ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 2,
del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  504  (Riordino  della
finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), come modificato  dall'art.  1,  comma  173,
lettera  b),  della  legge  27  dicembre  2006,   n.   296,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2007)», e dell'art. 13, comma  2,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n.  214,
promosso dalla Commissione tributaria  regionale  della  Liguria  nel
giudizio tra A. D. e il Comune  di  Lavagna,  con  ordinanza  del  23
settembre 2020, iscritta al n. 106  del  registro  ordinanze  2021  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  28,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  23  marzo  2022  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 marzo 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 23 settembre 2020, la Commissione
tributaria regionale della Liguria ha sollevato, in riferimento  agli
artt. 3, 16, 29 e 53 della Costituzione,  questioni  di  legittimita'
costituzionale (come risulta dal  decreto  di  correzione  di  errore
materiale del 9 marzo 2021): a) dell'art. 8,  comma  2,  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino  della  finanza  degli
enti territoriali, a norma dell'articolo 4  della  legge  23  ottobre
1992, n. 421), come modificato dall'art. 1, comma  173,  lettera  b),
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)», nella parte in cui prevede  che,  ai  fini  della
«riduzione/esenzione» dall'imposta comunale sugli immobili (ICI), per
«unita' immobiliare adibita ad  abitazione  principale  del  soggetto
passivo [si intende]  salvo  prova  contraria,  quella  di  residenza
anagrafica» e che «[p]er  abitazione  principale  si  intende  quella
nella quale il contribuente, che la possiede a titolo  di  proprieta'
usufrutto  o  altro  diritto  reale,  e  i  suoi  familiari  dimorano
abitualmente»; b) dell'art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui prevede che,
ai fini dell'esenzione dall'imposta municipale  unica  (IMU),  «[p]er
abitazione principale si intende l'immobile, iscritto  o  iscrivibile
nel catasto edilizio urbano come unica unita' immobiliare, nel  quale
il possessore e il  suo  nucleo  familiare  dimorano  abitualmente  e
risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i  componenti  del  nucleo
familiare  abbiano  stabilito  la  dimora  abituale  e  la  residenza
anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio  comunale,  le
agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze
in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile»; 
    che   le   questioni   vengono   prospettate   nel    presupposto
interpretativo che «entrambe  le  norme  [...]  secondo  il  "diritto
vivente", escludono la riduzione/esenzione dall'imposta [ICI  e  IMU]
per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in  immobili
situati  in  diversi  territori  comunali»,  salva  la  prova   della
separazione legale o divorzio; 
    che, in punto di rilevanza, la CTR rimettente premette di  essere
chiamata a decidere in ordine al ricorso  proposto  dal  contribuente
avverso un avviso di accertamento con il quale il Comune  di  Lavagna
gli ha contestato il mancato pagamento dell'ICI, per l'anno 2011,  in
relazione  a  un  appartamento  di  sua  proprieta',  ove   risiedeva
anagraficamente ma ove - ad avviso dell'ente - non dimorava il nucleo
familiare, «in quanto la moglie [...]  era  residente,  nello  stesso
anno, col figlio [...] in  Chiavari  [...]  in  appartamento  di  sua
esclusiva proprieta'»; 
    che, secondo quanto riferisce il giudice a quo, nel  giudizio  di
prime cure - che si e' concluso con il rigetto  della  domanda  -  il
contribuente ha sostenuto «di essere separato di fatto dal  1993,  in
regime di separazione dei beni, con domicili e  residenze  in  comuni
