ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Sardegna 24 giugno 2020, n.  17  (Modifiche  alla
legge regionale n. 22 del 2019 in materia  di  proroga  di  termini),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 19-21 agosto 2020,  depositato  in  cancelleria  il  21
agosto 2020, iscritto al n. 70 del registro ricorsi 2020 e pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  41,  prima   serie
speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  giugno  2021  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi gli avvocati dello Stato Giuseppe Albenzio e Maria Vittoria
Lumetti per il Presidente del Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato
Roberto Murroni per la Regione autonoma Sardegna, in collegamento  da
remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della  Corte
del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 20 luglio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19-21 agosto 2020, depositato il 21
agosto 2020 e iscritto al n. 70 del registro ricorsi per l'anno 2020,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato,  ha  promosso,  in  riferimento
all'art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto
speciale per la Sardegna) e agli artt. 9, 117, secondo comma, lettera
s),   e   120   della   Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1 della  legge  della  Regione  Sardegna  24
giugno 2020, n. 17 (Modifiche alla legge regionale n. 22 del 2019  in
materia di proroga di termini). 
    1.1.- Il  ricorrente  evidenzia  che  la  disposizione  impugnata
proroga fino al 31 dicembre 2020  le  previsioni  della  legge  della
Regione Sardegna 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e
il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e  per
il miglioramento del patrimonio edilizio),  che,  nella  formulazione
originaria, consentirebbero la realizzazione di «nuove volumetrie  in
deroga alla pianificazione urbanistica» fino  all'entrata  in  vigore
della nuova legge regionale in materia di governo  del  territorio  e
comunque non oltre il 31 dicembre 2016. 
    Tale termine e' stato prorogato dapprima fino al 31 dicembre 2017
dall'art. 1, comma 1, lettera a), della legge della Regione  Sardegna
7 dicembre 2016,  n.  33  (Proroga  di  termini  di  cui  alla  legge
regionale n. 8 del 2015); poi fino al 30  giugno  2019  dall'art.  1,
comma 1, della legge della Regione Sardegna 14 dicembre 2017, n.  26,
recante «Modifiche alla  legge  regionale  7  dicembre  2016,  n.  33
(Proroga di termini di cui alla legge  regionale  n.  8  del  2015)»;
quindi fino al 31 dicembre 2019 dall'art. 1,  comma  1,  della  legge
della Regione Sardegna 21  giugno  2019,  n.  8,  recante  «Modifiche
all'articolo 1 della legge regionale  n.  26  del  2017  (Proroga  di
termini)»; da ultimo, prima delle modifiche  impugnate,  fino  al  30
giugno 2020 dall'art. 1, comma 1, della legge della Regione  Sardegna
20 dicembre 2019, n. 22, recante «Modifiche alla legge regionale n. 8
del 2019 (Proroga di termini)». 
    1.2.- Ad avviso del ricorrente, tale proroga  contrasterebbe  con
lo statuto speciale e con molteplici parametri costituzionali. 
    1.2.1.- Il ricorrente censura, anzitutto, il contrasto con l'art.
3 dello statuto speciale, come attuato  dal  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove  norme  di  attuazione
dello statuto speciale della regione autonoma della Sardegna), e  con
l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  che  sancisce  la
competenza legislativa esclusiva  dello  Stato  nella  materia  della
tutela  dell'ambiente,  «rispetto  alla  quale  costituiscono   norme
interposte gli articoli 135, 143, 145  e  156  del  Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio». 
    Nell'incidere anche sui beni soggetti a tutela paesaggistica,  la
disposizione impugnata si collocherebbe «al di fuori  del  necessario
quadro di riferimento» costituito dal piano paesaggistico (artt. 135,
143, 145 e 156 del  decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n.  42,
recante  «Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.  137»),  «elaborato
d'intesa tra Stato e Regione» e deputato a  stabilire  i  criteri  di
gestione del vincolo, le trasformazioni compatibili, quelle vietate e
le condizioni delle eventuali trasformazioni consentite. 
    Il ricorrente ricorda che il 5 settembre 2006 la Regione autonoma
Sardegna  ha  approvato  il  «Primo   ambito   omogeneo   del   Piano
paesaggistico regionale», relativo alle aree costiere, e che,  il  19
febbraio 2007, ha sottoscritto con il  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita'  culturali  il  Protocollo  d'intesa  per  la  verifica   e
l'adeguamento congiunto del «Piano paesaggistico  regionale  -  Primo
ambito omogeneo» e per la pianificazione congiunta con lo  Stato  del
«Secondo  ambito  omogeneo»,   corrispondente   alle   aree   interne
dell'isola e all'intero territorio regionale, non  limitato  ai  beni
paesaggistici vincolati. 
