ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  40  della
legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 40 (Testo unico  delle
norme sul trattamento economico spettante ai Consiglieri regionali  e
sulle spese generali di funzionamento dei  gruppi  consiliari),  come
sostituito dall'art. 32, comma 1, della legge della  Regione  Abruzzo
20 novembre 2013, n. 42 (Norme in materia di  Polizia  amministrativa
locale e modifiche  alla  legge  regionale  n.  18/2001,  alla  legge
regionale n. 40/2010 e alla legge  regionale  n.  68/2012),  promossi
dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per  l'Abruzzo,
nel giudizio di parificazione del rendiconto  della  Regione  Abruzzo
per l'esercizio finanziario 2018, con ordinanze del 30 ottobre e  del
30 novembre 2020, iscritte, rispettivamente, ai numeri 19  e  26  del
registro ordinanze 2021 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica numeri 8 e 10, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito nell'udienza pubblica del  21  settembre  2021  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    udito l'avvocato Stefania  Valeri  per  la  Regione  Abruzzo,  in
collegamento da remoto,  ai  sensi  del  punto  1)  del  decreto  del
Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 21 ottobre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  due  ordinanze  di  contenuto   coincidente,   iscritte
rispettivamente al reg. ord. n. 19 e n. 26 del  2021,  la  Corte  dei
conti, sezione regionale di controllo  per  l'Abruzzo,  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  40  (recte:  art.
40, comma 5) della legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n.  40
(Testo unico delle  norme  sul  trattamento  economico  spettante  ai
Consiglieri regionali e sulle spese  generali  di  funzionamento  dei
gruppi consiliari), come sostituito  dall'art.  32,  comma  1,  della
legge della Regione Abruzzo 20 novembre 2013, n. 42 (Norme in materia
di Polizia amministrativa locale e modifiche alla legge regionale  n.
18/2001, alla legge regionale n. 40/2010 e alla  legge  regionale  n.
68/2012), in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma,  117,  terzo
comma  (quest'ultimo  in  relazione  all'art.  9,   comma   28,   del
decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78,  recante  «Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica», convertito, con  modificazioni,  nella  legge  30  luglio
2010, n. 122) e 136 della Costituzione. 
    Ai sensi del comma 5 dell'art. 40 (Personale  dei  gruppi)  della
legge reg. Abruzzo n. 40 del 2010 «[a]lle spese di cui al comma 1 non
si  applicano  i  limiti  stabiliti  dall'articolo  9,  comma  28,  e
dall'articolo 14, commi 7 e 9, del decreto legge 31 maggio  2010,  n.
78 "Misure urgenti in materia di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica", convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122"». 
    L'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del  2010,  come  convertito,
fisserebbe  un  limite  alle  assunzioni  del   personale   a   tempo
determinato nella misura del 50 per cento della spesa  sostenuta  per
le stesse finalita' nel 2009. 
    1.1.- La Corte rimettente premette che nel corso dei  giudizi  di
parificazione dei rendiconti generali della Regione Abruzzo, per  gli
esercizi finanziari 2016 e 2017 (reg. ord. n. 19 del  2021),  nonche'
2018 (reg. ord. n. 26  del  2021),  con  particolare  riferimento  al
capitolo di spesa  11102,  denominato  «Funzionamento  del  Consiglio
regionale» - che trasferisce fondi destinati alle spese del personale
dei gruppi consiliari (capitolo  2024.85  denominato  «Budget  gruppi
consiliari» del conto consuntivo del Consiglio regionale, allegato al
Rendiconto della  Regione)  -  e'  emerso  il  mancato  conseguimento
dell'obiettivo di finanza pubblica di cui al comma 28 dell'art. 9 del
d.l. n. 78 del 2010, che, come detto, fissa il limite  per  la  spesa
per il personale assunto a tempo determinato  nel  50  per  cento  di
quella sostenuta nel 2009. 
    Assume il rimettente che la spesa sostenuta  nell'esercizio  2009
per il lavoro flessibile dalla Regione Abruzzo sarebbe stato  pari  a
euro 10.052.673 e che,  pertanto,  nel  caso  di  specie,  il  limite
derivante dal richiamato principio di coordinamento  sarebbe  pari  a
euro 5.026.336. La spesa complessiva sostenuta dalla Regione  per  il
personale assunto a tempo determinato e' stata, invece, pari  a  euro
5.211.021 nel 2016, euro 5.552.496 nel 2017  ed  euro  5.649.682  nel
2018, cosi' determinando  uno  sforamento  del  tetto  di  spesa,  in
violazione del principio  di  coordinamento  della  finanza  pubblica
recato dalla piu' volte richiamata norma interposta. 
    Il  mancato  conseguimento  dell'obiettivo  di  finanza  pubblica
sarebbe da imputare all'incremento  della  spesa  del  personale  dei
gruppi consiliari, che e' passata da euro 859.871 nel  2009,  a  euro
1.705.884 nel 2016 e nel 2017, fino a raggiungere la  cifra  di  euro
1.759.970 nel 2018. 
    Nel corso del giudizio, la Regione ha  controdedotto,  sostenendo
di aver rispettato il vincolo suindicato, perche' ai sensi  dell'art.
40, comma 5, della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2010, come sostituito
dall'art. 32, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 42  del  2013,  si
dovrebbe escludere dal calcolo della spesa del  personale  flessibile
quella sostenuta per il personale dei gruppi consiliari. 
    Con le decisioni n. 180/2020/PARI del  1°  settembre  2020  e  n.
202/2020/PARI del successivo 14 settembre,  la  Corte  rimettente  ha
sospeso i giudizi di  parificazione  dei  rendiconti  generali  della
Regione  Abruzzo  per  gli  esercizi  finanziari  2016-2017  e  2018,
limitatamente  al  capitolo  di  spesa  11102  e,  con  due  distinte
ordinanze (n. 41 e n. 47 entrambe del 30 luglio 2020),  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 40, comma 5, della
legge reg. Abruzzo n. 40 del  2010,  come  sostituito  dall'art.  32,
comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2013, in riferimento agli
evocati parametri. 
    1.2.-  Tanto  premesso,  il  rimettente  ritiene  sussistente  la
propria  legittimazione  a  sollevare  le   predette   questioni   di
legittimita' costituzionale in sede di parificazione  dei  rendiconti
regionali, in virtu' della «peculiare natura» di tale  giudizio,  che
si svolge con le formalita' della giurisdizione contenziosa, ai sensi
dell'art. 40 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214  (Approvazione
del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti). 
    Il  controllo  svolto  dalla  Corte  dei   conti   in   sede   di
parificazione   avrebbe,   inoltre,   una   funzione   di    garanzia
dell'ordinamento, «di controllo  esterno,  rigorosamente  neutrale  e
disinteressato (...) preordinato a tutela del diritto oggettivo»  (e'
citata la sentenza di questa Corte n. 384 del  1991),  caratteri  che
costituirebbero «indubbio fondamento della legittimazione della Corte
dei conti a sollevare questioni di costituzionalita'». 
    Peraltro, la specificita' dei  compiti  svolti  dalla  Corte  dei
conti nel quadro della finanza  pubblica  sarebbe  giustificata  «con
l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi  che,  come
nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero  per  altra
via, ad essa sottoposte» (viene citata la sentenza di questa Corte n.
226 del 1976). 
    Secondo il Collegio rimettente, questa Corte avrebbe riconosciuto
la legittimazione della Corte dei  conti,  in  sede  di  giudizio  di
parificazione, a sollevare questioni di  legittimita'  costituzionale
«avverso tutte quelle disposizioni di legge che  determinino  effetti
modificativi dell'articolazione del bilancio per il fatto  stesso  di
incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire  sui
capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con  il
sistema dei risultati differenziali» (e' citata la  sentenza  n.  213
del 2008). 
    1.3.- In punto di rilevanza, secondo il  Collegio  rimettente  ai
sensi dell'art.  39  del  r.d.  n.  1214  del  1934  e  per  costante
giurisprudenza costituzionale, il giudizio di parifica  avrebbe  come
oggetto «la verifica delle riscossioni e dei pagamenti e dei relativi
resti (residui)  e,  soprattutto,  la  verifica  a  consuntivo  degli
equilibri di bilancio sulla base del bilancio preventivo e  di  tutte
le disposizioni sopravvenute che ne hanno modificato la struttura». 
