ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  12  della
legge della Regione Siciliana  3  febbraio  2021,  n.  2  (Intervento
correttivo alla legge regionale 13 agosto 2020, n. 19  recante  norme
sul governo del territorio), promosso dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 16 aprile 2021, depositato  in
cancelleria il 20 aprile 2021, iscritto al n. 25 del registro ricorsi
2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  18,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  26  aprile  2022  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giuseppa Mistretta
per la Regione Siciliana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 26 aprile 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato  il  16  aprile  2021,  depositato  in
cancelleria il 20 aprile 2021  e  iscritto  al  n.  25  del  registro
ricorsi 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art. 12
della legge della Regione Siciliana 3 febbraio 2021, n. 2 (Intervento
correttivo alla legge regionale 13 agosto 2020, n. 19  recante  norme
sul governo del territorio), nella  parte  in  cui  sostituisce  come
segue i commi 4, 5  e  6  dell'art.  37  della  legge  della  Regione
Siciliana  13  agosto  2020,  n.  19  (Norme  per  il   governo   del
territorio): «[n]ella Regione si applica  il  decreto  legislativo  3
aprile  2018,  n.  34  e   successive   modificazioni»   (comma   4);
«[l]'articolo 10 della legge  regionale  6  aprile  1996,  n.  16  e'
abrogato» (comma 5); «[a]lla lettera e) del comma 1 dell'articolo  15
della legge regionale 12 giugno  1976,  n.  78,  le  parole  da  "dal
limite" fino a "forestali e" sono soppresse» (comma 6). 
    Cosi' facendo, il legislatore regionale avrebbe esorbitato  dalla
sua competenza legislativa primaria in  materia  «urbanistica»  e  in
materia di «tutela del paesaggio» attribuita alla  Regione  Siciliana
dall'art. 14, lettere f) e  n),  del  regio  decreto  legislativo  15
maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale  26  febbraio
1948, n. 2 (Approvazione  dello  statuto  della  Regione  siciliana),
ponendosi le citate disposizioni in contrasto con le  seguenti  norme
statali di grande riforma economico-sociale: artt. 135, 140, comma 2,
143, 167 e 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo  10  della
legge 6 luglio 2002, n. 137); art.  3,  commi  3  e  4,  del  decreto
legislativo 3 aprile 2018, n. 34 (Testo unico in materia di foreste e
filiere forestali); artt. 32 della legge  28  febbraio  1985,  n.  47
(Norme in materia di controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero  e  sanatoria  delle  opere  abusive),  e  32  del
decreto-legge 30 settembre 2003, n.  269  (Disposizioni  urgenti  per
favorire lo sviluppo e per la  correzione  dell'andamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  24  novembre
2003, n. 326; art. 1-ter del decreto-legge 27  giugno  1985,  n.  312
(Disposizioni  urgenti  per  la  tutela  delle  zone  di  particolare
interesse ambientale), convertito, con modificazioni, nella  legge  8
agosto 1985, n. 431 (d'ora in avanti: legge Galasso). 
    Le stesse disposizioni violerebbero inoltre, sotto vari  profili,
gli artt. 3, 9, 97 e 117, secondo comma, lettere l), m), e s),  della
Costituzione. 
    1.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri premette di  avere
in precedenza impugnato,  con  il  ricorso  iscritto  al  n.  97  del
registro ricorsi 2020, l'art. 37 della legge reg. Siciliana n. 19 del
2020, limitatamente ai commi 3, 4, 5, 6, lettere c) e d), 7, 8 e 9, e
che successivamente la Regione e' intervenuta  con  l'art.  12  della
legge reg. Siciliana n.  2  del  2021,  sostituendo  le  disposizioni
impugnate con i nuovi commi 1, 2 e 3 del riformulato art. 37. Ad essi
ha tuttavia aggiunto i nuovi commi 4, 5 e 6, in materia di  boschi  e
foreste, sui quali si incentrano  le  questioni  proposte  in  questa
sede. 
    Il ricorrente descrive poi l'evoluzione del quadro  normativo  di
riferimento, prendendo le mosse dal vincolo paesaggistico ex lege  di
boschi e foreste introdotto nel 1985 dalla  legge  Galasso  (art.  1,
primo comma, lettera g).  Tale  vincolo,  riprodotto  nell'art.  146,
comma 1, lettera g), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.  490
(Testo unico  delle  disposizioni  legislative  in  materia  di  beni
culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre
1997,  n.  352),  e'  attualmente  previsto,  con   analoga   portata
precettiva, dall'art. 142, comma 1, lettera g), cod. beni culturali. 
    Riferisce ancora il ricorrente che la Regione  Siciliana  si  era
dotata di una disciplina di tutela dei  boschi  e  delle  foreste  in
epoca precedente, con la legge  della  Regione  Siciliana  12  giugno
1976, n. 78 (Provvedimenti per lo sviluppo del turismo  in  Sicilia),
il cui art. 15, primo comma, lettera e) - nel  testo  anteriore  alle
modifiche introdotte dal nuovo comma 6 dell'art. 37 della legge  reg.
Siciliana n. 19 del 2020, come sostituito dall'art.  12  della  legge
reg. Siciliana n. 2  del  2021  -  prevedeva  che  «[a]i  fini  della
formazione degli  strumenti  urbanistici  generali  comunali  debbono
osservarsi, in tutte le zone omogenee ad eccezione delle zone A e  B,
in aggiunta alle  disposizioni  vigenti,  le  seguenti  prescrizioni:
[...] e) le costruzioni debbono arretrarsi di metri  200  dal  limite
dei  boschi,  delle  fasce  forestali  e  dai  confini   dei   parchi
archeologici». 
    Ulteriori disposizioni regionali a tutela  di  boschi  e  foreste
venivano poi adottate, dopo l'entrata in vigore della legge  Galasso,
con la legge della Regione Siciliana 6 aprile 1996, n.  16  (Riordino
della  legislazione  in  materia  forestale   e   di   tutela   della
vegetazione), il cui art. 10 - integralmente abrogato dal nuovo comma
5 dell'art. 37 della legge  reg.  Siciliana  n.  19  del  2020,  come
sostituito dall'art. 12 della legge reg. Siciliana n. 2  del  2021  -
prevedeva: il divieto di nuove costruzioni «all'interno dei boschi  e
delle fasce forestali», nonche' «entro una zona di rispetto [...] dal
limite esterno dei medesimi» (comma 1), zona di estensione  variabile
da 50 a 200 metri in base alle superfici dei boschi (commi 1, 2 e 3),
fatte salve alcune deroghe al  vincolo  d'inedificabilita'  e  alcune
precisazioni circa il suo ambito di applicazione (commi da 3-bis a 10
e 12); «in ogni caso», l'assoggettamento «di diritto» delle «zone  di
rispetto di cui ai commi da 1 a 3 [...] al vincolo  paesaggistico  ai
sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497» (comma 11). 
    La  Regione  Siciliana  avrebbe  dunque  esercitato  la   propria
potesta' legislativa in materia di tutela  del  paesaggio  estendendo
alle zone di rispetto il vincolo paesaggistico imposto  su  boschi  e
foreste dalla legge Galasso (art. 10,  comma  11,  della  legge  reg.
