ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  18,
secondo comma, e 25, primo comma, del decreto  del  Presidente  della
Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962, n. 8  (Approvazione  del  testo
unico delle leggi provinciali sull'ordinamento dei masi chiusi  nella
Provincia di Bolzano), promosso dal Tribunale  ordinario  di  Bolzano
nel procedimento vertente tra F. J. B.  e  altro  e  G.  L.  B.,  con
ordinanza del 27 settembre 2019,  iscritta  al  n.  70  del  registro
ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Udita nell'udienza  pubblica  del  13  gennaio  2021  la  Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    visti gli atti di costituzione di G. L. B. e di F. J. B.; 
    uditi gli avvocati Meinhard Durnwalder per  G.  L.  B.  e  Roland
Unterhofer per F. J. B.; 
    deliberato nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un giudizio per la determinazione, a seguito  di
successione legittima, del diritto di  assunzione  e  del  prezzo  di
assunzione di un maso chiuso, il Tribunale ordinario di Bolzano,  con
ordinanza del 27 settembre 2019 (r. o. n. 70 del 2020), ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art.  3,
primo comma, della Costituzione, dell'art.  18,  secondo  comma,  del
decreto del Presidente della Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962, n.
8   (Approvazione   del   testo   unico   delle   leggi   provinciali
sull'ordinamento dei masi chiusi  nella  Provincia  di  Bolzano).  Il
Tribunale  ha,  altresi',  posto   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 25, primo comma, del d. Pres. prov.  Bolzano
n. 8 del 1962, per violazione degli artt. 3 e 42 Cost. 
    1.1.- In  punto  di  fatto,  il  giudice  rimettente  rileva  che
l'originario proprietario  del  maso  chiuso  «L.»  era  deceduto  ab
intestato il 24 giugno 1967, lasciando la moglie e tre figli:  F.  J.
B., M. B. e G. L. B. In base al certificato ereditario del 18 gennaio
1971, i figli venivano intavolati quali proprietari del maso  per  la
quota indivisa di un terzo ciascuno, oltre al  diritto  di  usufrutto
uxorio sulla quota di un terzo a  favore  della  vedova,  e  il  maso
veniva gestito in regime di impresa familiare, con il  contributo  di
tutti i componenti della famiglia. Con i proventi derivanti  da  tale
conduzione venivano acquistati  altri  due  masi,  anch'essi  gestiti
dall'impresa  familiare,  che  venivano  attribuiti   in   proprieta'
esclusiva, rispettivamente, al figlio minore G.  L.  B.  (cui  veniva
intestato il maso «S.») e alla secondogenita M. B. 
    Il giudice a quo, investito del ricorso di F. J. B.,  espone  che
il ricorrente ha invocato l'applicazione del testo unico delle  leggi
provinciali sull'ordinamento dei masi chiusi, emanato con  il  citato
d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962,  quale  disciplina  vigente  al
momento  dell'apertura  della  successione,   e   che   il   medesimo
ricorrente,  in  quanto  fratello  maggiore,  ha  chiesto  di  essere
designato assuntore, in applicazione dell'art. 18, secondo comma, del
richiamato  testo  unico,  che  preferisce  fra   i   chiamati   alla
successione ab intestato nello stesso grado il piu' anziano. 
    A tale istanza si e' opposto il fratello minore,  G.  L.  B.,  il
quale, come riportato  dal  rimettente,  ha  sollevato  nel  giudizio
principale eccezione di legittimita'  costituzionale,  per  contrasto
con l'art. 3, primo comma,  Cost.,  dell'indicato  art.  18,  secondo
comma,  in  quanto  disposizione  che  «irragionevolmente   e   senza
richiedere  alcuna  valutazione  in  concreto  circa  l'idoneita'   a
condurre il maso, individuerebbe quale assuntore tra i chiamati  alla
successione nello stesso  grado  il  piu'  anziano».  Diversamente  -
secondo il resistente - ove trovasse applicazione l'art. 14, comma 2,
della  successiva  legge  della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  28
novembre 2001, n. 17 (Legge sui  masi  chiusi),  che  privilegia  chi
«dimostra di possedere i migliori requisiti  per  la  conduzione  del
maso», il diritto di assunzione sarebbe a lui spettato: infatti,  sin
dall'eta' di diciassette anni aveva sempre lavorato, a tempo pieno  e
in via esclusiva, al  maso  oggetto  della  controversia,  mentre  il
fratello maggiore, a partire dal 1994, aveva lavorato per  un'azienda
pubblica. 
    Previa declaratoria di illegittimita' costituzionale  del  citato
art. 18, secondo comma, il resistente ha, pertanto, chiesto di essere
dichiarato assuntore del maso «L.» e che fosse fissato il  prezzo  di
assunzione. 
    Al fine della  determinazione  di  tale  valore,  il  giudice  ha
nominato un consulente tecnico d'ufficio che, sulla base del criterio
stabilito dall'art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n.  8
del 1962, ha individuato il prezzo di assunzione del maso  chiuso  in
euro  30.768,00.  Nello  specifico,   il   consulente   ha   rilevato
l'esistenza di «coefficienti stabiliti  dalla  Commissione  censuaria
provinciale»  (ai  quali  fa  riferimento  il   primo   comma   della
disposizione appena richiamata) solo fino all'anno 1984, non  essendo
stati tali coefficienti da allora piu'  aggiornati.  Ad  integrazione
del  quesito  originariamente  proposto,  il  giudice   ha   chiesto,
pertanto,  al  consulente  tecnico  d'ufficio  di  determinare  anche
l'attuale valore di mercato del maso  chiuso  (quantificato  in  euro
2.785.270,00) nonche' il valore di assunzione, sulla base  del  nuovo
criterio di calcolo previsto dall'art. 20, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001 (determinato in euro 574.905,00). 
    2.- In punto di rilevanza,  il  Tribunale  rimettente  espone  di
dover  applicare  il   diritto   sostanziale   vigente   al   momento
dell'apertura della successione, richiamando quanto  affermato  dalla
sentenza n. 193 del 2017 di questa Corte. 
    Nella fattispecie in esame, il de cuius era deceduto ab intestato
quando erano in vigore gli artt.  18,  secondo  comma,  e  25,  primo
comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962. 
    2.1.- Inoltre, secondo il giudice a quo,  la  questione  relativa
all'art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del  1962
sarebbe rilevante ai fini del decidere, poiche' sia F. J. B.  sia  G.
L. B. rivestono lo stesso grado di parentela rispetto  al  de  cuius,
quali suoi figli, e la legge provinciale citata impone l'applicazione
del criterio basato  sulla  preferenza  accordata  al  piu'  anziano.
Diversamente, sulla base  dei  criteri  ricavabili  dalla  disciplina
attualmente in vigore (in particolare alla luce dell'art.  14,  comma
2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001), il  giudice  rimettente
considera non implausibile che il diritto di assunzione del maso «L.»
possa essere riconosciuto in capo al figlio minore. 
