ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  120,  comma
1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), come sostituito dall'art. 3, comma  52,  lettera  a),  della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni  in  materia  di  sicurezza
pubblica), promossi dal Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
Lombardia, sezione prima, con  due  ordinanze  del  16  giugno  2020,
rispettivamente iscritte ai numeri 126 e 139 del  registro  ordinanze
2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 40
e 41, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  9  giugno  2021  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 giugno 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con due distinte ordinanze depositate il 16 giugno  2020,  il
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia,  sezione  prima,
ha sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3,  4,  16  e  35  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 120,
comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), come sostituito dall'art. 3,  comma  52,  lettera  a),
della legge 15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza pubblica). 
    1.1.- In particolare, nel giudizio iscritto al r.o.  n.  126  del
2020 e' censurata la previsione del diniego  in  via  automatica  del
rilascio della patente di guida  a  coloro  che  sono  o  sono  stati
sottoposti alle misure di prevenzione di cui alla legge  27  dicembre
1956, n. 1423 (Misure di  prevenzione  nei  confronti  delle  persone
pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita'). 
    E' denunciato il contrasto con i principi di  proporzionalita'  e
ragionevolezza  e  quindi  con  l'art.  3  Cost.,   poiche'   sarebbe
attribuito al prefetto un potere automatico e vincolato, tale da  non
consentire alcun  margine  di  discrezionalita',  in  relazione  alle
peculiarita' delle singole fattispecie. 
    Sarebbero altresi' violati gli artt. 4, 16 e  35  Cost.,  poiche'
l'automatico diniego di rilascio della patente di guida comporterebbe
una limitazione  della  liberta'  di  circolazione,  con  conseguente
lesione del  diritto  al  lavoro  dei  destinatari  delle  misure  di
prevenzione. 
    1.2.- Nel giudizio iscritto al r.o. n. 139 del 2020 e'  censurato
lo stesso art. 120, comma 1, del d. lgs. n. 285 del  1992  (d'ora  in
avanti: cod. strada), nella parte in cui prevede il  diniego  in  via
automatica  del  rilascio  della  patente  di  guida   alle   persone
condannate per i reati di cui agli artt. 73  e  74  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle
leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza). 
    Anche in questo caso e' denunciata la violazione dei principi  di
proporzionalita' e ragionevolezza,  per  il  carattere  automatico  e
vincolato del potere attribuito al prefetto, cui sarebbe preclusa  la
valutazione  della  diversa  gravita'  che  connota   le   differenti
fattispecie di reato, le  pene  concretamente  irrogate  e  l'attuale
pericolosita' della persona. 
    E' inoltre denunciata l'irragionevole disparita'  di  trattamento
di coloro che aspirino al rilascio della patente di guida, rispetto a
coloro  che  intendano  evitarne  la  revoca;  solo   questi   ultimi
potrebbero eliminare l'effetto ostativo della  condanna  introducendo
elementi   da   valutare   in   proprio   favore   nel   procedimento
amministrativo. 
    2.- Nel giudizio iscritto  al  reg.  ord.  n.  126  del  2020  e'
censurato il carattere  automatico  del  diniego  di  rilascio  della
patente di guida in conseguenza della  precedente  irrogazione  della
misura di prevenzione della sorveglianza speciale. 
    Il giudice a quo evidenzia che la  domanda  di  annullamento  del
ricorrente dovrebbe essere esaminata  alla  luce  della  disposizione
censurata, che attribuisce al prefetto  un  potere  vincolato  e  non
consente  alcun  margine  di  valutazione  delle  peculiarita'  delle
singole  fattispecie.  Solo   l'accoglimento   della   questione   di
legittimita'   costituzionale   consentirebbe   l'annullamento    del
provvedimento impugnato. 
    Il  rimettente  esclude  la  possibilita'  di  un'interpretazione
costituzionalmente conforme dell'art. 120, comma 1, cod.  strada,  in
considerazione  del  suo  tenore  letterale  nonche'  delle   recenti
dichiarazioni di illegittimita' costituzionale dell'art.  120,  comma
2, cod. strada (sono richiamate le sentenze n. 22 del 2018, n.  24  e
n.  99  del  2020).  Infatti,  in  queste  pronunce  non  sono  stati
esercitati i poteri previsti dall'art. 27 della legge 11 marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale),  che   consente   di   dichiarare   l'illegittimita'
consequenziale di  disposizioni  legislative  che,  pur  non  essendo
oggetto del giudizio  di  legittimita'  costituzionale,  derivano  la
propria illegittimita' da  quella  della  disposizione  censurata.  A
fortiori,  al  giudice  a  quo  sarebbe  preclusa  un'interpretazione
diversa da quella letterale. 