Siciliana n. 16 del 1996), vietando l'edificabilita' di boschi, fasce
forestali e zone di rispetto (art. 10, commi 1, 2 e  3,  della  legge
reg. Siciliana n. 16 del 1996), e  prescrivendo  l'inserimento  negli
strumenti urbanistici del vincolo di arretramento  delle  costruzioni
di almeno 200 metri dal limite dei boschi  e  delle  fasce  forestali
(art. 15, primo comma, lettera e, della legge reg.  Siciliana  n.  78
del 1976). 
    Abolendo ora sia il vincolo paesaggistico ope legis sulle zone di
rispetto esistente sin dal  1996,  sia  la  tutela  «sostanziale»  di
boschi, fasce forestali e zone di rispetto, il legislatore  regionale
avrebbe  determinato  un  generale  abbassamento   del   livello   di
protezione dei boschi e delle  foreste,  oltretutto  in  assenza  del
piano paesaggistico esteso a tutto il territorio siciliano, cio'  che
lascerebbe le zone di rispetto prive di disciplina d'uso. 
    1.2.- Sarebbero cosi' violati, innanzitutto,  l'art.  9  Cost.  e
l'art. 14, lettera n), dello statuto speciale. 
    Secondo il ricorrente, la sottoposizione ex lege  delle  zone  di
rispetto a vincolo paesaggistico precisava  la  portata  del  vincolo
stabilito dalla legge Galasso per i  boschi  e  le  foreste,  sicche'
quello istituito dal legislatore regionale non  costituiva  un  nuovo
vincolo, ma un'estensione del  vincolo  minimo  statale,  secondo  la
logica «incrementale» propria della  tutela  paesaggistica,  in  base
all'art. 9 Cost. La stessa Regione avrebbe inspiegabilmente  revocato
un vincolo operante da oltre venticinque anni,  riducendo  la  tutela
dei boschi e delle foreste, costituenti un bene giuridico  di  valore
«primario» e «assoluto». 
    L'abrogazione  del  comma  11  dell'art.  10  della  legge   reg.
Siciliana n. 16 del  1996  contrasterebbe  con  la  norma  di  grande
riforma economico-sociale contenuta nell'art. 140, comma 2, cod. beni
culturali, espressione della  potesta'  legislativa  statale  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.  Vietando  modifiche
della dichiarazione di notevole  interesse  pubblico  nel  corso  del
procedimento di redazione o revisione del piano paesaggistico,  detta
norma esprimerebbe  un  principio  generale  di  irrevocabilita'  dei
vincoli  paesaggistici,  derivante  dalla   loro   natura   meramente
ricognitiva.  Il  valore  paesaggistico  dei  beni  sarebbe   infatti
conseguenza di loro qualita' essenziali e intrinseche, che li rendono
una categoria «originariamente» di interesse pubblico, sicche', al di
fuori dei limitatissimi casi  in  cui  tali  caratteristiche  vengano
meno, ad essi non sarebbe applicabile la regola del contrarius actus. 
    1.2.1.- Sarebbero violati, inoltre, gli artt. 3 e 97 Cost. 
    Il ricorrente osserva che, ai sensi del nuovo comma  4  dell'art.
37 della legge  reg.  Siciliana  n.  19  del  2020,  come  sostituito
dall'art. 12 della legge reg. Siciliana n. 2 del 2021, nel territorio
regionale si applica il d.lgs. n. 34 del 2018, recante il testo unico
delle foreste e delle  filiere  forestali,  che  offre  (al  comma  3
dell'art. 3) una definizione «unitaria» e «indefettibile»  di  bosco.
Ad essa, dunque, occorre fare riferimento  per  individuare  il  bene
sottoposto a tutela paesaggistica ope legis, salva la facolta'  delle
regioni di integrare tale definizione, purche' non sia  diminuito  il
livello di tutela (art. 3, comma 4). Di conseguenza, l'individuazione
di nuove aree boscate o ad esse assimilate ne comporta l'automatica e
irrevocabile  sottoposizione  a  tutela  paesaggistica,  mentre   non
avrebbe effetti l'individuazione  da  parte  delle  regioni  di  aree
escluse dalla definizione di bosco, ove cio' riducesse il livello  di
tutela apprestato dalla disciplina statale. 
    La scelta  della  Regione  Siciliana  di  sottrarre  le  zone  di
rispetto al vincolo paesaggistico  gia'  imposto  per  legge  sarebbe
irragionevole e contraddittoria, in quanto contrasterebbe, sia con la
precedente normativa  siciliana  diretta  a  incrementare  la  tutela
paesaggistica in materia di boschi e foreste, sia con  l'impostazione
di principio del testo unico delle foreste, che la stessa Regione  ha
reso applicabile al proprio territorio. 
    1.2.2.- Gli artt.  3,  9  e  97  Cost.  sarebbero  violati  anche
perche', ammettendo per ipotesi che un vincolo possa essere revocato,
il conseguente abbassamento del livello di tutela del  paesaggio  non
troverebbe  comunque  giustificazione  nella  cura  di  altri  valori
costituzionali, meritevoli di prevalere su quello  paesaggistico.  La
revoca comporterebbe, inoltre, ulteriori  irragionevoli  conseguenze,
quali   l'archiviazione   dei    procedimenti    di    autorizzazione
paesaggistica pendenti  e  la  sopravvenuta  mancanza  di  causa  dei
provvedimenti autorizzatori gia' rilasciati  e  delle  sanzioni  gia'
irrogate per gli illeciti paesaggistici. 
    1.3.-  L'eliminazione  del  vincolo  paesaggistico   amplierebbe,
inoltre, l'area di applicazione del condono  edilizio,  consentendolo
anche per opere altrimenti non condonabili. 
    Sarebbero cosi' violati gli artt. 3,  9  e  117,  secondo  comma,
lettera  l),  Cost.,  quest'ultimo  per  invasione  della  competenza
statale esclusiva in materia di «ordinamento penale»,  e  l'art.  14,
lettere f) e n), dello statuto speciale, per contrasto con  le  norme
di grande riforma economico-sociale di cui all'art. 32 della legge n.
47 del 1985 e all'art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269  del
2003, come convertito, espressive delle potesta' legislative  statali
di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettere  m)  e  s),  Cost.,  in
materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  e
di tutela del paesaggio. 
    Le  stesse  previsioni  costituzionali  e  statutarie   sarebbero
violate  anche  perche'  l'eliminazione  del  vincolo   paesaggistico
farebbe venir meno in radice «abusi paesaggistici che  non  sarebbero
neppure sanabili» e il relativo trattamento sanzionatorio. 
    1.4.- Il ricorrente impugna l'art. 12 della legge reg.  Siciliana
n. 2 del 2021 anche nella parte in cui  ha  soppresso  la  disciplina
«sostanziale» di tutela dei boschi, delle  fasce  forestali  e  delle
relative zone di rispetto. Essa, come visto, prevedeva il divieto  di
nuove costruzioni all'interno di tali aree (art. 10, commi 1, 2 e  3,
della legge reg. Siciliana n. 16 del 1996, con le precisazioni  e  le
deroghe di cui ai commi successivi) e  l'obbligo  per  gli  strumenti
urbanistici di arretrare le costruzioni di almeno 200 metri dal  loro
limite, con esclusione delle zone omogenee A  e  B  (art.  15,  primo
comma, lettera e, della legge reg. Siciliana n. 78 del 1976). 
