ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della
legge della Regione autonoma Sardegna 3 luglio 2003,  n.  7,  recante
«Disposizioni diverse in materia di edilizia residenziale pubblica  e
integrazioni alla legge regionale 17 ottobre 1997, n. 29 (Istituzione
del servizio idrico integrato, individuazione e organizzazione  degli
ambiti territoriali ottimali in  attuazione  della  Legge  5  gennaio
1994, n. 36)», promosso  dal  Tribunale  ordinario  di  Cagliari,  in
composizione monocratica,  nel  procedimento  vertente  tra  Giuliano
Bocco e l'Azienda Regionale per l'Edilizia Abitativa,  con  ordinanza
del 2 agosto 2019, iscritta al n. 15 del registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  7,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di intervento della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nella camera di consiglio del 7  ottobre  2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 ottobre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 agosto 2019 (r.o. n.  15  del  2020),  il
Tribunale ordinario di  Cagliari,  in  composizione  monocratica,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4  della
legge della Regione autonoma Sardegna 3 luglio  2003,  n.  7  recante
«Disposizioni diverse in materia di edilizia residenziale pubblica  e
integrazioni alla legge regionale 17 ottobre 1997, n. 29 (Istituzione
del servizio idrico integrato, individuazione e organizzazione  degli
ambiti territoriali ottimali in  attuazione  della  Legge  5  gennaio
1994, n. 36)», in riferimento agli artt.  3  e  117,  secondo  comma,
lettere d), g) e h), della Costituzione. 
    La disposizione censurata disciplina il canone degli  alloggi  di
servizio destinati al personale  civile  e  militare  della  pubblica
sicurezza, dell'Arma dei carabinieri,  del  Corpo  della  guardia  di
finanza, del Corpo degli agenti di custodia  e  del  Corpo  forestale
dello Stato, che sono stati costruiti e sono gestiti ai  sensi  della
legge 6 marzo 1976, n. 52 (Interventi straordinari per  l'edilizia  a
favore del personale civile  e  militare  della  pubblica  sicurezza,
dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia  di  finanza,  del
Corpo degli agenti di custodia e del Corpo forestale dello Stato). 
    La normativa statale prevede che la gestione degli immobili,  che
rimangono di proprieta' dello Stato, spetti  agli  istituti  autonomi
delle case popolari, e che a  questi  ultimi  competa  un  canone  di
locazione,  da  determinare  con  decreto  del  Ministro  dei  lavori
pubblici, di concerto con  il  Ministro  per  il  tesoro,  sentiti  i
Ministri interessati e il comitato per l'edilizia residenziale. 
    La disposizione censurata, per il caso in cui il decreto manchi e
fino  a  che  non  sia  adottato,  stabilisce  che  il   canone   sia
quantificato in base alla legge della  Regione  autonoma  Sardegna  6
aprile 1989, n. 13, recante «Disciplina regionale delle  assegnazioni
e gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica». 
    Nel giudizio a quo,  sulla  base  di  tali  previsioni  l'azienda
regionale per l'edilizia abitativa, subentrata  agli  istituti  delle
case popolari, ha aggiornato il canone di locazione  di  un  immobile
detenuto in godimento da un agente del Corpo di polizia penitenziaria
fin dal 1998. Si e' applicato, in particolare, l'art. 36 della  legge
reg. Sardegna n. 13 del 1989, che prevede i criteri di  aggiornamento
al costo della  vita  del  canone  di  locazione  degli  immobili  di
edilizia residenziale pubblica. 
    Il rimettente conosce dell'opposizione, da parte del  conduttore,
al decreto ingiuntivo con cui e' stato ordinato  il  pagamento  della
somma dovuta a tale titolo. 
    Il giudice  a  quo,  con  ampi  riferimenti  alla  giurisprudenza
costituzionale  e  di  legittimita',  premette   che   gli   immobili
disciplinati dalla legge n. 52 del 1976 sono destinati  a  soddisfare
l'interesse dello Stato all'organizzazione e al  buon  andamento  dei
servizi di pubblica sicurezza, permettendo ai  dipendenti  addetti  a
questi ultimi di reperire un alloggio a prezzo calmierato  presso  la
sede di servizio. 
