ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  3,  10,
11, 12, 16, della legge della Regione Puglia 23 luglio  2019,  n.  34
(Norme  in  materia  di  promozione  dell'utilizzo  di   idrogeno   e
disposizioni concernenti  il  rinnovo  degli  impianti  esistenti  di
produzione di energia elettrica da fonte  eolica  e  per  conversione
fotovoltaica della fonte solare e disposizioni urgenti in materia  di
edilizia), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 23-26 settembre 2019, depositato in cancelleria
il 30 settembre 2019, iscritto al n. 100 del registro ricorsi 2019  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  44,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  3  novembre  2020  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato  dello  Stato  Maria  Gabriella  Mangia  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri  e  l'avvocato  Tiziana  Teresa
Colelli per la Regione Puglia, in collegamento da  remoto,  ai  sensi
del punto 1) del decreto del Presidente della Corte  del  30  ottobre
2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 3 novembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 30 settembre 2019, iscritto al reg.
ric. n. 100 del 2019,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, in forza
della delibera di impugnazione assunta dal Consiglio dei ministri  in
data  19  settembre  2019,  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 3, 10, 11,  12  e  16  della  legge  della
Regione Puglia 23 luglio 2019, n. 34 (Norme in materia di  promozione
dell'utilizzo di idrogeno e disposizioni concernenti il rinnovo degli
impianti esistenti di produzione di energia elettrica da fonte eolica
e per conversione fotovoltaica  della  fonte  solare  e  disposizioni
urgenti in materia di edilizia), in riferimento all'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione,  per  violazione  delle  norme
contenute nel decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152  (Norme  in
materia  ambientale),  e  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,   per
violazione dei  principi  fondamentali  in  materia  di  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» fissati nel decreto
legislativo 29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta
da   fonti    energetiche    rinnovabili    nel    mercato    interno
dell'elettricita') e nel decreto legislativo  3  marzo  2011,  n.  28
(Attuazione della  direttiva  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    2.- Nell'introdurre i motivi d'impugnazione degli artt.  3  e  10
della legge reg. Puglia n. 34 del 2019, la  difesa  statale  rammenta
che la disciplina della  valutazione  d'impatto  ambientale  (VIA)  e
della   valutazione   ambientale   strategica   (VAS),   secondo   la
giurisprudenza costituzionale, deve  essere  uniformemente  osservata
sul territorio nazionale e che deve essere riservato alla  competenza
legislativa statale il  potere  di  fissare  i  livelli  uniformi  di
tutela,  ferma  restando  la  facolta'  delle  Regioni  di   regolare
interessi funzionalmente connessi con quelli propriamente ambientali. 
    2.1.- Per  quanto  riguarda  l'impugnazione  dell'art.  3  (Piano
regionale dell'idrogeno), l'Avvocatura generale dello Stato  censura,
in particolare, i commi 3 e 4,  ove  e'  prevista  la  procedura  per
l'adozione del Piano (d'ora in avanti: PRI) e non  e'  stabilito  che
esso debba essere sottoposto a VAS. Tale omissione ne  determinerebbe
la sottrazione alla VAS, in contrasto con  l'art.  6,  comma  2,  del
d.lgs. n. 152 del 2006, che richiede  una  valutazione  per  tutti  i
piani  e  i  programmi  che  incidano  sulla  qualita'  dell'aria   e
dell'ambiente,  per  il  settore  energetico,  tra  i  quali  il  PRI
senz'altro rientrerebbe. 
    2.2.-   Quanto   all'impugnazione   dell'art.   10   (Valutazione
preliminare  dei  potenziali  impatti   ambientali),   esso   sarebbe
illegittimo per violazione della disciplina  statale  sulla  VIA.  In
primo luogo, in tesi, occorrerebbe specificare  che  le  disposizioni
regionali possono riguardare solo gli impianti per cui  le  verifiche
d'impatto ambientale sono di  competenza  regionale,  dovendo  essere
espressamente sottratti all'applicazione dell'impugnato art.  10  gli
impianti eolici di potenza superiore a 30 MW, che vanno  assoggettati
a  VIA  di  competenza  statale.  In  secondo  luogo,  il   comma   2
dell'articolo impugnato, disponendo  che  all'esito  della  procedura
prevista dall'art. 6, comma 9, d.lgs.  n.  152  del  2006  (d'ora  in
avanti, anche: cod.  ambiente),  comunque  sia,  nessuna  valutazione
ambientale  occorre  quando  le  modifiche  agli  impianti  eolici  e
fotovoltaici gia' esistenti riducano il numero di aerogeneratori o la
superficie occupata, introdurrebbe una deroga alla  disciplina  della
verifica di assoggettabilita' a VIA e della VIA  di  cui  all'art.  5
(recte: 6), commi 6 e  7,  cod.  ambiente.  Secondo  la  legislazione
nazionale, infatti, le Regioni potrebbero esonerare gli  impianti  di
produzione  di  energia  da  fonte  rinnovabile  dalla  verifica   di
assoggettabilita' a VIA e dalla VIA solamente  nel  caso  in  cui  la
potenza   dell'impianto   non   superi   1    MW.    L'illegittimita'
costituzionale di queste disposizioni deriverebbe, allora, dal  fatto
che l'esonero dalle  citate  procedure  di  valutazione  dell'impatto
ambientale sarebbe determinato non gia' in base alla potenza generata
dall'impianto, bensi' da criteri del tutto diversi. 
    3.-   A   seguire,   il   ricorso    denunzia    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 11 della legge reg. Puglia n. 34  del  2019,
che disciplina il regime abilitativo delle  modifiche  sostanziali  e
non sostanziali di impianti  eolici  e  fotovoltaici  esistenti,  per
contrasto  con  il  principio  fondamentale  in  materia  di  energia
contenuto nell'art. 5, comma 3,  del  d.lgs.  n.  28  del  2011,  che
individua  gli  interventi  sottoponibili  a  procedura   abilitativa
semplificata (PAS). L'articolo  impugnato,  dopo  aver  previsto,  al
comma 1 - e conformemente alla disciplina statale -, che le modifiche
che, «a prescindere dalla  potenza  nominale  complessiva  risultante
dagli interventi proposti, non comportano variazioni in aumento delle
dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture
e della superficie destinata all'installazione degli impianti stessi»
sono assentite con PAS, introdurrebbe al comma  4,  lettera  b),  una
norma contraddittoria che sottopone alla procedura di  autorizzazione
unica  (AU)  gli  interventi  non  sostanziali  che   comportano   la
realizzazione  di  un  impianto  di  potenza   nominale   complessiva
superiore a 1 MW, limitando cosi' l'utilizzo della PAS. 
