ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito del  decreto  del  Presidente  facente  funzioni  del
Tribunale ordinario di Taranto del  4  maggio  2020,  n.  36  (Misure
urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica  da  COVID-19)  e
del decreto del Presidente f.f. del Tribunale ordinario di Taranto  e
del magistrato collaboratore al coordinamento dei giudici di pace  di
Taranto del 13 maggio 2020, n. 38, promosso dal Giudice  di  pace  di
Taranto con ricorso depositato in cancelleria il 28  agosto  2020  ed
iscritto al n. 11 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2020,
fase di ammissibilita'. 
    Udita nella camera di consiglio del 27 gennaio  2021  la  Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    deliberato nella camera di consiglio del 28 gennaio 2021. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato in data 28 agosto  2020,  il
Giudice di pace di Taranto ha promosso conflitto di attribuzione  tra
poteri dello Stato nei confronti del Tribunale ordinario di  Taranto,
in persona del gia'  Presidente  facente  funzioni,  in  qualita'  di
organo amministrativo, e, ove occorra, in persona del  Presidente  in
carica,  per   sentir   dichiarare   «l'illegittima   usurpazione   e
menomazione dell'esercizio [delle] funzioni giurisdizionali del [...]
giudice di pace, e quindi, della giurisdizione del giudice  di  pace,
in  ragione  della  mancata  preventiva  informazione,  convocazione,
consultazione   e   partecipazione   all'organizzazione   giudiziaria
dell'Ufficio del Giudice di pace di Taranto»; 
    che il conflitto avrebbe tratto origine da due provvedimenti  del
Presidente del Tribunale di Taranto f.f.: il  decreto  del  4  maggio
2020,  n.   36   (Misure   urgenti   per   fronteggiare   l'emergenza
epidemiologica da  COVID-19),  emanato  ai  sensi  dell'art.  83  del
decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18  (Misure  di  potenziamento  del
Servizio sanitario nazionale e di sostegno  economico  per  famiglie,
lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020,
n. 27 e successive modifiche, che ha disposto  la  sospensione  delle
udienze penali, con conseguenti rinvii al 31 luglio 2020, e,  insieme
al magistrato collaboratore al coordinamento dei giudici di  pace  di
Taranto, il successivo decreto del 13 maggio  2020,  n.  38,  recante
diffida al Giudice di  pace  ricorrente  nel  presente  conflitto  di
attribuzione,     dall'adottare      provvedimenti      organizzativi
dell'attivita' giurisdizionale di sua competenza in violazione  delle
disposizioni adottate con il summenzionato decreto n. 36 del 2020; 
    che, ad avviso del ricorrente, il Presidente f.f.,  nel  disporre
la sospensione delle udienze penali, non avrebbe informato ne'  fatto
partecipare al procedimento amministrativo de quo i giudici  di  pace
della giurisdizione penale, a differenza  di  altre  magistrature,  e
avrebbe cosi' violato il  principio  di  leale  collaborazione  e  il
principio di buon andamento amministrativo, di cui all'art. 97  della
Costituzione; 
    che  il  ricorrente,  a  quanto  riferisce  l'atto  introduttivo,
avrebbe sospeso la  celebrazione  dei  processi  penali,  cosi'  come
disposto  dal  decreto  del  Presidente  del  Tribunale  f.f.,   «pur
contestando formalmente le violazioni  procedurali,  in  ordine  alla
mancata   informazione,   partecipazione   e   consultazione    della
giurisdizione   penale   proprio   in    ordine    all'Organizzazione
dell'Ufficio giudiziario de quo,  e,  quindi,  alla  regolamentazione
delle udienze penali,  nell'ambito  della  tutela  delle  prerogative
della  giurisdizione  stessa,  ed  in  ordine   anche   all'attivita'
giudiziaria in tema di immigrazione»; 
    che, cionondimeno, lo stesso Presidente del Tribunale f.f.  e  il
magistrato coordinatore dell'ufficio del Giudice di pace, con decreto
13 maggio 2020, n. 38, hanno diffidato  il  ricorrente  dall'adottare
provvedimenti   organizzativi   dell'attivita'   giurisdizionale    e
trasmesso, tra gli altri, l'atto al Presidente della Corte  d'appello
di Lecce, che ha successivamente avviato, ai sensi dell'art.  21  del
decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116  (Riforma  organica  della
magistratura onoraria e  altre  disposizioni  sui  giudici  di  pace,
nonche' disciplina transitoria  relativa  ai  magistrati  onorari  in
servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), il procedimento
per la revoca dalle  funzioni  del  ricorrente  di  cui  al  presente
conflitto; 
    che il ricorrente chiede «l'annullamento, previa sospensione, dei
[...] Decreti presidenziali n. 36 e n. 38 del 2020 ed eventuali  atti
conseguenziali»; 
    che,  secondo  il  ricorrente,  i   comportamenti   assunti   dal
Presidente del  Tribunale  f.f.  avrebbero  determinato  un'ingerenza
nelle sue «competenze [...] per quanto statuito dall'art. 470 e  seg.