    2.1.- In  riferimento  alla  propria  giurisdizione,  il  giudice
rimettente non ignora  l'orientamento  giurisprudenziale  secondo  il
quale l'esercizio del potere  amministrativo  di  cui  all'art.  120,
comma 1, cod. strada avrebbe carattere vincolato e la  posizione  del
privato  sarebbe  di  diritto  soggettivo,   cosi'   radicandosi   la
giurisdizione del  giudice  ordinario.  Tuttavia,  egli  ritiene  che
questo orientamento debba essere rivisitato alla luce  delle  recenti
sentenze di questa Corte n. 24 e n. 99 del 2020,  che  hanno  escluso
che nella specie la giurisdizione del  giudice  amministrativo  possa
ritenersi ictu oculi manifestamente insussistente, sulla  base  della
qualificazione della posizione giuridica del privato e del  carattere
del potere pubblico esercitato. 
    2.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il  giudice  a  quo
ritiene che la disposizione censurata, non consentendo  all'autorita'
pubblica una valutazione discrezionale e in concreto, dia luogo ad un
automatismo in contrasto con l'art. 3 Cost. 
    Il rimettente sottolinea che, con la citata sentenza  n.  99  del
2020,  l'art.  120,  comma  2,  cod.  strada  e'   stato   dichiarato
costituzionalmente   illegittimo,   per   l'irragionevolezza    della
previsione della revoca automatica della  patente  nei  confronti  di
coloro che siano o siano stati sottoposti a  misure  di  prevenzione,
senza consentire all'amministrazione di operare un bilanciamento  con
ulteriori elementi di valutazione che possano emergere in concreto. 
    Ad avviso del TAR Lombardia, anche il comma 1 dell'art. 120  cod.
strada sarebbe in contrasto  con  l'art.  3  Cost.  Si  tratterrebbe,
infatti, di situazioni omogenee, connotate dal  medesimo  presupposto
oggettivo  e  ispirate  da  una  medesima  ratio.  La  disparita'  di
trattamento che si determina a seconda del  momento  di  applicazione
della misura di prevenzione - antecedente o  successivo  al  rilascio
del   titolo   abilitativo   -   sarebbe   priva    di    ragionevole
giustificazione. 
    La  diversita'   delle   fattispecie   che   rilevano   ai   fini
dell'applicazione  delle  misure  di   prevenzione   imporrebbe   una
valutazione in concreto anche in sede di rilascio  della  patente  di
guida. La circostanza che la misura di prevenzione sia intervenuta in
un  momento  anteriore  o   successivo   al   rilascio   del   titolo
costituirebbe  un  fatto  neutro  rispetto   alla   sicurezza   della
circolazione stradale, che rappresenta l'interesse primario  tutelato
dalla disposizione censurata. 
    2.3.- L'art. 120, comma 1, cod. strada violerebbe, altresi',  gli
artt.  4,  16  e  35  Cost.,  in  quanto  il  censurato   automatismo
inciderebbe in modo sproporzionato  e  irragionevole  sulla  liberta'
personale, sul diritto al lavoro e sulla  liberta'  di  circolazione.
Solo attribuendo carattere discrezionale al provvedimento prefettizio
si eviterebbe di contraddire la finalita'  propria  della  misura  di
prevenzione di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo. 
    3.- Nel giudizio iscritto  al  reg.  ord.  n.  139  del  2020  e'
impugnato  il  diniego  di  rilascio  della  patente  di  guida,   in
considerazione della condanna del richiedente per  il  reato  di  cui
all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990. 
    Il giudizio di inaffidabilita' morale  espresso  nel  diniego  si
baserebbe esclusivamente sulla condanna.  Esso  non  potrebbe  tenere
conto di altri elementi favorevoli, quali la lieve entita' del  fatto
commesso, la non particolare afflittivita' della  pena  irrogata,  la
concessione  dei  benefici  di  legge,  il   positivo   percorso   di
reinserimento sociale, il  decorso  di  oltre  un  quinquennio  dalla
commissione del reato, nonche' la condizione familiare  e  lavorativa
della parte istante. 