    L'Avvocatura generale  sottolinea  che  lo  Stato  ha  dettato  i
principi  fondamentali  in  materia   di   produzione   dell'energia,
attribuita alla potesta' legislativa concorrente dall'art. 117, terzo
comma, Cost., con  il  decreto  legislativo  16  marzo  1999,  n.  79
(Attuazione della direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni  per  il
mercato interno dell'energia elettrica), il d.lgs. n. 387 del 2003  e
il d.lgs. n. 28 del 2011. Tali  norme  di  principio  non  potrebbero
subire deroghe ad opera delle  leggi  regionali  «per  il  necessario
rispetto dei canoni di proporzionalita'  e  di  adeguatezza  (art.  4
d.lgs. 28/2011) nonche' di esigenze di  celerita'  e  soprattutto  di
omogeneita' sull'intero territorio nazionale». I  regimi  abilitativi
per la costruzione degli impianti di energia  da  fonti  rinnovabili,
dunque, non potrebbero che essere gli stessi in tutto il Paese, anche
perche',    altrimenti,    si    produrrebbe    una    ingiustificata
discriminazione tra le iniziative economiche nelle diverse Regioni. 
    3.1.-  Per  la  difesa  dello  Stato,  le  medesime  ragioni  che
sostengono    l'impugnazione    dell'art.     11     determinerebbero
l'illegittimita' costituzionale del successivo art.  12,  concernente
il rinnovo del titolo abilitativo. Quest'ultimo, infatti,  imporrebbe
una serie di  condizioni  per  l'ottenimento  del  rinnovo  che  «non
trovano alcun riscontro nella  normativa  nazionale».  Sarebbero,  in
tesi, previsti considerevoli aggravi per gli operatori, in  contrasto
con l'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e con gli artt. 4  e  6  del
d.lgs. n. 28 del 2011 e, conseguentemente,  in  violazione  dell'art.
117, terzo comma, Cost. 
    3.2.- Infine, per motivi analoghi a  quelli  posti  a  fondamento
delle censure rivolte agli  artt.  11  e  12  della  legge  regionale
impugnata, sarebbe incostituzionale, ad avviso del ricorrente, l'art.
16 della medesima legge regionale, che «rimanda alla Giunta regionale
la definizione, tra l'altro, di termini per i procedimenti di cui  al
Capo II che ha  ad  oggetto  i  regimi  della  Procedura  abilitativa
semplificata (PAS) e dell'Autorizzazione Unica (AU)». 
    4.- Con atto depositato il 5 novembre 2019, si e'  costituita  in
giudizio  la  Regione  Puglia,  chiedendo  che  si  dichiari  la  non
fondatezza delle  questioni  di  costituzionalita'  promosse  con  il
ricorso. 
    4.1.- Quanto all'impugnazione dell'art. 3, secondo la  resistente
esso non intenderebbe sottrarre il PRI alla normativa nazionale sulla
tutela   dell'ambiente;    conseguentemente,    il    Piano    dovra'
«necessariamente  essere  assoggettato   a   valutazione   ambientale
strategica ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.lgs. n.  152/2006».  Cio'
sarebbe chiaro valorizzando quanto scritto nell'art.  1  della  legge
reg. Puglia n. 34 del 2019: la promozione dell'utilizzo dell'idrogeno
prodotto da fonte  rinnovabile  deve  avvenire  «in  armonia  con  la
legislazione comunitaria, statale e regionale in  materia  di  tutela
dell'ambiente,  della  salute  e  della  qualita'  della  vita  della
popolazione».  La  difesa  regionale  aggiunge  che  il   PRI,   come
risulterebbe dall'ultimo comma  dell'art.  3,  integrerebbe  il  piu'
generale  piano  energetico  ambientale  regionale   (PEAR)   e   che
quest'ultimo sarebbe pacificamente  sottoposto  a  VAS.  Il  PRI  non
potrebbe essere considerato strumento autonomo rispetto al  PEAR,  in
quanto  s'inserirebbe  proprio   all'interno   della   programmazione
regionale in materia di energia  e,  dunque,  sarebbe  soggetto  alle
medesime valutazioni ambientali. 
    4.2.- Con riferimento all'impugnazione dell'art.  10,  la  difesa
regionale innanzitutto esclude che le disposizioni impugnate  possano
applicarsi a progetti  di  impianti  eolici  di  potenza  complessiva
superiore a 30 MW, assoggettati a VIA di  competenza  statale,  visto
che l'art. 13 della stessa  legge  regionale  stabilisce  che  «[p]er
quanto non espressamente previsto dagli articoli 10, 11 e 12, trovano
applicazione le disposizioni statali e regionali che  disciplinano  i
procedimenti    di    valutazione    preliminare,     verifica     di
assoggettabilita' a VIA, valutazione di impatto  ambientale,  nonche'
di autorizzazione unica e procedura abilitativa semplificata». 
    Per quanto riguarda il  comma  2  dell'art.  10,  per  la  difesa
regionale esso s'inserirebbe nella cornice normativa disegnata, da un
lato, dalla lettera t), punto 8, dell'Allegato IV alla Parte  II  del
codice dell'ambiente - ai sensi del quale sono soggette a verifica di
assoggettabilita' a VIA le «modifiche o estensioni di progetti di cui
all'Allegato III o all'Allegato IV gia' autorizzati, realizzati o  in
fase di  realizzazione,  che  possono  avere  notevoli  ripercussioni
negative sull'ambiente» - e, dall'altro lato, dall'art. 6,  comma  9,
cod.  ambiente,  sulla  valutazione   preliminare   (altresi'   detta
procedura di pre-screening) - ai sensi del quale, per  le  modifiche,
le estensioni o gli adeguamenti tecnici finalizzati a  migliorare  il
rendimento e le prestazioni ambientali dei  progetti  elencati  negli
Allegati alla Parte II del codice dell'ambiente,  il  proponente,  in
ragione della  presunta  assenza  di  potenziali  impatti  ambientali
significativi e negativi, ha la facolta' di richiedere  all'autorita'
competente una valutazione preliminare che indichi se  le  modifiche,
le estensioni o gli adeguamenti tecnici  devono  essere  assoggettati
alla verifica di  assoggettabilita'  a  VIA,  alla  VIA,  ovvero  non
rientrano nelle categorie di cui  all'art.  6,  commi  6  o  7,  cod.
ambiente. Dato che il legislatore statale non ha fissato criteri  per
decidere quali interventi sugli impianti possano considerarsi  esenti
dalla  verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA  o   dalla   VIA,   le
disposizioni regionali, «nell'ambito  dei  confini  cosi'  delineati,
[hanno] inteso definire un quadro normativo chiaro  e  ben  definito,
individuando i criteri [...] in base ai quali e' da ritenere  esclusa
una  ripercussione  negativa  sull'ambiente  e  sul   paesaggio».   I
contenuti dell'articolo impugnato, peraltro, sarebbero in  linea  con
le direttive europee in materia,  secondo  cui  «[g]li  Stati  membri
possono fissare soglie o criteri per stabilire in quali casi  non  e'
necessario che i progetti siano oggetto di una determinazione a norma
dei paragrafi 4 e 5, ne' di valutazione dell'impatto ambientale»  (e'
citato  l'art.  4,  paragrafo  3,  della  direttiva  2011/92/UE,  del
Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011,  concernente
la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati   progetti
pubblici  e  privati).  Ad  avviso  della  resistente,  peraltro,  la
giurisprudenza costituzionale avrebbe piu'  volte  affermato  che  la
tutela dell'ambiente non si configura come materia in senso  stretto,
bensi' come valore  avente  natura  trasversale,  la  cui  protezione
presuppone la coesistenza di competenze statali e regionali. 