    Sarebbe inoltre possibile, per costante giurisprudenza contabile,
la possibilita' di «procedere ad una parifica parziale, in linea  con
l'oggetto del giudizio che  [...]  si  sostanzia  in  piu'  parifiche
distinte  delle  diverse  poste,  che  confluiscono   nel   risultato
complessivo» (ex multis, decisione  n.  36/CONTR/2011  delle  Sezioni
riunite  per   la   Regione   Trentino-Alto   Adige,   decisioni   n.
116/2014/PARI, n. 39/2016/PARI della Sezione regionale  di  controllo
per l'Abruzzo, n. 36/2014/PARI della Sezione regionale  di  controllo
per la Calabria, n. 46/2014/PARI della Sezione regionale di controllo
per la  Liguria  e  decisione  n.  2/2014/SS.RR./PARI  delle  Sezioni
riunite per la Regione Siciliana). 
    Nella fattispecie, le  valutazioni  della  sezione  regionale  di
controllo, finalizzate alla  parificazione  dei  rendiconti  generali
della Regione Abruzzo, relativamente  al  capitolo  di  spesa  11102,
presupporrebbero l'applicazione della norma censurata, che esclude il
limite di cui all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del  2010  per  le
spese dei gruppi consiliari. 
    Il giudice a quo assume «il diverso esito  delle  valutazioni,  a
seconda che  vengano  applicate  o  meno  le  disposizioni  di  legge
impugnate»,  giacche'  lo  sforamento  del  tetto  di  spesa  per  il
personale  assunto  a  tempo  determinato,  in  tutti  gli   esercizi
finanziari   considerati,   sarebbe   evitato   esclusivamente    con
l'applicazione  della  norma  di  cui  si  sospetta  l'illegittimita'
costituzionale. 
    Nella vigenza della menzionata disposizione, la Sezione regionale
dovrebbe parificare la predetta posta del  rendiconto  della  Regione
Abruzzo, «pur in presenza di dubbi di compatibilita' della  spesa  in
discorso con il quadro costituzionale». 
    Sotto tale profilo, e' richiamata la sentenza di questa Corte  n.
138 del 2019, in cui sarebbe stato affermato che «ove  sia  la  legge
stessa a pregiudicare principi di rango costituzionale,  l'unica  via
da percorrere per il giudice della parificazione  rimane  proprio  il
ricorso all'incidente di costituzionalita'». 
    1.4.-  In  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  il  Collegio
rimettente formula le seguenti osservazioni. 
    Quanto alla violazione dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, il giudice a
quo assume che la disposizione censurata, nel prevedere una deroga al
limite di spesa di cui al richiamato parametro interposto,  finirebbe
per ledere i principi fondamentali in materia di coordinamento  della
finanza pubblica. 
    La lesione dei richiamati principi fondamentali si riverbererebbe
su altri precetti costituzionali, in quanto il legislatore  regionale
avrebbe  «innestato  nel  sistema  oneri  e  sottratto  risorse»   in
violazione dei principi dell'obbligo della copertura finanziaria e di
equilibrio di bilancio di cui agli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.,
per aver determinato «nell'an [...] un effetto espansivo della  spesa
non consentito, con la conseguenza che anche le risorse utilizzate  a
copertura risultano viziate per "illegittimita' derivata"». 
    Quanto  alla  violazione  del  giudicato  costituzionale  di  cui
all'art. 136 Cost., la sezione regionale di controllo rileva  che  la
disposizione censurata sarebbe in contrasto con quanto  affermato  da
questa Corte nelle sentenze n. 262 del 2012 e n.  289  del  2013.  Il
legislatore abruzzese avrebbe, infatti, riprodotto  una  deroga  gia'
prevista dalla legge della Regione Abruzzo 28 settembre 2012, n.  48,
(Modifiche alla legge regionale 17 novembre 2010, n.  49  "Interventi
normativi  e  finanziari  per  l'anno  2010",  modifiche  alla  legge
regionale 10 marzo 1993,  n.  15  "Disciplina  per  l'utilizzo  e  la
rendicontazione dei contributi ai gruppi consiliari"  e  disposizioni
relative  al  contenimento  della  spesa  del   personale   a   tempo
determinato), e  dichiarata  costituzionalmente  illegittima  con  la
sentenza n. 289 del 2013. 
    Piu' precisamente, il  comma  2  dell'art.  3  della  legge  reg.
Abruzzo n.  48  del  2012  -  rubricato  «Attuazione  del  comma  28,
dell'articolo  9,  e  dei  commi  7  e  9,  dell'articolo   14,   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica",
convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio  2010,  n.  122»  -
prevedeva che, ai fini dell'attuazione dei principi di  cui  all'art.
9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, non si considerassero le  spese
per il personale dei gruppi consiliari. 
    Tale disposizione e' stata impugnata dal Presidente del Consiglio
dei ministri in riferimento agli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost. e
dichiarata costituzionalmente illegittima  da  questa  Corte  con  la
richiamata sentenza n. 289 del 2013, con cui e' stato  affermato  che
«quanto alla presunta finalita' della norma regionale  di  assicurare
il funzionamento degli  uffici  di  diretta  collaborazione  mediante
l'esenzione dal rispetto dei limiti  di  spesa  stabiliti  a  livello
nazionale   [...]   la   particolare    rilevanza    del    carattere
necessariamente  fiduciario  nella  scelta  del  personale,  a  tempo
determinato,  degli  uffici  di  diretta  collaborazione,   se   puo'
autorizzare deroghe al principio del pubblico concorso  nella  scelta
dei collaboratori, non  consente  deroghe  ai  principi  fondamentali
dettati dal legislatore statale in  materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica». 
    Peraltro, la sezione regionale di controllo rileva che nel  2014,
a  seguito  della  dichiarazione  di  illegittimita'   costituzionale
dell'art. 3, comma 2, della legge reg. Abruzzo n.  48  del  2012,  il
legislatore abruzzese ha approvato la legge della Regione  Abruzzo  3
gennaio  2014,  n.  7,  recante  «Disposizioni  finanziarie  per   la
redazione del bilancio annuale 2014  e  pluriennale  2014-2016  della
Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2014)» ai sensi del  cui
art. 16, comma 1, e' stabilito: «All'art. 3, della L.R. 28  settembre
2012, n. 48 "Modifiche alla legge regionale 17 novembre 2010,  n.  49
(Interventi normativi e finanziari per l'anno 2010),  modifiche  alla
legge regionale 10 marzo 1993, n. 15 (Disciplina per l'utilizzo e  la
rendicontazione dei contributi ai gruppi consiliari)  e  disposizioni
relative  al  contenimento  della  spesa  del   personale   a   tempo
determinato" dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente  comma:  "2.  Al
fine  della  determinazione  del  limite  di   cui   al   comma   28,
dell'articolo 9, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78  "Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica", convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, sono incluse tutte le spese sostenute per il  personale
assunto a tempo  determinato  nell'anno  2009,  ivi  compreso  quelle
sostenute per  il  personale  assunto  a  tempo  determinato  per  le
esigenze dei gruppi consiliari"». 
    Per effetto di tale modifica normativa, il legislatore  abruzzese
avrebbe dunque ampliato il plafond di spesa preso a  riferimento  per
il calcolo dell'obiettivo  finanziario,  considerando  nel  conteggio
della spesa per il personale  a  tempo  determinato  del  2009  anche
quella relativa ai gruppi consiliari. Contemporaneamente, per effetto
della disposizione regionale censurata con le ordinanze di rimessione
in esame, in fase di redazione del  rendiconto,  tale  voce  verrebbe
scomputata dall'ammontare complessivo della spesa per  il  personale,
cosi'  incrementando   la   capacita'   di   spesa   a   disposizione
dell'amministrazione regionale. 