    2.2.- Infine, la questione relativa all'art. 25, primo comma, del
d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 e' ritenuta rilevante in  quanto
il prezzo di assunzione varia notevolmente  a  seconda  del  criterio
utilizzato: in base all'art. 25, primo comma, andrebbe determinato in
euro 30.768,00, vale a dire un valore fortemente divergente  rispetto
a quello di mercato, pari ad euro 2.785.270,00;  qualora,  viceversa,
l'assunzione  del  maso  «L.»   fosse   regolata   dalla   disciplina
attualmente vigente, il valore di  assunzione  ammonterebbe  ad  euro
574.905,00. 
    3.- Quanto al merito, il giudice rimettente ritiene le  questioni
non manifestamente infondate perche', con  riferimento  all'art.  18,
secondo comma,  del  d.  Pres.  prov.  Bolzano  n.  8  del  1962,  la
preferenza accordata, tra i chiamati alla  successione  nello  stesso
grado, al piu' anziano, contrasterebbe con  l'art.  3,  primo  comma,
Cost., in quanto la regola del maggiorascato privilegerebbe  in  modo
automatico, senza alcuna ragionevole giustificazione, il coerede piu'
anziano, «sulla base del mero dato anagrafico, senza prevedere alcuna
valutazione di merito circa l'idoneita' in concreto dell'assuntore  a
coltivare ed a condurre il maso». Inoltre, ad avviso del  rimettente,
l'art. 25, primo comma, del d. Pres. prov.  Bolzano  n.  8  del  1962
violerebbe l'art. 3, primo comma,  Cost.,  perche'  irragionevolmente
porrebbe un criterio di calcolo del prezzo di assunzione che «conduce
alla determinazione  di  un  importo  esiguo  e  comunque  del  tutto
disancorato dal  valore  di  mercato  del  bene».  Sotto  un  diverso
profilo,  l'applicazione  della  norma  contestata  implicherebbe  un
trattamento  irragionevolmente  deteriore  in  capo  ai  coeredi  non
assuntori del maso rispetto a casi analoghi  in  cui  la  fattispecie
dell'assunzione di  un  maso  chiuso  e'  regolata  dalla  disciplina
attualmente vigente. Infine, l'art. 25, primo  comma,  del  d.  Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962, sarebbe lesivo dell'art.  42  Cost.,  in
quanto l'applicazione del criterio ivi previsto per la determinazione
del  prezzo   di   assunzione   comporterebbe   «una   rilevantissima
compromissione delle legittime  ragioni  ereditarie  degli  eredi  ab
intestato non assuntori di maso chiuso». 
    4.- Il Presidente della Provincia  autonoma  di  Bolzano  non  e'
intervenuto in giudizio. 
    5.- Con atto depositato il 1° luglio 2020  si  e'  costituito  il
primogenito, F. J. B., ricorrente nel procedimento principale, che ha
eccepito in primis l'inammissibilita' per irrilevanza della questione
di legittimita' costituzionale del censurato art. 18, secondo  comma.
L'eventuale dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  di  tale
norma determinerebbe infatti - secondo la difesa di F.  J.  B.  -  un
vuoto normativo  che  non  potrebbe  essere  colmato  con  i  criteri
individuati dalla legge prov. Bolzano n.  17  del  2001,  bensi'  con
l'applicazione, in via estensiva o analogica,  dell'art.  19  del  d.
Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, secondo cui «[s]e l'erede chiamato
ad assumere il maso al momento  della  devoluzione  dell'eredita'  e'
gia' proprietario di un maso chiuso, il diritto di  preferenza  passa
agli  altri  coeredi».  Tale  previsione  si  coordinerebbe  con   il
principio fondamentale secondo il quale un maso chiuso deve garantire
un reddito medio annuo «sufficiente per un adeguato  mantenimento  di
almeno 5 persone, senza superare il triplo di tale reddito»  (art.  2
del d. Pres. prov. Bolzano n.  8  del  1962).  Da  cio'  si  dovrebbe
desumere la necessaria esclusione, quali possibili assuntori del maso
«L.», sia del fratello minore sia della  sorella,  dal  momento  che,
negli anni successivi all'apertura  della  successione,  erano  stati
acquistati con i proventi dell'impresa familiare altri  due  masi,  a
loro intestati. 
    In subordine, F. J. B. contesta  le  argomentazioni  del  giudice
rimettente per cui non assumerebbero rilievo i criteri di  preferenza
di cui all'art. 14, comma 1, legge prov. Bolzano n. 17 del 2001. Tale
disposizione ha, infatti, continuato a contemplare, sino  al  2010  -
quando e' stata abrogata con la legge  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano 22 gennaio 2010, n. 2 (Norme in materia di  agricoltura,  usi
civici, utilizzazione delle acque pubbliche, energia,  urbanistica  e
tutela dell'ambiente) - la lettera g), che attribuiva il  diritto  di
assunzione al piu' anziano o alla piu' anziana  d'eta',  in  caso  di
piu' coeredi con pari preferenza, secondo le lettere  dalla  a)  alla
f): non essendo tale norma stata impugnata, essa potrebbe  continuare
a identificare nel fratello  maggiore  il  titolare  del  diritto  di
assunzione. 
    In ogni caso, la parte rileva che, anche qualora il giudice a quo
dovesse  invece  decidere  l'attribuzione  del  diritto  in  base  al
criterio di cui all'art. 14, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17
del 2001, la preferenza andrebbe,  comunque,  accordata  al  fratello
maggiore «sia per il fatto che questi gestisce gia' la maggior  parte
del maso "L." da oramai otto anni sia per il fatto che  il  convenuto
[G. L. B.] e'  gia'  da  vent'anni  proprietario  di  un  altro  maso
chiuso». 
    Nel merito, la  difesa  ha  insistito  per  l'infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, secondo comma,
del d. Pres. prov.  Bolzano  n.  8  del  1962,  evidenziando  che  il
criterio del maggiorascato opera solo la' dove il de cuius non  abbia
disposto diversamente e che, in ogni caso, la disciplina «prevede dei
correttivi  per  assicurare  che  l'assuntore  del  maso  sia   anche
effettivamente  in  grado  di   continuare   la   coltivazione»,   in
particolare, quelli dell'art. 18/a e dell'art. 19 del d. Pres.  prov.
Bolzano n. 8 del 1962. 
    Inoltre, si adduce che rientra nella  discrezionalita'  esclusiva
del  legislatore  ritenere  non  piu'   moderno   il   criterio   del
maggiorascato, mentre questa Corte dovrebbe limitarsi a verificare se
tale criterio violi il principio di uguaglianza  di  cui  all'art.  3
Cost. A tal riguardo si rileva che la norma costituzionale, mentre fa
espressamente riferimento al  sesso,  non  considera  invece  l'eta',
tant'e'  che  in  piu'  occasioni   sarebbe   stata   confermata   la
legittimita' costituzionale di tale criterio  preferenziale,  purche'
non si riveli  «arbitrario  o  irragionevole»  (la  difesa  cita,  in
proposito, le pronunce n. 268 del 2001 e  n.  466  del  1997).  Sulla
base, dunque, degli argomenti gia' spesi dalla  sentenza  n.  40  del
1957,  viene   sostenuta   la   ragionevolezza   della   regola   del
maggiorascato, essendo «nella normalita' dei casi il  primogenito  il
piu' maturo dei figli, idoneo a proseguire l'attivita' aziendale». 
