ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 2,
della legge della Regione Valle  d'Aosta  11  febbraio  2020,  n.  1,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste
(Legge  di  stabilita'  regionale   per   il   triennio   2020/2022).
Modificazioni di leggi regionali», e dell'art. 10 della  legge  della
Regione Valle d'Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento al  bilancio
di previsione della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste per
l'anno  2020  e  misure   urgenti   per   contrastare   gli   effetti
dell'emergenza epidemiologica da COVID-19), promossi  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 10-17  aprile  e
l'11-17 settembre 2020, depositati in cancelleria il 17 aprile  e  il
21 settembre 2020, iscritti, rispettivamente, ai numeri 42 e  85  del
registro ricorsi 2020 e pubblicati  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica numeri 20 e 45, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti gli atti  di  costituzione  della  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste; 
    udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 2021 il Giudice relatore
Luca Antonini; 
    uditi l'avvocato dello Stato Alfonso Peluso per il Presidente del
Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi del punto
1) del decreto del Presidente  della  Corte  del  16  marzo  2021,  e
l'avvocato Francesco Saverio Marini per  la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 marzo 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 10-17 aprile  e  depositato  il  17
aprile 2020 (reg. ric. n. 42 del 2020), il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
38, comma 2, della legge della  Regione  Valle  d'Aosta  11  febbraio
2020, n. 1, recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste (Legge di stabilita' regionale per  il  triennio  2020/2022).
Modificazioni di leggi regionali», in riferimento agli artt.  3,  41,
117, secondo comma, lettere e) ed s), 119, secondo comma, e 120 della
Costituzione, nonche' agli artt. 2 e 3 della legge costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta). 
    La disposizione impugnata  sostituisce,  con  decorrenza  dal  1°
gennaio 2021, la Tabella di cui  all'Allegato  A  della  legge  della
Regione Valle d'Aosta 3 dicembre 2007, n. 31 (Nuove  disposizioni  in
materia di gestione dei rifiuti), richiamato dall'art. 23,  comma  1,
della stessa legge regionale,  che  fissa  gli  importi  del  tributo
speciale per il deposito in discarica dei rifiuti  solidi,  istituito
ai sensi dell'art. 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n.  549
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). 
    1.1.- Il ricorrente premette  che,  per  costante  giurisprudenza
costituzionale, la disciplina dei rifiuti  sarebbe  riconducibile  in
via prevalente alla materia «tutela dell'ambiente», appartenente alla
competenza esclusiva statale, abilitata a dettare livelli  di  tutela
uniforme valevoli  sull'intero  territorio  nazionale,  in  grado  di
imporsi nei confronti delle Regioni, anche ad autonomia speciale. 
    Rileva  poi  che  l'anzidetta  Tabella,  come  sostituita   dalla
disposizione impugnata, introdurrebbe sostanziali  differenze  per  i
«rifiuti  speciali  non  pericolosi  ammessi  allo   smaltimento   in
discarica  per  inerti»,  a  seconda  che  la  loro  provenienza  sia
regionale o extraregionale. Infatti,  la  nuova  Tabella  prevede  un
tributo speciale per il deposito in discarica,  nel  primo  caso,  di
euro 10 per tonnellata  e,  nel  secondo  caso,  di  euro  25,82  per
tonnellata. 
    Secondo l'Avvocatura generale  tale  previsione  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 3, comma 29, della legge n. 549 del  1995,  che,
in relazione ai «rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per
i rifiuti inerti», fissa l'ammontare del tributo  speciale  regionale
in  misura  non  superiore  a  euro  0,01   per   kg   (pari   a   10
euro/tonnellata), cosi'  violando  la  competenza  esclusiva  statale
nella materia della tutela dell'ambiente di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost. 
    La difesa  statale  aggiunge  che,  disponendo  «una  imposizione
tributaria superiore due volte e mezza la  misura  massima»  prevista
dalla  norma  interposta  statale,   la   previsione   impugnata   si
tradurrebbe di fatto in «un ostacolo alla libera  circolazione  delle
cose»,  con  effetto  discriminatorio  nei  confronti   di   soggetti
collocati fuori dal territorio regionale. 
    Pertanto, si realizzerebbe un contrasto con «i parametri  di  cui
agli artt.  3,  41  e  120  Cost.,  atteso  che  la  norma  regionale
censurata, rispettivamente»: 
    i) determinerebbe «un  trattamento  sfavorevole  per  le  imprese
esercenti  l'attivita'  di  smaltimento  operanti  al  di  fuori  del
territorio regionale»; 
    ii)  restringerebbe  la  liberta'  di  iniziativa  economica  «in
assenza di concrete e  giustificate  ragioni  attinenti  alla  tutela
della sicurezza, della liberta' e della dignita'  umana,  valori  che
non  [potrebbero]  ritenersi  posti  in  pericolo  dall'attivita'  di
smaltimento controllato e ambientalmente compatibile dei rifiuti»; 
    iii) introdurrebbe «un ostacolo alla  libera  circolazione  delle
cose tra le Regioni senza  che  sussistano  ragioni  giustificatrici,
neppure di ordine sanitario e ambientale». 
    A tale ultimo  proposito,  per  l'Avvocatura,  nella  specie  non
sussisterebbe nessuno degli elementi che, secondo quanto precisato da
questa Corte nella  sentenza  n.  51  del  1991,  permetterebbero  di
valutare la ragionevolezza  delle  legge  regionali  che  limitano  i
diritti garantiti dall'art. 120 Cost., ovverosia che:  «a)  [...]  si
sia in presenza di un valore costituzionale  in  relazione  al  quale
possano essere posti limiti alla libera  circolazione  delle  cose  o
degli  animali;  b)  [...]  nell'ambito  del   suddetto   potere   di
limitazione, la regione possegga una competenza che  la  legittimi  a
stabilire  una  disciplina  differenziata  a  tutela   di   interessi
costituzionalmente affidati alla sua cura; c) [...] il  provvedimento
adottato in attuazione del valore suindicato e  nell'esercizio  della
predetta competenza sia stato emanato nel rispetto dei  requisiti  di
legge e abbia un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al
raggiungimento   delle   finalita'   giustificative   dell'intervento
limitativo della regione, cosi' da  non  costituire  in  concreto  un
ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose fra regione e
regione». 
    1.2.- Il ricorrente deduce, poi, l'illegittimita'  costituzionale
dello stesso art. 38, comma 2, per violazione dell'art. 117,  secondo
comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello
Stato la materia del sistema tributario  statale,  e  dell'art.  119,
secondo comma, Cost., che subordina la possibilita' per le Regioni  e
gli enti locali di stabilire e applicare tributi ed entrate propri al
rispetto dei  «principi  (statali)  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario» di cui alla legge 5  maggio  2009,
n. 42 (Delega al  Governo  in  materia  di  federalismo  fiscale,  in
attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), e  all'art.  8  del
decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario). 
    Osserva  al  riguardo  l'Avvocatura  che   non   spetterebbe   al
legislatore regionale «introdurre modifiche  alla  normativa  statale
che non siano da essa espressamente consentite [...] pena l'invasione
della competenza esclusiva in materia di tributi statali». 
    Sulla base di tali premesse l'Avvocatura  ritiene  che  la  norma
censurata  sia  frutto  dell'illegittimo  esercizio  della   potesta'
legislativa regionale «in una materia in cui lo Stato  ha  competenza
esclusiva» e che, inoltre, essa ecceda anche le  competenze  affidate
alla Regione dagli artt. 2 e 3 dello statuto di autonomia. 
    2.- Con atto depositato il 22 maggio 2020  si  e'  costituita  la
Regione   autonoma   Valle    d'Aosta/Vallee    d'Aoste,    deducendo
l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso. 
    2.1.- In merito alla  prospettata  violazione  degli  artt.  117,
secondo comma, lettere s) ed e), e 119  Cost.,  la  difesa  regionale
sostiene  che  le  censure  sarebbero  inammissibili   e,   comunque,
infondate, in quanto muoverebbero da  un  presupposto  interpretativo
errato. La resistente ritiene infatti che l'impugnato art. 38,  comma
2, della legge reg. Valle  d'Aosta  n.  1  del  2020,  non  contrasti
«affatto» con i limiti previsti dal legislatore statale, poiche'  gli
importi del tributo oggetto di censura non riguarderebbero «i rifiuti
inerti tout court, ma i  rifiuti  speciali  non  pericolosi  cui  sia
riconosciuta la conferibilita' in  discariche  per  inerti  ai  sensi
della normativa vigente (d.m. 27.9.2020)». 