    Da ultimo, il  giudice  rimettente  espone  che,  nel  corso  del
giudizio a quo, la Regione Abruzzo avrebbe trasmesso una  memoria  in
cui sostiene di aver  applicato  «alla  spesa  per  l'assunzione  del
personale dei gruppi consiliari il  tetto  di  spesa  costituito  dal
costo di un'unita' D  6  per  ciascun  consigliere»  in  applicazione
dell'art. 2, comma 1, lettera h), del decreto-legge 10 ottobre  2012,
n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento
degli enti territoriali, nonche'  ulteriori  disposizioni  in  favore
delle  zone   terremotate   nel   maggio   2012),   convertito,   con
modificazioni,  in  legge  7  dicembre  2012,   n.   213,   e   della
deliberazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato
le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 6  dicembre
2012  (che  ha  recepito  l'accordo  assunto  nella  Conferenza   dei
Presidenti  delle  Assemblee  legislative  delle  medesime  autonomie
territoriali, riunite in assemblea congiunta il 5 dicembre 2012),  da
cui deriverebbe  il  mancato  contrasto  con  i  piu'  volte  evocati
principi di coordinamento. 
    In proposito, la sezione regionale di controllo - richiamando  un
orientamento della Sezione regionale di controllo  per  le  Marche  -
attesta che nel vigente quadro ordinamentale,  con  riferimento  alla
spesa per il personale pubblico, coesisterebbero  «due  tipologie  di
vincoli operanti su piani  differenti»,  che  producono  effetti  non
pienamente sovrapponibili. 
    Il primo vincolo, introdotto dall'art. 2, comma  1,  lettera  h),
del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, agirebbe sulle  spese  per
il personale (interno ed  esterno)  dei  soli  gruppi  consiliari,  e
sarebbe dettato da norme che perseguono  il  chiaro  obiettivo  della
riduzione dei cosiddetti costi della politica. 
    Il secondo vincolo, recato dall'art. 9, comma 28, del d.l. n.  78
del 2010, agirebbe, invece, sul totale complessivo delle spese per il
lavoro  flessibile,  senza  esclusione  alcuna,  con  l'obiettivo  di
ridurre la formazione del fenomeno del  precariato  e  contribuire  a
ridurre i costi complessivi del personale. 
    In conclusione, in base ai principi ricavabili dalla sentenza  di
questa Corte n. 289 del 2013, «la spesa per il personale esterno  dei
gruppi non puo' determinare il superamento dei limiti posti dall'art.
9, c. 28 del d.l. 78/2010, anche se contenuta nei limiti massimi»  di
cui alla delibera della Conferenza permanente per i rapporti  tra  lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 6
dicembre 2012 (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per le
Marche, relazione allegata alla parifica del rendiconto 2018). 
    2.- In entrambi i giudizi si e' costituita  la  Regione  Abruzzo,
con due distinte  memorie,  sostanzialmente  coincidenti,  salvo  per
l'ordinanza iscritta al reg. ord. n. 26 del 2021, rispetto alla quale
e' eccepito un diverso profilo di inammissibilita'. 
    2.1.- Con riferimento ai contenuti comuni relativi alle ordinanze
iscritte al reg. ord. n. 19 e n. 26 del 2021, la  Regione  resistente
ha eccepito anzitutto l'inammissibilita' delle questioni per la  «non
sufficiente  motivazione»  in  ordine  alla  rilevanza  e  alla   non
manifesta infondatezza. 
    2.1.1.- Sotto il primo profilo, la Regione Abruzzo  afferma  che,
ai fini  della  rilevanza,  la  norma  impugnata  dovrebbe  ritenersi
necessariamente applicabile nel giudizio  a  quo,  in  quanto  «unica
norma presente nell'ordinamento in grado di risolvere la questione». 
    In proposito, viene  eccepito  che  il  Collegio  rimettente  non
avrebbe tenuto conto del mutato  quadro  normativo  statale,  da  cui
l'irrilevanza della questione. 
    Il d.l.  n.  174  del  2012,  come  convertito,  avrebbe  infatti
introdotto una serie di specifici limiti di spesa  per  il  personale
dei gruppi consiliari, al fine di contenere i  costi  della  politica
regionale e  di  omologare  i  trattamenti  su  tutto  il  territorio
nazionale. Piu' precisamente, l'art. 2,  comma  1,  lettera  h),  del
menzionato decreto avrebbe fissato «l'ammontare delle  spese  per  il
personale dei  gruppi  consiliari,  secondo  un  parametro  omogeneo,
tenendo conto  del  numero  dei  consiglieri,  delle  dimensioni  del
territorio e dei modelli organizzativi di ciascuna regione». 
    In  attuazione  di  questa  norma  sarebbe  stata   adottata   la
deliberazione n. 235 del 6 dicembre 2012 della Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, che avrebbe recepito l'accordo con la Conferenza
dei Presidenti delle Assemblee legislative delle  medesime  autonomie
territoriali, riunite in assemblea congiunta il 5 dicembre  2012.  In
questa sede sarebbe stato  definito  il  parametro  omogeneo  per  la
determinazione  dell'ammontare  complessivo  della   spesa   per   il
personale dei gruppi consiliari, equivalente, in termini  finanziari,
al costo di  una  unita'  di  personale  di  categoria  D,  posizione
economica D6, per ciascun consigliere regionale. Tale parametro,  che
costituirebbe il tetto massimo di spesa per il personale  dei  gruppi
consiliari, si applicherebbe indistintamente a tutte le Regioni. 
    Secondo la resistente, pertanto, la disposizione censurata  dalla
Sezione regionale avrebbe semplicemente dato  attuazione  alla  nuova
normativa statale, ai sensi della quale i  contratti  di  lavoro  del
personale dei gruppi consiliari, per la  loro  peculiarita',  per  il
carattere fiduciario che li contraddistingue e  per  il  loro  essere
funzionali all'attivita'  politico-istituzionale  svolta,  dovrebbero
essere assoggettati a un regime normativo speciale, differenziato  ed
autonomo, calibrato su criteri e parametri diversi rispetto a  quelli
che governano le normali  assunzioni  di  personale  da  parte  delle
pubbliche amministrazioni. 
    2.1.2.-  Ad  avviso  della  difesa   regionale   l'ordinanza   di
rimessione  difetterebbe  poi  del  requisito  della  non   manifesta
infondatezza, poiche' il mutato quadro normativo di cui si  e'  fatto
cenno renderebbe la questione «ictu oculi infondata». 
    2.1.3.- Secondo la resistente,  le  questioni  dovrebbero  essere
dichiarate comunque non fondate, per una serie di ragioni. 
    Anzitutto, con l'entrata in vigore del d.l. n. 174 del 2012 e  la
previsione di uno specifico limite di  spesa  per  il  personale  dei
gruppi  consiliari,  l'applicazione  degli  ulteriori  e   precedenti
limiti, previsti dal d.l. n. 78 del 2010, apparirebbe «irragionevole,
incoerente  e  non  conforme  allo  schema  ideato  dal   legislatore
statale», che avrebbe volutamente sottoposto la spesa  del  personale
dei gruppi consiliari a una disciplina speciale, cosi'  come  avrebbe
fatto per il personale  dirigente  a  tempo  determinato  degli  enti
locali, ai sensi dell'art. 110  del  decreto  legislativo  18  agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali). 
    Il nuovo quadro normativo  di  riferimento  renderebbe  priva  di
fondamento anche l'asserita violazione del  giudicato  costituzionale
di cui alla sentenza n. 289 del 2013, poiche'  in  pendenza  di  quel
giudizio la disciplina di cui al d.l. n. 174  del  2012  non  sarebbe
stata ancora vigente.  Peraltro,  la  normativa  regionale  all'epoca
impugnata avrebbe  avuto  quale  ratio  quella  di  differenziare  le
tipologie di spesa  per  il  personale,  al  fine  di  assicurare  il
corretto e regolare funzionamento delle strutture politiche,  le  cui
attivita' avrebbero risentito  della  riduzione  del  personale  loro
assegnato. 
    L'avvocatura regionale eccepisce poi il mancato ricorso da  parte
dello Stato nei  confronti  della  medesima  disposizione  regionale,
nonche' la mancata impugnativa di norme di analogo contenuto adottate
da altre Regioni (segnatamente: l'art. 13, comma 2, della legge della
Regione Veneto 21 dicembre 2012, n. 47, recante «Disposizioni per  la
riduzione e il controllo  delle  spese  per  il  funzionamento  delle
istituzioni regionali, in recepimento e attuazione del decreto  legge
10 ottobre 2012, n. 174 [...] e istituzione e disciplina del Collegio
dei revisori dei conti della Regione del Veneto»; e l'art.  20  della
legge della Regione Emilia-Romagna 26 luglio  2013,  n.  11,  recante
«Testo unico  sul  funzionamento  e  l'organizzazione  dell'assemblea
legislativa: stato giuridico ed economico dei consiglieri regionali e
dei gruppi assembleari e norme per la semplificazione  burocratica  e
la riduzione dei costi dell'assemblea»). 