    6.- Con atto depositato il 14 luglio 2020  si  e'  costituito  in
giudizio anche G. L. B., resistente nel giudizio principale, il quale
ha concluso per l'ammissibilita'  e  la  fondatezza  di  entrambe  le
questioni, nei termini esposti dal giudice rimettente. 
    Con specifico riferimento all'art.  18,  secondo  comma,  del  d.
Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, si sottolinea che  la  regola  del
maggiorascato, in linea con  quanto  evidenziato  dalla  sentenza  di
questa Corte n. 193 del  2017,  deve  essere  giudicata  secondo  una
prospettiva attenta alla  evoluzione  economico-sociale  e  a  quella
normativa  del  maso  chiuso;  di  conseguenza,  l'automatismo  della
maggiore eta' si porrebbe in contrasto con i  principi  ispiratori  e
fondamentali  di  tale  istituto,  il  che  andrebbe  a  riverberarsi
sull'irragionevolezza,  ai  sensi  dell'art.  3  Cost.,  della  norma
censurata indicata. 
    7.- Il 21 dicembre 2020 la difesa di F. J. B. ha  depositato  una
memoria in cui ribadisce alcune delle  argomentazioni  gia'  spese  a
favore   dell'infondatezza   della    questione    di    legittimita'
costituzionale del censurato art. 18, secondo comma. In  particolare,
insiste  sulla  ragionevolezza  del  criterio  preferenziale   basato
sull'eta' e comunque  sostiene  che  l'esame  di  legittimita'  debba
essere  condotto  in  un'ottica   storica,   «riferita   al   momento
dell'apertura della successione (1967)»; questo  perche'  l'assuntore
del maso chiuso e' considerato diretto ed immediato successore del de
cuius, percio' e' come se fosse diventato assuntore  gia'  nel  1967,
quando - a dire di tale difesa - il criterio  del  maggiorascato  non
era   superato,   ne'   era   stato   dichiarato   costituzionalmente
illegittimo. 
    8.- Il 23 dicembre 2020 la difesa  di  G.  L.  B.  ha  depositato
memoria  illustrativa  in  replica  alle  eccezioni  di  irrilevanza,
riferite alla questione di legittimita' costituzionale dell'art.  18,
secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8  del  1962,  adducendo
che tutti gli argomenti enunciati atterrebbero a questioni di merito,
di   spettanza   del   giudice   civile    ed    estranei    rispetto
all'ammissibilita' del giudizio di costituzionalita'. In sintesi, con
specifico riferimento all'art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962, si deduce che la norma riguarda chi sia proprietario al momento
della devoluzione e che, in ogni caso, essa contempla un  impedimento
superabile, ove solo il titolare del diritto di assunzione,  che  sia
gia' proprietario di altro maso, sia disponibile a cederlo al  prezzo
di cui all'art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8  del
1962, per preservare il diritto che gli spetta iure successionis. Una
simile disponibilita' sarebbe stata sempre manifestata dal resistente
con riguardo al maso «S.», onde poter conseguire  la  proprieta'  del
maso «L.». 
    Quanto al riferimento all'art. 14, comma  1,  lettera  g),  della
legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, parimenti invocato per  escludere
la rilevanza della questione di legittimita'  dell'art.  18,  secondo
comma del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, la difesa di G. L. B.
precisa che l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale
di   quest'ultima   disposizione   potrebbe   estendersi,   in    via
conseguenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), anche all'art. 14, comma 1, lettera g), della  legge
prov. Bolzano n. 17  del  2001,  rimasto  in  vigore  sino  alla  sua
abrogazione da parte della legge prov. Bolzano n. 2 del 2010. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Bolzano dubita  della  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3,  primo  comma,   della
Costituzione, dell'art. 18, secondo comma, del decreto del Presidente
della Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962, n.  8  (Approvazione  del
testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento dei masi  chiusi
nella Provincia di Bolzano), nella parte in cui prevede  che,  tra  i
chiamati alla successione  nello  stesso  grado,  la  preferenza  per
l'assunzione di un maso chiuso spetti al piu' anziano.  Il  Tribunale
sospetta,  inoltre,  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  25,
primo comma, del d. Pres. prov.  Bolzano  n.  8  del  1962,  sia  per
contrasto con l'art. 3 Cost., perche' porrebbe un criterio di calcolo
del  prezzo  di  assunzione  che  «irragionevolmente   conduce   alla
determinazione di un importo  esiguo  e  del  tutto  disancorato  dal
valore  di   mercato   del   bene»,   configurando,   altresi',   una
irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto   a   situazioni
analoghe regolate dalla successiva legge della Provincia autonoma  di
Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 (Legge sui masi  chiusi),  sostituiva
del Testo unico censurato; sia per contrasto con l'art. 42 Cost.,  in
quanto «il criterio comporterebbe un rilevantissimo sacrificio  delle
legittime ragioni degli eredi ab intestato non assuntori del maso». 
    1.2.- Si sono costituiti in giudizio il  primogenito  F.  J.  B.,
ricorrente nel procedimento principale, e il fratello minore,  G.  L.
B., resistente nello stesso giudizio. Il Presidente  della  Provincia
autonoma di Bolzano non e' intervenuto. 
    Il fratello minore insiste per la dichiarazione di fondatezza  di
ambo le questioni. Il primogenito, viceversa, solleva  due  eccezioni
di inammissibilita' per irrilevanza della questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  18,  secondo  comma,  del  d.  Pres.  prov.
Bolzano n. 8 del 1962 e, in  subordine,  insiste  per  l'infondatezza
della questione sollevata in relazione alla medesima disposizione. 
    2.-  Sotto  il  profilo  della  rilevanza  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale, in  ragione  della  disciplina  operante
ratione temporis, il Tribunale rimettente espone di  dover  applicare
il  d.  Pres.  prov.  Bolzano  n.  8  del  1962,  in  quanto  diritto
sostanziale vigente al momento dell'apertura della successione. 
    2.1.- Il riferimento a tale momento  per  individuare,  ai  sensi
degli artt. 10 e 11 delle Preleggi, la disciplina chiamata a regolare
l'assunzione, a seguito di successione  legittima,  viene  suffragato
dalla sentenza n. 193 del 2017 di questa  Corte  e  trova,  altresi',
conforto negli artt. 21 e 23, comma 2, lettera  j),  del  regolamento
(UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio
2012,  relativo  alla  competenza,   alla   legge   applicabile,   al
riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e all'accettazione  e
all'esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni  e  alla
creazione di un certificato successorio  europeo:  tali  disposizioni
individuano  il  locus  della  legge   applicabile   alle   divisioni
ereditarie  in  quello  dell'apertura  della  successione,   sicche',
indirettamente,   forniscono   una   possibile   indicazione    anche
relativamente al tempus. 