    Essi,  pertanto,  esulerebbero  dalla  disciplina   dell'edilizia
residenziale pubblica, per essere, invece, oggetto  della  competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  ordine  pubblico  e
sicurezza, difesa e organizzazione amministrativa. Tale  conclusione,
aggiunge il rimettente, dovrebbe concernere  non  solo  gli  immobili
concessi a titolo gratuito (cosiddetti alloggi di servizio  in  senso
stretto), ma anche quelli  goduti  dietro  corrispettivo,  posto  che
anch'essi non sono stati  costruiti  con  la  finalita'  di  ampliare
l'offerta abitativa  pubblica  per  i  ceti  meno  abbienti,  ma  per
conseguire l'interesse dello Stato al buon andamento dei  servizi  di
pubblica sicurezza  (come  questa  Corte  avrebbe  affermato  con  la
sentenza n. 417 del 1994). 
    Il rimettente esclude, per tale ragione, che  la  disciplina  del
canone possa essere ricondotta alla competenza legislativa  residuale
della Regione in materia di edilizia residenziale pubblica, e dubita,
percio', che la norma impugnata abbia invaso la competenza  esclusiva
statale tracciata dall'art. 117, secondo comma, lettere d), g) e  h),
Cost. 
    Inoltre, nell'imporre un canone piu' elevato agli assegnatari  di
alloggi in Sardegna che  non  nel  resto  d'Italia,  la  disposizione
censurata, non  suscettibile  di  interpretazione  costituzionalmente
conforme, avrebbe leso il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.). 
    2.- E' intervenuta in  giudizio  la  Regione  autonoma  Sardegna,
chiedendo che le questioni  siano  dichiarate  inammissibili,  o  non
fondate. 
    La Regione premette che il decreto ministeriale di fissazione del
canone degli alloggi regolati dalla legge n. 52 del 1976 non  e'  mai
stato adottato. 
    Pertanto, in sede di stipula dei contratti di locazione  ad  essi
relativi,  la  parte  pubblica  ha  sempre  applicato  la  disciplina
relativa agli immobili di edilizia residenziale pubblica.  Lo  stesso
contratto di  locazione  dedotto  nel  giudizio  principale  prevede,
infatti, che «[l]'importo [del] canone e' stato determinato ai  sensi
delle vigenti leggi  in  materia  di  E.R.P.  [edilizia  residenziale
pubblica] e potra' essere variato  in  qualsiasi  momento  a  seguito
della applicazione di norme di legge». 
    Del resto, aggiunge la Regione, la stessa delibera  del  Comitato
interministeriale per la programmazione  economica  (CIPE)  13  marzo
1995, n. 21 (Edilizia residenziale  pubblica:  criteri  generali  per
l'assegnazione degli alloggi e  per  la  determinazione  dei  canoni)
eccettuerebbe dal proprio ambito  applicativo  solo  gli  alloggi  di
servizio in senso stretto, ovvero quelli concessi senza contratto  di
locazione. 
    Cio'  detto,  la  Regione  eccepisce   l'inammissibilita'   delle
questioni per difetto di rilevanza, perche', se  anche  esse  fossero
accolte, in ogni caso il conduttore sarebbe tenuto a corrispondere il
canone aggiornato, sulla base di quanto  previsto  dal  contratto  di
locazione. Inoltre, il rimettente non avrebbe motivato a  sufficienza
sulla non manifesta infondatezza delle questioni. 
    La difesa regionale aggiunge che gli alloggi di  servizio  locati
in base alla legge n. 52 del 1976 andrebbero  ricompresi  nell'ambito
della competenza legislativa residuale della Regione  in  materia  di
edilizia residenziale pubblica,  a  partire  dall'entrata  in  vigore
della legge 24 dicembre 1993, n. 560 (Norme in materia di alienazione
degli  alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica),  che   ne   ha
consentito l'alienazione, cosi' ponendo fine  al  collegamento  della
locazione con l'espletamento del servizio pubblico. 
    La giurisprudenza costituzionale citata in  senso  contrario  dal
rimettente  non   avrebbe   asserito   il   contrario   per   opporsi
all'aggiornamento di canoni divenuti oramai "irrisori",  ma  al  solo
fine di  riconoscere  allo  Stato  la  competenza  ad  assegnarli  in
godimento. 