    Inoltre,  le  questioni  sarebbero  parimenti  non  fondate,  per
l'analogia con il regime «speciale e derogatorio» previsto  dall'art.
110, comma 1, TUEL per il conferimento di  incarichi  dirigenziali  a
tempo determinato, che sarebbero esclusi dall'applicazione del  tetto
di spesa di cui  al  piu'  volte  evocato  art.  9,  comma  28.  Tale
orientamento troverebbe  peraltro  conferma  in  precedenti  pronunce
della Corte dei conti,  segnatamente:  la  deliberazione  n.  12/2012
della  sezione  delle  autonomie,  in  cui  si  chiarirebbe  che   le
assunzioni di personale dirigenziale effettuate  ai  sensi  dell'art.
110, comma 1, TUEL, non rientrano nei limiti di cui all'art. 9, comma
28, del d.l. n. 78  del  2010;  la  deliberazione  n.  12/2014  della
sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, che si sarebbe espressa
analogamente, su richiesta di  un  parere  da  parte  della  medesima
Regione  Abruzzo,  sulla  spesa  dei  dirigenti  comunali   a   tempo
determinato;  nonche'  la  deliberazione   della   medesima   sezione
regionale n. 4/2021/PARI relativa al giudizio  di  parificazione  del
rendiconto  generale  per  l'esercizio  finanziario  2019,  dove   si
troverebbe conferma l'esclusione della spesa dei  dirigenti  a  tempo
determinato dai limiti imposti dal d.l. n. 78 del 2010, «considerando
tuttora  pertinente  il  parere  di  questa  Sezione  formulato   con
deliberazione n. 12 del 23 gennaio 2014». 
    Sostiene pertanto la difesa regionale che  dall'applicazione  dei
normali criteri ermeneutici di interpretazione delle leggi  (criterio
di specialita' e criterio  di  successione  delle  leggi  nel  tempo)
conseguirebbe logicamente la prevalenza  dei  sopravvenuti  tetti  di
spesa posti dall'art. 2, comma 1, lettera h), del  d.l.  n.  174  del
2012, come convertito, quale norma speciale e successiva, sui  limiti
di spesa fissati dal comma 28 dell'art. 9 del d.l. n.  78  del  2010,
norma generale e precedente. 
    Peraltro,  l'applicazione  di  entrambi  i  limiti  di  spesa  al
personale dei gruppi consiliari avrebbe  la  conseguenza  di  ridurre
notevolmente il relativo budget di spesa,  anche  rispetto  a  quanto
consentito dal d.l. n. 174 del 2012,  con  conseguenti  ripercussioni
sull'attivita' dei gruppi stessi. 
    Sempre a sostegno  della  non  fondatezza,  la  difesa  regionale
sostiene che la scelta di applicare il solo limite derivante dal d.l.
n. 174 del 2012, come convertito, apparirebbe piu' ragionevole  anche
sotto  il  profilo  «contabile-finanziario»,  poiche'  nel   bilancio
regionale i costi sostenuti per il  personale  dei  gruppi  sarebbero
qualificati    contabilmente     come     "trasferimenti"     erogati
dall'Amministrazione regionale a soggetti terzi, al  pari  di  quelli
destinati alle spese per il  funzionamento  dei  gruppi  stessi.  Nel
sistema informativo sulle operazioni  degli  enti  pubblici  (SIOPE),
tali spese  sarebbero  qualificate  come  «Trasferimenti  correnti  a
organismi  interni  e/o  unita'  locali  della   amministrazione»   e
ammonterebbero  nel  2016  a  euro  1.569.516,28,  nel  2017  a  euro
1.545.450,78  e  nell'anno  2018  a  euro  1.614.132,70  (codice   n.
1.04.01.04.001). 
    La resistente afferma pertanto che, sottraendo tali importi dalla
spesa complessiva del personale regionale per lavoro flessibile negli
anni in esame, non si determinerebbe alcuno sforamento del  tetto  di
spesa stabilito dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010. 
    Sotto questo profilo, rientrerebbero propriamente nella spesa per
il    personale    solo    le    spese     sostenute     direttamente
dall'Amministrazione regionale a questo scopo  «e  non  anche  quelle
sostenute da organi terzi, dotati di autonomia giuridica».  La  spesa
del  personale  sostenuta  negli  anni  2016  e   2017   direttamente
dall'Amministrazione  regionale  per  conto  dei  gruppi   consiliari
ammonterebbe, quindi, rispettivamente  ad  euro  124.896,61  ed  euro
148.141,08, e nel 2018 ad  euro  145.837,14,  e  sarebbero  riportati
sotto  la  voce  «redditi  da  lavoro  dipendente  lavoro  flessibile
personale assunto per conto  dei  gruppi».  Tale  lettura  troverebbe
conferma nella stessa Relazione della sezione regionale di  controllo
per l'Abruzzo allegata alla  parificazione  del  rendiconto  generale
della medesima Regione per l'esercizio 2019, Volume 3, paragrafo 1.8,
pagina 19 (Relazione contenuta rispettivamente nell'Allegato n.  6  e
n. 1 alle memorie di costituzione). 
    La difesa regionale, infine, si  sofferma  sull'iniziale  diverso
orientamento  della  stessa  sezione  regionale  di   controllo   per
l'Abruzzo, la quale, con deliberazione n. 369 del 5 settembre 2013  -
a  seguito  di  richiesta   di   un   parere   sulle   modalita'   di
contrattualizzazione  dei  collaboratori  dei  gruppi  consiliari   -
avrebbe affermato  che  le  spese  sostenute  dai  gruppi  consiliari
sarebbero  estranee  alla  contabilita'   dell'apparato   burocratico
consiliare  per  consulenze,  studi,  ricerche,  rapporti  di  lavoro
flessibili e/o somministrazioni  di  lavoro,  «atteso  che  i  Gruppi
consiliari regionali, al pari dei partiti politici, si  pongono  come
formazioni associative a carattere politico e temporaneo». 
    Peraltro, sempre sotto questo profilo, la resistente segnala  una
contraddizione della medesima  sezione  regionale  che,  in  sede  di
parificazione dei rendiconti generali della Regione Abruzzo  per  gli
esercizi  finanziari  2013,  2014  e  2015,  non  avrebbe   sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 40, comma 5, della
legge reg. Abruzzo n. 40 del  2010,  come  sostituito  dall'art.  32,
comma 1, della legge  reg.  Abruzzo  n.  42  del  2013,  ne'  avrebbe
contestato lo sforamento del tetto  di  spesa  di  cui  al  comma  28
dell'art. 9 del d.l. n. 78 del 2010,  benche'  la  spesa  complessiva
sostenuta in  quegli  anni  per  il  lavoro  a  tempo  determinato  o
flessibile  sia  stata  pari  a  euro  7.187.008,02  nel  2013,  euro
5.889.486,59 nel 2014 ed  euro  5.029.994,36  nel  2015  (registrando
dunque un superamento del predetto  limite  rispettivamente  di  euro
2.160.672,02 nel 2013, euro 873.150,59 nel 2014, ed euro 3.658,36 nel
2015). 
    2.2.- Con riferimento all'ordinanza iscritta al reg. ord.  n.  26
del 2021, relativa al rendiconto per l'esercizio finanziario 2018, la
Regione Abruzzo ha eccepito un distinto  motivo  di  inammissibilita'
delle questioni per irrilevanza. 
    Sostiene la difesa regionale che ai sensi dell'art. 1, comma 757,
della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2018  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2018-2020), per le Regioni interessate dagli eventi  sismici
verificatisi tra il 2016 e  il  2017,  il  limite  di  spesa  fissato
dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del  2010  sarebbe  aumentato,
passando dal cinquanta al settanta per  cento  di  quanto  speso  nel
2009, per assicurare l'assistenza  alle  popolazioni  terremotate,  e
pertanto  le  amministrazioni  delle  medesime  Regioni  -  fra   cui
l'Abruzzo - sarebbero autorizzate a prorogare i contratti in essere a
tempo determinato, nel rispetto dell'innalzato obiettivo  di  finanza
pubblica. 