diversi fin dal 1993», indicando a sostegno  di  quanto  dedotto,  in
particolare, l'intestazione di usuali utenze domestiche con  «consumi
rilevati compatibili con l'uso prevalente del piccolo appartamento da
parte del nucleo  familiare,  senza  prova  contraria  da  parte  del
Comune»; 
    che - aggiunge ancora il rimettente - il  Comune  di  Lavagna  ha
eccepito che «la prova, anche indiziaria, della residenza "effettiva"
o "fittizia" del  Ricorrente  in  Lavagna  [sarebbe]  inconferente  e
superflua  in  quanto  la  (pacifica)  residenza  della  moglie,  non
legalmente separata, nel diverso Comune di Chiavari [sarebbe], di per
se' sola, [...] preclusiva dell'agevolazione ICI praticata dal marito
in quanto prova inconfutabile della non convivenza  nella  abitazione
principale nella quale il contribuente e i  suoi  familiari  dimorano
abitualmente»; 
    che secondo la CTR  rimettente  -  esclusa  la  fondatezza  degli
ulteriori vizi dedotti - il giudizio  non  potrebbe  essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione delle questioni  di  legittimita'
costituzionale, dovendosi  vagliare  l'interpretazione  adottata  dal
Comune di Lavagna, ai fini  dell'esenzione  dall'imposta,  «sotto  il
duplice profilo del  valore  probatorio  (legale  o  semplice)  della
certificazione di residenza anagrafica e dell'onere  probatorio  (del
Contribuente o del  Comune)  al  fine  della  prova  della  residenza
"effettiva" nell'"abitazione principale/familiare"»; 
    che, ad avviso del giudice a quo, l'esegesi fornita dal Comune di
Lavagna «non [sarebbe] l'unica possibile»; 
    che, infatti, sulla base dei principi di diritto elaborati  della
giurisprudenza della Corte  di  cassazione  dal  2010  al  2019,  con
riferimento alla disciplina dell'ICI, «al  giudicante  sarebbe  stata
ancora consentita  un'interpretazione  -  eventualmente  difforme  da
quella adottata dal primo giudice - tendente a superare il dubbio  di
costituzionalita'    con    un'interpretazione    (ritenuta     piu')
"costituzionalmente orientata"», segnatamente nel senso  di  limitare
il beneficio a un solo immobile  sito  nel  Comune  di  residenza  di
entrambi i  coniugi,  senza  escluderlo  a  priori  per  il  soggetto
residente in altro Comune per «esigenze personali» e salvo la  prova,
anche indiziaria, della fittizieta' della  residenza  anagrafica  per
finalita' elusive; 
    che, tuttavia, prosegue la CTR, tale opzione interpretativa  «che
certamente rientrava nella [sua] prerogativa decisionale  [...]  pare
oggi preclusa da due recenti ordinanze della Cassazione, sez. VI, nn.
4166/2020 e 4170/2020»; 
    che, infatti, tali pronunce, pur avendo a oggetto un accertamento
IMU «necessariamente estendono il loro effetto anche alla  precedente
imposta  in  quanto  espressamente  richiamano   precedenti   arresti
giurisprudenziali in materia ICI»; 
    che, in particolare, qualora - come  nel  caso  in  esame  -  sia
incontestato che il coniuge del ricorrente risieda in  altro  Comune,
le menzionate pronunce del 2020 avrebbero ribadito quanto  la  stessa
Corte di cassazione aveva in precedenza affermato ai fini ICI e cioe'
che  «un'unita'  immobiliare  puo'  essere  riconosciuta   abitazione
principale  solo  se  costituisca  dimora  abituale  non   solo   del
ricorrente, ma anche dei  suoi  familiari,  non  potendo  sorgere  il
diritto alla  detrazione  nell'ipotesi  in  cui  tale  requisito  sia
riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari»; 
    che, secondo il giudice  a  quo,  la  recente  giurisprudenza  di
legittimita' costituirebbe ormai diritto vivente «tanto da  annullare
ogni  difforme  spazio  interpretativo»;  da  qui  la  necessita'  di
sollevare d'ufficio le questioni di legittimita' costituzionale; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza,  la  CTR  rimettente
ritiene che la descritta interpretazione dell'art. 8,  comma  2,  del