    Le misure del prelievo fissate dal legislatore  regionale  per  i
rifiuti speciali non pericolosi (ammessi alle discariche per inerti),
pur  differenziate  in  ragione  della  provenienza  dall'interno   o
dall'esterno  della  Regione,  sarebbero  pertanto  rispettose  delle
soglie massime stabilite dal legislatore statale con il  citato  art.
3, comma 29, della legge n. 549 del 1995. 
    Da qui - per la Regione autonoma -  discenderebbe  l'infondatezza
di tutte le censure mosse alla disposizione impugnata in  riferimento
agli artt. 117, secondo comma, lettere  s)  ed  e),  e  119,  secondo
comma, Cost. 
    2.2.- Ad avviso della resistente sarebbero altresi' infondate  le
ulteriori doglianze riferite alla disciplina regionale nella parte in
cui,  differenziando  l'importo  dell'imposta  sul  conferimento   in
discarica a seconda  della  provenienza,  intra  o  extra  regionale,
violerebbe gli artt. 3, 41 e 120 Cost. 
    L'interpretazione   di   tale    disciplina    sarebbe    infatti
«strettamente connessa, e complementare» a quella dell'art. 21  della
legge  della  Regione  Valle  d'Aosta  11   febbraio   2020,   n.   3
(Disposizioni collegate alla legge di  stabilita'  regionale  per  il
triennio  2020/2022.  Modificazioni  di  leggi  regionali   e   altre
disposizioni), recante una norma  «sottoposta  al  vaglio  di  questa
Corte con il ricorso R.R. 40/2020». Con tale articolo il  legislatore
regionale, preso atto della capacita' degli  impianti  esistenti  nel
territorio valdostano di garantire lo smaltimento di «rifiuti  inerti
speciali non pericolosi» prodotti  sia  all'interno  che  all'esterno
della  Regione,  avrebbe  disincentivato  la  costruzione  di   nuovi
impianti, altrimenti «inevitabilmente destinati  all'importazione  di
rifiuti da fuori Regione». 
    In questa prospettiva, la  differenziazione  tariffaria  prevista
dall'impugnato art. 38, comma 2, della legge reg. Valle d'Aosta n.  1
del 2020 per detta  tipologia  di  rifiuti,  limitata  agli  impianti
attualmente esistenti e in esercizio,  concorrerebbe  ad  evitare  un
significativo disequilibrio tra i  volumi  di  rifiuti  prodotti  nel
territorio, relativamente esigui e agevolmente «smaltibili a  livello
interno», e quelli provenienti  da  altre  Regioni,  preservando  dal
rischio che la capacita' degli impianti stessi  non  garantisca  agli
operatori regionali lo smaltimento nell'impianto piu' vicino al luogo
di   produzione.   Cio'   consentirebbe   di   non   vanificare   «la
pianificazione   territoriale   e   impiantistica   perseguita    dal
legislatore regionale  nell'esercizio  delle  proprie  competenze  in
materia  di  governo  del  territorio,   nonche'   delle   competenze
pianificatorie riconosciute» dal decreto legislativo 3  aprile  2006,
n. 152, recante «Norme in materia  ambientale»  (d'ora  in  poi  cod.
ambiente). 
    In particolare, dagli artt. 182  e  182-bis,  cod.  ambiente,  si
ricaverebbe  che  il  legislatore  statale,   «pur   non   affermando
rigidamente  il  principio  dell'autosufficienza  regionale»  per  lo
smaltimento dei rifiuti  speciali  (previsto  invece  per  i  rifiuti
urbani), individuerebbe «comunque nel  principio  di  prossimita'  il
criterio cardine nello smaltimento di rifiuti  speciali,  nell'ambito
di una rete integrata di impianti». 
    Per questi motivi, secondo la Regione autonoma,  la  disposizione
impugnata sarebbe coerente con i principi stabiliti dalle  richiamate
disposizioni statali e perseguirebbe, «nel legittimo esercizio  delle
competenze regionali di governo del  territorio  e  di  tutela  della
salute ex art. 117, comma 3, Cost., e 10, l. cost.  n.  3  del  2001,
l'obiettivo di disincentivare  la  movimentazione  di  rifiuti  oltre
quanto necessario». 
    La stessa giurisprudenza di  questa  Corte  avrebbe,  del  resto,
precisato che la disciplina dei rifiuti si colloca nell'ambito  della
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  di  competenza  esclusiva
statale, ferma restando pero' la competenza delle Regioni «alla  cura
di  interessi  funzionalmente  collegati  con   quelli   propriamente
ambientali» (vengono citate le sentenze n. 231 del 2019, n.  249  del
2009 e n. 62 del 2008), sempre  che  siano  garantite  condizioni  di
tutela dell'ambiente piu' elevate (sentenze n. 285 del 2013 e  n.  61
del 2009). Pertanto l'impugnata disciplina  differenziata  atterrebbe
ad aspetti che pertengono alle prerogative regionali  in  materia  di
governo del territorio e tutela della  salute,  in  coerenza  con  la
normativa statale in materia di ambiente. 
    2.2.1.- In questo contesto - osserva ancora la difesa regionale -
sarebbe dunque infondata la dedotta violazione dell'art. 3 Cost.,  in
quanto la differenziazione dell'importo dell'imposta a seconda  della
provenienza  del  rifiuto  non   sarebbe   ne'   irragionevole,   ne'
discriminatoria, poiche' finalizzata a disincentivare il conferimento
del rifiuto in discarica, in accordo con lo  scopo  istitutivo  dello
stesso tributo. La modificazione  tariffaria  avrebbe,  peraltro,  lo
scopo di «preservare la capacita' recettiva degli impianti  esistenti
e in esercizio»,  tutelando  un  territorio  «che  sotto  il  profilo
orografico»,  e'  caratterizzato  da  spazi  molto  esigui,   «spesso
soggetti a vincoli di tipo  idrogeologico»,  e  dove  quindi  risulta
fortemente  limitata  la   disponibilita'   di   siti   idonei   alla
localizzazione di impianti di discarica per i  rifiuti  speciali  non
pericolosi. 
    2.2.2.- Non sarebbe, inoltre,  violata  neppure  la  liberta'  di
iniziativa economica di cui all'art. 41 Cost. 
    Secondo la giurisprudenza di questa Corte,  infatti,  la  lesione
della liberta' dell'iniziativa economica  non  sarebbe  configurabile
laddove l'apposizione di limiti di ordine generale al  suo  esercizio
corrisponda all'utilita' sociale, purche' essa non appaia  arbitraria
e gli interventi del legislatore non la  perseguano  mediante  misure
palesemente incongrue. 
    Pertanto, la norma regionale impugnata, essendo  funzionale  agli
obiettivi, di utilita' sociale, di «preservare la capacita' recettiva
impiantistica  esistente»  e  disincentivare   il   collocamento   in
discarica  dei  rifiuti,  in  linea  con  quanto   prescritto   dalla
disciplina europea, sarebbe conforme ai principi dell'art. 41 Cost. 
    2.2.3.- Per  analoghe  ragioni  non  sussisterebbe  la  paventata
violazione dell'art. 120, primo comma, Cost. 
    Secondo la difesa regionale, dalla giurisprudenza di questa Corte
si evincerebbe che il divieto di  ostacolare  in  qualsiasi  modo  la
libera circolazione delle persone e delle cose non  e'  assoluto,  ma
consistente  «unicamente  in  limiti  che  senza   alcun   fondamento
costituzionale»   finiscano   per   restringerla,    senza    percio'
pregiudicare il potere  normativo  delle  Regioni  «connaturato  allo
svolgimento  dell'autonomia  politica  e   amministrativa»   a   esse
riconosciuta. 
    Da  qui  l'infondatezza  della  censura,  in  quanto   la   norma
impugnata:  a)  perseguirebbe  i  valori  costituzionali  di   tutela
ambientale e tutela della salute,  anche  ottemperando  all'obiettivo
costituzionale  di  preservare   e   governare   ragionevolmente   il
territorio della Valle d'Aosta; b) sarebbe espressione di  specifiche
competenze statutariamente  e  costituzionalmente  riconosciute  alla
Regione autonoma; c) avrebbe un contenuto dispositivo ragionevolmente
commisurato  al   raggiungimento   delle   finalita'   giustificative
dell'intervento limitativo. 
