ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  10,  15,
commi 2, lettere f), g) ed h), 3, lettera i), 16,  comma  1,  lettere
b), f), e g), e 32 della legge della Regione Molise 10  maggio  2019,
n. 4 (Legge di stabilita' regionale 2019),  promosso  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la  notificazione
il 12 luglio 2019, depositato  in  cancelleria  il  17  luglio  2019,
iscritto al n. 80  del  registro  ricorsi  2019  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  37,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Molise; 
    udito nell'udienza pubblica  dell'8  settembre  2020  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Antonio  Galasso  e  Claudia
Angiolini per la Regione Molise; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 settembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 12-17 luglio 2019 e depositato il medesimo 17 luglio, iscritto  al
n. 80 del registro ricorsi 2019, ha impugnato gli artt. 10, 15, commi
2, lettere f), g) ed h) e 3, lettera i), 16, comma 1, lettere b), f),
e g), e 32 della legge della Regione Molise  10  maggio  2019,  n.  4
(Legge di stabilita' regionale 2019), in riferimento, nel  complesso,
agli artt. 81, terzo comma, 97, 117, secondo comma, lettere l) ed s),
e terzo comma, e 120, primo comma, della Costituzione. 
    Il ricorrente esamina partitamente le norme impugnate ponendo  in
evidenza i profili di illegittimita' costituzionale delle stesse. 
    2.- L'art. 10, comma 1, lettere a) e b), della legge reg.  Molise
n. 4 del 2019, ha sostituito il comma 1, e ha abrogato  il  comma  4,
dell'art. 3-bis della legge della Regione Molise 26 marzo 2015, n. 4,
recante «Istituzione dell'Agenzia regionale per lo sviluppo agricolo,
rurale e della pesca (ARSARP) - Giacomo Sedati». 
    La disposizione impugnata, da un lato (lettera a), ha  introdotto
il principio secondo cui il trattamento economico dell'amministratore
unico dell'ARSARP, che  deve  essere  nominato  tra  i  direttori  di
dipartimento della Giunta regionale, i dirigenti regionali  ovvero  i
direttori di  servizio  dell'Agenzia,  si  conforma  ai  principi  in
materia di retribuzione del  personale  con  qualifica  dirigenziale;
dall'altro (lettera b), ha abrogato la disposizione che stabiliva  la
corresponsione all'amministratore unico dell'ARSARP di  un'indennita'
di funzione onnicomprensiva, determinata dalla Giunta regionale,  non
eccedente il  70  per  cento  della  retribuzione  dei  dirigenti  di
servizio della Regione Molise. 
    3.- Per effetto delle suddette modifiche, ad avviso della  difesa
dello  Stato,  all'amministratore  unico  dell'ARSARP  sarebbe  stato
attribuito un incremento del trattamento economico,  senza  prevedere
la necessaria copertura finanziaria. 
    Pertanto, la norma impugnata violerebbe l'art. 81,  terzo  comma,
Cost.,  non  rinvenendosi  nel  testo  della  legge   regionale   una
corrispondente norma di copertura finanziaria. 
    4.- L'art. 15 della legge reg. Molise n. 4 del 2019, definisce un
articolato  progetto  di  riordino  dell'assetto  organizzativo   del
cosiddetto «Sistema Regione Molise», istituito  con  l'art.  7  della
legge  della  Regione  Molise  20  agosto  2010,  n.  16  (Misure  di
razionalizzazione della spesa regionale), con particolare riferimento
all'utilizzo delle risorse umane alle dipendenze degli enti  e  delle
societa' partecipate elencate nelle Tabelle A1 e  A2,  allegate  alla
legge della Regione Molise 4 maggio 2016, n. 5 (Legge  di  stabilita'
regionale 2016). 
    Il progetto di riordino in questione prevede l'utilizzo condiviso
del personale dipendente degli enti e delle societa' appartenenti  al
gruppo «Sistema Regione Molise», per il perseguimento di fini comuni,
tramite  l'istituto  giuridico  del  distacco,  da  disciplinare  con
regolamento della Giunta regionale. 
    5.- Tale disposizione e' impugnata dallo Stato nella parte in cui
prevede, al comma 2, lettere f) e g), quale criterio a  cui  si  deve
attenere la Giunta regionale nel regolamentare il distacco,  che  gli
oneri finanziari  relativi  al  costo  ordinario  del  personale  con
qualifica non dirigenziale  e  con  qualifica  dirigenziale  siano  a
carico dei bilanci dei rispettivi enti di appartenenza. 
    6.-  La  difesa  dello  Stato  accomuna  all'impugnazione   delle
suddette norme dell'art. 15, il dubbio di costituzionalita'  relativo
al successivo art. 16, comma 1, lettere f) e g). 
    Tale  ultimo  articolo,  reca  «Accordi  per  lo  svolgimento  in
collaborazione di attivita' di interesse comune», e disciplina (comma
1) «[l']istituto della utilizzazione  in  posizione  di  distacco  di
personale dagli  Enti  rientranti  nel  sistema  sanitario  regionale
(ASREM e ARPA) verso le  strutture  della  Giunta  regionale  [...]»,
prevedendo alle lettere f) e g) che gli oneri finanziari relativi  al
costo ordinario  del  personale  con  qualifica  non  dirigenziale  e
dirigenziale siano a  carico  dei  bilanci  dei  rispettivi  enti  di
appartenenza. 