d.lgs. n. 504 del 1992,  come  modificato  dall'art.  1,  comma  173,
lettera b), della legge n. 296 del 2006, e dell'art. 13, comma 2, del
d.l. n. 201 del 2011, come convertito, sia lesiva degli artt. 3,  16,
29 e 53 Cost. determinando: 
    a) una disparita' di trattamento tra coppie coniugate  che  hanno
residenza anagrafica nello stesso Comune e quelle che hanno residenza
anagrafica in Comuni diversi, «consentendo alle prime una  detrazione
ICI/IMU e nessuna alle seconde»; 
    b) una disparita' di trattamento tra le coppie coniugate,  da  un
lato,  e  le  coppie  di  fatto  o  le  unioni  civili,   dall'altro,
«consentendo alle prime una o nessuna, detrazione, a differenza dalle
altre, alle quali possono spettarne anche due»; 
    c)  «un  irrazionale  onere  alla  liberta'  di  circolazione   e
soggiorno» delle  coppie  coniugate  rispetto  alle  altre,  «ponendo
limitazioni economiche (l'esclusione dal beneficio fiscale)» in  base
esclusivamente alla scelta della  diversa  residenza  anagrafica  dei
coniugi; 
    d) una irragionevole correlazione di una  parte  della  capacita'
contributiva dei coniugi solo al fatto formale della  loro  residenza
anagrafica,  «in  base  esclusivamente  alla  scelta  della   diversa
residenza anagrafica dei coniugi»; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  inammissibili  o
comunque non fondate; 
    che, preliminarmente, la difesa  statale  ritiene  inammissibile,
per  difetto  di  rilevanza,  l'estensione  delle  censure  sollevate
sull'art. 8, comma 2, del  d.lgs.  n.  504  del  1992  -  applicabile
ratione temporis all'accertamento relativo all'ICI dovuta per  l'anno
2011 - all'art.  13,  comma  2,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  come
convertito, introduttivo dell'IMU; 
    che, ad avviso dell'Avvocatura generale,  da  cio'  discenderebbe
che il vaglio di legittimita' costituzionale andrebbe circoscritto al
citato art. 8, comma 2, in quanto unica  disposizione  rilevante  nel
giudizio principale; 
    che, inoltre, data la diversita'  della  disciplina  agevolativa,
come confermata dal diritto vivente (e' citata Corte  di  cassazione,
sezione sesta civile, ordinanza 24 settembre  2020,  n.  20130),  con
riferimento   all'ICI   resterebbe   ancora   valido   l'orientamento
giurisprudenziale, espresso dalla Corte di cassazione, sezione quinta
civile, sentenza 15 giugno 2010, n. 14389, che «non esclude a  priori
il "doppio beneficio" per coniugi residenti anagraficamente in comuni
diversi»; 
    che, dunque, la questione cosi'  come  formulata  in  riferimento
all'ICI  sarebbe  inammissibile  perche',  contrariamente  a   quanto
affermato  nell'ordinanza  di  rimessione,  permarrebbero  i  criteri
ermeneutici ritenuti dallo stesso giudice a  quo  «costituzionalmente
orientati» e che non potrebbero essere pregiudicati dalla  successiva
giurisprudenza che si e' formata in tema di IMU; 
    che,  nel  merito,  l'Avvocatura  generale   argomenta   la   non
fondatezza delle censure contestando  il  presupposto  interpretativo
del rimettente circa un asserito mutamento  della  giurisprudenza  di
legittimita'  che,  pur  riguardando  l'IMU,  si  dovrebbe  estendere
«necessariamente» anche all'ICI con l'effetto di non consentire  piu'
«la concessione del "doppio beneficio"»; 
    che, ad avviso della difesa statale, invece, la continuita' - dal
2010 al 2019 - della linea ermeneutica  della  Cassazione  in  merito
alla spettanza dell'agevolazione ai fini  ICI  confermerebbe  che  la
lettera e la ratio del citato art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504  del
1992 sarebbero nel senso «di  impedire  che  la  fittizia  assunzione
della dimora o della residenza in altro luogo da  parte  di  uno  dei
coniugi crei la possibilita' per  il  medesimo  nucleo  familiare  di
godere due volte dei benefici per l'abitazione principale» (e' citata
Corte di cassazione, sezione quinta,  ordinanza  7  giugno  2019,  n.