    Del resto, la stessa giurisprudenza di legittimita' e la dottrina
prevalente hanno sinora  condiviso  che,  per  individuare  la  legge
applicabile ratione temporis alla divisione ereditaria, e di riflesso
all'assunzione, occorra fare riferimento a quella vigente al  momento
dell'apertura della  successione  (ex multis,  Corte  di  cassazione,
sezione terza civile,  sentenza  25  marzo  2016,  n.  5950;  sezione
seconda civile, sentenza 31 maggio 2012,  n.  8746;  sezione  seconda
civile, sentenza 23 settembre 2011, n. 19498; sezione seconda civile,
sentenza 15 febbraio 2010, n. 3469). 
    Vero e' che  un  recente  orientamento  nomofilattico  (Corte  di
cassazione, sezioni unite, sentenza 7  ottobre  2019,  n.  25021)  ha
decretato la natura  costitutiva,  e  non  piu'  dichiarativa,  della
divisione ereditaria;  tuttavia,  gli  eventuali  riverberi  di  tale
mutamento  sulla  identificazione  della  legge  applicabile  ratione
temporis alla divisione, e di riflesso all'assunzione, sono meramente
ipotetici e tali da non inficiare, nel presente,  il  giudizio  sulla
rilevanza che, in ragione delle  plurime  argomentazioni  richiamate,
supera certamente il vaglio  di  non  implausibilita'  richiesto  per
accedere al processo costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 267, n.
224 e n. 32 del 2020, n. 85 del 2017 e n. 228 del 2016). 
    3.- Le  questioni  sollevate  vanno  esaminate  affrontando,  per
prima, quella relativa all'art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962, in riferimento alla quale  il  ricorrente  nel
giudizio principale ha posto due eccezioni  di  inammissibilita'  per
irrilevanza. 
    In primo luogo, si osserva che il vuoto normativo, conseguente ad
un'eventuale pronuncia di fondatezza della questione, dovrebbe essere
colmato con l'art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8  del  1962;  in
secondo luogo, si obietta che, anche applicando l'art. 14 della legge
prov. Bolzano n. 17 del 2001, il diritto di assunzione spetterebbe in
ogni caso al fratello maggiore. 
    3.1.- L'art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962  prevede
che «[s]e l'erede chiamato ad  assumere  il  maso  al  momento  della
devoluzione dell'eredita' e' gia' proprietario di un maso chiuso,  il
diritto di preferenza passa agli altri  coeredi,  ed  il  maso  viene
assegnato a quello degli eredi che lo segue nel  rango  previsto  dal
presente testo unico, a meno che il  primo  chiamato  non  preferisca
cedergli il proprio maso  al  prezzo  da  stabilirsi  in  conformita'
all'art. 25». 
    A parere del ricorrente nel giudizio  a  quo,  sarebbe  possibile
un'interpretazione estensiva o per lo  meno  analogica  dell'art.  19
nonche' del principio fondamentale secondo il quale  un  maso  chiuso
deve garantire un reddito medio annuo «sufficiente  per  un  adeguato
mantenimento di almeno 5 persone, senza superare il  triplo  di  tale
reddito» (art. 2 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962);  da  cio'
si inferisce che il fratello gia' proprietario di un altro  maso  non
potrebbe essere assuntore del maso «L.». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Fermo restando - come gia' sopra ribadito - che il  vaglio  sulla
rilevanza  della  questione  di  legittimita'   costituzionale   deve
limitarsi ad un  controllo  esterno  sulla  motivazione  offerta  dal
giudice a quo, in ogni caso, deve sottolinearsi che l'art. 19 del  d.
Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 considera, come momento  nel  quale
verificare se l'erede chiamato all'assunzione sia  gia'  proprietario
di un altro maso, quello della «devoluzione  dell'eredita'»,  momento
in cui il figlio minore non vantava  la  proprieta'  su  alcun  maso,
sicche' l'indicato art. 19 appare una norma inconferente. 
    D'altro  canto,  neppure  una   sua   interpretazione   analogica
renderebbe priva di rilevanza la questione di legittimita'  dell'art.
18, secondo comma,  del  d.  Pres.  prov.  Bolzano  n.  8  del  1962.
Quest'ultima disposizione, nell'individuare il titolare  del  diritto
all'assunzione, costituisce un antecedente logico dell'art. 19 del d.
Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, che non puo' operare se prima  non
si definisce a chi spetti il diritto: dunque, non puo'  inficiare  la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale della norma,
che e' il suo presupposto. 
    Da ultimo - come rileva la difesa del resistente nel giudizio  di
merito - non puo' tacersi che l'art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n.
8 del 1962 non configura un impedimento insuperabile al  mantenimento
del diritto di assunzione, in quanto  consente  al  suo  titolare  di
preservarlo, offrendo di cedere il maso, di cui era  proprietario  al
momento della devoluzione, al prezzo di cui all'art. 25 del d.  Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962. E, a tal riguardo,  sia  l'ordinanza  di
rimessione sia l'atto di costituzione di  G.  L.  B.  riferiscono  la
disponibilita', piu' volte manifestata da quest'ultimo, a  trasferire
la proprieta' del maso «S.» in favore del  fratello  F.  J.  B.,  ove
quest'ultimo si rendesse disponibile a riconoscergli  il  diritto  di
assunzione del maso «L.». 
    3.2.-  Con  la  seconda   eccezione   di   inammissibilita'   per
irrilevanza, il ricorrente nel giudizio  a  quo  ritiene  che,  anche
applicando la successiva legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 sui  masi
chiusi, e in particolare l'art. 14, il  giudice  dovrebbe,  comunque,
riconoscere il diritto di assunzione in capo al primogenito. 
    Infatti, il fratello minore  non  potrebbe  avvantaggiarsi  della
disciplina di cui all'indicato  art.  14,  comma  2,  potendo  invece
operare il comma 1 e, nello specifico, la lettera g),  che,  sino  al
2010, ha continuato a riferirsi alla regola del maggiorascato. 
    In ogni  caso  -  conclude  la  difesa  -  anche  ipotizzando  di
applicare il comma 2  dell'art  14,  il  fratello  maggiore  dovrebbe
essere considerato il piu' idoneo. 
    Anche questa eccezione non e' fondata. 
    Il requisito necessario per l'ammissibilita' dello  scrutinio  di
legittimita' costituzionale di  una  legge  e'  da  ravvisarsi  nella
circostanza che la norma, di cui si dubita, si ponga come  necessaria
ai  fini  della  definizione  del  giudizio,  mentre  deve  ritenersi
«totalmente  ininfluente  sull'ammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale il "senso" degli  ipotetici  effetti  che
potrebbero derivare per le parti in  causa  da  una  pronuncia  sulla
costituzionalita'  della  legge»  (sentenza  n.  98  del   1997;   e,
analogamente: sentenza n. 241 del 2008 e ordinanza n. 53  del  2010).
Compete, dunque, al  Tribunale  rimettente  valutare  le  conseguenze
applicative che potrebbero discendere da una eventuale  pronuncia  di
accoglimento. 
    La circostanza poi che anche la successiva legge prov. Bolzano n.
