ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  della
legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n. 7 (Disposizioni per  la
semplificazione e lo  sviluppo  regionale),  promosso  dal  Tribunale
amministrativo Regionale per il Lazio nel procedimento  vertente  tra
la Selva srl e il Comune di Marino e  altro,  con  ordinanza  del  19
novembre 2019, iscritta al n.  178  del  registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  51,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Selva srl; 
    udita nella camera di consiglio del 28  aprile  2021  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    deliberato nella camera di consiglio del 28 aprile 2021. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per  il  Lazio
ha sollevato questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7
della legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n.  7  (Disposizioni
per  la  semplificazione  e  lo  sviluppo  regionale),  per  asserita
violazione degli artt. 3, 41, 42 e 117 della Costituzione; 
    che  la  disposizione  censurata,  intitolata   «Modifica   della
perimetrazione del parco  regionale  dell'Appia  Antica»,  stabilisce
quanto segue: «1. La perimetrazione del  parco  regionale  dell'Appia
Antica, istituito con la legge regionale  10  novembre  1988,  n.  66
(Istituzione del parco  regionale  dell'Appia  Antica)  e  successive
modifiche, come da ultimo modificata dalla legge regionale  30  marzo
2009, n. 6 (Modifica del perimetro  del  parco  regionale  dell'Appia
Antica), e' ampliata secondo la planimetria in scala  1:10.000  e  la
relativa  relazione  descrittiva  contenute,  rispettivamente,  negli
allegati A2 e B2 che costituiscono parte  integrante  della  presente
legge. 2. Nelle more dell'adeguamento,  ai  sensi  dell'articolo  26,
comma 5 bis, della legge regionale 6 ottobre 1997, n.  29  (Norme  in
materia di aree naturali protette regionali) e successive  modifiche,
del piano  del  parco  regionale  dell'Appia  Antica,  approvato  con
deliberazione del Consiglio regionale 18  luglio  2018,  n.  9,  alle
disposizioni di cui al comma 1 continua ad applicarsi  la  disciplina
prevista dal medesimo piano. Limitatamente al territorio  oggetto  di
ampliamento non ricompreso nella perimetrazione prevista  nel  piano,
si applicano le misure di salvaguardia di cui  all'articolo  8  della
l.r. 29/1997 per le zone A, di cui all'articolo 7, comma  4,  lettera
a),  n.  1  della  medesima  legge  regionale.  3.  Relativamente  al
territorio  interessato  dall'ampliamento  di   cui   al   comma   1,
l'adeguamento del piano del  parco  regionale  dell'Appia  Antica  ai
sensi del comma 2 favorisce:  a)  l'esercizio  e  lo  sviluppo  delle
attivita' agricole aziendali e il ricorso allo strumento del piano di
utilizzazione  aziendale  (PUA)  in  conformita'  a  quanto  previsto
dall'articolo  31  della  l.r.  29/1997;  b)  lo  svolgimento   delle
attivita' compatibili con le finalita' del parco quali  le  attivita'
sportive   relative   ad   impianti   legittimamente   esistenti   in
considerazione   del   ruolo    svolto    dalle    stesse    rispetto
all'innalzamento della qualita' della vita della popolazione»; 
    che il giudizio a quo e'  stato  promosso  contro  il  Comune  di
Marino e la Regione Lazio  dalla  Selva  srl,  che  si  doleva  della
mancata esecuzione della sentenza del TAR Lazio 23 gennaio  2018,  n.
839, con  cui  era  stata  accertata  l'illegittimita'  del  silenzio
serbato  dallo  stesso  Comune  in  merito  alla  presentazione   del
Programma integrato di intervento (di seguito: PRINT) "Selva" del  26
maggio  2016,  ed  era  stato  ordinato  al  Comune   di   provvedere
espressamente sulla richiesta della  societa'  entro  novanta  giorni
dalla  comunicazione  della  sentenza.  Nello  stesso  giudizio,   la
societa'  chiedeva,  in   via   subordinata,   l'annullamento   della
deliberazione del Consiglio comunale di Marino 28 febbraio  2018,  n.