    Il 1° marzo 2013, la Regione autonoma Sardegna e il Ministero per
i  beni  e  le  attivita'   culturali   avrebbero   sottoscritto   il
disciplinare  attuativo  del  protocollo  d'intesa,  allo  scopo   di
definire  le  modalita'  attuative  dei  lavori   di   pianificazione
congiunta sia per il «Primo ambito» che per il «Secondo  ambito».  Il
disciplinare   sarebbe   stato   poi   aggiornato   e    sottoscritto
congiuntamente  il  18  aprile  2018.  L'intensa  interlocuzione  non
sarebbe ancora approdata all'approvazione del piano paesaggistico. 
    Con la proroga della disciplina in materia di  miglioramento  del
patrimonio  edilizio  esistente,  la  Regione  autonoma  Sardegna  si
sottrarrebbe «ingiustificatamente al  proprio  obbligo  di  redazione
congiunta con il Ministero per i beni e le  attivita'  culturali  del
piano paesaggistico». 
    Inoltre, l'attribuzione della facolta' di  realizzare  volumetrie
aggiuntive anche con riguardo  ai  beni  paesaggistici  sottoposti  a
tutela implicherebbe che gli  interventi  siano  «valutati  caso  per
caso, in occasione del rilascio dell'autorizzazione dovuta (ai  sensi
dell'articolo   146   del    Codice    di    settore),    senza    la
contestualizzazione  nel  dovuto  quadro   di   regole   voluto   dal
Legislatore statale», che per tali beni  ha  imposto  un  obbligo  di
pianificazione congiunta. 
    Il  ricorrente  lamenta  che  l'ulteriore   «proroga   di   norme
derogatorie  e  straordinarie»,  concernenti  beni  per  i  quali  la
pianificazione paesaggistica non e'  stata  elaborata  (aree  interne
dell'isola) o non e' stata adeguata (aree costiere), non tenga  conto
«dei  valori  paesaggistici»  e  sia  disposta  «al  di  fuori  della
necessaria condivisione con lo Stato» con riguardo ai beni vincolati,
condivisione   che   costituisce   principio    inderogabile    della
legislazione statale. 
    La Regione autonoma Sardegna,  pertanto,  avrebbe  esercitato  la
potesta' legislativa in materia  di  edilizia  e  di  urbanistica  in
violazione «delle previsioni del Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio,  dettate  dallo  Stato   nell'esercizio   della   potesta'
legislativa esclusiva di cui all'articolo 117, secondo  comma,  lett.
s), della Costituzione» e destinate a imporsi  anche  alle  autonomie
speciali in quanto norme di riforma economico-sociale (si  citano  le
sentenze di questa Corte n. 51 del 2006 e n. 178 del 2018). 
    In contrasto con gli artt. 135, 143, 145 e 156 del d.lgs.  n.  42
del  2004,  sarebbero  stati  violati  «l'obbligo  di  pianificazione
congiunta con lo Stato rispetto ai beni  paesaggistici  sottoposti  a
tutela e la prevalenza del piano  paesaggistico»,  sancita  dall'art.
145 del medesimo decreto. 
    Peraltro,  la  compressione  di  diritti   costituzionali,   come
«l'interesse  alla  tutela  del   paesaggio   e   il   principio   di
copianificazione», potrebbe essere giustificata soltanto «per ragioni
eccezionali, per un limitato arco temporale». 
    1.2.2.- Il ricorrente denuncia, inoltre, la violazione  dell'art.
9 Cost., «anche in relazione all'articolo 117, secondo  comma,  lett.
s)» Cost. 
    La disciplina impugnata sarebbe  «potenzialmente  pregiudizievole
per  la  tutela  del  paesaggio,  che   ha   valenza   di   interesse
costituzionale primario e  assoluto»  (si  richiama  la  sentenza  di
questa Corte n. 367 del 2007). Difatti, la  proroga  sine  die  della
disciplina regionale derogatoria avrebbe «determinato  l'abbassamento
del  livello  della  tutela  del  paesaggio,  oltretutto  in   palese
violazione   del   principio   fondamentale    di    co-gestione    e
co-pianificazione   del   territorio   e    del    paesaggio»,    che
rappresenterebbe «l'architrave del sistema di tutela». 