    Tale disciplina  avrebbe  anticipato  i  contenuti  della  futura
pianificazione  paesaggistica,  resa  obbligatoria   per   tutto   il
territorio nazionale dagli artt.  135  e  143  cod.  beni  culturali,
svolgendo anche una funzione di salvaguardia del patrimonio boschivo,
in attesa della pianificazione. Sotto questo  profilo,  la  normativa
regionale si sarebbe posta nel  solco  dell'art.  1-ter  della  legge
Galasso, alla cui stregua le regioni, in attesa dell'elaborazione dei
piani   paesaggistici,   possono   imporre   specifiche   norme    di
salvaguardia, dirette, secondo il ricorrente,  a  vietare  «qualsiasi
trasformazione  del  territorio  negli  ambiti  sottoposti  a  tutela
paesaggistica». 
    Considerato che i piani paesaggistici nel frattempo approvati nel
territorio regionale (peraltro, solo da sette province  siciliane  su
nove) stabiliscono autonome discipline d'uso per i boschi e le  fasce
forestali, ma non per le zone di rispetto, limitandosi a disporre  al
riguardo meri rinvii mobili all'art. 10 della legge reg. Siciliana n.
16 del 1996, il venir meno della normativa regionale  di  riferimento
priverebbe  le  norme  di  attuazione  dei  piani   provinciali   del
presupposto giuridico di operativita', creando un  vuoto  di  tutela.
Inoltre, i piani paesaggistici mancanti (relativi  alle  Province  di
Palermo e di Enna) potrebbero garantire, una volta approvati, solo la
tutela dei boschi in senso stretto. 
    Pur avendo la facolta' di  modificare  la  disciplina  d'uso  del
paesaggio tutelato, la Regione non potrebbe  tuttavia  eliminarla  in
assenza di una compiuta pianificazione paesaggistica o in presenza di
piani territoriali che rinviano al regime modificato o lo assumono  a
presupposto giuridico e operativo. Diversamente si  determinerebbero:
un abbassamento del livello di tutela del paesaggio  irragionevole  e
arbitrario, con violazione degli artt. 3  e  9  Cost;  l'inosservanza
dell'obbligo  della  Regione  di  disciplinare  il   paesaggio,   con
violazione dell'art. 14, lettere f) e n), dello statuto speciale, per
contrasto con le norme di grande riforma economico-sociale di cui  ai
citati artt. 135 e 143 cod.  beni  culturali,  adottate  dallo  Stato
nell'esercizio  della  potesta'  legislativa  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost;  l'eliminazione  della  funzione  di
salvaguardia assicurata dalla disciplina d'uso, con violazione  delle
stesse competenze statutarie per contrasto con  la  norma  di  grande
riforma economico-sociale di cui al citato  art.  1-ter  della  legge
Galasso. 
    2.- Con atto depositato l'11 maggio  2021  si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Siciliana, che ha concluso per l'inammissibilita'
e comunque per la non fondatezza delle questioni. 
    2.1.- Innanzitutto, la Regione osserva che, nonostante il ricorso
colpisca letteralmente anche il nuovo  comma  4  dell'art.  37  della
legge reg. Siciliana n. 19 del 2020, che «recepisce il testo unico in
materi[a] di foreste e filiere forestali», le censure  investirebbero
solo i nuovi commi 5 e 6 del citato art. 37,  ai  quali  si  dovrebbe
dunque limitare l'esame di questa Corte. 
    2.2.- Nel merito, osserva che, mentre  il  vincolo  paesaggistico
sui boschi deriva  dalla  disciplina  statale  (art.  142,  comma  1,
lettera g, cod. beni culturali) e sussiste per la sola presenza di un
bosco secondo la definizione fornita dal d.lgs. n. 34  del  2018,  il
vincolo sulle fasce forestali e sulle zone di rispetto  «e',  invece,
proprio della legislazione regionale siciliana»,  non  trovando  tali
aree «un compiuto inquadramento nell'ambito  del  testo  unico  sulla
tutela dei boschi e delle foreste».  Tali  aree  non  rientrerebbero,
dunque, fra quelle dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi
degli artt. 136 e 140 cod. beni culturali, ne'  fra  quelle  tutelate
per legge, ai sensi dell'art. 142 del medesimo codice. 
    Di conseguenza,  l'abrogazione  dell'art.  10  della  legge  reg.
Siciliana n. 16 del  1996  non  produrrebbe  alcuna  diminuzione  del
livello di protezione dei boschi, come definiti dalle  norme  statali
integralmente  recepite  nell'ordinamento  regionale.  Con  essa   la
Regione mirerebbe invece ad «armonizzare la legislazione regionale ai
principi  statali,   nell'esercizio   della   competenza   statutaria
esclusiva, [...] nel rispetto dei precetti  costituzionali  quali  il
principio di uguaglianza e il diritto di proprieta'». Le disposizioni
impugnate si conformerebbero «a un sistema di tutela  in  evoluzione,
eliminando vincoli paesaggistici non contemplati e non in  linea  con
la disciplina organica del settore». 
    In conclusione, non sarebbe ravvisabile alcuna  violazione  della
competenza esclusiva statale di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., in relazione alle evocate  norme  del  codice  dei
beni culturali e del paesaggio. 
    2.3.-   Quanto   «al   secondo    profilo    di    illegittimita'
costituzionale», le censure sarebbero «lacunose e fuorvianti». 
    Il «procedimento di gestione del vincolo  paesaggistico»  avrebbe
natura autonoma rispetto a quello di rilascio del  condono  edilizio,
ancorche' il suo atto  conclusivo  sia  un  presupposto  del  «titolo
edilizio».  Di  conseguenza,  le  disposizioni  impugnate  dovrebbero
essere valutate in relazione al tipo di beni sottoposti  al  vincolo,
non rientranti fra quelli tutelati dal codice dei  beni  culturali  e
del paesaggio.  Il  vincolo,  dunque,  in  quanto  non  riconducibile
all'ambito di applicazione dell'art. 140 cod. beni culturali, sarebbe
revocabile. 
    Sulla  scorta  della  giurisprudenza   amministrativa,   inoltre,
l'esistenza del vincolo dovrebbe essere valutata al momento in cui si
provvede sulla domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua
introduzione o della sua abrogazione, in applicazione  del  principio
tempus regit actum. 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato il  22
marzo 2022 una memoria illustrativa in cui  contesta  la  tesi  della
Regione dell'inerenza alla sua potesta'  legislativa  in  materia  di
paesaggio del potere di revocare il vincolo gia' apposto. 
    Secondo una logica «incrementale [...] delle tutele» conforme  al
carattere primario del bene ambientale (art. 9 Cost.), la  competenza
regionale potrebbe essere «spesa», infatti, solo  per  arricchire  il
catalogo dei beni paesaggistici, in virtu' della conoscenza che ne ha
l'autorita' piu' vicina al territorio, e non per ridurlo. 
    La scelta del legislatore siciliano del  1996  di  proteggere  le
zone contermini ai boschi, al fine di salvaguardarne la  continuita',
avrebbe attratto  tali  zone  nella  categoria  dei  boschi  e  delle
foreste, ora protetta dall'art. 142, comma 1, lettera g),  cod.  beni
culturali. Una volta riconosciuto l'interesse paesaggistico del bene,
il vincolo non sarebbe revocabile nemmeno dal legislatore, per la sua
natura meramente ricognitiva  delle  qualita'  intrinseche  del  bene
tutelato, che non possono venire meno se non  per  la  perdita  degli
elementi materiali che ne connotano il valore paesaggistico. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 12 della  legge  della  Regione
Siciliana 3 febbraio 2021, n. 2  (Intervento  correttivo  alla  legge
regionale 13 agosto  2020,  n.  19  recante  norme  sul  governo  del
territorio), nella parte in cui sostituisce come segue i commi 4, 5 e
6 dell'art. 37 della legge della Regione Siciliana 13 agosto 2020, n.
