ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
2, e 2, comma 1, della  legge  della  Regione  autonoma  Sardegna  21
febbraio 2020, n. 3 (Modifiche alle leggi regionali n. 45 del 1989  e
n. 8 del 2015 in materia di Piano di utilizzo dei litorali), promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
23-28 aprile 2020, depositato  in  cancelleria  il  28  aprile  2020,
iscritto al n. 43  del  registro  ricorsi  2020  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  20,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nella udienza  pubblica  del  13  aprile  2021  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Mattia Pani  per  la  Regione
autonoma Sardegna, in collegamento da remoto, ai sensi del  punto  1)
del decreto del Presidente della Corte del 16 marzo 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 14 aprile 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 23-28 aprile 2020, depositato il 28 aprile 2020 e iscritto al reg.
ric.  n.  43  del  2020,  ha  promosso  questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 2, e  2,  comma  1,  della  legge
della Regione autonoma Sardegna 21 febbraio  2020,  n.  3  (Modifiche
alle leggi regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del  2015  in  materia  di
Piano di utilizzo dei litorali), recanti modifiche,  rispettivamente,
alla legge della Regione autonoma Sardegna 22 dicembre  1989,  n.  45
(Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale) e  alla  legge
della Regione autonoma Sardegna 23 aprile 2015, n. 8  (Norme  per  la
semplificazione e il riordino di disposizioni in materia  urbanistica
ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio). Entrambi
gli articoli impugnati violerebbero gli artt. 9 e 117, secondo comma,
lettere l), m) ed  s),  della  Costituzione,  l'art.  3  della  legge
costituzionale 26  febbraio  1948  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna), nonche' l'art. 146  del  decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)  (d'ora  in  poi,
anche: cod. beni culturali). 
    2.- L'art. l, comma 2, modifica l'art. 22-bis  della  legge  reg.
Sardegna n. 45 del 1989, sul Piano di utilizzo  dei  litorali  (PUL).
Con la lettera b), incide sul comma 6 dell'art.  22-bis,  aggiungendo
il seguente periodo: «[l]e aree e le strutture assentite  con  titolo
concessorio  demaniale  permangono  invariate   per   posizionamento,
superficie, oggetto e utilita' turistico-ricreative esercitate,  come
previsto dal relativo titolo, sino alla scadenza  dello  stesso».  Le
lettere c) e d) modificano, invece,  il  comma  9  dell'art.  22-bis.
Detto comma 9 prima stabiliva  che  «[...]  la  localizzazione  delle
strutture di cui al  comma  3  e'  ammessa,  compatibilmente  con  le
previsioni contenute negli strumenti  urbanistici  comunali,  per  un
periodo non superiore a quello  della  stagione  balneare,  salva  la
differente durata gia'  prevista  da  legittimi  titoli  abilitativi,
autorizzatori e concessori. In assenza di PUL e'  inoltre  consentita
la realizzazione, senza limiti  temporali,  di  strutture  di  facile
rimozione della superficie  non  superiore  a  30  mq  e  connesse  a
corridoi di lancio, finalizzate all'esercizio di  attivita'  sportive
direttamente  connesse  all'uso  del  mare;   tali   strutture   sono
compatibili con ogni destinazione di zona omogenea e non soggiacciono
ai relativi parametri; rimane impregiudicata la possibilita' del  PUL
di sopprimere o rivedere il posizionamento di  tali  strutture».  Per
effetto dell'art. 1, comma 2, lettera c), della legge  reg.  Sardegna
n. 3 del  2020,  esso  vede  abrogato  il  periodo  che  limitava  la
localizzazione delle strutture  di  cui  al  comma  3  alla  stagione
balneare e, inoltre, per effetto dell'art. 1, comma  2,  lettera  d),
della legge regionale impugnata, viene modificato  con  l'inserimento
della previsione secondo cui «le aree e le  strutture  assentite  con
titolo concessorio demaniale permangono invariate per posizionamento,
superficie, oggetto e utilita' turistico-ricreative esercitate,  come
previsto dal  relativo  titolo,  sino  alla  scadenza  dello  stesso.
Possono essere assentite variazioni a  richiesta  del  concessionario
solo e limitatamente a quanto previsto dal Codice della navigazione». 
    2.1.- Secondo il ricorrente, la novella normativa di cui all'art.
1, comma 2, lettere b), c)  e  d),  produrrebbe  un  duplice  effetto
pregiudizievole delle norme costituzionali e interposte evocate quali
parametri. Infatti, da un lato, sarebbero rese  permanenti  strutture
precarie e mobili di carattere  stagionale,  assoggettate,  in  forza
dell'autorizzazione  paesaggistica,  all'obbligo  di  smontaggio   al
termine   della   stagione   balneare,   incidendo   sul    contenuto
dell'autorizzazione   paesaggistica   previamente   rilasciata.    Le
disposizioni si porrebbero in contrasto  con  l'art.  146  cod.  beni
culturali ove assegna  all'autorizzazione  paesaggistica  valenza  di
atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di  costruire  e  ad
altri titoli edilizi o urbanistici. Da un altro lato, tali previsioni
inciderebbero    sull'efficacia     temporale     dell'autorizzazione
paesaggistica, «uniformandola in ogni caso a quella della concessione
demaniale  marittima»,  in  violazione  del  comma  4   dell'articolo
indicato.   Peraltro,    le    disposizioni    regionali    impugnate
contrasterebbero con quanto previsto al punto  A.28  dell'Allegato  A
del  d.P.R.  13   febbraio   2017,   n.   31   (Regolamento   recante
individuazione   degli   interventi    esclusi    dall'autorizzazione
paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria  semplificata),
secondo cui, una volta rilasciata l'autorizzazione paesaggistica  per
le strutture stagionali, queste possono essere smontate  e  rimontate
periodicamente, per la durata dell'autorizzazione,  senza  necessita'
di munirsi ogni volta di autorizzazione ad hoc. 