    La resistente afferma quindi che, in applicazione  dell'aumentato
limite, il tetto di spesa massimo per il personale  assunto  a  tempo
determinato nel 2018  sarebbe  pari  a  euro  7.036.871  e  non  euro
5.026.336, come sostenuto dal Collegio rimettente.  Conseguentemente,
la spesa sostenuta dall'Amministrazione regionale  nell'anno  2018  -
pari ad euro 5.649.682 - sarebbe nettamente al di sotto della  soglia
prevista dal richiamato  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    Cio' posto, la difesa  regionale  eccepisce  l'irrilevanza  della
questione  di  costituzionalita'  concernente  la   censurata   norma
regionale, poiche' «non avendo l'applicazione del contestato art.  40
della L.R. 40/2010 prodotto alcuno sforamento del tetto di spesa  del
personale  flessibile»,  non  si  comprenderebbe  il   motivo   della
sospensione del giudizio di parifica e la  contestuale  rimessione  a
questa Corte. 
    In subordine, viene comunque sostenuta la  non  fondatezza  delle
questioni, per le medesime ragioni e con le identiche  argomentazioni
impiegate con riferimento all'ordinanza di rimessione n. 19 del  2021
e  che,  in  sintesi,  fanno  perno  sul  mutato  quadro   normativo;
sull'analogia  con  l'esenzione  dal  limite  per  le  assunzioni  di
dirigenti a tempo determinato negli  enti  locali;  su  argomenti  di
carattere   tecnico-finanziario,   poiche'    si    tratterebbe    di
trasferimenti; sulla natura giuridica dei gruppi consiliari;  infine,
sul precedente e contrastante orientamento della medesima sezione che
peraltro in modo contradditorio non avrebbe sospeso la  parifica  ne'
sollevato la questione  a  questa  Corte  negli  esercizi  finanziari
2013-2015. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Con  due  ordinanze  di  contenuto   coincidente,   iscritte
rispettivamente al n. 19 e al n. 26 del reg. ord. del 2021, la  Corte
dei conti, Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, ha sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  40  (recte:  art.
40, comma 5), della legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 40
(Testo unico delle  norme  sul  trattamento  economico  spettante  ai
Consiglieri regionali e sulle spese  generali  di  funzionamento  dei
gruppi consiliari), come sostituito  dall'art.  32,  comma  1,  della
legge della Regione Abruzzo 20 novembre 2013, n. 42 (Norme in materia
di Polizia amministrativa locale e modifiche alla legge regionale  n.
18/2001, alla legge regionale n. 40/2010 e alla  legge  regionale  n.
68/2012), in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma,  117,  terzo
comma  -  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  9,  comma  28,   del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122 - e
136 della Costituzione. 
    Ai sensi del comma 5 dell'art. 40 (Personale  dei  gruppi)  della
legge reg. Abruzzo n. 40 del 2010, «[a]lle spese di cui  al  comma  1
non si applicano i limiti stabiliti  dall'articolo  9,  comma  28,  e
dall'articolo 14, commi 7 e 9, del decreto legge 31 maggio  2010,  n.
78 "Misure urgenti in materia di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica", convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122». 
    1.1.- La Corte rimettente premette che nel corso dei  giudizi  di
parificazione dei rendiconti generali della Regione Abruzzo  per  gli
esercizi finanziari 2016 e 2017 (reg. ord. n. 19  del  2021)  nonche'
2018 (reg. ord. n. 26  del  2021),  con  particolare  riferimento  al
capitolo di spesa  11102,  denominato  «Funzionamento  del  Consiglio
regionale» - che trasferisce fondi destinati alle spese di  personale
dei gruppi consiliari (capitolo  2024.85  denominato  «Budget  gruppi
consiliari» del conto consuntivo del Consiglio regionale, allegato al
Rendiconto della  Regione)  -  e'  emerso  il  mancato  conseguimento
dell'obiettivo di finanza pubblica di cui al comma 28 dell'art. 9 del
d.l. n. 78 del 2010, come convertito, che fissa il  limite  di  spesa
per il personale assunto a tempo determinato nel cinquanta per  cento
di quella sostenuta nel 2009. 
    Assume il giudice a quo che la  spesa  affrontata  nell'esercizio
2009 per il lavoro flessibile dalla Regione Abruzzo  ammonti  a  euro
10.052.673 e che, pertanto, nel caso di specie, il  limite  derivante
dal richiamato principio di coordinamento sia pari a euro  5.026.336.
La spesa complessiva sostenuta dalla Regione per il personale assunto
a tempo determinato sarebbe stata, invece, pari a euro 5.211.021  nel
2016, euro 5.552.496 nel 2017  ed  euro  5.649.682  nel  2018,  cosi'
determinando uno sforamento del tetto di  spesa,  in  violazione  del
principio di coordinamento della finanza pubblica recato  dalla  piu'
volte richiamata norma interposta. 
    In altri termini, la disposizione censurata,  nel  prevedere  una
deroga al limite di spesa di cui al richiamato parametro  interposto,
violerebbe il principio  fondamentale  in  materia  di  coordinamento
della finanza pubblica di cui all'art. 9, comma 28, del  d.l.  n.  78
del 2010. La lesione del tetto di spesa si  riverbererebbe  su  altri
precetti costituzionali, segnatamente gli artt. 81 e 97, primo comma,
Cost., in quanto il  legislatore  regionale  avrebbe  «innestato  nel
sistema oneri e sottratto risorse» in violazione dei  principi  della
copertura finanziaria e dell'equilibrio di bilancio. 
    2.-  Preliminarmente,  in  considerazione  dell'identita'   delle
questioni sollevate dal medesimo rimettente, deve essere disposta  la
riunione dei giudizi, al fine di definirli con un'unica pronuncia. 
    3.- Sempre in via preliminare, occorre precisare che, benche'  il
dispositivo delle ordinanze censuri  genericamente  l'art.  40  della
legge reg. Abruzzo n. 40 del  2010,  come  sostituito  dall'art.  32,
comma 1,  della  legge  reg.  Abruzzo  n.  42  del  2013,  dal  corpo
motivazionale e dall'intero tenore delle  ordinanze  emerge  come  le
censure si rivolgono esclusivamente al comma 5, nella  parte  in  cui
esclude l'applicazione dei limiti di cui all'art. 9,  comma  28,  del
d.l.  n.  78  del  2010,  come  convertito,  alle  spese  dei  gruppi
consiliari. 
    In detti termini  deve  pertanto  essere  circoscritto  il  thema
decidendum (ex plurimis, sentenza n. 160 del 2021). 
    4.- Sotto il profilo della legittimazione del  giudice  a  quo  a
sollevare questioni di legittimita'  costituzionale,  e'  costante  e
risalente l'orientamento di questa Corte secondo cui  «la  Corte  dei
conti,  in  sede  di  giudizio  di  parificazione  del  bilancio,  e'
legittimata a promuovere  questione  di  legittimita'  costituzionale
avverso le disposizioni di legge che determinano,  nell'articolazione
e nella gestione del bilancio  stesso,  effetti  non  consentiti  dai
principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari e  dagli
altri precetti costituzionali,  che  custodiscono  la  sana  gestione
finanziaria» (ex multis, sentenza n. 89 del 2017; nello stesso senso,
sentenza n. 196 del 2018), giacche'  nella  parifica  del  rendiconto
regionale ricorrono integralmente tutte le condizioni per le quali e'
ammessa  la  possibilita'  di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale  in  via  incidentale  (elencate,  da  ultimo,   nella
sentenza n. 80 del 2021) e la situazione e' «analoga a quella in  cui
si trova un  qualsiasi  giudice  (ordinario  o  speciale),  allorche'
procede a raffrontare i fatti e gli atti  dei  quali  deve  giudicare
alle leggi che li concernono» (sentenza n. 89 del 2017). 