    Il ricorrente ricorda l'inderogabile principio della  codecisione
e della compartecipazione tra Stato e Regioni «in tutte e tre le fasi
in cui si articola la  tutela  paesaggistica,  ossia  individuazione,
pianificazione  e  gestione,  quest'ultima  esercitata  mediante   il
rilascio delle  autorizzazioni  degli  interventi  relativi  ai  beni
tutelati».  Il  piano  territoriale  regionale  rappresenterebbe   la
"Costituzione del territorio", in quanto esprimerebbe «le  scelte  di
fondo della pianificazione futura del territorio», in una prospettiva
«di stabilita' e di lungo periodo, incompatibile con  le  unilaterali
scelte dei soli Organi regionali». 
    I   beni   paesaggistici    di    ciascuna    Regione    italiana
trascenderebbero la dimensione puramente locale per assurgere a «beni
comuni riferibili all'intera collettivita' nazionale». 
    Inoltre, il principio di «necessaria condivisione tra lo Stato  e
la  Regione»  non  svilirebbe  in  alcun  modo  «il  ruolo  centrale,
strategico e propositivo dell'autonomia regionale». 
    1.2.3.- Il ricorrente prospetta, infine, la violazione  dell'art.
120 Cost., sul presupposto che la  disciplina  impugnata  rappresenti
«il frutto di una scelta assunta unilateralmente dalla Regione, al di
fuori  del  lungo  percorso  condiviso  con  lo  Stato   all'indomani
dell'approvazione del piano paesaggistico regionale». 
    La Regione autonoma Sardegna si sottrarrebbe «ingiustificatamente
al proprio obbligo di redazione congiunta con il Ministero per i beni
e le attivita' culturali del Piano paesaggistico», in  contrasto  con
«il principio di leale collaborazione», che imporrebbe di  rispettare
gli impegni assunti. 
    2.- Con atto depositato il 28 settembre 2020, si e' costituita in
giudizio la Regione autonoma Sardegna  e  ha  chiesto  di  dichiarare
inammissibili o  comunque  non  fondate  le  questioni  promosse  dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La difesa regionale evidenzia, in  premessa,  che  la  disciplina
impugnata  riguarda  il  solo  ambito  urbanistico-edilizio   ed   e'
rispettosa dei vincoli paesaggistici. 
    2.1.- Il primo motivo di ricorso sarebbe inammissibile e comunque
non fondato. 
    2.1.1.-  In  linea  preliminare,  la  Regione  autonoma  Sardegna
replica  che   la   censura   si   fonda   sull'erroneo   presupposto
interpretativo che  la  legge  regionale  non  preveda  l'obbligo  di
rispettare le prescrizioni del piano paesaggistico. 
    Sarebbe lo stesso ricorrente a riconoscere che la legge impugnata
non deroga all'obbligo  di  pianificazione  congiunta  e  ai  vincoli
dettati dal piano paesaggistico. Peraltro, il ricorrente non  avrebbe
tenuto conto della particolare tutela che la disciplina appresta  per
le  «aree  maggiormente  sensibili»  e   avrebbe   privilegiato   una
interpretazione  non  conforme  a  Costituzione  al  solo  scopo   di
«censurare scelte lato sensu politiche  del  legislatore  regionale»,
concernenti il diverso profilo urbanistico-edilizio. 
    2.1.1.- Nel merito, la questione non sarebbe comunque fondata. 
    La  disciplina  impugnata  non  escluderebbe  in  alcun  modo  la
pianificazione congiunta, obbligatoria con esclusivo riguardo a  beni
vincolati, e non derogherebbe  ne'  al  regime  della  pianificazione
paesaggistica ne' a quello dell'autorizzazione paesaggistica. Essa si
limiterebbe a consentire incrementi volumetrici minimi e  inciderebbe
su aree gia' completamente edificate, al fine di ridurre  il  consumo
di suolo, di riqualificare il  patrimonio  edilizio  esistente  e  di
migliorarne le prestazioni energetiche. La tutela dei beni  vincolati
sarebbe pur sempre assicurata dalla valutazione di compatibilita' con
i valori ambientali. 
    2.2.- Quanto alla dedotta lesione dell'art. 9 Cost.,  le  censure
sarebbero inammissibili e comunque non fondate. 
    2.2.1.- Il ricorrente  non  avrebbe  illustrato  le  ragioni  del
contrasto con il  parametro  costituzionale  evocato.  Il  motivo  di
ricorso,   formulato   in   termini   generici,   sarebbe    pertanto
inammissibile. 