2, e della nota del Comune di Marino 24 aprile 2018,  n.  22900,  con
cui era stato comunicato che la citata delibera n. 2 del  2018  aveva
sospeso gli effetti  del  Protocollo  d'intesa  sottoscritto  con  la
Regione Lazio il 14 giugno 2011, ragion per  cui  fino  al  perdurare
della sospensione il PRINT "Selva" risultava «improcedibile»; 
    che il 4 gennaio 2019 la Selva srl  presentava  motivi  aggiunti,
con cui chiedeva  l'annullamento  del  provvedimento  «implicito»  di
ampliamento del parco regionale dell'Appia Antica -  esecutivo  della
norma censurata - e delle relative misure di salvaguardia, nonche' il
risarcimento dei  danni  causati  dal  silenzio-inadempimento  e  dal
mancato esercizio del  potere  comunale  di  approvazione  del  PRINT
"Selva" proposto dalla ricorrente; 
    che il rimettente precisa che l'ampliamento del  parco  regionale
dell'Appia Antica interessa anche l'area oggetto  PRINT  "Selva",  di
proprieta' della ricorrente; che, in base a quanto disposto dall'art.
7, comma 2, della  legge  reg.  Lazio  n.  7  del  2018,  nelle  zone
urbanistiche in cui ricade gran parte del progetto  presentato  dalla
ricorrente  e'  vietata  la  nuova  edificazione;  infine,   che,   a
differenza di altri casi sottoposti al TAR Lazio nel 2018,  il  PRINT
"Selva" non e' mai stato  approvato  ne'  e'  stata  sottoscritta  la
convenzione urbanistica; 
    che il  rimettente  argomenta  sulla  rilevanza  delle  questioni
sollevate, osservando che la nuova perimetrazione del parco regionale
dell'Appia Antica, disposta con la norma censurata,  «ha  un  impatto
immediato e ineludibile  sul  regime  della  proprieta'  della  parte
ricorrente  e  sulle  legittime  aspettative  di  far  rientrare   la
proprieta' stessa nell'ambito del Programma urbanistico  ed  edilizio
proposto»; l'art. 7 della legge reg. Lazio n. 7 del 2018 sarebbe  una
"legge-provvedimento"  e  da  cio'  deriverebbe  la  rilevanza  delle
questioni di legittimita' costituzionale, perche',  da  un  lato,  la
norma conterrebbe in se' il precetto di carattere  amministrativo,  e
quindi non necessiterebbe  di  atti  amministrativi  applicativi  per
essere esecutiva, dall'altro lato la decisione del giudizio a quo non
potrebbe  prescindere  dalla  valutazione   circa   la   legittimita'
costituzionale della norma in esame, che ha ampliato il perimetro del
parco dell'Appia Antica, includendovi anche  le  aree  di  proprieta'
della ricorrente; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza, la  norma  censurata
sarebbe innanzitutto affetta da «irragionevolezza per  disparita'  di
trattamento»  (art.  3  Cost.)  tra  la  situazione  della   societa'
ricorrente e altre due diverse situazioni: da un  lato,  «quella  dei
proprietari dei terreni che sono  stati  inclusi  nel  perimetro  del
Parco con provvedimenti anteriori all'entrata in vigore  della  legge
regionale n. 7/2018, poiche' per costoro  e'  stata  fatta  salva  la
disciplina  attuativa  gia'  approvata»;  dall'altro,   «quella   dei
sottoscrittori degli altri Print limitrofi e  oggetto  di  Protocollo
d'Intesa del 2011», esclusi  dall'ampliamento  disposto  dalla  norma
censurata; secondo il rimettente, data la stretta connessione  tra  i
piani  che  fanno  parte  «di  un  complesso  programma   urbanistico
dell'intero quadrante», «prevedere  l'applicazione  delle  misure  di
salvaguardia soltanto per una parte dell'intera area  risulta  essere
misura vieppiu' sperequata»; 
    che, secondo il rimettente, la norma censurata violerebbe inoltre
l'art. 42 Cost., in quanto vanificherebbe i programmi edificatori dei