    Cosi', sarebbe invasa la  competenza  esclusiva  statale  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in materia  di  tutela
del paesaggio;  sarebbe,  altresi',  violata  la  competenza  di  cui
all'art.  117,  secondo  comma,   lettera   m),   Cost.,   dato   che
l'autorizzazione paesaggistica rientrerebbe  nei  livelli  essenziali
delle   prestazioni   pubbliche.   La   Regione   autonoma   Sardegna
esorbiterebbe, di conseguenza,  dagli  spazi  di  competenza  a  essa
riservati  nell'art.  3  dello  statuto  speciale,  specie   perche',
nell'esercizio delle sue competenze, dovrebbe osservare le norme  che
lo Stato detta in materia  di  tutela  del  paesaggio  e  di  livelli
essenziali  delle  prestazioni.  Inoltre,  le  previsioni   censurate
sottrarrebbero all'autorita' giudiziaria penale  la  possibilita'  di
reprimere gli abusi paesaggistici, impedendo di imporre lo smontaggio
delle   strutture   stagionali    previsto    dalle    autorizzazioni
paesaggistiche,  e  consentendo,  insomma,   «il   mantenimento   dei
manufatti dopo la scadenza del titolo»: sarebbe, dunque, anche invasa
la  potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  in   materia   di
ordinamento penale di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),
Cost. 
    3.- L'art. 2, comma 1, lettera a), della legge reg. Sardegna n. 3
del 2020 introduce, all'art. 43 della legge reg. Sardegna  n.  8  del
2015,  sul  posizionamento  delle   strutture   al   servizio   della
balneazione,  il  comma   1-bis,   il   quale   prevede   che   «[i]l
posizionamento  delle  strutture  di   facile   rimozione   a   scopo
turistico-ricreativo e' ammesso per l'intero anno solare, al fine  di
favorire  la  destagionalizzazione   della   stagione   turistica   a
condizione che l'operatore, entro il  31  ottobre  di  ciascun  anno,
programmi e comunichi, ai sensi dell'ordinanza balneare periodica, un
minimo di  10  mesi  di  operativita'  sui  dodici  mesi  successivi.
L'operativita' cosi' programmata  puo'  essere  comunque  ridotta  in
relazione  alle   previsioni   meteoclimatiche.   L'efficacia   delle
autorizzazioni  edilizie  e  paesaggistiche  relative   a   strutture
precarie a scopo turistico ricreativo, ubicate nella fascia  dei  300
(trecento) metri dalla battigia marina, ha durata pari a quella della
concessione demaniale e, al di fuori del demanio, fino  al  perdurare
della relativa esigenza». Inoltre, l'art. 2,  comma  1,  lettera  b),
abroga l'art. 43, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 il
quale prevedeva, in via transitoria,  che,  in  assenza  di  PUL,  il
permesso di costruire strutture  a  servizio  della  balneazione  non
potesse avere durata superiore a quella della stagione balneare. 
    3.1.-  Nella  tesi  del  ricorrente,  anche  con  questa  novella
legislativa si vorrebbe ottenere la stabilita' di opere destinate, in
base  all'autorizzazione  paesaggistica,  a   essere   stagionalmente
rimosse e si vorrebbe al contempo  manipolare  l'efficacia  temporale
dell'autorizzazione  paesaggistica,  equiparandola  in  ogni  caso  a
quella della concessione demaniale marittima o addirittura  «fino  al
perdurare  della  relativa  esigenza»,  ovvero  «sine  die»,  per  la
porzione di territorio fuori dal  demanio.  Per  queste  ragioni,  si
violerebbero gli stessi parametri dinanzi evocati:  l'art.  146  cod.
beni culturali, l'art. 9 e l'art. 117, secondo comma, lettere l),  m)
ed s), Cost. e l'art. 3 dello statuto speciale. Questa Corte avrebbe,
infatti, chiaramente affermato che l'art.  146  cod.  beni  culturali
costituisce «norma di grande riforma economico-sociale» -  la  quale,
in quanto  tale,  s'impone  al  legislatore  sardo  (sono  citate  le
sentenze n. 189 del 2016 e n. 238 del 2013) - e che non  e'  permesso
alla legge regionale abbassare gli standard di tutela ambientale  (e'
citata la sentenza n. 66 del 2018).  Questa  Corte  avrebbe  altresi'
affermato   che   la   valenza   dell'autorizzazione    paesaggistica
costituisce espressione della determinazione dei  livelli  essenziali
delle prestazioni riservata alla legislazione dello Stato. 
    4.- Nel costituirsi in giudizio, la Regione autonoma Sardegna  ha
eccepito  l'inammissibilita'  e  l'infondatezza   del   ricorso.   La
resistente  muove  dall'assunto  che  essa  dispone   di   competenza
esclusiva in materia di edilizia e urbanistica, come altre Regioni  a
statuto speciale,  e  che  questa  Corte  avrebbe  ritenuto  in  piu'
occasioni (sono citate le sentenze n. 51 del 2006 e n. 308 del  2013)
che tale competenza sia estesa alla  tutela  del  paesaggio.  Essendo
quest'ultima  strettamente  connessa  alla  materia  dell'edilizia  e
dell'urbanistica, come testimonierebbe l'art. 6 del d.P.R. 22  maggio
1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale  della
regione autonoma della Sardegna), non sarebbe  revocabile  in  dubbio
che le leggi sarde possano, nell'esercizio delle proprie  competenze,
incidere pure su beni paesaggistici, senza sconfinare  nelle  materie
di esclusiva pertinenza statale. 
    4.1.- La difesa regionale eccepisce, infatti, in via preliminare,
che il ricorso  sarebbe  inammissibile,  perche'  il  ricorrente  non
avrebbe  tenuto  in  debita  considerazione   le   norme   statutarie
attributive di competenza alla Regione nelle materie  trattate  dagli
articoli impugnati: la Regione autonoma Sardegna avrebbe disciplinato
aspetti urbanistici ed edilizi delle concessioni demaniali marittime,
ambito che «necessariamente e'  pure  correlato  alla  indispensabile
tutela paesaggistica». 