    4.3.- La difesa  regionale,  poi,  rileva  che  i  commi  1  e  4
dell'art. 11 della legge reg. Puglia n. 34 del 2019 non sarebbero  in
contrasto tra loro e nemmeno  definirebbero,  per  le  modifiche  non
sostanziali di impianti eolici e fotovoltaici,  una  disciplina  piu'
gravosa di quella prevista  dalla  legge  dello  Stato,  causando  la
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. La finalita' del comma 4
dell'art. 11  sarebbe,  al  contrario,  quella  di  evitare  condotte
elusive della normativa nazionale, intendendo in particolare  evitare
che impianti «assentiti con titoli abilitativi o  semplificati  (DIA,
PAS, SCIA) che, dunque, non hanno scontato  il  procedimento  di  cui
all'art. 12 del D.lgs. 387/2003 di Autorizzazione Unica ne' tantomeno
la valutazione degli impatti del progetto sull'ambiente (screening  o
VIA), possano superare la soglia di potenza di  1  MW  a  seguito  di
interventi di ammodernamento che siano considerati come modifiche non
sostanziali (quindi assentiti con PAS), cosi' aggirando il limite  di
potenza oltre il quale e' dovuto, secondo la normativa nazionale,  il
procedimento  amministrativo  di  Autorizzazione  Unica».  Cosi',  le
disposizioni impugnate presidierebbero la corretta applicazione della
disciplina statale - la quale prevede, all'art. 5, comma 3, d.lgs. n.
28 del 2011, che le modifiche non  sostanziali  siano  assentite  con
PAS, facendo pero' salvo quanto disposto dall'art. 6, secondo cui «le
Regioni e  le  Province  autonome  possono  estendere  la  soglia  di
applicazione della procedura di cui al comma 1 [la PAS] agli impianti
di potenza nominale fino ad 1  MW»  -  non  consentendo  di  eluderla
tramite  interventi  di  cosiddetto  revamping  sugli  impianti  gia'
esistenti. 
    4.4.- Quanto ai rilievi mossi nel ricorso avverso l'art.  12,  la
resistente sostiene che  la  possibilita'  di  fruire  di  un  regime
abilitativo semplificato al momento del  rinnovo  dell'autorizzazione
dell'impianto, alle condizioni stabilite  al  comma  1  dell'articolo
impugnato, rappresenterebbe un'alternativa rispetto  al  procedimento
di  AU  «che  il  soggetto  proponente  ben  puo'  richiedere   senza
assoggettare  il   progetto   alle   soglie   dimensionali   previste
all'articolo  12,  comma   1».   La   rispondenza   a   principi   di
proporzionalita'  e   adeguatezza   dell'azione   regionale   sarebbe
testimoniata proprio dal riconoscimento di una possibilita' di scelta
al soggetto proponente: potrebbe adeguarsi alle  condizioni  previste
dall'impugnato   art.   12,   riducendo    l'impatto    dell'impianto
sull'ambiente,  e  ottenere   il   rinnovo   secondo   la   procedura
semplificata, oppure potrebbe presentare una ordinaria istanza di AU.
Sarebbe, cosi', da escludersi la violazione delle norme statali sulle
procedure autorizzative e, quindi, dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    5.- In prossimita' dell'udienza, il 13 ottobre 2020  l'Avvocatura
generale dello Stato ha depositato una memoria con cui insiste per la
declaratoria di illegittimita' costituzionale  degli  articoli  della
legge reg. Puglia n. 34 del 2019 impugnati con il  ricorso,  poiche',
sostiene, le tesi difensive spiegate dalla parte resistente sarebbero
inconsistenti. 
    5.1.- In particolare, non potrebbe  condividersi  la  prospettiva
per cui il PRI estenderebbe o integrerebbe il  PEAR,  rappresentando,
invece,  un  atto  dotato  di  autonomia  contenutistica  rispetto  a
quest'ultimo. 
    5.2.- La difesa dello Stato ricorda, poi, che le disposizioni  di
cui all'art. 10  della  legge  regionale  impugnata  vanificherebbero
l'intervento riformatore di cui  al  decreto  legislativo  16  giugno
2017, n. 104 (Attuazione della direttiva  2014/52/UE  del  Parlamento
europeo e  del  Consiglio,  del  16  aprile  2014,  che  modifica  la
direttiva  2011/92/UE,  concernente   la   valutazione   dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli
articoli 1  e  14  della  legge  9  luglio  2015,  n.  114),  che  ha
ridisegnato le procedure di VIA statale  e  regionale  in  attuazione
della   direttiva   2014/52/UE,   introducendo   la   procedura    di
pre-screening e prevedendo,  nell'Allegato  III  alla  Parte  II  del
d.lgs. n. 152 del  2006,  che  l'esonero  dalle  verifiche  d'impatto
ambientale operi esclusivamente  per  impianti  eolici  che  generino
potenza non superiore a 1 MW. 
    5.3.- Infine, gli argomenti difensivi della resistente a sostegno
della non fondatezza delle questioni degli artt. 11, 12  e  16  della
legge regionale impugnata sarebbero, pure, privi di fondamento,  dato
che lo Stato, recependo le direttive  europee  in  tema  di  impianti
alimentati da fonti di energia rinnovabili, ha fissato «un  punto  di
equilibrio tra l'esigenza di semplificazione e di  accelerazione  del
procedimento amministrativo, da un lato, e la "speciale"  tutela  che
deve essere riservata al bene ambiente,  dall'altro»  (e'  citata  la
recente sentenza n. 106 del 2020 di questa Corte) e  le  Regioni  non
potrebbero prevedere discipline differenziate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita' costituzionale  di  alcuni  articoli  della
legge della Regione Puglia 23 luglio 2019, n. 34 (Norme in materia di
promozione dell'utilizzo di idrogeno e  disposizioni  concernenti  il
rinnovo degli impianti esistenti di produzione di  energia  elettrica
da fonte eolica e per conversione fotovoltaica della fonte  solare  e
disposizioni urgenti in materia edilizia). Sono  impugnati  l'art.  3
(Piano regionale dell'idrogeno), l'art. 10  (Valutazione  preliminare
dei potenziali  impatti  ambientali),  l'art.  11  (Disciplina  delle
modifiche sostanziali e non  sostanziali),  l'art.  12  (Rinnovo  del
titolo  abilitativo)  e  l'art.  16  (Disposizioni  in   materia   di
adempimenti della Giunta regionale). 