    7.- Il ricorrente ritiene che l'art. 15, comma 2,  lettere  f)  e
g), e l'art. 16, comma 1, lettere f) e g), della legge reg. Molise n.
4 del 2019, nel prevedere, di  fatto,  delle  ipotesi  di  "comando",
violerebbero  la  potesta'  legislativa   esclusiva   nella   materia
«ordinamento civile», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost., e invaderebbero la  sfera  della  potesta'  legislativa  dello
Stato  nella  materia  concorrente   «coordinamento   della   finanza
pubblica», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    8.- Il ricorrente richiama, quale disciplina interposta, le norme
sull'istituto del comando, contenute negli artt. 56 e 57  del  d.P.R.
10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti  lo
statuto degli impiegati civili dello Stato), e pone  in  evidenza  le
differenze che sussistono tra tale istituto e le diverse ipotesi  del
distacco  e  dell'avvalimento,  richiamando  la   giurisprudenza   di
legittimita' e contabile in materia. 
    Nel comando, fermo restando il rapporto organico che continua  ad
intercorrere tra il dipendente e l'ente di appartenenza, si  modifica
il rapporto  di  servizio,  atteso  che  il  dipendente  pubblico  e'
inserito,  sia  sotto  il   profilo   organizzativo-funzionale,   che
gerarchico-disciplinare,  nell'amministrazione  di  destinazione,   a
favore della quale presta la propria opera. 
    Diversamente, nel distacco vi e' l'utilizzazione  temporanea  del
dipendente  presso  un  ufficio,  che  e'  diverso  da   quello   che
costituisce la propria sede di servizio, e che rientra comunque nella
medesima amministrazione. 
    L'avvalimento,  invece,  si  verifica  quando  l'amministrazione,
anziche' dotarsi di una struttura propria per  lo  svolgimento  della
funzione ad essa assegnata, si avvale degli uffici di altro ente,  al
quale non viene delegata la funzione  stessa.  In  tal  caso  non  si
determina  alcuna  modifica  del  rapporto  di  impiego,  perche'  il
personale  dell'ente  che  fornisce  la  struttura  necessaria   allo
svolgimento del compito resta incardinato in quest'ultimo a tutti gli
effetti, e non si  verifica  scissione  fra  rapporto  di  impiego  e
rapporto di servizio. 
    La difesa dello Stato ricorda, quindi, che l'art. 70,  comma  12,
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), ha  regolato  il  trattamento  economico  in  favore  del
personale comandato o distaccato,  prevedendo  che  l'amministrazione
che utilizza il personale in posizione di comando, di fuori ruolo,  o
in  altra   analoga   posizione   rimborsa   all'amministrazione   di
appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale. 
    9.- Cosi' riepilogato il quadro normativo e giurisprudenziale  di
riferimento, l'Avvocatura generale dello Stato deduce  che  le  norme
impugnate sono dirette a regolamentare l'istituto della utilizzazione
in assegnazione temporanea di un dipendente presso un'amministrazione
diversa da quella di appartenenza, assimilabile al comando. 
    Cio' palesa, ad avviso  del  ricorrente,  l'illegittimita'  delle
disposizioni  in  esame,  in  quanto  le  stesse  pongono  gli  oneri
finanziari relativi al costo ordinario del  personale  con  qualifica
dirigenziale e non dirigenziale a carico dei bilanci  dei  rispettivi
enti di appartenenza. 
    Tali  norme,  dunque,  da  un  lato  invaderebbero  la   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile»,
a cui va ricondotta  la  disciplina  del  rapporto  di  impiego  alle
dipendenze  della  Regione  e  i  profili  relativi  al   trattamento
economico del personale pubblico privatizzato; dall'altro, ponendo in
modo  definitivo  gli  oneri  finanziari  a   carico   dell'ente   di
appartenenza, contrasterebbero  con  il  terzo  comma  dell'art.  117
Cost., atteso che la previsione dell'art. 70, comma 12, del d.lgs. n.
165 del 2001, attiene alla materia del  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    10.-  La  difesa   dello   Stato   sospetta   di   illegittimita'
costituzionale anche l'art. 15, comma 3, lettera i), della legge reg.
Molise n. 4 del 2019,  che  prevede  l'utilizzazione  temporanea,  in
posizione di  distacco,  del  personale  delle  societa'  partecipate
presso enti regionali. 
    Gli istituti del comando  e  del  distacco  non  possono  trovare
applicazione rispetto al personale delle societa' partecipate che non
rientrano  nel   novero   delle   pubbliche   amministrazioni,   come
individuate dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001. 
    Il  rapporto  di  lavoro  alle   dipendenze   delle   stesse   e'
disciplinato dall'art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016,  n.
175 (Testo unico in materia di societa' a  partecipazione  pubblica),
che rientra nell'esercizio della potesta'  legislativa  esclusiva  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  in  materia  di
ordinamento civile. 
    Ne' puo' trovare applicazione la disciplina  della  mobilita'  di
cui all'art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001. 