19 (Norme per il governo del territorio): «[n]ella Regione si applica
il  decreto  legislativo  3  aprile  2018,   n.   34   e   successive
modificazioni» (comma 4); «[l]'articolo 10 della  legge  regionale  6
aprile 1996, n. 16 e' abrogato» (comma 5);  «[a]lla  lettera  e)  del
comma 1 dell'articolo 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78,
le parole da "dal limite" fino a "forestali e" sono soppresse» (comma
6). 
    Secondo  il  ricorrente,   il   legislatore   regionale   avrebbe
esorbitato dalla sua competenza primaria in materia  «urbanistica»  e
nella  materia  «tutela  del  paesaggio»,  attribuita  alla   Regione
Siciliana  dall'art.  14,  lettere  f)  e  n),  del   regio   decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 convertito in legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 2  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
Siciliana), in quanto le  citate  disposizioni  contrasterebbero  con
varie norme statali di grande riforma economico-sociale. 
    Le stesse disposizioni violerebbero inoltre, sotto vari  profili,
gli artt. 3, 9, 97 e 117, secondo comma, lettere l), m), e s),  della
Costituzione. 
    2.- In via preliminare occorre ripercorrere, anche  sulla  scorta
del contenuto del ricorso, l'evoluzione del quadro normativo, statale
e regionale siciliano, in tema di tutela paesaggistica  di  boschi  e
foreste. 
    Come noto, i «territori coperti da foreste e da boschi, ancorche´
percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti  a  vincolo  di
rimboschimento» sono stati sottoposti  a  vincolo  paesaggistico  con
l'art. 1, primo comma, lettera g), del decreto-legge 27 giugno  1985,
n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di  particolare
interesse ambientale), convertito, con modificazioni, nella  legge  8
agosto 1985, n. 431 (d'ora in  avanti:  legge  Galasso).  Il  vincolo
stesso - poi trasfuso nell'art. 146, comma 1, lettera g), del decreto
legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico  delle  disposizioni
legislative in materia  di  beni  culturali  e  ambientali,  a  norma
dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352), che ha  abrogato
e sostituito la legge Galasso - e' ora contenuto all'art. 142,  comma
1, lettera g), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo  10  della
legge 6 luglio 2002, n. 137), alla cui stregua  «[s]ono  comunque  di
interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo
Titolo: [...] i territori coperti da foreste e da  boschi,  ancorche´
percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti  a  vincolo  di
rimboschimento, come definiti dall'articolo  2,  commi  2  e  6,  del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227», recante «Orientamento  e
modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7  della
legge 5 marzo 2001, n. 57». 
    La definizione di bosco originariamente contenuta nel citato art.
2 del d.lgs. n. 227 del 2001 e' confluita ora nell'art. 3 del decreto
legislativo 3 aprile 2018, n. 34 (Testo unico in materia di foreste e
filiere forestali), il quale equipara i  termini  «bosco,  foresta  e
selva» (comma 1) e distingue a  seconda  che  la  definizione  stessa
riguardi materie di competenza esclusiva  dello  Stato  (comma  3)  o
delle regioni (comma 4). In relazione alle prime, sono definite bosco
«le superfici coperte da vegetazione forestale arborea,  associata  o
meno a  quella  arbustiva,  di  origine  naturale  o  artificiale  in
qualsiasi stadio  di  sviluppo  ed  evoluzione,  con  estensione  non
inferiore ai 2.000 metri quadri, larghezza media non inferiore  a  20
metri e con copertura arborea forestale maggiore del  20  per  cento»
(comma 3). Mentre per le seconde e' facolta' delle regioni  adottare,
«per quanto di loro competenza e in relazione alle proprie esigenze e
caratteristiche territoriali, ecologiche  e  socio-economiche,  [...]
una definizione integrativa di bosco rispetto  a  quella  dettata  al
comma 3, nonche' definizioni integrative di aree assimilate a bosco e
di aree escluse dalla definizione di bosco di  cui,  rispettivamente,
agli articoli 4 e 5, purche' non venga diminuito il livello di tutela
e  conservazione  cosi'  assicurato  alle   foreste   come   presidio
fondamentale della qualita' della vita» (comma 4). 
    Per quanto riguarda la Regione Siciliana, essa si era dotata gia'
in epoca precedente alla legge Galasso di una propria  disciplina  di
tutela dei  boschi  e  delle  foreste  con  la  legge  della  Regione
Siciliana 12 giugno 1976, n. 78 (Provvedimenti per  lo  sviluppo  del
turismo in Sicilia), il cui art. 15, primo comma, lettera  e)  -  nel
testo originario - prevedeva che «[a]i fini  della  formazione  degli
strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi, in  tutte
le zone omogenee ad eccezione delle zone A  e  B,  in  aggiunta  alle
disposizioni  vigenti,  le  seguenti  prescrizioni:   [...]   e)   le
costruzioni debbono arretrarsi di metri 200 dal  limite  dei  boschi,
delle fasce forestali e dai confini dei parchi archeologici». 
    Ulteriori disposizioni regionali a tutela  di  boschi  e  foreste
venivano poi adottate, dopo l'entrata in vigore della legge  Galasso,
con la legge della Regione Siciliana 6 aprile 1996, n.  16  (Riordino
della  legislazione  in  materia  forestale   e   di   tutela   della
vegetazione). In particolare, il suo art. 10 - integralmente abrogato
dal nuovo comma 5 dell'art. 37 della legge reg. Siciliana n.  19  del
2020 - prevedeva il divieto di  nuove  costruzioni  «all'interno  dei
boschi e delle fasce forestali» (queste ultime, ai sensi dell'art. 4,
comma 2, della legge reg. Siciliana n. 16 del 1996 sono assimilate ai
boschi, se aventi  «larghezza  media  non  inferiore  a  25  metri»),
nonche' «entro una zona di rispetto  [...]  dal  limite  esterno  dei
medesimi» (comma 1), zona di estensione variabile da 50 a  200  metri
in base alle superfici dei boschi (commi  1,  2  e  3),  fatte  salve
alcune deroghe al vincolo d'inedificabilita'  e  alcune  precisazioni
circa il suo ambito di applicazione (commi da 3-bis a 10 e 12), fermo
restando, in ogni caso, l'assoggettamento  «di  diritto»  al  vincolo
paesaggistico delle «zone di rispetto di cui ai commi da 1 a 3 (comma
11)». 
    3.-  In  questo  piu'  generale  contesto  normativo,  le   norme
regionali impugnate - costituite dai nuovi commi 4, 5 e  6  dell'art.