17 del 2001 abbia confermato la regola  del  maggiorascato,  abrogata
solo nel 2010 con la legge della Provincia  autonoma  di  Bolzano  22
gennaio 2010, n. 2 (Norme in  materia  di  agricoltura,  usi  civici,
utilizzazione delle acque pubbliche, energia,  urbanistica  e  tutela
dell'ambiente),  non  depone  nel  senso  della   irrilevanza   della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, secondo comma,
del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, ma  al  piu'  evidenzia  un
problema di eventuale declaratoria in via  conseguenziale,  ai  sensi
dell'art.  27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte   costituzionale),
dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1, lettera g),
della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001. 
    Per il resto, a  questa  Corte  compete  un  controllo  meramente
esterno, di non implausibilita', sulla rilevanza della  questione  di
legittimita'   costituzionale;   controllo   positivamente   superato
rispetto all'individuazione di G. L. B. come possibile assuntore,  in
base al criterio  di  maggiore  idoneita'  alla  gestione  del  maso,
ritenuto  applicabile  dal  giudice  a  quo  in  considerazione   dei
caratteri di tale istituto. 
    4.- Si puo' quindi procedere  all'esame  di  merito  della  prima
delle questioni sollevate. Occorre,  in  particolare,  verificare  se
l'art 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962 sia
in contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost.,  perche',  in  via  di
automatismo  e  senza  alcuna  razionale   giustificazione,   accorda
preferenza al coerede piu' anziano. 
    4.1.- La questione e' fondata. 
    Questa Corte ben rammenta che, con sentenza n. 40  del  1957,  in
relazione a questioni sostanzialmente analoghe, aventi ad oggetto gli
allora vigenti artt. 16 e 18 della legge della Provincia autonoma  di
Bolzano 29 marzo 1954,  n.  1  (Ordinamento  dei  masi  chiusi  nella
Provincia di  Bolzano),  aveva  giustificato  la  preferenza  per  il
primogenito maschio «sulla base di una presunzione tratta da un fatto
normale se non costante»: che il coerede piu' anziano, avendo vissuto
piu' a lungo accanto al de cuius,  titolare  dell'azienda,  «puo'  di
questa  conoscere  meglio  di  altri  il  piu'  efficace  sistema  di
conduzione e puo' avere un maggiore attaccamento al fondo avito». 
    Sennonche' tale orientamento, alquanto risalente, non puo' essere
confermato ed e' stato, invero, gia' superato dalla sentenza  n.  193
del 2017, relativamente  alla  prevalenza  della  linea  maschile  su
quella femminile. 
    La tutela accordata all'istituto del maso chiuso non  giustifica,
infatti, qualsiasi deroga ai principi dell'ordinamento,  ma  soltanto
quelle che siano funzionali alla conservazione  dell'istituto,  nelle
sue essenziali finalita' e specificita',  e  che  non  comportino  la
lesione  di  principi  fondamentali  dell'ordinamento  costituzionale
(sentenze n. 193 del 2017, n. 173 del 2010, n. 340 del 1996, n. 40  e
n. 5 del 1957). 
    4.2.- Nella prima prospettiva, se  e'  vero  che  la  regola  del
maggiorascato, in base alla normativa del 1962, detta una  disciplina
di chiusura,  finalizzata  a  garantire  l'individuazione  dell'unico
assuntore del  maso  chiuso,  a  seguito  di  successione  legittima,
d'altro canto, essa non configura  una  previsione  intangibile,  che
possa  essere  modificata  soltanto  mediante   un   intervento   del
legislatore.    L'eventuale    declaratoria     di     illegittimita'
costituzionale di tale regola  determinerebbe,  infatti,  una  lacuna
suscettibile di essere agevolmente colmata, attraverso la  trama  del
sistema positivo, con un diverso criterio di assunzione, coerente sia
con i profili attualmente distintivi dell'istituto del maso sia con i
principi costituzionali. 
    Si tratta - secondo lo stesso  giudice  rimettente  -  di  quanto
dispone l'art. 14, comma 2, della vigente legge prov. Bolzano  n.  17
del 2001, secondo il quale «[n]el caso in cui vi siano  piu'  coeredi
aventi gli stessi diritti  di  preferenza  [...]  quale  assuntore  o
assuntrice viene scelta, sentiti i e  le  coeredi  e  la  commissione
locale per i masi chiusi, la persona  che  dimostra  di  possedere  i
migliori requisiti per la conduzione personale del maso chiuso». 
    Tale norma, che opera  come  criterio  di  chiusura  dell'attuale
disciplina sul maso chiuso, a presidio  dell'indivisibilita',  mostra
il respiro di una previsione generale e flessibile, fedele ai moderni
tratti distintivi dell'istituto, conforme ai principi  costituzionali
fondamentali e in sintonia  con  le  stesse  regole  dell'ordinamento
civile. 
    4.3.- Sulla base di questa premessa si puo', dunque, procedere  a
verificare se l'art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n.
8 del 1962 superi il vaglio di conformita' al  principio  di  cui  al
primo comma dell'art. 3 Cost. 
    Obietta, in proposito, il ricorrente nel giudizio a  quo  che  la
richiamata previsione costituzionale non fa  menzione  del  parametro
dell'eta'. Sennonche' e' un dato acquisito nell'interpretazione della
norma costituzionale che l'elenco di cui  all'art.  3,  primo  comma,
Cost. non debba ritenersi tassativo, esprimendo piuttosto il generale
divieto di arbitrarie discriminazioni; se ne trae ulteriore  conferma
dal coordinamento ermeneutico con l'art. 21 della Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata  a  Nizza  il  7
dicembre 2000 e adattata  a  Strasburgo  il  12  dicembre  2007,  che
espressamente  vieta,  al  paragrafo  n.  1,   qualsiasi   forma   di
discriminazione fondata, tra l'altro, sull'eta'. 
    Di conseguenza,  l'automatica  differenziazione  sulla  base  del
criterio dell'eta' in tanto puo' risultare ragionevole, e per  questo
non  discriminatoria,  in  quanto  evidenzi  una  giustificazione   e
risulti,  nello  specifico,  coerente  con   le   finalita'   proprie
dell'istituto  regolato,   quale   viene   plasmato   dall'evoluzione
economico-sociale. 
    In tale prospettiva, e con specifico riferimento all'istituto del
maso chiuso, l'indicata sentenza n. 193 del 2017 spiega,  in  maniera
nitida, che l'evoluzione  economico-sociale  puo'  condurre  «ad  una
diversa valutazione  di  compatibilita'  [delle  sue  regole]  con  i
parametri costituzionali. Proprio  la  persistenza  dell'istituto  ne
comporta una evoluzione, nel cui ambito alcuni rami possono  divenire
[...] incompatibili con l'ordinamento nazionale». 