    4.2.-  La  Regione  eccepisce  inoltre,   in   via   preliminare,
l'inammissibilita' del ricorso per difetto d'interesse e per  carenza
di  motivazione   sull'interesse   concreto   all'impugnazione,   che
inficierebbe l'ammissibilita' delle  questioni  per  oscurita'  della
motivazione. Mancherebbe la rappresentazione dei danni che  le  norme
censurate produrrebbero sul bene tutelato. 
    4.3.- Nel merito, la difesa regionale rileva l'infondatezza delle
censure rivolte agli artt. 1 e 2 della legge regionale impugnata. 
    4.4.- Quanto al primo motivo  di  ricorso,  la  Regione  autonoma
Sardegna afferma che la  disciplina  di  cui  all'art.  1,  comma  2,
lettere b), c) e d), della legge reg. Sardegna  n.  3  del  2020  non
riguarderebbe l'autorizzazione paesaggistica. Ritenendola  necessaria
per  il  corretto  inquadramento  delle  disposizioni  impugnate  nel
contesto normativo in cui sono inserite, essa  propone  una  disamina
dell'intero contenuto dell'art. 22-bis della legge reg.  Sardegna  n.
45 del 1989. I primi  tre  commi  -  stabilendo  che  il  PUL  e'  lo
strumento con cui i Comuni disciplinano  l'utilizzazione  delle  aree
demaniali marittime con finalita' turistico-ricreative,  nonche'  gli
interventi per la costruzione di  parcheggi  o  strutture  di  facile
rimozione a servizio della balneazione, della  ristorazione  e  delle
attivita' ludico-ricreative connesse all'uso del mare - preludono  al
comma 4, che dispone che gli interventi predetti sono compatibili con
ogni destinazione di zona omogenea, previo rilascio,  se  necessario,
dell'autorizzazione paesaggistica. Il comma 5, poi, prevede che «[i]l
posizionamento delle strutture disciplinate all'interno  del  PUL  e'
ammesso nei litorali urbani e nei litorali metropolitani senza limiti
temporali. Al  di  fuori  dei  litorali  urbani  e  metropolitani  il
posizionamento delle strutture di facile rimozione a  servizio  della
balneazione e della ristorazione, preparazione e somministrazione  di
bevande ed alimenti e' ammesso nel periodo compreso tra il 1°  aprile
e il 31 ottobre; nel  caso  le  stesse  siano  connesse  a  strutture
ricettive o sanitarie  prossime  ai  litorali  il  posizionamento  e'
ammesso per il periodo di esercizio  della  struttura  principale.  I
parcheggi e il posizionamento delle  strutture  di  facile  rimozione
finalizzate all'esercizio di attivita' sportive  e  ludico-ricreative
direttamente connesse all'uso del  mare  sono  ammessi  senza  limiti
temporali».  Al  comma  6,  si  afferma  che  le  strutture  presenti
permangono invariate sino alla  scadenza  del  titolo  che  le  aveva
originariamente assentite. I commi  7  e  8  definiscono  i  litorali
urbani e quelli metropolitani,  mentre  il  comma  9  si  occupa  del
posizionamento di strutture di facile rimozione in assenza di PUL: le
norme impugnate inseriscono una previsione simile a quella del  comma
6, per cui le aree e strutture, gia' assentite con titolo concessorio
demaniale, possono permanere e  esercitare  le  attivita'  sino  alla
scadenza dei titoli abilitativi. 
    Da   questo   quadro,   secondo   la   resistente,    deriverebbe
l'infondatezza delle  censure,  dal  momento  che  le  norme  non  si
occuperebbero certo  di  autorizzazione  paesaggistica  -  ne'  della
stabilita' di strutture autorizzate come  stagionali  ne'  della  sua
durata - bensi' della pianificazione demaniale del Comune, stabilendo
che esso non prescinda, in fase di nuova programmazione, dallo  stato
delle concessioni in essere. Sarebbe, in tal senso,  da  sottolineare
che il comma 4 dell'art. 22-bis espressamente prevede la richiesta di
autorizzazione paesaggistica, ove necessario,  per  la  realizzazione
degli interventi di cui al comma 3. Invece, cio' su  cui  si  appunta
parte delle censure del ricorrente - l'intento di rendere  permanenti
le strutture poste sul litorale  -  era  gia'  previsto  al  comma  5
dell'art. 22-bis, che non e' stato mai impugnato.  D'altronde,  anche
in altre Regioni vigerebbero norme di analogo tenore, che  consentono
di mantenere durante l'anno strutture che siano facilmente  amovibili
(sono citate la legge della Regione Puglia 23  giugno  2006,  n.  17,
recante «Disciplina della tutela e dell'uso della costa» e  la  legge
della Regione Campania 7 agosto 2014, n. 16, recante  «Interventi  di
rilancio e sviluppo  dell'economia  regionale  nonche'  di  carattere
ordinamentale e organizzativo - collegato alla  legge  di  stabilita'
regionale 2014»). 
    4.5.- Pure in relazione al secondo motivo di ricorso,  la  difesa
regionale rileva l'infondatezza delle censure. Con l'introduzione del
comma 1-bis dell'art. 43 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015,  il
legislatore  regionale  non  violerebbe   le   norme   interposte   e
costituzionali, atteso che non disporrebbe alcuna ultrattivita' delle
autorizzazioni  paesaggistiche:  si  riferirebbe  invece  al   titolo
concessorio demaniale,  che  puo'  ora  avere  ad  oggetto  attivita'
espletate nell'arco dell'anno, favorendo la destagionalizzazione  del
turismo. Secondo la difesa della Regione, la legge impugnata, laddove
prevede   che   «l'efficacia   delle   autorizzazioni   edilizie    e
paesaggistiche  relative  a  strutture  precarie  a  scopo  turistico
ricreativo, ubicate nella  fascia  dei  300  (trecento)  metri  dalla
battigia marina, ha durata pari a quella della concessione  demaniale
e, al  di  fuori  del  demanio,  fino  al  perdurare  della  relativa
esigenza», non avrebbe «la finalita' e/o la capacita' di  determinare
una modificazione della efficacia/durata dell'atto di  compatibilita'
paesaggistica, atteso che la norma, invece, si limita ad operare,  in
termini generali ed  astratti  e  di  coordinamento».  Comunque  sia,
qualora il titolo demaniale avesse un'efficacia piu' lunga di  quella
del titolo  paesaggistico,  il  titolare  della  concessione  sarebbe
onerato di chiedere una nuova  autorizzazione  paesaggistica  per  la
restante durata del titolo demaniale, anche a seguito dell'entrata in
vigore  della  disciplina  censurata.  La  difesa  della   resistente
richiama,  infine,  alcune  decisioni  del  Consiglio  di  Stato  che
suffragherebbero la legittimita' di titoli demaniali  che  consentano
attivita' anche non stagionali, pur nella  necessita'  di  richiedere
l'autonomo nullaosta paesaggistico, che potrebbe imporre modalita' di
esercizio  delle  attivita'  medesime  (per  esempio,   obblighi   di
smontaggio e rimontaggio di strutture, in relazione alle peculiarita'
dell'area paesaggistica): sono citate le sentenze della sezione sesta
12 dicembre 2019, n. 8455, 13 febbraio 2018, n. 899, 4 novembre 2013,
n. 5293 e 18 settembre 2013, n. 4642. 
