ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma
1-bis, del decreto legislativo 18 agosto  2015,  n.  142  (Attuazione
della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei
richiedenti  protezione  internazionale,  nonche'   della   direttiva
2013/32/UE, recante procedure comuni ai  fini  del  riconoscimento  e
della  revoca  dello  status  di  protezione  internazionale),   come
introdotto  dall'art.  13,  comma  1,  lettera  a),  numero  2),  del
decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia
di protezione  internazionale  e  immigrazione,  sicurezza  pubblica,
nonche' misure per la  funzionalita'  del  Ministero  dell'interno  e
l'organizzazione  e  il  funzionamento  dell'Agenzia  nazionale   per
l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalita' organizzata), convertito, con modificazioni,  nella
legge 1° dicembre 2018, n. 132, promosso dal Tribunale  ordinario  di
Salerno, prima sezione civile, nel procedimento vertente tra K. M.  e
il Comune di Ascea, con ordinanza del 29 gennaio  2020,  iscritta  al
numero 11 del registro ordinanze 2021  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  6,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2021. 
    Udita nella camera di consiglio dell'11 maggio  2022  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'11 maggio 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 29 gennaio 2020 (reg. ord. n.  11
del 2021), il Tribunale ordinario di Salerno, prima  sezione  civile,
ha sollevato questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,
comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  18  agosto  2015,  n.   142
(Attuazione  della  direttiva  2013/33/UE  recante   norme   relative
all'accoglienza dei richiedenti  protezione  internazionale,  nonche'
della direttiva 2013/32/UE, recante  procedure  comuni  ai  fini  del
riconoscimento  e   della   revoca   dello   status   di   protezione
internazionale), introdotto dall'art. 13, comma 1, lettera a), numero
2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in
materia  di  protezione  internazionale  e  immigrazione,   sicurezza
pubblica,  nonche'  misure  per  la   funzionalita'   del   Ministero
dell'interno  e  l'organizzazione  e  il  funzionamento  dell'Agenzia
nazionale  per  l'amministrazione  e   la   destinazione   dei   beni
sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata),  convertito,
con  modificazioni,  nella  legge  1°  dicembre  2018,  n.  132,  per
violazione degli artt. 2, 3 e 16 della Costituzione; 
    che il rimettente premette  di  essere  stato  adito  da  K.  M.,
cittadino extracomunitario, che ha convenuto il Comune di Ascea,  non
costituito nel giudizio a quo, con un ricorso ai sensi dell'art.  700
del codice di procedura civile, chiedendo al giudice di  ordinare  al
sindaco l'immediata iscrizione del ricorrente nel registro anagrafico
della popolazione residente; 
    che K. M. ha riferito al Tribunale di Salerno: di essere titolare
del permesso di soggiorno per richiesta di asilo,  rilasciato  il  23
maggio 2019; di dimorare da piu' di tre  mesi  presso  un  centro  di
accoglienza; di aver chiesto,  il  10  settembre  2019,  l'iscrizione
nell'anagrafe del Comune ove dimora; di aver ricevuto  il  diniego  a
questa richiesta da parte del responsabile dell'ufficio  demografico,
poiche', ai sensi del censurato art. 4, comma 1-bis, il  permesso  di
soggiorno per richiesta di asilo non costituirebbe valido titolo  per
l'iscrizione anagrafica; infine, di ritenere illegittimo tale rifiuto
in quanto la  norma  censurata  avrebbe  solo  abolito  la  procedura
semplificata di iscrizione  anagrafica  prevista  dall'abrogato  art.
5-bis del d.lgs. n. 142 del 2015; 
    che, quanto al fumus boni juris, il giudice  a  quo  rileva  che,
secondo la  Corte  di  cassazione,  le  controversie  in  materia  di
iscrizione anagrafica attengono  a  diritti  soggettivi  e  rientrano
nella giurisdizione del giudice ordinario; 
    che,  pertanto,  il  potere  dell'ufficiale  d'anagrafe   sarebbe
limitato all'accertamento dei presupposti dell'iscrizione e dunque  a
un'attivita' di  tipo  vincolato,  inidonea  a  degradare  i  diritti
soggettivi (Corte di cassazione, sezioni unite,  sentenza  19  giugno
2000, n. 449); 
    che,  secondo  il  rimettente,   il   diritto   dello   straniero
all'iscrizione anagrafica risulterebbe  dall'art.  6,  comma  7,  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), in base al quale «[l]e  iscrizioni
e variazioni anagrafiche dello  straniero  regolarmente  soggiornante
sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini  italiani  con
le modalita' previste dal regolamento di attuazione»; 
    che, dunque, in virtu' della  norma  sopra  citata  e  di  quanto
previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio  1989,
n.  223  (Approvazione  del  nuovo   regolamento   anagrafico   della
popolazione residente), i presupposti  del  diritto  dello  straniero
all'iscrizione anagrafica sarebbero due: la regolarita' del soggiorno
in Italia e la dimora abituale nel Comune, entrambi  sussistenti  nel
caso di specie, poiche'  il  ricorrente,  titolare  del  permesso  di
soggiorno per richiesta di asilo, sarebbe ospite da piu' di tre  mesi
di un centro di accoglienza; 
    che il giudice a quo non condivide l'interpretazione  adeguatrice
di tale disposizione (secondo la quale essa avrebbe solo  abolito  la
procedura  semplificata  di  iscrizione  anagrafica  del  richiedente
asilo), seguita da alcuni giudici di merito e posta alla  base  della
domanda cautelare, in quanto essa renderebbe la  disposizione  stessa
inutile, assegnando a una norma  derogatoria  lo  stesso  significato
della regola generale (secondo la quale il permesso di soggiorno  non
e' sufficiente  per  l'iscrizione  anagrafica,  occorrendo  anche  la
residenza); 
    che, inoltre, la procedura semplificata di iscrizione  anagrafica
sarebbe stata abrogata dall'art. 13, comma 1, lettera c), del d.l. n.