c.p.p.» nonche' la violazione delle prerogative spettanti al  giudice
ai sensi degli artt. 25, 101, 104, 108 e 111 della Costituzione,  con
conseguente pregiudizio  per  l'indipendenza  della  magistratura  di
pace; 
    che tale menomazione della funzione giurisdizionale  del  giudice
di pace avrebbe, altresi',  comportato  riflessi  pregiudizievoli  in
termini sia sanitari, sia economici; 
    che,  sotto   il   primo   profilo,   si   adduce   la   «mancata
regolamentazione da parte del Presidente f.f. del  piano  di  rischio
sanitario previsto dalla legge n. 81 del Decreto legislativo 9 aprile
2008 [recte: decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81]»  (Attuazione
dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007,  n.  123,  in  materia  di
tutela  della  salute  e  della  sicurezza  nei  luoghi  di   lavoro)
relativamente alla situazione legata alla pandemia da  COVID-19,  con
ripercussioni sulla «tutela della salute del personale e degli stessi
giudici di pace, in violazione dell'art. 32 Cost.»; 
    che,  quanto  all'aspetto  economico,  il  decreto   recante   la
sospensione  delle  udienze  avrebbe  privato  il  giudice  di   pace
ricorrente della possibilita' di svolgere la sua attivita' lavorativa
«con  conseguente  privazione  della  giusta  retribuzione»   nonche'
lesione dell'art. 36 Cost.; 
    che  il  mancato  coinvolgimento  dei  giudici  di   pace   della
giurisdizione  penale  dell'ufficio   del   giudice   di   pace   nel
procedimento amministrativo de quo avrebbe integrato  una  violazione
della leale collaborazione e,  nello  specifico,  dell'art.  275  del
Codice  dell'organizzazione  degli  uffici   giudiziari,   la'   dove
stabilisce che «[i] magistrati  hanno  diritto  di  essere  coinvolti
nelle scelte  organizzative  dell'Ufficio  che  incidono  sulla  loro
attivita' lavorativa», nonche' dell'art. 15, commi 4 e 5, del decreto
del Ministro della giustizia 23 febbraio 2018 (Adozione del Codice di
comportamento dei dipendenti  del  Ministero  della  giustizia),  ove
affermano  che  «[i]l  dirigente   assume   atteggiamenti   leali   e
trasparenti e adotta un comportamento  esemplare  ed  imparziale  nei
rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari  dell'azione
amministrativa»  e  che  «il  dirigente   [...]   assume   iniziative
finalizzate alla circolazione  delle  informazioni».  Risulterebbero,
inoltre, violate le norme  della  delibera  del  Consiglio  superiore
della magistratura 26 marzo 2020 (Linee guida agli Uffici  Giudiziari
in ordine  all'emergenza  COVID-19  integralmente  sostitutive  delle
precedenti assunte), in cui, ad avviso del ricorrente, si  «evidenzia
la necessita' di far partecipare al citato procedimento i magistrati»
e quelle della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi), nella parte in cui prevedono  la  partecipazione  al
procedimento   amministrativo   del   soggetto    destinatario    del
provvedimento. 