    Ne' certo convince il diverso avviso - suggerito dalla memoria di
F. J. B. - secondo cui il  giudizio  di  legittimita'  costituzionale
dovrebbe  svolgersi  in  un'ottica  storica   riferita   al   momento
dell'apertura della successione. Da un lato,  infatti,  i  meccanismi
costitutivi dell'assunzione  e  della  divisione  si  realizzano  nel
presente ed e'  solo  una  fictio  iuris  la  retroattivita'  dettata
dall'art. 757 cod. civ.; da un altro  lato,  e  soprattutto,  e'  nel
presente che si svolge il suddetto giudizio che  non  puo'  tollerare
una differenziazione, ove questa  nell'attualita'  dovesse  palesarsi
come discriminatoria. 
    4.4.- Cio' premesso, l'evoluzione economico-sociale dell'istituto
del maso chiuso consente  di  ritenere  superata  la  presunzione  di
coerenza, costruita dalla sentenza n. 40 del 1957 sulla base  dell'id
quod  plerumque  accidit,  tra  la  regola  del  maggiorascato  e  le
finalita' che, nella contemporaneita', connotano l'istituto del maso. 
    L'idea, espressa da quella pronuncia, che sia un  «fatto  normale
se non costante [che] colui che, essendo piu' a lungo vissuto accanto
al titolare dell'azienda agricola, [possa] di questa conoscere meglio
di altri il piu' efficace sistema di conduzione e  [possa]  avere  un
maggiore  attaccamento  al  fondo  avito»,  seppure  sostenibile   in
un'epoca caratterizzata dal normale perpetuarsi del  mestiere  fra  i
componenti  della  famiglia,  e  in  specie   dagli   ascendenti   ai
discendenti,  non  puo'  certamente  essere  riproposta  nell'attuale
contesto economico-sociale. 
    Non e',  dunque,  dirimente  l'eta'  dei  coeredi  rispetto  agli
obiettivi del maso, mentre quel che conta e' il tempo  effettivo  che
un soggetto abbia  ivi  trascorso  e  quanto  si  sia  dedicato  alle
attivita' dell'azienda e alla specializzazione nella sua  conduzione.
Peraltro, la stessa fattispecie oggetto  del  giudizio  a  quo,  come
ricavabile dalla lettura dell'ordinanza di rimessione,  smentisce  la
ragionevolezza della presunzione, la' dove il primogenito  aveva  per
lo piu' lavorato altrove, mentre il minore si  era  dedicato  in  via
esclusiva  alla  coltivazione  e  alla  gestione  del  maso   chiuso,
apparendo percio' al giudice rimettente il piu' idoneo  ad  acquisire
il diritto all'assunzione. 
    D'altro  canto,  l'avvento  delle  tecnologie   nei   metodi   di
produzione agricola e il diffondersi  dell'esercizio  contestuale  di
attivita'  connesse  a  quella   agricola   rendono   essenziale   la
preparazione  tecnico-specialistica  nella  gestione,  mentre   fanno
apparire superata la trasmissione - peraltro meramente ipotetica - di
competenze da una generazione all'altra. 
    Se  e'  vero,  dunque,  che  sono   le   regole   di   esperienza
generalizzate  (riassunte  nella  formula  dell'id   quod   plerumque
accidit: ex multis, sentenze n. 185 e n. 48 del 2015) a supportare il
vaglio di ragionevolezza di una presunzione, l'irragionevolezza della
regola del maggiorascato e' comprovata dal  carattere  "agevole"  con
cui e' dato formulare la "normalita'" di accadimenti  reali  contrari
alla generalizzazione posta alla base di tale presunzione. 
    4.5.-  Non  e'  un   caso,   del   resto.   che,   nell'adeguarsi
all'evoluzione economico-sociale, lo sviluppo normativo dell'istituto
del maso chiuso abbia tradotto le finalita' che esso persegue,  nella
sua moderna configurazione, in criteri preferenziali di  attribuzione
del diritto di assunzione incentrati sull'effettivo  attaccamento  al
maso e  sulla  competenza  professionale  nella  gestione  aziendale.
L'art. 14  della  legge  prov.  Bolzano  n.  17  del  2001,  oltre  a
considerare  nel  comma  1,  quali  criteri  preferenziali,  l'essere
cresciuto  nel  maso,  l'aver  partecipato  abitualmente   alla   sua
conduzione e alla sua coltivazione  e  l'essere  in  possesso  di  un
diploma ad indirizzo agrario o di economia domestica, ha  soprattutto
contemplato, nel comma 2, quale  clausola  di  chiusura  della  nuova
disciplina, l'accertamento  che  il  diritto  venga  attribuito  alla
«persona che dimostr[i] di possedere  i  migliori  requisiti  per  la
conduzione personale del maso chiuso». 
    In questa prospettiva, e' quanto mai emblematico  constatare  che
l'evoluzione della disciplina sul maso chiuso abbia condotto nel 2010
all'abrogazione proprio  della  regola  del  maggiorascato,  che  era
rimasta  nel  2001,  quale  mero  criterio  preferenziale  residuale,
antecedente alla sola clausola di chiusura. 
    4.6.- L'evoluzione  economico-sociale  nonche'  quella  normativa
dell'istituto del maso chiuso, appena  descritte,  palesano,  dunque,
l'irragionevolezza della presunzione di  idoneita'  sottesa  all'art.
18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962,  e  tale
essa rimane,  ove  pure  si  proietti  la  disposizione  in  un  piu'
complesso quadro normativo, comprensivo dell'art. 18/a  dello  stesso
decreto, secondo il  quale  «sono  normalmente  escluse  dal  diritto
all'assunzione del maso per successione legittima  le  persone  [....
che] non siano idonee o qualificate a condurre personalmente il  maso
o non abbiano risieduto abitualmente sullo stesso». 
    Simile previsione, se in parte tempera la rigidita' degli effetti
del censurato art. 18, secondo comma,  certo  non  ha  il  potere  di
conferire ragionevolezza  al  criterio  legale  di  attribuzione  del
diritto sulla base dell'eta'. 
    La possibilita', infatti, di  escludere  chi  sia  inidoneo  alla
conduzione del  maso  o  non  vi  abbia  abitualmente  risieduto  non
consente   in   alcun   modo   di   giustificare    il    privilegio,
irragionevolmente associato al fattore  dell'eta',  nell'attribuzione
del diritto  di  assunzione:  simile  correttivo  non  apporta  alcun
rimedio al rischio che il maso venga assegnato  al  soggetto  con  un
minor attaccamento al fondo e meno idoneo a gestirlo e a garantire il
mantenimento dell'unita' economica agricola. Altro  e'  giudicare  la
fattispecie attributiva  di  un  diritto,  nella  quale  il  criterio
dell'eta' opera come automatismo, altro e' considerare le fattispecie
a  posteriori  correttive,  che  non  si  applicano  (e  dunque   non
correggono)  se  non  si  verificano  le  ipotesi  limite   in   esse
contemplate.  Fuori  da  tali   previsioni   estreme,   l'automatismo
irrimediabilmente si produce, insieme con il conseguente  rischio  di
assegnare il fondo al soggetto meno idoneo a gestirlo  rispetto  agli
altri coeredi. 