    Quanto alla gestione dei beni e alla determinazione  del  canone,
la difesa della Regione afferma che  essa  sarebbe  stata  trasferita
alle  Regioni  dall'art.  93  del  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616
(Attuazione della delega di cui all'art.  1  della  legge  22  luglio
1975, n. 382), e  sarebbe  percio'  stata  esercitata  legittimamente
sulla base della norma impugnata. 
    Le questioni sarebbero inoltre non fondate, perche' nel  2013  la
proprieta' dell'immobile relativo al  giudizio  principale  e'  stata
trasferita dallo Stato alla Regione,  in  forza  dell'art.  14  dello
statuto di autonomia recato dalla legge  costituzionale  26  febbraio
1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per   la   Sardegna),   a   seguito
dell'accertamento  che  esso  non  e'  piu'  connesso  a  servizi  di
competenza statale. 
    Percio', si avrebbe conferma della pertinenza in causa della sola
materia dell'edilizia residenziale pubblica. 
    In  caso  contrario,  conclude  sul  punto  la  Regione  autonoma
Sardegna,  lo  Stato  lederebbe  l'autonomia  finanziaria  regionale,
perche' i costi di gestione degli immobili in oggetto non  potrebbero
essere coperti dai canoni di locazione non aggiornati. 
    Quanto  alla  censura  riferita  all'art.  3  Cost.,  la   difesa
regionale  osserva  che,  in  assenza  del  decreto  ministeriale  di
fissazione del canone, «quasi tutte  le  regioni  hanno  applicato  i
criteri di E.R.P.» sicche' la  norma  impugnata  non  discriminerebbe
affatto i conduttori in Sardegna, posto che tra tali  criteri  vi  e'
l'aggiornamento del canone. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario  di   Cagliari,   in   composizione
monocratica, ha sollevato questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4 della legge della  Regione  autonoma  Sardegna  3  luglio
2003, n. 7, recante «Disposizioni  diverse  in  materia  di  edilizia
residenziale pubblica e integrazioni alla legge regionale 17  ottobre
1997,   n.   29   (Istituzione   del   servizio   idrico   integrato,
individuazione e organizzazione degli ambiti territoriali ottimali in
attuazione della Legge 5 gennaio 1994, n. 36)», in  riferimento  agli
artt.  3  e  117,  secondo  comma,  lettere  d),  g)  e   h),   della
Costituzione. 
    La disposizione censurata  ha  per  oggetto  l'aggiornamento  del
canone degli alloggi di servizio  destinati  al  personale  civile  e
militare della pubblica sicurezza,  dell'Arma  dei  carabinieri,  del
Corpo della guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia  e
del Corpo forestale dello Stato, che  sono  stati  costruiti  e  sono
gestiti ai  sensi  della  legge  6  marzo  1976,  n.  52  (Interventi
straordinari per l'edilizia a favore del personale civile e  militare
della pubblica sicurezza, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo  della
guardia di finanza, del Corpo degli agenti di custodia  e  del  Corpo
forestale dello Stato). 
    Per tali casi, l'art. 1, comma 3, della citata legge  n.  52  del
1976 prevede che i canoni di locazione siano stabiliti  «con  decreto
del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il  Ministro  per
il  Tesoro,  sentiti  i  Ministri  interessati  e  il  comitato   per
l'edilizia residenziale». 
    Tuttavia, osserva il rimettente, tale  decreto  non  sarebbe  mai
stato adottato, sicche' nella Regione Sardegna, in  cui  la  relativa
azienda regionale per  l'edilizia  abitativa  e'  assegnataria  della
gestione degli alloggi,  i  contratti  sono  stati  fin  dall'origine
stipulati con un rinvio, quanto alla determinazione del canone,  alla
disciplina dell'edilizia residenziale pubblica. 
    La norma  censurata  e'  intervenuta  sulla  materia,  prevedendo
espressamente che, in attesa del decreto ministeriale, i canoni siano
determinati  secondo  le  disposizioni  della  legge  della   Regione
Sardegna 6 aprile 1989, n. 13, recante la «Disciplina regionale delle
assegnazioni  e  gestione  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica». 
    L'art. 36 della legge regionale n. 13 del 1989,  in  particolare,
prevede l'aggiornamento annuale del canone al costo della vita  sulla
base delle variazioni dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per  le
famiglie di operai e impiegati. 
