ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  comma
1, 6 e 9 della legge della Regione  Liguria  19  maggio  2020,  n.  9
(Disposizioni di adeguamento della normativa regionale), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 24-29
luglio 2020, depositato in cancelleria il 31 luglio 2020 ed  iscritto
al n. 65 del  registro  ricorsi  2020  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 39,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  25  maggio  2021  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Aurelio  Domenico
Masuelli per la Regione Liguria, in collegamento da remoto, ai  sensi
del punto 1) del decreto del Presidente della  Corte  del  18  maggio
2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 24-29 luglio 2020 e  depositato  il
31 luglio 2020  (reg.  ric.  n.  65  del  2020),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato, in riferimento agli artt. 9,  97,
117,  commi  secondo,  lettere  l),  m)  ed  s),   e   sesto,   della
Costituzione, gli artt. 2, comma 1, 6 e 9 della legge  della  Regione
Liguria 19 maggio 2020,  n.  9  (Disposizioni  di  adeguamento  della
normativa regionale). 
    1.1.- L'art. 2, comma 1, della legge reg. Liguria n. 9  del  2020
ha modificato l'art. 29, comma 13, della legge della Regione  Liguria
1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della  fauna
omeoterma e per il prelievo venatorio) ai sensi  del  quale  «[a]nche
gli appostamenti  realizzati  con  il  consenso  del  proprietario  o
conduttore del fondo, costituiti  da  attrezzature  smontabili  o  da
ripari di fortuna che non  comportino  modificazione  del  sito,  ivi
compresi i cosiddetti "palchi" per la caccia in forma tradizionale al
colombaccio,  sono  considerati  temporanei.   Il   cacciatore   deve
rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento  al
venir meno del consenso del proprietario  o  conduttore  del  fondo»,
aggiungendo nella parte finale un ulteriore  periodo,  ai  sensi  del
quale «[i]l consenso si intende validamente accordato nel caso in cui
non esiste un formale diniego». 
    La  disposizione  impugnata  e'  ritenuta  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri lesiva della competenza legislativa  riservata
allo Stato nella materia «ordinamento civile» dall'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in quanto,  consentendo  ai  cacciatori  di
mantenere sul fondo altrui il materiale utilizzato per la costruzione
dell'appostamento temporaneo se il titolare del terreno non manifesta
formalmente il suo diniego,  inciderebbe  sulle  facolta'  dominicali
garantite dall'art. 832 del codice civile. 
    1.2.- L'art. 6  della  legge  reg.  Liguria  n.  9  del  2020  ha
modificato l'art. 35, comma 4, della legge della Regione  Liguria  22
gennaio 1999, n.  4  (Norme  in  materia  di  foreste  e  di  assetto
idrogeologico),  ampliando  l'elenco   delle   opere   «[n]on   [...]
soggett[e] ad  alcun  titolo  abilitativo»  contemplate  dalla  detta
disposizione. 
    Il ricorrente ritiene che la norma  impugnata  consentirebbe,  in
relazione   agli   interventi   previsti,   di   prescindere    anche
dall'autorizzazione paesaggistica, ponendosi cosi' in  contrasto  con
gli artt. 142, 146 e 149 del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.
42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo
10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)  e  con  quanto  stabilito  dal
decreto del Presidente della  Repubblica  13  febbraio  2017,  n.  31
(Regolamento  recante   individuazione   degli   interventi   esclusi
dall'autorizzazione   paesaggistica   o   sottoposti   a    procedura
autorizzatoria semplificata), con  la  conseguente  violazione  della
competenza  legislativa  e  regolamentare  riservata  allo  Stato  in
materia  di  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e   dei   beni
culturali» dall'art. 117, commi secondo, lettera s), e sesto, Cost. 
    La disposizione impugnata,  inoltre,  ad  avviso  dell'Avvocatura
generale dello Stato, prescindendo dall'autorizzazione paesaggistica,
determinerebbe l'abbassamento dei livelli di tutela del  paesaggio  e
inciderebbe  sulla  «determinazione  dei  livelli  essenziali   delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti su tutto il territorio nazionale», cosi' violando anche gli
artt. 9 e 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    1.3.- Con l'art. 9 della legge reg. Liguria  n.  9  del  2020  il
legislatore ligure ha modificato il testo della lettera a) del  comma
1 dell'art. 7 della legge della Regione Liguria 31 ottobre  2006,  n.
35 (Attuazione dell'articolo 9 della Direttiva Comunitaria 79/409 del
2 aprile 1979 sulla conservazione degli uccelli selvatici. Misure  di
salvaguardia per le Zone di  protezione  speciale),  stabilendo  che,
durante il mese di gennaio, nelle zone di protezione  speciale  (ZPS)
l'esercizio della caccia da appostamento  fisso  e  temporaneo  e  in
forma vagante, nonche' la caccia agli ungulati, possa svolgersi  «per
due giornate settimanali a scelta del cacciatore». 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri  ritiene  che  la  norma
impugnata si ponga in contrasto sia con l'art. 5,  comma  1,  lettera
a), del  decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio  e  del  mare  (attualmente,  Ministro  della  transizione
ecologica) 17 ottobre 2007, recante «Criteri minimi uniformi  per  la
definizione di misure di conservazione relative a  Zone  speciali  di
conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)», che vieta
nelle zone di protezione speciale (ZPS)  l'«esercizio  dell'attivita'
venatoria nel mese  di  gennaio,  con  l'eccezione  della  caccia  da
appostamento fisso e temporaneo e in forma vagante per due  giornate,
prefissate dal calendario  venatorio,  alla  settimana,  nonche'  con
l'eccezione della caccia agli ungulati», sia con l'art. 18, commi 2 e
4, della legge 11 febbraio 1992, n.  157  (Norme  per  la  protezione
della fauna selvatica omeoterma e  per  il  prelievo  venatorio)  che
disciplina il procedimento con cui le Regioni possono  modificare  il
calendario venatorio. 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  infatti,  l'avere   attribuito   ai
cacciatori la scelta delle giornate in cui l'attivita' venatoria puo'
essere esercitata, nel mese di  gennaio,  nelle  zone  di  protezione
speciale (ZPS) rappresenterebbe non solo una  palese  violazione  del
criterio posto in materia dall'art. 5, comma 1, lettera  a),  con  il
d.m. 17 ottobre 2007, ma anche una modifica indiretta e  surrettizia,
al di  fuori  delle  forme  consentite  dalla  legge,  al  calendario
venatorio previsto dall'art. 18 della legge n. 157 del 1992,  con  la
conseguente violazione della competenza legislativa  esclusiva  dello
Stato nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.  e
del principio del buon andamento dell'amministrazione posto dall'art.
97 Cost. 
    2.- Con atto depositato il 4 settembre 2020, la  Regione  Liguria
si  e'  costituita   in   giudizio,   chiedendo   che   si   dichiari
l'inammissibilita'  o  la   non   fondatezza   delle   questioni   di
costituzionalita' promosse con il ricorso. 
    2.1.- La Regione sostiene, in primo luogo,  l'infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,  della
legge reg. Liguria n. 9 del 2020,  sulla  base  dell'assunto  che  la
disposizione  impugnata  non   si   riferirebbe   al   consenso   del
proprietario   o   conduttore   del   fondo   necessario   ai    fini
dell'installazione  degli  appostamenti  temporanei  per  la  caccia,
incidendo esclusivamente sul consenso del titolare del terreno il cui
venir meno determina  l'obbligo  del  cacciatore  di  procedere  alla
rimozione  dei  materiali  utilizzati  per  la  realizzazione   degli
appostamenti temporanei. 
    In altri termini, ad avviso  della  difesa  regionale,  la  norma
impugnata, presumendo la permanenza del consenso  in  assenza  di  un
atto di formale  diniego  del  proprietario,  non  inciderebbe  sulle
facolta'  dominicali  attribuite  dall'art.  832  cod.  civ.,   senza
pertanto violare in alcun modo la  competenza  legislativa  riservata
allo Stato nella materia «ordinamento civile» dall'art. 117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    2.2.- In  relazione  alle  censure  rivolte  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri nei confronti dell'art.  6  della  legge  reg.
Liguria n. 9 del 2020, la Regione ne sostiene  l'inammissibilita'  o,
comunque,  l'infondatezza,  rilevando,   preliminarmente,   «che   la
disciplina in argomento non e' riferita alla materia della tutela del
paesaggio». 
    La parte resistente evidenzia, in proposito, che l'art. 35  della
legge reg. Liguria n. 4 del 1999 stabilisce, al comma 1,  che  «[n]ei
terreni sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici, ogni  movimento
di terreno nonche' qualsiasi  attivita'  che  comporti  mutamento  di
destinazione ovvero trasformazione nell'uso dei boschi e dei  terreni
nudi e  saldi  e'  soggetta  ad  autorizzazione  e  subordinata  alle
modalita' esecutive prescritte», prevedendo  poi,  al  comma  2,  che
«[i]n deroga a quanto prescritto al comma 1, in caso di movimenti  di
terreno di modesta rilevanza» l'interessato possa essere  ammesso  ad
una procedura abilitativa semplificata. 
    Cosi' ricostruita la disciplina in  cui  si  inserisce  la  norma
impugnata,  la  Regione  sostiene   che   quest'ultima,   limitandosi
semplicemente ad ampliare l'elenco degli interventi che  il  comma  4
dell'art.  35  della  legge  reg.  Liguria  n.  4  del  1999  esonera
totalmente  dalle  autorizzazioni  richieste  ai  fini  della  tutela
dell'assetto idrogeologico dei terreni, non inciderebbe, sotto  alcun
profilo, sulla normativa  statale  di  tutela  del  paesaggio,  senza
pertanto violare, come invece ritenuto dal ricorrente, gli  artt.  9,
117, commi secondo, lettere m) ed s), e sesto, Cost. 
    2.3.- Con riferimento al  terzo  motivo  di  ricorso,  avente  ad
oggetto l'art. 9 della legge reg. Liguria n. 9 del  2020,  la  difesa
regionale contesta che la norma impugnata, consentendo, nel  mese  di
gennaio, l'effettuazione nelle zone di protezione speciale  (ZPS)  di
due giornate di caccia settimanali a scelta del cacciatore, si  ponga
realmente in contrasto con quanto stabilito  dall'art.  5,  comma  1,
lettera a), del d.m.  17  ottobre  2007,  determinando  altresi'  una
surrettizia modifica del calendario venatorio in violazione dell'art.
18, commi 2 e 4, della legge n. 157 del 1992. 
    Cio' in quanto le giornate  di  caccia  settimanali  assegnate  a
ciascun cacciatore, anche se non prefissate dal calendario venatorio,
rimarrebbero, comunque, soltanto due,  senza  quindi  determinare  un
effettivo  abbassamento  del  livello  di  tutela  assicurato   dalla
disciplina statale. La possibilita', inoltre, di svolgere l'attivita'
venatoria in un arco temporale piu' ampio consentirebbe, inoltre,  ad
avviso della Regione Liguria, di ridurre la pressione sul territorio. 
    Per  queste  ragioni,  ad  avviso  della  parte  resistente,   la
questione di costituzionalita' promossa dal Presidente del  Consiglio
dei ministri dovrebbe, anche in questo caso, ritenersi  non  fondata,
sia sotto il  profilo  della  ritenuta  violazione  della  competenza
legislativa   esclusiva   dello   Stato   nella    materia    «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» di cui  all'art.
117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  sia  sotto  quello  della
paventata    lesione    del    principio    di     buon     andamento
dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. 
    3.- Nelle memorie depositate in prossimita' dell'udienza pubblica
le parti hanno ribadito le argomentazioni gia' illustrate negli  atti
di  causa,  insistendo  per  l'accoglimento  delle  conclusioni   ivi
rispettivamente formulate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  65  del
2020), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   promosso,   in
riferimento agli artt. 9, 97, 117, commi secondo, lettere l),  m)  ed
s),  e  sesto,  della   Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 2, comma  1,  6  e  9  della  legge  della
Regione Liguria 19 maggio 2020, n.  9  (Disposizioni  di  adeguamento
della normativa regionale). 
    1.1.- La Regione Liguria si e' costituita in  giudizio  chiedendo
che  si  dichiari  l'inammissibilita'  o  la  non  fondatezza   delle
questioni di costituzionalita' promosse con il ricorso. 
    1.2.- Le disposizioni impugnate hanno differenti oggetti  e  sono
censurate in  riferimento  a  diversi  parametri  costituzionali.  Si
procede pertanto all'esame separato delle singole questioni proposte. 
    2.- In primo luogo, e' impugnato l'art. 2, comma 1,  della  legge
reg. Liguria n. 9 del  2020  che  ha  aggiunto,  nella  parte  finale
dell'art. 29, comma 13, della legge della Regione Liguria  1°  luglio
1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna  omeoterma
e per il prelievo venatorio), un ulteriore periodo ai sensi del quale
«[i]l consenso si intende validamente accordato nel caso in  cui  non
esiste un formale diniego». La disposizione impugnata e' ritenuta dal
ricorrente in contrasto con la riserva di competenza legislativa allo
Stato in materia di «ordinamento civile» di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost. in  quanto,  consentendo  ai  cacciatori  di
mantenere - se il proprietario non  manifesta  espressamente  il  suo
dissenso  -  sul  fondo  altrui  il  materiale  utilizzato   per   la
costruzione degli appostamenti temporanei, inciderebbe sulle facolta'
dominicali garantite dall'art. 832 del codice civile. 
    2.1.- La questione e' fondata. 
    2.2.- Questa Corte ha piu' volte affermato che la disciplina  del
diritto di proprieta' attiene alla competenza esclusiva  dello  Stato
in materia di ordinamento civile (ex plurimis, sentenza  n.  228  del
2016) e che «l'ordinamento del diritto privato si pone  quale  limite
alla legislazione regionale, in quanto fondato sull'esigenza, sottesa
al  principio  costituzionale  di  eguaglianza,  di   garantire   sul
territorio nazionale l'uniformita' della  disciplina  dettata  per  i
rapporti tra privati.  Il  limite  dell'ordinamento  civile,  quindi,
identifica  un'area  riservata  alla   competenza   esclusiva   della
legislazione statale e comprende i rapporti tradizionalmente  oggetto
di codificazione (ex plurimis: sentenze n. 123 del 2010, n. 295 e  n.
160 del 2009, n. 326 e n. 51 del 2008)» (cosi' sentenza  n.  131  del
2013). 
    Nel caso in esame, l'art. 2, comma 1, della legge reg. Liguria n.
9 del 2020, nell'aggiungere nella parte finale  dell'art.  29,  comma
13, della legge reg. Liguria n. 29 del  1994  un  ulteriore  periodo,
introduce una presunzione di consenso del proprietario del  fondo  al
mantenimento su di esso del materiale usato per la costruzione  degli
appostamenti temporanei, che eccede i limiti del legittimo intervento
del legislatore regionale, invadendo  la  competenza  riservata  allo
Stato  nella  materia  «ordinamento  civile».  La   norma   impugnata
comprime, infatti,  le  facolta'  assicurate  dal  codice  civile  al
proprietario del terreno, presumendo il suo consenso a  mantenere  su
di esso i materiali utilizzati per l'installazione degli appostamenti
temporanei, e, inoltre, impone a questo uno specifico  onere  formale
nell'espressione del diniego, cosi' derogando al  principio  generale
della liberta' delle forme di manifestazione della volonta' negoziale
stabilito dall'ordinamento civile. 
    Ora, mentre il consenso del proprietario  o  del  conduttore  del
fondo all'installazione degli appostamenti temporanei potrebbe essere
manifestato senza alcun onere di forma e, quindi, anche oralmente (ex
multis, Tribunale amministrativo regionale per  la  Liguria,  sezione
prima, sentenza 30 aprile 2015, n. 428), il diniego  al  mantenimento
dei materiali utilizzati per  la  costruzione  di  tali  appostamenti
richiederebbe,  ai  sensi  della  disposizione  impugnata,  un   atto
formale. 
    Va,   pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 2, comma 1, della legge reg. Liguria n. 9 del 2020. 
    3.- La seconda questione promossa dal ricorrente concerne  l'art.
6 della legge reg. Liguria n. 9 del 2020, che  ha  ampliato  l'elenco
delle opere «[n]on [...]  soggett[e]  ad  alcun  titolo  abilitativo»
contemplate dall'art. 35, comma 4, della legge della Regione  Liguria
22 gennaio 1999, n. 4 (Norme in  materia  di  foreste  e  di  assetto
idrogeologico). 
    La  norma  impugnata,  ad  avviso  del  ricorrente,  si  pone  in
contrasto con gli artt. 142, 146 e 149  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e  del  paesaggio,  ai
sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)  e  con  le
previsioni del decreto del Presidente della  Repubblica  13  febbraio
2017, n. 31  (Regolamento  recante  individuazione  degli  interventi
esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o  sottoposti  a  procedura
autorizzatoria semplificata), invadendo la competenza  legislativa  e
regolamentare  riservata   allo   Stato   in   materia   di   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali»  dall'art.  117,
commi secondo, lettera s), e sesto, Cost. 
    Ad avviso dell'Avvocatura generale dello  Stato  la  disposizione
impugnata violerebbe, inoltre, anche l'art. 9 Cost,  determinando  la
diminuzione del livello  di  tutela  del  paesaggio,  e  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  m),  Cost.  che  riserva  allo   Stato   la
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale». 
    3.1.-  Preliminarmente,  deve  essere  esaminata  l'eccezione  di
inammissibilita' avanzata dalla Regione Liguria, secondo cui la norma
impugnata dovrebbe essere ricondotta non alle  materie  indicate  dal
ricorrente, ma alla difesa del suolo, riconducibile alla  materia  di
legislazione concorrente «governo del territorio»,  di  cui  all'art.
117, terzo comma, Cost. 
    3.2.- Questa Corte ha ripetutamente evidenziato che le  attivita'
relative alla difesa del suolo e,  in  particolare,  quelle  relative
alla salvaguardia per i rischi derivanti da  dissesto  idrogeologico,
debbono essere ricondotte alla materia della tutela dell'ambiente, di
esclusiva competenza statale, ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost. (ex plurimis, sentenze n. 109 del 2011; n. 341  del
2010; n. 254, n. 246 e n. 232  del  2009),  per  cui  l'eccezione  di
inammissibilita'  proposta  dalla  Regione  Liguria  -  che   investe
peraltro un profilo di merito - deve essere rigettata. 
    3.3.- Nel merito la questione di legittimita' costituzionale  non
risulta fondata in riferimento ad alcuno dei  parametri  evocati  dal
ricorrente, nei limiti e nei termini che seguono. 
    3.4.- Questa Corte ha gia' avuto modo di chiarire  che  «[s]petta
alla legislazione statale determinare presupposti  e  caratteristiche
dell'autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e  delle
semplificazioni della procedura, in ragione della  diversa  incidenza
delle opere sul valore intangibile dell'ambiente»  (sentenza  n.  246
del 2017) e che «la legislazione regionale  non  puo'  prevedere  una
procedura  per  l'autorizzazione  paesaggistica  diversa  da   quella
dettata dalla legislazione  statale,  perche'  alle  Regioni  non  e'
consentito introdurre deroghe agli istituti di protezione  ambientale
che dettano una disciplina uniforme, valevole su tutto il  territorio
nazionale, nel cui ambito  deve  essere  annoverata  l'autorizzazione
paesaggistica»  (sentenza  n.  189  del  2016;  nello  stesso  senso,
sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101 del 2010 e  n.  232
del 2008). 
    La   competenza   esclusiva   statale   risponde,   infatti,   ad
«ineludibili esigenze di tutela e sarebbe vanificata  dall'intervento
di una normativa regionale che sancisse in via  indiscriminata  [...]
l'irrilevanza paesaggistica di determinate opere, cosi' sostituendosi
all'apprezzamento che compete alla legislazione statale» (sentenza n.
246 del 2017). 
    3.5.-  Nel  caso  in  esame  va,  tuttavia,   rilevato   che   la
disposizione  impugnata  si  limita  ad   ampliare   l'elenco   degli
interventi che l'art. 35, comma 4, della legge reg. Liguria n. 4  del
1999 eccettua dai procedimenti di autorizzazione richiesti,  ai  fini
della specifica tutela dell'assetto idrogeologico del territorio, per
ogni  attivita'  che  comporti  «mutamento  di  destinazione   ovvero
trasformazione nell'uso dei boschi e dei terreni nudi e saldi» (cosi'
art. 35, comma 1, della legge reg. Liguria n. 4 del 1999). 
    Pertanto, l'esenzione da ogni  titolo  abilitativo  disposta  con
riferimento a tali opere deve essere intesa con esclusivo riferimento
ai  procedimenti  di  autorizzazione  in  materia  idrogeologica,  in
considerazione della collocazione sistematica della  norma,  inserita
in una legge, peraltro anteriore alla stessa entrata  in  vigore  del
decreto legislativo n. 42 del 2004, che  e'  esclusivamente  dedicata
alla tutela dell'assetto idrogeologico del  territorio;  inoltre,  lo
stesso tenore letterale dell'art.  35,  comma  4,  della  legge  reg.
Liguria n.  4  del  1999,  facendo  espressamente  salvo  «il  limite
volumetrico e l'altezza di scavo di cui al  comma  3»,  evidenzia  la
stretta connessione tra  la  disciplina  dettata  dai  diversi  commi
dell'art. 35 della legge reg. Liguria n. 4 del 1999. 
    La mancanza di un richiamo espresso nella disposizione  impugnata
(e nella legge regionale in cui si  inserisce)  alle  previsioni  del
decreto  legislativo  n.  42  del   2004   deve,   pertanto,   essere
interpretata non nel senso di  una  deroga,  ancorche'  tacita,  alla
disciplina statale, ma nel ben diverso senso della integrazione delle
tutele, per cui le disposizioni del codice dei beni culturali  e  del
paesaggio troveranno integrale applicazione anche in questi casi, pur
in assenza  di  uno  specifico  richiamo  da  parte  della  normativa
regionale (ex multis, sentenze n. 258 del 2020, n. 251 del 2013 e  n.
168 del 2010). 
    In particolare, tra  le  aree  tutelate  per  il  loro  interesse
paesaggistico, l'art. 142, comma 1, lettera g), del codice  dei  beni
culturali e del paesaggio contempla anche  «i  territori  coperti  da
foreste e da boschi» che la legge reg. Liguria n. 4  del  1999  e  la
disposizione impugnata  si  limitano,  invece,  a  considerare  sotto
l'esclusivo profilo della tutela  dell'assetto  idrogeologico,  senza
quindi integrare in alcun modo le tipologie di interventi per i quali
l'autorizzazione paesaggistica non e' richiesta, che sono individuate
esclusivamente dalla disciplina statale e, in particolare, dal d.P.R.
n. 31 del 2017. 
    Cosi'  interpretata  la  norma   impugnata,   la   questione   di
legittimita' costituzionale promossa dal Presidente del Consiglio dei
ministri, anche in relazione alla ritenuta ulteriore violazione degli
artt. 9 e 117, secondo comma, lettera m), Cost., deve  ritenersi  non
fondata,  non  profilandosi  alcun  contrasto  tra  la   disposizione
impugnata cosi' intesa e i parametri  costituzionali  richiamati  dal
ricorrente. 
    4.- La terza questione promossa  dal  ricorrente  ha  ad  oggetto
l'art. 9 della  legge  reg.  Liguria  n.  9  del  2020,  con  cui  il
legislatore ligure ha modificato l'art. 7, comma 1, lettera a), della
legge della Regione  Liguria  31  ottobre  2006,  n.  35  (Attuazione
dell'articolo 9 della Direttiva Comunitaria 79/409 del 2 aprile  1979
sulla conservazione degli uccelli selvatici. Misure  di  salvaguardia
per le Zone di protezione speciale). 
    L'Avvocatura generale dello Stato ritiene che la norma impugnata,
stabilendo che, durante il mese di gennaio, nelle zone di  protezione
speciale (ZPS) l'esercizio della  caccia  possa  svolgersi  «per  due
giornate settimanali a scelta  del  cacciatore»,  anziche'  «per  due
giornate, prefissate dal calendario venatorio, alla settimana»,  come
invece previsto dall'art. 5, comma 1, lettera  a),  del  decreto  del
Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio  e  del  mare
(attualmente, Ministro della transizione ecologica) 17 ottobre  2007,
recante «Criteri minimi uniformi per  la  definizione  di  misure  di
conservazione relative a Zone speciali di  conservazione  (ZSC)  e  a
Zone di protezione speciale (ZPS)», si ponga in  contrasto  con  tale
disposizione statale, oltre che con l'art. 18, commi  2  e  4,  della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che  disciplina  lo
specifico procedimento con  cui  le  Regioni  possono  modificare  il
calendario venatorio.  Ne  discenderebbe  la  violazione,  sia  della
competenza legislativa esclusiva dello Stato  nella  materia  «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» di cui  all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., che  del  principio  del  buon
andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost. 
    4.1.- La questione e' fondata. 
    4.2.- Secondo un costante orientamento di questa Corte,  l'ambito
di esercizio della potesta' legislativa residuale  delle  Regioni  in
materia di caccia incontra alcuni limiti, per effetto della normativa
statale, quando la materia  regionale  si  sovrappone,  per  naturale
coincidenza, con ambiti afferenti ad interessi diversi che  insistono
su specifici aspetti del bene ambiente,  cosi'  che  le  attribuzioni
legislative delle Regioni non possono essere esercitate abbassando  i
livelli di tutela ambientale fissati dalla legislazione nazionale (ex
multis, sentenze n. 74 del 2017 e n. 278 del 2012). 
    In particolare, con riferimento allo specifico ambito in  cui  si
colloca la  norma  impugnata,  va  evidenziato  che  il  decreto  del
Presidente della Repubblica 8 settembre  1997,  n.  357  (Regolamento
recante  attuazione   della   direttiva   92/43/CEE   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e  seminaturali,  nonche'  della
flora e della fauna selvatiche), piu' volte modificato, ha  previsto,
all'art.  6  una  specifica  disciplina  attuativa  della   direttiva
79/409/CEE  del  Consiglio,  del  2  aprile   1979,   relativa   alla
conservazione degli uccelli selvatici, gia' recepita con legge n. 157
del 1992, che ha attribuito poteri normativi ed  amministrativi  agli
enti territoriali in ordine alle zone di protezione speciale (ZPS). 
    Successivamente, sempre nell'ottica legata  all'attuazione  delle
citate direttive, l'art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», ha previsto che,
al fine «di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le Regioni e
le Province autonome di Trento e di Bolzano  devono  provvedere  agli
adempimenti previsti dagli articoli 4 e 6 del regolamento di  cui  al
decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.  357,  e
successive modificazioni, o al loro  completamento,  entro  tre  mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla  base  di
criteri minimi uniformi definiti con apposito  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare». 
    Tali criteri minimi, dettati dal gia' richiamato d.m. 17  ottobre
2007,  hanno  carattere  vincolante  per  le   Regioni,   in   quanto
espressione  di  livelli  uniformi  di   protezione   ambientale   in
attuazione delle citate direttive europee. 
    4.3.- In questa  cornice  normativa  si  inserisce  il  parametro
interposto evocato dal ricorrente, vale a dire la disposizione di cui
all'art. 5, comma 1, lettera  a),  del  d.m.  17  ottobre  2007,  che
stabilisce il divieto dell'«esercizio  dell'attivita'  venatoria  nel
mese di gennaio, con l'eccezione della caccia da appostamento fisso e
temporaneo e in  forma  vagante  per  due  giornate,  prefissate  dal
calendario venatorio, alla settimana, nonche' con  l'eccezione  della
caccia agli ungulati». 
    La disposizione impugnata, assegnando ai  cacciatori  la  scelta,
durante il mese di gennaio, delle due giornate a settimana in cui  e'
consentita  l'attivita'  venatoria  nelle  ZPS  si  pone  in   palese
contrasto con la richiamata disposizione, funzionale alle esigenze di
tutela dell'ambiente e non derogabile dal legislatore regionale. Ne',
alla luce  di  quanto  evidenziato,  alcun  rilievo  potrebbe  essere
attribuito  alle  tesi  difensive  della  Regione,  imperniate  sulla
considerazione  che  le  giornate  di  caccia  assegnate  a   ciascun
cacciatore durante la settimana rimarrebbero, comunque,  due,  e  che
l'attivita' venatoria, venendo  svolta  in  un  arco  temporale  piu'
ampio, comporterebbe una minore pressione sul territorio. 
    E', infatti, di tutta evidenza che la funzione dell'art. 5, comma
1, lettera a),  del  d.m.  17  ottobre  2007  e'  proprio  quella  di
assicurare, durante il  mese  di  gennaio,  il  tendenziale  silenzio
venatorio  nelle  ZPS,  con  l'unica  eccezione  delle  due  giornate
predefinite settimanalmente dal calendario  venatorio,  esigenza  che
verrebbe irrimediabilmente compromessa, ove consentisse,  invece,  ai
cacciatori di svolgere l'attivita'  venatoria  in  giornate  da  loro
discrezionalmente scelte nell'arco temporale dell'intera settimana. 
    Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
9 della legge reg. Liguria n. 9 del 2020,  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Resta assorbita ogni ulteriore censura formulata con il ricorso.