15439); 
    che, secondo l'interveniente, le  censure  sarebbero  dunque  non
fondate poiche' la disciplina  di  favore,  «lungi  dal  discriminare
aprioristicamente ed irragionevolmente le coppie coniugate da  quelle
"di fatto" ai vari livelli di tutela costituzionale  (di  uguaglianza
sostanziale, di circolazione, di scelta della  casa  familiare  e  di
capacita' contributiva dei coniugi), risult[erebbe] preclusa ai  soli
coniugi che  stabiliscano  fittiziamente  diverse  dimore  in  luoghi
diversi, al solo scopo di far  conseguire  al  nucleo  familiare  due
volte la stessa detrazione d'imposta,  pur  convivendo  nella  stessa
abitazione principale». 
    Considerato  che,  con  ordinanza  del  23  settembre  2020,   la
Commissione tributaria  regionale  della  Liguria  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 16, 29 e 53 della  Costituzione,  questioni
di  legittimita'  costituzionale  (come  risulta   dal   decreto   di
correzione di errore materiale del 9 marzo  2021):  a)  dell'art.  8,
comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  504  (Riordino
della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4  della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), come modificato  dall'art.  1,  comma
173, lettera b), della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2007)», nella  parte  in  cui  prevede
che, ai fini della «riduzione/esenzione» dall'imposta comunale  sugli
immobili  (ICI),  per  «unita'  immobiliare  adibita  ad   abitazione
principale del soggetto passivo [si intende] salvo  prova  contraria,
quella di residenza anagrafica» e che «[p]er abitazione principale si
intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a  titolo
di proprieta' usufrutto o altro diritto reale,  e  i  suoi  familiari
dimorano abitualmente»; b) dell'art. 13, comma 2, del decreto-legge 6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella  parte  in
cui prevede che, ai fini dell'esenzione dall'imposta municipale unica
(IMU), «[p]er abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o
iscrivibile  nel  catasto   edilizio   urbano   come   unica   unita'
immobiliare, nel quale  il  possessore  e  il  suo  nucleo  familiare
dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui  i
componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora  abituale
e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel  territorio
comunale, le  agevolazioni  per  l'abitazione  principale  e  per  le
relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per
un solo immobile»; 
    che   le   questioni   vengono   prospettate   nel    presupposto
interpretativo che «entrambe  le  norme  [...]  secondo  il  "diritto
vivente", escludono la riduzione/esenzione dall'imposta [ICI  e  IMU]
per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in  immobili
situati  in  diversi  territori  comunali»,  salva  la  prova   della
separazione legale o divorzio; 
    che tale interpretazione dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n.  504
del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lettera  b),  della
legge n. 296 del 2006, e dell'art. 13, comma 2, del d.l. n.  201  del
2011, come convertito, sarebbe lesiva degli artt.  3,  16,  29  e  53
Cost.; 
    che infatti si determinerebbe una disparita' di  trattamento  tra
coppie coniugate che hanno residenza anagrafica nello stesso Comune e
quelle che hanno residenza anagrafica in Comuni diversi;  e,  ancora,
una disparita' di trattamento tra le coppie coniugate, da un lato,  e
le coppie di fatto o le unioni civili, dall'altro, «consentendo  alle
prime una o nessuna, detrazione, a differenza dalle altre, alle quali
possono spettarne anche due»; 
    che la predetta  interpretazione  introdurrebbe  «un  irrazionale
onere» (con ricadute anche economiche) alla liberta' di  circolazione
e soggiorno delle coppie  coniugate  rispetto  alle  altre,  in  base
esclusivamente alla scelta della  diversa  residenza  anagrafica  dei
coniugi; nonche' una irragionevole correlazione di  una  parte  della
capacita' contributiva dei coniugi al solo fatto formale  della  loro
residenza anagrafica; 
    che,  innanzitutto,  e'  manifestamente  fondata  l'eccezione  di
inammissibilita' formulata dal Presidente del Consiglio dei ministri,
intervenuto in giudizio  per  mezzo  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato, per difetto  di  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011,  come
convertito, poiche' oggetto di impugnativa nel giudizio principale e'
un avviso di accertamento relativo all'ICI dovuta  per  l'anno  2011,
secondo le disposizioni dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n.  504  del
1992; 
    che, in particolare, ai sensi dell'art. 13, comma 1, del d.l.  n.
