusione,  ricordando  che,  come  di
recente affermato dalla Corte, in ipotesi di intervenuta  abrogazione
della disposizione impugnata, dopo l'instaurazione  del  giudizio,  a
fronte  della  rinuncia  al  ricorso  da  parte  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri,  «[n]on  essendo  pervenuta  da  parte  della
Regione resistente l'accettazione della rinuncia, ne'  risultando  un
suo interesse a coltivare il giudizio, si puo' dichiarare cessata  la
materia del contendere (sentenze n. 94 del 2018 e  n.  19  del  2015,
ordinanza n. 62 del 2015)» (sentenza n. 171 del 2019). 
    9.- Oggetto della terza questione e' l'art. 79 della  legge  reg.
Lazio n. 7 del 2018, il quale sostituisce il  comma  1  dell'art.  23
della legge della Regione Lazio 3 novembre 2015,  n.  14  (Interventi
regionali in favore dei soggetti interessati dal sovraindebitamento o
vittime di usura o di estorsione). La  norma,  prevedendo  interventi
regionali a favore  delle  vittime  di  estorsione,  si  porrebbe  in
contrasto con la disciplina statale di cui  alla  legge  23  febbraio
1999, n. 44 (Disposizioni concernenti il Fondo di solidarieta' per le
vittime delle richieste estorsive e dell'usura) e alla legge 7  marzo
1996, n. 108 (Disposizioni in materia di usura). 
    Il ricorrente ricorda che quest'ultima  legge  prevede,  all'art.
14, comma 1, la concessione in favore delle vittime dell'usura di  un
mutuo senza interessi da restituire in rate decennali e che la  legge
n. 44 del 1999, all'art. l, stabilisce che «ai  soggetti  danneggiati
da attivita' estorsive e' elargita una somma di denaro  a  titolo  di
contributo al ristoro del danno patrimoniale  subito,  nei  limiti  e
alle condizioni stabiliti dalla presente legge». In particolare, poi,
il comma 1-bis dell'art. 12 della legge n. 44 del 1999 dispone la non
cumulabilita' con precedenti  risarcimenti  o  rimborsi  a  qualunque
titolo da parte di altre amministrazioni pubbliche e il  comma  2-bis
del successivo  art.  16  stabilisce  la  revoca  totale  o  parziale
dell'elargizione al sopravvenire  di  tale  risarcimento  o  rimborso
ovvero di un rimborso assicurativo. 
    A detta dell'Avvocatura, la disposizione gravata, «nel prevedere,
genericamente, un distinto  intervento  regionale  per  il  contrasto
all'estorsione ed all'usura», creerebbe una duplicazione di  benefici
a ristoro del medesimo evento dannoso, ponendosi in contrasto con  le
ricordate norme  statali  -  dirette  a  scongiurare  ogni  possibile
sovrapposizione rispetto ad analoghi benefici eventualmente  previsti
dalle legislazioni regionali - e violerebbe pertanto il principio del
buon   andamento   dell'azione    amministrativa    della    pubblica
amministrazione di cui all'art. 97 Cost., nonche' l'art. 117, secondo
comma, lettera h), Cost., in materia di ordine pubblico e sicurezza. 
    Sotto questo secondo profilo, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri   evidenzia   che   le   attribuzioni    regionali    devono
necessariamente ricondursi alla realizzazione degli  interventi  gia'
previsti quali, ad esempio, le azioni  di  sostegno  psicologico,  di
assistenza e tutela in favore  di  vittime  o  potenziali  vittime  o
attivita' sensibilizzazione sui temi in argomento. 
    10.- La questione va dichiarata inammissibile. 
    10.1.-  La  norma  impugnata  ha  un   contenuto   di   carattere
esclusivamente finanziario: sostituisce l'art. 23 della  legge  della
Regione Lazio 3 novembre 2015, n. 14 (Interventi regionali in  favore
dei soggetti interessati dal sovraindebitamento o vittime di usura  o
di estorsione), rubricato «Disposizioni finanziarie», e individua  il
Fondo destinato alla copertura degli oneri finanziari della  medesima
legge reg. Lazio n. 14 del 2015. 
    Va d'altra parte escluso che la scelta di impugnare l'art. 79 sia
frutto di un mero errore materiale di indicazione della  disposizione
gravata, come tale  ininfluente  ai  fini  dell'ammissibilita'  delle
questioni (ex multis, sentenza n. 225 del 2018). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, nella  memoria
depositata  il  4  giugno  2020,  ha  dedotto   la   non   fondatezza
dell'eccezione di inammissibilita' della Regione Lazio per la mancata
contestuale  impugnazione  del  precedente  art.  78,  ribadendo  che
oggetto di contestazione e' proprio e  solo  il  successivo  art.  79
indicato nel ricorso; cosi' rimarcando che non  sono  contestati  gli
interventi in favore delle  vittime  dell'estorsione  previsti  dalle
norme regionali, in quanto rientranti nella competenza  regionale,  e
che a risultare lesivo dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),
Cost.  sarebbe  invece  lo  stanziamento  di  fondi  con  conseguente
duplicazione degli interventi. 
    La tesi non e' convincente. 
    La lesione denunciata - individuata dallo stesso ricorrente nella
«duplicazione di benefici a ristoro del medesimo  evento  dannoso»  e
nella  previsione  di  un  «distinto  intervento  regionale  per   il
contrasto all'estorsione e all'usura» - deriva in  realta'  dall'art.
78, quale disposizione sostanziale che estende alle vittime del reato
di estorsione i benefici (economici) previsti a favore delle  vittime
dell'usura, e non dalla copertura finanziaria degli  oneri  derivanti
da tale estensione. 
    10.2.- Cio' comporta l'inesatta identificazione  della  norma  da
censurare e, per costante giurisprudenza costituzionale (ex plurimis,
sentenze n. 39 del  2020  e  n.  241  del  2012),  si  deve  pertanto
concludere per l'inammissibilita' della questione.