    Considerato che  il  Giudice  di  pace  di  Taranto  ha  promosso
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  nei  confronti  del
gia'   Presidente   facente   funzioni,   in   qualita'   di   organo
amministrativo, e, ove occorra, in persona del Presidente  in  carica
del Tribunale ordinario di Taranto, in relazione  alla  decisione  di
quest'ultimo  di  disporre  la  sospensione  delle  udienze  a  causa
dell'emergenza  sanitaria,  adottata  senza  il  coinvolgimento   nel
procedimento amministrativo del giudice di  pace  ricorrente,  e  che
questi ha chiesto, altresi', l'annullamento del provvedimento che  ha
disposto tale sospensione cosi'  come  di  quello  con  il  quale  il
ricorrente e' stato diffidato all'adottare atti in contrasto  con  il
provvedimento di sospensione delle udienze; 
    che, nell'attuale fase del giudizio, questa Corte e'  chiamata  a
deliberare sulla sussistenza dei requisiti, soggettivi  e  oggettivi,
stabiliti dall'art. 37, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), vale a dire a decidere se il conflitto  insorga  tra
organi competenti a dichiarare definitivamente la volonta' del potere
cui appartengono e per la delimitazione della sfera  di  attribuzioni
determinata per i vari poteri da norme costituzionali; 
    che, quanto ai requisiti soggettivi,  il  ricorso  si  limita  ad
affermare che il «Giudice di pace fa  parte  della  giurisdizione  di
primo  grado  [...],  in  posizione  di  chiara  indipendenza»  e  ad
affermare che «il ricorso e' diretto  ad  impegnare  l'intero  Organo
giudiziario penale de quo, oltre a quello civile, cosi' come avvenuto
per il P.M. nella tutela dell'esercizio dell'azione  penale  ex  art.
112 Cost.»; 
    che questa Corte ha piu' volte affermato  che  i  singoli  organi
giurisdizionali sono legittimati ad essere  parte  nei  conflitti  di
attribuzione, in relazione al carattere diffuso che connota il potere
di  cui  sono  espressione,  e  alla  loro  competenza  a  dichiarare
definitivamente la volonta' del potere cui appartengono, ma che  tale
legittimazione sussiste «limitatamente  all'esercizio  dell'attivita'
giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale»  (ordinanze  n.
366 del 2008, n. 338 del 2007, n. 340 e n. 244 del 1999, e n. 87  del
1978); che questa Corte ha escluso l'ammissibilita' di conflitti  che
coinvolgano «organi appartenenti, entrambi,  al  potere  giudiziario»
(ordinanza n. 296 del 2013); che, nel ricorso in esame, il  conflitto
sorge dall'esercizio  di  funzioni  non  giurisdizionali  tra  organi
appartenenti,  entrambi,  al  potere  giudiziario,  ed  e'   pertanto
inammissibile; 
    che, quanto ai requisiti oggettivi, la lamentata violazione delle
prerogative giurisdizionali non sussiste, in quanto discende,  a  ben
vedere,  da   un   provvedimento   del   Presidente   del   Tribunale
espressamente autorizzato dall'art. 83  del  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale
e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e  imprese  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni, nella  legge  24  aprile  2020,  n.  27  e  successive
modifiche, a prevedere la sospensione delle udienze  per  far  fronte
all'emergenza sanitaria generata dalla pandemia da COVID-19; 
    che, pertanto, la doglianza del giudice di pace si risolve  nella
sua mancata partecipazione al  procedimento  amministrativo,  con  il
quale e' stata disposta tale sospensione; 
    che, in definitiva, il ricorrente contesta l'illegittimita' degli
atti amministrativi adottati con gli indicati decreti n. 36 e  n.  38
del 2020; 
    che  sussiste  un'ontologica  differenza   tra   atto   meramente
illegittimo  e  atto  costituzionalmente   invasivo   (ex   plurimis,
ordinanza n. 84 del 2020; sentenze n. 255 del 2019, n. 10  del  2017,
n. 260 e n. 104 del 2016); 
    che,  pertanto,   risultano   carenti,   insieme   ai   requisiti
soggettivi, anche  quelli  oggettivi  del  conflitto,  posto  che  la
materia trattata nel ricorso, e lo stesso petitum che ne  costituisce
l'epilogo, si pongono palesemente al di fuori del rigoroso  perimetro
entro  il  quale  puo'  svolgersi  il  giudizio  per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato; 
    che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.