    La legge reg. Puglia n. 34 del 2019, si propone, in generale,  di
valorizzare  l'idrogeno  come  combustibile  alternativo  alle  fonti
fossili attraverso la sua produzione con energia  elettrica  ottenuta
da fonte rinnovabile; di  favorire  l'ammodernamento  degli  impianti
eolici e fotovoltaici, semplificando le procedure per gli  interventi
di potenziamento o rifacimento e, al contempo, ricercando il migliore
inserimento degli impianti  stessi  nel  contesto  paesaggistico.  Il
legislatore pugliese dichiara di  agire  nel  solco  degli  obiettivi
condivisi  a  livello  internazionale  ed  europeo  sulla  promozione
dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili e sulla semplificazione
dei procedimenti per gli interventi migliorativi  del  rendimento  di
tale genere di impianti. 
    Il ricorso denunzia, da un lato, il contrasto tra gli artt.  3  e
10 della legge regionale e l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
della  Costituzione,  derivante  dalla  violazione  delle  norme  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale) sulla valutazione ambientale  strategica  (VAS)  e  sulla
valutazione  d'impatto  ambientale  (VIA)   di   piani   e   progetti
riguardanti  la  produzione  di  energia  da  fonti  rinnovabili,  e,
dall'altro lato, il contrasto tra gli artt. 11, 12 e 16  della  legge
regionale  e  l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,   derivante   dalla
violazione delle norme statali  sulle  procedure  per  l'abilitazione
all'esercizio  di  impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili,  che
fissano  i   principi   fondamentali   in   materia   di   produzione
dell'energia. 
    2.- E' anzitutto censurato l'art. 3, che prevede  che  la  Giunta
regionale «approva il piano regionale triennale dell'idrogeno  (PRI).
Il PRI: a) analizza lo  stato  delle  conoscenze  tecnologiche  e  le
prospettive di sviluppo  della  ricerca  applicata  all'idrogeno;  b)
definisce gli obiettivi da raggiungere  nell'arco  temporale  di  tre
anni; c) individua gli interventi regionali di promozione e  sostegno
dei settori legati alla filiera dell'idrogeno prodotto da energia  da
fonte rinnovabile al fine di razionalizzare e ottimizzare le  risorse
finanziarie disponibili; d) definisce gli  ambiti  di  ricerca  e  di
ricerca applicata da sostenere; e) evidenzia le  risorse  finanziarie
destinate all'attuazione del PRI; f) prevede  strumenti  di  verifica
dello stato di attuazione del PRI». Stabilisce  poi,  al  suo  ultimo
comma, che, «tenendo conto delle finalita', degli obiettivi  e  delle
azioni di cui alle presenti disposizioni,  la  Regione  aggiorna  gli
atti di programmazione generale  e  il  Piano  energetico  ambientale
regionale (PEAR), di cui all'articolo 2,  della  legge  regionale  24
settembre 2012, n. 25 (Regolazione  dell'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili)». 
    Il ricorso muove dalla preoccupazione che il PRI possa  sottrarsi
alla VAS, prescritta dall'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006
(d'ora in avanti, anche: cod. ambiente) per i piani e i programmi che
possono avere impatti  significativi  sull'ambiente.  Il  legislatore
pugliese, omettendo di precisare che il PRI va sottoposto  alla  VAS,
violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  di  cui  le
disposizioni del codice  assunto  a  norma  interposta  rappresentano
diretta espressione. 
    2.1.-  L'esame  della  legge  regionale  impugnata  permette   di
interpretare l'art. 3 in senso  diverso  da  quello  prefigurato  dal
ricorrente e conforme alla Costituzione. Deve, infatti, ritenersi che
il  PRI  non  sia  sottratto  alla  VAS,  essendo  cosi'  esclusa  la
violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  La
corretta  lettura   delle   norme   regionali   deriva   dalla   loro
considerazione  sistematica  e  merita  di  essere   qui   brevemente
illustrata. 
    Nella disciplina del procedimento di adozione del PRI non  vi  e'
espresso richiamo alla necessita' della VAS, ma nemmeno se ne prevede
l'esclusione. Occorre, percio',  considerare  le  altre  disposizioni
normative pertinenti. 
    L'art. 1 della legge regionale impugnata afferma che  la  Regione
«sostiene e promuove» la produzione di energia da fonte rinnovabile -
riconosce, in particolare,  «l'idrogeno  come  sistema  di  accumulo,
vettore energetico e combustibile alternativo alle fonti fossili e ne
favorisce la sua  produzione»  -  «in  armonia  con  la  legislazione
comunitaria, statale e regionale in materia di tutela  dell'ambiente,
della salute e della qualita' della vita della  popolazione».  Se  ne
puo' desumere che, ove non esclusa, l'applicazione  della  disciplina
statale sulla protezione ambientale operi senz'altro e a  prescindere
da disposizioni regionali che specificamente la richiamino. 
    L'art. 3, all'ultimo comma, prevede che, a seguito  dell'adozione
del PRI, sia aggiornato il PEAR. Anche tale disposizione  concorre  a
concludere nel senso della sottoposizione del PRI alla  VAS,  perche'
porta  a  ritenere  che  la   nuova   programmazione   specificamente
riguardante la  produzione  di  idrogeno  vada  integrata  nel  PEAR:
quest'ultimo, originariamente  adottato  con  delibera  della  Giunta
pugliese dell'8 giugno 2007, n. 827 e successivamente aggiornato,  e'
sottoposto alla VAS. Se, dunque, il  PRI  e'  parte  del  PEAR,  deve
ritenersi che esso sara' oggetto di VAS al pari degli altri contenuti
di quest'ultimo. 
    2.2.- Nella cornice delineata la questione  di  costituzionalita'
dell'art. 3 della legge reg. Puglia n. 34 del 2019  non  e'  fondata,
perche' la disciplina sulla VAS, contenuta nel codice  dell'ambiente,
trova applicazione nel contesto dell'articolo impugnato. 
    Le iniziative che, nel  rispetto  delle  norme  sulla  protezione
ambientale, sono  volte  ad  accrescere  l'utilizzo  di  combustibili
ottenuti  da  fonti  rinnovabili  sono,   peraltro,   meritevoli   di
apprezzamento. Come  questa  Corte  ha  gia'  affermato,  l'obiettivo
dell'incremento della produzione elettrica da fonti  rinnovabili  e',
infatti, in linea con  la  politica  energetica  dell'Unione  europea
(cosi', da ultimo, sentenza n. 106 del 2020), che mostra  «un  deciso
favor per le fonti energetiche rinnovabili al fine  di  eliminare  la
dipendenza dai carburanti fossili» (sentenza n. 148 del 2019). 