    Tale vizio non  pregiudica  soltanto  l'interesse  della  persona
discriminata, ma lo stesso istituto del maso  e,  dunque,  la  tutela
oggettiva  della  res  frugifera,  di  cui  tradisce  le   finalita':
l'efficienza   dell'azienda,   che   e'   garanzia    della    stessa
indivisibilita', e la connessione con la compagine familiare che, nei
passaggi in via successoria, non puo'  tollerare  discriminazioni  da
tempo superate nell'ambito dell'istituto giusfamiliare.  Sovviene,  a
riguardo, il rilievo della sentenza n. 193 del 2017, secondo la quale
la correlazione fra  la  regola  del  maggiorascato  e  «[l]'esigenza
obiettiva di mantenere indiviso il fondo [non e' che  il  frutto  di]
una ormai superata concezione patriarcale della famiglia come entita'
bisognosa della formale investitura di un capo del  gruppo  parentale
(in tal senso, sentenza  n.  505  del  1988).  La  desuetudine  della
visione patriarcale della famiglia e del principio del  maggiorascato
[...] hanno [viceversa] profondamente mutato sia il contesto  sociale
che quello giuridico di riferimento». 
    4.7.- Per le ragioni sopra esposte l'art. 18, secondo comma,  del
d. Pres. prov. Bolzano  n.  8  del  1962  si  pone  in  irrimediabile
contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost. 
    A presidio della indivisibilita' dell'istituto in  questione,  la
regola della preferenza  per  il  maggiore  d'eta'  viene  ad  essere
sostituita con quella secondo cui,  fra  piu'  coeredi  dello  stesso
grado, «quale assuntore o assuntrice viene scelta,  sentiti  i  e  le
coeredi e la commissione locale per i masi  chiusi,  la  persona  che
dimostra  di  possedere  i  migliori  requisiti  per  la   conduzione
personale del maso chiuso» (art. 14, comma 2, legge prov. Bolzano  n.
17 del 2001). 
    Tale   criterio,   infatti,   nel   contesto   attuale,    appare
perfettamente idoneo a chiudere  la  disciplina  con  una  previsione
flessibile e di  respiro  generale,  che  si  inserisce  nel  tessuto
normativo  coerentemente  con  i  principi  costituzionali,  con   le
peculiarita' dell'istituto del maso chiuso e con i principi  generali
dell'ordinamento giuridico in materia di successione legittima  e  di
divisione ereditaria (si vedano, in proposito, le sentenze: Corte  di
cassazione, sezione seconda civile, sentenza  3  settembre  2019,  n.
22038; sezione seconda civile, sentenza 22  agosto  2018,  n.  20961;
sezione seconda civile, sentenza 5 novembre 2015, n. 22663). 
    4.8.-   L'acclarata    irragionevolezza    della    regola    del
maggiorascato,  quale  criterio  per  la  determinazione  in  via  di
automatismo del diritto di assunzione, comporta, ai  sensi  dell'art.
27 della legge n. 87 del 1953, l'illegittimita' costituzionale in via
conseguenziale dell'art. 14, comma 1, lettera g), della  legge  prov.
Bolzano n. 17 del 2001, operante sino  all'entrata  in  vigore  della
legge prov.  Bolzano  n.  2  del  2010,  in  quanto  disposizione  di
contenuto identico rispetto a quello della norma censurata  (sentenze
n.  229  del  2019  e  n.  149  del  2018).   La   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale dell'art.  14,  comma  1,  lettera  g),
della legge prov. Bolzano n. 17 del  2001  non  necessita  di  alcuna
sostituzione, in quanto il contenuto del precetto sostitutivo e' gia'
presente nel comma 2 del medesimo art. 14 della legge  prov.  Bolzano
n. 17 del 2001. 
    5.-   Passando   alla   seconda   questione    di    legittimita'
costituzionale, occorre verificare se l'art. 25, primo comma, del  d.
Pres.  prov.  Bolzano  n.  8  del  1962,  che  regola  i  criteri  di
determinazione del prezzo di assunzione, violi gli artt. 3 e 42 Cost. 
    In particolare, si deve accertare se la norma censurata contrasti
con l'art. 3 Cost., perche' irragionevolmente  pone  un  criterio  di
calcolo del prezzo di assunzione che conduce alla  determinazione  di
un importo esiguo e comunque del  tutto  disancorato  dal  valore  di
mercato del bene; se - sotto  un  diverso  profilo  -  l'applicazione
dell'indicato  art.  25,  primo  comma,  determini   un   trattamento
irragionevolmente deteriore in capo ai coeredi non assuntori del maso
rispetto a casi analoghi in cui la fattispecie dell'assunzione di  un
maso chiuso e' regolata  dalla  disciplina  attualmente  vigente;  e,
infine, se il medesimo art. 25,  primo  comma,  sia  altresi'  lesivo
dell'art.  42  Cost.,  perche'   come   sostenuto   dal   rimettente,
l'applicazione del criterio ivi previsto per  la  determinazione  del
prezzo di  assunzione  «comporta  una  rilevantissima  compromissione
delle ragioni ereditarie degli eredi ab intestato non  assuntori  del
maso». 
    6.- La questione e' inammissibile  per  incompleta  ricostruzione
del  quadro  normativo  che  si  riverbera  sia  sul  profilo   della
rilevanza, sia su quello della non manifesta infondatezza. 
    6.1.- Innanzitutto, l'ordinanza di  rimessione  non  opera  alcun
cenno all'art. 50, comma 01, della legge  prov.  Bolzano  n.  17  del
2001, rubricato «Norme transitorie», introdotto con  la  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 19 aprile 2018, n. 5  (Modifiche  della
legge  provinciale  sui  masi  chiusi  e  della   legge   urbanistica
provinciale), di oltre un anno antecedente rispetto all'ordinanza  di
rimessione. In tale disposizione si legge che  «[i]  criteri  per  la
determinazione del valore di assunzione di cui all'articolo 20, comma
2,  trovano  applicazione  dalla  data  di  entrata  in  vigore   del
regolamento in  tutti  i  casi  non  ancora  definiti  con  decisione
giudiziale passata in giudicato». 
    La  norma  transitoria   riflette   un'esigenza   propria   della
determinazione del valore di assunzione, che la accomuna  ad  analoga
istanza sottesa alla disciplina codicistica relativa  alla  stima  di
quanto rimane nella massa ereditaria dopo i  prelevamenti  (art.  726
cod. civ.) nonche' alla stima  dello  squilibrio  rilevante  ai  fini
della rescissione della divisione (art. 766 cod. civ.): la necessita'
del carattere attuale della stima, in sede sia di assunzione  sia  di
divisione, a fronte di comunioni ereditarie che spesso si protraggono
per decenni, dopo l'apertura della successione, come, per  l'appunto,
si e' verificato nella vicenda oggetto del giudizio a quo. 
    In tale prospettiva,  la  norma  transitoria  -  nel  contemplare
l'applicazione retroattiva dell'art. 20, comma 2, della  legge  prov.