    2.2.2.- La censura sarebbe comunque, nel merito, non fondata. 
    La  difesa  regionale  ribadisce  che  la  legge  impugnata   non
contrasta  con  l'obbligo  di  elaborazione   congiunta   del   piano
paesaggistico  ne'   «influisce   negativamente   sui   percorsi   di
collaborazione  con  lo  Stato».  La   pianificazione   paesaggistica
sarebbe, difatti, salvaguardata. 
    2.3.- Inammissibile e comunque non fondato sarebbe anche il terzo
motivo di ricorso. 
    2.3.1.- Il ricorrente non avrebbe chiarito per quali  ragioni  il
principio di leale collaborazione sia stato violato. 
    2.3.2.-  Le  doglianze  del  ricorrente  non  sarebbero  comunque
fondate. 
    La proroga impugnata non violerebbe gli accordi gia' conclusi tra
la Regione autonoma Sardegna e lo Stato  ne'  interferirebbe  con  la
fruttuosa attivita' di  collaborazione  per  la  verifica  del  piano
paesaggistico  vigente,  relativo  agli  ambiti   costieri,   e   per
l'approvazione congiunta del piano riferito agli ambiti interni. 
    3.- In prossimita' dell'udienza, la Regione autonoma Sardegna  ha
depositato una memoria illustrativa, per ribadire le conclusioni gia'
rassegnate nell'atto di costituzione. 
    La difesa regionale osserva che gli interventi  consentiti  dalla
disposizione impugnata attengono al solo ambito  urbanistico-edilizio
e insistono in zone «completamente  urbanizzate  e  anche  del  tutto
edificate». Tali interventi sarebbero  finalizzati  a  migliorare  il
patrimonio edilizio esistente, mediante la realizzazione di  «modeste
cubature aggiuntive», nel rispetto della pianificazione paesaggistica
e dell'obbligo di pianificazione congiunta. 
    Le   previsioni   prorogate   dalla   disciplina   impugnata   si
riconnetterebbero  all'intesa  sul  "Piano  casa",  che  prevede   la
validita' temporalmente definita,  non  superiore  a  diciotto  mesi,
delle leggi regionali attuative, «salvo diverse determinazioni  delle
singole regioni» e impone il rispetto delle prescrizioni in  tema  di
paesaggio. La legge reg. Sardegna n. 17 del 2020 sarebbe coerente con
la normativa statale. 
    Il ricorso statale sovrapporrebbe «il piano  delle  deroghe  alle
competenze urbanistiche degli enti locali» con quello diverso  «della
tutela dei valori paesaggistici». Spetterebbe peraltro  alla  Regione
autonoma  Sardegna,  in  quanto  titolare  di  potesta'   legislativa
primaria in materia di edilizia e urbanistica, «stabilire  i  modelli
urbanistici e modificarli, in modo temporaneo  o  anche  permanente»,
cosi' da  bilanciare  l'esigenza  di  apprestare  adeguate  opere  di
urbanizzazione con quella di  riqualificare  il  patrimonio  edilizio
esistente e di limitare il consumo di suolo. 
    La difesa regionale osserva,  infine,  che  il  mancato  espresso
richiamo della normativa di tutela  del  paesaggio  non  puo'  essere
considerato come una  deroga  alle  relative  previsioni,  anche  con
riguardo alla pianificazione paesaggistica  congiunta,  imposta  solo
per «specifici e ben individuati beni paesaggistici». 
    4.-  All'udienza,  le  parti  hanno  confermato  le   conclusioni
rassegnate nelle difese scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  70  del
2020), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  impugnato,   in
riferimento all'art. 3 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e agli artt. 9, 117,  secondo
comma, lettera s), e 120 della Costituzione,  l'art.  1  della  legge
della Regione Sardegna 24 giugno 2020, n. 17  (Modifiche  alla  legge
regionale n. 22 del 2019 in materia di proroga di termini). 
    1.1.- La disposizione impugnata proroga fino al 31 dicembre  2020
le previsioni della legge della Regione Sardegna 23 aprile 2015, n. 8
(Norme per la  semplificazione  e  il  riordino  di  disposizioni  in
materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio
edilizio),  che,  ad  avviso  del  ricorrente,  consentirebbero   «la
realizzazione di volumi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici»
anche nelle aree sottoposte a  tutela  paesaggistica  in  virtu'  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137). 