    3.- E' poi impugnato  l'art.  10,  che  sarebbe  illegittimo  per
violazione della  disciplina  statale  sulla  VIA,  espressiva  della
competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.
Esso, dopo aver stabilito - come disposto dall'art. 6, comma  9,  del
d.lgs. n. 152 del 2006 - che, per i progetti relativi a interventi di
ricostruzione, potenziamento, rifacimento e riattivazione di impianti
fotovoltaici ed eolici di potenza nominale complessiva superiore a  1
MW,  puo'  chiedersi  una  valutazione  preliminare   degli   impatti
ambientali, prevede, al comma 2, che «[a]ll'esito  della  valutazione
preliminare,  i  progetti  di  cui  al  comma  1  non  sono  comunque
assoggettati al  procedimento  di  verifica  di  assoggettabilita'  a
valutazione di impatto ambientale o a VIA a condizione che prevedano:
a)  per  gli  impianti   eolici,   la   riduzione   del   numero   di
aereogeneratori pari  ad  almeno  il  50  per  cento  del  totale  di
aereogeneratori  precedentemente  installati;  b)  per  gli  impianti
fotovoltaici, la riduzione della superficie radiante pari  ad  almeno
il 20 per cento della superficie radiante precedentemente  installata
o  una  riduzione  della   superficie   destinata   all'installazione
dell'impianto fotovoltaico pari ad almeno il 20 per cento  di  quella
precedentemente occupata». 
    3.1.- Anzitutto, secondo il ricorrente, non specificando che tali
disposizioni  riguardano  gli  impianti  che  generano  una   potenza
maggiore di 1 MW ma non superiore a 30 MW, il  legislatore  regionale
eccederebbe dalla sua competenza.  La  disciplina  sarebbe,  infatti,
suscettibile di applicazione anche in relazione a impianti di potenza
maggiore di 30 MW per cui le verifiche di impatto ambientale sono  di
competenza statale  (Allegati  I  e  II  alla  Parte  II  del  codice
dell'ambiente). 
    Sotto tale profilo, il ricorso non coglie  nel  segno.  L'analisi
della legge impugnata porta a ritenere che  l'art.  10  sia  volto  a
disciplinare i procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA  e
di VIA regionali. L'art. 1,  come  gia'  osservato,  afferma  che  la
promozione dell'utilizzo delle energie rinnovabili  deve  realizzarsi
in armonia con la legislazione statale, e l'art.  8  precisa,  a  sua
volta, che  «[l]a  Regione,  nel  rispetto  della  normativa  statale
dettata in materia di impianti di produzione di energia elettrica  da
fonte   rinnovabile,   favorisce   gli   interventi   di    integrale
ricostruzione, potenziamento, rifacimento e riattivazione di impianti
esistenti [...]». L'art. 13 prevede, inoltre, che «[p]er  quanto  non
espressamente  previsto  dagli  articoli  10,  11   e   12,   trovano
applicazione le disposizioni statali e regionali che  disciplinano  i
procedimenti    di    valutazione    preliminare,     verifica     di
assoggettabilita' a VIA, valutazione di impatto  ambientale,  nonche'
di autorizzazione unica e  procedura  abilitativa  semplificata».  Lo
stesso art. 10, infine, all'ultimo comma, individua la Regione  quale
autorita' competente per la valutazione di cui all'art. 6,  comma  9,
cod. ambiente; previsione, questa, che vale  a  significare,  ancora,
che  la  normativa  si  riferisce  a  progetti  che  rientrano  nelle
competenze regionali, nella generale consapevolezza  che  i  progetti
per impianti  di  potenza  superiore  a  30  MW  sono  sottoposti  al
controllo ministeriale. 
    3.2.- Sotto altro profilo, l'art. 10, al comma  2,  e'  censurato
nella parte in cui stabilisce quali sono i criteri per  ritenere  che
la modifica degli impianti non avra' impatti negativi sull'ambiente e
puo', quindi, realizzarsi senza sottoporsi  a  valutazioni  d'impatto
ambientale.  Esso  violerebbe  la  disciplina  prevista  dal   codice
dell'ambiente sulla verifica di assoggettabilita' a VIA e sulla VIA. 
    Si  puo'  osservare  che  il   legislatore   regionale   persegue
l'obiettivo di accelerare le tempistiche e alleggerire  le  procedure
per le modifiche, le  estensioni  o  gli  adeguamenti  tecnici  degli
impianti  eolici  e  fotovoltaici,  nella  convinzione  di  agire  in
conformita' agli indirizzi del legislatore europeo. Afferma, infatti,
la  parte  resistente  che,  in  considerazione  del  fatto  che   il
legislatore statale nulla ha previsto circa i criteri e le soglie  di
potenza rispettati i quali gli interventi su impianti  esistenti  non
debbano assoggettarsi alla verifica di assoggettabilita' o alla  VIA,
le disposizioni regionali hanno «inteso definire un quadro  normativo
chiaro e ben definito, individuando i criteri [...] in base ai  quali
e' da ritenere esclusa una ripercussione negativa sull'ambiente e sul
paesaggio». 
    3.3.- La questione e' fondata. 
    L'assunto per cui spetta alla competenza regionale  la  decisione
su quali progetti di modifica o  estensione  degli  impianti  possono
essere esonerati dalle verifiche d'impatto ambientale non puo' essere
condiviso.  D'altronde,  proprio  sulla   scorta   di   tale   ultima
considerazione, l'analisi tecnico-normativa resa dal Servizio  affari
e studi giuridici e legislativi al Consiglio regionale  della  Puglia
rilevava profili di contrasto con la legislazione statale  e,  cosi',
un possibile vizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10. 
    Il codice dell'ambiente prevede che siano sottoposti  a  verifica
di assoggettabilita' a VIA regionale i progetti  di  impianti  eolici
con potenza complessiva nominale superiore a 1 MW e di  impianti  per
conversione fotovoltaica  (Allegato  IV  alla  Parte  II  del  codice
dell'ambiente, punto 2, rispettivamente lettere d) e b). Il  medesimo
Allegato, al punto 8, lettera t), prevede inoltre che si sottopongano
a verifica di assoggettabilita' a VIA le modifiche  o  estensioni  di
progetti  gia'  autorizzati  che  possono  avere  «notevoli   impatti
negativi sull'ambiente» (se le modifiche o estensioni non si  possano
ricomprendere nelle soglie previste nell'Allegato III, caso in cui vi
sarebbe la necessita' di effettuare direttamente la VIA). 
    Lo Stato ha, inoltre, adottato regole  che  indirizzano  l'azione
delle Regioni nell'ambito della verifica di assoggettabilita' a  VIA.