    Tale legittimazione, peraltro, e' stata  riconosciuta  anche  nei
casi in cui la lesione dei precetti  finanziari  sia  la  conseguenza
della violazione di parametri di  competenza  (sentenze  n.  112  del
2020, n. 146 e n. 138 del 2019 e n. 196  del  2018),  allorquando  la
suddetta invasione sia  «funzionalmente  correlata»  alla  violazione
degli artt. 81 e 97, primo comma,  Cost.,  per  aver  determinato  un
incremento delle poste passive del bilancio in riferimento  al  costo
del personale (sentenza n. 112 del 2020). 
    Nel caso odierno la Corte dei conti  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale per violazione del limite di spesa per  i
contratti a tempo determinato del personale  dei  gruppi  consiliari,
sostenendo che tale  violazione,  benche'  circoscritta  al  capitolo
relativo alle spese suddette, influisca  anche  sul  complesso  della
spesa per il personale a tempo determinato, data  la  confluenza  del
rendiconto consiliare  in  quello  consolidato  della  Regione.  Tale
violazione del limite di spesa determina la  lesione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost., ed e' funzionalmente  correlata  alla  violazione
degli artt. 81 e 97,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto  destinata  a
riverberarsi anche sull'equilibrio di bilancio, generando un'evidente
espansione della spesa. 
    5.- Tanto premesso, le questioni di  legittimita'  costituzionale
sollevate superano il vaglio di ammissibilita'. 
    5.1.- In punto di rilevanza, per costante orientamento di  questa
Corte, essenziale e sufficiente a conferire rilevanza alla  questione
prospettata e' «che il  giudice  debba  effettivamente  applicare  la
disposizione  della  cui  legittimita'  costituzionale   dubita   nel
procedimento pendente avanti a se' (sentenza n. 253 del 2019)  e  che
la pronuncia della Corte "influi[sca] sull'esercizio  della  funzione
giurisdizionale,   quantomeno   sotto   il   profilo   del   percorso
argomentativo che sostiene la decisione del processo principale  (tra
le molte, sentenza n. 28  del  2010)"  (sentenza  n.  20  del  2016)»
(sentenza n. 84 del 2021). E' inoltre necessario  che  il  rimettente
illustri  le  ragioni  che  «determinano  la  pregiudizialita'  della
questione  sollevata   rispetto   alla   definizione   del   processo
principale» (sentenza n. 105 del 2018). 
    In  proposito,  la  Corte  dei  conti  ha  sostenuto   di   dover
necessariamente applicare la norma censurata - che esclude  le  spese
dei gruppi consiliari dal limite di cui all'art.  9,  comma  28,  del
d.l. n. 78 del 2010 - nelle valutazioni funzionali alla parifica  dei
rendiconti generali della Regione, relativamente al capitolo di spesa
11102, pur nutrendo dubbi di compatibilita' della spesa  in  discorso
con il vigente quadro costituzionale. In effetti, lo  sforamento  del
tetto di spesa per il personale assunto a tempo determinato, in tutti
gli  esercizi  finanziari  considerati,  sarebbe  evitato  solo   con
l'applicazione della  norma  della  cui  legittimita'  costituzionale
dubita. 
    La  pregiudizialita'  delle  questioni,  peraltro,   emerge   con
chiarezza dalla descrizione della  fattispecie  operata  dalla  Corte
rimettente, la quale ha osservato come  l'esito  della  parifica  del
capitolo  di  spesa  in  questione   sia   direttamente   influenzato
dall'applicazione della disposizione censurata. 
    5.2.- In punto di non manifesta infondatezza, il  giudice  a  quo
assume che la disposizione denunciata, nel prevedere  una  deroga  al
limite di spesa di cui al richiamato parametro  interposto,  violi  i
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica stabiliti dallo Stato ai sensi dell'art. 117,  terzo  comma,
Cost.,  violazione  che   si   riverbererebbe   su   altri   precetti
costituzionali, in quanto il legislatore regionale avrebbe «innestato
nel sistema oneri e sottratto risorse»,  compromettendo  l'equilibrio
di bilancio e la copertura finanziaria di cui agli  artt.  81  e  97,
primo comma, Cost.,  per  aver  determinato  «nell'an  -  un  effetto
espansivo della spesa non consentito, con la conseguenza che anche le
risorse utilizzate a copertura risultano viziate per  "illegittimita'
derivata"». 
    Quanto  alla  violazione  del  giudicato  costituzionale  di  cui
all'art. 136 Cost., la Corte dei conti  deduce  che  la  disposizione
censurata riproduce  una  deroga  gia'  prevista  dalla  legge  della
Regione Abruzzo 28 settembre  2012,  n.  48,  (Modifiche  alla  legge
regionale 17 novembre 2010, n. 49 "Interventi normativi e  finanziari
per l'anno 2010", modifiche alla legge regionale 10 marzo 1993, n. 15
"Disciplina per l'utilizzo e la  rendicontazione  dei  contributi  ai
gruppi consiliari" e  disposizioni  relative  al  contenimento  della
spesa   del    personale    a    tempo    determinato),    dichiarata
costituzionalmente illegittima da questa Corte con la sentenza n. 289
del 2013. 
    Sono pertanto soddisfatte le condizioni richieste dalla  costante
giurisprudenza di questa  Corte  secondo  cui,  in  ordine  alla  non
manifesta infondatezza, e' necessario e sufficiente che «i  parametri
siano invocati in maniera non  apodittica  e  generica  e  che  siano
specificati i motivi per cui  si  ritenga  verificata  la  violazione
delle norme costituzionali,  a  pena  di  manifesta  inammissibilita'
della questione proposta» (ex plurimis, ordinanza n. 159 del 2021). 
    5.3.-  Con  riferimento  alle  questioni  di  cui   all'ordinanza
iscritta al reg. ord. n. 26 del 2021, la difesa  regionale  eccepisce
altresi' un distinto profilo di mancanza  di  rilevanza,  perche'  il
giudice rimettente avrebbe completamente omesso di  considerare  che,
ai sensi dell'art. 1, comma 757, della legge 27 dicembre 2017, n. 205
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per  il  triennio  2018-2020),  per  le  Regioni
interessate dagli eventi sismici tra il 2016 e il 2017, il limite  di
spesa fissato dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del  2010,  come
convertito, sarebbe aumentato dal cinquanta al  settanta  per  cento,
per assicurare l'assistenza alle popolazioni terremotate, e  pertanto
le medesime Regioni  -  compresa  quella  costituitasi  nel  presente
giudizio - sarebbero autorizzate a prorogare i contratti in essere  a
tempo determinato, nel rispetto dell'innalzato obiettivo  di  finanza
pubblica. Le questioni  sarebbero  dunque  irrilevanti,  non  dovendo
applicarsi il limite di cui all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78  del
2010, bensi' quello previsto dall'art. 1, comma 757, della  legge  n.
205 del 2017. 
    5.3.1.- Tale eccezione non e' fondata. 
    L'erronea indicazione  del  parametro  interposto,  infatti,  non
pregiudica la corretta individuazione della questione - ossia  se  il
tetto di spesa per le assunzioni  a  tempo  determinato  si  applichi
anche ai gruppi consiliari - posto che «l'inesatta indicazione non ha
impedito  alla  Regione  [...]  di  identificare  con  chiarezza   la
consistenza delle questioni di legittimita' sollevate e  di  svolgere
pertinenti difese, risultando agevolmente  enucleabile  il  parametro
con il quale le norme censurate contrasterebbero (sentenza n. 533 del
2002)» (sentenza n. 161 del 2012). 
    La modifica percentuale che incide aumentando il tetto  di  spesa
per il personale a tempo determinato  ha  piuttosto  un  effetto  sul
giudizio di parificazione del  capitolo  11102,  dato  che  la  spesa
sostenuta  nel  medesimo  anno  per  il  personale  assunto  a  tempo
determinato, comprensiva di quella dei gruppi consiliari,  ammonta  a
euro 5.649.882 e non supera il  limite  del  settanta  per  cento  di
quanto speso nel 2009, ossia euro 7.036.871. 
    6.- Al fine di una valutazione  del  merito,  e'  necessaria  una
seppur sintetica ricostruzione  del  contesto  normativo  in  cui  si
inserisce la disposizione censurata. 