    In ultimo, la previsione di cui all'art. 2, comma 1, lettera  b),
della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020, secondo la difesa regionale,
recando solamente l'abrogazione di una norma di  natura  transitoria,
legata a un termine ampiamente spirato,  non  potrebbe  produrre  gli
effetti lamentati dal ricorrente. 
    La Regione autonoma Sardegna conclude chiedendo  la  declaratoria
di inammissibilita' o di infondatezza delle questioni  riferite  alla
violazione dell'art. 146 cod. beni culturali e dell'art. 117, secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  ritenendo  che   l'inammissibilita'   o
l'infondatezza di queste determini il venir meno degli altri  profili
di censura. 
    5.- In  prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha depositato una memoria per confutare gli argomenti difensivi
spesi dalla Regione. 
    5.1.- In primo luogo, essa pone in evidenza  che  l'eccezione  di
inammissibilita'  del  ricorso  per  mancata   considerazione   delle
competenze che lo statuto di autonomia conferisce  in  via  esclusiva
alla Regione sarebbe priva di pregio: la valutazione sull'illegittimo
esercizio della competenza  legislativa  in  materia  di  edilizia  e
urbanistica, di cui  all'art.  3,  primo  comma,  lettera  f),  dello
statuto, da parte della Regione atterrebbe, in tesi, al merito  della
controversia, non rilevando quale  requisito  di  ammissibilita'  del
giudizio. 
    5.2.-   In   secondo   luogo,   pure   le   ulteriori   eccezioni
d'inammissibilita' del ricorso - per carenza d'interesse ad  agire  e
per difetto di motivazione - sarebbero prive di  fondamento.  Per  un
verso, infatti, secondo il consolidato orientamento di questa  Corte,
l'interesse, nei  giudizi  in  via  principale,  consisterebbe  nella
tutela delle competenze legislative attribuite dalla Costituzione,  a
prescindere   dalla   prova   dei   danni   concreti   che   derivano
dall'esercizio di quelle competenze; per l'altro  verso,  il  ricorso
statale soddisferebbe senz'altro il minimum  argomentativo  richiesto
dalla Corte al fine di ritenere sufficientemente motivate le censure. 
    5.3.- Quanto al merito,  la  memoria  presentata  dal  ricorrente
insiste nell'affermare  che  le  norme  impugnate  inciderebbero  sul
contenuto   e   sull'efficacia   dell'autorizzazione   paesaggistica.
L'Avvocatura generale precisa, inoltre, che la legge reg.  Puglia  n.
17 del 2006, citata nell'atto di costituzione  in  giudizio,  risulta
oggi abrogata. Sottolinea, peraltro, che il suo art. 4-bis  e'  stato
dichiarato costituzionalmente illegittimo perche'  prevedeva  che  il
mantenimento, per tutto l'anno, di strutture di facile rimozione  sui
litorali avvenisse in deroga ai vincoli previsti  dalla  legislazione
in materia paesaggistica e ambientale: le disposizioni impugnate  nel
presente   giudizio   presenterebbero   gli   stessi    profili    di
illegittimita' costituzionale. 
    Riferendosi, in particolare, al  tenore  letterale  dell'art.  43
della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, come modificato dalle  norme
impugnate, la difesa statale contesta l'argomento speso dalla Regione
resistente, secondo cui le disposizioni si limiterebbero  ad  operare
«in termini generali ed astratti e di coordinamento». Sarebbe  chiaro
che tali previsioni siano invece dirette ad assicurare la  stabilita'
di opere precarie sottoposte  a  vincolo  paesaggistico,  che  devono
essere rimosse al termine della  stagione  balneare.  D'altra  parte,
sarebbe    insostenibile    che     il     richiamo     all'efficacia
dell'autorizzazione  paesaggistica  sia  stato  previsto   solo   "in
astratto", senza incidere sull'obbligo del titolare di richiedere una
nuova autorizzazione alla scadenza di quella in  essere:  l'efficacia
dell'autorizzazione paesaggistica sarebbe, invece, richiamata proprio
al fine  di  uniformarla  alla  durata  del  titolo  concessorio.  La
giurisprudenza amministrativa richiamata  nell'atto  di  costituzione
sarebbe, peraltro, inconferente, perche' si tratterebbe  di  pronunce
attinenti    alla    normativa    pugliese,    dapprima    dichiarata
incostituzionale e poi conformatasi alle norme statali  sulla  tutela
del paesaggio. 
    Sulla base di  tali  argomenti,  l'Avvocatura  generale  conclude
tornando   a   chiedere   che   sia    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 2, e 2, comma 1, della  legge  reg.
Sardegna n. 3 del 2020 per violazione di tutti  i  parametri  evocati
nel ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato parte della  legge  della  Regione
autonoma Sardegna 21  febbraio  2020,  n.  3  (Modifiche  alle  leggi
regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del  2015  in  materia  di  Piano  di
utilizzo dei litorali), in riferimento agli artt. 9  e  117,  secondo
comma, lettere l), m) ed s), della  Costituzione,  all'art.  3  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3 (Statuto speciale  per  la
Sardegna), nonche' all'art. 146 del decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)  (d'ora  in  poi,
anche:  cod.  beni   culturali).   Essa   reca   norme   volte   alla
destagionalizzazione  del  turismo,  che  modificano,  a  tale  fine,
disposizioni   di   leggi   regionali   anteriori.   Interviene,   in
particolare,      sulla      localizzazione      delle      strutture
turistico-ricreative a servizio della  balneazione,  incidendo  sulle
previsioni secondo le quali la localizzazione di tali  strutture  sui
litorali deve avvenire, di regola, nella sola stagione  balneare.  Il
ricorso si fonda sull'assunto che la finalita' di favorire il turismo
durante l'intero  anno  sia  perseguito  in  violazione  delle  norme
sull'autorizzazione paesaggistica; provvedimento - quest'ultimo - che
e' obbligato a richiedere e osservare chiunque intenda fare  uso  del
bene paesaggistico tutelato dalla legge: in questo  caso,  si  tratta
dei territori costieri sardi entro i trecento metri  dalla  linea  di
battigia (art. 142 cod. beni culturali). 
    1.1.- Con il primo motivo di  ricorso,  e'  impugnato  l'art.  1,
comma 2, della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020, che modifica l'art.
22-bis della legge della Regione autonoma Sardegna 22 dicembre  1989,
n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio  regionale).  Detto
art. 22-bis disciplina i Piani di utilizzo  dei  litorali  (PUL);  le
modifiche censurate si appuntano sui commi  6  e  9.  Come  visto  in
dettaglio nel Ritenuto in fatto, per effetto dell'art.  1,  comma  2,
lettera b), della legge regionale impugnata, al comma 6 e'  stabilito
che, nel PUL, le aree e le strutture assentite con titolo concessorio
demaniale permangano invariate, come  posizionate  e  per  l'utilita'
turistico-ricreativa esercitata in forza del  relativo  titolo,  sino
alla scadenza dello stesso. Al momento dell'adozione del PUL, dunque,
il  Comune  deve  tener  conto  delle  strutture  assentite  e  delle
attivita' gia' in  esercizio.  Per  effetto  dell'art.  1,  comma  2,
lettera c), della  legge  regionale  impugnata,  il  comma  9,  sulla
regolazione transitoria in assenza di PUL, e'  stato  modificato  con
l'abrogazione  della  previsione  per  cui  la  localizzazione  delle
strutture  di  facile  rimozione  a  servizio  della  balneazione   e
ristorazione, o di attivita' ludico-ricreative connesse  all'uso  del
mare, e' ammessa per un periodo non superiore a quello della stagione
balneare, salva la  differente  durata  gia'  prevista  da  legittimi
titoli abilitativi, autorizzatori e concessori. Inoltre, per  effetto
dell'art. 1, comma 2, lettera d), della  legge  regionale  impugnata,
nello stesso comma 9 e' stata inserita la previsione, simile a quella
di cui al comma 6, per cui, finche' i Comuni non approvino il PUL, le
strutture assentite permangano  come  previsto  dal  relativo  titolo
concessorio. 
    1.2.- Con il secondo motivo di ricorso, e'  impugnato  l'art.  2,
nel suo unico comma, della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020:  questo
modifica l'art. 43 della legge della  Regione  autonoma  Sardegna  23
aprile 2015, n. 8 (Norme per la  semplificazione  e  il  riordino  di
disposizioni  in  materia  urbanistica   ed   edilizia   e   per   il
miglioramento del patrimonio edilizio),  che  riguarda  propriamente,
come indicato nella rubrica,  il  posizionamento  delle  strutture  a
servizio della balneazione. Con l'art. 2, comma 1, lettera a),  della
legge regionale impugnata, e' inserita, all'art.  43,  la  previsione
per cui «[i]l posizionamento delle strutture di  facile  rimozione  a
scopo turistico-ricreativo e' ammesso per l'intero  anno  solare,  al
fine di favorire la destagionalizzazione della stagione turistica», a
condizione che si assicuri un minimo di dieci mesi di operativita', e
che  l'efficacia  delle  autorizzazioni  edilizie  e   paesaggistiche
relative alle dette strutture,  ubicate  nella  fascia  dei  trecento
metri  dalla  battigia  marina,  «ha  durata  pari  a  quella   della
concessione demaniale e, al di fuori del demanio, fino  al  perdurare
della relativa esigenza». Con l'art. 2, comma 1,  lettera  b),  della
legge regionale impugnata, inoltre, e' abrogata la previsione secondo
cui il permesso di costruire strutture a servizio  della  balneazione
puo' avere durata non superiore a quella della stagione balneare. 
    1.3.- La principale censura  formulata  nel  ricorso,  rivolta  a
entrambi gli articoli impugnati, e' volta  a  denunziare  che  questi
interventi normativi avrebbero l'effetto,  da  un  lato,  di  rendere
stabili strutture soggette a  prescrizione  di  rimozione  stagionale
secondo la relativa autorizzazione paesaggistica, dando  agio  a  chi
svolge attivita' turistico-ricreative sulle spiagge di derogare  agli
obblighi in essa contenuti; dall'altro lato, prorogherebbero ex  lege
l'efficacia     temporale      dell'autorizzazione      paesaggistica
«uniformandola in ogni caso  a  quella  della  concessione  demaniale
marittima» o, fuori dal demanio marittimo, «sine die». 
    Si deduce, cosi', la violazione dell'art. 146 cod. beni culturali
- che costituisce una «norma di  grande  riforma  economico-sociale»,
vincolante anche per  le  Regioni  ad  autonomia  speciale  -  e,  di
conseguenza, il contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost., che riserva alla competenza  legislativa  statale  la  materia
della tutela dell'ambiente e del paesaggio. E', altresi', dedotta  la
violazione dell'art. 9 Cost., che afferma il principio di tutela  del
paesaggio nazionale; dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,
in quanto l'autorizzazione paesaggistica rientrerebbe tra  i  livelli
essenziali delle  prestazioni  pubbliche,  affidati  alla  competenza
esclusiva dello Stato; dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost., poiche' - legittimando  la  permanenza  di  opere  soggette  a
obbligo  di  rimozione  stagionale  -   s'impedirebbe   all'autorita'
giudiziaria di reprimere gli  abusi  paesaggistici,  cosi'  incidendo
sulla competenza statale in materia di ordinamento penale;  dell'art.