113  del  2018,  come  convertito,  e  l'interpretazione  adeguatrice
sarebbe smentita dai  lavori  preparatori  della  relativa  legge  di
conversione, nel corso  dei  quali  si  e'  discusso  di  «esclusione
dall'iscrizione anagrafica»; 
    che la disposizione censurata dovrebbe invece essere  intesa  nel
senso che, poiche' il permesso di soggiorno «non  costituisce  titolo
per l'iscrizione anagrafica», viene a mancare il primo presupposto di
essa, cioe' la regolarita' del soggiorno:  infatti,  il  permesso  di
soggiorno per richiedenti asilo, a differenza degli  altri  permessi,
non  integrerebbe  la  condizione  del  soggiorno  regolare  ai  fini
dell'iscrizione anagrafica. Il richiedente asilo sarebbe  autorizzato
a rimanere in Italia, ma non avrebbe diritto all'iscrizione; 
    che,  cosi'  intesa,  la  disposizione  censurata  violerebbe   i
«diritti umani fondamentali tutelati  dall'art.  2  Cost.  (l'accesso
all'assistenza sociale  e  la  concessione  di  eventuali  sussidi  o
agevolazioni previste dal Comune, come quelle basate sulle condizioni
di reddito; il conseguimento della patente di guida italiana [...])»,
il  «principio  di  uguaglianza   (art.   3),   per   l'irragionevole
trattamento rispetto  allo  straniero  regolarmente  soggiornante  ad
altro  titolo»,  e  la  «liberta'  di  soggiorno   (art.   16),   per
l'esclusione dello straniero avente diritto ad una definizione  della
sua domanda di protezione internazionale da una  regolare  condizione
anagrafica»; 
    che  il  giudice  a  quo  argomenta  poi  sulla  rilevanza  delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale,  sottolineando  che   la
definizione del  giudizio  cautelare  dipenderebbe  dall'applicazione
della norma censurata; 
    che, infine, il rimettente, ritenuto di  non  poter  ordinare  al
Comune  l'iscrizione  anagrafica,  in  ragione  del  divieto  di  cui
all'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n.  2248,  recante  «Legge  sul
contenzioso amministrativo (All. E)», «dichiara, in via provvisoria e
fino  alla  ripresa  del  giudizio  cautelare  dopo  l'incidente   di
legittimita' costituzionale, la sussistenza del diritto» di K.  M.  a
essere iscritto all'anagrafe del Comune di Ascea; 
    che nel presente giudizio non e' intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    Considerato che, con ordinanza del 29 gennaio 2020 (reg. ord.  n.
11 del 2021),  il  Tribunale  ordinario  di  Salerno,  prima  sezione
civile,  ha  sollevato  questioni  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 4, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2015,  n.
142 (Attuazione della direttiva  2013/33/UE  recante  norme  relative
all'accoglienza dei richiedenti  protezione  internazionale,  nonche'
della direttiva 2013/32/UE, recante  procedure  comuni  ai  fini  del
riconoscimento  e   della   revoca   dello   status   di   protezione
internazionale), introdotto dall'art. 13, comma 1, lettera a), numero
2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in
materia  di  protezione  internazionale  e  immigrazione,   sicurezza
pubblica,  nonche'  misure  per  la   funzionalita'   del   Ministero
dell'interno  e  l'organizzazione  e  il  funzionamento  dell'Agenzia
nazionale  per  l'amministrazione  e   la   destinazione   dei   beni
sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata),  convertito,
con  modificazioni,  nella  legge  1°  dicembre  2018,  n.  132,  per
violazione degli artt. 2, 3 e 16 della Costituzione; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione,  questa  Corte,
con la sentenza n.  186  del  2020,  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1-bis, del d.lgs. n. 142 del  2015,
come introdotto dall'art. 13, comma 1, lettera  a),  numero  2),  del
d.l. n. 113 del 2018, come  convertito,  e,  in  via  consequenziale,
delle restanti disposizioni del medesimo art. 13; 
    che, pertanto, le questioni in  esame  devono  essere  dichiarate
manifestamente inammissibili in quanto ormai  prive  di  oggetto  (ex
plurimis, ordinanze n. 47 del 2021, n. 225, n. 220, n. 203, n. 125  e
n.  105  del  2020),  atteso  che,  in  ragione   della   intervenuta
dichiarazione di illegittimita' costituzionale,  e'  venuta  meno  la
norma che  -  secondo  il  rimettente  -  determinava  il  denunciato
contrasto con i parametri costituzionali evocati. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale, nel testo vigente ratione temporis.