    D'altro canto, aggiunge la resistente, la disposizione oggetto di
censura sarebbe analoga ad altre mai  impugnate,  come,  ad  esempio,
l'art. 53, comma 8, della legge della  Regione  Lombardia  24  luglio
2003, n. 10 (Riordino delle  disposizioni  legislative  regionali  in
materia  tributaria  -  Testo  unico  della  disciplina  dei  tributi
regionali), e  successive  modificazioni,  e  non  inciderebbe  sulla
libera  circolazione  delle  cose  (cioe'  sul  loro  transito),   ma
costituirebbe solo una «limitazione inerente  alla  destinazione  del
rifiuto speciale extraregionale all'interno di una  Regione  che  poi
deve assumere l'onere dello smaltimento». 
    Osserva, infine, la Regione che il divieto posto  dall'art.  120,
primo  comma,  Cost.  dovrebbe  essere  interpretato   congiuntamente
all'art. 117, secondo e terzo comma, Cost.  e  ai  vincoli  derivanti
dalla normativa europea, ex art. 117, primo comma,  Cost.,  affinche'
la libera circolazione dei  rifiuti  speciali  sia  contemperata  dai
principi di autosufficienza e prossimita' di  matrice  euro-unitaria,
recepiti  dalla   legislazione   statale.   Diversamente,   essa   si
tramuterebbe «nell'incentivazione  dell'importazione  di  rifiuti  da
luoghi  di  produzione  lontani   dall'impianto   di   conferimento»,
precludendo alle Regioni  qualsiasi  pianificazione  ragionevole  del
territorio e qualsiasi  programmazione  della  gestione  dei  rifiuti
stessi. 
    3.- Con ricorso notificato l'11-17 settembre 2020 e depositato il
21 settembre 2020 (reg. ric. n.  85  del  2020),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato, unitamente ad altre  disposizioni
della medesima legge regionale, l'art. 10 della legge  della  Regione
Valle d'Aosta 13 luglio 2020,  n.  8  (Assestamento  al  bilancio  di
previsione della Regione autonoma Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  per
l'anno  2020  e  misure   urgenti   per   contrastare   gli   effetti
dell'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19),  ritenendo  che   tale
disposizione  ecceda  le  competenze  stabilite  dallo   statuto   di
autonomia e violi gli artt. 3, 41, 97, 117,  secondo  comma,  lettera
s), e 120 Cost. 
    L'impugnato art. 10 dispone la sostituzione del comma 2 dell'art.
38 della legge reg. Valle d'Aosta n. 1 del 2020 (oggetto del  ricorso
iscritto al n. 42 reg. ric. del 2020), novellando, con decorrenza dal
1° gennaio 2021, la Tabella di cui all'Allegato A della  gia'  citata
legge reg.  Valle  d'Aosta  n.  31  del  2007,  recante  gli  importi
tariffari per il tributo speciale di deposito in discarica di rifiuti
solidi. 
    Le censure statali s'incentrano sulle voci della  nuova  Tabella,
le quali stabiliscono che, per i  «Rifiuti  speciali  non  pericolosi
ammessi allo smaltimento in discariche  per  rifiuti  non  pericolosi
prodotti in Regione», il tributo e' dovuto nella misura di euro 10,00
per tonnellata e che, per i «Rifiuti speciali non pericolosi  ammessi
allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi  provenienti
da fuori Regione», il tributo e' dovuto nella misura  di  euro  25,82
per tonnellata. 
    L'Avvocatura  generale  richiama  preliminarmente  la  disciplina
statale del tributo  speciale  di  deposito  in  discarica  stabilita
dall'art. 3, comma 29, della legge n. 549  del  1995,  ai  sensi  del
quale il relativo ammontare  e'  fissato  con  legge  regionale  «per
chilogrammo di rifiuti conferiti: [...] in misura  non  inferiore  ad
euro 0,00517 [pari a euro 5,17 per tonnellata]  e  non  superiore  ad
euro 0,02582 [pari  a  euro  25,82  per  tonnellata]  per  i  rifiuti
ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi e
pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4 del medesimo decreto». 
    Secondo il ricorrente, «in assenza» di una  specifica  previsione
della disciplina statale, che, in relazione ai rifiuti ammissibili al
conferimento in  discarica  per  rifiuti  non  pericolosi,  determini
l'entita' del tributo «in base alla provenienza del rifiuto  stesso»,
la predetta differenza di tassazione, stabilita dalla Regione,  oltre
a violare il suddetto parametro statale interposto, comporterebbe «di
fatto» un ostacolo allo smaltimento  dei  rifiuti  speciali  prodotti
fuori Regione, «delineando un sistema che viola  il  principio  della
libera circolazione sul territorio  nazionale  dei  rifiuti  speciali
ponendosi, percio', in contrasto con gli articoli 182 e  182-bis  del
Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che  non  ammettono  alcuna
limitazione alla circolazione dei rifiuti speciali da e  verso  altre
Regioni». 
    L'Avvocatura  generale  conclude  che  da  cio'  deriverebbe   il
contrasto della norma impugnata con gli artt.  3,  41,  117,  secondo
comma, lettera, s), e 120 Cost. 
    A tale  ultimo  proposito  viene  precisato,  con  argomentazioni
analoghe a quelle addotte a sostegno  del  precedente  ricorso  (reg.
ric. n. 42 del 2020), che nella specie non sussisterebbe nessuno  dei
gia' ricordati elementi che, secondo la sentenza di questa  Corte  n.
51 del 1991, permetterebbero di  «vagliare  la  ragionevolezza  delle
leggi regionali che limitano i diritti [...] garantiti» dall'art. 120
Cost. 
    4.- Con atto depositato il 15 ottobre 2020 si  e'  costituita  la
Regione   autonoma    Valle    d'Aosta/Vallee    d'Aoste    deducendo
l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso. 
    4.1.- La Regione premette che la Tabella di cui all'Allegato A in
questione era gia' stata modificata  dall'art.  38,  comma  2,  della
legge reg. Valle d'Aosta n. 1 del 2020, poi impugnato dal Governo con
il ricorso iscritto al n. 42 reg. ric. del 2020,  che  sarebbe  pero'
basato su un erroneo presupposto interpretativo  relativo  alla  voce
«rifiuti  speciali  non  pericolosi  ammessi  allo   smaltimento   in
discarica per inerti». Secondo la difesa regionale, l'impugnato  art.
10 sarebbe quindi stato emanato solo «[p]er  chiarezza»,  prevedendo,
in luogo della dizione rifiuti speciali non pericolosi «ammessi  allo
smaltimento in discarica per inerti», quella  specifica  di  «ammessi
allo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi». 
    4.2.- Cio' chiarito, la  Regione  eccepisce  in  via  preliminare
l'inammissibilita'  delle  doglianze  fondate  sulla  violazione  dei
limiti delle competenze statutarie, in  quanto  l'Avvocatura  non  si
sarebbe premurata «di individuare le competenze  normative  regionali
che rilevano in materia, ne' le motivazioni per  cui  il  legislatore
regionale le avrebbe travalicate». 
    Sarebbero altresi' inammissibili,  per  genericita',  le  censure
riferite all'art. 97 Cost., menzionato unicamente nella  rubrica  del
motivo, senza alcuna argomentazione a sostegno della sua violazione. 
    4.3.- Tutte le censure sarebbero, secondo  la  Regione,  comunque
infondate. 
    La resistente afferma  che  l'importo  del  tributo  fissato  dal
legislatore regionale non travalicherebbe i limiti minimi  e  massimi
stabiliti  dalla  legge  statale   e   che,   conseguentemente,   non
sussisterebbe la lesione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost., in relazione all'art. 3, comma 29,  della  legge  n.  549  del
1995, evocato quale norma interposta. 
    Ribadisce inoltre argomenti analoghi a quelli spesi nell'atto  di
costituzione depositato in relazione al ricorso  iscritto  al  n.  42
reg.  ric.  del  2020,  incentrati  sull'esigenza  di  preservare  la
capacita' recettiva degli «impianti attualmente  esistenti»  e  sulla
complementarita' della norma impugnata con l'art. 21 della legge reg.
Valle d'Aosta n. 3 del 2020,  che  «disincentiva  la  costruzione  di
nuovi  impianti»,  «inevitabilmente  destinati»   a   rispondere   «a
un'offerta esogena». 
    In particolare, la difesa regionale rimarca che il dedotto vulnus
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. non  potrebbe  nemmeno
dipendere  «dal  fatto  che  la  disposizione  di   legge   regionale
differenzia  l'importo  dell'ecotassa  a  seconda  della  provenienza
regionale o extra regionale». E, infatti, la  disposizione  impugnata
non  esorbiterebbe  dai  limiti  fissati  dal   legislatore   statale
relativamente  al  quantum  del  tributo,  cosicche'  al  legislatore
valdostano  non  solo  non  sarebbe  precluso  «ma   anzi   [sarebbe]
"suggerito"» di disciplinare - in coerenza con la  normativa  statale
in  materia  di  ambiente  e,  in  particolare,  con  i  principi  di
autosufficienza e di  prossimita'  di  cui  ai  citati  artt.  182  e
182-bis, cod. ambiente - relativamente ad aspetti che attengono  alla
competenza regionale del governo del territorio e della tutela  della
salute. 