Le Linee guida per la verifica di assoggettabilita' a valutazione  di
impatto  ambientale  dei  progetti  di  competenza  delle  Regioni  e
Province autonome (Allegato IV alla Parte II del d.lgs.  n.  152  del
2006), allegate al decreto del Ministro dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del mare 30 marzo 2015,  n.  52,  stabiliscono,  tra
l'altro, al punto 6., che «[...] il Ministero dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, con proprio decreto,  su  richiesta
della regione o provincia autonoma, tenendo  conto  delle  specifiche
peculiarita' ambientali e territoriali e  per  determinate  categorie
progettuali dalle  stesse  individuate:  [...]  definisce  criteri  o
condizioni in base ai quali e' possibile escludere la sussistenza  di
potenziali effetti significativi  sull'ambiente  e  pertanto  non  e'
richiesta la procedura di verifica di assoggettabilita'».  Demandano,
cosi',  all'autorita'  centrale  la  possibilita'  di   prendere   le
decisioni  che  il  legislatore  pugliese  ha  autonomamente  assunto
nell'art. 10 impugnato. Le regole contenute nel citato  decreto,  per
precisa affermazione di questa Corte, sono da considerarsi vincolanti
(sentenza n. 286 del 2019). 
    In assenza di standard in base ai quali possa presumersi  che  le
varianti  abbiano  impatti  negativi  sull'ambiente,  il  legislatore
statale ha introdotto, con la riforma di cui al  decreto  legislativo
16 giugno 2017, n. 104 (Attuazione  della  direttiva  2014/52/UE  del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che  modifica
la direttiva  2011/92/UE,  concernente  la  valutazione  dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli
articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114), la  procedura  di
valutazione preliminare (altresi' detta procedura di  pre-screening),
che consente all'operatore  del  settore  che  vuole  procedere  alla
modifica o estensione dell'impianto, se  ritiene  che  siano  assenti
impatti  ambientali   significativi   e   negativi,   di   richiedere
all'autorita' competente una valutazione preliminare con cui ottenere
l'indicazione di quale procedura seguire: se quella  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA (art. 6, comma 6, cod. ambiente),  se  quella
di VIA (art. 6, comma  7,  cod.  ambiente),  oppure  se  trattasi  di
progetto che non necessita di tali procedure valutative. 
    Tale quadro normativo e' espressione delle scelte  operate  dallo
Stato nell'adeguarsi ai contenuti delle direttive europee in materia.
All'art. 4, paragrafo 2, della direttiva 2011/92/UE si prevedeva  che
«[...] per i progetti elencati  nell'allegato  II  gli  Stati  membri
determinano se il progetto debba essere sottoposto  a  valutazione  a
norma degli articoli da 5  a  10.  Gli  Stati  membri  prendono  tale
decisione, mediante: a) un esame del progetto caso  per  caso;  o  b)
soglie o criteri fissati dallo Stato membro. Gli Stati membri possono
decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a)  e
b)». E la direttiva 2014/52/UE, che ha modificato quell'articolo,  ha
disposto, all'art. 1, paragrafo  4,  lettera  a),  che  «[g]li  Stati
membri possono fissare soglie o criteri per stabilire in  quali  casi
non e' necessario che i progetti siano oggetto di una  determinazione
a norma dei paragrafi 4 e 5,  ne'  di  una  valutazione  dell'impatto
ambientale [...]». 
    Lo Stato italiano, come  sopra  osservato,  ha  stabilito,  negli
Allegati alla Parte II del cod.  ambiente,  quali  piani  e  progetti
devono  essere  sottoposti  alle  procedure  valutative  e   ha   poi
introdotto la procedura di valutazione preliminare, che ha il  pregio
di orientare l'operatore verso la corretta procedura da  seguire  per
autorizzare le modifiche dell'impianto. Ha sinora evitato di indicare
quali progetti d'intervento  sugli  impianti  eolici  e  fotovoltaici
esistenti, rispondendo a  criteri  fissi,  risultino  automaticamente
esenti da verifiche dei loro impatti ambientali. 
    La ricerca del punto di equilibrio tra l'esigenza di semplificare
le procedure per esercitare impianti alimentati da fonti  di  energia
rinnovabili e la tutela dell'ambiente in cui essi si  trovano  e'  un
compito dello Stato. Non spetta, dunque, alle Regioni decidere  quali
siano le condizioni  che  determinano  l'esclusione  dalle  verifiche
d'impatto  ambientale.  Si  ribadisce  che,  sebbene  la   competenza
esclusiva statale prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost.  non  escluda  aprioristicamente  interventi  regionali,  anche
legislativi, «e' tuttavia necessario che cio' avvenga in  termini  di
piena compatibilita' con l'assetto normativo individuato dalla  legge
statale, non potendo tali interventi alterarne il punto di equilibrio
conseguito ai fini di tutela ambientale» (sentenza n. 178  del  2019;
nello stesso senso, sentenza  n.  147  del  2019).  Questa  Corte  ha
infatti affermato con chiarezza che la disciplina sulla VIA rientra a
pieno titolo nella competenza statale  esclusiva  indicata  dall'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., e, infatti, lo Stato riconosce
alle Regioni e Province autonome spazio  di  intervento  soltanto  in
ambiti  specifici  e  precisati  dallo  stesso  codice  dell'ambiente
(sentenze n. 93 del 2019, n. 246 e n. 198 del 2018). 
    Di conseguenza,  va  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 10 della legge reg. Puglia n. 34 del  2019  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    4.- Successivamente, con il ricorso sono impugnati gli artt. 11 e
12 della legge reg.  Puglia  n.  34  del  2019.  Essi,  ponendosi  in
contrasto con i  principi  fondamentali  fissati  dalla  legislazione
statale in materia di produzione  dell'energia,  violerebbero  l'art.
117, terzo comma, Cost. 
    4.1.- In questa parte dell'atto  introduttivo,  le  censure  sono
motivate in modo alquanto sintetico,  se  pur  non  apodittico.  Puo'
quindi dirsi raggiunta la soglia minima di  chiarezza  e  completezza
cui e' subordinata l'ammissibilita' delle questioni promosse  in  via
principale (di recente, sentenza n. 199 del 2020). 
    4.2.- L'art. 11 della legge  regionale  impugnata  disciplina  il
regime abilitativo delle  modifiche  sostanziali  e  non  sostanziali
degli impianti eolici  e  fotovoltaici  esistenti.  Nella  sua  prima
parte, l'articolo impugnato riproduce la disciplina  statale  evocata
come parametro interposto: l'art. 5, comma 3, del decreto legislativo
3 marzo 2011, n. 28  (Attuazione  della  direttiva  2009/28/CE  sulla
promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,   recante
modifica  e  successiva  abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e
2003/30/CE).  L'art.  11   prevede,   infatti,   che   le   modifiche
dell'impianto che non ampliano la dimensione degli apparecchi,  delle
strutture e della superficie occupata si considerino non  sostanziali
e siano assentite con procedura abilitativa  semplificata  (PAS).  Al
comma 4, pero',  precisa  che  le  modifiche  non  sostanziali  degli
impianti assentiti con procedure semplificate non possono  sottoporsi
alla PAS se, come effetto dell'intervento, si ottiene un impianto  di
potenza superiore a 1 MW. Il  ricorrente  sostiene  che  quest'ultima
previsione determini la limitazione dell'utilizzo della PAS  e  cosi'
l'applicazione, da parte del legislatore pugliese, di procedure  piu'
gravose di quelle previste dalla legge statale. 