201 del 2011, come convertito, l'istituzione dell'IMU (ad opera degli
artt. 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo  2011,  n.  23,  recante
«Disposizioni in materia  di  federalismo  Fiscale  Municipale»),  e'
stata «anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012»; 
    che,  dunque,  il  giudice  a  quo  non  deve  fare  applicazione
dell'art. 13, comma 2, del  medesimo  d.l.  n.  201  del  2011,  come
convertito,  recante  la  disciplina  dell'esenzione  dell'abitazione
principale dall'IMU; 
    che non  e',  invece,  fondata  l'eccezione  di  inammissibilita'
sollevata  dall'Avvocatura  generale   per   omessa   interpretazione
costituzionalmente conforme dell'art. 8, comma 2, del d.lgs.  n.  504
del 1992; 
    che, infatti, il giudice a quo ha ritenuto di  per  se'  ostativo
alla possibilita'  di  tale  interpretazione  la  sussistenza  di  un
diritto vivente, relativo si' alla disciplina  dell'IMU,  ma,  a  suo
dire, applicabile anche alla norma in discorso e pertanto «laddove il
rimettente abbia considerato la possibilita' di  una  interpretazione
idonea a  eliminare  il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale,  e
l'abbia motivatamente scartata, la valutazione  sulla  correttezza  o
meno   dell'opzione   ermeneutica   prescelta   riguarda   non   gia'
l'ammissibilita' della questione sollevata, bensi' il merito di  essa
(ex multis, sentenze n. 241 e n.189 del 2019;  sentenza  n.  135  del
2018)» (sentenza n. 50 del 2020); 
    che,   tuttavia,   va    rilevata    d'ufficio    la    manifesta
inammissibilita'  della  questione  di  legittimita'   costituzionale
avente ad oggetto l'art. 8, comma 2, del  d.lgs.  n.  504  del  1992,
perche' formulata in modo oscuro e contraddittorio,  con  conseguenti
ripercussioni in termini di ambiguita' del petitum; 
    che, in particolare, le doglianze sono  strutturate  in  modo  da
risultare  condizionate,  in  modo  inscindibile,  da  elementi   che
attengono unicamente alla disciplina dell'IMU, la  quale,  come  gia'
rilevato, non assume alcuna rilevanza nel giudizio a quo; 
    che la CTR della  Liguria,  infatti,  censura  in  modo  unitario
entrambe le norme sull'ICI e sull'IMU «nella parte in cui, secondo il
"diritto vivente", escludono la riduzione/esenzione dall'imposta  per
i coniugi con residenza anagrafica  e  dimora  abituale  in  immobili
situati in diversi territori comunali, di fatto escludendo  la  prova
contraria della parte interessata, Comune o Contribuente,  in  quanto
e' la stessa certificazione anagrafica a costituire prova documentale
della residenza/dimora abituale attuali»; 
    che, dunque, dichiarata manifestamente inammissibile la doglianza
relativa all'art. 13, comma  2,  del  d.l.  n.  201  del  2011,  come
convertito, la richiesta unitariamente rivolta a questa Corte risulta
oscura e contraddittoria,  perche'  volta  a  censurare  gli  effetti
asseritamente preclusivi del diritto vivente relativi a un elemento -
il requisito della residenza anagrafica  -  che  nel  contesto  della
disciplina dell'ICI ha invece, per espressa  disposizione  normativa,
solo valenza di presunzione legale relativa; 
    che tale profilo non e' assolutamente chiarito dal rimettente, il
quale si limita a configurare sulla  base  dei  medesimi  motivi  una
doppia identica censura  al  contempo  sulla  disciplina  agevolativa
dell'ICI  e  dell'IMU,  con  cio'   viziando   irrimediabilmente   la
questione. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale, vigente ratione temporis.