    Infine, con argomenti del tutto coincidenti a quelli gia' dedotti
nel primo ricorso, la Regione sostiene l'infondatezza  delle  censure
formulate in riferimento agli artt. 3, 41 e 120 Cost. 
    5.- In relazione al primo ricorso (reg. ric. n. 42 del 2020),  la
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste ha  depositato  memoria
per chiederne la declaratoria di «improcedibilita'» per  sopravvenuto
difetto di interesse del Governo alla decisione. La difesa  regionale
motiva tale richiesta osservando che, nelle  more  del  giudizio:  a)
l'impugnato art. 38, comma 2, della legge reg. Valle d'Aosta n. 1 del
2020 e' stato sostituito dall'art. 10 della legge reg. Valle  d'Aosta
n. 8 del 2020; b) tale art. 10 e' stato a  sua  volta  censurato  dal
Governo con ricorso (reg. ric. n. 85 del 2020), fissato in pari  data
per la pubblica udienza; c) entrambe le disposizioni censurate  hanno
novellato la Tabella di cui all'Allegato  A  alla  legge  reg.  Valle
d'Aosta  n.  31  del  2007  con  la  medesima  decorrenza  giuridica,
ovverosia dal 1° gennaio 2021. 
    Subordinatamente, la Regione  insiste  per  l'inammissibilita'  o
comunque l'infondatezza delle questioni. 
    6.- L'Avvocatura generale ha depositato memoria solo in relazione
al  secondo  ricorso  (reg.  ric.  n.   85   del   2020),   deducendo
preliminarmente l'infondatezza dell'eccezione d'inammissibilita'  per
omessa individuazione delle competenze  statutarie  rilevanti  e  per
carente  motivazione  delle  ragioni   dell'asserita   eccedenza   di
competenza, formulata dalla Regione autonoma. 
    L'Avvocatura ritiene che l'esclusione, sostenuta  nella  premessa
del ricorso, dell'esistenza  di  una  competenza  regionale  prevista
dallo  statuto  speciale  e  la  motivata  lesione  della  competenza
legislativa dello Stato sarebbero sufficienti a soddisfare l'onere di
motivazione, di carattere sostanziale e non formalistico,  in  ordine
alla lesione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    In ogni caso, prosegue la difesa statale, il ricorso denuncerebbe
altresi' la violazione dei principi di uguaglianza e di  liberta'  di
iniziativa  economica,  nonche'  del  divieto  di  limitazione   alla
circolazione delle cose tra le Regioni,  rispetto  ai  quali  non  si
porrebbe l'esigenza di alcun raffronto con le competenze statutarie. 
    Nel merito, l'Avvocatura insiste per l'accoglimento  del  ricorso
in riferimento a tutti i parametri evocati. 
    In  particolare,  secondo  la   difesa   statale,   non   sarebbe
condivisibile la tesi della resistente per cui  l'impugnato  art.  10
della  legge  reg.  Valle  d'Aosta  n.  8   del   2020,   in   quanto
«complementare» al menzionato art. 21 della legge reg. Valle  d'Aosta
n. 3 del  2020,  sarebbe  giustificabile  in  forza  di  un  asserito
principio di autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti. 
    Infatti, per l'Avvocatura, non solo tale  principio  non  sarebbe
riferibile ai rifiuti speciali (come sarebbe dimostrato dal d.lgs. n.
152 del 2006 e dalle sentenze n. 10 del 2009 e n. 335 del  2001),  ma
questa Corte si sarebbe gia'  espressa,  in  fattispecie  analoghe  a
quella  di  cui  alla  norma  denunciata,  nel  senso  che   siffatte
differenze  tariffarie  pregiudicherebbero  il  conseguimento   delle
finalita' di smaltimento dei  rifiuti  in  uno  degli  impianti  piu'
vicini, integrando un ostacolo alla libera  circolazione  delle  cose
tra Regioni, in contrasto con l'art. 120  Cost.,  senza  che  possano
essere ricondotte al legittimo esercizio delle  competenze  normative
regionali in materia di governo del  territorio  e  di  tutela  della
salute (e' citata la sentenza n. 244 del 2011). 
    Ripercorrendo l'ampia giurisprudenza in materia di smaltimento di
rifiuti  speciali,  in  particolare  in  relazione  ai  principi   di
autosufficienza e prossimita', la difesa statale afferma poi che «non
e' affatto vero», come invece sostiene la Regione, che le limitazioni
all'ingresso nel territorio regionale dei rifiuti speciali  sarebbero
ispirate a un fine di utilita' sociale, coerente  con  gli  obiettivi
del  legislatore  europeo,  inteso  a  limitare  il  conferimento  in
discarica dei rifiuti: tale disciplina risponderebbe, al contrario, a
un interesse «meramente locale e, in  fondo,  egoistico  (not  in  my
backyard)». 
    Inoltre,   la    norma    regionale    impugnata,    restringendo
considerevolmente   la   generale   fruibilita'   delle    discariche
valdostane,    determinerebbe    «inevitabilmente»    una    maggiore
movimentazione dei rifiuti sul territorio nazionale. Cio' sarebbe  in
contrasto  con  i  suddetti  principi,  con  conseguente   violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  in  quanto  detta
norma   regionale   interverrebbe   nella   materia   della   «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema», attribuita in  via  esclusiva  alla
competenza legislativa dello Stato, nella quale rientra la disciplina
della gestione dei  rifiuti,  anche  quando  interferisca  con  altri
interessi e competenze, ove sia diretta a fissare livelli  di  tutela
uniforme sull'intero territorio nazionale. 
    A ulteriore  sostegno  della  censura  formulata  in  riferimento
all'art. 120  Cost.,  l'Avvocatura  generale  precisa,  inoltre,  che
questa Corte avrebbe gia' da tempo affermato  che  «anche  alla  luce
della normativa comunitaria il rifiuto e' pur sempre  considerato  un
"prodotto"» (e' citata la sentenza n. 335 del 2001). 
    Infine, sempre ad avviso della difesa statale, sarebbe  privo  di
pregio il generico riferimento  della  Regione  ad  altre  discipline
regionali che avrebbero differenziato la misura del tributo speciale,
poiche',  per  costante  giurisprudenza   costituzionale,   «l'omessa
impugnazione da parte dello  Stato  di  precedenti  norme  regionali,
analoghe a quelle oggetto di ricorso, non ha  alcun  rilievo,  atteso
che la norma impugnata ha comunque l'effetto di reiterare la  lesione
da cui deriva l'interesse a ricorrere dello Stato»  (sono  citate  le
sentenze n. 198 del 2019, n. 41 del 2017 e n. 231 del 2016). 
    7.- Anche la Regione autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  ha
depositato memoria in relazione al secondo ricorso (reg. ric.  n.  85
del 2020), insistendo per il rigetto integrale di tutte le  questioni
articolate in riferimento all'impugnato  art.  10  della  legge  reg.
Valle d'Aosta n. 8 del 2020. 
    In  particolare,  la  difesa   regionale   motiva   ulteriormente
sull'infondatezza della dedotta illegittimita'  costituzionale  della
norma per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.
in relazione agli artt. 182 e 182-bis, cod. ambiente,  ribadendo  che
la scelta di innalzare l'importo del tributo speciale per  i  rifiuti
speciali provenienti da fuori Regione sarebbe «volta al buon  governo
di un territorio con caratteristiche territoriali e  orografiche  del
tutto peculiari». Infatti, siccome «l'importo della ecotassa  fissato
in precedenza dal legislatore valdostano era nettamente  inferiore  a
quello praticato dalle Regioni limitrofe»,  si  era  «incentivato  il
conferimento in Valle d'Aosta di rifiuti provenienti  anche  da  zone
molto  distanti»,  al  punto  che  la  quasi  totalita'  dei  rifiuti
conferiti  nelle  discariche  regionali  sarebbero   di   provenienza
extraregionale, come comproverebbe l'allegata relazione sui  dati  di
conferimento in discariche di rifiuti  speciali  non  pericolosi.  La
resistente conclude pertanto nel senso che  la  norma  impugnata  non
configurerebbe un ostacolo  alla  libera  circolazione  dei  rifiuti,
essendo piuttosto legittima espressione di una «congrua e ragionevole
gestione del territorio», diretta a «evitare il sovra-conferimento di
rifiuti esterni rispetto a quelli regionali». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 10-17 aprile  e  depositato  il  17
aprile 2020 (reg. ric. n. 42 del 2020), il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
38, comma 2, della legge della  Regione  Valle  d'Aosta  11  febbraio
2020, n. 1, recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale della  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste (Legge di stabilita' regionale per  il  triennio  2020/2022).