    2.- Nel giudizio a quo, il conduttore, che gode  di  un  immobile
costruito ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge n. 52 del  1976,
fin dal 1998, propone opposizione al decreto ingiuntivo con  cui,  in
applicazione  della  norma   censurata,   l'azienda   regionale   per
l'edilizia abitativa sarda ha ottenuto la condanna  della  ricorrente
al pagamento della somma dovuta a titolo di aggiornamento del  canone
dalla data di entrata in vigore  della  disposizione  impugnata,  che
funge da fondamento della pretesa, fino al 2016. 
    Il rimettente, con ampi riferimenti alla giurisprudenza di questa
Corte, reputa che gli alloggi di servizio di proprieta' dello  Stato,
e realizzati in base alla legge n. 52 del 1976, esulino dalla materia
dell'edilizia  residenziale  pubblica,  assegnata   alla   competenza
legislativa residuale della Regione, per ricadere invece nella  sfera
delle  competenze  esclusive  statali  in  materia  di   difesa,   di
organizzazione amministrativa  dello  Stato,  di  ordine  pubblico  e
sicurezza (art. 117, secondo comma, lettere d, g e h, Cost.). 
    Inoltre, assoggettando i canoni, ed il loro aggiornamento, ad una
disciplina differenziata territorialmente, la norma censurata avrebbe
leso anche l'art. 3 Cost. 
    3.- La questione e'  inammissibile  per  difetto  di  motivazione
sulla rilevanza, conseguente ad una carente ricostruzione del  quadro
normativo  applicabile,   in   relazione   alle   peculiari   vicende
dell'immobile avente rilievo nel giudizio principale. 
    Come ha  infatti  osservato  la  difesa  della  Regione  autonoma
Sardegna, nel costituirsi nel presente giudizio incidentale, in  base
all'art. 14  della  legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  3
(Statuto speciale per la Sardegna) e all'art. 39 del d.P.R. 19 maggio
1949, n. 250 (Norme di  attuazione  dello  Statuto  speciale  per  la
Sardegna), la Regione succede nei beni  e  nei  diritti  patrimoniali
dello Stato, quanto agli immobili inseriti nell'elenco  indicato  dal
medesimo art. 39. 
    Il rimettente non ha preso in considerazione tale normativa,  che
invece ha trovato applicazione  proprio  all'immobile  per  il  quale
pende il giudizio principale. 
    La Regione autonoma Sardegna ha infatti dedotto che tale bene  e'
transitato  nel  patrimonio  regionale,  sulla  base  del  meccanismo
normativo appena ricordato, e a seguito di un  protocollo  di  intesa
tra Agenzia del demanio e Regione del 23 maggio  2013,  al  quale  si
riferisce l'elenco  dei  beni  trasferiti.  In  ragione  di  cio',  a
decorrere dal 22 luglio 2013 e' stata  accertata  l'insuscettibilita'
di utilizzo per fini di competenza statale dell'immobile concesso  in
godimento all'opponente nel processo principale. 
    Omettendo di considerare la normativa statutaria e di  attuazione
dello statuto speciale cosi' ricordata,  per  trarne  conseguenze  in
ordine alla peculiare vicenda del bene oggetto del giudizio a quo, il
rimettente  ha  dunque   mancato   di   motivare   sulla   necessaria
applicabilita' della norma impugnata in tale giudizio. 
    Quest'ultima, infatti, regola i canoni degli alloggi costruiti  e
gestiti ai sensi della legge n. 52 del 1976, che, quand'anche ne  sia
affidata la gestione alle Regioni,  «rimangono  di  proprieta'  dello
Stato» (art. 1, comma 1, della legge n. 52 del 1976). 
    Anche ammesso che tale presupposto, sia pure a partire dal  2013,
sia venuto meno,  quanto  all'alloggio  per  cui  pende  il  giudizio
principale, e che la pretesa creditoria azionata avanti al rimettente
concerna anche tale arco di tempo, non e' stata offerta una  adeguata
motivazione sulla perdurante applicabilita' della norma impugnata  al
caso di specie. 
    Tale omissione si traduce  in  una  ragione  di  inammissibilita'
delle questioni di legittimita' costituzionale (ex plurimis, sentenze
n. 146, n. 30 del 2020 e n. 13 del 2020).