    A sostegno delle proprie argomentazioni, il  ricorrente  richiama
la giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 37 del 2015, n.  227  e
n. 167 del 2013) che, in relazione a norme regionali che  disponevano
un generale ed automatico  transito  del  personale  di  una  persona
giuridica di diritto privato nell'organico di  un  soggetto  pubblico
regionale, senza il previo espletamento di alcuna procedura selettiva
di tipo concorsuale, ha statuito che il mancato ricorso a tale  forma
generale e ordinaria di reclutamento  del  personale  della  pubblica
amministrazione non trova alcuna ragione giustificatrice  in  ipotesi
di tale genere. Il trasferimento da  una  societa'  partecipata  alla
Regione o ad altro soggetto  pubblico  regionale  si  risolve  in  un
privilegio indebito per i  soggetti  che  possono  beneficiare  della
norma impugnata, in violazione dell'art. 97 Cost., e  in  particolare
della regola che prevede il pubblico concorso. 
    Rileva, altresi', che vi sarebbe un potenziale riflesso  negativo
sul rispetto, da parte  degli  enti  territoriali,  dei  limiti  alle
facolta' assunzionali, delle norme del patto di stabilita' interno, e
degli altri obblighi finanziari. 
    Pertanto, l'art. 15, comma 3, lettera i), della legge reg. Molise
n. 4 del 2019, nel disciplinare una forma di mobilita' del  personale
delle societa' pubbliche diversa da quelle consentite dal  d.lgs.  n.
175 del 2016, violerebbe gli artt. 97 e 117, secondo  comma,  lettera
l), e terzo comma, Cost. 
    11.- L'art. 15, comma 2,  lettera  h),  e  l'art.  16,  comma  1,
lettera b), della  legge  regionale  impugnata,  sono  sospettati  di
illegittimita' costituzionale in quanto entrambi prevedono una deroga
ai limiti percentuali previsti dall'art. 19, comma 5-bis, del  d.lgs.
n. 165  del  2001,  con  riguardo  al  conferimento  degli  incarichi
dirigenziali  da  parte  della  Giunta  regionale  presso   strutture
regionali, e presso strutture competenti in materia di programmazione
sanitaria, tutela della salute e tutela dell'ambiente. 
    12.- La difesa dello Stato richiama la disciplina del citato art.
19 in materia di dirigenza e la giurisprudenza costituzionale che  ha
ritenuto contrastare con l'art. 117, secondo comma,  lettera  l),  la
legislazione regionale che  ha  previsto  la  non  computabilita'  di
posizioni  dirigenziali  nella  complessiva  dotazione  organica   di
dirigenti di prima fascia (sentenza n. 257 del 2016). 
    Pertanto, le disposizioni impugnate lederebbero il  principio  di
buon andamento ed imparzialita' della  pubblica  amministrazione,  di
cui all'art. 97, primo e secondo comma,  e  la  competenza  esclusiva
dello Stato nella materia «ordinamento civile», di cui all'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. e quella concorrente  nella  materia
«coordinamento della finanza pubblica», di cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    13.- L'art. 32 della legge reg. Molise n. 4 del 2019 e' impugnato
in riferimento all'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  in
quanto  interviene  nella  materia  della  tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, rimessa alla potesta'  legislativa  esclusiva  dello
Stato, nonche' all'art. 120, primo comma, Cost., interferendo con  il
principio di libera circolazione delle cose tra le Regioni. 
    La disposizione impugnata modifica l'art.  1  della  legge  della
Regione Molise 7 agosto 2003,  n.  25  (Norme  per  l'elaborazione  e
l'attuazione del Piano di gestione dei rifiuti), inserendo  il  comma
3-bis, in base al quale «La Regione persegue l'obiettivo di  limitare
nel  proprio  territorio  lo  smaltimento  di  rifiuti  speciali   di
provenienza extra regionale, nel limite della percentuale del  totale
dei rifiuti, speciali  e  non,  trattati  nel  territorio  regionale,
scelta dalla Giunta regionale dopo relazione della struttura tecnica.
Il competente servizio regionale emana, a tal  proposito,  specifiche
direttive». 
    Tale norma contrasterebbe  con  gli  artt.  182  e  182-bis,  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale),   che   stabiliscono   divieti   e   limitazioni   sulla
circolazione  dei  rifiuti,  fuori  dal   territorio   regionale   di
produzione, esclusivamente per i rifiuti urbani, e  non  gia'  per  i
rifiuti speciali, per i quali la libera circolazione  sul  territorio
nazionale e' sempre concessa. 
    Analoga previsione, osserva il ricorrente, peraltro era contenuta
nell'art. 5, comma 3, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.  22
(Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti,  della  direttiva
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della  direttiva  94/62/CE  sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio). 
    La difesa dello Stato pone in rilievo,  in  particolare,  che  il
divieto regionale violerebbe l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., in quanto contrasta con il  concetto  di  "rete  integrata  di
impianti di smaltimento", che  presuppone:  a)  una  possibilita'  di
interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il  sistema
integrato; b) l'assenza di  ostruzioni  determinate  da  blocchi  che
impediscano l'accesso ad alcune sue parti (e' richiamata in proposito
la sentenza di questa Corte n. 10 del 2009). 
