ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1; 2;  3;
4, comma 1, lettere a), b), c), numeri 1) e 2), g), h) e i); 5, comma
1, lettere b) e i); 6; 7; 8; 9, comma 1, lettera  b);  11,  comma  1,
lettere a), b), d), f), g) e h); 12; 13; 14; 15, comma 1, lettera c);
16; 17; 18; 19; 21; 23; 24; 25, comma 1, primo periodo; 26;  27;  28,
commi 1 e 3; e 30, comma 2, della legge  della  Regione  Sardegna  18
gennaio 2021, n. 1 (Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed
il recupero del  patrimonio  edilizio  esistente  ed  in  materia  di
governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle
leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n. 16
del 2017), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso spedito per la notificazione il 22 marzo 2021, depositato  in
cancelleria il 23 marzo 2021, iscritto al n. 22 del registro  ricorsi
2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  17,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza pubblica  del  24  novembre  2021  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Benedetto Ballero e Mattia Pani
per la Regione autonoma Sardegna; 
    deliberato nella camera di consiglio del 29 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione il  22  marzo  2021,
depositato il 23 marzo 2021 e iscritto al n. 22 del registro  ricorsi
2021, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  gli  artt.
1; 2; 3; 4, comma 1, lettere a), b), c), numeri 1) e 2), g), h) e i);
5, comma 1, lettere b) e i); 6; 7; 8; 9, comma  1,  lettera  b);  11,
comma 1, lettere a), b), d), f), g) e h); 12; 13; 14;  15,  comma  1,
lettera c); 16; 17; 18; 19; 21; 23; 24; 25, comma 1,  primo  periodo;
26; 27; 28, commi 1 e 3; e 30, comma 2,  della  legge  della  Regione
Sardegna 18 gennaio  2021,  n.  1  (Disposizioni  per  il  riuso,  la
riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente  ed
in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti  e
modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985,  n.  24
del 2016 e n. 16 del 2017). 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,  le  previsioni
impugnate derogherebbero alla pianificazione urbanistica comunale e a
quella paesaggistica e agevolerebbero  «la  massiccia  trasformazione
edificatoria del territorio, anche  in  ambiti  di  pregio»,  con  il
conseguente  «grave  abbassamento  del  livello  della   tutela   del
paesaggio». 
    In premessa, il ricorrente ricorda  che  l'art.  3,  lettera  f),
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3  (Statuto  speciale
per la Sardegna),  attribuisce  alla  Regione  autonoma  Sardegna  la
potesta'  legislativa   nella   materia   edilizia   e   urbanistica,
comprensiva anche della «pianificazione del paesaggio in senso lato»,
e la assoggetta al rispetto delle norme  fondamentali  delle  riforme
economico-sociali della Repubblica, come quelle dettate  dal  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137), e quelle in tema di pianificazione condivisa. 
    Lo  statuto  speciale   non   contemplerebbe   alcuna   «potesta'
legislativa primaria in materia  di  tutela  paesaggistica  in  senso
proprio».  La  Regione  autonoma  Sardegna  non  potrebbe  esercitare
unilateralmente la  propria  potesta'  legislativa  statutaria  nella
materia edilizia e urbanistica, quando vengano in  rilievo  interessi
generali  riconducibili  alla  competenza  esclusiva  statale   nella
materia della conservazione ambientale e paesaggistica  (si  richiama
la sentenza di questa Corte n. 178 del 2018). 
    Il legislatore regionale  si  sarebbe  sottratto  all'obbligo  di
copianificazione sancito dal d.lgs. n. 42 del 2004  e  agli  obblighi
previsti  nelle  intese  stipulate  con  lo  Stato,  con  conseguente
violazione del «principio di leale collaborazione nei confronti»  del
medesimo. 
    1.1.- Il ricorrente impugna l'art. 1 della legge reg. Sardegna n.
1 del 2021, che sostituisce  l'art.  26  della  legge  della  Regione
Sardegna 23 aprile 2015, n. 8 (Norme  per  la  semplificazione  e  il
riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per  il
miglioramento del patrimonio edilizio), e reca disposizioni  in  tema
di salvaguardia dei territori rurali. 
    Tale  previsione,  nel   disciplinare   le   trasformazioni   del
territorio al di  fuori  della  pianificazione  paesaggistica  e  nel
derogare  alle  prescrizioni   in   tema   di   densita'   fondiaria,
travalicherebbe i  limiti  della  potesta'  legislativa  regionale  e
contrasterebbe, pertanto, con l'art. 3 dello statuto  speciale,  come
attuato dal decreto del Presidente della Repubblica 22  maggio  1975,
n. 480 (Nuove  norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della
regione autonoma della Sardegna), con gli artt. 9 e 117, commi primo,
in relazione alla  Convenzione  europea  sul  paesaggio,  adottata  a
Strasburgo dal Comitato dei ministri del  Consiglio  d'Europa  il  19
luglio 2000 e ratificata con legge del  9  gennaio  2006,  n.  14,  e
secondo, lettera s), della Costituzione, e con il principio di  leale
collaborazione, «che in materia di  paesaggio  si  attua  con  la  co
pianificazione». 
    1.2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  impugna  anche
l'art. 2 della legge reg. Sardegna n.  1  del  2021,  per  violazione
degli artt. 9 e 117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione
europea sul paesaggio, e  secondo,  lettere  m)  ed  s),  Cost.,  del
principio  di  leale  collaborazione  e  dell'art.  3  dello  statuto
speciale, che stabilisce l'obbligo per la Regione  autonoma  Sardegna
di rispettare le norme fondamentali di riforma economico-sociale. 
    Nel modificare l'art. 26-bis, comma 4, della legge reg.  Sardegna
n. 8 del 2015, la previsione in esame proroga  al  31  dicembre  2023
l'originario  termine  del  31  dicembre  2020  per   completare   le
edificazioni in zona agricola, «nei casi in cui non sarebbe possibile
ottenere il rinnovo del titolo edilizio ormai divenuto inefficace,  a
causa di una sopravvenuta disciplina pianificatoria incompatibile». 
    A tale riguardo, il ricorrente ravvisa la violazione delle  norme
fondamentali di riforma economico-sociale contenute, in  particolare,
nell'art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge 17 agosto 1942,  n.
1150 (Legge urbanistica), concernente la suddivisione del  territorio
comunale in zone omogenee, e nell'art. 15 del decreto del  Presidente
della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.  (Testo
A)», che statuisce la decadenza  del  titolo  edilizio  nel  caso  di
mancato rispetto dei termini per l'ultimazione delle opere. 
    Vi  sarebbe,  inoltre,  l'invasione  della  sfera  di  competenza
legislativa esclusiva dello Stato relativa alla  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni valevoli sull'intero  territorio
nazionale» (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) e alla  tutela
del paesaggio  e  dell'ambiente,  competenza,  quest'ultima,  attuata
dagli artt. 135, 143, 145 e 156 del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    L'incidenza «in un ambito in cui e' dovuta la co  pianificazione»
lederebbe, infine, il principio di leale collaborazione. 
    1.3.- L'impugnazione del Presidente del  Consiglio  dei  ministri
verte anche sull'art. 3 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che,
aggiungendo l'art. 26-ter nella legge reg. Sardegna n.  8  del  2015,
regola la costruzione delle scuderie della Sartiglia di Oristano. 
    Nel consentire in maniera indiscriminata,  su  tutto  l'agro  del
territorio di Oristano, la costruzione di  scuderie  in  deroga  alla
pianificazione urbanistica e paesaggistica, la disposizione censurata
contrasterebbe con l'art. 3 dello statuto speciale, con gli artt. 9 e
117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione   europea   sul
paesaggio, e secondo, lettera s), Cost., e con il principio di  leale
collaborazione. 
    1.4.- Il ricorrente censura, inoltre, l'art. 4, comma 1,  lettere
a), b), c), numeri 1) e 2), g), h) e i), della legge reg. Sardegna n.
1 del 2021, che, modificando l'art. 30 della legge reg. Sardegna n. 8
del  2015,  aumenterebbe   notevolmente   «i   limiti   di   maggiore
edificabilita' ivi prima previsti». 
    Nel consentire incrementi  volumetrici  al  di  fuori  del  piano
paesaggistico «e potenzialmente in deroga ad esso»,  le  disposizioni
in esame contrasterebbero con gli artt. 9  e  117,  commi  primo,  in
relazione alla Convenzione europea sul paesaggio, e secondo,  lettera
s), Cost., con l'art. 3 dello statuto speciale, con il  principio  di
leale  collaborazione  e,  per  quel  che  concerne  in   particolare
l'esonero dall'autorizzazione paesaggistica per  la  realizzazione  e
per l'ampliamento di verande coperte, con l'art. 117, secondo  comma,
lettera m), Cost. 
    1.5.- E' impugnato anche l'art. 5, comma  1,  lettere  b)  e  i),
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, in riferimento agli artt.  9
e 117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione  europea  sul
paesaggio, e secondo, lettere m), solo in relazione alla  lettera  i)
impugnata, ed s), Cost., all'art.  3  dello  statuto  speciale  e  al
principio di leale collaborazione. 
    La disposizione e'  censurata,  in  quanto  prevede,  modificando
l'art. 31 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, «nuovi e  maggiori
incrementi volumetrici delle  strutture  destinate  all'esercizio  di
attivita' turistico-ricettive, sanitarie e socio-sanitarie», anche in
aree vincolate e in deroga alle prescrizioni del piano  paesaggistico
regionale (d'ora in avanti anche: PPR). 
    1.6.- Il ricorrente impugna,  poi,  l'art.  6  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, che, modificando l'art. 32 della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015, disciplina gli interventi per il riuso  e  il
recupero con incremento volumetrico dei sottotetti esistenti. 
    Nel regolamentare «le possibili  trasformazioni  delle  coperture
degli edifici, potenzialmente anche molto rilevanti per il paesaggio»
e anche con riguardo a manufatti posti in contesti oggetto di  tutela
paesaggistica, la disposizione impugnata derogherebbe alle previsioni
del  piano  paesaggistico  e  dei  piani   urbanistici   comunali   e
violerebbe, pertanto, gli artt. 9 e 117, commi  primo,  in  relazione
alla Convenzione europea sul paesaggio, e secondo, lettera s), Cost.,
l'art.  3  dello  statuto  speciale   e   il   principio   di   leale
collaborazione. 
    1.7.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  impugna  anche
l'art. 7 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021,  che,  introducendo
l'art. 32-bis nella legge reg. Sardegna n. 8  del  2015,  regola  gli
interventi di recupero dei seminterrati,  dei  piani  pilotis  e  dei
locali al piano terra. 
    Nell'ammettere tali interventi anche su beni paesaggistici e  nel
derogare alle previsioni delle norme tecniche di attuazione del piano
di assetto idrogeologico, che vietano gli interventi in esame in ogni
area  di  pericolosita'  idrogeologica,  la  disposizione  in   esame
lederebbe, in particolare, la competenza legislativa esclusiva  dello
Stato nella materia della tutela del paesaggio, in contrasto con  gli
artt. 9 e 117, commi primo, in relazione alla Convenzione europea sul
paesaggio, e secondo, lettera s), Cost. e con l'art. 3 dello  statuto
speciale. 
    1.8.- Oggetto di impugnazione e' anche l'art. 8 della legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, riguardante gli interventi per il riuso degli
spazi di grande altezza. 
    Nell'ampliare il novero delle zone urbanistiche  nelle  quali  e'
possibile realizzare soppalchi, anche in deroga alle prescrizioni del
piano paesaggistico, e nell'escludere i volumi realizzati dal computo
ai fini degli standard  urbanistici,  la  previsione  impugnata,  che
modifica l'art. 33 della legge reg. Sardegna n. 8 del  2015,  sarebbe
lesiva della  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  nella
materia  della  tutela  del  paesaggio  e  del  principio  di   leale
collaborazione con lo Stato. Sarebbero violati, pertanto, gli artt. 9
e 117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione  europea  sul
paesaggio, e secondo, lettera s), Cost.  e  l'art.  3  dello  statuto
speciale. 
    1.9.- E' impugnato, ancora, l'art. 9, comma 1, lettera b),  della
legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, per violazione  degli  artt.  9  e
117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione   europea   sul
paesaggio, e secondo, lettera s), Cost., dell'art.  3  dello  statuto
speciale e del principio di leale collaborazione. 
    Le censure del ricorrente si incentrano sulla riduzione, mediante
l'abrogazione della lettera h) del comma 1 dell'art. 34  della  legge
reg. Sardegna  n.  8  del  2015,  del  catalogo  dei  beni  sottratti
all'applicazione della medesima legge regionale. 
    1.10.- Il ricorrente impugna anche l'art. 11,  comma  1,  lettere
a), b), d), f), g) e h), della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Nel consentire il computo dei  volumi  condonati  (lettera  a)  e
nell'estendere la possibilita' di realizzare  incrementi  volumetrici
in deroga alla disciplina urbanistica e paesaggistica (lettere b,  d,
f, g e h), la previsione impugnata contrasterebbe con gli artt.  9  e
117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione   europea   sul
paesaggio, e secondo, lettera s), Cost., con l'art. 3  dello  statuto
speciale e con il principio di leale collaborazione. 
    1.11.- Il ricorrente censura, poi, l'art.  12  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, che regola gli  interventi  di  trasferimento
volumetrico  per  la  riqualificazione  ambientale  e  paesaggistica,
modificando l'art. 38 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Nell'accrescere l'impatto di tali interventi,  ammessi  anche  in
deroga alla pianificazione urbanistica e  paesaggistica  e  anche  su
beni culturali, la normativa in esame contrasterebbe con gli artt.  9
e 117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione  europea  sul
paesaggio, e secondo, lettera s), Cost., con l'art. 3  dello  statuto
speciale e con il principio di leale collaborazione. 
    1.12.- Oggetto dell'odierna impugnazione e' anche l'art. 13 della
legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che  introduce  nella  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015 l'art. 38-bis, sul trasferimento di volumetrie
ricadenti in aree a elevato rischio idrogeologico. 
    Il legislatore regionale,  nel  riconoscere  un  diritto  quesito
all'edificazione al di  fuori  del  necessario  intervento  del  PPR,
violerebbe gli  artt.  9  e  117,  commi  primo,  in  relazione  alla
Convenzione europea sul paesaggio,  e  secondo,  lettere  l)  ed  s),
Cost., l'art. 3 dello  statuto  speciale  e  il  principio  di  leale
collaborazione. 
    1.13.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna,  ancora,
l'art. 14 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021,  che,  modificando
l'art. 39 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, regola il  rinnovo
del   patrimonio   edilizio   con   interventi   di   demolizione   e
ricostruzione. 
    Ad avviso del ricorrente, la disciplina impugnata amplierebbe  in
modo irragionevole l'ambito applicativo di tali interventi, destinati
a incidere anche su beni paesaggistici, e sarebbe dunque lesiva degli
artt. 3, 9 e 117, commi primo, in relazione alla Convenzione  europea
sul paesaggio, e  secondo,  lettera  s),  Cost.,  dell'art.  3  dello
statuto speciale e del principio di leale collaborazione. 
    1.14.- E' impugnato, poi, l'art. 15, comma 1, lettera  c),  della
legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che modifica l'art. 40,  comma  7,
della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Nell'estendere l'ambito dei programmi integrati per  il  riordino
urbano a tutte le zone urbanistiche, anche  con  riguardo  alle  zone
agricole e ai centri di antica e prima formazione, tale  disposizione
determinerebbe una modificazione  unilaterale  della  disciplina  dei
beni paesaggistici e violerebbe, pertanto, gli artt. 9 e  117,  commi
primo,  in  relazione  alla  Convenzione  europea  sul  paesaggio,  e
secondo, lettera s), Cost., l'art. 3  dello  statuto  speciale  e  il
principio di leale collaborazione con lo Stato. 
    1.15.- Il ricorrente impugna anche l'art.  16  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, che  modifica  l'art.  41  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015, in riferimento agli artt. 3, 9 e  117,  commi
primo,  in  relazione  alla  Convenzione  europea  sul  paesaggio,  e
secondo, lettera s), Cost., all'art. 3 dello statuto  speciale  e  al
principio di leale collaborazione. 
    Tale  previsione,  nel  modificare   in   senso   retroattivo   i
presupposti per l'accoglimento  delle  istanze  presentate  entro  il
termine del 29 novembre 2014, derogherebbe alle prescrizioni del PPR. 
    1.16.- E' impugnato, ancora, l'art. 17 della legge reg.  Sardegna
n. 1 del 2021, che, in relazione agli artt. 34, 37 e 41  della  legge
reg. Sardegna n. 8 del 2015, proroga alcuni termini  stabiliti  dalla
legislazione regionale previgente in tema di "Piano casa". 
    Tale previsione sarebbe lesiva degli artt.  3,  9  e  117,  commi
primo,  in  relazione  alla  Convenzione  europea  sul  paesaggio,  e
secondo, lettera s), Cost., dell'art. 3 dello statuto speciale e  del
principio di leale collaborazione. 
    1.17.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, inoltre,
l'art. 18 della legge reg. Sardegna n. 1  del  2021,  che  detta  una
norma transitoria in materia di titoli abilitativi. 
    Tale previsione, nel far salvi atti e  istanze  formati  in  base
alla legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 e successive proroghe, sarebbe
costituzionalmente  illegittima  in  riferimento  all'art.  3   dello
statuto speciale, agli artt. 3, 9 e 117, commi  primo,  in  relazione
alla Convenzione europea sul paesaggio, e secondo, lettera s), Cost.,
e per violazione dell'obbligo di leale collaborazione. 
    1.18.- Il ricorrente impugna anche la disciplina delle tolleranze
edilizie dettata dall'art. 19 della legge  reg.  Sardegna  n.  1  del
2021, che aggiunge i commi 1-ter  e  1-quater  all'art.  7-bis  della
legge della Regione Sardegna 11 ottobre 1985, n. 23 (Norme in materia
di  controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  di  risanamento
urbanistico e di sanatoria  di  insediamenti  ed  opere  abusive,  di
snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative). 
    Nel dettare - con riguardo ai  limiti  e  ai  presupposti  -  una
disciplina piu' permissiva rispetto a quella contenuta nelle norme di
grande riforma economico-sociale dell'art. 34-bis del d.P.R.  n.  380
del 2001 (d'ora in avanti  anche:  t.u.  edilizia),  la  disposizione
regionale  contrasterebbe  con  l'art.  3  dello  statuto   speciale,
invaderebbe la competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  nella
materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti diritti civili  (art.  117,  secondo  comma,  lettera  m,
Cost.), nella materia  dell'ordinamento  penale  (art.  117,  secondo
comma, lettera l, Cost.) e  della  tutela  dell'ambiente  (art.  117,
secondo comma, lettera s, Cost.), con un  conseguente  «significativo
abbassamento di tutela» censurabile anche alla luce dell'art. 9 Cost. 
    1.19.- E' impugnato, poi, l'art. 21 della legge reg. Sardegna  n.
1 del 2021, che modifica l'art. 16 della legge reg.  Sardegna  n.  23
del 1985. 
    Nel derogare al principio della "doppia  conformita'",  stabilito
da una norma fondamentale di riforma economico-sociale (art. 36  t.u.
edilizia), tale normativa violerebbe l'art. 3 dello statuto  speciale
e lederebbe la competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  nella
materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili (art. 117,  secondo  comma,  lettera  m,
Cost.) e  dell'ordinamento  civile,  materia,  quest'ultima,  che  il
ricorrente riconduce all'art. 117, secondo comma, lettere e)  ed  l),
Cost. 
    1.20.- E' impugnato anche l'art. 23 della legge reg. Sardegna  n.
1 del 2021, che aggiunge il comma 3-bis all'art. 21 della legge della
Regione Sardegna 28 luglio 2017, n. 16 (Norme in materia di turismo). 
    Nel consentire la realizzazione di aree di sosta  temporanee  per
caravan e autocaravan anche in deroga alle previsioni poste a  tutela
del paesaggio, tale previsione  violerebbe  l'art.  3  dello  statuto
speciale,  gli  artt.  9  e  117,  commi  primo,  in  relazione  alla
Convenzione europea sul paesaggio,  e  secondo,  lettere  m)  ed  s),
Cost., e il principio di leale collaborazione. 
    1.21.- Il ricorrente denuncia, inoltre,  l'art.  24  della  legge
reg. Sardegna n. 1 del 2021, che aggiunge l'art.  19-bis  alla  legge
reg. Sardegna n. 16 del 2017. 
    Nel consentire di realizzare campeggi anche in  violazione  delle
prescrizioni  del  piano  paesaggistico  regionale,  tale  previsione
sarebbe lesiva dell'art. 3 dello statuto speciale, degli  artt.  9  e
117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione   europea   sul
paesaggio, e secondo, lettere m) ed s), Cost.,  e  del  principio  di
leale collaborazione. 
    1.22.- Le doglianze del ricorrente  investono,  poi,  l'art.  25,
comma 1, primo periodo, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Nell'offrire l'interpretazione autentica di una  normativa  assai
risalente (l'art. 4 del decreto  dell'Assessore  degli  enti  locali,
finanze  ed  urbanistica  20  dicembre  1983,  n.   2266/U,   recante
«Disciplina dei limiti e dei rapporti  relativi  alla  formazione  di
nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei
comuni  della   Sardegna»)   e   nell'introdurre   nuove   previsioni
edificatorie in deroga al piano  paesaggistico,  la  disposizione  in
esame si porrebbe in contrasto con l'art. 3 dello  statuto  speciale,
con gli artt. 9 e 117, commi primo,  in  relazione  alla  Convenzione
europea sul paesaggio, e secondo, lettera s), Cost., con  i  principi
di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di leale collaborazione. 
    1.23.- Il ricorrente impugna, poi, l'art.  26  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, nella parte in cui consente la localizzazione
di nuovi insediamenti turistici in  deroga  alle  Norme  tecniche  di
attuazione (NTA) del PPR. 
    Sarebbero violati l'art. 3 dello statuto speciale, gli artt. 9  e
117,  commi  primo,  in  relazione  alla  Convenzione   europea   sul
paesaggio, e secondo, lettera s),  Cost.  e  il  principio  di  leale
collaborazione. 
    1.24.-  Il  ricorrente  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale anche dell'art. 27 della legge reg. Sardegna n. 1  del
2021,  che  disciplina  gli  interventi  ammissibili  nella  fase  di
adeguamento  degli  strumenti  urbanistici  al  PPR,  in  riferimento
all'art. 3 dello statuto speciale,  all'art.  117,  commi  primo,  in
relazione alla Convenzione europea sul paesaggio, e secondo,  lettera
s), Cost. e al principio di leale collaborazione. 
    La disciplina impugnata confliggerebbe con i parametri  statutari
e costituzionali richiamati, in quanto  introdurrebbe  una  ulteriore
deroga agli obblighi di adeguamento al PPR. 
    1.25.- E' impugnato, poi, l'art. 28, commi 1  e  3,  della  legge
reg.  Sardegna  n.  1  del  2021,  che   detta   una   normativa   di
interpretazione autentica del PPR e delle relative NTA  con  riguardo
alla disciplina delle zone umide, bene oggetto  di  peculiare  tutela
nel PPR. 
    In contrasto con gli artt. 3 e 9 Cost., il legislatore  regionale
sarebbe  intervenuto  arbitrariamente   a   «diminuire   la   portata
applicativa della disciplina di tutela riferibile alle  zone  umide»,
senza  attribuire  alla  disposizione  oggetto   di   interpretazione
autentica un significato compatibile con una delle letture del  testo
originario. 
    Sarebbero violati, inoltre, l'art. 3 dello statuto speciale,  gli
artt. 9 e 117, commi primo, in relazione alla Convenzione europea sul
paesaggio, e secondo, lettera s), Cost.,  e  il  principio  di  leale
collaborazione,  che  si  esprime  nell'obbligo   di   pianificazione
congiunta. 
    1.26.- Il ricorrente impugna, da  ultimo,  l'art.  30,  comma  2,
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, nella parte in  cui  dispone
la prevalenza delle disposizioni della medesima  legge  regionale  su
quelle del piano paesaggistico. 