Bolzano n. 17 del 2001, il quale parametra il valore di assunzione al
reddito medio netto annuo, riferito non solo all'attivita'  agricola,
ma anche alle attivita' connesse di cui al terzo comma dell'art. 2135
cod.  civ.  -  ha  inteso  garantire  la  congruita'  del  valore  di
assunzione,  assicurando  l'attualita'  degli  stessi  parametri   di
determinazione del valore e  la  rivalutazione  di  quest'ultimo.  Il
prezzo di assunzione, infatti, per un verso, non deve  eguagliare  il
valore di mercato,  bensi'  deve  essere  coerente  con  la  funzione
dell'istituto del maso, il cui assuntore e'  destinato  a  mantenersi
con il solo reddito prodotto dall'azienda. Ma, per  un  altro  verso,
deve essere stimato in maniera attuale e  corrispondente  al  reddito
che nel presente puo' produrre il maso, se vuole rimanere fedele alla
sua stessa funzione,  che  al  contempo  giustifica  la  compressione
dell'interesse dei coeredi non assuntori. 
    Or  dunque,  se  quella  richiamata  e'  la  ratio  della   norma
transitoria,  non  supera  il  vaglio  di  non   implausibilita'   la
valutazione del giudice rimettente, che ha  omesso  di  evocare  tale
disposizione  e,  comunque,   non   ha   considerato   la   possibile
applicazione dell'art. 20, comma 2, della legge prov. Bolzano  n.  17
del 2001. Ne' si comprende perche' non abbia argomentato in merito  a
eventuali ragioni ostative alla  disciplina  transitoria,  quale  per
ipotesi la mancata emanazione del regolamento, cui fa riferimento  in
maniera generica l'art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17
del 2001, implicitamente richiamando  il  regolamento  di  esecuzione
menzionato nell'ultima parte dell'art. 20, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001 (e altresi' citato dall'art. 49, che  immagina
un unitario regolamento di esecuzione comprensivo tanto  dei  criteri
per la stima del valore di assunzione ai sensi dell'art. 20, comma 2,
quanto dei titoli di studio e dei diplomi menzionati dagli  artt.  2,
comma 3, lettera a, e 14, comma  1,  lettera  c,  della  legge  prov.
Bolzano n. 17 del 2001). 
    In particolare, ove si consideri che l'art. 20,  comma  2,  della
legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 trova regolare  applicazione,  pur
in mancanza dell'emanazione del regolamento  di  esecuzione,  cui  si
riferiscono tanto l'art. 20, comma 2, quanto, per relationem,  l'art.
50,   comma   01,   resta   incomprensibile    l'assoluto    silenzio
dell'ordinanza di rimessione. E questo  tanto  piu'  stride,  ove  si
consideri che lo stesso giudice rimettente ha chiesto  al  consulente
tecnico d'ufficio di applicare al caso concreto proprio i criteri  di
cui all'art. 20, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17  del  2001,
ma solo al fine di comparare il relativo valore con quello che deriva
dall'applicazione dei criteri dettati nel 1962. 
    E', invero, di tutta evidenza che  l'art.  50,  comma  01,  della
legge prov. Bolzano n. 17 del 2001  si  sarebbe  potuto  prestare  in
primis ad una interpretazione di tipo logico,  speculare  rispetto  a
quella invalsa per l'art. 20, comma 2: se la mancata  emanazione  del
regolamento previsto da tale norma non e'  ostativa  all'applicazione
dell'art. 20, comma 2, essa avrebbe  potuto  ritenersi  non  ostativa
anche all'applicazione retroattiva della  medesima  norma,  ai  sensi
della disposizione transitoria. 
    Del resto, anche  a  ritenere  l'emanazione  del  regolamento  un
elemento impeditivo proprio della  retroattivita',  che  deroga  agli
artt. 10 e 11 delle  Preleggi,  il  suo  superamento  avrebbe  potuto
connotarsi quale interpretazione costituzionalmente orientata, se  e'
vero che la norma transitoria serve a  garantire  la  coerenza  della
disciplina sulla determinazione  del  prezzo  di  assunzione  con  la
funzione  del  maso  e,  nel  rispetto  di  tale  funzione,  la   sua
conformita' ai principi costituzionali. 
    Quanto sopra evidenziato palesa le plurime ragioni  per  ritenere
non giustificato il silenzio dell'ordinanza di rimessione  in  merito
all'art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001,  che
doveva  essere,  viceversa,  richiamato  ed  indagato  per  acclarare
l'effettiva rilevanza della questione di legittimita'  costituzionale
relativa all'art. 25, primo comma, del d. Pres. prov.  Bolzano  n.  8
del 1962. 
    6.2.- La ricostruzione del quadro normativo offerta dal giudice a
quo presenta un'ulteriore lacuna che incide sulla  valutazione  dello
scrutinio di non manifesta infondatezza. 
    Il rimettente, infatti, non ha considerato il secondo  comma  del
censurato art. 25, secondo il quale l'assuntore o uno  qualsiasi  dei
coeredi possono rifiutare la valutazione automatica effettuata  sulla
base della norma  oggetto  del  presente  giudizio  (il  primo  comma
dell'art. 25),  presentando  domanda  al  pretore  (oggi  al  giudice
monocratico), competente per  il  certificato  ereditario,  affinche'
determini il reddito presunto, dal quale  -  con  l'applicazione  del
tasso legale - ricavare il valore del bene. 
    Con tale istanza si apre una procedura non contenziosa, che  puo'
cessare in ogni momento se le parti raggiungono un accordo  tra  loro
(art. 25, settimo comma; art. 25, primo comma, e art. 33 del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962) e che si svolge altrimenti  in  sede  di
volontaria giurisdizione, con conseguente sospensione della causa per
la determinazione del prezzo di assunzione (art. 25/a  del  d.  Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962). 
    Tale procedura conduce ad una valutazione  del  valore  del  maso
riferita al reddito presunto e, dunque, incentrata su un criterio non
dissimile dall'attuale disciplina che si rivolge  al  "reddito  medio
netto annuo presunto". 
    La  normativa  del  1962  conosce,  allora,  un'alternativa   che
consente di sfuggire  ai  rigidi  criteri  dettati  dal  primo  comma
dell'art. 25. Pertanto, pur se dall'ordinanza di  rimessione  non  si
evince che tale opzione sia stata attivata dalle parti in  causa,  ad
ogni modo si tratta di un'azione  a  disposizione  dei  coeredi,  che
avrebbe dovuto essere scrutinata per una completa  ricostruzione  del
quadro normativo, al fine di motivare la non  manifesta  infondatezza
della  dedotta  questione  sulla  legittimita'  costituzionale  della
regola dettata per la determinazione del prezzo di assunzione. 
    In definitiva, il  giudice  rimettente,  non  tenendo  conto  del
secondo comma dell'art. 25 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8  del  1962
e,  soprattutto,  non  facendo   alcun   richiamo   alla   disciplina
transitoria dettata dall'art. 50, comma 01, della nuova  legge  prov.
Bolzano n. 17 del 2001, come novellato nel 2018, non  ha  ricostruito
in maniera completa il quadro  normativo  di  riferimento,  con  cio'
pregiudicando in radice l'iter logico che lo ha condotto  a  ritenere
la questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  25,  primo
comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del  1962  non  manifestamente
infondata e rilevante.