    14.- Con atto depositato il 22 agosto 2019,  e'  intervenuta  nel
giudizio la Regione Molise, giusta delibera della Giunta regionale  9
agosto  2019,  n.  313,  chiedendo  il  rigetto  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale promosse dallo Stato. 
    15.- Assume la difesa regionale che non sarebbero fondati i dubbi
di costituzionalita' prospettati con riguardo all'art. 10 della legge
reg. Molise n. 4 del 2019, in quanto  l'incarico  in  questione  puo'
essere ricoperto solo da personale dirigenziale della Regione  Molise
o della stessa ARSARP. 
    Pertanto, in ragione del principio  di  onnicomprensivita'  della
retribuzione del dirigente, nulla sarebbe dovuto a chi svolge  questo
incarico, e non occorreva una norma di  copertura  finanziaria.  Cio'
trovava conferma nel richiamo dell'art. 24, comma 3,  del  d.lgs.  n.
165 del 2001. 
    16.- Anche l'art. 15, commi 2, lettere f), g) ed h), e 3, lettera
i), e l'art. 16, comma 1, lettere  b),  f)  e  g),  ad  avviso  della
Regione, si sottrarrebbero a censure. 
    Tali disposizioni  vanno  inserite  in  un  piu'  ampio  contesto
organizzativo delineato dall'art. 7 della legge reg. Molise n. 16 del
2010, che ha istituito il «Sistema Regione Molise», costituito  dalla
Regione, enti ed aziende, anche autonome,  istituiti  dalla  Regione,
enti del servizio  sanitario  regionale,  e  societa'  regionali.  E'
previsto che i soggetti del Sistema regionale svolgono le prestazioni
a favore di ogni altro soggetto  appartenente  al  Sistema  regionale
medesimo. 
    Del Sistema Regione Molise,  in  particolare,  fanno  parte  enti
strumentali, ai quali si applicano i contratti collettivi  di  lavoro
del  comparto  enti   locali,   societa'   partecipate   e   societa'
controllate, cui si applicano diversi contratti collettivi di lavoro. 
    Non sussisterebbe, pertanto, la violazione dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., in quanto la mobilita' del personale,  all'interno  del
Sistema, non comporta un incremento del saldo  di  spesa  complessivo
sui bilanci. 
    Considerato che la Regione Molise sopporta annualmente  le  spese
per il personale degli enti del Sistema,  non  occorre  rimborso  per
l'utilizzazione, da parte sua, del personale a  questi  appartenente,
per cui non vi sarebbe violazione delle norme nazionali nella materia
«coordinamento della finanza pubblica». 
    Tali considerazioni valgono anche per l'art. 16 della legge  reg.
Molise n. 4 del 2019, che riguarda gli enti ASREM e ARPA, non inclusi
nel Sistema della Regione Molise. 
    17.- Quanto alla prospettata violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera l), la Regione osserva che le disposizioni di cui agli
artt. 15 e 16 della legge reg. Molise n. 4 del 2019,  si  limitano  a
dettare regole generali attuative del richiamato art. 7  della  legge
reg. Molise n. 16 del 2010, prevedendo la sussistenza di  un  vero  e
proprio distacco funzionale per il personale, nel rispetto  dell'art.
15 della legge 7 agosto 1990, n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), nonche' della disciplina vincolistica in materia  di
spesa del personale. 
    18.- La disciplina in questione non contrasta, pertanto,  neanche
con l'art. 97 Cost. 
    Il personale degli enti del Sistema Regione Molise potra'  essere
utilizzato nell'ambito  del  Sistema  stesso  temporaneamente,  negli
ambiti delle competenze per materia riservate  a  ciascun  ente,  per
attivita'  di  comune  interesse,  in  base  a  specifici  protocolli
d'intesa, ma resta incardinato nell'organizzazione di appartenenza  e
non  ha  titolo  preferenziale  in  alcuna  procedura,   nemmeno   di
assunzione, bandita dall'amministrazione regionale. 
    19.- Neppure sarebbe eluso il limite percentuale di cui  all'art.
19, comma 5-bis, del d.lgs. n. 165 del  2001,  poiche'  la  dotazione
organica del  personale  con  qualifica  dirigenziale  della  Regione
Molise e' di 43 unita' e il numero complessivo di  tre  incarichi  di
funzione dirigenziale e' contenuto nei suddetti limiti percentuali. 
    Pertanto, non sussisterebbe  la  violazione  ne'  dell'art.  117,
terzo  comma,  Cost,  nella  materia  «coordinamento  della   finanza
pubblica», ne'  del  principio  di  buon  andamento  e  imparzialita'
dell'amministrazione. 
    20.- La Regione, infine rileva  che  l'obiettivo  perseguito  con
l'art. 32 della legge reg. Molise n. 4 del 2019, trova fondamento sia
nell'art. 32 Cost., che nel principio di precauzione di cui  all'art.
191  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione   europea,   come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130. 
    Peraltro, se e' vero che la disciplina ambientale  rientra  nella
potesta' esclusiva dello Stato,  quest'ultimo  non  puo'  paralizzare
l'attivita'  delle  Regioni  nelle  materie  di  propria  competenza,
spingendosi a peggiorare il livello di tutela del diritto alla salute
di un territorio, e compromettendo il riparto costituzionale oltre il
limite dell'adeguatezza. 