    La previsione contrasterebbe con gli artt. 9 e 117, commi  primo,
in relazione alla  Convenzione  europea  sul  paesaggio,  e  secondo,
lettera s), Cost. e con l'art. 3 dello statuto  speciale,  in  quanto
eccederebbe  la  potesta'  regionale  e  invaderebbe  la   competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato  nella  materia   della   tutela
dell'ambiente. 
    La disposizione contrasterebbe anche con gli artt. 3 e 97  Cost.,
perche' irragionevole, e violerebbe, infine, il  principio  di  leale
collaborazione con lo Stato. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la  Regione  autonoma  Sardegna,
con atto depositato il 22 aprile 2021, e  ha  chiesto  di  dichiarare
improcedibili, inammissibili, irricevibili o comunque non fondate  le
questioni di legittimita' costituzionale promosse dal Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    2.1.- La parte resistente ha formulato due eccezioni preliminari. 
    2.1.1.- Il ricorso sarebbe irricevibile, in quanto sarebbe  stato
predisposto domenica 21 marzo 2021, oltre  i  sessanta  giorni  dalla
pubblicazione  della  legge  regionale   (19   gennaio   2021).   Ne'
rileverebbe, secondo  la  Regione  autonoma  Sardegna,  la  possibile
proroga al successivo lunedi' 22 marzo  2021,  che  riguarda,  a  suo
avviso, i termini per la notificazione di un ricorso  che  sia  stato
tempestivamente redatto. 
    2.1.2.- In secondo luogo, il ricorso  sarebbe  inammissibile  per
l'inadeguata considerazione della potesta'  legislativa  che  compete
alla  Regione  autonoma  Sardegna  nella  materia   dell'edilizia   e
dell'urbanistica,  con   riguardo   anche   a   profili   di   tutela
paesistico-ambientale. 
    2.2.- Nel  merito,  le  questioni  promosse  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri non sarebbero comunque fondate. 
    Il ricorrente non terrebbe alcun conto della potesta' legislativa
che spetta alla Regione autonoma Sardegna in materia  di  tutela  del
paesaggio e, in particolare, di redazione e  approvazione  dei  piani
paesaggistici. 
    Il vincolo della copianificazione, a  tutto  concedere,  potrebbe
riguardare unicamente i beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma
1, lettere b), c) e d), del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    Poste tali premesse, la difesa regionale ha confutato  i  singoli
motivi di censura, con argomentazioni  ribadite  e  sviluppate  nella
memoria illustrativa depositata in vista dell'udienza pubblica. 
    2.2.1.- Le doglianze sull'art. 1 della legge reg. Sardegna  n.  1
del 2021 non sarebbero fondate. 
    La Regione autonoma Sardegna sarebbe legittimata a disciplinare i
territori agricoli, che non costituiscono beni paesaggistici,  e  non
sarebbe vincolata dalle prescrizioni del Ministro dei lavori pubblici
2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densita' edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti  massimi  tra  spazi
destinati  agli  insediamenti  residenziali  e  produttivi  e   spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare ai fini della formazione dei  nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della legge 6 agosto 1967, n. 765). 
    2.2.2.- Non sarebbero ne'  ammissibili  ne'  fondate  le  censure
riguardanti l'art. 2 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    La  disposizione  in  esame  inciderebbe  su   una   disposizione
preesistente, l'art. 26-bis della legge reg. Sardegna n. 8 del  2015,
non impugnata dallo Stato. 
    Nel  merito,  la  difesa  regionale  osserva  che  la  previsione
riguarda le zone agricole, sottratte  all'obbligo  di  pianificazione
congiunta. 
    L'impugnato art. 2 della  legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021
sarebbe esercizio della «potesta'  legislativa  esclusiva»  spettante
nella materia  dell'edilizia  e  dell'urbanistica  e  non  recherebbe
alcuna  deroga  all'art.  15  t.u.   edilizia,   che   peraltro   non
rappresenterebbe   una   norma   fondamentale   di   grande   riforma
economico-sociale. 
    Il legislatore regionale consentirebbe  unicamente  l'ultimazione
di edifici legittimamente realizzati,  nel  rispetto  degli  standard
urbanistici vigenti per le zone agricole. Sarebbero escluse  le  aree
contraddistinte da pericolosita' idraulica o da frana elevata o molto
elevata, o gravate da un vincolo di inedificabilita' assoluta. 
    2.2.3.- Sarebbero inammissibili, in quanto generiche, le  censure
sull'art. 3 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Le questioni non sarebbero comunque fondate, in quanto  la  legge
regionale  ben  potrebbe  intervenire  sulla  disciplina  delle  aree
agricole e avrebbe rafforzato la tutela paesaggistica. 
    2.2.4.- Le censure proposte con riguardo  all'art.  4,  comma  1,
lettere a), b), c), numeri 1) e 2), g), h) e  i),  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021 sarebbero tardive,  in  quanto  le  previsioni
impugnate si limiterebbero  a  incrementare  in  misura  trascurabile
premialita' volumetriche gia' previste. 
    Ancora,  le  censure  sarebbero  inammissibili,  in   quanto   il
ricorrente non avrebbe indicato le previsioni del piano paesaggistico
violate dalle disposizioni in esame. 
    Ad ogni modo, le questioni non sarebbero fondate. 
    La Regione autonoma Sardegna ben potrebbe legiferare sulla fascia
costiera, senza alcuna  concertazione  con  lo  Stato.  Nel  caso  di
specie, non si tratterebbe di nuove costruzioni in aree  inedificate,
vietate dal piano paesaggistico, ma  dell'incremento  volumetrico  di
costruzioni preesistenti. 
    Non vi sarebbe alcuna  deroga  rispetto  all'obbligo  di  munirsi
dell'autorizzazione   paesaggistica   per    la    realizzazione    o
l'ampliamento di verande coperte. 
    Sarebbe  poi  consentito  alla  legge  regionale  derogare   alla
pianificazione comunale. 
    2.2.5.- Sarebbero inammissibili le censure riguardanti l'art.  5,
comma 1, lettere b) e i), della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, in
quanto tardive e  generiche.  Gli  incrementi  volumetrici  sarebbero
stati gia' previsti dalla disciplina previgente e il  ricorrente  non
avrebbe  comunque  illustrato  in  maniera  adeguata  le  ragioni  di
contrasto con i parametri costituzionali e statutari evocati. 
    Le censure sarebbero in ogni  caso  non  fondate,  in  quanto  il
legislatore  regionale  ben  potrebbe  intervenire  a  modificare  la
disciplina della fascia costiera e non vi sarebbe alcuna deroga  alla
necessita'    di    ottenere     preventivamente     l'autorizzazione
paesaggistica. 
    2.2.6.- Le censure mosse con riguardo all'art. 6 della legge reg.
Sardegna n. 1 del 2021 sarebbero in  primo  luogo  inammissibili,  in
quanto il ricorrente  non  avrebbe  motivato  i  dedotti  profili  di
illegittimita' costituzionale. 
    Le censure non sarebbero comunque fondate, poiche' il legislatore
regionale si limiterebbe  a  consentire  circoscritti  interventi  di
manutenzione  ordinaria  o  straordinaria,  senza  esonerare  chi  li
realizzi dall'obbligo  di  ottenere  l'autorizzazione  paesaggistica,
quando sia necessaria. Nessuna prescrizione del  piano  paesaggistico
vieterebbe gli interventi in esame, volti a  ridurre  il  consumo  di
suolo. 
    2.2.7.- Non avrebbe alcun fondamento neppure il motivo di ricorso
riguardante l'art. 7 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Sarebbe imprescindibile il rispetto delle norme di attuazione del
piano di assetto idrogeologico e, quando gli interventi insistano  su
contesti tutelati,  sarebbe  necessario  richiedere  l'autorizzazione
paesaggistica. 
    Quanto  all'eventuale  chiusura  di  superfici  aperte,  non   si
profilerebbe alcun rischio di stravolgimento visivo. 
    2.2.8.- Anche il motivo di ricorso avverso l'art. 8  della  legge
reg. Sardegna n. 1 del 2021 non sarebbe fondato. 
    La previsione in esame  consentirebbe  solo  «lievi  scostamenti»
rispetto agli standard urbanistici e non  contrasterebbe  con  l'art.
41-quinquies della legge n. 1150 del 1942,  che  impone  soltanto  di
disciplinare per zone territoriali omogenee i rapporti di densita'  e
altezza e i volumi. 
    Sarebbero inammissibili, in quanto tardive,  le  censure  rivolte
contro l'art. 33, comma 4, della legge reg. Sardegna n. 8  del  2015.
La disposizione in oggetto sarebbe preesistente e non  sarebbe  stata
modificata dalla legge regionale oggi impugnata. 
    2.2.9.- Quanto all'art. 9, comma 1, lettera b), della legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, sarebbero inammissibili, in quanto generiche,
le censure  sulla  possibilita'  di  riqualificazione  degli  edifici
meritevoli di recupero individuati nel piano urbanistico comunale. 
    Le doglianze del ricorrente non sarebbero  comunque  fondate,  in
quanto il legislatore regionale  avrebbe  il  potere  di  intervenire
sulla disciplina dei centri di antica e prima formazione. 
    2.2.10.- Neanche sarebbero fondate le censure riguardanti  l'art.
11, comma 1, lettere a), b), d),  f),  g)  e  h),  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021. 
    La legislazione  statale  sul  "Piano  casa"  non  vieterebbe  di
computare i volumi condonati. 
    Dalla previsione  impugnata  non  deriverebbe  alcun  ampliamento
volumetrico in deroga alla pianificazione paesaggistica e comunque la
Regione  autonoma  Sardegna  ben  potrebbe  intervenire  anche  sulla
disciplina del paesaggio. 
    Peraltro, tale censura sarebbe  formulata  in  termini  meramente
assertivi e sarebbe dunque inammissibile. 
    2.2.11.- Le doglianze sull'art. 12 della legge reg. Sardegna n. 1
del 2021 sarebbero inammissibili, in quanto  tardive.  Le  previsioni
impugnate si limiterebbero ad  apportare  innovazioni  «di  carattere
minimale» a una normativa preesistente. 
    Le doglianze non sarebbero comunque fondate. 
    Il legislatore regionale  avrebbe  favorito  «la  liberazione  di
contesti   paesaggisticamente   tutelati»,   senza   arrecare   alcun
pregiudizio al paesaggio. 
    2.2.12.- La parte resistente contesta la fondatezza  anche  delle
censure rivolte all'art. 13 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    La  norma  presupporrebbe   l'esistenza   della   volumetria   da
trasferire  e  sarebbe,  pertanto,  meramente  ricognitiva.  Essa  si
limiterebbe ad attribuire una volumetria premiale e non violerebbe la
disciplina in tema di paesaggio. 
    2.2.13.- Le  censure  riguardanti  l'art.  14  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021 sarebbero inammissibili,  in  quanto  tardive.
Esse riguarderebbero mere specificazioni di previsioni preesistenti e
non impugnate. 
    Le questioni  promosse  dal  ricorrente  non  sarebbero  comunque
fondate, in quanto non sarebbero violate ne' le prescrizioni edilizie
ne' quelle poste a tutela del paesaggio. 
    2.2.14.-  Non  sarebbero  fondate   nemmeno   le   questioni   di
legittimita' costituzionale promosse con riguardo all'art. 15,  comma
1, lettera c), della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    La Regione autonoma Sardegna potrebbe intervenire a modificare la
disciplina dei centri di antica  e  prima  formazione  e  delle  zone
agricole,  senza  alcun  obbligo  di  pianificazione  congiunta,   e,
peraltro, nel caso di  specie,  i  Comuni  dovrebbero  verificare  la
conformita' al piano paesaggistico regionale. 
    2.2.15.- Le censure formulate  con  riguardo  all'art.  16  della
legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 sarebbero inammissibili, in  quanto
generiche, e comunque prive  di  fondamento.  Non  vi  sarebbe  alcun
contrasto con le prescrizioni del PPR. 
    2.2.16.- Sarebbero inammissibili, in quanto generiche, le censure
rivolte all'art. 17 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Esse non sarebbero comunque fondate. 
    La normativa statale sul "Piano  casa"  non  presenterebbe  alcun
carattere di temporaneita'. 
    Le previsioni impugnate,  inoltre,  non  determinerebbero  alcuna
sanatoria e sarebbero state  dettate  nell'esercizio  della  potesta'
legislativa esclusiva nella materia dell'urbanistica e dell'edilizia. 
    2.2.17.- Non sarebbero fondate neppure le  doglianze  riguardanti
l'art. 18 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, espressione  delle
«attribuzioni statutarie» della Regione autonoma Sardegna. 
    2.2.18.- Egualmente non fondato  sarebbe  il  motivo  di  ricorso
avverso l'art. 19 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    La disposizione impugnata  si  limiterebbe  a  "implementare"  le
norme  di  favore  contenute  nell'art.  34-bis  t.u.  edilizia,  che
comunque   non   rappresenterebbero   norme   di    grande    riforma
economico-sociale, e sarebbe coerente con la tutela di un affidamento
qualificato, che non deriva dal mero decorso del tempo. 
    2.2.19.- Quanto all'impugnativa dell'art.  21  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, la parte resistente  nega  che  il  requisito
della "doppia conformita'"  rientri  tra  i  principi  «generalissimi
dell'ordinamento»,  vincolanti  anche  per  la  potesta'  legislativa
dell'autonomia speciale. 
    2.2.20.- Le doglianze  relative  all'art.  23  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021 sarebbero inammissibili,  in  quanto  tardive.
Neppure le disposizioni previgenti e non impugnate richiederebbero la
conformita' al PPR. 
    Le doglianze non  sarebbero  comunque  fondate,  poiche'  non  vi
sarebbe alcuna violazione della disciplina a tutela del paesaggio. 
    2.2.21.- Le  censure  riguardanti  l'art.  24  della  legge  reg.
Sardegna  n.  1  del  2021   sarebbero   inammissibili,   in   quanto
indeterminate. 
    Le censure non sarebbero comunque fondate, perche' la  disciplina
impugnata  sarebbe  espressione  della  potesta'  legislativa   della
Regione autonoma Sardegna attribuita dall'art. 3, lettera  f),  dello
statuto speciale. 
    2.2.22.- L'art. 25, comma 1,  primo  periodo,  della  legge  reg.
Sardegna  n.  1  del  2021  riguarderebbe  il  dimensionamento  delle
volumetrie dei futuri strumenti urbanistici, assoggettati all'obbligo
di rispettare il PPR, e non recherebbe alcun pregiudizio  ai  diritti
quesiti. 
    Le censure sarebbero dunque non fondate, in quanto la  previsione
non violerebbe ne' l'obbligo di copianificazione ne' il principio  di
ragionevolezza. 
    2.2.23.-  Non  sarebbe  fondato  neppure  il  motivo  di  ricorso
riguardante l'art. 26 della  legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021,
poiche' tale previsione non inciderebbe su beni paesaggistici  e  non
violerebbe, dunque, alcun obbligo di pianificazione congiunta. 
    2.2.24.- Nel contestare  la  fondatezza  del  motivo  di  ricorso
relativo all'art. 27 della legge reg. Sardegna  n.  1  del  2021,  la
difesa regionale, per un verso, giustifica  l'ulteriore  deroga  alla
pianificazione paesaggistica con i costi procedurali e di istruttoria
dell'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali  e,  per  altro
verso,  esclude  la   violazione   dell'obbligo   di   pianificazione
condivisa. 
    2.2.25.- La parte resistente ritiene infondato anche il motivo di
ricorso riguardante l'art. 28, commi 1 e 3, della legge reg. Sardegna
n. 1 del 2021. 
    Tale previsione, lungi dal ridurre la  tutela  paesaggistica,  la
estenderebbe anche alla fascia di rispetto dei 300 metri  dalle  zone
umide. 
    2.2.26.- Non sarebbe fondato neppure l'ultimo motivo di  ricorso,
riguardante l'art. 30, comma 2, della legge reg. Sardegna  n.  1  del
2021. 
    Si tratterebbe di  una  previsione  meramente  riassuntiva  delle
disposizioni della legge reg.  Sardegna  n.  1  del  2021  e  sarebbe
pertanto, al pari di queste, espressione della  potesta'  legislativa
regionale nella materia dell'urbanistica e dell'edilizia,  oltre  che
del paesaggio. 
    3.- All'udienza pubblica del 24 novembre  2021,  le  parti  hanno
ribadito le conclusioni rassegnate nei rispettivi atti introduttivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  22  del
2021), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 1; 2; 3; 4, comma 1,  lettere
a), b), c), numeri 1) e 2), g), h) e i); 5, comma 1, lettere b) e i);
6; 7; 8; 9, comma 1, lettera b); 11, comma 1, lettere a), b), d), f),
g) e h); 12; 13; 14; 15, comma 1, lettera c); 16; 17; 18; 19; 21; 23;
24; 25, comma 1, primo periodo; 26; 27; 28, commi 1 e 3; e 30,  comma
2,  della  legge  della  Regione  Sardegna  18  gennaio  2021,  n.  1
(Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed  il  recupero  del
patrimonio  edilizio  esistente  ed  in  materia   di   governo   del
territorio. Misure  straordinarie  urgenti  e  modifiche  alle  leggi
regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n.  16  del
2017). 
    1.1.- Un  primo  gruppo  di  disposizioni  e'  censurato  per  il
contrasto con le  prescrizioni  statali  in  materia  di  edilizia  e
urbanistica, che  si  configurerebbero  come  norme  fondamentali  di
riforma economico-sociale e  rappresenterebbero,  dunque,  un  limite
alla competenza primaria  che  l'art.  3,  lettera  f),  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna), attribuisce alla Regione nella citata materia. 
    1.2.- Un secondo gruppo di disposizioni e', invece, censurato per
violazione della sfera di competenza statale in materia di tutela del
paesaggio  e  dell'ambiente,  sul  presupposto  che  il   legislatore
regionale abbia derogato alle prescrizioni del piano paesaggistico. 
    1.3.- Accanto alle citate censure, il ricorrente evoca  anche  la
violazione di altri principi costituzionali e,  in  particolare,  del
canone di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione),  e  l'invasione
di altre sfere di competenza  statale,  come  quelle  in  materia  di
ordinamento civile e penale (art.  117,  secondo  comma,  lettera  l,
Cost.) e di determinazione dei livelli essenziali  delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo  comma,  lettera  m,
Cost.). 
    2.- Occorre esaminare, in primo luogo, le  eccezioni  preliminari
formulate dalla parte resistente, che precluderebbero,  per  tutti  i
motivi di ricorso, la disamina del merito. 
    2.1.- La Regione autonoma Sardegna ha eccepito la tardivita' e la
conseguente irricevibilita' del ricorso. 
    2.1.1.- La legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 e' stata  pubblicata
il 19 gennaio 2021 nel Bollettino Ufficiale  della  Regione  autonoma
della  Sardegna  (BURAS)  n.  5.  Secondo  la   resistente,   sarebbe
ininfluente la sua ulteriore pubblicazione sul  BURAS  n.  6  del  21
gennaio  2021,  volta  a  porre  rimedio   all'omessa   pubblicazione
dell'art. 22. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto  proporre
ricorso nei successivi sessanta giorni e,  dunque,  entro  sabato  20
marzo 2021. Il ricorso, per contro, risulterebbe redatto domenica  21
marzo 2021. 
    Solo l'adempimento della notifica del ricorso sarebbe prorogato a
lunedi' 22 marzo 2021, primo giorno non festivo utile. Alla  proroga,
cioe', sarebbe estraneo il termine per la proposizione  del  ricorso,
stabilito direttamente dalla Costituzione e inderogabile. 
    2.1.2.- L'eccezione non puo' essere accolta. 
    L'art. 127, primo comma, Cost. prevede  che  il  Governo,  quando
ritenga che una legge ecceda  la  competenza  della  Regione,  «entro
sessanta giorni  dalla  sua  pubblicazione»  possa  proporre  ricorso
dinanzi a questa Corte. 
    Tale regola e' ribadita dall'art. 31, comma  2,  della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale). 
    La difesa regionale identifica la proposizione del ricorso  nella
sua  redazione  e  scinde  tale  fase  da  quella  della   successiva
notificazione, che reputa irrilevante  ai  fini  dell'osservanza  del
termine di legge. 
    Tali argomenti non possono essere condivisi. 
    L'elaborazione  del  ricorso  a  cura  della  difesa  tecnica  e'
un'attivita' priva di ogni rilevanza  esterna.  La  proposizione  del
ricorso, valorizzata sia dal dettato costituzionale sia  dalla  legge
n. 87 del 1953, si identifica nella sua notificazione ed e'  rispetto
a tale notificazione, da cui dipendono  l'esercizio  del  diritto  di
difesa  della   controparte   e   il   successivo   dispiegarsi   del
contraddittorio, che occorre valutare  la  tempestivita'  dell'editio
actionis. 
    L'art. 31, comma 3, della legge n. 87 del 1953 fuga ogni dubbio a
tale  riguardo,  nel  disporre  che  la  questione  di   legittimita'
costituzionale sia «sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Citta' e autonomie
locali, dal Presidente del Consiglio dei  ministri  mediante  ricorso
diretto alla Corte  costituzionale  e  notificato,  entro  i  termini
previsti  dal  presente  articolo,   al   Presidente   della   Giunta
regionale». 
    Ai  fini  della  valutazione  della  tempestivita'  dell'atto  di
impugnazione, la legge annette rilievo alla notificazione  e  non  fa
menzione alcuna dell'attivita' prodromica di redazione  del  ricorso.
Anche per la successiva attivita' di deposito,  la  legge  mostra  di
avere riguardo alla sola notificazione. 
    Tale  quadro  e'  coerente  con  le  specificazioni  delle  Norme
integrative per i giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale  che,
all'art. 19, nel testo vigente ratione temporis, menzionano  la  sola
notificazione del ricorso. 
    Si deve ritenere, pertanto,  che  il  ricorso  avverso  la  legge
regionale  pubblicata  il  19  gennaio  2021   sia   stato   proposto
tempestivamente lunedi' 22 marzo 2021. Il termine di sessanta giorni,
destinato a scadere sabato 20 marzo  2021,  infatti,  si  proroga  di
diritto al successivo 22 marzo 2021, in base  alle  regole  stabilite
dall'art. 52, commi 3 e  5,  dell'Allegato  1  (codice  del  processo
amministrativo)  al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), e applicabili ai giudizi dinanzi a questa  Corte  in
virtu' dell'art. 22, comma 1, della legge n. 87 del 1953. 
    2.2.- Ad avviso della parte resistente, il  ricorso  sarebbe  nel
suo complesso inammissibile,  in  quanto  non  terrebbe  conto  della
potesta' legislativa che spetta alla Regione autonoma Sardegna  nella
materia  dell'edilizia  e  dell'urbanistica  in  forza  dell'art.  3,
lettera f), dello statuto speciale. 
    2.2.1.- Alla Regione autonoma  Sardegna  -  argomenta  la  difesa
regionale - spetterebbe una «potesta'  legislativa  esclusiva»  nella
materia dell'urbanistica e della tutela del paesaggio. 
    Quanto ai parametri evocati nel  ricorso,  sarebbe  improprio  il
richiamo all'art. 9 Cost., che non  sarebbe  una  regola  di  riparto
delle competenze, e all'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,
che non si applicherebbe alle Regioni a statuto speciale. 
    Generico sarebbe anche il riferimento  alla  Convenzione  europea
sul paesaggio, adottata a Strasburgo dal Comitato  dei  ministri  del
Consiglio d'Europa il 19 luglio 2000 e ratificata  con  legge  del  9
gennaio 2006, n. 14. 
    Neppure  sarebbe   pertinente   il   richiamo   alla   competenza
legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera m), Cost. 
    La  parte  resistente  evidenzia,   infine,   che   molte   delle
disposizioni menzionate nel ricorso non potrebbero essere qualificate
come  norme  fondamentali  di   riforma   economico-sociale   e   non
potrebbero, pertanto, vincolare la potesta' legislativa della Regione
autonoma Sardegna. 
    A ulteriore supporto dell'eccezione, infine, si argomenta che non
sarebbero state impugnate altre leggi di Regioni a statuto  ordinario
dal contenuto analogo. 
    2.2.2.- Neppure tali eccezioni possono essere accolte. 