privati; il giudice a quo afferma, al riguardo, di  non  ignorare  la
giurisprudenza costituzionale sulla non riconducibilita' agli  schemi
dell'espropriazione dei  vincoli  apposti  ai  beni  immobili  aventi
valore paesistico-ambientale, ma ritiene che, nel caso all'esame,  il
legislatore   regionale   abbia   superato   i   limiti   della   non
irragionevolezza e  della  non  arbitrarieta';  l'applicazione  delle
misure  di  salvaguardia  avrebbe  di  fatto  posto  nel   nulla   le
possibilita' edificatorie delle aree in questione, riducendo, in modo
immotivato rispetto a quanto risultava da precedenti  determinazioni,
il  valore  economico  della  proprieta'  della   ricorrente,   senza
prevedere un ristoro economico; 
    che, secondo il TAR Lazio, la norma  censurata  violerebbe  anche
l'art. 41 Cost., considerato che le attivita'  di  realizzazione  del
PRINT avrebbero dovuto essere compiute nell'esercizio  dell'attivita'
di impresa, sicche'  l'applicazione  delle  misure  di  salvaguardia,
inibendo ogni  attivita'  edilizia  per  un  tempo  non  prevedibile,
comporterebbe  anche  una  lesione  della  liberta'   di   iniziativa
economica privata; 
    che, secondo il rimettente, la  norma  censurata  violerebbe  poi
l'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  «sotto  il  profilo  del  mancato
rispetto dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  (per
quanto sopra rilevato con riferimento al diritto a un equo processo e
al diritto di proprieta')»; in  punti  precedenti  dell'ordinanza  di
rimessione, il TAR Lazio richiama l'art. 6 della Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955,  n.  848,  in  materia  di  giusto
processo, a proposito dell'interferenza tra la legge censurata  e  il
giudizio pendente, e riferisce che  la  ricorrente  ha  lamentato  la
violazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU,  firmato
a Parigi il  20  marzo  1952,  che  garantisce  la  protezione  della
proprieta'; 
    che, secondo il rimettente, la norma censurata violerebbe  l'art.
117, primo (recte: secondo)  comma,  lettera  s),  Cost.,  in  quanto
avrebbe modificato il perimetro del parco regionale dell'Appia Antica
«in  assenza  di  avvio  della  valutazione   ambientale   strategica
prescritta ai sensi della legislazione statale»; in proposito, il TAR
richiama in particolare gli artt. 6 e 11 del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); 
    che, infine,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  norma  censurata
violerebbe l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  con  riferimento  alla
materia «governo del territorio», in quanto si porrebbe in  contrasto
con l'art. 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative  e  regolamentari  in  materia   edilizia   (Testo   A)»,
«differendo sotto il profilo temporale lo  ius  aedificandi,  per  un
numero  di  anni  superiore  a  quello  fissato  dalla   legislazione
statale»; 
    che, con atto depositato il 4 gennaio 2021, si e'  costituita  la
Selva srl; 
    che, secondo la parte, l'art. 8 della legge della Regione Lazio 6
ottobre 1997, n. 29 (Norme  in  materia  di  aree  naturali  protette
regionali), richiamato dall'art. 7, comma 2, della legge  reg.  Lazio
n.  7  del  2018,  condizionerebbe  l'applicazione  delle  misure  di
salvaguardia ad «una verifica di situazioni di rischio che  nel  caso
di specie la legge regionale  ha  irragionevolmente  escluso»  (viene
richiamato  il  comma  1  del  citato  art.  8);  stabilendo   invece
l'«applicazione automatica» delle misure di salvaguardia e  rinviando