    L'intervento regionale in questione mira  a  calmierare,  in  via
cautelativa e transitoria, l'ingresso nel territorio di  quantitativi
di rifiuti speciali, in attesa che l'attuale piano regionale  per  la
gestione dei rifiuti, approvato il 1°  marzo  2016,  possa  avere  un
nuovo    dimensionamento    sui    rifiuti    speciali     trattabili
complessivamente, a seguito di comprovate valutazioni scientifiche di
pericolo per la salute. 
    21.- L'Avvocatura generale dello Stato,  il  25  marzo  2020,  ha
depositato  memoria  con  la  quale  ha  ribadito   i   dubbi   sulla
legittimita' costituzionale delle norme impugnate, affermando di  non
poter  condividere  l'interpretazione  delle  stesse  offerta   dalla
Regione Molise. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  gli  artt.
10, 15, commi 2, lettere f), g) e h), 3, lettera  i),  16,  comma  1,
lettere b), f), g), e 32 della legge della Regione Molise  10  maggio
2019, n. 4 (Legge di stabilita' regionale 2019), in riferimento,  nel
complesso, agli artt.  81,  terzo  comma,  97,  117,  secondo  comma,
lettere  l)  ed  s),  e  terzo  comma,  e  120,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    2.- La prima questione ha ad oggetto l'art. 10 della  legge  reg.
Molise n. 4 del 2019, della cui legittimita' costituzionale la difesa
dello Stato dubita in riferimento all'art. 81, terzo comma, Cost. 
    La disposizione impugnata, da un lato (al comma 1, lettera a), ha
introdotto  il   principio   per   cui   il   trattamento   economico
dell'amministratore unico  dell'Agenzia  regionale  per  lo  sviluppo
agricolo, rurale e della pesca (ARSARP), che deve essere nominato tra
i direttori di dipartimento della Giunta regionale, tra  i  dirigenti
regionali  ovvero  tra  i  direttori  di  servizio  dell'Agenzia,  si
conforma ai principi in materia di  retribuzione  del  personale  con
qualifica dirigenziale fissati dall'art. 24,  comma  3,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del  lavoro  alle  dipendenze   delle   amministrazioni   pubbliche);
dall'altro (al comma 1, lettera b), ha abrogato la  disposizione  che
stabiliva la corresponsione all'amministratore unico  dell'ARSARP  di
un'indennita' di funzione onnicomprensiva, determinata  dalla  Giunta
regionale, non eccedente il  70  per  cento  della  retribuzione  dei
dirigenti di servizio della Regione Molise. 
    La norma impugnata,  prevedendo  un  incremento  del  trattamento
economico, senza fissare alcun limite, violerebbe  l'art.  81,  terzo
comma,  Cost.,  non  essendo  garantita   la   necessaria   copertura
finanziaria. 
    3.- La questione non e' fondata. 
    4.- Il trattamento economico dell'amministratore dell'ARSARP deve
essere collocato nella piu' ampia disciplina introdotta  dalla  norma
impugnata. 
    Tale disciplina, in particolare, ha individuato la  platea  degli
aspiranti alla nomina nei  direttori  di  dipartimento  della  Giunta
regionale, nei  dirigenti  regionali  e  nei  direttori  di  servizio
dell'Agenzia. Si tratta, in tutti i casi, di soggetti  gia'  titolari
di funzione dirigenziale;  cio'  che  e'  evidente  per  i  dirigenti
regionali, ma che - come attestato in udienza dalla difesa  regionale
e non contrastato dall'Avvocatura regionale dello Stato - vale  anche
per i direttori dei servizi dell'ARSARP. Ebbene,  per  tutti  costoro
trova  applicazione  il   principio   di   onnicomprensivita'   della
retribuzione dirigenziale, principio  che,  per  l'espresso  richiamo
contenuto nella lettera a), del citato art. 10, comma 1,  vale  anche
per l'amministratore unico dell'Agenzia. 
    Ne consegue che dalla disposizione  censurata  non  deriva  alcun
onere aggiuntivo. 
    5.- Una seconda questione ha  ad  oggetto  l'art.  15,  comma  2,
lettere f) e g), della stessa legge reg. Molise n. 4 del 2019, che e'
impugnato dallo Stato nella parte in cui prevede - quale  criterio  a
cui si  deve  attenere  la  Giunta  regionale  nel  regolamentare  il
distacco  del  personale  dipendente  degli  enti  e  delle  societa'
appartenenti al gruppo «Sistema  Regione  Molise»  -  che  gli  oneri
finanziari relativi al costo ordinario del  personale  con  qualifica
non dirigenziale e con  qualifica  dirigenziale  sono  a  carico  dei
bilanci dei rispettivi enti di appartenenza. 
    La difesa dello Stato estende l'impugnazione al  successivo  art.
16, comma 1, lettere f) e g), che disciplina il distacco di personale
dagli enti rientranti nel sistema sanitario regionale (ASREM e  ARPA)
verso le  strutture  della  Giunta  regionale,  prevedendo  anche  la
disciplina degli oneri finanziari,  posti  a  carico  degli  enti  di
appartenenza. 