    Nel quadro normativo  statale  di  riferimento,  l'autorizzazione
unica (AU), di cui all'art. 12 del decreto  legislativo  29  dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita'),  occorre  per
assentire impianti di produzione di energia elettrica  alimentati  da
fonti rinnovabili, al di sopra della soglia di potenza di  1  MW.  La
procedura abilitativa semplificata (PAS), introdotta  dal  d.lgs.  28
del 2011, e' utilizzabile per la realizzazione dello stesso  tipo  di
impianti al di sotto di prefissate soglie di potenza: le Regioni,  in
coerenza  con  la  soglia  prevista  per  l'AU,  sono  autorizzate  a
estendere l'utilizzo della PAS a impianti che producano sino a  1  MW
di potenza nominale (art. 6, comma 9, del d.lgs. n. 28 del 2011).  La
Comunicazione al Comune, infine, e' la piu' snella procedura prevista
per semplificare l'iter autorizzativo di alcune tipologie di  piccoli
impianti, come previsto  dal  decreto  del  Ministro  dello  sviluppo
economico 10 settembre 2010 (Linee guida per  l'autorizzazione  degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili). 
    Quanto  alle  modifiche   di   impianti   esistenti,   ai   sensi
dell'evocato parametro di cui all'art. 5, comma 3, del d.lgs.  n.  28
del  2011,  per  le  modifiche  sostanziali,  occorre  l'AU;  per  le
modifiche non sostanziali, e' sufficiente  la  PAS.  L'individuazione
degli  interventi  di  modifica  sostanziale,  per   ogni   tipologia
d'impianto, e' rimessa a un  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico. Nelle  more  della  sua  adozione,  le  modifiche  che,  a
prescindere dalla potenza nominale, non comportano  variazioni  delle
dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture
e dell'area destinata ad ospitare  gli  impianti  stessi,  ne'  delle
opere connesse, sono considerate non  sostanziali  e  assoggettate  a
PAS. 
    4.3.- Alla luce di quanto appena esposto, si puo' concludere  che
le censure relative all'art. 11 impugnato sono prive  di  fondamento.
E', inoltre, condivisibile la tesi che la Regione Puglia ha sostenuto
per provare la non fondatezza della questione. 
    Se, ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 28 del  2011,  le  Regioni
possono, infatti, assentire alla realizzazione di impianti  eolici  e
fotovoltaici con PAS solo se l'impianto produce una potenza  nominale
complessiva non superiore a 1 MW, il legislatore  pugliese,  all'art.
11, introduce una precisazione avente funzione antielusiva del quadro
normativo statale. Pur riproducendo la previsione statale per cui  si
applica la PAS alle modifiche che non estendono l'area dell'impianto,
essa intende al contempo evitare che, a seguito di singoli interventi
di revamping, risultino in esercizio impianti - in origine  assentiti
con procedure semplificate (PAS o Comunicazione) - che  generano  una
potenza superiore a 1 MW senza essere passati per i piu' approfonditi
controlli, anche sugli impatti ambientali, previsti nel  procedimento
di AU. 
    Nel caso di specie,  le  disposizioni  regionali  impugnate  sono
conformi al complesso delle norme statali di  riferimento  nel  solco
della giurisprudenza costante di questa Corte, secondo  la  quale  le
regole inerenti i regimi abilitativi  degli  impianti  alimentati  da
fonti rinnovabili sono fissate,  quali  principi  fondamentali  della
materia dell'energia, nel d.lgs. n. 28 del 2011 e nel d.lgs.  n.  387
del 2003 e che devono essere rispettate dalle Regioni  (ex  plurimis,
sentenze n. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 99 del
2012). 
    Questa Corte ha gia' avuto occasione di dichiarare  la  questione
non fondata una volta accertato che «si tratta[va] chiaramente di una
norma antielusiva, volta a impedire surrettizi "frazionamenti"  degli
impianti,   finalizzati   a   rendere   possibile    l'autorizzazione
semplificata    (basata    sul     silenzio-assenso)     in     luogo
dell'autorizzazione   unica,   con   conseguente   esclusione   della
valutazione di compatibilita' ambientale» (sentenza n. 86  del  2019;
cosi' anche sentenza n. 286 del 2019). Similmente, nel caso  odierno,
non si riscontra la violazione dei principi fondamentali  in  materia
di energia, poiche' la normativa regionale e' volta a  far  osservare
tutti i limiti stabiliti a tal proposito dalla legge statale. 
    In  considerazione  di  quanto  sopra  illustrato,   dunque,   la
questione di costituzionalita' dell'art. 11 della legge  reg.  Puglia
n. 34 del 2019 - per come prospettata nel ricorso e in considerazione
delle norme applicabili ratione temporis - non e' fondata. 
    Questa Corte deve rilevare, infine, che, dopo l'instaurazione  di
questo giudizio di costituzionalita' e senza che  sul  punto  si  sia
svolto contraddittorio fra le  parti,  la  disciplina  statale  sulle
procedure inerenti gli interventi di modifica di impianti di  energia
da fonti rinnovabili e' mutata. Con l'adozione del  decreto-legge  16
luglio  2020,  n.  76  (Misure  urgenti  per  la  semplificazione   e
l'innovazione digitale), convertito, con modificazioni,  nella  legge
11 settembre 2020, n. 120, infatti, per quanto qui  interessa,  dette
procedure  sono  state   ulteriormente   semplificate.   L'intervento
sull'art. 5, comma 3, e l'introduzione dell'art. 6-bis del d.lgs.  n.
28 del 2011 sono volti a facilitare l'ammodernamento degli  impianti,
per incentivare la  massima  diffusione  possibile  della  produzione
d'energia da fonti rinnovabili.  Eventuali  incompatibilita'  tra  le
normative regionali e la nuova  legislazione  di  principio  potranno
essere rilevate nell'operare degli ordinari meccanismi di risoluzione
delle antinomie. 