    Il giudice a quo dubita, in riferimento all'art. 3  Cost.,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1,  cod.  strada  in
relazione alla diversa disciplina prevista dal comma 2 della medesima
disposizione, a seguito delle indicate sentenze n. 22 del 2018  e  n.
24 del 2020. La differenza di disciplina  non  sarebbe  giustificata,
poiche' si  tratterebbe  di  situazioni  sostanzialmente  omogenee  e
connotate dal medesimo disvalore sociale. Il  sacrificio  imposto  al
pieno svolgimento dei diritti della  personalita'  del  soggetto  che
aspira a conseguire la patente sarebbe sproporzionato  rispetto  alla
realizzazione del fine della sicurezza del  traffico,  che  la  norma
intende perseguire. 
    3.1.- Con riferimento alla propria giurisdizione,  il  giudice  a
quo e' consapevole  dell'orientamento  giurisprudenziale  secondo  il
quale tutti i provvedimenti adottati  ai  sensi  dell'art.  120  cod.
strada, siano essi di diniego o di  revoca  del  titolo  abilitativo,
incidono su  diritti  soggettivi  e  sono  pertanto  attribuiti  alla
giurisdizione ordinaria. Il rimettente  fa  rilevare,  tuttavia,  che
questa  Corte  ha  gia'  ritenuto  ammissibili   analoghe   questioni
sollevate da altro giudice amministrativo (e' richiamata, ancora,  la
sentenza n. 24 del 2020). 
    Le questioni in esame sarebbero rilevanti, sia  perche'  da  esse
dipenderebbe la  decisione  delle  censure  relative  al  difetto  di
istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato, sia perche'
le stesse hanno  ad  oggetto  la  legittimita'  costituzionale  della
disposizione censurata attributiva del potere esercitato. 
    3.2.- Nel merito, il giudice a quo dubita della ragionevolezza  e
della  coerenza  intrinseca  di  una  disciplina  che,  a  fronte  di
fattispecie  omogenee,  connotate  dal  medesimo  disvalore  sociale,
prevede un trattamento diverso a seconda che la  condanna  intervenga
prima o dopo il rilascio  del  titolo  abilitativo  alla  guida.  Pur
riconoscendo   che   il   legislatore,   nell'esercizio   della   sua
discrezionalita', potrebbe aggravare  la  posizione  di  chi  intende
conseguire per la prima  volta  il  titolo  abilitativo,  rispetto  a
quella di chi abbia gia' conseguito il  titolo,  maturando  cosi'  un
affidamento nella  sua  conservazione,  il  giudice  a  quo  ritiene,
tuttavia, che la maggiore integrita' della sfera morale richiesta  ai
fini del rilascio  della  patente  dovrebbe  essere  giustificata  da
prevalenti esigenze di tutela dei beni e degli interessi coinvolti. 
    Nel caso di specie, tuttavia, con  riferimento  al  rilascio  del
titolo,  la  disparita'  di  trattamento  derivante  dall'automatismo
ostativo   connesso   alla   condanna   sarebbe   ingiustificata    e
irragionevole. Infatti, a parita' di situazioni sostanziali, nel caso
della revoca e' riconosciuto al prefetto il potere-dovere di valutare
anche altri elementi favorevoli al richiedente, da bilanciare con  la
gravita' della condanna. Viceversa, nel caso del rilascio del titolo,
l'automatismo ostativo della condanna  impedirebbe  di  tenere  conto
della diversa gravita' che connota le singole  fattispecie  di  reato
contemplate dagli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del  1990,  con  la
conseguenza che i medesimi effetti ostativi sarebbero  ricollegati  a
fattispecie dotate di un differente disvalore penale. 
    Ad avviso del giudice rimettente, l'unico elemento distintivo tra
le due fattispecie in esame - ovvero la circostanza che  la  condanna
sia intervenuta in un momento  anteriore  o  successivo  al  rilascio
della patente - sarebbe  "neutro"  rispetto  all'esigenza  di  tutela
della  sicurezza  della  circolazione   stradale,   che   rappresenta
l'interesse primario tutelato dalla disposizione censurata. A parita'
di gravita' della condanna riportata per il medesimo  reato,  sarebbe
riservato un trattamento deteriore a chi intenda  conseguire  per  la
prima volta il  titolo  abilitativo,  rispetto  a  chi  l'abbia  gia'
conseguito. 
    Inoltre,  mentre  l'aspirante  al  conseguimento  della   patente
potrebbe  soddisfare  i  requisiti  morali  esclusivamente   con   la
riabilitazione, ai sensi dell'art.  178  cod.  pen.,  tale  onere,  a
seguito delle pronunce sull'art. 120, comma 2, cod. strada,  sarebbe,
invece, venuto meno in capo a  chi  aspiri  a  conservare  il  titolo
abilitativo. Solo quest'ultimo potrebbe, infatti, eliminare l'effetto
ostativo connesso alla condanna, semplicemente introducendo  elementi
da valutare in suo favore nel procedimento amministrativo. 
    Al sacrificio imposto a chi intende  conseguire  la  patente  non
corrisponderebbe un proporzionale beneficio per l'interesse  pubblico
alla  sicurezza  del  traffico  e  per   il   bene   dell'incolumita'
collettiva, i quali,  anche  in  difetto  dell'automatismo  ostativo,
potrebbero  essere  perseguiti  con  pari  efficacia  mediante  altri
strumenti predisposti dall'ordinamento. 
    Il giudice a quo ravvisa, infine, nell'art. 120,  comma  l,  cod.
strada una contraddittorieta' intrinseca, rispetto all'intero sistema
normativo del settore degli stupefacenti. Infatti, il titolare  della
patente  di  guida  e'  posto  in  grado  di  rappresentarsi  che  la
commissione di un reato in materia di stupefacenti avra'  conseguenze
sfavorevoli sul mantenimento del titolo conseguito, sia pure mediante
l'applicazione della sanzione  penale  accessoria  del  ritiro  della
patente, contemplata dall'art. 85, comma 1, del  d.P.R.  n.  309  del
1990. Per contro, il soggetto che commette il  medesimo  reato  prima
del conseguimento  della  patente  non  sarebbe  posto  in  grado  di
rappresentarsi le conseguenze derivanti dalla  propria  condotta  sul
futuro conseguimento della patente. Di esse avrebbe contezza solo  in
un momento successivo, ove instauri un rapporto con l'amministrazione
con la richiesta di rilascio del titolo. 
    4.- In entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che  le  questioni  siano  dichiarate
inammissibili, o comunque non fondate. 
    4.1.- In particolare, nel giudizio iscritto al reg. ord.  n.  126
del  2019,  e'  preliminarmente  eccepita  l'inammissibilita'   delle
questioni per l'insufficiente descrizione della fattispecie  concreta
oggetto del giudizio a quo, con riferimento sia alle  circostanze  di
fatto  che  hanno  determinato   l'applicazione   della   misura   di
prevenzione, sia al grado di pericolosita' sociale  dell'interessato.
Cio' impedirebbe di valutare l'effettiva rilevanza  delle  questioni,
che   dovrebbero   ritenersi   manifestamente    inammissibili    per
incompletezza e genericita'. 
    4.2.- Quanto al merito della questione sollevata  in  riferimento
all'art. 3 Cost., la difesa  statale  ritiene  che  la  stessa  debba
essere dichiarata manifestamente infondata. 
    Pur riconoscendo che i due istituti  -  revoca  della  patente  e
diniego della sua acquisizione - condividono un significativo  tratto
comune, tuttavia, cio' non implicherebbe che essi  possano  ritenersi
integralmente soggetti al medesimo regime e che la  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale del meccanismo automatico della  revoca
di cui all'art. 120,  comma  2,  cod.  strada  debba  necessariamente
riverberare i suoi effetti sul diniego previsto dal precedente  comma
1. Al riguardo, e' richiamata la sentenza di questa Corte n.  80  del
2019, che ha  ritenuto  non  fondate  analoghe  questioni  aventi  ad
oggetto l'art. 120, comma 1, cod. strada. 
    Le due fattispecie del diniego di rilascio della patente e  della
revoca  sarebbero  differenziate  in  funzione  del  momento  in  cui
l'autorita' si pronuncia sulle istanze dell'interessato. Infatti,  in
capo al soggetto che gia'  possiede  la  patente  si  e'  consolidata
un'aspettativa, che nell'altro caso non sussiste e che risalta  quale
elemento distintivo delle due ipotesi. Il momento in  cui  interviene
la decisione sull'autorizzazione o sulla  sua  revoca,  non  potrebbe
quindi qualificarsi come un "fatto neutro". 
    L'Avvocatura generale dello Stato osserva inoltre che il  diniego
di rilascio della patente di guida non ha natura  sanzionatoria,  ne'
costituisce  conseguenza   accessoria   della   violazione   di   una
disposizione in tema di circolazione stradale. Esso si  fonda  su  un
presupposto giuridico  autonomo,  dato  dal  possesso  dei  requisiti
morali per ottenere la patente di guida, essendo altri gli istituti e
le disposizioni che presiedono  alla  tutela  della  sicurezza  nella
circolazione stradale. 
    Pertanto, la differente disciplina stabilita dal  comma  1  della
stessa disposizione non determinerebbe alcun vulnus al  principio  di
uguaglianza. 
    4.3.- Nel giudizio  iscritto  al  reg.  ord.  n.  139  del  2020,
l'Avvocatura generale dello  Stato  chiede  che  le  questioni  siano
dichiarate manifestamente non fondate. 
    A sostegno della non fondatezza, la difesa  statale  richiama  la
sentenza n. 80 del 2019 e l'ordinanza n. 81 del 2020 di questa Corte. 
    D'altra parte, l'effetto ostativo al conseguimento della  patente
non  inciderebbe  in  modo  indifferenziato   sulla   posizione   dei
condannati per reati in materia di stupefacenti, poiche'  la  diversa
gravita' del reato commesso e la condotta  del  reo  successiva  alla
condanna  assumerebbero  rilievo  ai  fini  della   possibilita'   di
conseguire la riabilitazione, ai sensi degli  artt.  178  e  179  del
codice penale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Lombardia,
sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e  35
della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.
285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall'art.  3,  comma
52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n.  94  (Disposizioni  in
materia di sicurezza pubblica). 
    1.1.- In particolare, nel giudizio iscritto al reg. ord.  n.  126
del 2020, la disposizione in esame e' censurata nella  parte  in  cui
prevede il diniego in via automatica del rilascio  della  patente  di
guida a coloro che sono  o  sono  stati  sottoposti  alle  misure  di
prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n.  1423  (Misure  di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e
per la pubblica moralita'). 
    E' denunciato, in primo luogo, il contrasto  con  i  principi  di
proporzionalita' e  ragionevolezza  e  quindi  con  l'art.  3  Cost.,
poiche'  sarebbe  attribuito  al  prefetto  un  potere  automatico  e
vincolato, tale da non consentire alcun margine di  discrezionalita',
in relazione alle peculiarita' delle singole fattispecie. 
    Sarebbero altresi' violati gli artt. 4, 16 e  35  Cost.,  poiche'
l'automatico diniego di rilascio della patente di guida comporterebbe
una limitazione  della  liberta'  di  circolazione,  con  conseguente
lesione del  diritto  al  lavoro  dei  destinatari  delle  misure  di
prevenzione. 
    1.2.- Nel giudizio iscritto al reg. ord.  n.  139  del  2020,  il
medesimo art. 120, comma 1, cod. strada, e' censurato nella parte  in
cui prevede il diniego in via automatica del rilascio  della  patente
di guida alle persone condannate per i reati di cui agli artt.  73  e
74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309  (Testo  unico  delle  leggi  in
materia di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze  psicotrope,
prevenzione,  cura   e   riabilitazione   dei   relativi   stati   di
tossicodipendenza). 
    Anche in questo caso e' denunciata la violazione dei principi  di
proporzionalita' e ragionevolezza,  per  il  carattere  automatico  e
vincolato del potere attribuito al prefetto, cui sarebbe preclusa  la
valutazione  della  diversa  gravita'  che  connota   le   differenti
fattispecie di reato, le  pene  concretamente  irrogate  e  l'attuale
pericolosita' della persona. 