    E' ininfluente in punto di ammissibilita' la circostanza che  non
siano state impugnate leggi di Regioni a statuto ordinario contenenti
una disciplina per molti versi  assimilabile  a  quella  oggetto  del
presente giudizio. L'ammissibilita' dell'impugnazione, in termini  di
tempestivita' e  di  sussistenza  dell'interesse  a  ricorrere,  deve
essere valutata in relazione alle singole leggi adottate. Come questa
Corte ha affermato in altre  occasioni,  l'acquiescenza  rispetto  ad
altre  leggi  regionali  non  milita  a  favore  della   legittimita'
costituzionale delle disposizioni impugnate (sentenza n. 87 del 2019,
punto 4.1.2. del Considerato in diritto). 
    Quanto alla citata Convenzione europea  sul  paesaggio,  essa  e'
stata menzionata al fine di  corroborare  le  censure  di  violazione
dell'art. 9 Cost. 
    Precetto,  quest'ultimo,  richiamato  non  tanto   per   le   sue
implicazioni  sulla  distribuzione  delle  competenze  tra  Stato   e
Regioni,  ma  per  il  valore  primario  che  la  Carta  fondamentale
attribuisce alla tutela del paesaggio. 
    Nel  proporre  le  questioni,  il  ricorrente   ha   puntualmente
analizzato la potesta' legislativa che alla Regione autonoma Sardegna
spetta in  forza  dello  statuto  speciale  e  ha  ritenuto  che,  in
concreto, i limiti di tale potesta' siano stati travalicati. 
    Se tale assunto sia fondato, e' profilo  che  investe  il  merito
delle questioni, cosi' come attiene al merito  la  qualificazione  in
termini di norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale  delle
previsioni statali citate nel ricorso. 
    Quanto alla competenza legislativa esclusiva dello Stato  di  cui
all'art. 117, secondo  comma,  lettere  m)  ed  s),  Cost.,  essa  e'
richiamata al solo scopo di indicare sfere di competenza  che,  anche
nell'ambito dello statuto speciale, esulano dalle attribuzioni  della
Regione. 
    2.3.- Respinte,  dunque,  le  eccezioni  preliminari  concernenti
l'intero ricorso, le specifiche eccezioni di inammissibilita', che la
difesa regionale ha di volta in volta articolato  quanto  ai  singoli
motivi proposti, saranno esaminate in relazione ad essi. 
    3.- Nello  scrutinio  delle  odierne  questioni  di  legittimita'
costituzionale,  si  analizzeranno,  in  primo  luogo,   quelle   che
attengono,  in  misura  preponderante,  alla  normativa  edilizia   e
urbanistica. 
    Il sindacato di questa Corte non puo' che prendere le mosse dalla
normativa statutaria, che riveste rilievo essenziale nel definire  le
competenze della Regione autonoma Sardegna. 
    L'art. 3, lettera f), dello statuto speciale assegna alla Regione
la  potesta'  legislativa  primaria  nella   materia   «edilizia   ed
urbanistica». Fra i limiti generali che  tale  potesta'  incontra  si
annovera  il   rispetto   delle   norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale stabilite dal legislatore statale  nella  specifica
materia. 
    3.1.- A tali norme  devono  essere  anzitutto  ricondotte  -  nei
limiti e per i motivi che saranno  illustrati  -  le  previsioni  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  6  giugno  2001,  n.  380,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia edilizia. (Testo A)». Delle norme fondamentali di  riforma
economico-sociale le disposizioni del d.P.R. n. 380 del  2001  (d'ora
in avanti anche: t.u. edilizia) menzionate dal ricorrente condividono
le caratteristiche  salienti,  che  questa  Corte  ha  enucleato  nel
contenuto riformatore e nell'attinenza a settori o  beni  della  vita
economico-sociale di rilevante importanza (fra le molte, sentenza  n.
198 del 2018, punto 6.2.2. del Considerato in diritto). 
    3.2.- Nell'esercizio  della  competenza  primaria  nella  materia
edilizia e urbanistica, la Regione autonoma Sardegna  incontra  anche
il significativo limite  della  tutela  ambientale,  garantita  dalla
normativa  statale  e  realizzata  con   la   redazione   dei   piani
paesaggistici. 
    E' alla luce di  tali  principi  che  si  deve  ora  vagliare  la
normativa impugnata. 
    4.- Alla disciplina in materia di edilizia deve essere ricondotto
l'art. 2 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che modifica l'art.
26-bis, comma 4, della legge della Regione Sardegna 23  aprile  2015,
n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di  disposizioni  in
materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio
edilizio), e proroga al 31 dicembre 2023 l'originario termine del  31
dicembre 2020. 
    4.1.- L'art. 26-bis della legge reg.  Sardegna  n.  8  del  2015,
modificato  dalla  previsione  impugnata,  persegue  l'obiettivo   di
«superare le situazioni di degrado legate alla presenza,  all'interno
delle  zone  urbanistiche  omogenee  agricole,  di  costruzioni   non
ultimate e prive di carattere compiuto» e, in tale contesto, consente
«il  completamento  degli  edifici,   le   cui   opere   sono   state
legittimamente avviate e il  cui  titolo  abilitativo  e'  scaduto  o
dichiarato  decaduto  e  non  puo'   essere   rinnovato   a   seguito
dell'entrata in vigore di contrastanti disposizioni» (comma 1). 
    Il completamento e' consentito a condizione che gli edifici:  «a)
siano per la parte realizzata conformi al progetto  approvato,  salva
la possibilita' di  regolarizzazione  delle  varianti  classificabili
come in corso d'opera o di  ripristino  delle  originarie  condizioni
progettuali;  b)  siano  completati,  anche  se  privi   della   sola
copertura, nell'ossatura strutturale, o nelle murature  nel  caso  di
edifici in muratura portante; c) non ricadano in aree dichiarate,  ai
sensi del vigente Piano  stralcio  per  l'assetto  idrogeologico  del
bacino  unico  regionale  (PAI),  da  strumenti   di   pianificazione
regionale o comunale, di  pericolosita'  idraulica  elevata  o  molto
elevata (Hi3 - Hi4) e di  pericolosita'  da  frana  elevata  o  molto
elevata (Hg3 - Hg4); d) non  ricadano  in  aree  di  inedificabilita'
assoluta   cosi'   qualificate   da   disposizioni   legislative    e
regolamentari  statali  e  regionali;  e)  rispettino   i   parametri
individuati dal decreto del Presidente della Giunta regionale n.  228
del 1994» (comma 2). 
    Il completamento e'  limitato  ai  «lavori  necessari  a  rendere
finito  e  agibile  l'edificio  nella  consistenza   volumetrica   da
realizzare, anche se inferiore a quella di progetto» (comma 3). 
    L'art. 26-bis, comma 4, primo periodo, della legge reg.  Sardegna
n. 8 del 2015, precisa che il completamento e' soggetto a permesso di
costruire, che va richiesto a pena di decadenza entro il termine oggi
individuato - in base alla disposizione impugnata - nel  31  dicembre
2023. Il permesso  di  costruire  e'  subordinato  «al  rispetto  dei
requisiti tecnici e all'acquisizione degli eventuali atti di  assenso
relativi  a  vincoli  paesaggistici,  idrogeologici,  ambientali,  di
tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico e dalle altre
normative di settore, previsti dalla normativa vigente all'atto della
presentazione della nuova istanza» (comma 4, secondo periodo). 
    4.2.- Il  ricorrente  censura  la  violazione  dei  limiti  posti
dall'art. 3 dello statuto speciale alla  potesta'  legislativa  della
Regione autonoma Sardegna e, in particolare, del limite  delle  norme
fondamentali di riforma economico-sociale. 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la  disposizione   impugnata,   nel
rinnovare una disciplina derogatoria scaduta  il  31  dicembre  2020,
consentirebbe nelle zone agricole  il  completamento  di  costruzioni
«nei casi in cui non sarebbe possibile ottenere il rinnovo del titolo
edilizio ormai divenuto  inefficace,  a  causa  di  una  sopravvenuta
disciplina pianificatoria incompatibile». 
    La disciplina in esame, nel prolungare il termine entro il  quale
e' possibile avvalersi di «titoli decaduti anche da lungo tempo»,  si
porrebbe   in   contrasto   con   le   norme   di   grande    riforma
economico-sociale contenute nell'art. 15 del d.P.R. n. 380 del  2001,
che  commina  la  decadenza  del  titolo  edilizio  nell'ipotesi   di
superamento dei termini per l'ultimazione dei lavori e impone, per le
opere ancora da eseguire, il rilascio di un nuovo titolo. 
    Nel consentire il completamento, nelle zone agricole, di  edifici
incompatibili con l'attuale destinazione urbanistica,  la  previsione
in  esame  derogherebbe  anche  «al  principio   fondamentale   posto
dall'art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge n.  1150  del  1942
(attuato mediante il d.m. n. 1444 del 1968,  recepito  dalla  Regione
Sardegna con il D. A. n. 2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del  1994)»,
che suddivide il territorio comunale in zone  territoriali  omogenee,
allo scopo di garantirne un assetto  ordinato.  Sarebbero  consentiti
«interventi gravemente pregiudizievoli per il territorio»,  idonei  a
determinare  «un  aggravio  del   carico   urbanistico   nelle   aree
interessate», con  «esiti  arbitrari  e  irragionevoli».  Ai  Comuni,
difatti, sarebbe impedita la  doverosa  attivita'  di  rimessione  in
pristino. 
    L'impugnato art. 2 della  legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021
violerebbe anche l'art. 117, secondo comma,  lettera  m),  Cost.,  in
quanto  interverrebbe  ad  alterare  «i  livelli   essenziali   delle
prestazioni concernenti i diritti civili  dei  cittadini  che  devono
necessariamente  essere  garantiti  in  modo  uguale  su   tutto   il
territorio nazionale». 
    La disciplina in esame, inoltre, si  porrebbe  in  contrasto  con
l'art. 117,  commi  primo  e  secondo,  lettera  s),  Cost.,  poiche'
inciderebbe sulla pianificazione paesaggistica, con  invasione  della
competenza legislativa esclusiva dello Stato, «attuata dagli articoli
135, 143, 145 e 156 del codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,
dall'articolo 5, comma 11, del decreto legge n. 70 del 2011, e  dalla
legge n. 14 del 2006, di recepimento della  Convenzione  europea  sul
paesaggio».  Si  vanificherebbe   lo   scopo   della   pianificazione
paesaggistica, che tende a valutare le trasformazioni del  territorio
non «in modo parcellizzato», ma nell'ambito  di  una  «considerazione
complessiva del contesto tutelato specificamente demandata  al  piano
paesaggistico». 
    La disposizione impugnata, nell'intervenire in  modo  unilaterale
in spregio alla pianificazione congiunta, sarebbe lesiva, infine, del
principio di leale collaborazione. 
    4.3.-  Non  e'  fondata  l'eccezione  di  inammissibilita'  delle
questioni formulata dalla  parte  resistente  sul  presupposto  della
tardivita' dell'impugnazione. 
    E' irrilevante il fatto che la disciplina in esame si raccordi  a
una normativa previgente e  non  impugnata,  quale  quella  dell'art.
26-bis della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. Nel fissare un  nuovo
termine  di  vigenza  di  disposizioni  derogatorie,  la   previsione
impugnata, infatti, ha un  autonomo  effetto  lesivo,  il  che  fonda
l'interesse a ricorrere del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    4.4.- Le questioni possono essere dunque scrutinate nel merito. 
    Esse sono  fondate,  in  riferimento  all'art.  3  dello  statuto
speciale, per contrasto con l'art. 15 t.u. edilizia. 
    4.4.1.- Tale ultima disposizione disciplina l'efficacia temporale
e la decadenza del permesso di costruire. 
    Il permesso  di  costruire  decade  quando  i  lavori  non  siano
cominciati entro un termine, che non puo' essere superiore a un  anno
dal rilascio del titolo, o non siano ultimati entro  un  termine  che
non puo' superare i tre anni  dall'inizio  dei  lavori.  Prima  della
scadenza  del  termine,  puo'  essere  richiesta  una  proroga,   che
l'amministrazione accorda  con  provvedimento  motivato,  «per  fatti
sopravvenuti, estranei  alla  volonta'  del  titolare  del  permesso,
oppure in considerazione della mole dell'opera da  realizzare,  delle
sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficolta'
tecnico-esecutive  emerse  successivamente  all'inizio  dei   lavori,
ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui  finanziamento  sia
previsto in piu'  esercizi  finanziari»  (art.  15,  comma  2,  terzo
periodo, d.P.R. n. 380 del  2001).  La  proroga  e'  accordata  anche
«qualora  i  lavori  non  possano  essere  iniziati  o  conclusi  per
iniziative   dell'amministrazione   o   dell'autorita'    giudiziaria
rivelatesi poi infondate» (art. 15, comma 2-bis, d.P.R.  n.  380  del
2001). 
    Allorche' si intenda  realizzare  la  parte  dell'intervento  non
ultimata nel termine stabilito, e' necessario  richiedere  un  «nuovo
permesso per le opere ancora da eseguire, salvo  che  le  stesse  non
rientrino tra quelle realizzabili mediante  segnalazione  certificata
di inizio attivita'» (art. 15, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001). 
    Il legislatore statale, infine, prevede la decadenza del permesso
di costruire in conseguenza dell'entrata in vigore  «di  contrastanti
previsioni urbanistiche, salvo che i lavori  siano  gia'  iniziati  e
vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio»
(art. 15, comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001). 
    L'art.  15  t.u.  edilizia  riprende  e  adatta  quel  che   gia'
stabilivano il terzo, quarto e quinto comma dell'art. 4  della  legge
28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per la  edificabilita'  dei  suoli),  e
l'art. 31, undicesimo comma, della legge  17  agosto  1942,  n.  1150
(Legge urbanistica). Nel delimitare l'arco temporale di validita' dei
titoli edilizi, la normativa statale detta  standard  uniformi  e  si
rivela di cruciale importanza in un ordinato governo del  territorio,
che  non  puo'  tollerare  difformita'  tra  Regioni   con   riguardo
all'aspetto prioritario della  durata  e  dell'efficacia  dei  titoli
edilizi. 
    In questa prospettiva emerge il carattere di  norma  fondamentale
di  riforma  economico-sociale,  che,  in  quanto  tale,  vincola  la
potesta' legislativa primaria della Regione autonoma  Sardegna  nella
materia dell'edilizia e dell'urbanistica. 
    4.4.2.- La disposizione regionale impugnata consente  nelle  zone
agricole  il  completamento  delle  costruzioni,  che   puo'   essere
richiesto entro un termine ora prolungato fino al 31  dicembre  2023,
anche quando il titolo abilitativo sia  decaduto  e  non  possa  piu'
essere rinnovato in seguito all'entrata  in  vigore  di  contrastanti
disposizioni. 
    Sussiste la lamentata difformita' dalla normativa  statale,  che,
nel  caso  dell'entrata  in   vigore   di   contrastanti   previsioni
urbanistiche,  commina  la  decadenza  del  permesso  di   costruire,
decadenza che puo' essere evitata solo quando  i  lavori  siano  gia'
iniziati e risultino ultimati nel termine di tre anni dalla  data  di
inizio. 
    La normativa regionale, infatti, nel prolungare i termini entro i
quali e' possibile richiedere il permesso di costruire per completare
le costruzioni nelle  zone  agricole,  anche  quando  il  titolo  sia
decaduto  e  non  possa   essere   rinnovato,   deroga   in   maniera
indiscriminata alla decadenza  sancita  dalla  legislazione  statale,
senza richiedere le tassative condizioni individuate dal testo  unico
dell'edilizia. 
    4.4.3.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Restano assorbite le ulteriori censure formulate nel ricorso. 
    5.- Al medesimo nucleo tematico dell'edilizia e  dell'urbanistica
appartengono anche le censure relative all'art. 11, comma 1,  lettera
a), della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che modifica  l'art.  36
della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    5.1.- La citata lettera a)  interviene  sull'art.  36,  comma  2,
della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 e, nel sopprimere  la  parola
«non», fa si' che anche i volumi oggetto di  condono  edilizio  siano
computati  nella  determinazione  del  volume  urbanistico  al  quale
commisurare  l'incremento  volumetrico.   La   previsione   impugnata
sovvertirebbe il caposaldo della legislazione sul "Piano  casa",  che
vieta di considerare gli abusi edilizi ai fini  del  godimento  delle
premialita' volumetriche. 
    5.2.- Secondo il ricorrente, sarebbe, pertanto, violato l'art.  3
dello statuto speciale, in quanto la disciplina in esame, «pur se  in
ipotesi operando nell'alveo della competenza legislativa regionale in
materia  edilizia»,  confliggerebbe  con  le  norme  fondamentali  di
riforma economico-sociale  contenute  nell'art.  41-quinquies,  commi
ottavo  e  nono,  della  legge  17  agosto  1942,  n.   1150   (Legge
urbanistica), negli artt. 2-bis e 14 t.u. edilizia,  nell'intesa  sul
"Piano casa" del 2009, fondata  sulle  previsioni  dell'art.  11  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n.  133,  e
nell'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge 13 maggio 2011, n.
70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni  urgenti  per  l'economia),
convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio  2011,  n.  106.
Tali previsioni sarebbero perentorie nel vietare l'applicazione della
normativa di favore agli immobili condonati. 
    5.3.- Le questioni promosse con riguardo all'art.  11,  comma  1,
lettera a), della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 sono fondate,  in
riferimento all'art. 3 dello statuto speciale. 
    5.3.1.- Il 31 marzo 2009, Governo, Regioni ed enti  locali  hanno
stipulato un'intesa volta  a  favorire  iniziative  per  il  rilancio
dell'economia e  a  introdurre  incisive  misure  di  semplificazione
dell'attivita' edilizia. 
    Le Regioni  si  sono  impegnate  a  regolamentare  interventi  di
demolizione  e  ricostruzione   con   ampliamento   per   edifici   a
destinazione residenziale entro il limite  del  35  per  cento  della
volumetria esistente, con finalita' di miglioramento  della  qualita'
architettonica e dell'efficienza energetica. 
    L'intesa puntualizza  che  gli  interventi  edilizi  non  possono
riferirsi a edifici abusivi ovvero ubicati nei centri  storici  o  in
aree di inedificabilita' assoluta. 
    L'art. 5, comma 9, del d.l. n. 70 del 2011, nel tradurre in legge
dello Stato l'intesa raggiunta, affida alle  Regioni  il  compito  di
approvare leggi finalizzate a incentivare  la  razionalizzazione  del
patrimonio  edilizio  esistente,  a   promuovere   e   agevolare   la
riqualificazione di aree urbane degradate con  presenza  di  funzioni
eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti e di edifici  a
destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione  o  da
rilocalizzare, anche alla luce dell'esigenza di favorire lo  sviluppo
dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. 
    Tali  finalita'  possono   essere   perseguite   anche   mediante
l'approvazione di leggi che prevedano  interventi  di  demolizione  e
ricostruzione con il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva come
misura premiale, con la delocalizzazione  delle  volumetrie  in  aree
diverse, con le modifiche di destinazione d'uso (sempre che si tratti
di destinazioni tra  loro  compatibili  o  complementari)  e  con  le
modifiche della sagoma necessarie per l'armonizzazione architettonica
con gli organismi edilizi esistenti. 
    Tali interventi - precisa l'art. 5, comma 10, del d.l. n. 70  del
2011 - non possono riferirsi a edifici  abusivi  o  siti  nei  centri
storici o in aree di inedificabilita' assoluta, «con esclusione degli
edifici per i  quali  sia  stato  rilasciato  il  titolo  abilitativo
edilizio in sanatoria». 
    5.3.2.- E' la stessa previsione della legge statale a chiarire la
portata del divieto di beneficiare delle premialita' volumetriche con
riguardo agli immobili abusivi. Questo divieto non opera solo  quando
sia stato rilasciato il titolo edilizio in sanatoria. 
    Tale nozione  si  deve  interpretare  in  senso  restrittivo,  in
coerenza con la terminologia adoperata dal legislatore e con la ratio
della normativa in esame. 
    Il titolo in sanatoria, che rileva agli effetti della concessione
di premialita' volumetrica, differisce dal  condono  valorizzato  dal
legislatore regionale. 
    Mentre il condono ha per effetto la sanatoria non solo formale ma
anche sostanziale dell'abuso, a prescindere dalla  conformita'  delle
opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia (sentenza n.
50 del 2017, punto 5  del  Considerato  in  diritto),  il  titolo  in
sanatoria presuppone la conformita'  alla  disciplina  urbanistica  e
edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'immobile sia
al momento della presentazione della domanda  (sentenza  n.  107  del
2017, punto 7.2. del Considerato in diritto). 
    A favore dell'interpretazione  restrittiva  milita  il  carattere
generale del divieto di concessione di premialita'  volumetriche  per
gli  immobili  abusivi,  espressivo  della  scelta  fondamentale  del
legislatore statale di disconoscere vantaggi in caso di  abuso  e  di
derogare a tale principio in ipotesi tassative. 
    La disciplina  ricordata  configura  una  norma  fondamentale  di
riforma economico-sociale, come confermano l'ampiezza degli obiettivi
perseguiti,  l'incidenza  su  aspetti  qualificanti  della  normativa
edilizia e urbanistica  e  la  stessa  scelta  di  coinvolgere  anche
Regioni  ed  enti   locali   nel   definire   i   tratti   essenziali
dell'intervento riformatore. 
    Il legislatore regionale, nell'annettere rilievo anche ai  volumi
condonati, ha infranto il divieto contenuto in una prescrizione della
legge statale, idonea a vincolare la  potesta'  legislativa  primaria
della Regione autonoma  Sardegna  nella  materia  dell'urbanistica  e
dell'edilizia. 
    5.4.-   Si   deve    dichiarare,    pertanto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 11, comma 1, lettera a),  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021. 
    Restano assorbite le ulteriori censure formulate nel ricorso. 
    6.- E' impugnato l'art. 17 della legge reg.  Sardegna  n.  1  del
2021,  che  proroga  alcuni  termini  della  legislazione   regionale
attuativa del "Piano  casa",  contenuti  negli  artt.  34,  comma  1,
lettera b), 37, comma 1, e 41, comma 4, della legge reg. Sardegna  n.
8 del 2015. 
    6.1.-  Quanto  alle  proroghe  disposte   dal   comma   1,   esse
consentirebbero di eseguire alcuni  interventi  previsti  dal  "Piano
casa" fino all'inizio del 2021, estendendo di ulteriori sei  anni  il
termine iniziale, ancorato all'entrata in  vigore  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015. 
    Tale differimento contrasterebbe «con il carattere  straordinario
ed  eccezionale  della  normativa   del   piano   casa»   e   sarebbe
caratterizzato da  un'efficacia  retroattiva,  in  contrasto  con  il
divieto di sanatoria  ex  post  sancito  dall'art.  167  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137). 
    Quanto alle proroghe di cui al comma  2,  queste  consentirebbero
l'applicazione fino  al  31  dicembre  2023  delle  disposizioni  del
secondo "Piano casa" della Sardegna, prorogando  il  termine  del  31
dicembre 2020, gia' in precedenza prorogato e per  questo  denunciato
con altro ricorso. 
    6.2.- In base a tali considerazioni, il ricorrente  prospetta  la
violazione degli artt. 9, 117, commi primo  e  secondo,  lettera  s),
Cost., «rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli
135, 143, 145 e 156 del codice dei beni culturali e del paesaggio, la
legge n. 14 del 2006, di recepimento della  Convenzione  europea  sul
paesaggio, e l'articolo 5, comma 11, del  decreto  legge  n.  70  del
2011, per aver inciso in materia riservata alla competenza  esclusiva
dello Stato e per di piu' in modo difforme da impegni assunti in sede
internazionale». 
    La previsione impugnata sarebbe lesiva, inoltre,  del  canone  di
ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto la reiterata  proroga  della
disciplina del "Piano casa" e la proroga di un termine  gia'  scaduto
produrrebbero «esiti manifestamente arbitrari e irrazionali». 