    5.1.- Il ricorrente richiama,  quale  disciplina  interposta,  le
norme sull'istituto del comando, contenute negli artt. 56  e  57  del
d.P.R.  10  gennaio  1957,  n.  3  (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello  Stato),  nonche'
l'art. 70, comma 12, del d.lgs. n. 165  del  2001,  che  prevede,  in
relazione  al  trattamento  economico  del  personale   comandato   o
distaccato,    che    l'amministrazione    utilizzatrice     rimborsi
all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo  al  trattamento
fondamentale. 
    Le  norme  impugnate,  da  un  lato,  invaderebbero  la  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento  civile»
(art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.), a cui va  ricondotta  la
disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della Regione e  i
profili relativi al  trattamento  economico  del  personale  pubblico
privatizzato; dall'altro,  ponendo  gli  oneri  finanziari  a  carico
dell'ente  di  appartenenza,  contrasterebbero  con  il  terzo  comma
dell'art. 117 Cost., atteso che la previsione dell'art. 70, comma 12,
del d.lgs. n. 165 del 2001 attiene alla  materia  del  «coordinamento
della finanza pubblica». 
    6.- La questione e' fondata, in relazione ad entrambi i parametri
costituzionali invocati. 
    7.- Va premesso che,  come  assume  la  difesa  dello  Stato,  le
vicende in oggetto vanno considerate comandi e non distacchi, secondo
la qualificazione contenuta nella legge regionale impugnata. 
    La qualificazione e' fatta discendere dalla creazione -  prevista
dalla stessa legge - del «Sistema Regione  Molise».  Tale  «Sistema»,
tuttavia, non e' caratterizzato da quella unita' finanziaria  che  e'
il necessario presupposto dell'unita' organizzativa nel cui ambito si
colloca  l'istituto  del  distacco,  poiche'   gli   enti   coinvolti
conservano i propri bilanci e quindi il mancato rimborso  si  traduce
per essi in un onere improprio. 
    7.1.- Viene pertanto in rilievo, quale norma statale  interposta,
l'art. 70, comma 12, del d.lgs. n. 165 del 2001, il  quale,  sin  dal
testo  originario,  impone  agli  enti  e  alle  amministrazioni  che
utilizzano personale di altre pubbliche amministrazioni di rimborsare
l'onere  relativo  al   trattamento   fondamentale   agli   enti   di
provenienza. 
    E al riguardo questa Corte ha gia' avuto modo di  affermare,  con
la sentenza n. 172 del 2018 che «l'istituto del comando [...]  assume
peculiare  rilievo   quale   strumento   funzionale   alle   esigenze
organizzative delle amministrazioni pubbliche, che incide,  tuttavia,
profondamente sulla regolazione giuridica del rapporto di lavoro,  in
riferimento alle stesse modalita' di  svolgimento  della  prestazione
lavorativa  e  della  disciplina  dei  suoi  diversi  profili,  anche
retributivi». 
    Aspetti tutti, dunque, riconducibili  alla  materia  «ordinamento
civile» e per i  quali  e'  necessario  configurare  una  «disciplina
omogenea,  nel  concorso  fra  legge  e  autonomia  collettiva,   sul
territorio nazionale in un quadro organico e  funzionale,  anche  per
evitare   sovrapposizioni   di   discipline   diversificate   e   non
conciliabili» (ancora sentenza n. 172 del 2018). 
    Le norme impugnate, pertanto, nel prevedere  che  il  trattamento
economico   del   personale   in   questione   rimanga    a    carico
dell'amministrazione   di   appartenenza,    ledono    i    parametri
costituzionali invocati, essendo in contrasto con  la  disciplina  di
cui all'art. 70, comma  12,  del  d.lgs.  n.165  del  2001,  adottata
nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella
materia «ordinamento civile», e volta anche a garantire  la  corretta
allocazione della spesa nell'ambito del «coordinamento della  finanza
pubblica». 
    8.- Ulteriore questione e' promossa in ordine all'art. 15,  comma
3, lettera i), della legge reg.  Molise  n.  4  del  2019,  la'  dove
consente l'utilizzazione  temporanea  del  personale  delle  societa'
partecipate presso altri enti regionali. 
    8.1.- Deduce la difesa dello Stato che gli istituti del comando e
del distacco non possono trovare applicazione rispetto  al  personale
delle societa' partecipate, il cui rapporto di lavoro e' disciplinato
dall'art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016,  n.  175  (Testo
unico in materia di societa' a partecipazione pubblica). In tal senso
il ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale (sentenze  n.
37  del  2015,  n.  227  e  n.  167  del  2013)  che  ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di norme regionali che disponevano un
generale  ed  automatico  transito  del  personale  di  un   soggetto
giuridico di diritto privato nell'organico di  un  soggetto  pubblico
regionale, senza il previo espletamento di una procedura selettiva di
tipo concorsuale; cio' si risolverebbe in un privilegio  indebito  in
violazione dell'art. 97 Cost., in particolare quanto alla regola  del
pubblico concorso. 
    Rileva, altresi', che vi sarebbe un potenziale riflesso  negativo
sul rispetto, da parte  degli  enti  territoriali,  dei  limiti  alle
facolta' assunzionali, delle norme del patto di stabilita' interno, e
degli altri obblighi finanziari. 