    Il  controllo  sulle  spese  dei  gruppi  consiliari   e'   stato
introdotto dal decreto-legge 10 ottobre 2012,  n.  174  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di   finanza   e   funzionamento   degli   enti
territoriali, nonche' ulteriori disposizioni  in  favore  delle  zone
terremotate nel maggio 2012), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 7 dicembre 2012,  n.  213,  volto,  fra  l'altro,  a  garantire
l'adeguamento del sistema dei controlli sulle autonomie  territoriali
alle esigenze di coordinamento della finanza pubblica,  nel  rispetto
dei  vincoli  derivanti  dall'appartenenza   dell'Italia   all'Unione
europea (art. 1, comma 1). 
    Tale decreto-legge affianca ai controlli esterni gia'  attribuiti
alla Corte dei conti ulteriori controlli sui vertici  politici  delle
amministrazioni  locali   (art.   6),   nonche'   su   quelli   delle
amministrazioni  regionali  (art.  1,  commi  2,  3,  4,  6   e   7),
introducendo,  tra  l'altro,  il  giudizio   di   parificazione   dei
rendiconti delle Regioni a statuto ordinario (gia'  previsto  per  le
autonomie  speciali)  (art.  1,  comma  5)  e  prevedendo   specifici
controlli sui gruppi dei Consigli regionali (art. 1, commi 9, 10,  11
e 12). Al fine di assicurare la corretta  rilevazione  dei  fatti  di
gestione e la regolare tenuta della  contabilita',  i  gruppi  devono
infatti redigere rendiconti di esercizio che  vengono  sottoposti  ai
controlli della competente sezione regionale della Corte  dei  conti,
dal cui esito negativo puo' discendere  l'obbligo  di  restituire  le
somme ricevute a carico del bilancio del Consiglio  regionale  e  non
rendicontate. 
    Sempre al fine di coordinamento  e  soprattutto  di  contenimento
della spesa  pubblica,  l'art.  2  del  medesimo  decreto,  rubricato
«Riduzione dei costi  della  politica  nelle  regioni»,  dispone  che
l'ottanta per  cento  dei  trasferimenti  erariali  alle  Regioni  e'
erogato a condizione che le stesse adottino una serie di misure volte
al ridimensionamento dei costi dell'apparato amministrativo, fra cui:
a) la definizione delle spese per il personale dei gruppi  consiliari
secondo  un  «parametro  omogeneo»,  tenendo  conto  del  numero  dei
consiglieri,  delle  dimensioni  del   territorio   e   dei   modelli
organizzativi di ciascuna  Regione  (lettera  h);  b)  l'applicazione
delle regole previste dagli artt. 6 e 9, comma 28, del d.l. n. 78 del
2010, come convertito, (lettera i), che pongono specifici tetti  alla
spesa per le assunzioni di personale a tempo determinato. 
    Cosi' ricostruito il  contesto  normativo  di  riferimento,  deve
attestarsi che nel vigente quadro ordinamentale, con riferimento alla
spesa per il personale della pubblica amministrazione, ivi inclusi  i
gruppi consiliari, coesistono due tipologie di vincoli,  operanti  su
piani  distinti,  che  producono  effetti  complementari.  Il   primo
vincolo, introdotto dall'art. 2, comma 1, lettera h), del d.l. n. 174
del 2012, come convertito, attiene specificamente alle spese  per  il
personale dei soli gruppi  consiliari.  Il  secondo  vincolo,  recato
dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, come  convertito,  si
applica, invece, senza  esclusione  alcuna,  sul  totale  complessivo
delle spese per il lavoro flessibile ed e' pertanto comprensivo anche
del primo. In definitiva, la spesa per il personale dei gruppi, anche
se contenuta nei limiti massimi di cui all'art. 2, comma  1,  lettera
h), del d.l. n. 174 del 2012,  come  convertito,  non  puo'  comunque
determinare il  superamento  del  principio  di  coordinamento  della
finanza pubblica di cui all'art. 9, comma 28,  del  d.l.  n.  78  del
2010, come convertito. 
    7.- Tanto premesso, la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 40, comma 5, della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2010,  come
introdotto dall'art. 32, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 42  del
2013, sollevata in riferimento all'art. 136 Cost., per violazione del
giudicato costituzionale di cui alle sentenze n. 262 del  2012  e  n.
289 del 2013, deve essere valutata logicamente in via prioritaria (ex
plurimis,  sentenza  n.  256   del   2020),   in   quanto   attinente
«all'esercizio stesso del potere legislativo, che sarebbe inibito dal
precetto costituzionale di cui si assume la violazione» (sentenza  n.
101 del 2018). 
    Per costante giurisprudenza di  questa  Corte,  «perche'  vi  sia
violazione del giudicato costituzionale, e' necessario che una  norma
ripristini o  preservi  l'efficacia  di  una  norma  gia'  dichiarata
incostituzionale», in quanto «le decisioni di accoglimento hanno  per
destinatario il legislatore stesso, al quale e' quindi  precluso  non
solo il disporre che la norma dichiarata incostituzionale conservi la
propria efficacia, bensi' il  perseguire  e  raggiungere,  "anche  se
indirettamente", esiti corrispondenti a quelli gia'  ritenuti  lesivi
della Costituzione» (sentenza n. 252 del 2017). 
    Con riferimento al giudicato formatosi sulla sentenza n. 262  del
2012, la questione non e'  fondata,  perche'  il  precedente  evocato
riguarda norme legislative di contenuto diverso,  poste  peraltro  da
una Regione diversa. 
    La sentenza  n.  262  del  2012  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 9, comma 1, secondo periodo, 10, comma  1,
secondo periodo, 11, comma 1, secondo periodo, e 13, comma 1, secondo
periodo, della legge della Regione Puglia 4 gennaio 2011, n. 1 (Norme
in materia di ottimizzazione e valutazione  della  produttivita'  del
lavoro  pubblico  e  di  contenimento  dei   costi   degli   apparati
amministrativi   nella   Regione   Puglia),    laddove    escludevano
dall'applicazione del limite di cui all'art. 9, comma 28, del d.l. n.
78 del 2010, come convertito, una serie di spese fra cui quelle:  per
gli incarichi gravanti su risorse del bilancio vincolato  e  per  gli
incarichi istituzionali di consigliere del Presidente  della  Regione
Puglia; per relazioni  pubbliche,  convegni,  mostre,  pubblicita'  e
rappresentanza gravanti sul bilancio vincolato; per missioni  le  cui
spese gravano su risorse del bilancio vincolato; per missioni per  lo
svolgimento di compiti ispettivi, per l'assolvimento  di  compiti  di
protezione   civile,   nonche'   necessarie   per    assicurare    la
partecipazione a riunioni presso organismi interistituzionali. 
    La disposizione in esame, invece, ha ad oggetto esclusivamente le
spese dei gruppi consiliari, dal che non  puo'  dirsi  che  la  nuova
disciplina  «mir[i]  a   "perseguire   e   raggiungere,   'anche   se
indirettamente', esiti corrispondenti" [...] a quella gia' dichiarata
incostituzionale» (sentenza n. 164 del 2020). 
    La questione non e' fondata neanche con riferimento al  giudicato
costituzionale formatosi sulla sentenza n. 289 del 2013. 
    Essa  e'  stata  pubblicata  l'11  dicembre   2013,   mentre   la
disposizione censurata (contenuta nella legge reg. Abruzzo n. 42  del
2013) e' antecedente, essendo stata pubblicata il 27  novembre  2013.
In altri termini, la disposizione non  puo'  essere  illegittima  per
violazione di un giudicato che non si era ancora formato. 
    8.- Le questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  40,
comma 5, della legge reg. Abruzzo n. 40  del  2010,  come  sostituito
dall'art. 32, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2013,  sono
invece fondate, sia in riferimento all'art. 117, terzo comma,  Cost.,
in relazione all'art. 9, comma 28, del d.l.  n.  78  del  2010,  come
convertito, sia in riferimento agli  artt.  81  e  97,  primo  comma,
Cost., sotto il profilo della lesione dell'equilibrio  e  della  sana
gestione finanziaria del bilancio. 