    Sarebbe violato, altresi', l'art. 3 dello statuto speciale,  come
attuato con il decreto del  Presidente  della  Repubblica  22  maggio
1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale  della
regione autonoma della Sardegna), in  quanto,  «pur  nell'ipotesi  di
un'eventuale  competenza  regionale»,  la  disciplina  impugnata   si
porrebbe  in  contrasto  con  le  norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale contenute nell'art. 41-quinquies,  commi  ottavo  e
nono, della legge n. 1150  del  1942,  nell'art.  14  t.u.  edilizia,
nell'intesa sul "Piano casa" del 2009, fondata sull'art. 11 del  d.l.
n. 112 del 2008, e nell'art. 5, commi 9 e seguenti, del  d.l.  n.  70
del 2011. 
    Sarebbe violato, infine, il principio di leale collaborazione, in
quanto il legislatore regionale avrebbe «unilateralmente disposto  in
materia affidata alla co pianificazione». 
    6.3.- Occorre ricostruire  i  tratti  salienti  della  disciplina
impugnata, nelle  sue  interrelazioni  con  la  normativa  previgente
oggetto di proroga. 
    L'art. 17, comma 1, della legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021
differisce fino al 19 gennaio 2021 l'efficacia  temporale  di  alcune
disposizioni dettate dalla legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Si tratta, in primo luogo, dell'art. 34,  comma  1,  lettera  b),
della legge regionale citata,  che  non  ammette  gli  interventi  di
miglioramento  del  patrimonio  edilizio  esistente  «negli   edifici
completati successivamente alla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge, come risultante dalla comunicazione di fine lavori  o
da  perizia  giurata  di  un  tecnico  abilitato   che   attesti   il
completamento  dell'ingombro  volumetrico  con  realizzazione   delle
murature perimetrali e della copertura». 
    La proroga  riguarda,  in  secondo  luogo,  i  termini  stabiliti
dall'art. 41, comma 4, della legge reg. Sardegna n. 8 del  2015,  che
consente  l'attuazione  degli  interventi  localizzati   nelle   zone
urbanistiche omogenee C (di espansione residenziale), D (industriali,
commerciali e artigianali) e G (servizi generali), contigue al centro
urbano, e previsti nei piani attuativi adottati alla data di  entrata
in vigore della medesima  legge  reg.  Sardegna  n.  8  del  2015  in
attuazione dell'art. 13, comma  1,  lettera  b),  della  legge  della
Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n.  4  (Disposizioni  straordinarie
per il  sostegno  dell'economia  mediante  il  rilancio  del  settore
edilizio e per la promozione di interventi  e  programmi  di  valenza
strategica per lo sviluppo). 
    L'art. 17, comma 2, della legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021
differisce al 31 dicembre 2023  il  termine  del  31  dicembre  2020,
originariamente previsto dall'art. 37,  comma  1,  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015 per  l'efficacia  delle  disposizioni  dettate
dalla medesima legge regionale per il  miglioramento  del  patrimonio
edilizio esistente. 
    Il legislatore regionale stabilisce «conseguentemente» che  operi
«la reviviscenza» di tali disposizioni,  contenute  nel  Capo  I  del
Titolo II della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, che  avevano  gia'
cessato  di  operare  il  1°  gennaio   2021.   Nel   prevederne   la
«reviviscenza»,  il  legislatore  regionale  colma  cosi'   lo   iato
temporale tra il 1° gennaio 2021, data in  cui  le  previsioni  erano
divenute oramai inefficaci, e il 19 gennaio 2021, data di entrata  in
vigore della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che  ha  ripristinato
la disciplina fino al 31 dicembre 2023. 
    6.4.- La difesa regionale ha  eccepito  l'inammissibilita'  delle
questioni e, a tale riguardo, ha richiamato  la  sentenza  di  questa
Corte n. 170 del 2021, che  ha  dichiarato  l'inammissibilita'  delle
censure concernenti la legge della Regione Sardegna 24  giugno  2020,
n. 17 (Modifiche alla legge regionale n. 22 del 2019  in  materia  di
proroga di termini). 
    Tale  normativa  aveva  prorogato  fino  al  31   dicembre   2020
l'efficacia delle disposizioni della legge reg.  Sardegna  n.  8  del
2015 in tema di miglioramento del patrimonio edilizio esistente. 
    Nella pronuncia citata dalla difesa regionale, le questioni  sono
state dichiarate inammissibili, in quanto  il  ricorrente  non  aveva
approfondito  l'esame  della  normativa  oggetto  di   proroga,   dal
contenuto eterogeneo, e si era limitato a  richiamare  il  mero  dato
della proroga di precedenti disposizioni derogatorie, dato che questa
Corte ha ritenuto inidoneo «a illustrare il  senso  e  il  fondamento
delle  censure»  (sentenza  n.  170  del  2021,  punto   5.2.1.   del
Considerato in diritto). 
    A  diverse  conclusioni  si  deve  giungere   nella   fattispecie
sottoposta all'odierno scrutinio. 
    Il ricorso  oggi  all'esame  di  questa  Corte  ricostruisce  con
dovizia di dettagli la normativa oggetto di  proroga,  in  quanto  la
legge reg. Sardegna n. 1  del  2021  interviene  a  estenderne  sotto
disparati profili la portata applicativa. Il ricorrente  analizza  il
contenuto  precettivo  e  le   ripercussioni   sul   paesaggio.   Non
sussistono, pertanto, le lacune segnalate nella sentenza n.  170  del
2021. 
    Le  questioni  promosse  dal  Presidente  del   Consiglio   sono,
pertanto, ammissibili. 
    6.5.- Esse sono fondate, in riferimento all'art. 3 dello  statuto
speciale. 
    6.5.1.- Gia' nella citata sentenza n. 170 del 2021, questa  Corte
ha evidenziato che «[i]l prolungato succedersi delle proroghe di  una
disciplina  derogatoria,  in  contrasto  con  le  esigenze   di   una
regolamentazione organica e razionale  dell'assetto  del  territorio,
presenta un innegabile rilievo»  (punto  5.2.1.  del  Considerato  in
diritto). 
    Tale rilievo  deve  essere  ribadito  nel  caso  di  specie,  che
registra il novum di una ulteriore proroga, per un tempo cospicuo. 
    Il legislatore regionale, per un verso, ha ampliato  notevolmente
la portata di  una  normativa,  che  aveva  dapprima  come  orizzonte
temporale l'entrata in vigore della legge  reg.  Sardegna  n.  8  del
2015, e ha prorogato, per altro verso, fino al 31  dicembre  2023,  e
dunque per un ulteriore triennio,  la  disciplina  derogatoria  della
medesima legge, inizialmente contraddistinta da un preciso termine di
vigenza (fino al 31 dicembre 2016), successivamente  a  piu'  riprese
prorogato. Il concatenarsi di tali disposizioni,  che  si  accompagna
anche alla reviviscenza per un breve arco temporale di una  normativa
gia' esaurita, concorre a perpetuare l'applicazione  della  descritta
disciplina derogatoria. 
    6.5.2.-  E'  proprio  l'indefinito  succedersi  delle   proroghe,
ancorate all'entrata in vigore  di  una  nuova  legge  regionale  sul
governo del territorio o a termini di volta in volta  differiti,  che
interferisce con  la  tutela  paesaggistica  e  determina  il  vulnus
denunciato dal ricorrente. 
    La previsione impugnata, nel sancire per  un  tempo  apprezzabile
un'ulteriore proroga di disposizioni che derogano alla pianificazione
urbanistica, consente reiterati e  rilevanti  incrementi  volumetrici
del  patrimonio  edilizio  esistente,  isolatamente   considerati   e
svincolati da una organica disciplina del governo del territorio, che
lo  stesso  legislatore  regionale  individua  come  la   sede   piu'
appropriata per la  regolamentazione  di  interventi  di  consistente
impatto, nel rispetto dei limiti posti  dallo  statuto  di  autonomia
alla potesta' legislativa primaria. 
    La  legge  regionale,   consentendo   interventi   parcellizzati,
svincolati  da  una  coerente  e   stabile   cornice   normativa   di
riferimento, trascura  l'interesse  all'ordinato  sviluppo  edilizio,
proprio della  pianificazione  urbanistica,  e  cosi'  danneggia  «il
territorio in tutte le sue connesse componenti e, primariamente,  nel
suo aspetto paesaggistico e ambientale» (sentenza n.  219  del  2021,
punto 4.2. del Considerato in diritto)». 
    D'altro  canto,  tale   proroga,   disposta   in   pendenza   del
procedimento, condiviso  con  lo  Stato,  di  adeguamento  del  piano
paesaggistico relativo alle aree costiere e di elaborazione di quello
relativo alle aree interne, peraltro in corso da lungo tempo, finisce
per compromettere la stessa pianificazione paesaggistica, deputata  a
indicare le linee fondamentali della tutela del paesaggio. 
    La  disciplina  impugnata  contrasta  dunque  con  la   normativa
codicistica posta a tutela  del  paesaggio,  che  costituisce  limite
anche alla competenza legislativa  primaria  della  Regione  autonoma
Sardegna nella materia dell'urbanistica e dell'edilizia. 
    6.5.3.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 17 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Sono assorbite le restanti censure. 
    7.- Oggetto di impugnazione e' anche l'art. 18 della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, che reca una norma  transitoria  in  tema  di
titoli abilitativi. 
    7.1.- Tale normativa fa salve le richieste di titoli  abilitativi
«di cui alla legge regionale n. 8 del  2015  e  successive  proroghe,
presentate fino alla data del 31 dicembre 2020», e  considera  validi
gli atti compiuti dagli uffici pubblici statali, regionali o comunali
(comma 1). 
    Chi  intenda  beneficiare   della   piu'   favorevole   normativa
introdotta dalla legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 dovra'  presentare
«esclusivamente le integrazioni o modifiche alla documentazione  gia'
presentata» in base alle previsioni della legge reg.  Sardegna  n.  8
del 2015 (comma 2). 
    Le richieste di titoli abilitativi presentate tra il 1° gennaio e
il 19 gennaio 2021, quest'ultima, data di  entrata  in  vigore  della
legge reg. Sardegna n. 1  del  2021,  devono  essere  ripresentate  a
decorrere dal 19 gennaio 2021 (comma 3). 
    7.2.- Il ricorrente assume che tale disposizione, nel  far  salvi
gli atti presentati sulla base di una normativa previgente e  oggetto
di autonoma impugnativa, violi l'art. 3 dello statuto speciale,  come
attuato con il d.P.R. n. 480 del 1975, gli artt. 9 e 117, commi primo
e secondo, lettera s), Cost., «rispetto ai quali costituiscono  norme
interposte gli articoli 135, 143, 145  e  156  del  codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, la legge n. 14 del  2006,  di  recepimento
della Convenzione europea sul paesaggio, e l'articolo  5,  comma  11,
del decreto legge n. 70 del 2011, avendo  legiferato  in  materia  di
competenza statale e per di  piu'  in  modo  difforme  dagli  impegni
assunti in sede internazionale». 
    Tale disposizione, nel prorogare la disciplina del "Piano casa" e
nell'intervenire su  un  termine  gia'  scaduto,  produrrebbe  «esiti
manifestamente arbitrari e irragionevoli», in violazione dell'art.  3
Cost. 
    Il vulnus all'art. 3 dello statuto speciale si coglierebbe  anche
in  ragione  del  contrasto  con   le   norme   di   grande   riforma
economico-sociale dettate  dall'art.  41-quinquies,  commi  ottavo  e
nono, della legge n. 1150  del  1942,  dall'art.  14  t.u.  edilizia,
dall'intesa sul "Piano casa", fondata sull'art. 11 del  d.l.  n.  112
del 2008, e dall'art. 5, commi 9 e seguenti, del d.l. n. 70 del 2011. 
    Sarebbe violato, infine, anche l'obbligo di leale  collaborazione
con lo Stato, in quanto si verte in materia assoggettata  all'obbligo
di pianificazione congiunta. 
    7.3.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3  dello
statuto speciale. 
    7.3.1.- Le previsioni impugnate  si  inquadrano  nella  reiterata
proroga della  disciplina  sul  "Piano  casa"  e  ne  definiscono  le
implicazioni sul rilascio di  titoli  abilitativi  e  sulla  connessa
attivita' istruttoria dell'amministrazione. 
    Il legislatore regionale, nel disporre l'immediata applicazione -
anche ai procedimenti in corso -  della  normativa  che  innalza  gli
incrementi  volumetrici,  estende  l'ambito   applicativo   di   tale
disciplina derogatoria e  incide  sul  correlato  regime  dei  titoli
abilitativi, che la previsione ora esaminata arbitrariamente  estende
-  con  effetti  ex  tunc   -cosi'   da   compromettere   la   stessa
pianificazione paesaggistica. 
    7.3.2.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 18 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura. 
    8.- Alla materia dell'edilizia appartengono anche  le  previsioni
dell'art. 19 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che aggiunge  i
commi 1-ter e 1-quater  all'art.  7-bis  della  legge  della  Regione
Sardegna 11 ottobre 1985,  n.  23  (Norme  in  materia  di  controllo
dell'attivita' urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e  di
sanatoria  di  insediamenti  ed  opere  abusive,  di  snellimento  ed
accelerazione delle procedure espropriative). 
    8.1.- L'art. 7-bis, comma 1-ter, della legge reg. Sardegna n.  23
del 1985, per i fabbricati  realizzati  con  licenza  di  costruzione
antecedente all'entrata in vigore  della  medesima  legge  regionale,
considera  tolleranze  edilizie,  «con  conseguente  inapplicabilita'
delle disposizioni in materia di parziale difformita', le  violazioni
di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano
per  singola  unita'  immobiliare  il  5  per  cento   delle   misure
progettuali». 
    L'art. 7-bis, comma  1-quater,  della  medesima  legge,  aggiunto
dalla disposizione impugnata, qualifica come tolleranze edilizie  «le
parziali difformita', realizzate nel passato  durante  i  lavori  per
l'esecuzione  di  un  titolo  abilitativo  cui  sia  seguita,  previo
sopralluogo  o  ispezione  da  parte  di  funzionari  incaricati,  la
certificazione di conformita' edilizia e di  agibilita'  nelle  forme
previste dalla legge e le parziali  difformita'  rispetto  al  titolo
abilitativo legittimamente rilasciato, che l'amministrazione comunale
abbia espressamente accertato nell'ambito di un procedimento edilizio
e che non abbia contestato  come  abuso  edilizio  o  che  non  abbia
considerato rilevanti ai fini dell'agibilita' dell'immobile». 
    La  disciplina  regionale  intende  tutelare  il  «principio   di
certezza delle posizioni giuridiche» e l'affidamento, e fa  salva  la
possibilita' di adottare i provvedimenti di annullamento d'ufficio al
ricorrere dei presupposti dell'art. 21-nonies della  legge  7  agosto
1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi). 
    8.2.- L'art. 19 della legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021  e'
censurato per violazione  dell'art.  3  dello  statuto  speciale,  in
quanto   contrasterebbe   con   le   norme    di    grande    riforma
economico-sociale  dell'art.  34-bis  t.u.  edilizia.  La   normativa
statale prevede -  per  le  tolleranze  edilizie  -  un  limite  piu'
contenuto (2 per cento) rispetto a  quello  fissato  dal  legislatore
regionale (5 per cento), detta una disciplina piu' rigorosa  per  gli
immobili tutelati e non  attribuisce  alcun  rilievo  all'affidamento
nella conservazione di una situazione di fatto abusiva. 
    Tale contrasto implicherebbe anche  l'invasione  della  sfera  di
competenza legislativa esclusiva  dello  Stato  nella  determinazione
«dei livelli  essenziali  delle  prestazioni  concernenti  i  diritti
civili dei cittadini» (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.). 
    La previsione impugnata, inoltre,  nell'ampliare  l'ambito  delle
tolleranze  edilizie,  negherebbe  il  rilievo   penale   di   alcune
fattispecie di abusi e sarebbe  lesiva,  pertanto,  della  competenza
legislativa esclusiva  dello  Stato  nella  materia  dell'ordinamento
penale (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.). 
    Il  ricorrente  denuncia  anche  la   violazione   delle   «norme
costituzionali poste a tutela del paesaggio e del patrimonio  storico
ed artistico, nonche' della competenza esclusiva statale  in  materia
paesaggistica», con «un significativo abbassamento del livello  della
tutela degli  immobili  vincolati».  Per  tali  ragioni,  vi  sarebbe
contrasto con gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    8.3.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3  dello
statuto speciale. 
    8.3.1.- Occorre dar conto, in via preliminare,  della  disciplina
sulle  tolleranze  costruttive  delineata   dall'art.   34-bis   t.u.
edilizia,  inserito  dall'art.  10,  comma   1,   lettera   p),   del
decreto-legge  16  luglio  2020,  n.  76  (Misure  urgenti   per   la
semplificazione   e   l'innovazione   digitale),   convertito,    con
modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120. 
    La previsione citata  non  considera  violazione  edilizia  «[i]l
mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della  cubatura,  della
superficie coperta e di ogni altro  parametro  delle  singole  unita'
immobiliari», quando lo scostamento sia contenuto nella misura del  2
per cento di quanto e' sancito dal titolo abilitativo (comma 1). 
    Il legislatore statale  qualifica  come  tolleranze  esecutive  -
salvo  che  si  tratti  di  immobili  sottoposti  a  tutela   -   «le
irregolarita' geometriche e le modifiche alle finiture degli  edifici
di minima entita', nonche' la  diversa  collocazione  di  impianti  e
opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione  di  titoli
abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della
disciplina urbanistica ed edilizia e non  pregiudichino  l'agibilita'
dell'immobile» (comma 2). 
    L'art. 34-bis, comma 3, t.u. edilizia puntualizza che il  tecnico
abilitato - ai fini dell'attestazione  dello  stato  legittimo  degli
immobili  -  dichiara  le  tolleranze   esecutive   riguardanti   gli
interventi precedenti. 
    Le prescrizioni in tema di tolleranze costruttive definiscono  il
profilo di capitale importanza delle difformita'  rilevanti,  in  una
prospettiva che non puo' non essere omogenea  sull'intero  territorio
nazionale   e   che   investe   norme   fondamentali    di    riforma
economico-sociale,   vincolanti   anche   la   potesta'   legislativa
attribuita  alla  Regione  Sardegna  dall'art.  3  dello  statuto  di
autonomia. 
    8.3.2.-  La   normativa   regionale   impugnata   diverge   dalle
prescrizioni statali con riguardo a diversi aspetti salienti. 
    Anzitutto, a fronte di un limite del 2 per cento, individuato dal
testo unico dell'edilizia come punto di equilibrio per la definizione
delle tolleranze costruttive, il legislatore regionale si attesta sul
piu' ampio limite del 5 per cento. 
    In secondo luogo, l'impugnato art. 19 della legge  reg.  Sardegna
n. 1 del 2021 detta una  disciplina  generale,  destinata  a  trovare
applicazione anche per gli immobili vincolati, laddove l'art. 34-bis,
comma 2,  t.u.  edilizia  per  tale  fattispecie  fissa  limiti  piu'
rigorosi  e  considera  in  ogni  caso  rilevanti  «le  irregolarita'
geometriche e le modifiche alle  finiture  degli  edifici  di  minima
entita', nonche' la diversa collocazione di impianti e opere interne,
eseguite durante i lavori  per  l'attuazione  di  titoli  abilitativi
edilizi». 
    Il raffronto tra  la  disciplina  regionale  e  quella  del  t.u.
edilizia  rivela   discrepanze   notevoli,   che   contraddicono   la
prospettazione  riduttiva  di  una  mera  "implementazione"  di   una
disciplina di favore. 
    8.3.3.- Va dichiarata, pertanto, l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 19 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, per  violazione
dell'art. 3 dello statuto speciale. 
    Le ulteriori censure prospettate dal ricorrente sono assorbite. 
    9.- Il ricorrente  impugna  anche  l'art.  21  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, che aggiunge il comma 1-bis all'art. 16 della
legge reg. Sardegna n.  23  del  1985  in  tema  di  accertamento  di
conformita',  da   ricondurre   pertanto   anch'esso   alla   materia
dell'edilizia. 
    9.1.-  La  previsione  impugnata  dispone  che  il  permesso   di
costruire o l'autorizzazione all'accertamento di conformita'  possano
essere ottenuti  «qualora  gli  interventi  risultino  conformi  alla
disciplina  urbanistica  ed  edilizia  vigente   al   momento   della
presentazione  della  domanda».  Tale   disciplina   -   precisa   il
legislatore regionale - vale «ai soli fini amministrativi» e  restano
dunque impregiudicati «gli effetti penali dell'illecito». 
    9.2.- L'art. 21 della legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021  e'
censurato, in  quanto,  con  «un  effetto  dirompente»  di  sanatoria
indiscriminata degli abusi, derogherebbe al  principio  della  doppia
conformita'.  Tale  principio,  vincolante  anche  per  le  autonomie
speciali, presupporrebbe «la conformita'  dell'intervento  realizzato
senza titolo sia alla disciplina urbanistica ed edilizia  vigente  al
momento della realizzazione dell'abuso, che a  quella  in  vigore  al
momento della presentazione della domanda». 
    La previsione impugnata violerebbe innanzitutto  l'art.  3  dello
statuto speciale, poiche' il principio della  doppia  conformita'  si
imporrebbe anche alle autonomie speciali, in quanto norma  di  grande
riforma economico-sociale. 
    Il ricorrente ritiene  che  il  principio  in  esame  concerna  i
«livelli essenziali delle prestazioni concernenti  i  diritti  civili
dei cittadini che devono essere assicurati uniformemente  sull'intero
territorio  nazionale».  Sarebbe  lesa,   pertanto,   la   competenza
legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera m), Cost. 
    La previsione in esame,  nel  limitarsi  a  far  salvi  solo  gli
effetti penali dell'illecito, senza menzionare «le relative  sanzioni
civili  e  fiscali»,  invaderebbe  anche  la  «sfera  di   competenza
esclusiva statale in  materia  di  ordinamento  civile  di  cui  alle
lettere l) ed e) del secondo comma dell'art. 117 Cost.». 
    9.3.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3  dello
statuto speciale. 
    9.3.1.- Come gia' chiarito, in base all'art. 36 t.u. edilizia, il
responsabile  dell'abuso,  o  l'attuale  proprietario  dell'immobile,
possono ottenere il permesso in sanatoria  solo  quando  l'intervento
rispetti sia la disciplina edilizia e urbanistica  vigente  al  tempo
della  sua  realizzazione  sia  quella   vigente   al   tempo   della
presentazione della domanda. La conformita' alla disciplina  edilizia
e  urbanistica  deve  essere  salvaguardata  «durante  tutto   l'arco
temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione
dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformita'» (fra le
molte, sentenza n. 68  del  2018,  punto  14.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    Tale  principio,  nel  delimitare  presupposti  e  limiti   della
sanatoria, riveste importanza cruciale nella disciplina  edilizia  e,
in  quanto  riconducibile  alle   norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale,  vincola  anche  la  potesta'  legislativa   della
Regione autonoma Sardegna. 
    9.3.2.-  Nel  richiedere  la  conformita'  alla  sola  disciplina
vigente al tempo della presentazione della domanda,  la  disposizione
impugnata amplia  in  maniera  indebita  l'ambito  applicativo  della
sanatoria  e  si  pone  in  contrasto,  pertanto,  con  il  principio
richiamato. Ne' tale contrasto puo' essere escluso sol  perche'  sono
fatti salvi gli effetti penali degli illeciti, in quanto la rilevanza
della doppia conformita', principio cardine di un  razionale  governo
del territorio, non si esaurisce nelle  sue  implicazioni  su  quegli
illeciti. 
    9.3.3.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 21 della legge reg. Sardegna n. 1 del  2021,
per violazione dell'art. 3 dello statuto speciale. 
    Sono assorbite le altre censure esposte a sostegno del motivo  di
ricorso. 
    10.- In un secondo nucleo tematico possono  essere  aggregate  le
questioni di legittimita' costituzionale  della  normativa  regionale
che interferisce in misura prevalente con la tutela paesaggistica. 
    10.1.- In punto di fatto, si  deve  rilevare  che  la  disciplina
impugnata si raccorda al «complesso - e tuttora incompiuto - percorso
di adeguamento della  pianificazione  paesaggistica  regionale»,  che
questa Corte ha  avuto  occasione  di  tratteggiare  nei  suoi  snodi
fondamentali nella sentenza n. 257 del 2021 (punto 7 del  Considerato
in diritto). 