    Pertanto, l'art. 15, comma 3, lettera i), della legge reg. Molise
n. 4 del 2019, nel disciplinare una forma di mobilita' del  personale
delle societa' partecipate non consentite dal d.lgs. n. 175 del 2016,
violerebbe gli artt. 97 e 117, commi secondo,  lettera  l),  e  terzo
Cost. 
    9.- La questione e' fondata per violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost., unitamente all'art. 97 Cost.,  nonche'  per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  con  riferimento  alla
materia del coordinamento della finanza pubblica. 
    10.- Questa Corte si e' piu' volte  pronunciata  sul  tema  delle
societa' a partecipazione pubblica, sia pure  con  riguardo  a  norme
regionali di diverso contenuto. 
    La giurisprudenza costituzionale ha  ricondotto  le  disposizioni
inerenti all'attivita' di societa' partecipate dalle Regioni e  dagli
enti locali alla materia dell'«ordinamento civile», in quanto volte a
definire il regime giuridico di soggetti di diritto privato,  nonche'
a quella della «tutela della  concorrenza»  in  considerazione  dello
scopo di talune disposizioni  di  «evitare  che  soggetti  dotati  di
privilegi operino in mercati concorrenziali»  (sentenze  n.  251  del
2016 e n. 326 del 2008). 
    Il  legislatore  statale,  nel   disciplinare   le   societa'   a
partecipazione pubblica ed il  rapporto  di  lavoro  dei  dipendenti,
all'art.  19  del  d.lgs.  n.  175  del  2016,  non  ha  previsto  la
possibilita' del comando presso le amministrazioni, e non a caso. 
    E' pur vero, infatti, che gia' con l'art. 18 del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica  e  la  perequazione  tributaria),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008,  n.  133,  e  successive
modifiche, e poi con il citato art. 19 del d.lgs. n.  175  del  2016,
sono stati introdotti criteri di selezione ai fini  delle  assunzioni
del personale in questione, ma e' anche vero che non si e' mutata  la
natura strettamente privatistica del rapporto, ne' si e' imposta  una
procedura propriamente concorsuale. 
    Rimane dunque fra questo  personale  e  quello  dipendente  delle
pubbliche amministrazioni  una  barriera  tuttora  insuperabile,  che
trova  la  sua  giustificazione  anzitutto  sul  piano  delle  scelte
discrezionali compiute dal legislatore statale  nell'esercizio  della
competenza esclusiva in materia di ordinamento civile,  ma  anche,  e
piu' sostanzialmente, nel principio di buon andamento della  pubblica
amministrazione previsto dall'art. 97 Cost., ed in quelli in  materia
di coordinamento della finanza pubblica, di cui all'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    L'estensione della possibilita' di comando - e, si  ribadisce,  a
maggior ragione, non distacco - inficia il  sistema  organizzativo  e
finanziario costruito dal legislatore statale, permettendo  di  fatto
una incontrollata espansione delle assunzioni, con il duplice effetto
negativo di scaricare oneri ingiustificati sulle societa'  pubbliche,
indotte ad assumere  personale  non  necessario,  e  di  alterare  il
delicato equilibrio che dovrebbe presiedere al rapporto fra  organici
e funzioni. 
    10.1.- La questione e' pertanto  fondata  per  la  violazione  di
tutti i parametri indicati. 
    11.- Un'ulteriore questione ha ad oggetto  l'art.  15,  comma  2,
lettera h), e l'art. 16, comma 1, lettera b), della  legge  regionale
impugnata,  i  quali,  escludendo   alcune   posizioni   dirigenziali
conferite  dalla  Giunta  regionale  dal  computo   della   dotazione
organica, comporterebbero una deroga ai limiti percentuali,  previsti
dall'art. 19, comma 5-bis del d.lgs. n. 165 del 2001. 
    Le disposizioni impugnate lederebbero l'art. 117, secondo  comma,
lettera l), e terzo comma, nonche' l'art. 97, secondo comma, Cost. 
    12.- La questione e' fondata. 
    13.- Con la sentenza n. 257 del 2016, questa Corte ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di una  norma  di  analogo  contenuto
della stessa Regione Molise (art. 44, comma 1, lettera b, della legge
della Regione 4 maggio 2015, n. 8,  recante  «Disposizioni  collegate
alla manovra  di  bilancio  2015  in  materia  di  entrate  e  spese.
Modificazioni e integrazioni di leggi regionali», che  ha  introdotto
l'art. 20-bis della legge della Regione Molise 23 marzo 2010, n.  10,
recante «Norme  in  materia  di  organizzazione  dell'amministrazione
regionale e del personale con qualifica dirigenziale»). 
    La Corte ha ritenuto (punto 2.3. del Considerato in diritto)  che
la non computabilita' di alcune posizioni nella complessiva dotazione
organica regionale di dirigenti di prima  fascia  determini  in  ogni
caso effetti negativi, sia di ordine  finanziario,  in  relazione  ai
costi derivanti dalla retribuzione  dei  dirigenti  interessati,  sia
riguardo ad un razionale assetto organizzativo  realmente  rispettoso
delle  previsioni  normative  in  materia,  e  dunque   produca,   in
definitiva, effetti negativi sul reale contenimento complessivo della
spesa. 