al futuro adeguamento del piano del parco (per il quale  non  sarebbe
fissato alcun termine),  la  disposizione  censurata  non  fornirebbe
alcuna motivazione e determinerebbe cosi' «una vistosa disparita'  di
trattamento» rispetto alla norma regionale richiamata; 
    che la stessa parte ricorda come il progetto in  questione  fosse
stato  presentato  in  origine  sotto  forma  di  piano   urbanistico
attuativo, ricevendo fin dal 2008 l'approvazione  sia  della  Regione
che del Comune, e come, successivamente alla richiesta di  riproporre
l'iniziativa con la forma  del  Programma  integrato  di  intervento,
l'iter si fosse tuttavia arenato;  la  societa'  censura  la  mancata
«verifica dell'effettiva necessita' di bloccare  iniziative  edilizie
che solo l'incapacita' burocratica delle Amministrazioni  interessate
ha  impedito  di  approvare  per  tempo»,  tanto  piu'  in  una  zona
«pressoche' completamente urbanizzata»; 
    che il 7 aprile 2021 la  Selva  srl  ha  depositato  una  memoria
integrativa, in cui,  oltre  a  ripercorrere  le  vicende  che  hanno
condotto al presente giudizio e a  ribadire  le  argomentazioni  gia'
svolte nella memoria di costituzione e nell'ordinanza di  rimessione,
si sofferma sulla sentenza di questa Corte n. 276 del 2020; 
    che la parte ritiene non convincente l'assimilazione, operata  in
tale pronuncia, fra le misure di salvaguardia previste dalla legge  6
dicembre 1991, n. 394  (Legge  quadro  sulle  aree  protette),  e  il
regolamento del parco, nel senso di considerarli entrambi standard di
tutela ambientale; afferma poi di non comprendere come questa  Corte,
sempre nella  sentenza  n.  276  del  2020,  abbia  potuto  sostenere
«l'inesistenza della disparita' di trattamento non rinvenendo neppure
una legittima aspettativa in capo  al  soggetto  istante»;  sostiene,
inoltre, che «contraddittoriamente» nella pronuncia si afferma che le
misure di salvaguardia di cui all'art. 16 della legge  della  Regione
Lazio 10 novembre  1988,  n.  66  (Istituzione  del  parco  regionale
dell'Appia Antica), e all'art. 42 della legge reg. Lazio  n.  29  del
1997 non potevano essere considerate tertia comparationis. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Lazio dubita della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  della
legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n. 7 (Disposizioni per  la
semplificazione e lo sviluppo  regionale),  per  asserita  violazione
degli artt. 3, 41, 42 e 117, commi  primo,  secondo,  lettera  s),  e
terzo, della Costituzione; 
    che la norma censurata ha previsto un ampliamento  del  perimetro
del parco regionale dell'Appia Antica, prevedendo, per il  territorio
interessato dall'ampliamento (nelle more dell'adeguamento  del  piano
del  parco),  misure  di  salvaguardia  consistenti  nel  divieto  di
attivita' edilizie; 
    che il TAR Lazio contesta il citato art. 7, nella misura  in  cui
incide sugli interessi della Selva srl,  ricorrente  nel  giudizio  a
quo, che nel 2016 ha presentato un Programma integrato di  intervento
(PRINT) relativo ad aree situate in localita'  S.  Maria  delle  Mole
(nel Comune di Marino), mai approvato; 
    che il TAR rimettente ha  sollevato  le  medesime  questioni,  in
relazione  alla   stessa   norma   regionale,   in   altro   giudizio
amministrativo, e  che  tali  questioni  sono  state  dichiarate  non
fondate (tranne una,  dichiarata  inammissibile)  dalla  sentenza  di
questa Corte n. 276 del 2020; 
    che, in particolare, la prima questione riferita all'art. 3 Cost.