Modificazioni di leggi regionali», in riferimento agli artt.  3,  41,
117, secondo comma, lettere e) ed s), 119, secondo comma, e 120 della
Costituzione, nonche' agli artt. 2 e 3 della legge costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta). 
    La disposizione impugnata  sostituisce,  con  decorrenza  dal  1°
gennaio 2021, la Tabella di cui  all'Allegato  A  della  legge  della
Regione Valle d'Aosta 3 dicembre 2007, n. 31 (Nuove  disposizioni  in
materia di gestione dei rifiuti), richiamato dall'art. 23,  comma  1,
della stessa legge regionale,  che  fissa  gli  importi  del  tributo
speciale per il deposito in discarica dei rifiuti  solidi,  istituito
ai sensi dell'art. 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n.  549
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). 
    Le censure statali s'incentrano sulle voci  della  nuova  Tabella
con le  quali  viene  stabilito  che  per  i  «Rifiuti  speciali  non
pericolosi ammessi allo smaltimento in discariche per inerti prodotti
in Regione» il tributo e' dovuto  nella  misura  di  euro  10,00  per
tonnellata e che per i «Rifiuti speciali non pericolosi ammessi  allo
smaltimento in discarica per inerti provenienti da fuori Regione»  il
tributo e' dovuto nella misura di euro 25,82 per tonnellata. 
    Secondo il ricorrente, l'impugnato comma  2  dell'art.  38  della
legge reg. Valle d'Aosta n. 1 del 2020, cosi' disponendo, si porrebbe
in contrasto con l'art. 3, comma 29, della legge  n.  549  del  1995,
che,  in  relazione  ai  «rifiuti  ammissibili  al  conferimento   in
discarica per i rifiuti inerti», fissa  l'ammontare  dell'imposta  da
applicare a livello regionale in misura non inferiore  a  euro  0,001
per kg (pari a l euro/tonnellata) e non superiore a euro 0,01 per  kg
(pari a 10 euro/tonnellata), cosi' violando la competenza legislativa
esclusiva statale di cui all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    La disciplina regionale, dunque, stabilendo per  i  soli  rifiuti
provenienti da fuori Regione «una  imposizione  tributaria  superiore
due volte e mezza la misura massima» prevista dalla norma  interposta
statale,  si  tradurrebbe  di  fatto  in  «un  ostacolo  alla  libera
circolazione delle cose», con effetto discriminatorio  nei  confronti
di soggetti collocati fuori dal territorio regionale,  in  violazione
degli artt. 3, 41 e 120 Cost. 
    In particolare, nella  specie  non  sussisterebbe  nessuno  degli
elementi indicati nella sentenza n. 51 del 1991 di questa Corte  che,
in riferimento all'art. 120 Cost.,  permetterebbero  di  valutare  la
ragionevolezza delle leggi regionali limitative dei diritti garantiti
da tale parametro, ovverosia che: 1) vi sia un valore  costituzionale
in relazione  al  quale  possano  essere  posti  limiti  alla  libera
circolazione  delle  cose  e  degli  animali;  2)  la  Regione  abbia
competenza per una disciplina differenziata  a  tutela  di  interessi
costituzionali affidati alla sua cura; 3)  il  provvedimento  emanato
sia stato  emanato  nel  rispetto  di  tale  competenza  nonche'  dei
requisiti   di   legge   e   sia   ragionevolmente   commisurato   al
raggiungimento   delle   finalita'   giustificative   dell'intervento
limitativo, cosi' da  non  costituire  un  ostacolo  arbitrario  alla
libera circolazione delle cose tra Regione e Regione. 
    Il  ricorrente  afferma,  altresi',  che   la   norma   impugnata
violerebbe gli artt. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  che
riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la  materia
del «sistema tributario statale», e 119, secondo  comma,  Cost.,  che
subordina la possibilita'  per  le  Regioni  e  gli  enti  locali  di
stabilire e applicare tributi  ed  entrate  propri  al  rispetto  dei
«principi (statali) di coordinamento della  finanza  pubblica  e  del
sistema tributario», in relazione agli interposti  parametri  statali
individuati nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione), e nell'art. 8 del decreto legislativo 6  maggio  2011,
n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle  regioni
a statuto ordinario e delle province, nonche' di  determinazione  dei
costi e dei fabbisogni  standard  nel  settore  sanitario).  Cio'  in
quanto, in materia di tributi statali - al cui novero dovrebbe essere
ascritto  il  tributo  speciale  di  deposito  in  discarica  -   non
spetterebbe  al  legislatore  regionale  introdurre  modifiche   alla
normativa statale che non siano da essa espressamente consentite. 
    2.- Con successivo ricorso notificato l'11-17  settembre  2020  e
depositato il 21 settembre 2020  (reg.  ric.  n.  85  del  2020),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato,  ha  impugnato,  unitamente  ad
altre disposizioni della medesima legge regionale,  l'art.  10  della
legge della Regione Valle d'Aosta 13 luglio 2020, n. 8  (Assestamento
al bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee
d'Aoste per l'anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli  effetti
dell'emergenza epidemiologica da COVID-19), in quanto eccederebbe  le
competenze stabilite dallo statuto  di  autonomia  e  violerebbe  gli
artt. 3, 41, 97, 117, secondo comma, lettera s), e 120 Cost. 
    La disposizione impugnata dispone la  sostituzione  del  comma  2
dell'art. 38 della legge reg. Valle d'Aosta n. 1  del  2020  (oggetto
del precedente ricorso, iscritto  al  n.  42  reg.  ric.  del  2020),
modificando, con decorrenza dal 1° gennaio 2021, la  Tabella  di  cui
all'Allegato A della gia' citata legge reg. Valle d'Aosta n.  31  del
2007, recante gli  importi  tariffari  per  il  tributo  speciale  di
deposito in discarica di rifiuti solidi. 
    Le censure statali s'incentrano sulle novellate voci  di  Tabella
recanti gli importi  tariffari  per  il  deposito  in  discarica  dei
«Rifiuti  speciali  non  pericolosi  ammessi  allo   smaltimento   in
discariche per rifiuti non pericolosi prodotti  in  Regione»,  per  i
quali il tributo viene stabilito  nella  misura  di  euro  10,00  per
tonnellata, e dei  «Rifiuti  speciali  non  pericolosi  ammessi  allo
smaltimento in discarica per rifiuti non  pericolosi  provenienti  da
fuori Regione», relativamente  ai  quali  esso  viene  fissato  nella
misura di euro 25,82 per tonnellata. 
    Ad avviso del ricorrente, la predetta  differenza  di  tassazione
stabilita dalla Regione, da un lato violerebbe il  parametro  statale
interposto di cui all'art. 3, comma 29, della legge n. 549 del  1995,
che individua, senza  riferimenti  al  criterio  di  provenienza  dei
rifiuti, nel minimo e nel massimo gli  importi  del  tributo  rimessi
alla competenza regionale; dall'altro  comporterebbe  «di  fatto»  un
ostacolo  allo  smaltimento  dei  rifiuti  speciali  prodotti   fuori
Regione, «delineando un sistema che viola il principio  della  libera
circolazione sul territorio nazionale dei rifiuti speciali ponendosi,
percio', in contrasto con gli articoli  182  e  182-bis  del  Decreto
Legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  che  non   ammettono   alcuna
limitazione alla circolazione dei rifiuti speciali da e  verso  altre
Regioni». 
    L'Avvocatura  generale  afferma  che  da  cio'   deriverebbe   il
contrasto della norma impugnata con gli artt.  3,  41,  117,  secondo
comma, lettera s), e 120 Cost. 
    A tale  ultimo  proposito  viene  precisato,  con  argomentazione
analoghe a quelle addotte a sostegno  del  precedente  ricorso  (reg.
ric. n. 42 del 2020), che nella specie non sussisterebbe nessuno  dei
gia' ricordati elementi che, secondo la sentenza di questa  Corte  n.