    E' inoltre denunciata l'irragionevole disparita'  di  trattamento
di coloro che aspirino al rilascio della patente di guida, rispetto a
coloro  che  intendano  evitarne  la  revoca;  solo   questi   ultimi
potrebbero evitare l'effetto  ostativo  della  condanna  introducendo
elementi   da   valutare   in   proprio   favore   nel   procedimento
amministrativo. 
    2.- Data  la  comunanza  delle  disposizioni  censurate,  nonche'
l'identita' di alcuni dei parametri  costituzionali  invocati  e  dei
profili e delle argomentazioni utilizzate, i giudizi vanno riuniti  e
decisi con unica pronuncia. 
    3.-  In  via  preliminare,  deve  essere  rigettata   l'eccezione
sollevata  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  nell'ambito   del
giudizio iscritto al reg. ord. n. 126 del 2020. 
    3.1.- La difesa statale ritiene inammissibili  le  questioni  per
l'insufficiente motivazione in ordine alla loro rilevanza, in  quanto
sarebbe lacunosa la descrizione del procedimento principale  e  della
situazione personale del ricorrente. 
    3.2.- Il rimettente riferisce che il  giudizio  innanzi  ad  esso
verte su una fattispecie di diniego  di  rilascio  della  patente  di
guida per il carattere ostativo della precedente applicazione di  una
misura di prevenzione. Il giudice a quo ritiene  che  la  domanda  di
annullamento debba essere  esaminata  alla  luce  della  disposizione
censurata che - nel disciplinare  il  provvedimento  di  diniego  del
titolo - attribuisce al prefetto un potere di carattere automatico  e
vincolato.  Solo  l'accoglimento  della  questione  di   legittimita'
costituzionale consentirebbe di annullare il provvedimento impugnato. 
    Gli  elementi  descrittivi  offerti   risultano   sufficienti   a
suffragare  l'applicabilita'  della  disposizione  censurata  ed   il
requisito  della  rilevanza  del  dubbio  di  costituzionalita'   (ex
plurimis, sentenze n. 59 del 2021, n. 267, n. 224 e n. 32  del  2020,
n. 199 e n. 105 del 2019, n. 22 del 2018; ordinanze n. 147  e  n.  92
del 2020, n. 103 e n. 64 del 2019, n. 242 del 2018, n. 187  e  n.  12
del 2017). 
    4.- Va inoltre riconosciuta l'ammissibilita' delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1, cod.  strada,  in
quanto sollevate dal giudice amministrativo. 
    Sebbene sul tema vi siano anche  decisioni  delle  sezioni  unite
civili della Corte di cassazione diversamente orientate  (da  ultimo,
ordinanza  19  novembre  2020,  n.  26391),  questa  Corte  ha   gia'
riconosciuto la rilevanza e l'ammissibilita', sotto il profilo  della
titolarita' della  giurisdizione  del  giudice  a  quo,  di  analoghe
questioni  sollevate  dal  giudice  amministrativo  in  ordine   alla
legittimita' dello stesso art. 120 cod. strada (sentenze n. 24  e  n.
99 del 2020). 
    Il TAR per la Lombardia richiama tali precedenti di questa  Corte
e fornisce una non implausibile motivazione, idonea ad escludere  che
nella  specie  la  giurisdizione  del  giudice  amministrativo  possa
ritenersi ictu oculi manifestamente insussistente. 
    5.- Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  120,
comma 1, cod. strada, sollevate in riferimento all'art. 3 Cost.,  non
sono fondate. 
    5.1.- L'art. 120 cod. strada,  rubricato  «Requisiti  morali  per
ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all'articolo 116»,
al comma 1 menziona, tra i soggetti che «[n]on possono conseguire  la
patente di guida» anche «coloro che  sono  o  sono  stati  sottoposti
[...] alle misure di prevenzione previste  dalla  legge  27  dicembre
1956, n. 1423», recante «Misure di prevenzione  nei  confronti  delle
persone pericolose per la sicurezza  e  per  la  pubblica  moralita'»
(legge poi abrogata dall'art. 120, comma 1, lettera a),  del  decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 159,  recante  «Codice  delle  leggi
antimafia e delle misure di prevenzione, nonche'  nuove  disposizioni
in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e  2
della legge 13 agosto 2010, n. 136», che ha disciplinato ex  novo  le
misure di prevenzione). 
    Nella categoria di coloro che non possono conseguire  la  patente
di guida la disposizione censurata  include,  altresi',  «le  persone
condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del  testo  unico
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,  n.
309», recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,    cura    e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza». 
    5.2.-   Occorre,   preliminarmente,   esaminare    le    premesse
ermeneutiche su cui si fondano i quesiti formulati dal TAR Lombardia. 
    Come gia' accennato, i rimettenti escludono motivatamente che  la
disposizione censurata si presti a un'interpretazione adeguatrice, la
quale estenda al diniego di rilascio i principi affermati  da  questa
Corte  in  riferimento  alla  disciplina  della  revoca  del   titolo
abilitativo. 
    5.2.1.- Infatti, con sentenza n. 22 del 2018, e' stata dichiarata
l'illegittimita' costituzionale del comma 2  del  medesimo  art.  120
cod. strada, «nella parte  in  cui  -  con  riguardo  all'ipotesi  di
condanna per reati di  cui  agli  artt.  73  e  74  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle
leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza), che intervenga in data  successiva  a  quella  di
rilascio della  patente  di  guida  -  dispone[va]  che  il  prefetto
"provvede" -  invece  che  "puo'  provvedere"  -  alla  revoca  della
patente». 
    Cio'  in  base  alla  considerazione   che   «[l]a   disposizione
denunciata - sul presupposto di una  indifferenziata  valutazione  di
sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del  titolo
di abilitazione alla guida - ricollega [...] in  via  automatica,  il
medesimo effetto, la revoca  di  quel  titolo,  ad  una  varieta'  di
fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneita', atteso che la
condanna, cui la norma  fa  riferimento,  puo'  riguardare  reati  di
diversa,  se  non  addirittura  di  lieve,  entita'».  E   anche   in
considerazione  della  contraddizione  insita  nel  fatto  che  «agli
effetti dell'adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che
pur si ricollegano al medesimo  fatto-reato  e,  sul  piano  pratico,
incidono in senso  identicamente  negativo  sulla  titolarita'  della
patente) - mentre il giudice penale ha la "facolta'" di disporre, ove
lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto invece  ha
il "dovere" di disporne la revoca». 
    Inoltre, con la successiva sentenza n. 24  del  2020,  lo  stesso
comma   2   dell'art.   120   cod.   strada   e'   stato   dichiarato
costituzionalmente illegittimo, «nella parte in cui  dispone[va]  che
il prefetto "provvede" - invece che "puo' provvedere" -  alla  revoca
della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti  a
misura di sicurezza personale». 
    Anche in questo caso l'automatismo della revoca della patente  da
parte del prefetto e' stato, infatti, ritenuto contrario ai  principi
di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza, attesa la varieta'
(per contenuto, durata e  prescrizioni)  delle  misure  di  sicurezza
irrogabili, oltreche' contraddittorio rispetto al potere riconosciuto
al magistrato di sorveglianza, il quale, nel disporre  la  misura  di
sicurezza, "puo'" consentire al soggetto  che  vi  e'  sottoposto  di
continuare - in presenza di determinate condizioni - a fare uso della
patente di guida. 
    Infine, con la sentenza n. 99 del 2020, l'art. 120, comma 2, cod.
strada  e'  stato  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo,   per
violazione  dei   principi   di   uguaglianza,   proporzionalita'   e
ragionevolezza,  nella  parte  in  cui  disponeva  che  il   prefetto
«provvede» - invece che «puo' provvedere» - alla revoca della patente
di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati  sottoposti
a misure di prevenzione. 
    5.2.2.-  Alla  luce  di  queste  pronunce,  tutte  riferite  alla
disciplina della revoca della patente di guida, ma in correlazione  a
distinte fattispecie in essa ricomprese, appare corretta la  premessa
dei rimettenti, circa l'impossibilita' di una generale estensione, in
via interpretativa, ai  provvedimenti  di  diniego  di  rilascio  dei
principi affermati in riferimento ai casi di revoca del titolo. 
    5.3.- D'altra parte, questa Corte ha gia' escluso che le  ragioni
che hanno comportato il  superamento  dell'automatismo  della  revoca
prefettizia ad opera delle  richiamate  sentenze  siano  analogamente
riferibili al diniego del  titolo  abilitativo  di  cui  al  comma  1
dell'art. 120 cod. strada. 