    Dopo l'approvazione del piano paesaggistico, relativo  alle  sole
zone costiere (delibera della Giunta regionale del 5 settembre  2006,
n. 36/7, recante «L.R. 25 novembre 2004, n. 8, articolo 1,  comma  1,
Approvazione del Piano Paesaggistico - Primo ambito  omogeneo.»),  il
Presidente della Regione autonoma della Sardegna e il Ministro per  i
beni e le attivita' culturali, con protocollo di intesa stipulato  il
19 febbraio 2007, si sono impegnati, per un verso, a  «completare  la
pianificazione   paesaggistica   regionale   nel    rispetto    delle
disposizioni del Codice e della legge n. 14 del 2006 entro  un  anno»
dalla stipulazione del protocollo (art. 3) e,  per  altro  verso,  «a
provvedere congiuntamente alla verifica e  all'adeguamento  periodico
della pianificazione paesaggistica regionale,  ai  sensi  e  per  gli
effetti dell'articolo 143, comma 3, ultimo periodo, del Codice» (art.
4). 
    Nell'alveo  del  citato  protocollo,  «provvisto  di  una  chiara
portata vincolante alla luce dell'univoco richiamo all'impegno  delle
parti» (sentenza n.  257  del  2021,  punto  12  del  Considerato  in
diritto), si pongono i disciplinari attuativi siglati dalla Regione e
dal Ministero il 1° marzo 2013 e il 18 aprile 2018,  che  hanno  dato
impulso a una serrata interlocuzione tra gli stessi. 
    Tali  documenti,  nel   richiamare   ex   professo   l'originario
protocollo d'intesa e nel tracciare il percorso di una pianificazione
condivisa estesa all'intero territorio regionale,  si  prefiggono  di
definire le modalita'  operative,  i  cronoprogrammi  e  i  contenuti
tecnici  per  lo  svolgimento  delle  attivita'  di  verifica  e   di
adeguamento del piano paesaggistico regionale (d'ora in avanti anche:
PPR) dell'ambito costiero e per l'elaborazione  del  PPR  dell'ambito
interno, all'insegna di un coinvolgimento diretto  e  continuo  delle
due amministrazioni e di una costante collaborazione istituzionale. 
    10.2.- Occorre richiamare i principi che  presiedono  al  riparto
delle competenze tra lo Stato e le Regioni nella materia della tutela
dell'ambiente. 
    In base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., spetta in
via esclusiva  allo  Stato  il  compito  di  dettare  una  disciplina
unitaria e complessiva del bene ambiente,  considerato  come  entita'
organica e connesso a un interesse pubblico di valore  costituzionale
primario e assoluto. 
    Nell'esercizio della  competenza  legislativa  esclusiva  sancita
dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  il  legislatore
statale demanda  alla  pianificazione  paesaggistica  il  compito  di
apprestare le necessarie misure di  salvaguardia  del  paesaggio,  in
quanto «territorio espressivo di identita', il cui  carattere  deriva
dall'azione di fattori naturali, umani e dalle  loro  interrelazioni»
(art. 131, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004 - d'ora in avanti anche
codice dei beni culturali e del paesaggio),  e,  in  particolare,  di
preservare   «quegli   aspetti   e   caratteri   che    costituiscono
rappresentazione materiale e visibile  dell'identita'  nazionale,  in
quanto espressione di valori culturali» (art. 131,  comma  2,  codice
dei beni culturali e del paesaggio). 
    Il sistema della pianificazione paesaggistica,  che  deve  essere
salvaguardato  nella  sua  impronta  unitaria  e  nella   sua   forza
vincolante, rappresenta attuazione dell'art. 9 Cost. ed e' funzionale
a una tutela organica e di ampio respiro, che non tollera  interventi
frammentari e incoerenti. 
    10.3.- La peculiarita' del bene  giuridico  ambiente,  nella  cui
complessita' ricade anche il paesaggio,  «riverbera  i  suoi  effetti
anche quando si tratta di Regioni speciali o  di  Province  autonome,
con l'ulteriore precisazione, pero',  che  qui  occorre  tener  conto
degli statuti speciali di autonomia» (sentenza n. 378 del 2007, punto
4 del Considerato in diritto). 
    In tale quadro si colloca la previsione dell'art. 8 del d.lgs. n.
42 del 2004, che, nell'apprestare una disciplina  unitaria  dei  beni
culturali e paesaggistici, fa  salve  «le  potesta'  attribuite  alle
regioni a statuto speciale ed alle  province  autonome  di  Trento  e
Bolzano dagli statuti e dalle relative norme di attuazione». 
    Le norme di attuazione «possiedono un sicuro ruolo interpretativo
ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano  le
sfere di competenza delle Regioni ad autonomia speciale e non possono
essere modificate che mediante  atti  adottati  con  il  procedimento
appositamente previsto negli statuti, prevalendo in  tal  modo  sugli
atti legislativi ordinari» (sentenza n. 51  del  2006,  punto  5  del
Considerato in diritto). 
    10.4.- Alla Regione autonoma  Sardegna,  l'art.  3,  lettera  f),
dello statuto speciale attribuisce la potesta'  legislativa  primaria
nella materia «edilizia ed urbanistica». 
    In attuazione della normativa statutaria, l'art. 6 del d.P.R.  n.
480  del  1975  trasferisce  alla  medesima   Regione   le   funzioni
amministrative in  tema  di  edilizia  ed  urbanistica,  in  base  al
principio del parallelismo tra funzioni legislative e  amministrative
di cui all'art. 6 dello statuto speciale. 
    Alla Regione  sono  trasferite  le  attribuzioni  originariamente
assegnate al Ministero della pubblica istruzione, in base alla  legge
6  agosto  1967,  n.  765  (Modifiche  ed  integrazioni  alla   legge
urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), e poi al Ministero per  i  beni
culturali ed ambientali, in  virtu'  del  decreto-legge  14  dicembre
1974, n. 657 (Istituzione del Ministero per i beni  culturali  e  per
l'ambiente), convertito, con modificazioni, nella  legge  29  gennaio
1975, n. 5. Si tratta di funzioni che attengono  all'urbanistica,  ma
possono incidere anche sulla valorizzazione del patrimonio  culturale
e ambientale. 
    Nell'ambito di tale trasferimento e' espressamente ricompresa «la
redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici  di  cui
all'art. 5  della  legge  29  giugno  1939,  n.  1497».  Nell'assetto
delineato dal d.lgs. n. 42 del 2004, che ha  sostituito  quest'ultima
legge, tale richiamo e' stato costantemente  interpretato  nel  senso
che esso concerne i piani paesaggistici (sentenza n.  257  del  2021,
punto 6 del Considerato in diritto), fermo restando il vincolo per la
Regione al rispetto del principio di copianificazione, nelle  ipotesi
disciplinate dall'art. 135, comma 1, terzo periodo,  del  codice  dei
beni culturali e del paesaggio  e  in  quelle  ulteriori  contemplate
dalle intese fra le parti, ai sensi degli artt. 143, comma 2, e  156,
comma 3, del medesimo codice. 
    10.5.-  Questa  Corte  ha  ribadito  anche  di  recente  che   la
prevalenza della pianificazione paesaggistica «integra una regola  di
tutela primaria del paesaggio in  nessun  modo  derogabile  ad  opera
della  legislazione  regionale   che,   nella   cura   di   interessi
funzionalmente collegati con  quelli  propriamente  ambientali,  deve
rispettare gli standard minimi  uniformi  di  tutela  previsti  dalla
normativa statale, potendo al limite introdurre un surplus di  tutela
e non un regime peggiorativo» (sentenza n. 251 del 2021, punto 3  del
Considerato in diritto). 
    La deroga alle prescrizioni del piano paesaggistico  travalica  i
limiti della potesta' legislativa che l'art.  3,  lettera  f),  della
fonte statutaria, cosi' come attuato dall'art. 6 del  d.P.R.  n.  480
del 1975, attribuisce, come detto,  alla  Regione  autonoma  Sardegna
nella materia dell'edilizia e dell'urbanistica e con riguardo ai soli
profili di tutela paesistico-ambientale  che  a  tale  materia  siano
indissolubilmente legati. Da questo  ambito  esorbita  una  qualunque
deroga dello standard di tutela del paesaggio. 
    Una siffatta deroga e' disarmonica anche rispetto a quel percorso
di leale collaborazione che la Regione autonoma Sardegna e  lo  Stato
hanno intrapreso nel procedimento di revisione del piano  delle  aree
costiere e nell'elaborazione del piano relativo  alle  aree  interne,
mediante un confronto costante, scandito anche  dalla  sottoscrizione
di un protocollo di intesa e di successivi disciplinari attuativi, in
armonia con quanto e' previsto dalla legislazione statale. 
    E'  dunque  precluso  al  legislatore  regionale  derogare   alle
prescrizioni   del   piano   paesaggistico,    senza    una    previa
rideterminazione dei suoi contenuti con lo Stato. 
    11.- Alla luce di tali principi, si procedera' allo scrutinio del
nucleo delle disposizioni che hanno diretta attinenza con  la  tutela
del paesaggio, allo scopo di accertare se contrastino con  specifiche
prescrizioni del piano paesaggistico o compromettano la tutela che il
piano  appresta,  anche  in  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione. 
    La disamina sara' svolta in riferimento all'art. 3 dello  statuto
speciale e agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    12.- Occorre prendere le mosse dall'art. 30, comma 2, della legge
reg. Sardegna n. 1  del  2021,  in  quanto  disposizione  finale  che
enuncia in termini generali  l'impronta  derogatoria  della  medesima
legge regionale rispetto alla pianificazione paesaggistica. 
    12.1.-  Il  legislatore  regionale,  in   particolare,   con   la
previsione impugnata, sancisce la prevalenza delle disposizioni della
legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, dichiarate cogenti e di  immediata
applicazione, «sugli atti di pianificazione, anche settoriale,  sugli
strumenti urbanistici generali e  attuativi  e  sulle  altre  vigenti
disposizioni normative regionali». 
    Questa prevalenza si giustificherebbe  alla  luce  del  carattere
delle previsioni della legge regionale impugnata, aventi la natura di
«disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il
rilancio del settore edilizio coniugate con la  riqualificazione,  la
razionalizzazione ed il miglioramento della qualita' architettonica e
abitativa,  della   sicurezza   strutturale,   della   compatibilita'
paesaggistica e dell'efficienza energetica  del  patrimonio  edilizio
esistente   nel   territorio   regionale,   anche    attraverso    la
semplificazione delle procedure». 
    12.2.- Tale previsione e' censurata,  in  quanto  «manifestamente
illegittima», nella  parte  in  cui  «assicura  la  prevalenza  delle
disposizioni regionali rispetto alle previsioni  e  prescrizioni  del
Piano paesaggistico regionale». 
    Ad avviso  del  ricorrente,  sarebbero  violati  l'art.  3  dello
statuto speciale e gli artt. 9 e 117, commi primo e secondo,  lettera
s), Cost., «rispetto ai  quali  costituiscono  norme  interposte  gli
articoli 135, 143, 145 e 156 del codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della  Convenzione
europea sul paesaggio, e l'articolo 5, comma 11, del decreto legge n.
70 del 2011». 
    La previsione in esame sarebbe lesiva dell'art. 3 Cost., «per gli
esiti manifestamente arbitrari e irragionevoli» insiti  nella  deroga
indiscriminata che dispone. 
    Il ricorrente ravvisa, inoltre, la violazione dell'art.  3  dello
statuto speciale, come attuato con il d.P.R. n. 480 del 1975, e degli
artt. 3 e 97 Cost., poiche' la previsione impugnata, si  porrebbe  in
conflitto con le norme di grande riforma  economico-sociale  dettate,
anzitutto, dall'art. 41-quinquies, commi ottavo e nono,  della  legge
n. 1150 del 1942, «come attuato mediante il decreto  ministeriale  n.
1444 del 1968, recepito dalla  Regione  Sardegna  con  il  D.  A.  n.
2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del 1994», e poi dagli artt. 2-bis  e
14 t.u. edilizia, dall'intesa sul  "Piano  casa"  del  2009,  fondata
sulla previsione dell'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008,  e  dall'art.
5, commi 9 e seguenti, del d.l. n. 70 del 2011, come convertiti. 
    Il ricorrente denuncia, infine, il contrasto con il principio  di
leale collaborazione con lo Stato. Il legislatore  regionale  avrebbe
stabilito la prevalenza della legge impugnata  «sulla  pianificazione
formatasi  in  collaborazione  con  lo  Stato  nell'ambito   di   una
pianificazione condivisa» e avrebbe cosi' negato «l'esistenza  di  un
obbligo  di  co  pianificazione»  e,  in  pari   tempo,   «il   ruolo
fondamentale e determinante dello Stato nella  materia  della  tutela
del paesaggio e del governo del territorio». 
    12.3.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3 dello
statuto speciale e agli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    12.3.1.- La previsione impugnata sancisce, con valenza generale e
assoluta, la prevalenza delle disposizioni della legge reg.  Sardegna
n. 1 del 2021 anche sulle prescrizioni del PPR. Alla legge  regionale
si riconosce, dunque, la facolta' di derogare  a  tali  prescrizioni,
senza limiti di sorta. 
    Tale interpretazione e' suffragata non solo dal dettato testuale,
che sancisce la prevalenza su tutti  gli  atti  di  pianificazione  e
dunque sulla stessa  pianificazione  paesaggistica,  ma  anche  dalle
difese della parte resistente  e  dalla  complessiva  disamina  della
legge regionale. 
    La  parte  resistente  osserva  che  tale  potere  di  deroga  e'
espressione della potesta'  legislativa  esclusiva  che  spetta  alla
Regione autonoma  Sardegna  anche  nella  materia  della  tutela  del
paesaggio e che l'impugnato  art.  30,  comma  2,  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021 e' meramente  ricognitivo  delle  disposizioni
della medesima legge regionale. 
    Come confermera' lo scrutinio degli altri motivi di  ricorso,  la
legge  regionale  impugnata  racchiude  disposizioni   che   derogano
espressamente alle prescrizioni del piano paesaggistico regionale. 
    Non e' dunque praticabile una  interpretazione  adeguatrice,  che
salvaguardi  la  compatibilita'  delle   previsioni   censurate   con
l'assetto di tutela prefigurato dal piano paesaggistico regionale. 
    12.3.2.- La deroga prevista dalla norma di chiusura  della  legge
reg. Sardegna n. 1  del  2021,  ora  all'esame,  eccede  la  potesta'
legislativa regionale. 
    Nell'introdurre  una  deroga  alla  pianificazione  paesaggistica
regionale, la previsione impugnata investe il nucleo essenziale della
tutela del paesaggio, affidata alle puntuali prescrizioni  del  piano
regionale, e appresta una regolamentazione lesiva del valore primario
tutelato dall'art. 9 Cost. 
    12.3.3.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 30, comma 2, della legge reg. Sardegna n.  1
del 2021, nella parte in cui sancisce la prevalenza delle  previsioni
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 sulle prescrizioni del  piano
paesaggistico regionale. 
    Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura. 
    13.- La legge  reg.  Sardegna  n.  1  del  2021  racchiude  altre
previsioni  che  contrastano  con  puntuali  prescrizioni  del  piano
paesaggistico. Tra queste figura l'art. 3, che inserisce nella  legge
reg. Sardegna n. 8 del 2015 l'art. 26-ter in tema  di  pianificazione
del sistema delle scuderie della Sartiglia di Oristano. 
    13.1.- Il ricorrente evidenzia che tale previsione  consente  «in
maniera indiscriminata» nelle aree agricole, «soggette anche a tutela
paesaggistica e del piano paesaggistico regionale», la costruzione di
scuderie, «in deroga non solo  alla  pianificazione  urbanistica,  ma
anche a quella paesaggistica». 
    Peraltro,  la  tipologia,  le  dimensioni  e  i  materiali  delle
scuderie sarebbero stabilite dallo  strumento  urbanistico  comunale,
«al di fuori del piano paesaggistico regionale». 
    13.2.- Il ricorrente denuncia il contrasto  con  l'art.  3  dello
statuto speciale, come attuato con il d.P.R.  n.  480  del  1975,  in
quanto  la  previsione  impugnata  confliggerebbe   «con   le   norme
fondamentali di riforma economica e sociale dettate dallo  Stato»  e,
in particolare, con l'art. 41-quinquies, commi ottavo e  nono,  della
legge n. 1150 del 1942,  attuato  con  il  d.m.  n.  1444  del  1968,
recepito «con il D. A. n. 2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del  1994»,
e con gli artt. 2-bis, 14 e 15 t.u. edilizia. 
    Sarebbero altresi' violati gli artt.  9  e  117,  commi  primo  e
secondo, lettera s), Cost., «rispetto ai  quali  costituiscono  norme
interposte gli articoli 135, 143, 145  e  156  del  codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, l'articolo 5, comma 11, del decreto  legge
n. 70 del 2011, e la legge n.  14  del  2006,  di  recepimento  della
Convenzione europea sul paesaggio». 
    Sarebbe violato, infine, il principio di leale collaborazione. 
    13.3.- E' necessario delineare le particolarita' della  normativa
regionale, al fine di inquadrare i profili  di  censura  tratteggiati
dal ricorrente. 
    L'art. 26-ter della legge reg. Sardegna n. 8 del  2015,  aggiunto
dalla  previsione  impugnata,  riconosce,  al  comma  1,  la  valenza
storica, culturale e turistica della Sartiglia, giostra equestre  che
si corre a Oristano nel periodo di carnevale. 
    Le censure vertono sull'art. 26-ter, comma 2,  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015, che  consente  di  realizzare  nell'agro  del
territorio di Oristano, e in particolare nelle sottozone E1,  E2,  E3
ed  E4  delle  zone  agricole,  alcune   strutture,   finalizzate   a
«organizzare e  valorizzare  dal  punto  di  vista  paesaggistico  le
scuderie, intese quali strutture di supporto  indispensabili  per  la
valorizzazione della  antica  giostra  equestre,  della  cultura  del
cavallo e delle attivita' sportive ad esso correlate». 
    L'art. 8 del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 228
del  1994  chiarisce  che  la  sottozona   E1   comprende   le   aree
caratterizzate da una produzione agricola tipica e specializzata,  la
sottozona E2 si identifica nelle aree di primaria importanza  per  la
funzione agricolo-produttiva, anche in relazione all'estensione, alla
composizione e alla localizzazione dei terreni, laddove la  sottozona
E3 abbraccia le  aree  caratterizzate  da  un  elevato  frazionamento
fondiario    e    contemporaneamente    utilizzabili    per     scopi
agricolo-produttivi e  per  scopi  residenziali  e  la  sottozona  E4
corrisponde alle aree caratterizzate dalla presenza di  «preesistenze
insediative», utilizzabili per l'organizzazione dei centri rurali. 
    In particolare, il citato art. 26-ter, comma 2, della legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015, «nei singoli lotti di superficie superiore  a
1.000 metri quadri e inferiore ad un ettaro», consente  di  edificare
«una struttura zootecnica (box per cavalli, fienile,  deposito,  vano
appoggio), da autorizzarsi nei limiti volumetrici di cui all'articolo
3 del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 228  del  1994
ovvero 0,2 mc/mq e con un massimo di mc 500». 
    L'art. 26-ter, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 8  del  2015
demanda, infine, all'amministrazione comunale il compito di definire,
«con apposita integrazione delle norme  tecniche  di  attuazione  del
vigente PUC, nell'ottica della tutela e valorizzazione  dell'ambiente
e del paesaggio», la tipologia, le dimensioni  e  i  materiali  della
struttura zootecnica. 
    13.4.- La difesa regionale, in linea  preliminare,  ha  posto  in
risalto il carattere assertivo ed esplorativo delle censure. 
    Tali rilievi non sono fondati. 
    Il ricorrente ha dedotto la deroga alle  prescrizioni  del  piano
paesaggistico  regionale  e   ha   svolto   a   tale   riguardo   una
argomentazione   adeguata,   idonea   a   superare   il   vaglio   di
ammissibilita' che spetta a questa Corte. 
    Le questioni promosse dal Presidente del Consiglio  dei  ministri
sono dunque ammissibili. 
    13.5.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3 dello
statuto speciale e agli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    13.5.1.- La normativa regionale deve essere scrutinata alla  luce
delle prescrizioni del piano paesaggistico sui nuclei  e  sulle  case
sparsi nell'agro,  prescrizioni  che  devono  essere  recepite  negli
strumenti  urbanistici  (art.  83,  comma  6,  delle  norme  tecniche
d'attuazione, d'ora in avanti anche: NTA). 
    A tale riguardo, l'art. 83, comma 1, lettera a),  di  tali  norme
tecniche di attuazione stabilisce che i Comuni, fino  all'adeguamento
degli strumenti urbanistici al piano  paesaggistico,  ottemperino  ad
alcune prescrizioni. 
    Per gli imprenditori agricoli  e  per  le  aziende  che  svolgono
effettiva e prevalente attivita' agricola, la  costruzione  di  nuovi
edifici ad esclusiva funzione agricola e'  consentita  per  le  opere
indispensabili  alla  conduzione  del  fondo  e   alle   attrezzature
necessarie per le attivita' aziendali, «previa attenta verifica della
stretta connessione tra l'edificazione e  la  conduzione  agricola  e
zootecnica del fondo». 
    Quanto agli edifici ad uso abitativo connessi a tali  interventi,
il lotto minimo richiesto per unita' abitativa e' pari a  tre  ettari
per gli imprenditori agricoli e le aziende che esercitano attivita' a
carattere intensivo ed e' pari a cinque  ettari  per  l'esercizio  di
attivita' a carattere estensivo. 
    All'atto del rilascio del  titolo  abilitativo,  il  responsabile
comunale del procedimento deve accertare il  possesso  dei  requisiti
soggettivi  dell'azienda  o  dell'imprenditore  agricolo  che   abbia
presentato la richiesta (art. 83, comma 3, NTA). 
    L'art. 83, comma 1, lettera b), NTA, nei casi restanti,  consente
l'edificazione di strutture di  appoggio  non  residenziali  per  una
superficie coperta non superiore ai trenta metri quadrati, per  fondi
da tre fino a dieci ettari. Il limite di trenta metri  quadrati  puo'
essere raddoppiato «fino a  60  mq.  per  superfici  superiori  a  10
ettari, comunque per volumetrie non superiori rispettivamente a 90  e
180 mc.». 
    L'art. 83, comma 1, lettera  c),  NTA  impone  di  effettuare  il
dimensionamento degli edifici sulla base della superficie  del  fondo
interessato dal piano aziendale e  ribadisce  che  non  e'  possibile
impiegare  corpi  aziendali  separati  al  fine  di  raggiungere   la
superficie minima prescritta ne' edificare in colline  o  alture  del
fondo. 
    L'art. 83, comma 2, NTA, consente, per gli edifici esistenti  che
insistono su lotti inferiori a  quelli  minimi  prescritti,  soltanto
operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria senza aumento di
volumetria di unita' abitative e interventi orientati all'adeguamento
tipologico. 
    13.5.2.- La disciplina impugnata  si  discosta  sotto  molteplici
profili dalle prescrizioni del piano paesaggistico regionale. 
    Tali profili di  discrepanza  attengono,  in  primo  luogo,  alla
dimensione minima del lotto agricolo,  che  nel  piano  paesaggistico
deve  essere  almeno  pari  a  tre  ettari,  laddove  la   previsione
introdotta dalla legge regionale consente  l'edificazione  anche  nei
lotti tra 0,1 ettari e un ettaro. Inoltre, le citate  norme  tecniche
di attuazione, per gli edifici gia' esistenti su  lotti  inferiori  a
quelli minimi, escludono aumenti di volumetria,  per  contro  ammessi
dalla disposizione in esame. 
    La disciplina impugnata, inoltre, prescinde anche  dalla  stretta
connessione tra l'edificazione e la conduzione agricola e  zootecnica
del fondo, nei  casi  in  cui  il  fondo  sia  di  proprieta'  di  un
imprenditore agricolo o di un'azienda agricola. 