(disparita'  di  trattamento  tra  la   situazione   della   societa'
ricorrente e «quella dei  proprietari  dei  terreni  che  sono  stati
inclusi  nel  perimetro  del  Parco   con   provvedimenti   anteriori
all'entrata in vigore della legge regionale n.  7/2018,  poiche'  per
costoro e' stata fatta salva la disciplina attuativa gia' approvata»)
e' stata dichiarata non fondata, in quanto  la  norma  censurata  non
riserva  ai  proprietari  dei  terreni  oggetto  dell'ampliamento  un
trattamento deteriore rispetto ai proprietari dei terreni inclusi nel
perimetro del parco prima della legge  reg.  Lazio  n.  7  del  2018,
poiche'  per  questi  ultimi  i  preesistenti  strumenti  urbanistici
attuativi non sono stati fatti salvi dalle leggi che istituiscono  il
parco o ne modificano l'estensione, ma dal piano del parco; 
    che la seconda questione riferita all'art. 3 Cost. (disparita' di
trattamento tra la situazione della societa' ricorrente e «quella dei
sottoscrittori degli altri Print limitrofi e  oggetto  di  Protocollo
d'Intesa del 2011», esclusi  dall'ampliamento  disposto  dalla  norma
censurata) e' stata dichiarata non fondata, in  quanto  il  perimetro
dell'estensione operata con la previsione contestata corrisponde alla
proposta di ampliamento avanzata nel 2002 dall'Ente  parco  regionale
dell'Appia Antica, in sede di adozione del piano del parco  (delibera
del Consiglio direttivo dell'Ente parco 29 luglio  2002,  n.  17),  e
l'approvazione della norma di legge in esame si collega espressamente
al procedimento di formazione del piano  del  parco  e  al  parere  6
ottobre 2016, n. 243, del Comitato regionale per il territorio,  come
risulta dal Documento di indirizzo del  10  settembre  2018,  redatto
dalla  conferenza  degli  enti  territoriali  interessati  ai   sensi
dell'art. 9, comma 2, della legge della Regione Lazio 6 ottobre 1997,
n. 29  (Norme  in  materia  di  aree  naturali  protette  regionali);
inoltre, questa Corte ha osservato che il TAR Lazio non ha contestato
il pregio ambientale dei terreni oggetto dell'ampliamento  del  parco
ne' ha illustrato un simile pregio ambientale  dei  terreni  esclusi,
anzi dando atto del mancato  inizio  dell'edificazione  sui  primi  e
dell'avvenuto inizio delle costruzioni sui secondi; 
    che  la  questione  relativa  all'art.  42,  terzo  comma,  Cost.
(vanificazione delle possibilita' edificatorie delle aree incluse nel
parco, con riduzione del loro valore economico senza previsione di un
ristoro economico) e' stata  dichiarata  non  fondata,  in  quanto  i
limiti alla proprieta' aventi finalita' di tutela paesaggistica e, in
senso lato,  ambientale  non  ricadono  nell'ambito  di  applicazione
dell'art. 42,  terzo  comma,  Cost.:  a  differenza  dei  vincoli  di
carattere  urbanistico  che  derivano  da   scelte   della   pubblica
amministrazione idonee a condizionare discrezionalmente  le  facolta'
di godimento del bene, i vincoli di tipo ambientale  sono  espressivi
di caratteristiche intrinseche del bene, di cui l'amministrazione  si
limita a registrare l'esistenza, e costituiscono attuazione di quanto
previsto dall'art. 42, secondo comma, Cost.; 
    che la questione relativa all'art.  41  Cost.  (le  attivita'  di
realizzazione   del   PRINT   avrebbero   dovuto   essere    compiute
nell'esercizio   dell'attivita'    di    impresa),    di    carattere
sostanzialmente  ancillare  rispetto  alla   precedente,   e'   stata
parimenti dichiarata non fondata; 
    che la questione riferita all'art. 117, primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848, in materia di giusto  processo  (per  l'asserita
interferenza tra la legge censurata e il giudizio pendente), e' stata
dichiarata non fondata, poiche' la norma in  questione,  non  essendo
retroattiva, e' in realta' inidonea a influire sulla validita'  degli
atti amministrativi oggetto dei giudizi pendenti al momento della sua
entrata in vigore, in quanto, in applicazione  del  principio  tempus
regit actum, il vaglio della legittimita' di  quegli  atti  prescinde
necessariamente dalla norma censurata, che potra'  al  piu'  incidere
sulla loro esecuzione, non sulla loro validita'; 
    che la questione riferita all'art. 117, primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato  a
Parigi  il  20  marzo  1952,  che  garantisce  la  protezione   della
proprieta', e' stata dichiarata non fondata, in quanto, in base  alla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, il  divieto
di edificazione imposto per finalita'  di  tutela  ambientale  e'  un
limite  volto  a  disciplinare  l'uso  dei  beni  in  modo   conforme
all'interesse generale, come consentito dallo  stesso  art.  1  Prot.