37 della legge  reg.  Siciliana  n.  19  del  2020,  come  sostituito
dall'art. 12 della legge reg. Siciliana n. 2 del  2021  -  dispongono
rispettivamente:  l'applicabilita'  nella  Regione  della  disciplina
organica statale dei boschi e delle foreste contenuta nel testo unico
in materia di foreste e di filiere forestali approvato con il  d.lgs.
n. 34 del 2018 (comma 4), l'abrogazione integrale dell'art. 10  della
legge reg. Siciliana n. 16 del 1996 (comma  5)  e  l'eliminazione  di
alcune parole dell'art. 15, primo comma, lettera e), della legge reg.
Siciliana n. 78 del 1976 (comma 6). 
    Di queste due ultime previsioni abrogatrici, in  particolare,  la
prima,  sopprimendo  il  citato  art.  10,  elimina  sia  il  vincolo
paesaggistico sulle «zone di rispetto» dal limite esterno di boschi e
fasce forestali (comma 11 dell'art. 10), sia  il  divieto  di  «nuove
costruzioni» all'interno dei boschi, delle fasce  forestali  e  delle
zone di  rispetto  (commi  1,  2  e  3  dell'art.  10);  la  seconda,
sopprimendo le parole «dal limite dei boschi, delle  fasce  forestali
e», nell'art. 15, primo comma, lettera e), della legge reg. Siciliana
n. 78 del 1976, fa si' che gli  strumenti  urbanistici  generali  non
debbano piu' prevedere l'arretramento delle costruzioni di 200  metri
dai confini dei boschi e  delle  fasce  forestali,  arretramento  che
resta ora previsto solo dai confini dei parchi archeologici. 
    Il ricorso del Governo investe i commi 5  e  6  con  le  medesime
censure, che possono pertanto essere esaminate congiuntamente. 
    4.- Per quanto riguarda il comma 4 - che dispone l'applicabilita'
nella Regione della disciplina statale dei boschi e delle  foreste  -
la Regione Siciliana ha eccepito  l'inammissibilita'  della  relativa
impugnazione in quanto le censure svolte nel ricorso  riguarderebbero
esclusivamente i nuovi commi 5 e 6 dello stesso articolo. 
    L'eccezione e' fondata. 
    La giurisprudenza di  questa  Corte  e'  costante  nell'affermare
«che, nella impugnazione in via principale, il  ricorrente  non  solo
deve,  a  pena  di  inammissibilita',  individuare  l'oggetto   della
questione proposta (con riferimento alla normativa che censura ed  ai
parametri che denuncia violati), ma ha anche l'onere (da  considerare
addirittura piu' pregnante rispetto a quello sussistente nei  giudizi
incidentali: ex plurimis, sentenza n. 115 del  2021)  di  esplicitare
una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche  ragioni
che determinerebbero la violazione dei parametri che  assume  incisi»
(ex plurimis, da ultimo, sentenza n. 71 del 2022; nello stesso senso,
sentenze n. 5 del 2022, n. 201, n. 52 e n. 29 del 2021). 
    Il ricorso e' del tutto privo di argomenti a sostegno del gravame
proposto contro il citato comma 4, vertendo  le  ragioni  di  censura
sulle norme abrogatrici contenute nei successivi commi 5  e  6.  Ne',
del resto, da tali ragioni  e'  possibile  desumere  alcunche'  circa
l'esistenza di un  nesso  che  dovrebbe  giustificare,  nel  caso  di
accoglimento, la caducazione anche del comma 4. 
    Le questioni relative al comma 4 dell'art. 37  della  legge  reg.
Siciliana n. 19 del 2019, come sostituito dall'art.  12  della  legge
reg. Siciliana n. 2 del 2021, sono pertanto inammissibili per difetto
di motivazione. 
    5.- Il merito investe dunque i commi 5 e  6  dell'art.  37  della
legge reg. Siciliana n. 19 del 2019,  come  sostituito  dall'art.  12
della legge reg. Siciliana n. 2 del 2021, che il Governo impugna  con
l'obiettivo di evitare l'eliminazione della disciplina  regionale  di
maggior rigore a tutela dei boschi disposta delle  norme  abrogatrici
impugnate. Si deve osservare al riguardo che, in effetti,  stante  la
natura  meramente   abrogatrice   di   queste   ultime,   l'eventuale
accoglimento delle questioni proposte comporterebbe  la  reviviscenza
delle  norme  regionali  abrogate,  come  affermato  dalla   costante
giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 220 del 2021
e n. 7 del 2020). 
    Seguendo l'ordine del ricorso, vanno  esaminate  innanzitutto  le
questioni riguardanti l'eliminazione del vincolo paesaggistico  sulle
zone di rispetto, che si appuntano sul comma 5, nella  parte  in  cui
abroga il comma 11 dell'art. 10 della legge reg. Siciliana n. 16  del
1996.  Di  seguito,  saranno  esaminate  le  censure  riguardanti  la
soppressione della disciplina sull'inedificabilita'  all'interno  dei
boschi, delle fasce forestali e delle zone di rispetto,  operata  dal
comma 5, nella parte in cui abroga i restanti commi del  citato  art.
10, nonche' dal comma 6, parzialmente abrogativo dell'art. 15,  primo
comma, lettera e), della legge reg. Siciliana n. 78 del 1976. 
    5.1.-  Le  censure   riguardanti   l'eliminazione   del   vincolo
paesaggistico sulle zone di rispetto si incentrano, in un loro  primo
gruppo, sull'asserita violazione dell'art. 9 Cost.  e  dell'art.  14,
lettera  n),  dello  statuto  speciale  per  contrasto  della  scelta
regionale con la norma di grande riforma economico-sociale  contenuta
nell'art. 140, comma 2,  cod.  beni  culturali.  Una  disciplina  che
rimodula  il  vincolo  paesaggistico  imposto  ex   lege   da   quasi
venticinque anni, limitandolo ai soli boschi,  con  esclusione  delle
relative zone di rispetto,  violerebbe,  secondo  il  ricorrente,  il
«principio  di   irrevocabilita'   dei   vincoli   paesaggistici»   e
determinerebbe un non consentito abbassamento del livello  di  tutela
dei boschi e delle foreste. 
    Allo stesso gruppo di censure puo' essere ricondotta la lamentata
violazione  degli  artt.  3  e  97  Cost.  per   irragionevolezza   e
contraddittorieta'  della  disposizione  impugnata,  in   quanto   si
porrebbe in contrasto  sia  con  la  precedente  normativa  regionale
diretta a incrementare la tutela paesaggistica in materia di boschi e
foreste,  sia  con  l'impostazione  di  principio  del  testo   unico
contenuto nel d.lgs. n. 34 del 2018 (art. 3, commi 3 e  4),  ritenuto
applicabile dalla stessa Regione al proprio territorio. 
    Sempre nel medesimo contesto, il ricorrente ravvisa  un'ulteriore
violazione degli artt. 3, 9 e  97  Cost.,  derivante  dal  fatto  che
l'abbassamento del livello di tutela non sarebbe  giustificato  dalla
cura di altri valori costituzionali meritevoli di prevalere su quello
paesaggistico,  comporterebbe  l'archiviazione  dei  procedimenti  di
autorizzazione paesaggistica pendenti e renderebbe  irragionevolmente
privi di causa sia i provvedimenti autorizzatori gia' rilasciati  che
le sanzioni gia' irrogate per gli illeciti paesaggistici. 
    Nessuna di tali censure e' fondata. 
    5.1.1.- Non lo e' innanzitutto quella concernente  la  violazione
della competenza statutaria in materia di tutela del paesaggio  (art.