51 del 1991, permetterebbero di  «vagliare  la  ragionevolezza  delle
leggi regionali che limitano i diritti [...] garantiti» dall'art. 120
Cost. 
    3.- Riservata a separate pronunce la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita'  costituzionale  promosse  con  il  ricorso
iscritto al n. 85 del registro ricorsi 2020, i giudizi vanno  riuniti
in ragione della stretta connessione che lega le disposizioni oggetto
dei due ricorsi  qui  in  esame  e  l'ampia  sovrapponibilita'  delle
censure prospettate. 
    4.- Quanto al giudizio di cui al ricorso iscritto al n.  42  reg.
ric.   del   2020,   concernente   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 2, della legge reg. Valle  d'Aosta
n. 1  del  2020,  va  dichiarata  la  cessazione  della  materia  del
contendere. 
    Nelle more del giudizio, infatti, la citata disposizione e' stata
sostituita dall'art. 10 della legge reg. Valle d'Aosta n. 8 del 2020,
anch'esso modificativo, con la medesima  decorrenza  dal  1°  gennaio
2021, della menzionata Tabella di cui all'Allegato A alla legge  reg.
Valle d'Aosta n.  31  del  2007,  recante  gli  importi  del  tributo
speciale di deposito in discarica. 
    Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la  modifica
normativa, intervenuta nel corso  del  giudizio,  della  disposizione
oggetto della questione di legittimita'  costituzionale  promossa  in
via principale, determina la cessazione della materia del  contendere
quando si verificano, nel contempo,  due  condizioni:  «il  carattere
satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e il fatto che  la
disposizione censurata non abbia avuto medio tempore applicazione (ex
plurimis, da ultimo, sentenze n. 200, n. 70 e n. 25 del 2020; n.  287
e n. 56 del 2019)» (sentenza n. 7 del 2021). 
    Nella specie, ricorrono ambedue i requisiti appena detti. 
    La  circostanza  che  la  suddetta  sostituzione  normativa   sia
intervenuta prima della decorrenza della data (1°  gennaio  2021)  da
cui  la  norma  oggetto  di  impugnazione  avrebbe  prodotto  effetti
comprova difatti, con certezza, che quest'ultima non  ha  mai  potuto
trovare applicazione (per un caso simile, sentenza n. 78 del 2020). 
    Quanto poi al carattere satisfattivo delle pretese  avanzate  nel
primo ricorso, esso e' determinato  dalla  circostanza  che  la  piu'
recente disposizione ha  abrogato  ab  origine  la  norma  impugnata,
introducendo una nuova norma, che  e'  oggetto  del  secondo  ricorso
statale qui considerato. 
    E', del resto, significativo che, nel corso della trattazione  in
pubblica udienza, l'Avvocatura  generale  non  si  sia  espressamente
opposta alla richiesta di «improcedibilita'»  del  ricorso  formulata
della Regione autonoma, anzi osservando  che  per  una  pronuncia  di
«cessazione della materia del contendere» non sarebbe  necessaria  la
previa accettazione da  parte  della  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri. 
    5.- Quanto al secondo ricorso (reg. ric. n. 85 del 2020)  debbono
essere preliminarmente  vagliate  le  eccezioni  di  inammissibilita'
delle questioni sollevate dalla Regione. 
    5.1.-   Secondo   la   resistente,   tali   questioni   sarebbero
inammissibili  in  quanto,  pur  avendo  il  Governo  contestato   la
violazione dei limiti  delle  competenze  statutarie,  non  sarebbero
state individuate «le competenze normative regionali che rilevano  in
materia, ne' le motivazioni  per  cui  il  legislatore  regionale  le
avrebbe travalicate». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Nessun raffronto con le competenze statutarie si rende,  infatti,
necessario con riguardo ai parametri di costituzionalita' di cui agli
artt. 3, 41 e 120 Cost., evocati, rispettivamente, in riferimento  al
principio  di  uguaglianza,  a  quello  di  liberta'  di   iniziativa
economica privata e al divieto di limitazione alla circolazione delle
cose tra le Regioni, trattandosi di principi che si impongono a tutti
i soggetti dell'ordinamento, ivi comprese le autonomie  speciali  (da
ultimo, sentenza n. 52 del 2021). 
    Quanto poi alla censura prospettata in riferimento all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., va ricordato che  questa  Corte  ha
precisato che «[l]a  Regione  Valle  d'Aosta  difetta  tanto  di  una
competenza statutaria generale in  materia  di  tutela  dell'ambiente
quanto di un titolo  statutario  specifico  in  materia  di  rifiuti,
sicche' qualsiasi motivazione del  ricorrente  in  proposito  sarebbe
stata  ultronea,  essendo  peraltro  evidente  che  questo  tipo   di
valutazione fuoriesce dall'ambito dell'ammissibilita'»  (sentenza  n.
61 del 2009; analogamente, sentenza n. 118 del 2019). 
    Anche sotto tale profilo, pertanto, il ricorso supera  il  vaglio
di ammissibilita', giacche' risulta «intrinsecamente coerente» che la
difesa statale, assumendo che la disposizione impugnata  rientri  per
giurisprudenza  consolidata  nella  materia  «tutela  dell'ambiente»,
ometta di illustrare  le  ragioni  dell'applicabilita'  alla  Regione
delle norme del Titolo V  della  Parte  seconda  della  Costituzione,
anziche' di quelle dello statuto speciale (sentenza n. 153 del 2019). 
    5.2.- La resistente eccepisce  inoltre  l'inammissibilita'  della
censura riferita all'art. 97 Cost. in  quanto  tale  parametro  viene
solo evocato, senza essere corredato di alcuna motivazione. 
    L'eccezione e' fondata. 
    Questa Corte anche di  recente  ha  ribadito  che  il  vaglio  di
ammissibilita'  nei  ricorsi  in   via   principale   «richiede   una
motivazione adeguata e non meramente apodittica» e che tale  esigenza
si pone «in termini ancora piu' rigorosi nei giudizi proposti in  via
principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (sentenza
n. 78 del 2021). Siccome nel  caso  in  esame  difetta  un  qualsiasi
impianto  argomentativo  va  dunque   dichiarata   inammissibile   la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  10  della  legge
reg. Valle d'Aosta n. 8 del 2020, promossa in riferimento all'art. 97
Cost. 
    6.- Nel merito va premesso che in  relazione  all'art.  10  della
legge reg. Valle d'Aosta n. 8 del 2020 deve  essere  prioritariamente
esaminata,  per  economia  di  giudizio,  la  questione  promossa  in
riferimento all'art. 120, primo comma, Cost. 
    Fermo  restando   che   la   Corte   puo'   discrezionalmente   e
insindacabilmente decidere l'ordine delle questioni da affrontare (ex
plurimis, sentenze n. 246 del 2020; n.  258  del  2019;  n.  148  del
2018), proprio la natura  tributaria  della  norma  censurata  rende,
infatti,  opportuno,  ai  fini  del  vaglio   di   legittimita',   il
preliminare  confronto  con   il   suddetto   parametro,   introdotto
nell'ordinamento costituzionale quale deterrente all'insorgere di  un
uso improprio dell'autonomia impositiva regionale. 
    Va, infatti, precisato che, nell'originaria formulazione proposta
in  sede  di  seconda  Sottocommissione  della  Commissione  per   la
Costituzione, il  divieto  di  istituire  dazi  di  importazione,  di
esportazione o di transito veniva  stabilito  subito  dopo  un  primo
comma che riconosceva l'autonomia finanziaria delle Regioni, in  modo
da chiarire, come sostenuto dall'on. Ezio Vanoni nella seduta del  28
novembre 1946, che non potesse essere mai adottato da parte di queste
«alcun provvedimento, ne' di natura fiscale ne'  di  qualsiasi  altra
natura, che possa creare ostacoli alla libera circolazione  dei  beni
fra una Regione e l'altra». 
    Il suddetto divieto  quindi  presuppone  logicamente  (risultando
altrimenti del  tutto  superfluo)  il  riconoscimento  dell'autonomia
impositiva delle Regioni, alle quali, per quanto qui  interessa,  non
sono precluse ne' la  possibilita'  di  intervenire  negli  spazi  di
manovra ad esse  consentiti  dai  tributi  erariali  ambientali,  ne'
quella di istituire, nel  rispetto  dei  principi  di  coordinamento,
tributi propri autonomi in relazione  a  fenomeni  in  cui  l'effetto
inquinante  e'  prevalentemente  limitato   al   proprio   territorio
(produzione di rifiuti, impatti da flussi turistici, emissioni  degli
impianti di riscaldamento, eccetera). 
    Si tratta di una prospettiva che -  radicata  nella  doverosita',
sul piano costituzionale, di una diffusa tutela  dell'ambiente  quale
bene comune  -  e'  stata  consapevolmente  accolta  dal  legislatore
ordinario: l'art. 8 del  d.lgs.  n.  68  del  2011,  ad  esempio,  ha
inserito un tributo ambientale  in  senso  stretto  (l'imposta  sulle
emissioni sonore degli aeromobili  civili)  tra  quelli  ceduti  alle
Regioni e ha poi configurato  come  parzialmente  ceduto  un  tributo
ambientale   solo   in   senso   funzionale   quale   e'   la   tassa
automobilistica. L'art. 2, comma 2,  lettera  q),  numero  1),  della
legge n. 42  del  2009,  ha  inoltre  previsto,  in  via  generale  e
residuale, che la legge  regionale  possa  istituire  tributi  propri
autonomi «con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione
da parte dello Stato»; tra questi, come  e'  ormai  tipico  di  altri
ordinamenti regionali europei, possono appunto rientrare anche quelli
funzionali alla tutela (tassandone il consumo)  dei  beni  comuni  di
carattere ambientale. 
    Attraverso queste forme impositive si puo' certo sviluppare,  sul
territorio nazionale, una differenziazione fisiologicamente  connessa
al perimetro operativo dell'autonomia impositiva regionale  (sentenza
n. 2 del 2006); quest'ultima  non  puo',  pero',  mai  degenerare  in
un'ulteriore differenziazione stabilita  solo  in  ragione  del  mero
transito di un determinato bene attraverso il confine  regionale.  Si
tratterebbe, infatti, proprio di quell'uso patologico  dell'autonomia
impositiva che il Costituente ha inteso scongiurare  con  l'art.  120
della Carta fondamentale. 
    In  altri   termini,   l'esercizio   dell'autonomia   finanziaria
regionale  consistente  nel  differenziare  l'entita'   del   tributo
speciale per il deposito in discarica di quella speciale  "merce"  (o
"prodotto") a rilevanza ambientale  costituita  dai  rifiuti  non  e'
sufficiente di per se' a garantire la legittimita' costituzionale  di
una  differenziazione  del  prelievo  a  seconda  della   provenienza
regionale o extraregionale del rifiuto da smaltire. Cio'  neppure  se
l'entita' del tributo speciale sia stata fissata (come nella  specie)
nel rispetto dei limiti della manovra  quantitativa  consentita  alla
Regione dalla normativa statale di cui all'art. 3,  comma  29,  della
legge n. 549 del 1995, in forza del quale il  relativo  ammontare  e'
fissato con legge regionale «per chilogrammo  di  rifiuti  conferiti:
[...] in misura non inferiore ad euro 0,00517 [pari a euro  5,17  per
tonnellata] e non superiore ad euro 0,02582 [pari a  euro  25,82  per
tonnellata] per i rifiuti ammissibili al  conferimento  in  discarica
per rifiuti non pericolosi e pericolosi ai sensi degli articoli 3 e 4
del medesimo decreto». 
    6.1.-  Su  queste  premesse,  occorre  dunque  verificare  se  la
limitazione  prevista  dalla  norma  impugnata  presenti  margini  di
tollerabilita' costituzionale, dovendosi,  in  ogni  caso,  vagliare,
secondo il test che la giurisprudenza di questa  Corte  ha  elaborato
con riguardo all'art. 120, primo  comma,  Cost.,  «la  ragionevolezza
delle leggi regionali che limitano  i  diritti  con  esso  garantiti»
(sentenza n. 107 del 2018). 
    Tale scrutinio, come gia' anticipato, richiede di  valutare:  «a)
se si sia in presenza di un valore  costituzionale  in  relazione  al
quale possano essere posti limiti alla libera circolazione delle cose
o  degli  animali;  b)  se,  nell'ambito  del  suddetto   potere   di
limitazione, la regione possegga una competenza che  la  legittimi  a
stabilire  una  disciplina  differenziata  a  tutela   di   interessi
costituzionalmente affidati alla sua cura;  c)  se  il  provvedimento
adottato in attuazione del valore suindicato e  nell'esercizio  della
predetta competenza sia stato emanato nel rispetto dei  requisiti  di
legge e abbia un contenuto dispositivo ragionevolmente commisurato al
raggiungimento   delle   finalita'   giustificative   dell'intervento
limitativo della regione, cosi' da  non  costituire  in  concreto  un
ostacolo arbitrario alla libera circolazione delle cose fra regione e
regione» (sentenza n. 51 del 1991). 
    Va aggiunto, tuttavia,  che  la  suddetta  verifica  deve  essere
particolarmente rigorosa in presenza di  una  disposizione  regionale
che appare sussumibile nella categoria del  dazio,  dal  momento  che
l'art. 120, primo comma, Cost. ne fa oggetto di un precipuo  divieto,
distinguendolo dalla piu'  generale  ipotesi  di  «provvedimenti  che
ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle  persone  e
delle cose tra le Regioni». 
    6.2.- Nello svolgimento del suddetto  test  occorre  innanzitutto
considerare che la norma impugnata interviene a disciplinare  aspetti
del tributo speciale per il deposito in discarica e  in  impianti  di
incenerimento senza recupero energetico dei  rifiuti  solidi,  meglio
noto come "ecotassa", tributo proprio derivato istituito dall'art. 3,
commi da 24 a 40, della legge n. 549 del 1995. 
    Si tratta  di  un  tributo  ambientale  che  mira  a  correggere,
tassandole, le esternalita' negative date  dall'incidenza  ambientale
ritenuta indesiderabile  (discariche  e  rifiuti  ivi  sversati):  il
prelievo, infatti, e' istituito «[a]l  fine  di  favorire  la  minore
produzione di rifiuti e il recupero dagli stessi di materia  prima  e
di energia» (comma 24 del citato art. 3 della legge n. 549 del 1995). 
    6.3.- Rispetto a tale tributo la difesa  della  Regione  sostiene
che  la  scelta  di  innalzarne  l'importo  per  i  rifiuti  speciali
provenienti da fuori Regione sarebbe giustificabile sotto un triplice
profilo. 
    In primo luogo perche' «volta al buon governo  di  un  territorio
con caratteristiche territoriali e orografiche del tutto  peculiari»,
dove spazi esigui e vincoli idrogeologici limitano la  disponibilita'
di siti idonei alla localizzazione di impianti  di  discarica  per  i
rifiuti speciali non pericolosi. In tali impianti,  inoltre,  siccome
«l'importo della  ecotassa  fissato  in  precedenza  dal  legislatore
valdostano era nettamente inferiore a quello praticato dalle  Regioni
limitrofe», si era «incentivato il conferimento in Valle  d'Aosta  di
rifiuti provenienti anche da zone molto distanti». 
    Di  qui  il  secondo  argomento,  incentrato  sui   principi   di
autosufficienza e, in particolare, di prossimita' di cui  agli  artt.
182 e 182-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante
«Norme in materia  ambientale»  (d'ora  in  poi  cod.  ambiente):  la
maggiorazione del tributo per i rifiuti prodotti  fuori  dai  confini
regionali sarebbe diretta a «evitare il sovra-conferimento di rifiuti
esterni» e quindi la probabile maggiore movimentazione degli stessi. 
    Infine, la Regione autonoma adduce, quale terzo argomento, che la
differenziazione attuata dal legislatore regionale non  esorbiterebbe
dai limiti fissati dalla normativa  statale  istituiva  dell'ecotassa
relativamente al  quantum  del  tributo;  in  particolare,  la  norma
impugnata non solo non  si  porrebbe  in  contrasto  con  un  divieto
espresso previsto dalla legge statale, ma anzi  ne  costituirebbe  un
opportuno, naturale, svolgimento con riguardo  ad  aspetti  attinenti
alla competenza regionale del governo del territorio e  della  tutela
della salute. 
    6.4.- Gli argomenti della difesa regionale non sono sufficienti a
superare il test di costituzionalita' riferito  all'art.  120,  primo
comma, Cost. 
    6.4.1.- Su un piano piu' generale va innanzitutto  ricordato  che
la giurisprudenza di questa Corte  si  e'  occupata  piu'  volte  del
problema, posto  dalla  legislazione  delle  Regioni,  relativo  alla
legittimita' del  divieto  di  smaltimento  in  ambito  regionale  di
rifiuti di provenienza extraregionale, pervenendo  sostanzialmente  a
due diverse soluzioni  a  seconda  della  tipologia  dei  rifiuti  in
questione. 