3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale
per  la  Sardegna),  che  attribuisce  alla  Regione  la   competenza
legislativa in  materia  di  edilizia  e  urbanistica,  prescrivendo,
pero',  il  rispetto  delle  norme   statali   «di   grande   riforma
economico-sociale». 
    2.- La Regione autonoma Sardegna  ha,  preliminarmente,  eccepito
l'inammissibilita' del ricorso, rilevando che esso non avrebbe tenuto
conto delle competenze che l'art. 3, primo comma, lettera  f),  dello
statuto attribuisce al legislatore regionale. Infatti, come stabilito
nelle norme di attuazione dello stesso statuto (art. 6 del d.P.R.  22
maggio 1975, n. 480, recante «Nuove norme di attuazione dello statuto
speciale della regione autonoma della  Sardegna»),  nel  disciplinare
l'edilizia e l'urbanistica, le leggi sarde potrebbero occuparsi anche
di  profili  attinenti  alla  tutela  paesaggistica  del  territorio,
talche' la  legge  reg.  Sardegna  n.  3  del  2020  rappresenterebbe
legittima attuazione delle norme statutarie. 
    2.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Il ricorso statale, infatti, deduce  la  violazione  dell'art.  3
dello  statuto  speciale,  sostenendo  che  la   legge   parzialmente
impugnata  contrasti  con  un  istituto  di  uniforme   applicazione,
disciplinato dalla legislazione dello Stato, di cui lo stesso art.  3
imporrebbe il rispetto. 
    2.2.- La Regione rileva, altresi', l'inammissibilita' del ricorso
per carenza d'interesse  all'impugnazione,  derivante  dalla  mancata
dimostrazione dei danni che la legge regionale arrecherebbe  al  bene
tutelato.  L'assenza  di  un  interesse  concreto   all'impugnazione,
inoltre,  comporterebbe   l'oscurita'   delle   censure,   le   quali
risulterebbero non adeguatamente motivate. 
    2.3.- Nemmeno questi rilievi colgono nel segno. 
    La giurisprudenza di  questa  Corte  ha,  infatti,  costantemente
affermato che l'interesse a proporre l'impugnazione, nel giudizio  in
via principale, consiste nella tutela  delle  competenze  legislative
per come ripartite  nella  Costituzione:  il  corretto  inquadramento
delle competenze legislative rappresenta, in questo senso, l'utilita'
che ci si attende dalla pronuncia richiesta (ex plurimis, sentenze n.
56 del 2020, n. 178 del 2018 e n. 195 del 2017). Nel caso di  specie,
e', peraltro, indicato con  chiarezza  qual  e'  il  pregiudizio  che
l'illegittimo esercizio delle competenze regionali determinerebbe sui
beni sottoposti a vincolo: nella tesi del ricorrente, le disposizioni
impugnate consentirebbero, infatti, di mantenere le  strutture  sugli
arenili oltre i limiti prescritti dall'autorizzazione  paesaggistica,
recando un danno visibile al valore paesaggistico delle spiagge. E il
ricorso descrive, seppur sinteticamente,  le  ragioni  per  cui,  ove
fosse accertato il  contrasto  con  la  legge  statale  sulla  tutela
paesaggistica,  risulterebbero  violati   gli   ulteriori   parametri
costituzionali evocati. 
    3.-  Passando  al  merito  delle  questioni,   giova   richiamare
brevemente  le  norme   evocate   quali   parametro   interposto   di
costituzionalita', perche' utili  alla  definizione  delle  questioni
promosse, sia con il primo, sia con il secondo motivo del ricorso. 
    Il  contenuto  precettivo  dell'art.  146  cod.  beni   culturali
riguarda chiunque intenda intervenire, in  ogni  modo  potenzialmente
significativo, sui beni sottoposti a vincolo  paesaggistico,  e  cio'
indipendentemente dalla regolazione edilizia  e  urbanistica  vigente
sul  territorio  regionale.   L'art.   146,   infatti,   rivolgendosi
direttamente ai «proprietari,  possessori  o  detentori  a  qualsiasi
titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla
legge,  a  termini  dell'articolo   142   [...]»,   impone   di   non
«distruggerli, ne' introdurvi modificazioni che  rechino  pregiudizio
ai valori paesaggistici oggetto di protezione»; prescrive  «l'obbligo
di presentare  alle  amministrazioni  competenti  il  progetto  degli
interventi che intendano intraprendere» e  il  dovere  di  «astenersi
dall'avviare  i  lavori  fino  a  quando  non  ne  abbiano   ottenuta
l'autorizzazione». L'art. 146 cod. beni culturali prosegue affermando
che  l'autorizzazione  paesaggistica  «costituisce  atto  autonomo  e
presupposto rispetto al permesso di costruire  o  agli  altri  titoli
legittimanti    l'intervento     urbanistico-edilizio»,     e     che
«[l]'autorizzazione e'  efficace  per  un  periodo  di  cinque  anni,
scaduto il quale  l'esecuzione  dei  progettati  lavori  deve  essere
sottoposta a nuova autorizzazione». 
    La  legge  statale,  dunque,  definisce  il  valore   prioritario
dell'autorizzazione  paesaggistica  e  ne  prescrive  i  termini   di
efficacia.   Nelle    parole    della    Corte    di    legittimita',
«l'autorizzazione  dell'ente  preposto  alla  tutela   del   vincolo»
costituisce, appunto, «un presupposto  dell'efficacia»  di  qualsiasi
altro titolo che abiliti a utilizzare il  bene  paesaggistico,  posto
che «il permesso di costruire legittima l'esecuzione di interventi di
trasformazione urbanistica ed  edilizia  del  territorio  secondo  la
relativa disciplina e dando concreta attuazione alle  scelte  operate
con gli strumenti di pianificazione,  l'autorizzazione  paesaggistica
concerne  una  valutazione  circa  l'incidenza   di   un   intervento
sull'originario assetto dei luoghi soggetti a particolare protezione,
mentre la  concessione  demaniale  consente  il  godimento  del  bene
demaniale entro i  limiti  stabiliti  dal  provvedimento»  (Corte  di
cassazione, sezione terza penale, sentenza 30 luglio 2013, n. 32966). 
    4.-  L'impugnazione  dell'art.  1,  comma  2,  della  legge  reg.
Sardegna n. 3 del 2020 deve intendersi riferita alle sole lettere b),
c) e d), cui si  rivolgono  le  censure  del  ricorrente  e  cui  va,
pertanto, circoscritto l'oggetto del giudizio. 
    4.1.- Le questioni non  sono  fondate,  perche'  le  disposizioni
impugnate  non   determinano,   nel   contesto   normativo   in   cui
s'inseriscono, l'effetto temuto dal ricorrente. 
    Come detto, l'art. 22-bis della legge reg.  Sardegna  n.  45  del
1989  disciplina  i  Piani   di   utilizzo   dei   litorali:   questi
costituiscono uno strumento di  pianificazione  comunale,  avente  ad
oggetto l'utilizzazione delle aree demaniali marittime con  finalita'
turistico-ricreative.  Piu'  precisamente,  i  PUL  disciplinano  gli
interventi per la costruzione di parcheggi  e  strutture  a  servizio
della   balneazione,   della   ristorazione   e    delle    attivita'
ludico-ricreative connesse all'uso del  mare  (comma  3),  prevedendo
che, ove necessario, tali interventi si realizzino dopo aver ottenuto
l'autorizzazione paesaggistica (comma  4).  Il  posizionamento  delle
strutture previste in tali Piani, inoltre, e' consentito nei litorali
urbani e metropolitani senza limiti di tempo, mentre fuori da essi e'
ammesso nel periodo tra il 1° aprile e il 31 ottobre, fermo  restando
che  «il  posizionamento  delle   strutture   di   facile   rimozione
finalizzate all'esercizio di attivita' sportive  e  ludico-ricreative
connesse all'uso del mare» e', comunque  sia,  ammesso  senza  limiti
temporali (comma 5).  Visto  che  non  tutti  i  Comuni  sardi  hanno
adottato il proprio  PUL,  l'art.  22-bis  detta  anche  norme  sulle
attivita' dei titolari delle  concessioni  demaniali  marittime  gia'
esistenti e valide «in assenza di PUL». 
    L'art. 1, comma 2, lettere b), c) e d), della legge reg. Sardegna
n. 3 del 2020 ha modificato l'art. 22-bis, ai commi 6 e 9, eliminando
la limitazione all'utilizzo delle strutture rimovibili  sui  litorali
nella  sola  stagione  balneare  e  permettendo,  in   astratto,   il
posizionamento delle strutture stesse per tutto l'anno.  Inoltre,  ha
previsto che il PUL tenga conto delle concessioni gia' in essere, nei
limiti di quanto stabilito nei titoli abilitativi e autorizzatori,  e
che, in assenza di Piani, le attivita' assentite  siano  mantenute  e
proseguano, in forza del titolo concessorio. 
    4.1.1.- Il legislatore sardo ha disciplinato materie sulle  quali
ha competenza legislativa - edilizia, urbanistica  e  gestione  delle
concessioni con  finalita'  turistico-ricreative  che  comportino  il
posizionamento di strutture di facile rimozione su beni  del  demanio
marittimo (art. 3, primo comma, lettera f, dello statuto; artt. 40  e
41 della legge della Regione autonoma Sardegna 12 giugno 2006, n.  9,
recante «Conferimento di funzioni e compiti agli enti  locali»)  -  e
non  ha  previsto  deroghe  alla  legge  statale  sull'autorizzazione
paesaggistica,  che  e'  invece  espressamente  richiamata  nell'art.
22-bis, comma 4, della legge reg. Sardegna n. 45 del 1989. 
    Nell'art. 22-bis della  legge  reg.  Sardegna  n.  45  del  1989,
dunque, non sono state introdotte norme che  consentano  al  titolare
della concessione - nel caso in  cui  l'autorizzazione  paesaggistica
imponga la rimozione stagionale dei manufatti - di mantenere, invece,
questi ultimi sul litorale  per  tutto  l'anno.  Non  v'e',  inoltre,
riferimento alcuno alla proroga dell'efficacia  della  autorizzazione
paesaggistica sino alla scadenza della concessione demaniale. 
    4.1.2.-  Si  puo'  osservare,  in  proposito,  che   non   esiste
incompatibilita'  tra  la  legislazione  regionale  che  consenta  il
posizionamento di manufatti  per  l'intero  anno  e  la  legislazione
statale sulla tutela dei beni paesaggistici, se la  prima  garantisce
che l'attuazione della seconda sia, senza eccezioni, assicurata. 
    Ogni tratto di costa possiede  caratteristiche  peculiari:  sulla
base di queste, l'autorita'  preposta  alla  tutela  del  vincolo  e'
chiamata a stabilire le prescrizioni cui l'interessato deve adempiere
per utilizzare il bene senza danneggiarne il valore paesaggistico. Di
conseguenza,  nel  caso  in  cui,  in  relazione  alle   specificita'
dell'intervento  proposto  e  dell'area  vincolata,  detta  autorita'
rilasci un'autorizzazione paesaggistica  con  obblighi  di  rimozione
stagionale del manufatto, l'interessato dovra' rimuoverlo  alla  fine
della  stagione  balneare  e  procedere   a   riposizionarlo   l'anno
successivo,  per  tutta  la  durata   dell'autorizzazione.   Per   le
operazioni  di  smontaggio  e  rimontaggio  periodico  di   strutture
stagionali  munite  di  autorizzazione  paesaggistica   non   occorre
ottenere, ogni volta, provvedimenti autorizzatori, come previsto  nel
punto  A.28,  Allegato  A,  del  d.P.R.  13  febbraio  2017,  n.   31
(Regolamento  recante   individuazione   degli   interventi   esclusi
dall'autorizzazione   paesaggistica   o   sottoposti   a    procedura
autorizzatoria semplificata). 
    4.1.3.- Il posizionamento  di  strutture  per  l'esercizio  delle
attivita' svolte in regime di concessione demaniale marittima, di cui
all'art. 1, comma 2, lettere b), c) e d), della legge  reg.  Sardegna
n.  3  del  2020,  dunque,  s'intende   condizionato   all'osservanza
dell'art. 146 cod. beni culturali, dato che, nel  contesto  normativo
descritto, quest'ultimo non trova ostacoli applicativi. Questa  Corte
ha, d'altronde, gia' avuto modo di  affermare  che  gli  istituti  di
protezione ambientale e paesaggistica validi su tutto  il  territorio
nazionale trovano applicazione, ove non derogati, pur in  assenza  di
specifici o reiterati richiami da parte della legislazione  regionale
(in tal senso, da ultimo, sentenze n. 54 e n. 29 del 2021, n. 258 del
2020). 
    In tali termini, le  questioni  promosse  nel  primo  motivo  del
ricorso non sono fondate. 
    5.- A simili esiti non si  puo'  pervenire  in  riferimento  alle
censure formulate nel secondo motivo  del  ricorso,  a  cagione,  sia
della diversita' del contenuto delle disposizioni impugnate, sia  del
contesto normativo all'interno del quale esse sono inserite. 
    Occorre esaminare partitamente le questioni dell'art. 2, comma 1,
lettera a), della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020  e  le  questioni
dell'art. 2, comma 1, lettera b), della stessa legge regionale. 
    5.1.- Le questioni dell'art. 2, comma 1, lettera a), nella  parte
in cui modifica l'art. 43 della legge reg. Sardegna  n.  8  del  2015
sono fondate. Il comma 1-bis del menzionato art. 43, introdotto dalle
disposizioni impugnate, viola l'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost., in relazione all'art. 146 cod.  beni  culturali,  e  l'art.  3
dello statuto speciale. 
    Nel nuovo comma 1-bis e' stabilito che «il  posizionamento  delle
strutture di facile rimozione a scopo turistico-ricreativo e' ammesso
per  l'intero  anno  solare».  Dalla  formulazione  letterale   della
disposizione si evince che il legislatore regionale autorizza ex lege
il posizionamento delle strutture sugli arenili, dietro comunicazione
di  almeno  dieci  mesi  di  operativita'.  Si  tratta,  infatti,  di
un'asserzione, rivolta a chicchessia, per cui il mantenimento di tali
manufatti in situ per tutto l'anno  e'  senz'altro  ammesso,  e  che,
proprio per questo, e' lesiva dell'art. 146 cod. beni culturali. 
    Si deve, inoltre, considerare che nell'art. 43 della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015 non sono  altrove  presenti  riferimenti  alla
necessita' dell'autorizzazione paesaggistica. Anzi, l'unico  richiamo
testuale a tale autorizzazione e' inserito nella disposizione in  cui
si e' stabilito che la sua efficacia, per le strutture ubicate  nella
fascia dei trecento metri dalla battigia marina,  e'  prorogata  sino
alla scadenza del titolo concessorio demaniale, e, fuori dal demanio,
«fino al perdurare della relativa  esigenza»,  in  palese  violazione
dell'art. 146,  comma  4,  cod.  beni  culturali,  che  ne  definisce
l'efficacia temporale quinquennale (si veda, con  riferimento  a  una
legge della Regione Siciliana, la sentenza n. 172 del 2018).  Nemmeno
all'esito  di  una  ricerca  sul  piano  sistematico   e'   possibile
rintracciare riferimenti alla necessita' di ottenere l'autorizzazione
al posizionamento delle strutture per tutto l'anno. All'interno della
legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 - sul riordino  di  varie  funzioni
edilizie e urbanistiche - l'art. 43, di cui si  tratta,  e'  il  solo
articolo del Capo III, appositamente dedicato al posizionamento delle
strutture  a  servizio  della  balneazione,   nel   Titolo   III   su
«[d]isposizioni transitorie, abrogazioni e disposizioni finali». 
    5.1.1.- «Il mantenimento delle opere  precarie  in  questione»  -
come questa Corte ha gia' affermato - non  puo'  certo  avvenire  «in
mancanza della  necessaria  positiva  valutazione  di  compatibilita'
paesaggistica» (sentenza n. 232 del 2008), potendosi determinare  uno
sfruttamento delle coste che svilirebbe le loro bellezze naturali. E'
chiaro che,  in  assenza  del  controllo  periodico  delle  autorita'
paesaggistiche preposte alla tutela del vincolo, la  legge  regionale
che  permette  di  posizionare,  per  tutto  l'anno,   le   strutture
turistico-ricreative,    puo'     produrre     un     danneggiamento,
indiscriminato, del valore preminente connaturato al litus maris. 
    Per  le  su  esposte  ragioni,  va  dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, lettera a), della legge reg. Sardegna  n.
3 del 2020, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost., in relazione all'art. 146  cod.  beni  culturali  -  che  reca
«norme di grande riforma  economico-sociale»,  valide  anche  per  le
Regioni a statuto speciale (ex plurimis, sentenze n. 172 del  2018  e
n. 189 del 2016) - e dell'art. 3 dello statuto speciale. 
    E' assorbito l'esame degli ulteriori profili di censura. 
    5.2.- Le questioni dell'art. 2,  lettera  b),  della  legge  reg.
Sardegna n. 3 del 2020, invece, non sono fondate. 
    La disposizione impugnata  prevede  l'abrogazione  dell'art.  43,
comma 2, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, secondo cui «in via
transitoria il permesso  di  costruire  per  la  realizzazione  delle
strutture di cui al comma 1 non puo' avere durata superiore a  quella
della stagione balneare». Tale intervento normativo non ha  capacita'
lesiva della competenza statale ex art. 117, secondo  comma,  lettera
s), Cost., riguardando esclusivamente il permesso  di  costruire:  un
titolo edilizio,  la  cui  disciplina  ricade  nella  competenza  del
legislatore sardo.