    E' significativo che, allo scopo di  superare  la  cogenza  delle
prescrizioni del piano paesaggistico regionale e l'obbligo dei Comuni
di recepirle negli strumenti urbanistici,  il  legislatore  regionale
abbia previsto la realizzazione delle  nuove  strutture  secondo  una
apposita integrazione delle norme tecniche di  attuazione  del  piano
urbanistico comunale. 
    La  previsione  impugnata,  nell'incidere   sui   nuclei   sparsi
nell'agro,  oggetto  di  specifica  protezione  nelle  citate   norme
tecniche  di  attuazione  del  piano  paesaggistico   regionale,   si
ripercuote su aspetti legati alla  tutela  del  paesaggio  nella  sua
dimensione storica e culturale. Essa,  nel  porsi  in  contrasto  con
quanto  dispone  il  piano   paesaggistico   e   nell'accrescere   le
potenzialita' di edificazione, determina un evidente decremento della
tutela del valore primario e assoluto sancito dall'art. 9 Cost. 
    13.5.3.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge reg. Sardegna n. 1  del  2021,
nella parte in cui introduce l'art. 26-ter, comma 2, della legge reg.
Sardegna n. 8 del 2015. 
    Sono assorbite le residue censure. 
    14.- Il ricorrente impugna, inoltre, l'art. 5, comma  1,  lettere
b) ed i), della legge reg. Sardegna  n.  1  del  2021,  che  modifica
l'art. 31 della legge  reg.  Sardegna  n.  8  del  2015  in  tema  di
interventi  di  incremento  volumetrico  delle  strutture   destinate
all'esercizio   di   attivita'   turistico-ricettive,   sanitarie   e
socio-sanitarie. 
    14.1.- Tale disposizione e' censurata in quanto consente «nuovi e
maggiori   incrementi   volumetrici   delle    strutture    destinate
all'esercizio   di   attivita'   turistico-ricettive,   sanitarie   e
socio-sanitarie», anche in aree sottoposte a  vincolo  paesaggistico,
con «una sistematica violazione delle previsioni e  prescrizioni  del
piano paesaggistico regionale». 
    In particolare, la lettera b) e' oggetto di  impugnazione,  nella
parte in cui modifica l'art. 31, comma 1, della legge  reg.  Sardegna
n. 8 del 2015 e consente di realizzare interventi di ristrutturazione
e di rinnovamento con connessi incrementi volumetrici anche  mediante
la realizzazione di corpi di fabbrica separati. 
    La lettera i) e' pure censurata  nella  parte  in  cui  introduce
nell'art. 31 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 i  commi  7-bis,
7-ter e 7-quater. 
    Il   comma   7-bis   consente,   «anche   in    aree    vincolate
paesaggisticamente, senza il necessario rispetto delle  previsioni  e
prescrizioni del piano paesaggistico regionale»  e  senza  richiedere
l'autorizzazione paesaggistica, la chiusura con  elementi  amovibili,
per un periodo non superiore a duecentoquaranta giorni, delle verande
coperte gia' realizzate nelle singole strutture turistico-ricettive. 
    Il comma 7-ter sottrae  al  regime  dei  titoli  edilizi  e  alle
prescrizioni del PPR le coperture per  piscine,  anche  quando  siano
realizzate in aree vincolate paesaggisticamente.  Si  tratterebbe  di
opere  «di  rilevante  impatto  paesaggistico»,   non   destinate   a
soddisfare esigenze meramente temporanee  e  contingenti,  secondo  i
caratteri dell'art. 6 t.u. edilizia, che definisce le  particolarita'
dell'edilizia libera. 
    Il comma 7-quater consente di  ampliare  le  strutture  destinate
all'esercizio di attivita'  di  turismo  rurale  anche  nella  fascia
costiera.  Quest'ultima  e'  individuata  quale  bene   paesaggistico
tipizzato dal piano regionale, che vieta nuove  costruzioni  in  aree
inedificate e non prevede la possibilita' di  ampliare  le  strutture
destinate ad attivita'  turistico  ricettive  e  quelle  sanitarie  e
socio-sanitarie. 
    14.2.- La disciplina impugnata contrasterebbe, pertanto, con  gli
artt. 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost., «rispetto ai
quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156
del Codice dei beni culturali e del paesaggio,  l'articolo  5,  comma
11, del decreto legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del  2006,  di
recepimento della Convenzione europea sul paesaggio». 
    Il ricorrente prospetta anche il contrasto  con  l'art.  3  dello
statuto speciale, come attuato con il d.P.R. n.  480  del  1975,  che
prescrive  la  coerenza  con  le  norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale,   quali   sono    quelle    contenute    nell'art.
41-quinquies, commi ottavo e nono, della  legge  n.  1150  del  1942,
negli artt. 2-bis e 14 t.u. edilizia, nell'intesa  sul  "Piano  casa"
del 2009, fondata sull'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008, e  nell'art.
5, commi 9 e seguenti, del d.l. n. 70 del 2011, come convertiti. 
    Sarebbe violato anche il principio di leale collaborazione con lo
Stato. 
    Quanto alla lettera i), nella parte in cui introduce nell'art. 31
della legge reg. Sardegna n. 8  del  2015  i  commi  7-bis  e  7-ter,
sarebbe lesiva anche dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,
in quanto contravverrebbe ai livelli  essenziali  «delle  prestazioni
concernenti i diritti civili dei cittadini», che  spetta  allo  Stato
definire. 
    14.3.-  Si  deve,  preliminarmente,  sgombrare  il  campo   dalle
eccezioni di inammissibilita' mosse -  sotto  un  duplice  profilo  -
dalla difesa regionale. 
    14.3.1.-  La  parte  resistente   ha   eccepito   la   tardivita'
dell'impugnazione,  in  quanto   la   disciplina   degli   incrementi
volumetrici sarebbe gia' dettata dal previgente - e non  impugnato  -
art. 31 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Tale eccezione non e' fondata. 
    L'impugnazione e' rituale e  tempestiva,  in  quanto  investe  le
modificazioni che il legislatore regionale ha introdotto con riguardo
alla preesistente disciplina degli incrementi volumetrici. La mancata
impugnazione della disciplina originaria non preclude la proposizione
di censure contro le innovazioni legislative. 
    14.3.2.- La parte resistente, in secondo luogo, reputa le censure
inammissibili, perche' generiche e indeterminate. 
    Neppure tale eccezione coglie nel segno. 
    Il ricorrente ha indicato in maniera circostanziata i profili  di
contrasto con la disciplina posta a tutela del  paesaggio  e  con  la
normativa edilizia, e le censure superano,  pertanto,  il  vaglio  di
ammissibilita'. 
    14.4.- Le questioni,  pertanto,  possono  essere  scrutinate  nel
merito. 
    14.4.1.- Occorre muovere dall'esame dell'art. 5, comma 1, lettera
b), della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    Tale previsione, al fine di  riqualificare  e  di  accrescere  le
potenzialita' delle strutture destinate  all'esercizio  di  attivita'
turistico-ricettive, sanitarie  e  socio-sanitarie,  ricadenti  nelle
zone  urbanistiche  omogenee   A,   autorizza   gli   interventi   di
ristrutturazione  e  di  rinnovamento   che   comportano   incrementi
volumetrici, anche mediante la realizzazione  di  corpi  di  fabbrica
separati,  nella  misura  massima  del  50  per  cento   del   volume
urbanistico esistente. 
    Si innalza, dunque,  la  percentuale  di  incremento  volumetrico
originariamente prevista (30 per cento) e si  delinea  una  peculiare
articolazione di tale incremento:  «a)  il  25  per  cento  riservato
all'adeguamento delle  camere  agli  standard  internazionali,  senza
incremento del numero complessivo delle stanze; b) il  15  per  cento
riservato all'incremento del numero complessivo delle stanze;  c)  il
10  per   cento   riservato   al   miglioramento   del   livello   di
classificazione ai sensi dell'articolo 17 della  legge  regionale  28
luglio 2017, n. 16 (Norme in materia di turismo); d) in alternativa o
in aggiunta ad una o piu' delle lettere a), b) e c), e comunque  fino
alla concorrenza massima del 50  per  cento  del  volume  urbanistico
esistente,  e'  consentito  l'ampliamento  delle  zone  comuni  nelle
strutture ricettive turistico-alberghiere quali hall, sale convegni e
spazi comuni; tali ampliamenti sono consentiti anche per le strutture
socio-assistenziali quali  le  comunita'  integrate  e  le  comunita'
alloggio, per la realizzazione  di  idonei  spazi  protetti  e  delle
cosiddette "zone di isolamento"». 
    14.4.1.1.- Non sono fondate, nei termini appresso  precisati,  le
censure in merito  all'impugnata  lettera  b),  nella  parte  in  cui
concerne gli incrementi volumetrici delle zone urbanistiche  omogenee
A, definite come le parti del territorio interessate  da  agglomerati
urbani che rivestono carattere  storico,  artistico,  di  particolare
pregio ambientale o tradizionale. 
    L'art. 31, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, come
modificato dalla disposizione impugnata, nel  rinviare  all'art.  30,
comma  2,  primo  periodo,  della  medesima   legge   regionale,   e'
inequivocabile nel richiedere che gli incrementi volumetrici  possano
essere  realizzati  soltanto  «negli  edifici  che   non   conservano
rilevanti tracce dell'assetto storico e che siano in contrasto con  i
caratteri  architettonici  e   tipologici   del   contesto»,   previa
approvazione di un Piano particolareggiato adeguato al PPR. 
    Proprio  questa  specificazione  si  pone  a  salvaguardia  della
compatibilita' con le prescrizioni del piano paesaggistico. 
    14.4.1.2.- Tale compatibilita' non si ravvisa,  per  contro,  ne'
per le previsioni della lettera b), concernenti le zone  urbanistiche
B  (completamento  residenziale),  C  (espansione  residenziale),   F
(turistiche) e G (servizi generali), in quanto non  e'  stabilita  la
condizione della previa approvazione di  un  piano  particolareggiato
adeguato al piano paesaggistico, ne' con riguardo  alla  lettera  i),
nella parte in cui introduce il comma  7-quater  nell'art.  31  della
legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Quest'ultima  previsione,  allo  scopo  di  riqualificare  e   di
accrescere le potenzialita' delle strutture  destinate  all'esercizio
di attivita' di turismo  rurale  che  ricadono  nelle  zone  E  (zone
agricole), purche' al di fuori della fascia dei 300 metri dalla linea
di battigia marina, autorizza interventi  di  ristrutturazione  e  di
rinnovamento che  comportano  incrementi  volumetrici,  nella  misura
massima del 50 per cento  del  volume  urbanistico  esistente,  anche
mediante la realizzazione di corpi di fabbrica  separati,  incrementi
che  possono  essere  destinati  all'adeguamento  delle  camere  agli
standard internazionali. 
    Nel consentire gli incrementi volumetrici nella  fascia  costiera
anche mediante la realizzazione di corpi di  fabbrica  separati,  sia
pure al di fuori della fascia di 300 metri dalla  linea  di  battigia
marina, l'art. 5,  comma  1,  lettera  b),  con  riguardo  alle  zone
urbanistiche omogenee B, C, F e G, e lettera i), nella parte  in  cui
introduce nell'art. 31 della legge reg. Sardegna n.  8  del  2015  il
comma  7-quater,  collide  con  specifiche  prescrizioni  del   piano
paesaggistico regionale. 
    L'art. 17, comma 3,  lettera  a),  NTA  ricomprende  tra  i  beni
paesaggistici, tipizzati e individuati nella  cartografia  del  piano
paesaggistico  regionale,  anche  la  fascia  costiera,  che  ha  una
estensione maggiore rispetto a quella compresa entro  la  profondita'
di 300 metri dalla linea di battigia, come la stessa parte resistente
non manca di riconoscere nell'odierno giudizio. 
    Per  la  fascia  costiera,  che  l'art.  19  NTA  considera  bene
paesaggistico d'insieme e  risorsa  strategica  fondamentale  per  lo
sviluppo sostenibile  del  territorio  sardo,  l'art.  20,  comma  1,
lettera  a),  delle  medesime  norme  tecniche  detta  una   rigorosa
disciplina di tutela, che vieta  nelle  aree  inedificate  «qualunque
intervento  di  trasformazione»,  ad  eccezione  di  quelli  previsti
dall'art. 12. 
    Sono consentiti, in particolare: a)  interventi  di  manutenzione
ordinaria,   straordinaria,    di    consolidamento    statico,    di
ristrutturazione, di restauro, che non alterino lo stato dei  luoghi,
il profilo esteriore, la volumetria degli  edifici,  la  destinazione
d'uso e il numero delle unita' immobiliari; b) opere di  eliminazione
di  barriere  architettoniche,  muri  di  cinta  e  cancellate,  aree
destinate ad attivita'  sportive  e  ricreative  senza  creazione  di
volumetria, opere costituenti pertinenza, revisione  o  installazione
di  impianti  tecnologici,  varianti  a  concessioni  edilizie   gia'
rilasciate  che  non  incidano  sui  parametri  urbanistici  e  sulle
volumetrie, non cambino destinazione d'uso e categoria edilizia e non
alterino la sagoma, parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del  lotto
in cui insiste il fabbricato, vasche di approvvigionamento  idrico  e
pozzi, opere precarie e temporanee, pergolati  e  grigliati,  palloni
pressostatici a carattere stagionale; c)  gli  interventi  funzionali
alle attivita' agro-silvo-pastorali che  non  comportino  alterazioni
permanenti dello stato dei luoghi o  dell'assetto  idrogeologico  del
territorio; d) opere di forestazione, di taglio  e  di  riconversione
colturale e di bonifica, antincendio e  conservazione,  da  eseguirsi
nei boschi e nelle foresta; e) opere di risanamento e  consolidamento
degli abitati e delle aree interessate da fenomeni franosi; opere  di
sistemazione idrogeologica e di bonifica dei siti inquinati. 
    Sono fatte salve anche le eccezioni di cui al comma  2  dell'art.
20 NTA, che consentono  di  realizzare,  nell'ambito  urbano,  previa
autorizzazione  del  piano   urbanistico   comunale,   trasformazioni
finalizzate alla realizzazione di residenze, servizi  e  ricettivita'
solo se contigue ai centri  abitati  e  subordinate  alla  preventiva
verifica della compatibilita' del carico sostenibile del  litorale  e
del fabbisogno di ulteriori posti letto (art. 20, comma 2, numero  1,
lettera a, NTA). 
    Nelle  aree  gia'  interessate  da   insediamenti   turistici   o
produttivi, previa intesa tra Regioni, Province e Comuni interessati,
si possono realizzare interventi di  riqualificazione  urbanistica  e
architettonica degli insediamenti turistici o  produttivi  esistenti,
interventi di riuso e trasformazione a scopo  turistico-ricettivo  di
edifici esistenti, interventi di completamento di  edifici  esistenti
(art. 20, comma 2, numero 2, lettere a, b, c, NTA). 
    In tutta la fascia costiera l'art. 20, comma 2,  numero  3),  NTA
consente interventi di conservazione, gestione  e  valorizzazione  di
beni paesaggistici (lettera a), la  realizzazione  di  infrastrutture
puntuali  o  di  rete,  purche'  previste   nei   piani   settoriali,
preventivamente adeguati al piano  paesaggistico  regionale  (lettera
b). 
    L'art. 12, comma 2,  NTA  dispone  che  siano  inedificabili,  in
quanto sottoposti a vincolo di integrale  conservazione  dei  singoli
caratteri  naturalistici,  storico  morfologici  e   dei   rispettivi
insiemi, i terreni costieri compresi in una fascia di profondita'  di
300 metri dalla linea di battigia, anche se elevati sul mare,  e  per
le isole minori nei 150 metri, con l'eccezione dei  terreni  costieri
ricadenti nelle zone  omogenee  C  (di  espansione  residenziale),  D
(industriali, artigianali e  commerciali)  e  G  (servizi  generali),
contermini ai Comuni o alle frazioni. 
    Peraltro,  fino  all'adeguamento  degli   strumenti   urbanistici
comunali, l'art. 20, comma 4, NTA del piano paesaggistico dispone che
si applichino le rigorose prescrizioni dell'art. 15 sugli  ambiti  di
paesaggio  costieri,  che  pongono  limiti  stringenti  all'attivita'
edilizia che puo' essere realizzata. 
    La  possibilita'  di  incrementi  volumetrici,   anche   mediante
realizzazione di corpi di fabbrica separati,  consentita  in  termini
ampi   dalla   previsione   impugnata,   integra   violazione   delle
prescrizioni  del  piano  paesaggistico,  che  vieta  interventi   di
trasformazione delle aree inedificate, con le tassative eccezioni che
si sono ricordate. 
    Si deve,  pertanto,  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 1, lettera b), della legge reg. Sardegna n. 1  del
2021, con specifico riguardo alle zone urbanistiche B, C, F  e  G,  e
dell'art. 5, comma 1, lettera i), della medesima legge regionale, che
introduce nell'art. 31 della legge reg. Sardegna n.  8  del  2015  il
comma 7-quater, nella parte in cui consentono nella fascia costiera -
al  di  fuori  delle   tassative   eccezioni   indicate   dal   piano
paesaggistico  -  di  realizzare  gli  incrementi  volumetrici  anche
mediante la realizzazione di corpi di fabbrica separati. 
    14.4.2.- Non sono fondate, nei  termini  appresso  precisati,  le
censure riguardanti l'art. 5, comma 1, lettera i), della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, nella parte in cui introduce il  comma  7-bis
nell'art. 31 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Il legislatore regionale, allo scopo di favorire il prolungamento
della stagione turistica, consente, «per un periodo non  superiore  a
duecentoquaranta giorni, la chiusura con elementi amovibili, anche  a
tenuta, delle verande coperte gia' legittimamente  autorizzate  nelle
singole strutture turistiche ricettive». 
    Le censure si  appuntano  sul  preteso  esonero  dall'obbligo  di
ottenere l'autorizzazione paesaggistica. 
    La disposizione in esame non dispensa chi realizzi  le  coperture
dall'obbligo di  richiedere  l'autorizzazione  paesaggistica,  quando
cio' sia necessario in base alla legislazione statale, come si evince
anche dall'interpretazione sistematica della normativa regionale. 
    L'art. 35, comma 4, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015,  nel
dettare le disposizioni comuni agli interventi, allude all'ipotesi in
cui sia necessaria l'autorizzazione paesaggistica. Anche da tale dato
si  puo'  evincere  che  la  normativa  in  questione   non   esonera
dall'obbligo di conseguirla. 
    14.4.3.- Egualmente non fondate, nei  sensi  appresso  precisati,
sono le questioni che vertono sulla lettera i), nella  parte  in  cui
introduce il comma 7-ter nell'art. 31 della legge reg. Sardegna n.  8
del 2015. 
    La disposizione impugnata assimila alle opere di edilizia  libera
le coperture per piscine, disponendo, inoltre, che non incidano sulla
volumetria e sulla superficie coperta. 
    L'art. 6 t.u. edilizia, al comma  1,  lettera  e-bis),  riconduce
alle opere di edilizia libera,  che  possono  essere  eseguite  senza
alcun titolo abilitativo, «le opere stagionali  e  quelle  dirette  a
soddisfare obiettive  esigenze,  contingenti  e  temporanee,  purche'
destinate  ad  essere  immediatamente  rimosse   al   cessare   della
temporanea necessita' e, comunque, entro un termine non  superiore  a
centottanta  giorni  comprensivo  dei  tempi  di  allestimento  e  di
smontaggio del manufatto, previa comunicazione di  avvio  dei  lavori
all'amministrazione comunale». 
    La disposizione impugnata rinvia all'art.  15  della  legge  reg.
Sardegna n. 23 del 1985. 
    Il comma 2, lettera e), del citato art. 15, in  coerenza  con  la
normativa statale dettata dal testo unico dell'edilizia, annovera tra
gli  interventi  che  possono  essere  eseguiti  senza  alcun  titolo
edilizio,  previa  comunicazione  dell'avvio   dei   lavori,   «opere
oggettivamente precarie dirette a soddisfare esigenze  contingenti  e
temporanee  tali  da  poter  essere   immediatamente   rimosse   alla
cessazione  della  necessita'  e,  comunque,  entro  un  termine   di
utilizzazione non superiore a centoventi giorni». 
    L'avvio dei lavori e' condizionato all'ottenimento di  tutti  gli
atti di assenso,  comunque  denominati,  necessari  per  l'intervento
edilizio (art. 15, comma 3, della  legge  reg.  Sardegna  n.  23  del
1985). 
    Si  deve  poi  trattare  di   interventi   compatibili   con   la
destinazione di zona (art. 15, comma 4, della legge reg. Sardegna  n.
23 del 1985). 
    In virtu' dell'art. 15, comma 6, ultimo periodo,  della  medesima
legge regionale, entro  dieci  giorni  dallo  scadere  del  tempo  di
permanenza delle  opere  temporanee,  l'interessato,  anche  per  via
telematica,   informa   l'amministrazione   comunale    dell'avvenuta
rimozione delle opere. 
    Le coperture per piscine in tanto possono essere assimilate  alle
opere di edilizia libera, in quanto ne possiedano le  caratteristiche
oggettive, cosi' come definite dall'art. 15,  comma  2,  lettera  e),
della legge reg. Sardegna n. 23 del 1985, che regola una  fattispecie
caratterizzata da identita' di ratio. 
    Non ogni copertura per  piscina,  dunque,  rientra  nell'edilizia
libera.   Peraltro,   tali   manufatti   risultano    intrinsecamente
temporanei, proprio perche' funzionali a  preservare  le  piscine  in
vista della  ripresa  dell'attivita'  turistica  e  correlate  a  una
disciplina che mira a prolungare la stagione  turistica  e  dunque  a
circoscrivere nel tempo le esigenze che le coperture in esame  mirano
a soddisfare. 
    Cosi' intesa, la normativa non  presenta  i  profili  di  censura
denunciati nel ricorso. 
    15.- E' poi censurato l'art. 9, comma 1, lettera b), della  legge
reg. Sardegna n. 1 del 2021, che modifica le  disposizioni  dell'art.
34 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, volte a definire  i  casi
in cui non sono ammessi  gli  interventi  per  il  miglioramento  del
patrimonio esistente. 
    15.1.-  La   disposizione   e'   sospettata   di   illegittimita'
costituzionale,  in  quanto  restringerebbe  le  categorie  dei  beni
sottratti all'applicazione della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 e,
conseguentemente, estenderebbe la portata applicativa  delle  deroghe
alla disciplina urbanistica e paesaggistica. 
    15.2.- Il ricorrente prospetta la violazione degli artt. 9,  117,
commi  primo  e  secondo,  lettera  s),  Cost.,  «rispetto  ai  quali
costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e  156  del
Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'articolo  5,  comma  11,
del decreto legge n. 70 del 2011, e la  legge  n.  14  del  2006,  di
recepimento della Convenzione europea sul paesaggio», dal momento che
la normativa impugnata  interverrebbe  a  «disciplinare  una  materia
riservata alla competenza esclusiva dello Stato e per di piu'  contro
impegni assunti in sede internazionale». 
    Sarebbe violato anche  l'art.  3  dello  statuto  speciale,  come
attuato con il d.P.R. n. 480 del 1975,  poiche'  le  disposizioni  in
esame, «pur in  ipotesi  in  ambito  legislativamente  di  competenza
regionale», comunque contrasterebbero con le  norme  fondamentali  di
grande riforma economico sociale di cui all'art. 41-quinquies,  commi
ottavo e nono, della legge n. 1150 del 1942, agli artt.  2-bis  e  14
t.u. edilizia, all'intesa sul "Piano casa" del  2009,  fondata  sulle
previsioni dell'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008, come convertito,  e
all'art. 5, commi 9 e  seguenti,  del  d.l.  n.  70  del  2011,  come
convertito. 
    Sarebbe violato il principio di leale collaborazione con lo Stato
«in materia riservata alla co pianificazione». 
    15.3.- Occorre, preliminarmente, delimitare il tema del  decidere
devoluto  all'esame  di  questa  Corte  e  ricostruire  il  contenuto
precettivo delle previsioni impugnate. 
    Le censure si appuntano sul comma  1,  lettera  b),  dell'art.  9
della legge reg. Sardegna n. 1  del  2021,  nella  parte  in  cui  ha
soppresso l'art. 34, comma 1, lettera h), della legge regionale n.  8
del 2015. 