    Per effetto delle numerose proroghe disposte  in  precedenza  dal
legislatore   regionale,   si   riscontrerebbe    una    «sostanziale
stabilizzazione» delle deroghe consentite dall'originaria disciplina,
caratterizzata da una durata temporale circoscritta e  riguardante  i
soli «interventi "straordinari"»,  e  sarebbe  pertanto  notevolmente
piu' elevato «il numero degli interventi assentibili in contrasto con
la disciplina urbanistica». 
    1.2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  assume  che
l'ultima proroga prevista dalla  normativa  regionale  renda  stabile
«una  disciplina  eccezionale,   in   quanto   volta   a   consentire
realizzazione di volumi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici»
e si ponga in contrasto, sotto molteplici  profili,  con  lo  statuto
speciale e con la Costituzione. 
    1.2.1.- Il ricorrente, in primo luogo,  impugna  l'art.  1  della
legge reg. Sardegna n. 17 del 2020 in riferimento  all'art.  3  dello
statuto speciale, «come attuato mediante il d.P.R. n. 480 del  1975»,
e all'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  «rispetto  alla
quale costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156
del Codice dei beni culturali e del paesaggio». 
    La potesta' legislativa in materia  di  edilizia  e  urbanistica,
attribuita alla Regione autonoma Sardegna dall'art.  3,  lettera  f),
dello  statuto  speciale,  sarebbe  vincolata   al   rispetto   delle
previsioni del d.lgs. n. 42 del  2004,  che  impongono  l'obbligo  di
pianificazione congiunta «rispetto ai beni paesaggistici sottoposti a
tutela» e sanciscono la prevalenza del piano paesaggistico  su  tutti
gli altri atti  di  pianificazione  territoriale  e  urbanistica,  in
coerenza con il valore imprescindibile dell'impronta  unitaria  della
pianificazione paesaggistica. 
    Gli interventi consentiti dalla  disposizione  impugnata  non  si
armonizzerebbero con il «necessario quadro di riferimento» del  piano
paesaggistico. Elaborato d'intesa tra Stato  e  Regione,  tale  piano
individuerebbe le prescrizioni  d'uso  applicabili  a  ciascuna  area
tutelata, «la tipologia delle trasformazioni compatibili,  di  quelle
vietate e le condizioni delle eventuali trasformazioni», al  fine  di
evitare che, in occasione del rilascio delle  singole  autorizzazioni
paesaggistiche,   le   trasformazioni   siano   valutate   «in   modo
parcellizzato e non nell'ambito della considerazione complessiva  del
contesto tutelato». 
    In Sardegna - precisa il ricorrente - sarebbe stato approvato  il
5  settembre  2006  soltanto  il  piano  paesaggistico  per  le  aree
costiere, che nel frattempo non sarebbe stato adeguato. Per  le  aree
interne, il piano paesaggistico non sarebbe stato ancora definito. 
    In base alla previsione impugnata, la disciplina  derogatoria  si
applicherebbe anche alle aree interne dell'isola, in difetto  di  una
pianificazione paesaggistica, e alle aree costiere, sottoposte a  una
pianificazione paesaggistica «non adeguata al Codice». 
    Inoltre, il legislatore regionale, con l'ulteriore proroga  della
disciplina  riguardante  il  miglioramento  del  patrimonio  edilizio
esistente, si sottrarrebbe arbitrariamente  «al  proprio  obbligo  di
redazione congiunta con il  Ministero  per  i  beni  e  le  attivita'
culturali del piano paesaggistico». 
    Il  ricorrente  argomenta  che  i  diritti  costituzionali   come
«l'interesse  alla  tutela  del   paesaggio   e   il   principio   di
copianificazione» possono essere sacrificati  soltanto  «per  ragioni
eccezionali, per un limitato arco temporale» (si richiama la sentenza
di questa Corte n. 186 del 2013). Nel caso di specie, per contro,  il
sacrificio   degli   interessi   costituzionalmente   rilevanti    si
protrarrebbe per un tempo indefinito. 
    1.2.2.- In secondo luogo, sarebbe violato l'art. 9 Cost.,  «anche
in relazione all'articolo 117, secondo comma, lett. s)» Cost. 
    La normativa impugnata, nel disporre «la proroga sine die» di una
disciplina  lesiva  «del  principio  fondamentale  di  co-gestione  e
co-pianificazione  del   territorio   e   del   paesaggio»,   sarebbe
«potenzialmente pregiudizievole per la tutela del paesaggio,  che  ha
valenza di interesse costituzionale primario e assoluto». 