14, lettera n, dello statuto speciale), che si basa sull'assunto  del
contrasto della disposizione che elimina il  vincolo  sulle  zone  di
rispetto  dei  boschi  con  un   presunto   principio   generale   di
"irrevocabilita'" dei vincoli di tutela paesaggistica, ricondotto dal
ricorrente alla norma di grande riforma  economico-sociale  contenuta
all'art. 140, comma 2, cod. beni culturali. 
    Tale disposizione, la' dove, al  secondo  periodo  del  comma  2,
stabilisce che la specifica disciplina dettata con  il  provvedimento
di apposizione del vincolo «costituisce parte  integrante  del  piano
paesaggistico e non e' suscettibile  di  rimozioni  o  modifiche  nel
corso del procedimento di redazione o revisione del piano  medesimo»,
esprimerebbe,  a  giudizio  del  ricorrente,  l'anzidetto   principio
generale, operante non solo per i piani ma per lo stesso  legislatore
regionale, per cui i vincoli paesaggistici, una  volta  apposti,  non
potrebbero piu' essere revocati. 
    Un siffatto principio, tuttavia, non esiste nell'ordinamento, ne'
puo' essere desunto, come limite alle scelte di dichiarazione ex lege
di interesse paesaggistico di determinati  beni,  dalla  disposizione
invocata (art. 140, comma 2, cod. beni culturali),  la  quale,  nella
logica di un sistema di tutela integrato fra singoli provvedimenti di
vincolo e piano paesaggistico, prescrive  la  necessaria  trasfusione
nel secondo della disciplina contenuta nei  primi.  Solo  per  questa
ipotesi, e in ragione di tale integrazione fra momenti diversi di una
medesima vicenda di tutela, per cui il  piano  che  sopraggiunge  non
puo' che prendere atto dei previgenti provvedimenti  di  vincolo,  si
giustifica l'irrevocabilita' della  disciplina  contenuta  in  questi
ultimi. 
    Tutt'affatto diversa e' l'ipotesi della dichiarazione di  vincolo
ex lege, frutto  non  di  una  valutazione  singolare  e  operata  in
concreto,   ma   di   un   apprezzamento   di   natura   lato   sensu
politico-discrezionale e operato in  via  generale  e  astratta,  dei
caratteri  di  rilevante  interesse  paesaggistico   di   determinate
categorie di beni: per una determinazione di questo tipo  un  divieto
di revocabilita' non solo non puo' essere desunto dalla  disposizione
che regola una  fattispecie  profondamente  diversa,  per  portata  e
natura dell'apprezzamento che ne sta  alla  base,  ma  finirebbe  per
comportare   un'ingiustificata   e    potenzialmente    irragionevole
restrizione degli spazi di scelta del legislatore in  materia.  Anzi,
l'estensione  alla  legge  di  una  tale  regola  di  irrevocabilita'
potrebbe addirittura produrre, in una sorta di eterogenesi dei  fini,
l'effetto di scoraggiare  scelte  regionali  di  potenziamento  della
tutela - secondo la logica «incrementale delle tutele» menzionata nel
ricorso come espressione del carattere primario del  bene  ambientale
ai sensi dell'art. 9 Cost. - e di indurre il legislatore regionale  a
non compierle nel timore di non poter piu' ritornare sui suoi  passi,
nemmeno ove una rinnovata ponderazione degli interessi lo esigesse. 
    5.1.2.- Non sono fondate nemmeno le altre questioni - che, per il
loro carattere  sostanzialmente  unitario,  possono  essere  trattate
congiuntamente - con cui il  ricorrente  lamenta  la  violazione  dei
principi di ragionevolezza e di tutela del paesaggio  (artt.  3  e  9
Cost.) e di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.). 
    Le indicate censure muovono tutte, nella sostanza,  dal  medesimo
erroneo presupposto dell'esistenza di un divieto, per il  legislatore
regionale, di rivedere le proprie scelte di tutela paesaggistica, sia
quando tale revisione si risolva in  una  diminuzione  di  protezione
rispetto allo  standard  minimo  fissato  dalla  Stato,  sia  quando,
essendo rispettato tale  standard,  la  legge  regionale  ritorni  su
scelte di piu' elevata tutela operate in via  autonoma  dallo  stesso
legislatore regionale. 
    Quanto a questa seconda ipotesi, ad escludere la fondatezza della
censura valgono le  stesse  ragioni  esposte  sopra  trattando  della
pretesa irrevocabilita' dei vincoli gia' imposti (punto 5.1.1.), alle
quali si rinvia. 
    Quanto invece al necessario rispetto del livello minimo di tutela
e di conservazione  dei  boschi  e  delle  foreste  assicurato  dalla
normativa statale, si deve escludere che la legge regionale siciliana
lo riduca. Le zone di  rispetto  dei  boschi  non  possono,  infatti,
essere ricondotte all'ambito di applicazione della normativa  statale
per  la  semplice  ragione  che  non  rientrano  nell'oggetto   della
protezione riservata dalla  legge  dello  Stato,  essendo  esse,  per
definizione, esterne al confine  delle  aree  occupate  da  boschi  e
foreste - come individuati sulla base della definizione  fornita  dal
d.lgs.  n.  34  del  2018  -  per  i  quali  solo  opera  il  vincolo
paesaggistico contenuto all'art. 142, comma 1, lettera g), cod.  beni
culturali. 
    Ne', del resto, si  puo'  ritenere  che  tali  zone  di  rispetto
concorrano  a  definire  il  regime  protezionistico  costituente  il
livello minimo di tutela dei boschi  definito  dalla  legge  statale.
L'assenza, nella normativa statale, dell'istituto stesso  della  zona
di rispetto dal limite esterno dei boschi porta a ritenere estraneo a
tale regime il meccanismo previsto dalla legge regionale e a ritenere
la relativa  regolazione  nella  piena  disponibilita'  dello  stesso
legislatore regionale. Da questo punto  di  vista,  dunque,  si  deve
concludere che l'abrogazione dell'art. 10, comma 11, della legge reg.
Siciliana n.  16  del  1996  costituisce  legittimo  esercizio  della
potesta' legislativa regionale primaria  in  materia  di  tutela  del
paesaggio, ai sensi dell'art. 14, lettera n), dello statuto speciale. 
    5.1.3.- Con un secondo gruppo di censure il  ricorrente  contesta
la medesima previsione abrogatrice in quanto estenderebbe  l'area  di
applicazione del condono edilizio, che sarebbe consentito  ora  anche
per opere altrimenti non condonabili. Ne risulterebbero  violati  gli
artt. 3, 9 e 117, secondo comma, lettera l), Cost., quest'ultimo  per
invasione  della  competenza  statale   esclusiva   in   materia   di
«ordinamento penale», e ancora l'art. 14,  lettere  f)  e  n),  dello
statuto speciale, per  contrasto  con  le  norme  di  grande  riforma
economico-sociale di cui all'art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n.
47    (Norme    in    materia     di     controllo     dell'attivita'
urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle  opere
abusive), e all'art. 32, comma 27, lettera d), del  decreto-legge  30
settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo
e per la correzione dell'andamento dei conti  pubblici),  convertito,
con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n.  326,  espressive
delle potesta' legislative  statali  di  cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettere m) e s), Cost.,  in  materia  di  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni»  e  di  «tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    Le  stesse  previsioni  costituzionali  e  statutarie   sarebbero
violate  anche  perche'  l'eliminazione  del  vincolo   paesaggistico
farebbe  venir  meno  in  radice   la   configurabilita'   di   abusi
paesaggistici di per se'  non  sanabili  e  il  relativo  trattamento
sanzionatorio, in contrasto con le interposte norme di grande riforma
economico-sociale  desumibili  dagli  artt.  167  e  181  cod.   beni
culturali. 
    Nemmeno tali questioni sono fondate. 
    La disposizione censurata e' stata assunta - al  pari  di  quella
che essa abroga, che aveva vincolato le zone di rispetto di boschi  e
foreste - in osservanza dei  limiti  dei  poteri  di  intervento  del
legislatore regionale in materia di condono edilizio,  come  definiti
dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 68 del
2018, n. 73 del 2017, n. 117 del 2015, n. 290  del  2009  n.  49  del
2006, n. 70 del 2005 e n. 196 del 2004). Essa  non  incide,  infatti,
ne' sulle scelte di principio relative all'an, al quando e al quantum
della  sanatoria  amministrativa,  ne'  conseguentemente  sul  regime
penale  dei  relativi  abusi,  limitandosi  a  concorrere,  come   e'
consentito  alla  regione   nell'esercizio   delle   sue   competenze
statutarie in materia, alla piu' precisa definizione  secundum  legem
dei presupposti della disciplina statale sul condono, compresa quella
penale (sentenze n. 178 e n. 2 del 2019, n. 46 del 2014 e n.  63  del
2012). L'eliminazione del vincolo sulle aree in  esame,  dunque,  non
allarga di per se' l'area del  condono  edilizio  rispetto  a  quanto
stabilito dalla legge dello Stato, ne' invade la sfera di  competenza
esclusiva statale in materia di «ordinamento penale» di cui  all'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Si puo' osservare ancora che,  essendo  la  disposta  abrogazione
destinata ad operare, per regola generale, solo pro  futuro,  i  suoi
eventuali effetti sui procedimenti amministrativi di  condono  ancora
pendenti non deriverebbero dalla sua supposta "retroattivita'",  come
lamenta il ricorrente, ma, se del caso, dal  principio  tempus  regit
actum, in applicazione del quale l'amministrazione valuta l'esistenza
del vincolo al momento in cui provvede sulla domanda di sanatoria (ex
plurimis, Consiglio di Stato, adunanza plenaria,  sentenza  7  giugno
1999, n. 20). 
    5.1.4.- In conclusione, va dichiarata  la  non  fondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale del  comma  5  dell'art.  37
della legge reg. Siciliana n. 19 del 2020, come sostituito  dall'art.
12 della legge reg. Siciliana n. 2  del  2021,  nella  parte  in  cui
prevede l'abrogazione del comma 11  dell'art.  10  della  legge  reg.
Siciliana n. 16 del 1996. 
    5.2.- L'art. 12 della legge reg.  Siciliana  n.  2  del  2021  e'
impugnato anche nella parte in cui, con i  nuovi  commi  5  e  6  del
sostituito art. 37 della legge reg. Siciliana  n.  19  del  2020,  ha
soppresso la previgente  disciplina  sostanziale  di  protezione  dei
boschi e delle fasce forestali, oltre  che  delle  relative  zone  di
rispetto, queste ultime,  peraltro,  a  loro  volta  eliminate  dallo
stesso art. 12, come appena visto. 
    Tale  disciplina  prevedeva  il  divieto  di  nuove   costruzioni
all'interno delle suddette aree (art. 10 della legge  reg.  Siciliana
n. 16 del 1996, in particolare commi 1, 2 e 3, con le precisazioni  e
le  deroghe  di  cui  ai  commi  successivi)  e  l'inserimento  negli
strumenti  urbanistici  comunali   dell'obbligo   di   arretrare   le
costruzioni di almeno 200 metri dal limite dei boschi e  delle  fasce
forestali  (art.  15,  primo  comma,  lettera  e,  della  legge  reg.
Siciliana n. 78 del 1976). 
    Secondo il ricorrente, le norme regionali abrogate  avevano,  fra
le altre, la funzione di anticipare i contenuti della  pianificazione
paesaggistica, obbligatoria per tutto il territorio nazionale in base
agli artt. 135 e 143 cod. beni culturali,  e  operavano  dunque  come
misure di  salvaguardia  del  patrimonio  boschivo  in  attesa  della
disciplina  di  protezione  specifica  disposta  con  la   prescritta
pianificazione. Sotto questo profilo, le norme  stesse  si  sarebbero
poste nel solco dell'art. 1-ter della legge Galasso, alla cui stregua
le regioni, in  attesa  dell'elaborazione  dei  piani  paesaggistici,
possono imporre specifiche norme di salvaguardia, dirette  a  vietare
«qualsiasi trasformazione del territorio negli  ambiti  sottoposti  a
tutela paesaggistica». Lo stesso  ricorrente  ricorda,  al  riguardo,
come  i  piani  paesaggistici  nel  frattempo  approvati  in  Sicilia
riguardino solo sette delle nove  province  siciliane,  cosicche'  il
venir  meno  della  cennata  disciplina  sostanziale  priverebbe   di
qualsiasi forma di protezione le aree  stesse.  Sottolinea,  inoltre,
che gli stessi piani approvati  non  contengono  autonome  discipline
d'uso  per  le  aree  vincolate,  limitandosi  a  rinviare   all'(ora
abrogato) art. 10 della legge reg. Siciliana n. 16 del 1996,  con  la
conseguenza che, venuta meno quest'ultima disposizione, le  norme  di
attuazione del piano resterebbero sostanzialmente prive di contenuto. 
    Tutto cio' si risolverebbe:  in  un  irragionevole  e  arbitrario
abbassamento del livello di  tutela  del  paesaggio,  con  violazione
degli artt. 3 e 9 Cost., e nel contrasto della disciplina  censurata,
sia con l'obbligo di  pianificazione  paesaggistica,  espresso  nelle
norme di grande riforma economico-sociale contenute ai  citati  artt.
135 e 143 cod. beni  culturali,  sia  con  quello  di  assicurare  la
salvaguardia nelle more dell'adozione del piano, oggetto della  norma
di grande riforma economico-sociale di cui all'art. 1-ter della legge
Galasso. 
    5.2.1.- Le questioni sono fondate  in  riferimento  all'art.  14,
lettera n), dello statuto speciale, per contrasto con gli artt. 135 e
143 cod. beni culturali e in riferimento agli artt. 3 e 9 Cost. 
    Scopo della normativa  abrogata  era,  all'evidenza,  di  offrire
protezione sostanziale ai boschi e alle fasce boschive della Regione,
oltre che alle zone di rispetto, attraverso la fissazione  di  regole
rigorose di inedificabilita' dei beni boschivi, per un verso, e,  per
altro verso, attraverso la prescrizione del rispetto da  parte  degli
strumenti urbanistici comunali di limiti minimi di arretramento delle
costruzioni  dal  confine  dei  boschi  e  delle   fasce   forestali.
L'eliminazione di tale regime  di  tutela  sostanziale,  destinato  a
operare anche in assenza di pianificazione paesaggistica  e  comunque
condizionante   anche   quest'ultima,    comporta    l'illegittimita'
costituzionale della normativa  che  la  dispone,  per  due  distinti
ordini di ragioni, entrambi riconducibili allo  svuotamento,  in  sua
assenza,  di  adeguate  forme  di  protezione   concreta   dei   beni
paesaggistici in questione. 