    La lettera h) del citato art. 34 non consentiva di realizzare gli
interventi di incremento volumetrico «negli edifici  e  nelle  unita'
immobiliari  ricadenti  nei  centri  di  antica  e  prima  formazione
ricompresi  in  zone  urbanistiche  omogenee  diverse  dalla  A,   ad
eccezione di quelli che non conservano rilevanti tracce  dell'assetto
storico e che siano riconosciuti, dal piano particolareggiato  o  con
deliberazione del consiglio comunale, in contrasto  con  i  caratteri
architettonici e tipologici del contesto». 
    La normativa abrogata  stabiliva  che  la  deliberazione  dovesse
riguardare l'intero centro di antica e prima formazione,  chiarire  i
criteri seguiti nell'analisi ed essere adottata in data  anteriore  a
qualsiasi intervento di ampliamento. 
    La predetta  lettera  h)  dell'art.  34  non  si  applicava  agli
interventi di riuso  dei  sottotetti  esistenti  per  il  solo  scopo
abitativo nelle zone urbanistiche A, B, C, E ed F e  agli  interventi
per il riuso degli spazi di grande altezza. In tali  fattispecie,  ai
fini  dell'ammissibilita',  si  sarebbero   dovuti   verificare   «la
compatibilita'   tipologica   con   i   caratteri   costruttivi    ed
architettonici degli edifici interessati e il rispetto  delle  regole
compositive del prospetto originario  nel  caso  in  cui  alterassero
l'aspetto esteriore dell'edificio». 
    Il ricorrente osserva che i centri di antica e  prima  formazione
sono beni paesaggistici, per i quali  il  piano  regionale  contempla
specifiche disposizioni di tutela. Su tale profilo si  diffondono  le
argomentazioni del  ricorrente,  che  richiama  anche  le  pertinenti
prescrizioni del piano paesaggistico regionale. 
    Il ricorrente non formula specifiche censure contro l'abrogazione
della lettera i) dell'art. 34 della legge  reg.  Sardegna  n.  8  del
2015,  che  vietava  gli  interventi  «negli  edifici,  nelle  unita'
immobiliari  e  in  specifici  ambiti  territoriali  di   particolare
qualita' storica,  architettonica  o  urbanistica»  per  i  quali  il
consiglio comunale, con propria deliberazione da assumere nel termine
perentorio di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della
legge, avesse limitato o escluso  l'applicazione  delle  disposizioni
della  legge  regionale  sugli  interventi   di   miglioramento   del
patrimonio edilizio esistente. 
    15.4.- La parte resistente, in via preliminare, ha  adombrato  la
genericita' degli argomenti addotti nel ricorso. 
    Tale eccezione deve essere disattesa, poiche'  il  ricorrente  ha
suffragato  i  motivi  di  censura  con  un'argomentazione  idonea  a
chiarire i termini  delle  doglianze,  che  vertono  sull'ampliamento
delle possibilita' di realizzazione degli  interventi  di  incremento
volumetrico. 
    15.5.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3 dello
statuto speciale e agli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    15.5.1.- Occorre dar conto, nelle  sue  linee  essenziali,  della
disciplina del PPR per i centri di prima e antica formazione. 
    L'art. 63 NTA include nell'edificato urbano  anche  i  centri  di
antica e prima formazione (lettera a) e,  all'art.  66,  rinvia,  per
tali centri, alle disposizioni relative agli insediamenti storici  di
cui al Titolo II. 
    Il Titolo II disciplina l'assetto storico culturale. 
    Il piano paesaggistico regionale,  all'art.  47,  comma  1,  NTA,
definisce l'assetto storico  culturale  come  l'insieme  delle  aree,
degli immobili, degli edifici e  dei  manufatti  «che  caratterizzano
l'antropizzazione del territorio a seguito  di  processi  storici  di
lunga durata». 
    Tale assetto storico culturale comprende gli immobili e  le  aree
di notevole interesse pubblico tutelate ai sensi  dell'art.  136  del
d.lgs. n. 42  del  2004,  le  zone  di  interesse  archeologico,  gli
immobili  e  le  aree  tipizzati,  sottoposti  a  tutela  dal   piano
paesaggistico e, in particolare, le aree caratterizzate da edifici  e
manufatti di valenza storico culturale  e  quelle  caratterizzate  da
insediamenti storici. 
    L'assetto storico culturale comprende anche i beni identitari  e,
segnatamente, le  aree  caratterizzate  da  edifici  e  manufatti  di
valenza storico culturale, le reti e gli elementi  connettivi,  e  le
aree di insediamento produttivo di interesse storico culturale. 
    L'art.  47,  comma  7,  NTA  dispone  che  la  Regione,  mediante
programmi di valorizzazione e di conservazione, in coerenza  con  gli
strumenti  di  pianificazione,  determini  «le   azioni   strategiche
necessarie per la promozione, valorizzazione e  qualificazione  delle
valenze storico culturali e identitarie». 
    L'art. 51 NTA si occupa delle aree caratterizzate da insediamenti
storici, che sono costituite dalle matrici di sviluppo dei centri  di
antica  e  prima  formazione,  letti   dalla   cartografia   storica,
comprensivi anche dei centri di fondazione moderni  e  contemporanei,
dei nuclei specializzati del lavoro e dell'insediamento sparso. 
    Tali aree comprendono, in particolare, i nuclei di primo impianto
e di antica formazione, il sistema delle sette citta' regie, i centri
rurali, i centri di fondazione sabauda,  le  citta'  e  i  centri  di
fondazione degli anni trenta del Novecento,  i  centri  specializzati
del lavoro, i villaggi  minerari  e  industriali,  i  villaggi  delle
bonifiche e delle riforme agrarie dell'Ottocento e del Novecento, gli
elementi dell'insediamento rurale sparso. 
    L'art. 52 NTA detta  le  prescrizioni  da  osservare  nelle  aree
caratterizzate da insediamenti storici. 
    In particolare, il suo comma 3 prevede  che  gli  interventi  sui
tessuti edilizi e urbani che conservino rilevanti tracce dell'assetto
storico debbano essere rivolti esclusivamente alla riqualificazione e
al recupero mediante manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro
e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia interna. 
    Occorre poi,  in  caso  di  profonda  alterazione  dei  caratteri
tipologici e costruttivi, favorire la  conservazione  degli  elementi
identitari superstiti (comma 5). 
    Sono vietati gli  interventi  che  comportino  una  modifica  dei
caratteri che connotano la trama viaria e edilizia e  dei  manufatti,
anche isolati, che costituiscano testimonianza  storica  e  culturale
(comma 10). 
    L'art. 53 NTA, nelle aree caratterizzate da insediamenti storici,
dispone che i Comuni  seguano  i  seguenti  indirizzi:  conservazione
della stratificazione storica, conservazione e  valorizzazione  delle
tracce  che   testimoniano   l'origine   storica   dell'insediamento,
riqualificazione dell'aspetto  ambientale  e  del  paesaggio  urbano,
riqualificazione dei tessuti di antica formazione,  anche  attraverso
interventi di  ristrutturazione  urbanistica,  per  sostituire  parti
incongrue e incompatibili, nella ricerca del disegno  e  della  trama
originari del tessuto. 
    L'originaria formulazione dell'art.  34,  comma  1,  lettera  h),
nell'escludere che gli interventi potessero avere luogo negli edifici
e negli immobili ricadenti nei centri di antica  e  prima  formazione
ricompresi in zone urbanistiche diverse da  quella  A,  si  collocava
nell'alveo delle previsioni del piano paesaggistico regionale, che  a
tali centri dedicavano particolare attenzione. 
    15.5.2.-  Nell'ammettere  rilevanti  interventi  di  aumento   di
volumetria con riguardo agli immobili di particolare pregio posti nei
centri di prima e antica formazione, la previsione impugnata  non  e'
compatibile con le linee di indirizzo e le  prescrizioni  del  piano,
che  appresta  una  peculiare  tutela  per  tali  centri,  in  quanto
componenti  dell'assetto  storico-culturale  della  Regione  autonoma
Sardegna. 
    Nell'estendere  l'ambito  applicativo  di  ammissibilita'   degli
interventi, il legislatore regionale deroga in peius allo standard di
tutela  che  il  piano  ha  individuato  per   preservare   l'assetto
identitario del paesaggio,  nella  sua  valenza  insieme  storica  ed
estetica. 
    15.5.3.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 1, lettera  b),  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, nella parte in cui abroga l'art. 34, comma 1,
lettera h), della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Sono assorbite le restanti censure. 
    16.- E' impugnato anche l'art. 13 della legge reg. Sardegna n.  1
del 2021, che introduce nella legge  reg.  Sardegna  n.  8  del  2015
l'art. 38-bis, relativo  al  trasferimento  dei  volumi  realizzabili
ricadenti  in  alcune  zone  del   Piano   stralcio   per   l'assetto
idrogeologico. 
    16.1.- Ad avviso del ricorrente,  la  disciplina  in  esame,  nel
consentire le delocalizzazioni con riguardo a edifici ricadenti nelle
zone di molto elevata pericolosita' idraulica (Hi4) o da frana  (Hg4)
o di pericolosita' idraulica (Hi3) o da frana (Hg3) soltanto elevata,
si traduce in una «"fuga" dal piano  paesaggistico»  e  concerne  non
solo e non tanto  edifici  esistenti,  legittimamente  realizzati  in
ambiti che  poi  risultino  di  elevato  rischio  idrogeologico,  «ma
anzitutto e principalmente edifici non ancora realizzati in ambiti  a
rischio idrogeologico». 
    L'approvazione  del  piano  di  assetto  idrogeologico   dovrebbe
condurre all'esclusione o alla limitazione  delle  edificazioni,  non
gia' a  «consentire  l'edificazione  in  altre  aree  del  territorio
comunale, aggravando il relativo carico urbanistico». 
    16.2.- Il ricorrente ravvisa, pertanto, la violazione degli artt.
9 e 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost., «rispetto ai quali
costituiscono norme interposte gli articoli 4, 20, 21, 135, 143,  145
e 156 del Codice dei beni culturali e del  paesaggio,  l'articolo  5,
comma 11, del decreto legge n. 70 del 2011 e la legge n. 14 del 2006,
di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio». 
    La disciplina  impugnata  sarebbe  anche  lesiva  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., in  quanto,  nel  riconoscere  «una
sorta di "diritto quesito" all'edificazione» ai  privati  proprietari
di aree edificabili in base a uno strumento urbanistico comunale, poi
superato  dalle  previsioni  confliggenti  del   piano   di   assetto
idrogeologico, e nell'attribuire  cosi'  «un  diritto  soggettivo  al
trasferimento delle volumetrie non realizzabili a causa  dei  vincoli
idrogeologici», avrebbe invaso la  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato nella materia «ordinamento civile». 
    Il ricorrente lamenta  anche  la  violazione  dell'art.  3  dello
statuto speciale, come attuato con il d.P.R.  n.  480  del  1975,  in
quanto la disciplina in esame si porrebbe in contrasto con  le  norme
fondamentali   di   riforma   economico-sociale   dettate   dall'art.
41-quinquies, commi ottavo e nono, della  legge  n.  1150  del  1942,
dagli artt. 2-bis e 14 t.u. edilizia, dall'intesa  sul  "Piano  casa"
del 2009, fondata sull'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008, e  dall'art.
5, commi 9 e seguenti, del d.l. n. 70 del 2011, come convertiti. 
    Sarebbe violato, infine, il principio di leale collaborazione. 
    16.3.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3 dello
statuto speciale e agli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    16.3.1.- La disciplina impugnata si  prefigge  di  conseguire  la
riqualificazione dei contesti contraddistinti da un elevato  o  molto
elevato rischio idrogeologico e di mettere in sicurezza il territorio
e, a tale scopo, promuove e incentiva interventi di trasferimento dei
volumi previsti  come  realizzabili  previa  approvazione  dei  piani
attuativi nelle zone urbanistiche C (di espansione  residenziale),  D
(industriali, commerciali e  artigianali)  e  G  (servizi  generali),
ricadenti nelle aree di pericolosita' idraulica o da frana elevata  o
molto elevata. 
    La  disciplina  in  esame   promuove   analoghi   interventi   di
trasferimento  dei  volumi  previsti  come  realizzabili  nelle  zone
urbanistiche B (di completamento residenziale), che ricadono in  aree
contraddistinte da rischio  idrogeologico  elevato  o  molto  elevato
(art. 38-bis, comma 1, della legge  reg.  Sardegna  n.  8  del  2015,
aggiunto dalla previsione impugnata). 
    Tali  interventi  sono  estesi   anche   ai   volumi   esistenti,
legittimamente  realizzati  nelle  zone  urbanistiche  B,  C,  D,   F
(turistiche) e G, che ricadono nelle aree che presentano il descritto
rischio  idrogeologico,  volumi  «per  i  quali  e'   consentito   il
trasferimento, previa approvazione di piani attuativi, in altre  zone
urbanistiche B, C, D, F e G del territorio  comunale  situate  al  di
fuori delle aree a rischio idraulico o geologico, con incremento  del
volume del 35 per cento» (art. 38-bis,  comma  2,  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015). 
    Le altre previsioni dell'art. 38-bis della legge reg. Sardegna n.
8 del 2015 regolano nel dettaglio le modalita' per  il  trasferimento
dei volumi. 
    16.3.2.-  Il  legislatore  regionale   non   solo   consente   la
realizzazione di tali volumi  in  deroga  alle  vigenti  disposizioni
regionali, eccezion fatta per le distanze  tra  fabbricati  e  pareti
finestrate (art. 38-bis, commi  9  e  10,  della  citata  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015), ma dispone anche che le  norme  tecniche  di
attuazione del piano di assetto  idrogeologico  siano  modificate  in
conformita' agli interventi ammessi dalla previsione impugnata  (art.
38-bis, comma 13, della predetta legge regionale). 
    La deroga alle disposizioni regionali  e'  formulata  in  termini
indiscriminati, idonei a ricomprendere anche le prescrizioni poste  a
salvaguardia del paesaggio, e dunque vanifica la  specifica  funzione
di tutela che il piano paesaggistico  svolge.  La  deroga,  peraltro,
investe anche le norme tecniche di attuazione del  piano  di  assetto
idrogeologico, in  quanto  attuano  aspetti  disciplinati  dal  piano
paesaggistico e correlati a profili di tutela del paesaggio. 
    Tale indistinta  portata  derogatoria,  che  rappresenta  aspetto
saliente della disciplina, determina il superamento dei limiti  della
potesta' legislativa statutaria, in contrasto con le  previsioni  del
piano paesaggistico e del piano di assetto idrogeologico. E' violata,
pertanto, la sfera di  competenza  esclusiva  statale  nella  materia
della tutela dell'ambiente. 
    16.3.3.-  Deve  essere  dichiarata,  pertanto,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 13 della legge reg. Sardegna n. 1 del  2021,
in tutte le sue previsioni, tra loro inscindibilmente connesse. 
    Restano assorbiti gli ulteriori profili  di  censura  prospettati
nel ricorso. 
    17.- E' impugnato, per profili che attengono sia  alla  normativa
edilizia sia alla tutela del paesaggio, anche l'art. 14  della  legge
reg. Sardegna n. 1 del 2021, che modifica in  piu'  punti  l'art.  39
della legge reg. Sardegna n. 8 del  2015,  in  tema  di  rinnovo  del
patrimonio edilizio con interventi di demolizione e di ricostruzione. 
    17.1.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  la   disciplina   impugnata
confligge con gli artt. 9 e 117, commi primo e secondo,  lettera  s),
Cost., «rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli
4, 20, 21, 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni  culturali  e  del
paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della  Convenzione
europea sul paesaggio, e l'articolo 5, comma 11, del decreto legge n.
70 del 2011». 
    Il ricorrente denuncia anche  la  violazione  dell'art.  3  dello
statuto speciale, come attuato mediante il d.P.R. n. 480 del 1975, in
quanto la previsione dell'art. 14 della legge reg. Sardegna n. 1  del
2021 contrasterebbe con le norme di grande riforma  economico-sociale
costituite dall'art. 41-quinquies, commi ottavo e nono,  della  legge
n. 1150 del 1942, dagli artt. 2-bis e 14 t.u.  edilizia,  dall'intesa
sul "Piano casa" del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11  del
d.l. n. 112 del 2008, e dall'art. 5, commi 9 e seguenti, del d.l.  n.
70 del 2011. 
    La disposizione in esame sarebbe lesiva, infine, del principio di
leale collaborazione. 
    17.2.- Occorre, prima  ancora  di  procedere  alla  disamina  dei
singoli profili di censura, vagliare l'eccezione di  inammissibilita'
formulata dalla Regione. 
    Tale eccezione fa leva  sulla  tardivita'  dell'impugnazione.  La
disciplina degli interventi di demolizione  e  ricostruzione  sarebbe
stata introdotta dalla legge reg. Sardegna n.  8  del  2015,  che  il
ricorrente non avrebbe ritualmente impugnato. 
    L'eccezione non puo' essere accolta. 
    Nei confronti delle previsioni  impugnate,  a  prescindere  dalla
circostanza che il legislatore  regionale  ha  modificato  in  misura
apprezzabile la disciplina previgente, il termine di impugnazione  e'
rispettato. 
    17.3.- Il  motivo  di  ricorso  contiene  svariate  censure,  che
saranno esaminate singolarmente, in quanto toccano aspetti diversi di
un'articolata disciplina. 
    17.3.1.- Le censure sono riferite, in primo luogo,  alle  lettere
a) e b), che modificano, rispettivamente, i commi 2 e 3 dell'art.  39
della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    L'art. 39, comma 2, della predetta legge  regionale,  cosi'  come
modificato dalla disposizione impugnata, consente,  su  proposta  del
privato interessato, la demolizione dei  fabbricati  esistenti  e  la
successiva ricostruzione con la concessione di un credito volumetrico
pari al volume dell'edificio demolito maggiorato del  30  per  cento,
affidandone la determinazione, nella  formulazione  modificata  dalla
disposizione impugnata,  all'ufficio  tecnico  comunale.  L'impugnata
lettera  a)  sostituisce  quest'ultima  determinazione   dell'ufficio
tecnico  comunale  alla   deliberazione   del   Consiglio   comunale,
originariamente prevista. 
    L'art. 39, comma 3, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015  oggi
dispone che, ove l'intervento preveda la ricostruzione  nel  medesimo
lotto  urbanistico,  l'ufficio  tecnico  comunale,  con   la   stessa
determinazione,   stabilisce    i    parametri    urbanistico-edilizi
dell'intervento  nel  rispetto  delle   vigenti   disposizioni,   con
eventuale  superamento  dei  parametri  volumetrici  e   dell'altezza
previsti dalle vigenti disposizioni comunali e regionali. L'impugnata
lettera b) sostituisce,  anche  in  questo  caso,  la  determinazione
dell'ufficio  tecnico  comunale  alla  deliberazione  del   Consiglio
comunale, originariamente prevista. 
    Il ricorrente denuncia la violazione del  principio  fondamentale
espresso dall'art. 5, comma 11, del d.l. n. 70 del 2011, che richiede
la delibera del Consiglio comunale per consentire la realizzazione di
interventi in deroga  agli  strumenti  urbanistici,  in  armonia  con
l'art. 14 t.u. edilizia. 
    17.3.1.1.- Le questioni non sono fondate. 
    In virtu' dell'art. 5, comma 11, del d.l. n.  70  del  2011,  gli
interventi  di  demolizione  e  di  ricostruzione  consentiti   dalla
legislazione regionale sono assoggettati, anche per quel che riguarda
i mutamenti di destinazione d'uso,  al  rispetto  dell'art.  14  t.u.
edilizia, che consente il  rilascio  del  permesso  di  costruire  in
deroga, previa deliberazione del Consiglio comunale. 
    L'art. 14 t.u. edilizia dispone che il permesso di  costruire  in
deroga possa  essere  rilasciato  soltanto  per  gli  edifici  e  gli
impianti pubblici o di interesse pubblico, previa  deliberazione  del
Consiglio comunale, nel rispetto delle prescrizioni a tutela dei beni
culturali e del paesaggio e delle altre normative di  settore  aventi
incidenza sulla disciplina dell'attivita' edilizia. 
    L'art. 14, comma  1-bis,  t.u.  edilizia  precisa  che,  per  gli
interventi di ristrutturazione edilizia, la richiesta di permesso  di
costruire in deroga e' ammessa  previa  deliberazione  del  Consiglio
comunale che  ne  attesta  l'interesse  pubblico  limitatamente  alle
finalita' di rigenerazione urbana, di contenimento  del  consumo  del
suolo e di recupero sociale e urbano dell'insediamento. 
    La deroga - chiarisce l'art. 14, comma 3, t.u.  edilizia  -  puo'
riguardare solo i limiti  di  densita'  edilizia,  di  altezza  e  di
distanza tra i fabbricati di  cui  alle  norme  di  attuazione  degli
strumenti urbanistici generali ed esecutivi e le  destinazioni  d'uso
ammissibili.  Rimane  fermo  il  rispetto  delle   norme   igieniche,
sanitarie e di sicurezza e delle prescrizioni inderogabili in tema di
densita' edilizia, altezza e distanza tra i fabbricati,  poste  dagli
artt. 7, 8 e 9 del d.m. n. 1444 del 1968. 
    L'art. 5, comma 11, del d.l.  n.  70  del  2011  precisa  che  la
disposizione dell'art. 14 t.u. edilizia  vale  «sino  all'entrata  in
vigore della normativa regionale». 
    Come  ha  gia'  affermato  questa  Corte,  tale  disposizione  e'
richiamata «solo per il caso di assenza di leggi  regionali,  sicche'
l'esistenza  di  una  legge  regionale  sul  "piano   casa"   esclude
l'applicabilita' dell'art. 14 del testo unico» (sentenza n.  217  del
2020, punto 4.1. del Considerato in diritto). 
    Nel caso di specie, l'esistenza di una specifica legge  regionale
sul "Piano casa" esclude il denunciato  contrasto  con  la  normativa
statale. 
    17.3.2.- Il secondo  profilo  di  censura  tocca  la  lettera  d)
dell'art. 14 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021. 
    In virtu' della previsione impugnata, le  disposizioni  dell'art.
39, comma 6, della legge regionale n. 8 del 2015 si  applicano  «agli
edifici legittimamente realizzati entro il 31 dicembre 2020,  nonche'
nei casi di edifici successivamente legittimati a seguito di positiva
conclusione  del  procedimento  di  condono  o  di  accertamento   di
conformita' e, ove necessario,  dell'accertamento  di  compatibilita'
paesaggistica». 
    Le censure vertono  sul  fatto  che  e'  stato  differito  al  31
dicembre  2020  il  termine  per  la  realizzazione  degli   edifici,
originariamente individuato nella data di  entrata  in  vigore  della
legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Il ricorrente lamenta l'estensione  di  una  normativa  concepita
come temporanea ed eccezionale anche a immobili appena edificati, per
i  quali  non  si  ravvisa   alcuna   necessita'   di   procedere   a
riqualificazione e rigenerazione urbana. 
    17.3.2.1.- La questione e' fondata. 
    La legge reg. Sardegna  n.  1  del  2021  persegue  finalita'  di
riqualificazione e di rigenerazione urbana,  che  ispirano  anche  le
modificazioni dettate dall'art. 14 alla disciplina  degli  interventi
di demolizione e di ricostruzione. 
    Con tale finalita' e' in palese contrasto la scelta di  estendere
il termine per l'applicazione della  disciplina  straordinaria  sugli
interventi di demolizione e di ricostruzione e di includere anche  le
costruzioni appena edificate in un ambito applicativo che deve essere
delimitato  con  rigore,  in   ragione   della   portata   ampiamente
derogatoria   della   regolamentazione   prevista   dal   legislatore
regionale. Nella fattispecie delle costruzioni appena ultimate non si
coglie l'esigenza di riqualificazione mediante interventi radicali di
demolizione  e  ricostruzione,  con  l'attribuzione  di   consistenti
premialita' volumetriche. 
    Si  deve  dunque   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 14, comma 1, lettera d), della legge reg. Sardegna n. 1 del
2021. 
    17.3.3.- La terza censura verte sull'art.  14  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021 e,  in  particolare,  sulla  lettera  g),  che
modifica l'art. 39, comma 13, lettera e), della legge  reg.  Sardegna
n. 8 del 2015. 
    In  virtu'  delle  modificazioni  impugnate,  gli  interventi  di
integrale  demolizione  e  ricostruzione  non  sono  ammessi   quando
ricadono in aree sottoposte a particolari vincoli di tutela «se  gia'
individuate con  apposito  provvedimento  regolamentare  o  normativo
prima della presentazione dell'istanza del richiedente». 
    Mediante il riferimento all'art. 38, comma 1,  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015, il legislatore regionale  richiama  le  «aree
ricadenti all'interno delle zone urbanistiche  omogenee  E  ed  H  ed
interne al perimetro dei beni paesaggistici di cui all'articolo  142,
comma 1, lettere a), b), c), ed i) del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,  n.  137),  e  successive
modifiche ed integrazioni», le «aree necessarie per  garantire  spazi
pubblici finalizzati all'incremento della qualita' dell'abitare, come
spazi a verde, spazi a parcheggio e centri di aggregazione  sociale»,
le  «aree  dichiarate  ad  elevata  o  molto  elevata   pericolosita'
idrogeologica»,  gli  edifici  posti  «in  prossimita'  di  emergenze
ambientali, architettoniche, archeologiche o storico-artistiche»,  le
aree di rispetto inedificabili, il perimetro di tutela integrale e la
fascia  di  rispetto  condizionata  dei  beni  dell'assetto   storico
culturale del piano paesaggistico regionale, oltre che  le  ulteriori
aree a tal fine individuate dal Comune. 
    Nella formulazione previgente, gli interventi non  erano  ammessi
quando ricadevano nelle aree menzionate nell'art. 38, comma 1,  della
legge reg. Sardegna n. 8  del  2015.  Il  legislatore  regionale  non
puntualizzava che il vincolo dovesse preesistere  alla  presentazione
dell'istanza dell'interessato. 
    17.3.3.1.- Le questioni sono inammissibili. 
    Le censure si esauriscono nel rilievo che la disciplina impugnata
priverebbe  di  ogni  efficacia  la  successiva   individuazione   di
ulteriori aree di interesse paesaggistico. Il  ricorrente,  tuttavia,
non offre alcun ragguaglio sui principi vigenti in  tema  di  vincoli
paesaggistici  sopravvenuti  e   sulla   portata   della   successiva
individuazione delle aree di interesse paesaggistico, ne' dimostra in
modo esauriente il  contrasto  della  normativa  regionale  con  tali
principi. 
    Le censure sono dunque inammissibili,  perche'  assertive  e  non
avvalorate da una adeguata ricostruzione del quadro normativo. 
    17.3.4.- La quarta censura riguarda la lettera h)  dell'art.  14,
comma 1, della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, nella parte in  cui
modifica l'art. 39, comma 15, della legge regionale n. 8 del 2015. 
    Sin dall'originaria formulazione, la norma regionale consente  la
demolizione degli edifici esistenti nella fascia dei 300 metri  dalla
linea di battigia  marina  e  ricadenti  nelle  zone  urbanistiche  E
(agricole), F (turistiche) e H (di salvaguardia), nonche' nelle  zone
urbanistiche  G,  dedicate  ai  servizi  generali,   non   contermini
all'abitato. La ricostruzione dell'intera volumetria e'  assentibile,
anche secondo l'originaria formulazione della norma. 
    La disposizione impugnata aggiunge: «senza l'obbligo del rispetto
dell'ubicazione,  della  sagoma  e  della  forma  del  fabbricato  da
demolire». Su tale inciso vertono le  censure  proposte  nell'odierno
giudizio,  riferite  alla  violazione  della  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato nella materia della tutela dell'ambiente. 
    17.3.4.1.- Le questioni sono fondate. 
    La disposizione impugnata incide sulla fascia di 300 metri  dalla
linea di battigia, peraltro tutelata in maniera  pregnante  ai  sensi
dell'art. 142, lettera a), del d.lgs. n. 42 del 2004, oltre che  alla
stregua del vigente piano paesaggistico regionale. Tale incidenza non
e', peraltro, contestata dalla difesa regionale. 
    Non e' influente la circostanza che gia' la disciplina previgente
contemplasse interventi destinati a ricadere nella fascia entro i 300
metri dalla linea di battigia, poiche', come gia' detto, nei  giudizi
in via principale non opera  l'istituto  dell'acquiescenza;  si  deve
rilevare, inoltre, che la previsione aggiunta dalla  legge  impugnata
introduce  un  ulteriore  elemento  di  deroga,  che  si   ripercuote
sull'assetto paesaggistico. 
    La previsione in esame, difatti, concerne un  aspetto  tutt'altro
che marginale  della  tutela  paesaggistica,  in  quanto  esenta  gli
interventi disciplinati  dal  novellato  art.  39  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015  dall'obbligo  del  rispetto  dell'ubicazione,
della sagoma e della forma del fabbricato da demolire. 
    Ne' pone rimedio al vulnus  denunciato  la  precisazione  che  il
nuovo fabbricato deve determinare «un  minore  impatto  paesaggistico
secondo le indicazioni impartite dall'Amministrazione  regionale  con
apposite linee guida adottate dalla Giunta regionale con atto  n.  18
del 5 aprile 2016». 
    Il legislatore regionale ha travalicato i limiti  della  potesta'
legislativa   sancita    dallo    statuto    speciale,    modificando
unilateralmente - e per di piu' in senso deteriore  -  la  disciplina
della fascia costiera, bene  paesaggistico  assoggettato  a  rigorosa
tutela,  per  la  peculiarita'  delle  caratteristiche   naturali   e
ambientali. 
    Si deve  dichiarare,  pertanto,  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 1, lettera h), della legge reg. Sardegna n. 1 del
2021, nella parte in cui aggiunge all'art. 39, comma 15, della  legge
reg. Sardegna n. 8 del 2015 l'inciso «senza  l'obbligo  del  rispetto
dell'ubicazione,  della  sagoma  e  della  forma  del  fabbricato  da
demolire». 
    17.3.5.- Il ricorrente promuove anche questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 14 della legge reg. Sardegna n. 1 del  2021,
considerato nella sua interezza. 
    Le censure muovono dal presupposto che la  disciplina  impugnata,
per effetto dell'art. 39, comma 13, della legge reg.  Sardegna  n.  8
del 2015, sia applicabile senza limiti anche ai  beni  culturali,  in
contrasto con gli artt. 4, 20 e 21 del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    17.3.5.1.- Le questioni non sono fondate, nei termini di  seguito
illustrati. 
    In  difetto  di  deroga  espressa,  si  impone   in   ogni   caso
l'applicazione della speciale disciplina di tutela dei beni culturali
prevista dal piano paesaggistico e dal codice dei  beni  culturali  e
del paesaggio. 
    Cosi' intesa, la disposizione impugnata si sottrae ai rilievi del
ricorrente. 
    18.- Il ricorrente censura anche l'art. 15, comma 1, lettera  c),
della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, che modifica l'art. 40 della
legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, in tema di programmi integrati  di
riordino urbano. 
    18.1.- Tali programmi perseguono l'obiettivo di riqualificare gli
ambiti urbani e le periferie caratterizzati  dalla  presenza  di  una
pluralita' di funzioni e di tessuti edilizi disorganici,  incompiuti,
parzialmente utilizzati o degradati, favorendo il miglioramento della
qualita' dell'abitare, anche attraverso l'incremento della  dotazione
degli standard. 
    La previsione impugnata  dispone  che  nessuna  zona  urbanistica
omogenea sia «aprioristicamente esclusa» dall'ambito di  applicazione
dei programmi integrati di riordino urbano. Su questa disposizione si
appuntano le censure del ricorrente. 
    Secondo la versione previgente dell'art.  40,  comma  7,  secondo
periodo, della legge reg. Sardegna  n.  8  del  2015,  erano  esclusi
dall'ambito di tali programmi i centri di antica e prima formazione e
le zone  urbanistiche  omogenee  E  (zone  agricole)  e  H  (zone  di
salvaguardia ambientale). 
    Il ricorrente imputa al legislatore regionale di avere modificato
unilateralmente le norme di gestione e di  uso  delle  aree  tutelate
paesaggisticamente, con una disciplina destinata a incidere anche  su
beni paesaggistici come i centri di antica e prima  formazione  o  su
beni oggetto di  peculiare  tutela,  come  le  zone  agricole,  senza
escludere  dal  suo  ambito  applicativo  le  zone  omogenee  H   (di
salvaguardia ambientale). 
    La normativa impugnata  (art.  40,  comma  2,  della  legge  reg.
Sardegna   n.   8   del   2015)    contemplerebbe    interventi    di
riqualificazione,  di  sostituzione   edilizia,   di   modifiche   di
destinazione  d'uso  di  aree  e  di  immobili  con   un   incremento
volumetrico massimo del 40 per cento della volumetria demolita, senza
escludere  dall'ambito  applicativo  di  tali   interventi   i   beni
culturali. 
    18.2.- Il ricorrente,  pertanto,  denuncia  la  violazione  degli
artt. 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) - «rispetto ai quali
costituiscono norme interposte gli articoli 4, 20, 21, 135, 143,  145
e 156 del codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge  n.  14
del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul  paesaggio,  e
l'articolo 5, comma 11, del decreto legge n. 70 del 2011» - dell'art.
3 dello statuto speciale e del principio di leale collaborazione  con
lo Stato, che si estrinsecherebbe nell'obbligo di copianificazione. 
    18.3.- Le questioni sono fondate, in riferimento all'art. 3 dello
statuto speciale e agli artt. 9 e 117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    18.3.1.-  L'impugnato  art.  15,  comma  1,  lettera  c),  incide
sull'art. 40, comma 7, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    Questa disposizione,  al  primo  periodo,  affida  ai  Comuni  il
compito di individuare gli ambiti territoriali nei  quali  realizzare
gli interventi previsti  dai  programmi  integrati  per  il  riordino
urbano. 
    Tali interventi saranno localizzati, in  via  prioritaria,  nelle
zone urbanistiche omogenee C contigue all'ambito urbano, ovvero nelle
zone  di  espansione  residenziale  «destinate  a   nuovi   complessi
residenziali, che risultino inedificate o nelle quali  l'edificazione
preesistente  non  raggiunga  i  limiti  di   superficie   utilizzata
richiesti per le zone B». 
    La  localizzazione  avverra',  quindi,  nelle  zone  urbanistiche
omogenee D, che si identificano nelle «parti del territorio destinate
a  nuovi  insediamenti   per   impianti   industriali,   artigianali,
commerciali, di conservazione, trasformazione  o  commercializzazione
di prodotti agricoli e/o della  pesca»,  e  nelle  zone  urbanistiche
omogenee G, che consistono nelle «parti del territorio  destinate  ad
edifici, attrezzature ed impianti, pubblici e  privati,  riservati  a
servizi di  interesse  generale,  quali  strutture  per  l'istruzione
secondaria, superiore ed universitaria, i beni culturali, la sanita',
lo sport e le attivita' ricreative, il credito, le  comunicazioni,  o
quali   mercati   generali,   parchi,   depuratori,    impianti    di
potabilizzazione, inceneritori e simili». Quanto alle zone D e G,  il
legislatore regionale precisa che la  localizzazione  avverra'  nelle
zone contigue all'ambito urbano e non completate o dismesse. 
    18.3.2.-  Con  le  modificazioni  introdotte  dalla  disposizione
impugnata cadono le esclusioni originariamente previste dall'art. 40,
comma 7, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 per la realizzazione
dei programmi integrati per il riordino urbano. 
    Nell'assetto  previgente   della   disciplina   regionale,   tali
programmi non potevano essere realizzati nei centri di antica e prima
formazione e nelle zone urbanistiche omogenee E (zone agricole) e  H.
Le zone H, denominate zone di salvaguardia, non rientrano  in  alcuna
delle   classificazioni   elaborate   dall'art.   3    del    decreto
dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica 20  dicembre
1983, n. 2266/U (Disciplina dei limiti e dei rapporti  relativi  alla
formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli
esistenti nei Comuni della Sardegna),  e  «rivestono  un  particolare
valore speleologico, archeologico,  paesaggistico  o  di  particolare
interesse per la collettivita', quali fascia costiera, fascia attorno
agli agglomerati urbani, fascia di rispetto cimiteriale, fascia lungo
le strade statali provinciali e comunali». 
    La disciplina impugnata estende  a  tutte  le  zone  urbanistiche
omogenee l'ambito di applicazione  dei  programmi  integrati  per  il
riordino urbano, dapprima esclusi nelle zone di  particolare  valenza
culturale  o  paesaggistica,  come  i  centri  di  antica   e   prima
formazione, le zone agricole, le zone di salvaguardia ambientale. 
    Una disciplina cosi' congegnata interviene su beni  che  ricevono
specifica tutela nel piano paesaggistico regionale e nella  normativa
regionale previgente, in armonia e in connessione inscindibile con le
previsioni  del  piano.  Nella  prospettiva  di  una  piu'   efficace
protezione del paesaggio,  tale  normativa  escludeva  dai  programmi
integrati per il riordino urbano proprio i  beni  prima  citati  -  i
centri di antica e prima formazione, le zone agricole e  le  zone  di
salvaguardia ambientale -  che  includono  anche  beni  di  peculiare
valore archeologico e paesaggistico, nonche' la fascia costiera. 
    Nel  rimuovere  tali  ipotesi  di  esclusione,  la   disposizione
impugnata riduce la tutela riservata ai beni che, nello stesso  piano
paesaggistico e nella legislazione regionale che ne ha  completato  e
arricchito le indicazioni, sono assoggettati ad autonoma e  peculiare
disciplina. 
    Ne'   tale   decremento   di   tutela   e'   contraddetto   dalla
specificazione che il Consiglio comunale provvede alla localizzazione
delle aree di intervento in coerenza con quanto  statuisce  il  piano
paesaggistico   regionale,   poiche'   all'originaria   e   tassativa
esclusione di alcune aree ora fa riscontro  una  normativa  a  maglie
piu' larghe, che non contempla una protezione inderogabile. 
    18.3.3.-   Si   deve   dichiarare,   pertanto,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 1, lettera c),  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, nella parte in cui abroga l'art. 40, comma 7,
secondo  periodo,  della  legge  reg.  Sardegna  n.   8   del   2015,
introducendo  il  periodo  «Nessuna  zona  urbanistica  omogenea   e'
aprioristicamente esclusa». 
    In virtu' di tale declaratoria di illegittimita'  costituzionale,
i centri di antica e prima formazione, le zone agricole e le zone  di
salvaguardia  ambientale  continuano  a  essere  esclusi  dall'ambito
applicativo dei programmi integrati per il riordino urbano. 
    Sono assorbite le residue censure. 
    19.- Il ricorrente impugna, altresi', l'art. 16 della legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, che  modifica  l'art.  41  della  legge  reg.
Sardegna n. 8 del 2015, nella  parte  in  cui  contiene  disposizioni
transitorie relative alla legge della  Regione  Sardegna  23  ottobre
2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno  dell'economia
mediante il rilancio del settore edilizio  e  per  la  promozione  di
interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo) e  alla
disciplina transitoria del primo "Piano casa". 
    19.1.- In particolare, l'impugnato art. 16  modifica  l'art.  41,
commi 3 e 4, della legge regionale n. 8 del  2015.  Il  comma  3,  in
particolare, richiama l'art. 13 della legge regionale n. 4 del  2009,
anche nella sua lettera d), riguardante  gli  interventi  ammissibili
nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al PPR. 
    Nell'effettuare il  richiamo  di  tale  ultima  legge  regionale,
abrogata dall'art. 44, comma 3, della legge reg. Sardegna  n.  8  del
2015, la normativa impugnata si riprometterebbe  di  «modificare,  in
senso retroattivo, i presupposti  per  l'accoglimento  delle  istanze
presentate entro il termine del 29 novembre 2014 (ai sensi del  comma
1 dell'art. 41 nel testo sopra richiamato), con  questo  introducendo
una sorta di sanatoria» e ampliando le deroghe alle prescrizioni  del
piano  paesaggistico  regionale,  in  contrasto  con  il  divieto  di
sanatoria ex post di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    19.2.- Il ricorrente ravvisa il contrasto con gli artt. 9 e  117,
commi  primo  e  secondo,  lettera  s),  Cost.,  «rispetto  ai  quali
costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e  156  del
Codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge n. 14  del  2006,
di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, e  l'articolo
5, comma 11, del  decreto  legge  n.  70  del  2011»,  in  quanto  la
disciplina impugnata  interverrebbe  «a  regolare  materia  spettante
esclusivamente allo Stato, e comunque in modo difforme dagli obblighi
assunti in sede internazionale». 
    Sarebbe violato anche l'art. 3 dello statuto speciale, poiche' la
normativa in esame, «pur eventualmente appartenendo  alla  competenza
regionale»,  comunque  si  porrebbe  in  contrasto   con   le   norme
fondamentali  di  riforma  economico  sociale   contenute   nell'art.
41-quinquies, commi ottavo e nono, della  legge  n.  1150  del  1942,
negli artt. 2-bis e 14 t.u. edilizia, nell'intesa  sul  "Piano  casa"
del 2009, fondata sull'art. 11 del d.l. n. 112 del 2008, e  nell'art.
5, commi 9 e seguenti, del d.l. n. 70 del 2011, come convertiti. 
    La  disciplina  impugnata  sarebbe  lesiva   del   principio   di
ragionevolezza  (art.  3  Cost.),  in  considerazione  degli   «esiti
manifestamente arbitrari e irragionevoli cui conduce la  modifica  ex
post delle condizioni di accoglimento delle  domande  di  c.d.  piano
casa gia' presentate nel 2014» e delle disparita' di trattamento  che
determina con il mutamento delle regole applicabili. 
    Sarebbe violato, infine, il principio di leale collaborazione. 
    19.3.- La parte resistente ha eccepito  l'inammissibilita'  delle
censure, avendo il ricorrente trascurato di illustrare le ragioni  di
contrasto con le previsioni del piano paesaggistico regionale. 
    Tale eccezione e' fondata con  riguardo  all'art.  16,  comma  1,
lettera b), e le questioni proposte a tale  riguardo  devono  essere,
pertanto, dichiarate inammissibili  sotto  tutti  i  diversi  profili
evocati nel ricorso. 
    La lettera b) dell'impugnato art. 16 della legge reg. Sardegna n.
1 del 2021 ha introdotto alcune modifiche, che  intervengono  in  una
duplice direzione. Essa ha eliminato l'inciso «[n]ei comuni dotati di
piano urbanistico comunale ai sensi della legge regionale n.  45  del
1989, e successive  modifiche  ed  integrazioni»,  con  cui  esordiva
l'art. 41, comma 4, della legge reg. Sardegna  n.  8  del  2015,  nel
consentire  l'attuazione  degli  interventi  localizzati  nelle  zone
urbanistiche C, D e G. 
    E'  stato  poi  eliminato,  nel  medesimo  art.  41,   comma   4,
l'aggettivo «tutte», che precedeva l'espressione «contigue al  centro
urbano», riferita alle zone urbanistiche omogenee C, D e G. 
    Il ricorrente non approfondisce la portata lesiva delle modifiche
di dettaglio apportate dalla normativa impugnata e, a tale  riguardo,
la doglianza non e' articolata in termini idonei a superare il vaglio
di ammissibilita'. 
    Quanto all'art.  16,  comma  1,  lettera  a),  della  legge  reg.
Sardegna n. 1 del 2021, il ricorrente individua, invece,  in  termini
univoci  le  questioni  sottoposte  allo  scrutinio  di  legittimita'
costituzionale, il cui fulcro risiede nella deroga alle  prescrizioni
del piano paesaggistico regionale. 
    19.4.- Le questioni promosse a tale  riguardo  sono  fondate,  in
riferimento all'art. 3 dello statuto speciale e agli artt. 9  e  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    19.4.1.-  Alla  disamina  del  merito  delle  questioni  conviene
premettere  la  ricostruzione  del  quadro  normativo   in   cui   le
innovazioni impugnate si collocano. 
    L'art. 16 della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 incide, con  le
modifiche recate  dalla  lettera  a),  sulle  previsioni  transitorie
dell'art. 41 della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015. 
    L'art. 41, comma 1, di tale legge prevede che le disposizioni  di
cui al Capo I della legge reg. Sardegna n. 4 del 2009,  e  successive
modifiche   ed   integrazioni,   continuino   ad   applicarsi    «per
l'espletamento e fino alla conclusione solamente per  i  procedimenti
instaurati dalla presentazione, entro  il  termine  del  29  novembre
2014, della denuncia di inizio  di  attivita'  o  dell'istanza  volta
all'ottenimento della concessione edilizia, ancorche' le disposizioni
medesime siano divenute inefficaci o siano state modificate al  tempo
della loro applicazione». 
    L'art. 41, comma 3, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, come
modificato  dalla  previsione  impugnata,  consente  l'attuazione  di
determinati interventi, per i quali sia stata positivamente conclusa,
con la sottoscrizione del verbale del  tavolo  tecnico,  la  verifica
della  coerenza  delle  volumetrie  programmate   con   il   contesto
paesaggistico ed ambientale di riferimento,  effettuata  di  concerto
tra amministrazione regionale e amministrazione comunale. 
    L'originaria formulazione contemplava soltanto gli interventi  di
cui alla lettera e) dell'art. 13 della legge reg. Sardegna n.  4  del
2009. Tale ultima disposizione, in particolare, prevede che, ai  fini
della riqualificazione delle  strutture  destinate  all'esercizio  di
attivita' turistico-ricettive,  anche  qualora  localizzate  nei  300
metri dalla linea di  battigia,  ridotti  a  150  metri  nelle  isole
minori,  possano  essere  autorizzati,  in  deroga   agli   strumenti
urbanistici vigenti, interventi di ristrutturazione  e  rinnovamento.
Eventuali incrementi volumetrici, per i  quali  non  opera  l'art.  6
della legge della Regione Sardegna 25  novembre  2004,  n.  8  (Norme
urgenti   di   provvisoria   salvaguardia   per   la   pianificazione
paesaggistica e la tutela  del  territorio  regionale),  non  possono
comunque  superare  il  25  per  cento  dei   volumi   legittimamente
esistenti, a condizione che realizzino concreti obiettivi di qualita'
paesaggistico-architettonica e di efficienza tecnico-funzionale e non
si sviluppino verso il mare. Gli incrementi volumetrici di  cui  alla
citata lettera e) non si applicano alle strutture turistico-ricettive
che abbiano gia' usufruito degli incrementi previsti dall'art. 10-bis
della legge della Regione Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per
l'uso e la tutela del territorio regionale). 
    La previsione impugnata interviene ad aggiungere  il  riferimento
agli interventi contemplati dalla lettera d) dell'art. 13 della legge
reg. Sardegna n. 4 del 2009. Tale ultima disposizione, nei Comuni non
dotati di piano urbanistico comunale di cui alla legge reg.  Sardegna
n. 45 del 1989, nelle zone territoriali  omogenee  C,  D,  G,  ed  F,
all'interno della fascia dei 2.000 metri dalla linea di battigia,  e,
per le isole minori, entro i  500  metri  dalla  linea  di  battigia,
consente  di  realizzare  gli  interventi  previsti  dagli  strumenti
attuativi  gia'  approvati  e  convenzionati,  a  condizione  che  le
relative opere di urbanizzazione siano state  legittimamente  avviate
prima dell'approvazione del piano paesaggistico regionale. Oltre tale
fascia sono realizzabili gli interventi previsti nei piani  attuativi
regolarmente approvati e, se di iniziativa privata, convenzionati. 
    L'art. 13 della legge reg. Sardegna n. 4 del 2009,  che  affidava
ai  piani  paesaggistici,  alle  loro  varianti  e   agli   atti   di
aggiornamento e revisione il compito di introdurre  norme  temporanee
di  salvaguardia   e   di   indicare   le   opere   eseguibili   sino
all'adeguamento  degli  strumenti  urbanistici   comunali,   fissando
principi e direttive puntuali, e' stato abrogato dall'art. 44,  comma
3, della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015.