    Il ricorrente ribadisce che  l'obbligo  della  «co-pianificazione
tra Stato e Regione per i beni paesaggistici»  e'  «l'architrave  del
sistema di tutela» e non sminuisce «il ruolo centrale,  strategico  e
propositivo dell'autonomia regionale», chiamata a confrontarsi «su un
piano  paritario»  con  il  ruolo  non  meno  cruciale  degli  uffici
periferici dello Stato. 
    I beni paesaggistici di ogni Regione, peraltro,  trascenderebbero
l'ambito  locale,  in  quanto  «beni  comuni  riferibili   all'intera
collettivita' nazionale».  In  quest'orizzonte  si  inquadrerebbe  la
competenza legislativa esclusiva  dello  Stato  nella  materia  della
tutela dell'ambiente. 
    1.2.3.-  Il  ricorrente  denuncia,  infine,  la  violazione   del
principio di leale collaborazione (art. 120 Cost.), che presiederebbe
a tutti i rapporti tra Stato e Regioni e imporrebbe  di  tenere  fede
agli impegni assunti. 
    La  Regione  autonoma  Sardegna  avrebbe   adottato   «iniziative
unilaterali  e  reiterate»,  in  contrasto  con   il   «percorso   di
collaborazione gia' proficuamente avviato con lo Stato», e si sarebbe
cosi' arbitrariamente sottratta all'impegno  di  redazione  congiunta
del piano paesaggistico con il Ministero dei beni e  delle  attivita'
culturali. 
    2.- Occorre delimitare, preliminarmente,  il  tema  del  decidere
sottoposto allo scrutinio di questa Corte. 
    Con l'art. 17, comma 2, della legge  della  Regione  Sardegna  18
gennaio 2021, n. 1 (Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed
il recupero del  patrimonio  edilizio  esistente  ed  in  materia  di
governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle
leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n. 16
del  2017),  la  vigenza  delle  disposizioni  derogatorie  e'  stata
differita fino al 31 dicembre 2023. 
    Tale ulteriore proroga, menzionata dalla parte  resistente  nella
memoria  illustrativa,  e'  stata  impugnata  in  via  autonoma   dal
Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso iscritto al  n.
22  del  reg.  ric.  del  2021.  Lo  scrutinio  di  questa  Corte  e'
circoscritto, pertanto, alla sola proroga fino al 31 dicembre 2020  e
non  si  estende  all'ultimo  differimento  sancito  dal  legislatore
regionale. 
    3.-  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  in  quanto
strettamente connesse, possono essere esaminate  in  una  prospettiva
unitaria. 
    Esse si incentrano sulla deroga alla pianificazione paesaggistica
e all'obbligo di pianificazione congiunta, censurata  in  riferimento
all'art. 3 dello statuto speciale e agli artt. 9, 117, secondo comma,
lettera s), e 120 Cost. 
    4.- Occorre prendere le mosse dalle eccezioni di inammissibilita'
che, in linea preliminare, ha formulato la parte resistente. 
    4.1.-  Il  ricorrente  avrebbe   omesso   di   sperimentare   una
interpretazione  adeguatrice  della  disciplina  impugnata,  che  non
pregiudicherebbe la tutela  del  paesaggio  e  riguarderebbe  i  soli
aspetti urbanistico-edilizi. 
    4.2.- La difesa dello Stato non avrebbe neppure dato conto  delle
specifiche previsioni che il legislatore regionale ha  dettato,  allo
scopo di circoscrivere la portata della deroga e di escludere dal suo
ambito applicativo i beni vincolati. 
    4.3.- Ad avviso della Regione  autonoma  Sardegna,  tali  carenze
nella ricostruzione del quadro normativo impedirebbero di comprendere
per quale ragione siano violati i parametri  costituzionali  evocati,
con particolare riguardo agli artt. 9 e 120 Cost. 
    Il  mero  richiamo   all'obbligatorieta'   della   pianificazione
congiunta non consentirebbe di superare il vaglio  di  ammissibilita'
della questione. 
    5.- Le eccezioni sono fondate, nei limiti  e  per  i  motivi  che
saranno di seguito precisati. 
    5.1.- Questa Corte e' costante nell'affermare che «l'esigenza  di
un'adeguata motivazione a fondamento  dell'impugnazione  si  pone  in
termini ancora piu' rigorosi nei giudizi proposti in  via  principale
rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (sentenza n. 20  del
2021, punto 2.2. del Considerato in diritto). 