    4.4.- E', poi, impugnato l'art. 12 della legge reg. Puglia n.  34
del 2019, concernente il rinnovo del titolo abilitativo all'esercizio
degli impianti eolici e fotovoltaici. Esso imporrebbe condizioni  per
ottenere detto  rinnovo,  in  assenza  di  simili  indicazioni  nella
legislazione di principio in materia  di  energia  -  in  particolare
negli artt. 4 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 e 12 del  d.lgs.  n.  387
del 2003 - violando cosi' l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    L'art. 12 della legge reg. Puglia n. 34 del 2019 stabilisce  che:
«1. Al fine di favorire il  raggiungimento  degli  obiettivi  di  cui
all'articolo  8,  il  rinnovo  dell'autorizzazione  di  un   impianto
esistente, per una  durata  pari  a  quella  autorizzata  dal  titolo
abilitativo originario, puo' essere  disposto  a  condizione  che  si
preveda l'esecuzione di uno degli interventi di cui  all'articolo  11
e:  a)  per  gli  impianti  eolici,  la  riduzione  del   numero   di
aereogeneratori pari ad almeno il  40  per  cento  del  totale  degli
aereogeneratori  precedentemente  installati;  b)  per  gli  impianti
fotovoltaici, la riduzione della superficie radiante pari  ad  almeno
il 15 per cento della superficie radiante precedentemente  installata
o  la  riduzione   della   superficie   destinata   all'installazione
dell'impianto fotovoltaico pari ad almeno il 15 per cento  di  quella
precedentemente occupata». Il medesimo articolo, ai commi successivi,
descrive dettagliatamente il procedimento  che  occorre  seguire  per
ottenere il rinnovo e  gli  oneri  che  gravano  a  tali  fini  sugli
operatori. 
    4.5.- La censura coglie nel segno,  non  potendosi  ritenere  che
l'art. 12 impugnato rispetti i principi  fondamentali  della  materia
fissati dalla legge statale. 
    La disciplina delle procedure  per  il  conferimento  del  titolo
abilitativo non pone, infatti, condizioni ulteriori o  specifiche  al
fine dell'ottenimento del rinnovo di  detto  titolo.  La  tesi  della
Regione - secondo cui  il  legislatore  pugliese  avrebbe  rispettato
canoni  di  proporzionalita'  e   adeguatezza   nel   prevedere   due
possibilita' alternative per gli operatori del settore interessati al
rinnovo: per chi avesse rispettato le condizioni di cui  al  comma  1
dell'art. 12, vi sarebbe l'opportunita' di accedere a  una  procedura
semplificata;  per  chi  non  fosse  in  grado  di  rispettare   tali
condizioni, residuerebbe  la  possibilita'  di  ottenere  il  rinnovo
attraverso le  ordinarie,  ma  piu'  gravose,  procedure  abilitative
previste nelle leggi statali - non puo' essere condivisa. 
    Intanto,  la  tesi  contrasta  col  dato   positivo:   il   testo
dell'articolo impugnato e' chiaro  nel  prescrivere  che  il  rinnovo
dell'autorizzazione di un impianto esistente «puo' essere disposto  a
condizione  che»  si  operino  modifiche  agli  impianti  secondo  le
indicazioni ivi presenti. Nella relazione illustrativa  del  progetto
di legge regionale e', difatti,  scritto  che  una  delle  principali
novita' recate dalla legge impugnata risiede proprio nella fissazione
di condizioni per il rinnovo  degli  impianti  che  porteranno  a  un
migliore inserimento  degli  stessi  nel  paesaggio  e  nel  contesto
naturale, grazie alla riduzione delle installazioni e delle superfici
occupate. 
    Comunque sia, il compito della  semplificazione  delle  procedure
riguardanti i titoli abilitativi in  questa  materia  non  spetta  al
legislatore regionale, come questa Corte ha affermato piu' volte.  E'
infatti lo Stato che, in attuazione della normativa  europea,  ha  il
compito di dettare norme ispirate «alle regole della  semplificazione
amministrativa e della celerita'» (sentenza n. 106 del 2020), al fine
di favorire gli investimenti nel settore (in tal senso,  sentenze  n.
86 del 2019 e n. 177 del 2018). 
    Per altro verso,  questa  Corte  ha  anche  precisato  che  «[i]l
contrasto con il principio fondamentale di massima  diffusione  delle
fonti di energia rinnovabili si fa ancora piu' radicale»  quando  gli
aggravi procedurali previsti dalla legge regionale «possono  giungere
fino al punto di impedire del  tutto  la  costruzione  e  l'esercizio
degli impianti» (sentenza n. 286  del  2019).  L'Avvocatura  generale
dello  Stato  correttamente  rileva  che  sarebbe  illegittimo   «far
derivare dal diverso  impatto  ambientale  degli  impianti  esistenti
conseguenze in materia di rinnovo del titolo abilitativo»: il mancato
rispetto delle condizioni prescritte dall'art.  12  puo'  determinare
l'impossibilita'  di  ottenere  il  rinnovo  del  titolo  e,  dunque,
l'impossibilita' di proseguire l'attivita'  di  produzione  d'energia
eolica o fotovoltaica. Questa Corte, con  affermazione  generale,  ha
gia'  stabilito  che  «il  margine  di  intervento  riconosciuto   al
legislatore regionale non permette che le Regioni prescrivano  limiti
generali, perche' cio' contrasterebbe con il  principio  fondamentale
di massima diffusione delle fonti di energia  rinnovabili,  stabilito
dal legislatore statale in  conformita'  alla  normativa  dell'Unione
europea» (sentenza n. 148 del 2019). 
    La  questione  e',  conseguentemente,  fondata,  per   violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    5.- Infine, e' impugnato l'art.  16  della  legge  pugliese,  che
«rimanda alla  Giunta  regionale  la  definizione,  tra  l'altro,  di
termini per i procedimenti di cui al Capo II  che  ha  ad  oggetto  i
regimi   della   Procedura   abilitativa   semplificata    (PAS)    e
dell'Autorizzazione Unica (AU)», e che,  ad  avviso  del  ricorrente,
sarebbe incostituzionale «per analoghe ragioni» rispetto a quelle  in
precedenza esposte per sostenere l'illegittimita' degli  artt.  11  e
12. 
    5.1.- In primo luogo, l'impugnazione dell'art. 16 deve intendersi
rivolta al solo comma 1,  lettera  a),  in  assenza  di  qualsivoglia
riferimento,  da  parte  del  ricorrente,  al  resto  dei   contenuti
dell'articolo. 
    5.2.- In secondo luogo,  la  questione  dell'art.  16,  comma  1,
lettera  a),  deve  dichiararsi   inammissibile   per   insufficiente
motivazione della censura. 
    La doglianza e' infatti condensata in due righe,  che  richiamano
per relationem i parametri che si assumevano violati nella  questione
precedentemente promossa. La modalita' assertiva con cui e'  motivato
il contrasto  tra  l'art.  16,  comma  1,  lettera  a),  della  legge
regionale  e  i  principi  fondamentali  in  materia  di   produzione
dell'energia rende, altresi', oscura la censura,  non  comprendendosi
le ragioni per cui si abbia  interesse  a  impugnare  tale  passaggio
normativo e non anche gli altri contenuti dell'articolo.