    8.1.- Quanto al primo parametro (art. 117,  terzo  comma,  Cost.)
deve considerarsi che, per costante giurisprudenza di questa Corte, i
limiti  di  spesa  di  cui  al   richiamato   parametro   interposto,
qualificati come principi di coordinamento della finanza pubblica, si
rivolgono complessivamente a tutte le spese per il personale  assunto
a tempo determinato, sia appartenente genericamente alla Regione, che
ai suoi organi, per quanto dotati di autonomia contabile e gestionale
(ex plurimis, sentenza  n.  171  del  2021).  Cio'  per  le  seguenti
ragioni. 
    Con riferimento  alla  rendicontazione  delle  spese  dei  gruppi
consiliari, questa Corte ha affermato che «il rendiconto delle  spese
dei gruppi consiliari costituisce  parte  necessaria  del  rendiconto
regionale, nella misura in cui le somme da tali  gruppi  acquisite  e
quelle restituite devono essere  conciliate  con  le  risultanze  del
bilancio regionale» (sentenza n. 39 del 2014),  «poiche'  anche  esso
costituisce un mero documento di sintesi  ex  post  delle  risultanze
contabili  della  gestione  finanziaria  e  patrimoniale   dell'ente»
(sentenza n. 235 del 2015).  In  altri  termini,  il  rendiconto  dei
gruppi  non  ha  una  consistenza  finanziario-contabile  esterna  al
bilancio della Regione, ma ne  rappresenta  una  parte  integrante  e
necessariamente coordinata, sia in sede  previsionale,  sia  in  sede
consuntiva (ex multis, sentenze n. 235 e n. 107 del 2015, nonche'  n.
130 e n. 39 del 2014). 
    In coerenza con quanto precede, piu' di recente questa  Corte  ha
affermato che «assoggettare anche la spesa del personale della Giunta
e del Consiglio  regionale  ai  nuovi  valori  soglia  [...]  risulta
conforme  alla  testuale  applicazione  del   richiamato   principio»
(sentenza n. 171 del 2021) volto al contenimento della spesa  per  il
personale,  la  quale  costituisce  «non  gia'  una  minuta  voce  di
dettaglio»  nei  bilanci  delle  amministrazioni  pubbliche,  ma  «un
importante aggregato della spesa di parte corrente» (sentenza n.  146
del 2019). 
    Quanto ai riflessi della natura dei gruppi consiliari sulle spese
da essi sostenute, questa  Corte  ha  ribadito  l'applicabilita'  dei
principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica   poiche'   «la
particolare rilevanza del carattere necessariamente fiduciario  nella
scelta del personale, a tempo determinato, degli  uffici  di  diretta
collaborazione, se puo' autorizzare deroghe al principio del pubblico
concorso nella scelta dei  collaboratori,  non  consente  deroghe  ai
principi fondamentali dettati dal legislatore statale in  materia  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  [...].   Ed   invero,   [la]
disposizione di legge statale,  ben  lungi  dall'interferire  con  le
determinazioni della Regione sulla scelta dei  suoi  collaboratori  -
che  potra'  avvenire  nel  pieno  rispetto   della   sua   autonomia
organizzativa, ancorche' all'interno dei limiti di spesa stabiliti  -
pone validamente un limite ad un particolare aggregato di spesa, qual
e' quello relativo al comparto per il personale, cui  vanno  soggette
tutte le pubbliche amministrazioni» (sentenza n. 130 del 2013). 
    8.1.1.- La  fondatezza  della  questione  e'  corroborata  da  un
ulteriore elemento, prospettato dalla Corte rimettente. 
    A seguito della dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 3, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 48  del  2012,  per
effetto della sentenza n. 289 del 2013, il legislatore  abruzzese  e'
intervenuto con la legge della Regione Abruzzo 13 gennaio 2014, n. 7,
recante «Disposizioni  finanziarie  per  la  redazione  del  bilancio
annuale 2014 e pluriennale 2014-2016  della  Regione  Abruzzo  (Legge
finanziaria regionale 2014)» con la seguente riformulazione: «Al fine
della determinazione del limite di cui al comma 28, dell'articolo  9,
del D.L. 31  maggio  2010,  n.  78  "Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica",
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio  2010,  n.  122,
sono incluse tutte le spese sostenute  per  il  personale  assunto  a
tempo determinato nell'anno 2009, ivi compreso quelle  sostenute  per
il personale assunto a tempo determinato per le esigenze  dei  gruppi
consiliari». 
    Per effetto di tale modifica normativa, il legislatore  abruzzese
ha dunque ampliato il plafond di spesa preso  a  riferimento  per  il
calcolo dell'obiettivo finanziario, considerando nel conteggio  della
spesa per il personale a tempo  determinato  del  2009  anche  quella
relativa ai gruppi consiliari. Contemporaneamente, per effetto  della
disposizione censurata, in fase di redazione del bilancio  tale  voce
viene  scomputata  dall'ammontare  complessivo  della  spesa  per  il
personale, cosi' incrementando illegittimamente la relativa capacita'
di spesa a disposizione  dell'amministrazione  regionale,  non  erosa
dalla componente afferente ai gruppi consiliari. 
    8.2.-  Il  meccanismo  concepito   dal   legislatore   abruzzese,
consentendo una duplice espansione della spesa,  sia  in  termini  di
aggravio di oneri, sia  in  termini  di  erosione  di  risorse  -  in
entrambi i casi,  in  assenza  di  legittima  copertura  normativa  -
determina anche la violazione degli  artt.  81  e  97,  primo  comma,
Cost., stante l'inscindibile correlazione funzionale tra rispetto del
riparto di competenze, violazione dei  vincoli  finanziari  e  tutela
degli equilibri di bilancio (ex multis, sentenze n. 112 del 2020 e n.
146 del 2019). 
    La competenza dello Stato a fissare i  principi  fondamentali  in
materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all'art. 117,
terzo  comma,  Cost.,  rappresenta  uno  strumento   necessario   per
assicurare l'unita' economica e finanziaria della Repubblica, nonche'
il rispetto degli impegni assunti anche a livello  sovranazionale,  a
tutela della sostenibilita' attuale e prospettica degli equilibri  di
bilancio. 
    In quest'ottica, i vincoli  alla  spesa  per  il  personale  sono
strategici ai fini del conseguimento degli equilibri sostanziali  del
bilancio pubblico consolidato e pertanto sono inderogabili,  salvo  i
casi in cui sia lo stesso legislatore  nazionale  a  rimodularne  gli
ambiti ovvero ad abrogarne l'efficacia (sentenza n. 54 del 2014). 
    L'esclusione delle spese sostenute per i  gruppi  consiliari  dal
limite  di  finanza  pubblica  stabilito  dallo  Stato,  violando  un
parametro  di  competenza,  incide  sulla  corretta  copertura  delle
stesse, copertura che e' assicurata dall'individuazione della ragione
giuridica sottesa al loro impiego (da  ultimo,  sentenza  n.  80  del
2021). 
    In proposito, questa Corte ha ribadito che nei  bilanci  pubblici
«le espressioni  numeriche  devono  essere  corredate  da  una  stima
attendibile, assicurata dalla coerenza con i presupposti economici  e
giuridici della loro quantificazione» (ex multis, sentenze n.  4  del
2020 e  227  del  2019),  poiche',  «diversamente  opinando,  sarebbe
sufficiente inserire qualsiasi numero [nel bilancio]  per  realizzare
nuove e maggiori spese» (sentenza n. 197 del 2019). 
    In definitiva, la disposizione censurata, consentendo  una  spesa
priva di corretta copertura,  mette  a  repentaglio  l'equilibrio  di
bilancio. Devono pertanto accogliersi anche le questioni sollevate in
riferimento agli artt. 81  e  97,  primo  comma,  Cost.,  poiche'  la
violazione  dei  limiti  di  spesa  qualificati  come   principi   di
coordinamento della  finanza  pubblica  si  ripercuote  altresi'  sui
richiamati parametri. 
    9.- Alla luce delle considerazioni  che  precedono,  deve  essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  40,  comma  5,
della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2010,  come  introdotto  dall'art.
32, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2013, nella parte  in
cui esclude l'applicazione del vincolo di cui all'art. 9,  comma  28,
del d.l. n. 78 del 2010, in riferimento  agli  artt.  81,  97,  primo
comma, e 117, terzo comma, Cost., quest'ultimo in relazione  all'art.
9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito.