ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettera b), della legge della Regione Lombardia 4 marzo 2019,  n.  4,
recante «Modifiche e integrazioni alla legge  regionale  30  dicembre
2009, n.  33  (Testo  unico  delle  leggi  regionali  in  materia  di
sanita'): abrogazione del Capo III "Norme in materia di  attivita'  e
servizi  necroscopici,  funebri  e  cimiteriali"  del  Titolo  VI   e
introduzione del Titolo VI-bis "Norme in materia di medicina  legale,
polizia mortuaria, attivita' funebre"», promosso dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 30  aprile-3  maggio
2019, depositato in cancelleria il 7 maggio 2019, iscritto al  n.  56
del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  7  luglio  2020  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    uditi l'avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Emanuela Quici per la Regione
Lombardia; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 luglio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ricorso  notificato  il  30  aprile-3  maggio  2019   e
depositato  il  7  maggio  2019,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso - in riferimento, nel complesso,  agli  art.  117,
commi secondo, lettere i)  ed  l),  e  terzo,  della  Costituzione  -
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,
lettera b), della legge della Regione Lombardia 4 marzo 2019,  n.  4,
recante «Modifiche e integrazioni alla legge  regionale  30  dicembre
2009, n.  33  (Testo  unico  delle  leggi  regionali  in  materia  di
sanita'): abrogazione del Capo III "Norme in materia di  attivita'  e
servizi  necroscopici,  funebri  e  cimiteriali"  del  Titolo  VI   e
introduzione del Titolo VI-bis "Norme in materia di medicina  legale,
polizia mortuaria, attivita' funebre"». 
    Tale disposizione e' censurata nelle parti in cui introduce nella
legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2009, n.  33  (Testo  unico
delle leggi regionali in materia di sanita'), gli artt. 69, comma  3;
70-bis; 71, comma 3; 72, comma 1; 73, commi 2, primo  periodo,  e  4;
74, comma 1, lettera e); 74-bis;  75,  commi  4,  primo  periodo,  8,
lettere a) e c) (recte: lettera b), 11, ultimo  periodo,  e  13;  76,
comma 1, lettere e) e g). 
    2.- Il citato art. 69, comma 3, dispone che «[l]'accertamento  di
morte e' effettuato, su richiesta dell'ufficiale di stato civile,  da
un medico incaricato delle funzioni di necroscopo dall'ASST  [azienda
socio sanitaria territoriale]». 
    Il successivo art. 73 prevede, nei suoi commi 2, primo periodo, e
4, che le autorizzazioni,  rispettivamente,  alla  dispersione  delle
ceneri e, in caso di comprovata insufficienza delle  sepolture,  alla
cremazione dei cadaveri inumati da almeno dieci anni  o  tumulati  da
almeno venti anni siano rilasciate dall'ufficiale di stato civile. 
    Ad avviso del ricorrente, queste norme violerebbero  l'art.  117,
secondo comma, lettera i), Cost., in relazione  alla  materia  «stato
civile»,  attribuendo  agli  ufficiali  dello  stato  civile  compiti
ulteriori rispetto a quelli previsti dagli artt.  71,  72  e  74  del
decreto del Presidente della  Repubblica  3  novembre  2000,  n.  396
(Regolamento per la revisione e la  semplificazione  dell'ordinamento
dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15
maggio 1997, n. 127). 
    2.1.- L'art. 71, comma  3  -  disponendo  che,  «[a]  seguito  di
interventi  chirurgici  in  strutture  ospedaliere   del   territorio
comunale», il cittadino puo' «decide[re] se  donare  eventuali  parti
anatomiche  riconoscibili  per  finalita'  di   studio,   ricerca   o
insegnamento o se richiederne la sepoltura» -, recherebbe  un  vulnus
all'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  in  relazione  alla
materia «ordinamento civile». 
    Lo Stato,  infatti,  avrebbe  esercitato  la  propria  competenza
legislativa esclusiva in  tale  ambito  materiale  disciplinando  sia
l'utilizzo di cadaveri ai fini  dell'insegnamento  e  delle  indagini
scientifiche (artt. 40, 41 e 42  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 10 settembre  1990,  n.  285,  recante  «Approvazione  del
regolamento di polizia mortuaria»), sia il prelievo di  organi  e  di
tessuti a scopo di trapianto terapeutico (artt. 3 e 6 della legge  1°
aprile 1999, n. 91, recante «Disposizioni in materia di prelievi e di
trapianti di organi e di tessuti», e, in  precedenza,  art.  1  della
legge 2 aprile 1968, n. 519, recante «Modifiche alla legge  3  aprile
1957, n. 235, relativa ai prelievi di parti di cadavere  a  scopo  di
trapianto terapeutico»). Al  riguardo,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato richiama anche il disegno di legge AS 733 del 2018  che,  nelle
more dell'odierno giudizio,  e'  stato  approvato  con  la  legge  10
febbraio 2020, n. 10 (Norme in materia di  disposizione  del  proprio
corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e  di
ricerca scientifica). 
    2.2.- Secondo il  ricorrente,  le  altre  disposizioni  impugnate
introdotte nella legge  reg.  Lombardia  n.  33  del  2009  sarebbero
ascrivibili a una materia che, «per gli aspetti tecnici [...], ricade
in ambito sanitario» e violerebbero l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
in relazione alla «tutela della salute». 
    Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  premette  che  tali
disposizioni non sarebbero «in linea con i principi  fondamentali  in
materia di "tutela della salute" contenuti nella normativa statale di
riferimento, e segnatamente nel d.P.R. n. 285 del 1990»,  recante  il
regolamento di polizia mortuaria. 
    Quindi, precisa che l'invasione della sfera di competenza statale
deriverebbe dal rilievo che, da un lato, un primo  gruppo  di  queste
avrebbe ad oggetto «fattispecie non previste» dal  menzionato  d.P.R.
n. 285  del  1990;  dall'altro,  un  secondo  gruppo  delle  medesime
detterebbe una disciplina in contrasto con specifiche  previsioni  di
tale regolamento. 
    2.2.1.- Sarebbero, in particolare, riconducibili al primo profilo
di censura: a) l'art. 70-bis, che  regola  le  «case  funerarie»;  b)
l'art. 74, comma  l,  lettera  e),  che  annovera  i  trattamenti  di
tanatocosmesi tra le prestazioni che le imprese  esercenti  attivita'
funebre possono svolgere; c) l'art. 74-bis, che disciplina il «centro
servizi» quale impresa che svolge attivita' funebre;  d)  l'art.  75,
comma 8, lettera a), il quale dispone che il Comune puo'  autorizzare
«la costruzione e l'uso di aree e spazi per la sepoltura  di  animali
d'affezione»; e) infine, l'art. 76, comma l, lettera e), che  demanda
a un regolamento di attuazione la definizione delle  caratteristiche,
tra l'altro, dei «loculi areati». 
    2.2.2.- Sarebbe, invece,  riconducibile  al  secondo  profilo  di
censura, innanzitutto, l'art. 72, il quale  disciplina  il  trasporto
funebre disponendo, all'ultimo periodo del comma l, che,  «[a]l  fine
di consentire lo svolgimento dei riti funebri, il trasferimento  deve
comunque essere effettuato entro ventiquattro ore dal rilascio  della
certificazione attestante il termine delle operazioni di prelievo  di
organi o di riscontro diagnostico, ovvero dal rilascio del nulla osta
al  seppellimento  o  alla   cremazione   da   parte   dell'autorita'
giudiziaria»: in particolare, questa disposizione confliggerebbe  con
le norme di cui agli artt. 8 e 10 e di cui al Capo IV del  d.P.R.  n.
285 del 1990, secondo cui il trasporto delle salme puo' avvenire solo
dopo il decorso di ventiquattro ore dal decesso; essa si  presterebbe
inoltre a interpretazioni elusive dell'art. 23 del medesimo d.P.R., a
mente del quale l'incaricato al trasporto  delle  salme  deve  essere
munito di apposita autorizzazione comunale. 
    L'art. 75, comma 4, primo periodo, consentendo  di  devolvere  la
gestione  e  la  manutenzione  dei  cimiteri  a   soggetti   privati,
contrasterebbe con l'art. 51, comma 1, del d.P.R. n.  285  del  1990:
norma,  questa,  che  al  contrario  attribuirebbe  «i   compiti   di
manutenzione, ordine e vigilanza dei cimiteri al comune,  in  ragione
dei rilevanti interessi igienicosanitari sottesi a tali attivita'». 
    Sono altresi' censurati gli artt. 75, comma 8, lettera b), e  76,
comma l, lettera g). La prima disposizione  prevede  la  possibilita'
che il Comune autorizzi «la costruzione di cappelle private fuori dal
cimitero, purche' contornate da un'area di rispetto»,  e  la  seconda
rimette  a   un   regolamento   di   attuazione   la   determinazione
dell'ampiezza di tali aree: il «combinato disposto» di siffatte norme
divergerebbe dall'art. 104, comma 2, del d.P.R. n. 285  del  1990,  a
mente del quale  la  costruzione  e  l'uso  di  dette  cappelle  sono
consentite soltanto quando queste «siano attorniate per un raggio  di
metri 200 da fondi di proprieta' delle famiglie che  ne  chiedano  la
concessione  e  sui  quali  gli  stessi  assumano   il   vincolo   di
inalienabilita' e di inedificabilita'». 
    L'art. 75, comma 11, stabilisce, al suo ultimo  periodo,  che  la
soppressione dei cimiteri e'  autorizzata  dalle  agenzie  di  tutela
della salute (ATS), cosi' ponendosi  in  contrasto,  a  parere  della
difesa statale, con il disposto dell'art. 96 del d.P.R.  n.  285  del
1990, secondo cui nessun cimitero puo' essere soppresso  se  non  per
ragioni di dimostrata necessita' (comma 1)  e  la  soppressione  deve
essere deliberata dal consiglio comunale (comma 2). 
    E', infine, impugnato  l'art.  75,  comma  13,  che  consente  di
deporre nel loculo del defunto o nella tomba  di  famiglia,  in  teca
separata e previa cremazione, i resti  degli  animali  di  affezione:
tale  facolta'  contraddirebbe,  in  particolare,  la  norma  di  cui
all'art. 50 del d.P.R. n. 285 del  1990,  secondo  cui  nei  cimiteri
potrebbero essere ricevuti soltanto i cadaveri delle persone. 
    3.- Si e' costituita in  giudizio  la  Regione  Lombardia,  nella
persona  del  Presidente  della  Giunta   regionale,   chiedendo   la
declaratoria   d'inammissibilita'   delle   questioni   promosse   in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. e, comunque, il  rigetto
integrale del ricorso. 
    3.1.- Prendendo le mosse dagli artt. 69, 71 e 73 della legge reg.
Lombardia n. 33 del 2009, la difesa regionale rappresenta che  queste
norme  sarebbero  state  oggetto,  in   considerazione   dei   motivi
d'impugnazione, di «attento esame» da parte dell'ufficio  legislativo
e della avvocatura della Regione, preannunciandone un possibile esito
abrogativo. 
    3.2.- Le censure afferenti alla violazione, da parte delle  altre
disposizioni impugnate, dell'art. 117, terzo comma,  Cost.  sarebbero
invece  inammissibili  perche'   formulate   in   modo   generico   e
indeterminato: il  ricorrente  non  avrebbe  difatti  individuato  le
specifiche norme statali  disattese  e  i  principi  fondamentali  da
queste posti e in ipotesi compromessi. 
    3.2.1.-  Lesione  che,  venendo  al  merito,  in  ogni  caso  non
sussisterebbe, dal momento che le disposizioni censurate recherebbero
norme di dettaglio non confliggenti con la normativa statale  evocata
dal ricorrente. 
    Nello specifico,  muovendo  dall'art.  70-bis  della  legge  reg.
Lombardia n. 33 del 2009, la difesa  regionale  rileva  che  le  case
funerarie da esso regolate rappresenterebbero  una  «realta'  diffusa
sul territorio [...], per la quale e' stata avvertita  l'esigenza  di
adottare specifiche disposizioni, comunque non in contrasto»  con  il
d.P.R. n. 285 del 1990. 
    Quanto alla censura afferente all'art. 72, comma  1,  la  Regione
sottolinea che  questa  norma  riguarda  il  trasporto  della  salma,
ovvero, secondo quanto previsto dal precedente art. 67-bis, il «corpo
umano rimasto privo delle funzioni vitali fino all'accertamento della
morte», e non del cadavere, ovvero, secondo la qualificazione  datane
dal medesimo art.  67-bis,  il  «corpo  umano  privo  delle  funzioni
vitali, di cui sia stata accertata la morte»: da cio' deriverebbe che
sarebbe stato rispettato il disposto dell'art. 8 del  d.P.R.  n.  285
del 1990, il quale prescrive un periodo di osservazione dei  cadaveri
di ventiquattro ore dal decesso. 
    In merito all'art. 74, comma 1, lettera e), la  difesa  regionale
si limita a evidenziare che la  tanatocosmesi  -  consistente  in  un
«insieme di trattamenti igienici ed estetici praticati  sul  cadavere
allo scopo di migliorane  la  presentabilita'»  -  costituirebbe  una
pratica distinta dalla tanatoprassi. 
    Con riguardo all'art. 74-bis, che disciplina il «centro servizi»,
la resistente  rimarca  che  si  tratta  di  un'impresa  funebre  che
fornisce  ad  altre  imprese  dello  stesso  settore  «supporti   per
sgravarle [...] di oneri relativi al personale e [ai] mezzi richiesti
per lo svolgimento dell'attivita'». 
    Per quanto concerne l'art. 75, comma 4, la  Regione  precisa  che
l'eventuale devoluzione  della  gestione  e  della  manutenzione  dei
cimiteri anche a soggetti privati deve comunque avvenire nel rispetto
delle  modalita'  previste  dall'ordinamento  e,  quindi,  attraverso
«pubbliche gare per [l']affidamento [dei] servizi in concessione». 
    Nemmeno i commi 8, lettera a), e 13 dell'art. 75 contrasterebbero
con il d.P.R. n. 285 del 1990, giacche' questo non  vieta  l'utilizzo
di spazi cimiteriali per la sepoltura degli animali di affezione. 
    Analogamente, l'art. 75, comma 8, lettera b), nel  consentire  ai
Comuni di autorizzare la costruzione di cappelle  private  fuori  dal
cimitero, avrebbe natura sostanzialmente  ricognitiva,  essendo  tale
possibilita' gia' prevista dalla normativa statale. 
    In  ordine  all'art.  75,  comma  11,  la  Regione  osserva   che
l'autorizzazione della ATS alla soppressione dei cimiteri  presuppone
in ogni caso la richiesta del Comune:  cosi'  intesa,  la  norma  non
divergerebbe dall'evocato art. 96 del d.P.R. n. 285 del 1990. 
    Infine, con riferimento all'art. 76,  comma  1,  lettera  e),  la
resistente sottolinea, innanzitutto, che il d.P.R. n.  285  del  1990
non distinguerebbe tra loculi areati o meno; in secondo luogo, che lo
stesso ricorrente ha affermato, nell'atto introduttivo del  giudizio,
che  i  loculi  areati   offrono   «indubbi   vantaggi   in   termini
igienico-sanitari». 
    4.- Successivamente alla  proposizione  del  ricorso,  l'art.  17
della  legge  della  Regione  Lombardia  6   agosto   2019,   n.   15
(Assestamento  al  bilancio  2019-2021   con   modifiche   di   leggi
regionali), per quanto  qui  interessa:  a)  ha  soppresso  il  primo
periodo dell'art. 73, comma 2, della legge reg. Lombardia n.  33  del
2009 e, al comma 3 del precedente art. 69, le  parole  «su  richiesta
dell'ufficiale di stato civile»; b) ha abrogato il comma 3  dell'art.
71 e il comma 4 dell'art. 73 della legge appena citata. 
    Sulla scorta di siffatto  ius  superveniens,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con atto depositato  il  12  marzo  2020,  ha
rinunciato al ricorso in parte qua, ritenendo che siano  venute  meno
le ragioni poste a fondamento dell'impugnazione. 
    La Regione Lombardia ha accettato tale rinuncia parziale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  -  in
riferimento, nel complesso, agli art. 117, commi secondo, lettere  i)
ed l), e  terzo,  della  Costituzione  -  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera b),  della  legge  della
Regione  Lombardia  4  marzo  2019,  n.  4,  recante   «Modifiche   e
integrazioni alla legge regionale 30  dicembre  2009,  n.  33  (Testo
unico delle leggi regionali in materia di sanita'):  abrogazione  del
Capo III "Norme in  materia  di  attivita'  e  servizi  necroscopici,
funebri e cimiteriali" del Titolo VI e introduzione del Titolo VI-bis
"Norme in materia di medicina legale,  polizia  mortuaria,  attivita'
funebre"». 
    2.-  Tale  disposizione  inserisce  nella  legge  della   Regione
Lombardia 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi  regionali
in materia di sanita'), il Titolo VI-bis, composto dagli articoli  da
67 a 77. 
    Il  ricorrente  dubita,  in   particolare,   della   legittimita'
costituzionale delle norme di cui agli artt. 69, comma 3; 70-bis; 71,
comma 3; 72, comma 1; 73, commi 2, primo periodo, e 4; 74,  comma  1,
lettera e); 74-bis; 75, commi 4, primo periodo, 8, lettere  a)  e  c)
(recte: lettera b), 11, ultimo periodo, e 13; 76, comma 1, lettere e)
e g). 
    3.-  L'art.  69,  comma  3,  dispone,  per  quanto  interessa  in
considerazione del tenore della censura formulata, che l'accertamento
della morte  e'  effettuato  su  richiesta  dell'ufficiale  di  stato
civile. 
    I commi 2, primo periodo, e 4 dell'art.  73  statuiscono  che  le
autorizzazioni, rispettivamente, alla dispersione delle ceneri e,  in
caso di comprovata insufficienza delle sepolture, alla cremazione dei
cadaveri inumati da almeno dieci anni o tumulati da almeno venti anni
siano rilasciate dall'ufficiale di stato civile. 
    Queste norme violerebbero, ad avviso del Presidente del Consiglio
dei ministri, l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  i),  Cost.,  in
relazione alla materia «stato  civile»,  attribuendo  agli  ufficiali
dello stato civile compiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla
normativa statale. 
    3.1.-  L'art.  71,  comma  3  -  stabilendo  che,  a  seguito  di
interventi chirurgici, il cittadino puo'  decidere  di  donare  parti
anatomiche  per  finalita'  di  studio,  ricerca  o  insegnamento  -,
lederebbe, secondo il ricorrente, l'art. 117, secondo comma,  lettera
l), Cost., in relazione alla materia «ordinamento civile». 
    3.2.- Nel corso del giudizio, l'art. 17 della legge della Regione
Lombardia 6 agosto 2019, n. 15 (Assestamento  al  bilancio  2019-2021
con modifiche di leggi regionali), per quanto qui  interessa,  da  un
lato, ha soppresso il primo periodo  dell'art.  73,  comma  2,  della
legge reg. Lombardia n. 33 del 2009 e, al comma 3 del precedente art.
69,  le  parole  «su  richiesta  dell'ufficiale  di  stato   civile»;
dall'altro, ha abrogato  il  comma  3  dell'art.  71  e  il  comma  4
dell'art. 73 della legge appena menzionata. 
    Conseguentemente il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
rinunciato alla impugnazione di queste norme. 
    Poiche' la resistente ha accettato  tale  rinuncia  parziale,  va
dichiarata,   limitatamente   alle    questioni    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera  b),  della  legge  reg.
Lombardia n. 4 del 2019, nelle parti in  cui  introduce  nella  legge
reg. Lombardia n. 33 del 2009 gli artt. 69, comma 3, 71, comma  3,  e
73, commi 2, primo periodo, e 4, l'estinzione del processo, ai  sensi
dell'art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale (sentenze n. 192 del 2019 e n. 127 del 2018). 
    4.- Le restanti questioni hanno ad oggetto gli artt. 70-bis,  72,
comma 1, 74, comma 1, lettera e), 74-bis, 75, commi 4, primo periodo,
8, lettere a) e c) (recte: lettera b), 11, ultimo periodo, e 13,  76,
comma 1, lettere e) e g), della legge reg. Lombardia n. 33 del  2009,
come introdotti dall'art. 1, comma 1, lettera b),  della  legge  reg.
Lombardia n. 4 del 2019. 
    Queste  disposizioni  disciplinano:  le  «case  funerarie»  (art.
70-bis); il trasporto delle salme (art. 72, comma 1);  i  trattamenti
di tanatocosmesi (art. 74,  comma  l,  lettera  e);  una  particolare
tipologia di impresa che svolge attivita' funebre, ovvero il  «centro
servizi»  (art.  74-bis);  la  devoluzione  della  gestione  e  della
manutenzione dei cimiteri anche a soggetti privati (art. 75, comma 4,
primo periodo); la costruzione  e  l'uso  di  aree  e  spazi  per  la
sepoltura di animali d'affezione (art. 75, comma 8,  lettera  a);  la
costruzione di cappelle private al di fuori dei cimiteri  (artt.  75,
comma 8, lettera b, e 76, comma l, lettera g); l'autorizzazione  alla
soppressione dei cimiteri (art. 75, comma  11,  ultimo  periodo);  la
possibilita' di deporre nel loculo  del  defunto  o  nella  tomba  di
famiglia, in teca separata e previa cremazione, i resti degli animali
di affezione (art. 75, comma 13); i «loculi areati» (art.  76,  comma
l, lettera e). 
    Secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  tali  norme
violerebbero l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  relazione  alla
materia «tutela della salute». 
    4.1.- E' pregiudiziale l'esame dell'eccezione  d'inammissibilita'
sollevata in limine dalla Regione, la quale  si  duole  della  omessa
individuazione delle disposizioni  statali  violate  e  dei  principi
fondamentali da queste dettati e in ipotesi pregiudicati dalle  norme
impugnate. 
    L'eccezione e' fondata, per le ragioni di seguito precisate. 
    L'Avvocatura generale dello Stato - che in sostanza si  limita  a
una mera riproduzione del contenuto della delibera autorizzativa alla
proposizione del ricorso - sostiene, in particolare, che le norme  in
parola contrastino con i principi  fondamentali  asseritamente  posti
dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285
(Approvazione del regolamento di polizia mortuaria), in quanto alcune
di  esse  introdurrebbero  fattispecie  non   contemplate   da   tale
regolamento, mentre  altre  detterebbero  una  disciplina  da  questo
difforme. 
    Cosi' prospettate, le censure risultano all'evidenza apodittiche,
essendo prive di ogni supporto argomentativo in ordine alla  premessa
su cui riposano, ovvero alla asserita idoneita' del d.P.R. n. 285 del
1990 ad assurgere al rango di normativa interposta, in grado, quindi,
di dettare principi fondamentali vincolanti la  potesta'  legislativa
concorrente regionale. 
    Va al riguardo rilevato che il suddetto  regolamento  di  polizia
mortuaria, emanato ai sensi dell'art. 358 del regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle  leggi  sanitarie),
rientra, di per se', tra le fonti normative secondarie cui, in quanto
tali, «e' inibita in radice la possibilita' di vincolare  l'esercizio
della potesta' legislativa regionale o di  incidere  su  disposizioni
regionali preesistenti  (sentenza  n.  22  del  2003);  e  neppure  i
principi  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza  possono  conferire   ai
regolamenti statali una capacita' che e'  estranea  al  loro  valore,
quella cioe'  di  modificare  gli  ordinamenti  regionali  a  livello
primario»  (sentenza  n.  303  del  2003).  Le  norme  regolamentari,
infatti,  non  possono  essere  ascritte   «all'area   dei   principi
fondamentali»  delle  materie  concorrenti,  «in  quanto   la   fonte
regolamentare, anche in forza di quanto previsto dall'art. 117, sesto
comma, Cost., sarebbe  comunque  inidonea  a  porre  detti  principi»
(sentenza n. 92 del 2011)  e,  quindi,  a  vincolare  il  legislatore
regionale (sentenza n. 162 del 2004). 
    D'altro canto e' anche vero che questa Corte ha ritenuto che  gli
atti  di  normazione  secondaria  possano   vincolare   la   potesta'
legislativa regionale, ma solo in ben  circoscritte  ipotesi,  ovvero
quando, «in settori squisitamente tecnici», intervengono a completare
la  normativa  statale  primaria  (sentenza  n.  286  del   2019)   e
costituiscono «un corpo unico con la disposizione legislativa che  li
prevede e che ad essi affida il compito di individuare le  specifiche
tecniche  che  mal  si  conciliano  con  il  contenuto  di  un   atto
legislativo e che necessitano di applicazione uniforme  in  tutto  il
territorio nazionale» (sentenza n. 69 del 2018). Unicamente in queste
limitate  ipotesi  il  mancato  rispetto  di   atti   di   normazione
secondaria, «nel caso si verta nelle materie di cui  al  terzo  comma
dell'art. 117 Cost. e qualora la norma  interposta  esprima  principi
fondamentali», puo' comportare «l'illegittimita' costituzionale della
norma censurata» (sentenza n. 11 del 2014). 
    Il ricorso, invece, sul punto tace del tutto. 
    L'Avvocatura generale dello Stato si  limita  difatti  a  evocare
esclusivamente il regolamento di  polizia  mortuaria,  senza  dedurre
alcunche' in ordine alla  possibilita'  di  qualificarlo  come  norma
interposta; addirittura nemmeno mai menziona, nell'atto introduttivo,
la normativa primaria di cui esso e' attuazione; non indica,  infine,
quali sarebbero i  principi  fondamentali  deducibili  dall'ipotetica
normativa interposta. 
    In tal modo non risulta assolto l'onere, che secondo il  costante
orientamento  di  questa  Corte  grava  sul  ricorrente  laddove  sia
denunciata la  violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  di
indicare specificamente il principio o i principi fondamentali  della
materia asseritamente lesi (ex plurimis, sentenza n. 143 del 2020). 
    4.2.-  Alla  stregua  delle  considerazioni  svolte,   deve,   in
conclusione, essere dichiarata l'inammissibilita' delle questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera  b),  della
legge reg. Lombardia n. 4 del 2019,  nelle  parti  in  cui  introduce
nella legge reg. Lombardia n. 33 del 2009 gli artt. 70-bis; 72, comma
1; 74, comma 1, lettera e); 74-bis; 75, commi 4,  primo  periodo,  8,
lettere a) e b), 11, ultimo periodo, e 13; 76, comma 1, lettere e)  e
g).