    Da  un  lato,  infatti,  si  e'  statuito  che  il  principio  di
autosufficienza di  cui  all'art.  182,  comma  5  (ora  comma  3,  a
decorrere dal 25 dicembre  2010,  in  forza  dell'art.  8,  comma  1,
lettera b, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n.  205,  recante
«Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa  ai  rifiuti  e
che abroga alcune direttive»), cod. ambiente, che, identificando  nel
territorio regionale l'ambito  ottimale,  vieta  lo  smaltimento  dei
rifiuti di produzione extraregionale, e' applicabile solo ai  rifiuti
urbani non pericolosi; dall'altro si e'  precisato  che  il  suddetto
principio  non  puo'  valere  ne'  per  quelli  speciali   pericolosi
(sentenze n. 12 del 2007, n. 161 del 2005, n. 505 del  2002,  n.  281
del 2000), ne' per quelli speciali non pericolosi (sentenze n. 10 del
2009 e n. 335 del 2001), per i quali, non essendo  preventivabile  in
modo  attendibile  la  dimensione  quantitativa  e  qualitativa   del
materiale da smaltire, diviene  impossibile  individuare  «un  ambito
territoriale ottimale, che valga a  garantire  l'obiettivo  specifico
dell'autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001). 
    Tali conclusioni rimangono valide anche a seguito delle modifiche
al suddetto testo  originario  dell'art.  182  disposte,  aggiungendo
anche l'art. 182-bis, con il d.lgs. n. 205 del 2010 (sentenza  n.  76
del 2021). 
    Quest'ultima  disposizione   infatti,   da   un   lato   conferma
l'impossibilita' di estendere ai rifiuti diversi da quelli urbani non
pericolosi il principio dell'autosufficienza regionale e, dall'altro,
ribadisce  che  va  invece  applicato  ai   rifiuti   speciali,   per
assicurarne la piu' efficace  gestione,  il  diverso  criterio  della
specializzazione dell'impianto di smaltimento (art. 182-bis, comma 1,
lettera b, cod. ambiente). 
    Tale criterio, peraltro, in particolare per  i  rifiuti  speciali
non  pericolosi,  potrebbe  risultare  temperato  da   quello   della
prossimita' al luogo di  produzione,  in  modo  da  ridurre  il  piu'
possibile la movimentazione dei rifiuti (Consiglio di Stato,  sezione
quinta, sentenza 11 giugno 2013, n. 3215). Tuttavia, rimane  fermo  -
contrariamente  a  quanto  sostenuto  dalla  resistente  -   che   la
necessita'  di  garantire  le  interconnessioni,  che  devono  sempre
sussistere tra i vari siti  degli  impianti,  porta  a  escludere  la
possibilita'  che,  al  di  fuori  dei  rifiuti  urbani,  il  confine
regionale  possa  essere  utilizzato  per  emanare  norme  dirette  a
favorire solo lo smaltimento dei rifiuti prodotti  all'interno  dello
stesso. 
    Cio' in quanto, in contraddizione con la stessa nozione di  «rete
integrata ed adeguata di  impianti»  (art.  182-bis,  comma  1,  cod.
ambiente), la discriminazione in base al criterio  della  provenienza
regionale  o  extraregionale   potrebbe   pregiudicare   proprio   il
conseguimento della finalita' di smaltire tali rifiuti in  uno  degli
impianti appropriati piu' vicini (sentenza n. 227 del 2020). Infatti,
il  riferimento  al  confine  regionale,  ostacolando   la   generale
fruibilita' delle discariche, «determina di necessita'  una  maggiore
movimentazione dei rifiuti  sul  territorio,  stante  la  contrazione
dell'offerta di idonei siti disponibili allo smaltimento dei  rifiuti
speciali non pericolosi» (sentenza n. 244 del 2011), con «un  duplice
effetto complessivamente negativo sugli obiettivi, sia nazionali, sia
regionali» (sentenza n. 231 del 2019). 
    Sulla base di tali rilievi, questa Corte ha quindi  ritenuto  che
numerose  disposizioni  regionali,  le  quali  stabilivano   ostacoli
assoluti o  relativi  allo  smaltimento  di  rifiuti  di  provenienza
extraregionale diversi da quelli urbani non  pericolosi,  fossero  in
contrasto con l'art. 120 Cost., «sotto il  profilo  dell'introduzione
di ostacoli alla libera circolazione di cose tra  le  regioni,  oltre
che  con   i   principi   fondamentali   delle   norme   di   riforma
economico-sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del  1997,
e riprodotti dal d.lgs. n. 152 del 2006» (sentenza n. 10 del 2009). 
    6.4.2.- Alla luce di  queste  considerazioni,  l'argomento  speso
dalla difesa  della  Regione  autonoma  in  ordine  alla  particolare
caratterizzazione  del  proprio  territorio  regionale   non   appare
dirimente. 
    La norma in  questione,  infatti,  utilizzando  la  leva  fiscale
dell'ecotassa per discriminare i conferimenti in discarica di rifiuti
speciali non pericolosi provenienti da fuori Regione, non e' in  ogni
caso riconducibile, come si e' visto, a una legittima attuazione  dei
principi di autosufficienza e prossimita'. 
    Tale norma appare piuttosto dissimulare il tentativo di sottrarsi
alle implicazioni, anche in termini di  solidarieta',  connesse  alla
necessita'  di  garantire  una  rete  adeguata  e  integrata  per  lo
smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi. 
    Essa, infatti, determina,  nel  differenziale  imposto  a  questi
ultimi,  l'effetto  sostanziale  di  introdurre,  in  contrasto   con
l'espressa previsione dell'art. 120, primo comma,  Cost.,  un  "dazio
all'importazione", cioe' un ostacolo fiscale alla libera circolazione
delle merci tra le Regioni. 
    6.4.3 - Nemmeno puo' rilevare l'ulteriore argomento svolto  dalla
difesa regionale, circa l'assenza di  un  esplicito  divieto  di  una
simile differenziazione nella disciplina  statale,  che  consente  la
manovrabilita', tra un minimo e un massimo, dell'ecotassa. E' infatti
sottesa a tale silenzio l'ovvia considerazione che nemmeno  la  legge
statale potrebbe, senza violare essa stessa l'art. 120, primo  comma,
Cost., abilitare una Regione a introdurre dazi o forme impositive  ad
effetto equivalente. 
    6.4.4. - Da quanto considerato deriva che la norma impugnata  non
e' in grado di superare l'indicato test di costituzionalita'. 
    Innanzitutto va rilevato che la differenziazione del prelievo  in
ragione della provenienza regionale o extraregionale del rifiuto  non
solo non trova giustificazione nei valori costituzionali della tutela
ambientale e della salute, ma addirittura si pone  in  contrasto  con
essi perche' comporterebbe una maggiore  movimentazione  dei  rifiuti
sul territorio nazionale (come osservato al punto 6.4.1.). 
    Tale rilievo sarebbe gia' sufficiente  per  l'accoglimento  della
questione; tuttavia, e' evidente che la norma impugnata, determinando
un ostacolo fiscale alla libera  circolazione  delle  merci,  non  e'
neppure riconducibile  a  un  esercizio  legittimo  delle  competenze
regionali, perche' queste non possono alterare in peius gli  standard
ambientali statali (da ultimo, sentenze n. 7 del 2019, n. 139 e n. 74
del 2017). 
    Deve quindi essere  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale,
per violazione dell'art. 120, primo comma, Cost., dell'art. 10  della
legge reg. Valle d'Aosta n. 8 del 2020 limitatamente alle voci  della
Tabella di cui all'Allegato A alla legge reg. Valle d'Aosta n. 31 del
2007 che, discriminando in relazione alla  provenienza  territoriale,
introducono la descritta differenziazione tabellare. 
    Per escludere la  suddetta  discriminazione  deve  essere  dunque
dichiarata l'illegittimita' costituzionale: a) della voce di  Tabella
concernente  i  «Rifiuti  speciali  non   pericolosi   ammessi   allo
smaltimento in discariche per  rifiuti  non  pericolosi  prodotti  in
Regione»,  limitatamente  alle  parole  «prodotti  in  Regione»;   b)
dell'intera  voce  tabellare  concernente  i  «Rifiuti  speciali  non
pericolosi ammessi allo smaltimento  in  discarica  per  rifiuti  non
pericolosi provenienti da  fuori  Regione»,  compreso  l'importo  del
prelievo pari a euro 25,82 per tonnellata. 
    7.- Le ulteriori censure promosse in riferimento agli artt. 3, 41
e 117, secondo comma, lettera s), Cost. sono assorbite.