addiz. CEDU; inoltre, la sentenza n. 276 del 2020 ha anche  accertato
che  la  norma  censurata  non  altera  il  giusto   equilibrio   tra
l'interesse generale e gli interessi individuali sacrificati; 
    che la questione relativa all'art. 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost. (ampliamento  del  parco  regionale  dell'Appia  Antica  in
assenza di avvio della valutazione ambientale  strategica)  e'  stata
dichiarata inammissibile, in quanto il rimettente  non  ha  motivato,
ne' sulla riconducibilita' della  norma  censurata  alla  nozione  di
«piani o programmi», quale e' delineata dagli artt.  4,  5  e  6  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale),  ne'  sulla  possibilita'  che   essa   abbia   «impatti
significativi sull'ambiente e sul  patrimonio  culturale»  (ai  sensi
dell'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006); 
    che, infine, la questione relativa  all'art.  117,  terzo  comma,
Cost. (differimento dello jus  aedificandi  per  un  numero  di  anni
superiore a quello fissato dall'art. 12, comma  3,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,  n.  380,  recante  «Testo
unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia
edilizia - Testo A») e' stata dichiarata non fondata,  in  quanto  il
parametro  interposto  riguarda  la  salvaguardia   degli   strumenti
urbanistici adottati (e i vincoli da essi derivanti, ossia i  vincoli
urbanistici a contenuto espropriativo), mentre nel caso di specie  le
misure  di  salvaguardia  sono  state  introdotte   in   applicazione
dell'art. 8 della legge reg. Lazio n. 29  del  1997,  riguardante  le
aree naturali protette, dalle quali misure derivano vincoli di natura
conformativa, sottoposti a  un  regime  diverso,  caratterizzato,  in
particolare, dall'assenza di un termine di scadenza; 
    che  gli  argomenti  fatti   valere   con   l'odierna   ordinanza
corrispondono a quelli dedotti nell'ordinanza oggetto della  sentenza
n. 276 del 2020, salve alcune differenze, per lo piu' dovute al fatto
che, nella vicenda all'origine del presente giudizio, il PRINT  della
Selva srl  non  e'  mai  stato  approvato,  ragion  per  cui  nessuna
convenzione urbanistica e' stata sottoscritta; 
    che, dunque, le conclusioni gia' raggiunte dalla sentenza n.  276
del 2020 devono essere confermate a fortiori nel  presente  giudizio,
date le minori aspettative edificatorie della Selva srl (il cui PRINT
non e' mai stato approvato) rispetto alle societa'  ricorrenti  nella
vicenda oggetto della sentenza n. 276 del 2020; 
    che, pertanto, in assenza di nuovi argomenti idonei ad  inficiare
le conclusioni gia' raggiunte, le questioni sollevate in  riferimento
agli artt.  3,  41,  42,  117,  primo  e  terzo  comma,  Cost.  vanno
dichiarate manifestamente infondate, mentre la questione sollevata in
riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  va
dichiarata manifestamente inammissibile.