    Innanzitutto, la soppressione dei limiti alle attivita'  edilizie
nelle aree boschive e dei  vincoli,  per  gli  strumenti  urbanistici
comunali, di arretramento dal confine di tali aree fa si' che,  nelle
more dell'approvazione dei piani paesaggistici, non  sussistano  piu'
limiti generali di sorta al loro possibile  utilizzo  edificatorio  e
che la loro protezione si riduca  alla  mera  necessita'  formale  di
un'autorizzazione (prescritta dall'art. 146 cod. beni culturali).  Se
e' vero, infatti, che il momento autorizzativo costituisce di per se'
un presidio di controllo del rispetto delle caratteristiche  naturali
dei beni in questione, non vi e' dubbio che l'assenza di condizioni e
limiti  sostanziali  a  monte,  atti  a   vincolare   il   prescritto
provvedimento puntuale, comporta seri rischi  di  compromissione  dei
valori paesaggistici a causa del minor  grado  di  resistenza  a  non
imprevedibili pressioni sull'autorita' preposta al  suo  rilascio  e,
come paventato dalla difesa erariale, sugli stessi enti locali  nella
predisposizione dei loro strumenti urbanistici. 
    Da questo primo punto di vista, il riscontrato vuoto di tutela si
collega al fatto che il territorio  siciliano  risulta,  come  detto,
ancora oggi in parte non pianificato paesaggisticamente -  nonostante
il lungo tempo trascorso dall'introduzione del relativo  obbligo  per
l'intero  territorio  nazionale   -   sicche'   le   norme   abrogate
costituivano una sorta di disciplina di salvaguardia sostanziale,  il
cui venir meno fa si' che le aree sprovviste di piano non siano  piu'
al riparo dai rischi di un indiscriminato utilizzo edificatorio. 
    Cio' chiarito, l'illegittimita' costituzionale di  un  intervento
normativo che elimina  il  regime  destinato  ad  operare  in  attesa
dell'approvazione  del  necessario  piano  paesaggistico  non  e'  da
ricondurre,  come  sostiene  la  difesa  erariale,  alla   violazione
dell'art. 1-ter della legge Galasso, che prevede la possibilita'  per
le  regioni  di  disporre  con   legge,   entro   centoventi   giorni
dall'entrata in  vigore  della  legge  di  conversione,  un  generale
divieto di edificazione del territorio fino all'adozione dei piani, e
da cui pure si desume una precisa sollecitazione alle regioni  stesse
a  intervenire  con  urgenza.  Essa  trova  invece  la  sua   ragione
direttamente nello stesso obbligo di pianificazione paesaggistica  di
cui agli artt. 135 e 143 cod.  beni  culturali,  in  applicazione  di
quanto questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare, a proposito
del fatto che, in  attesa  della  sua  approvazione,  «e'  necessario
salvaguardare "la  complessiva  efficacia  del  piano  paesaggistico,
ponendola al riparo dalla pluralita' e dalla  parcellizzazione  degli
interventi delle amministrazioni locali (sentenza n. 182  del  2006)"
(sentenza n. 74 del 2021)» (sentenza 219 del 2021). 
    Se, dunque, la necessita' di adeguate prescrizioni sostanziali di
salvaguardia  costituisce  necessario  corollario   dell'obbligo   di
pianificazione paesaggistica, l'eliminazione delle regole  minime  di
limitazione dell'uso edificatorio delle aree a bosco contenute  nella
normativa  siciliana  abrogata  contrasta  con  le  ricordate   norme
fondamentali di grande riforma economico-sociale  (artt.  135  e  143
cod. beni culturali) che definiscono i  termini,  i  contenuti  e  le
finalita' dell'obbligo di pianificazione paesaggistica,  delineandone
la portata sostanziale. 
    Quanto  appena  osservato  su  tale   portata   dell'obbligo   di
pianificazione consente di mettere in evidenza  un'ulteriore  ragione
di illegittimita' costituzionale della norma  censurata,  riferibile,
questa  volta,  allo  stesso  territorio  oggetto  di  pianificazione
paesaggistica. 
    A causa delle particolari modalita' con cui i piani paesaggistici
vigenti in Sicilia regolano nella sostanza l'uso dei  beni  protetti,
infatti, ai medesimi rischi paventati per le aree boschive non ancora
pianificate - come conseguenza dell'eliminazione dell'art.  10  della
legge reg. Siciliana n. 16 del 1996  e  dell'art.  15,  primo  comma,
lettera e), della legge reg. Siciliana n. 78 del 1976 - non sfuggono,
in realta', nemmeno le aree gia' pianificate. Le norme di  attuazione
di tali piani, invero, non  contengono  regole  sostanziali  sull'uso
edificatorio delle aree a bosco,  ma  si  limitano  a  rinviare  (con
formule sostanzialmente analoghe, che manifestano  la  natura  mobile
del rinvio) a quanto previsto dalla legge reg. Siciliana  n.  16  del
1996,  sicche'  l'abrogazione  dei  riferimenti   normativi   primari
determina - con il venir meno del divieto di nuove costruzioni  nelle
aree protette - la sopravvenuta inoperativita' della normativa  d'uso
definita in sede di pianificazione e, con essa, anche in questo caso,
lo svuotamento del nucleo essenziale della tutela  del  paesaggio,  e
dunque, per le ragioni esposte sopra, la violazione  dell'obbligo  di
pianificazione   paesaggistica,   considerato   nella   sua   valenza
sostanziale. 
    6.-  In  conclusione,  l'impugnato  art.  12  della  legge   reg.
Siciliana  n.  2  del  2021  esorbita  dalla  competenza  legislativa
primaria prevista all'art. 14, lettera n),  dello  statuto  speciale,
ponendosi   in   contrasto   con   le   norme   di   grande   riforma
economico-sociale contenute agli artt. 135 e 143 cod. beni culturali,
e viola, al contempo, gli artt. 3 e 9 Cost. 
    Poiche'  le  ragioni  di  illegittimita'  costituzionale  esposte
trovano il loro presupposto  nel  vincolo  paesaggistico  delle  aree
interessate, e' necessaria infine una precisazione sul  regime  delle
zone di rispetto dei boschi di cui al comma  11  dell'art.  10  della
legge reg. Siciliana n. 16 del 1996:  essendo  per  esse  il  vincolo
venuto meno per autonoma scelta  della  Regione  Siciliana  (vedi  il
precedente punto 5.1.),  la  rilevata  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 12 della legge reg. Siciliana n. 2 del 2021 non investe  la
parte in cui esso abroga le disposizioni che riguardano le  anzidette
zone di rispetto. 
    Pertanto,   assorbite   le   altre   censure,    va    dichiarata
l'illegittimita' costituzionale del comma 5 dell'art. 37 della  legge
reg. Siciliana n. 19 del 2020, come  sostituito  dall'art.  12  della
legge reg. Siciliana n. 2 del 2021, nella parte in cui abroga i commi
da 1 a 10 e 12 dell'art. 10 della legge  reg.  Siciliana  n.  16  del
1996, con riferimento ai  boschi  e  alle  fasce  forestali,  nonche'
l'illegittimita' costituzionale del comma 6 dello stesso art. 37.