    Il  ricorrente  ha  l'onere  non  soltanto  di   individuare   le
disposizioni impugnate e i parametri costituzionali di  cui  denuncia
la  violazione,  ma  anche  di  suffragare  le  ragioni  del  dedotto
contrasto   con   una   argomentazione   non   meramente   assertiva,
sufficientemente chiara e completa (fra le molte, sentenza n. 95  del
2021, punto 2.2. del Considerato in diritto). 
    5.2.- Il ricorrente non ha ottemperato a tale onere. 
    5.2.1.- L'impugnazione concerne  una  disposizione  che  proroga,
facendo  seguito  ad  altre  proroghe,  la  vigenza   di   precedenti
disposizioni. 
    La difesa statale si limita a passare in rassegna la  successione
delle proroghe delle previsioni a partire dalla legge  reg.  Sardegna
n. 8 del 2015, fino a quella sancita  dalla  normativa  impugnata.  I
rilievi del ricorrente  si  esauriscono  nel  richiamo  all'incidenza
delle proroghe, nel loro concatenarsi, sulle «disposizioni temporanee
di cui al Titolo  II  -  Capo  I  "Norme  per  il  miglioramento  del
patrimonio esistente" della legge regionale n. 8 del 2015». 
    Il  prolungato  succedersi  delle  proroghe  di  una   disciplina
derogatoria, in contrasto con le  esigenze  di  una  regolamentazione
organica  e  razionale  dell'assetto  del  territorio,  presenta   un
innegabile rilievo. 
    Il ricorrente, tuttavia, avrebbe dovuto  corroborare  tale  dato,
meritevole di attenta considerazione, con la disamina  del  contenuto
delle disposizioni prorogate,  che  sola  avrebbe  potuto  dimostrare
l'eventuale conflitto con la pianificazione paesaggistica. 
    Il mero richiamo all'elemento  temporale  non  e'  sufficiente  a
illustrare il senso e il fondamento delle censure. 
    5.2.2.- La  disposizione  di  proroga,  difatti,  rivela  il  suo
contenuto  precettivo  nell'interazione  con  le  previsioni  cui  si
raccorda, nel differirne il termine di  vigenza.  Una  considerazione
dell'ultima modificazione, avulsa dalla complessa trama normativa  in
cui  si  colloca,  non  consente  di  far   luce   sui   profili   di
illegittimita'    costituzionale    di    una     disciplina     che,
nell'avvicendarsi   delle   proroghe,   si   presenta   unitaria    e
inscindibile. 
    Tali  profili  si  incentrano  sulla  lesione  della   sfera   di
competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s,
Cost.), che  il  ricorrente  riconnette  al  mero  perdurare  di  una
disciplina transitoria. La violazione del riparto  delle  competenze,
tuttavia,  deve  essere  valutata   con   riguardo   alla   normativa
originaria, di volta in volta prorogata, e non  puo'  essere  esclusa
soltanto sulla base della sua temporaneita'.  Si  puo'  ravvisare  un
carattere  lesivo  della  proroga,  con  riguardo  alle  attribuzioni
legislative dello Stato, solo se  tale  carattere  sia  insito  anche
nella disposizione differita nel suo termine iniziale di efficacia. 
    Sul contenuto delle  disposizioni  oggetto  di  proroga,  che  si
saldano  a  quelle  impugnate,  il  ricorrente  non  offre,   invece,
ragguagli di sorta e si limita a evidenziare che  si  tratta  di  una
disciplina derogatoria, dapprima applicabile per  un  arco  temporale
limitato. Tale normativa consentirebbe  la  realizzazione  di  volumi
edilizi in deroga  agli  strumenti  urbanistici  e  a  sua  volta  si
collocherebbe nell'alveo  della  disciplina  derogatoria  del  "Piano
casa" regionale,  dettata  dalla  legge  della  Regione  Sardegna  23
ottobre 2009,  n.  4  (Disposizioni  straordinarie  per  il  sostegno
dell'economia mediante il rilancio del  settore  edilizio  e  per  la
promozione di interventi e programmi di  valenza  strategica  per  lo
sviluppo). 
    E' lo stesso ricorrente a ricordare  che  la  disciplina  oggetto
dell'impugnato differimento e' «articolata», senza fornire, tuttavia,
ulteriori indicazioni in merito all'adombrata complessita'. 
    Un'accurata ricostruzione  del  quadro  normativo  sarebbe  stata
ancor piu' necessaria alla luce tanto del carattere eterogeneo  delle
previsioni prorogate, contraddistinte  da  molteplici  e  dettagliati
presupposti  applicativi,  quanto  del  susseguirsi   di   interventi
legislativi che ne hanno via via mutato il contenuto. 