    Questa  conclusione  si  fonda  sul  rilievo  che  «tale  diniego
riflette una condizione ostativa che, diversamente dalla  revoca  del
titolo, opera a monte del suo conseguimento e non  incide  su  alcuna
aspettativa consolidata dell'interessato.  Inoltre  non  ricorre,  in
questo caso, la contraddizione, che ha assunto  decisivo  rilievo  in
tema di revoca della patente, tra obbligatorieta'  del  provvedimento
amministrativo e facoltativita' della parallela misura adottabile dal
giudice penale in  relazione  alla  medesima  fattispecie  di  reato.
Infine,  diversamente  da  quanto  presupposto  dal  giudice  a  quo,
l'effetto ostativo al conseguimento  della  patente,  previsto  dalla
disposizione censurata, non incide in  modo  "indifferenziato"  sulla
posizione  dei  soggetti  condannati  per   reati   in   materia   di
stupefacenti. La diversa gravita' del reato commesso, unitamente alla
condotta  del  reo  successiva  alla   condanna,   assume,   infatti,
determinante rilievo ai fini del possibile conseguimento (anche  dopo
un  solo  anno  nel  caso  di  condanna  con  pena  sospesa)  di   un
provvedimento riabilitativo (ex artt. 178 e 179 del  codice  penale),
che restituisce al condannato il diritto a richiedere la  patente  di
guida» (sentenza n. 80 del 2019 e ordinanza n. 81 del 2020). 
    5.3.1.-  Questi  stessi  argomenti  risultano  estensibili   alle
questioni relative al diniego di rilascio del  titolo  a  coloro  che
siano o siano stati sottoposti a misure di prevenzione. 
    Inoltre,  con  riferimento  a  queste  ultime  e'   prevista   la
possibilita' di ottenere, sebbene dopo tre  anni,  la  riabilitazione
prevista dall'art. 70 del d.lgs. n. 159 del 2011.  Essa  comporta  la
cessazione  degli  effetti  pregiudizievoli  connessi  alla   misura,
nonche' dei divieti previsti dall'art. 67 dello stesso d.lgs. n.  159
del 2011. Anche rispetto a questa  ulteriore  condizione  soggettiva,
pertanto, l'ordinamento  riconosce  un  differenziato  rilievo  della
condotta e della personalita' del soggetto, con una  valutazione  che
assume rilevanza decisiva ai fini del possibile  conseguimento  della
patente di guida. 
    5.4.-  Pertanto,  i  significativi  elementi  differenziali,  che
caratterizzano  rispettivamente  i  provvedimenti   di   diniego   di
rilascio, di cui al comma 1 dell'art. 120 cod. strada,  e  quelli  di
revoca del  titolo,  giustificano,  su  un  piano  di  non  manifesta
irragionevolezza, il diverso trattamento normativo, cosi'  escludendo
la denunciata violazione dell'art. 3 Cost. 
    Rimane  comunque  auspicabile  una  nuova  configurazione   delle
condizioni  ostative  del  rilascio,  nel  senso   di   un   migliore
coordinamento sistematico delle distinte fattispecie, alla luce delle
novita' scaturite dalle precedenti decisioni di questa Corte. 
    6.-  Non  sono  fondate  neppure  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 120, comma  1,  cod.  strada,  sollevate  in
riferimento agli artt. 4, 16 e 35 Cost. 
    6.1.- Quanto alla dedotta violazione del diritto  al  lavoro,  va
escluso che tale diritto non sia, di per  se',  esercitabile  per  il
diniego della patente di guida. Inoltre, da tempo, la  giurisprudenza
di questa Corte ha posto  in  risalto  che,  poiche'  «nessuna  norma
costituzionale  assicura  indistintamente  a  tutti  i  cittadini  il
diritto di guidare veicoli a motore, non  viola  la  Costituzione  la
legge ordinaria che consente l'esercizio del diritto solo a chi abbia
certi requisiti: di modo che la patente, come e'  concessa  caso  per
caso in applicazione d'una  norma  di  legge  ordinaria,  cosi'  puo'
essere tolta, in virtu' di un'altra norma di legge  ordinaria,  senza
che  ne  soffra  la  liberta'  di   circolazione   costituzionalmente
garantita» (cosi'  la  sentenza  n.  6  del  1962,  richiamata  dalla
sentenza n. 274 del 2016).