    Inoltre, anche piu' di recente, con la sentenza n. 192 del  2019,
la Corte nel richiamare la sentenza n.  105  del  2013,  ha  ribadito
(punto 3.2.1. del Considerato in diritto) che i limiti percentuali al
conferimento   di   incarichi   dirigenziali   a   soggetti   esterni
all'amministrazione,  previsti  dalla  legislazione  statale,  «[...]
riflettono [...] l'esigenza di contenere  entro  limiti  quantitativi
ristretti simili deviazioni dalla  regola  generale  che  attiene  al
conferimento  degli  incarichi  ai  dirigenti  inquadrati  nei  ruoli
dell'amministrazione, "al fine  di  non  vanificare,  nei  fatti,  le
esigenze tutelate dall'art. 97 Cost." (sentenza n. 105 del 2013)». 
    13.1.- La Regione persevera, dunque, su di una strada  dichiarata
non  percorribile  da  questa  Corte,  obbligandola   ad   un   nuovo
intervento, con il quale ribadire che le norme impugnate  contrastano
con entrambi i parametri costituzionali invocati dalla  difesa  dello
Stato. 
    14.- Infine viene impugnato l'art. 32 della legge reg. Molise  n.
4 del 2019, che ha modificato l'art.  1  della  legge  della  Regione
Molise 7 agosto 2003, n. 25 (Norme per l'elaborazione e  l'attuazione
del Piano di gestione dei  rifiuti),  introducendo  il  comma  3-bis,
secondo cui «La Regione persegue l'obiettivo di limitare nel  proprio
territorio lo smaltimento di rifiuti speciali  di  provenienza  extra
regionale, nel limite  della  percentuale  del  totale  dei  rifiuti,
speciali e non,  trattati  nel  territorio  regionale,  scelta  dalla
Giunta  regionale  dopo  relazione  della   struttura   tecnica.   Il
competente servizio regionale  emana,  a  tal  proposito,  specifiche
direttive». 
    14.1.- La norma sarebbe in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s),  Cost.,  in  quanto  interverrebbe  nella  materia
«tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema»,  rimessa   alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato,  nonche'  con  l'art.  120,  primo
comma, Cost., per le limitazioni che comporterebbe alla  liberta'  di
circolazione tra le Regioni. 
    La difesa dello Stato richiama, quali norme  statali  interposte,
gli artt. 182 e 182-bis, del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.
152  (Norme  in  materia  ambientale),  che   prevedono   divieti   e
limitazioni  alla  circolazione  dei  rifiuti  fuori  dal  territorio
regionale di produzione esclusivamente per i rifiuti  urbani,  e  non
gia' per i rifiuti speciali, per i quali la libera circolazione delle
cose sul territorio nazionale e' sempre ammessa. 
    Il  divieto  regionale  contrasterebbe  in  particolare  con   il
concetto di "rete integrata di impianti di smaltimento", previsto dal
d.lgs. n. 152  del  2006  che  presuppone:  a)  una  possibilita'  di
interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il  sistema
integrato; b) l'assenza di  ostruzioni  determinate  da  blocchi  che
impediscano l'accesso ad alcune sue parti (e' richiamata la  sentenza
di questa Corte n. 10 del 2009). 
    15.- La questione e' fondata. 
    16.- In linea generale va ricordato che secondo la giurisprudenza
di questa Corte «la disciplina dei rifiuti va ricondotta alla "tutela
dell'ambiente  e   dell'ecosistema"   [...],   materia   naturalmente
trasversale, idonea percio' a incidere  sulle  competenze  regionali»
(sentenza n. 289 del 2019 che richiama, ex multis, sentenze n. 215  e
n. 151 del 2018, n. 54 del 2012, n. 380 del 2007 e n. 259 del  2004);
e che con la sentenza n. 58 del 2015,  si  e'  poi  chiarito  che  la
disciplina statale «costituisce, anche in attuazione  degli  obblighi
comunitari, un livello di tutela uniforme  e  si  impone  sull'intero
territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e
le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale  stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenza n. 58 del 2015). 
    16.1.-  In  particolare,  a  proposito  di  analoga  disposizione
(contenuta nell'art. 3, comma 1, della legge della Regione Puglia  31
ottobre 2007, n. 29,  recante  «Disciplina  per  lo  smaltimento  dei
rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti  al  di  fuori
della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e  sono
destinati a impianti di  smaltimento  siti  nella  Regione  Puglia»),
questa Corte, con la sentenza n. 10 del 2009, ha  ritenuto  che  essa
fosse in contrasto con quanto stabilito dal comma 3 dell'art. 182 del
d.lgs. n. 152 del 2006 che, nel  prevedere  «una  rete  integrata  ed
adeguata di impianti», intende consentire «lo smaltimento dei rifiuti
in uno degli impianti appropriati piu' vicini ai luoghi di produzione
o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi». 
    Il divieto previsto dalla disciplina regionale  in  questione  e'
pertanto incompatibile con le finalita' e con lo stesso  concetto  di
rete integrata, che esigono una possibilita' di interconnessione  tra
i vari siti del sistema, in particolare  privilegiando  la  vicinanza
fra luogo di produzione e luogo di raccolta. 
    17.-  Va  dunque   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 32 della legge reg. Molise n. 4 del  2019,  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  con  assorbimento
dell'ulteriore censura.