    Invero, l'art. 37 della legge reg. Sardegna n. 8  del  2015,  nel
definire  l'ambito  temporale  di   applicazione   della   disciplina
finalizzata al «miglioramento del patrimonio esistente», si riferisce
all'intero  Capo  I  del  Titolo  II,  che  investe  i  profili  piu'
disparati. La disciplina dettata  dal  legislatore  regionale  spazia
dagli interventi di incremento volumetrico  del  patrimonio  edilizio
esistente (art. 30)  e  di  incremento  volumetrico  delle  strutture
destinate all'esercizio di attivita'  turistico-ricettive  (art.  31)
agli interventi per il riuso e il recupero con incremento volumetrico
dei sottotetti esistenti (art. 32) e per  il  riuso  degli  spazi  di
grande altezza (art. 33). 
    Tale disciplina e' stata poi modificata dalla legge della Regione
Sardegna 3 luglio  2017,  n.  11  (Disposizioni  urgenti  in  materia
urbanistica ed edilizia. Modifiche alla legge  regionale  n.  23  del
1985, alla legge regionale n. 45 del 1989, alla legge regionale n.  8
del 2015, alla legge regionale n. 28 del 1998, alla  legge  regionale
n. 9 del 2006, alla legge regionale n.  22  del  1984  e  alla  legge
regionale n. 12 del 1994). 
    Il  ricorrente  trascura  del  tutto  di  confrontarsi   con   le
molteplici articolazioni e  con  la  rilevante  evoluzione  del  dato
normativo, elementi cruciali ai fini del corretto inquadramento delle
censure. 
    5.2.3.- Il ricorrente, inoltre, pur censurando in via prioritaria
la violazione della competenza esclusiva dello  Stato  nella  materia
della tutela dell'ambiente, non ha allegato in maniera puntuale,  ne'
dimostrato che una complessa disciplina preordinata, per  sua  stessa
ammissione, a incrementare «il numero degli interventi assentibili in
contrasto con la disciplina urbanistica» interferisca  anche  con  il
diverso  profilo  della  tutela  del  paesaggio.  Non  si  rinvengono
argomenti  risolutivi  per  affermare  che  la  disciplina  impugnata
confligga con le previsioni del d.lgs. n. 42  del  2004,  qualificate
come «norme interposte» e dotate di forza cogente anche  in  mancanza
di  un  espresso  richiamo  da  parte  della  legislazione  regionale
(sentenza  n.  124  del  2021,  punto  5.4.3.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    Non si puo' reputare sufficiente, a  tale  riguardo,  la  diffusa
esposizione in merito al carattere sovraordinato della pianificazione
paesaggistica e all'obbligo di elaborazione congiunta. Gli  argomenti
prospettati dal ricorrente  prescindono  dalla  particolarita'  della
normativa censurata e non  avvalorano  l'assunto  che,  nel  caso  di
specie, sia stato compromesso quel valore unitario e prevalente della
pianificazione paesaggistica. Tale valore  mantiene  intatta  la  sua
forza imperativa anche con riguardo alle  leggi  regionali  attuative
del "piano casa", piano che, pur nelle sue differenti versioni,  deve
essere sottoposto a stretta interpretazione per quel che attiene alla
sua portata derogatoria (sentenza n. 217 del  2020,  punto  4.2.  del
Considerato in diritto). 
    Ne' si offrono elementi decisivi  per  ritenere  che  la  proroga
impugnata,  nella  sua  connessione  con  la  disciplina  originaria,
contrasti con l'obbligo di  pianificazione  congiunta  nelle  ipotesi
delineate dall'art. 135, comma 1, terzo periodo, del d.lgs. n. 42 del
2004. 
    Quanto alla diversa vicenda del  mancato  adeguamento  del  piano
paesaggistico  relativo  alle   aree   costiere   e   della   mancata
approvazione del piano delle aree interne, il ricorrente  non  spiega
quale nesso intercorra con la censurata  disciplina  di  proroga  ne'
deduce in maniera univoca la violazione delle intese preliminari, che
scandiscono  il  percorso  di  approvazione  definitiva   del   piano
paesaggistico. 
    6.- Le segnalate lacune nella ricostruzione del sistema normativo
in cui la previsione impugnata  si  colloca  convergono  nel  rendere
inammissibili  le  questioni,  nei  termini   in   cui   sono   state
prospettate.