ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3  e  4
della legge della Regione Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014,  n.  5,
recante «Modifiche alla  legge  regionale  26  febbraio  1995,  n.  2
(Interventi in materia di  indennita'  e  previdenza  ai  Consiglieri
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige),  come  modificata  dalle
leggi regionali 28 ottobre 2004, n. 4,  30  giugno  2008,  n.  4,  16
novembre 2009, n. 8, 14 dicembre 2011, n. 8 e 21 settembre  2012,  n.
6,  nonche'  alla  legge   regionale   23   novembre   1979,   n.   5
(Determinazione delle indennita' spettanti  ai  membri  della  Giunta
regionale), e successive modificazioni, volte al  contenimento  della
spesa pubblica», dell'art. 15 della legge della Regione Trentino-Alto
Adige 21  settembre  2012,  n.  6  (Trattamento  economico  e  regime
previdenziale  dei  membri  del  Consiglio  della  Regione   autonoma
Trentino-Alto  Adige),  dell'art.  3  della   legge   della   Regione
Trentino-Alto  Adige  28  ottobre  2004,  n.  4   (Modificazioni   ed
integrazioni alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2  «Interventi
in materia di indennita' e previdenza ai  Consiglieri  della  Regione
Autonoma Trentino-Alto Adige»), nella parte in cui  introduce  l'art.
4-bis della legge della Regione Trentino-Alto Adige 26 febbraio 1995,
n. 2 (Interventi in materia di indennita' e previdenza ai consiglieri
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), promossi  dal  Tribunale
ordinario di Trento con due ordinanze, del 22 aprile  2020  e  del  9
giugno 2021,  iscritte,  rispettivamente,  al  n.  123  del  registro
ordinanze 2020 e al n. 139 del registro ordinanze 2021  e  pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  39,  prima   serie
speciale, dell'anno 2020 e n. 39,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2021. 
    Visti gli atti di costituzione di S. B., della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol, del Consiglio regionale  della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, di N. T.,  nonche'  l'atto  di
intervento di H. F.; 
    udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2022 il Giudice relatore
Angelo Buscema; 
    uditi gli avvocati Massimo Luciani per N. T., Maurizio Paniz  per
S. B., Giandomenico Falcon, Fabio  Corvaja  e  Andrea  Manzi  per  la
Regione autonoma Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  per  il  Consiglio
regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 marzo 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza iscritta al numero 123 del  registro  ordinanze
2020, il Tribunale ordinario di  Trento  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt.  2  e  3  della  legge  della
Regione Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 5, recante  «Modifiche
alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2 (Interventi in materia di
indennita'  e  previdenza  ai  Consiglieri  della  Regione   autonoma
Trentino-Alto  Adige),  come  modificata  dalle  leggi  regionali  28
ottobre 2004, n. 4, 30 giugno 2008, n. 4, 16 novembre 2009, n. 8,  14
dicembre 2011, n. 8 e 21 settembre 2012, n.  6,  nonche'  alla  legge
regionale 23 novembre 1979, n.  5  (Determinazione  delle  indennita'
spettanti  ai  membri   della   Giunta   regionale),   e   successive
modificazioni,  volte  al  contenimento  della  spesa  pubblica»,  in
riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 42, 64, 66, 68,  69,  97  e  117
della Costituzione, quest'ultimo anche in relazione all'art. 6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. 
    L'art. 2 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  5  del  2014
disponeva che «[a]  decorrere  dal  mese  successivo  all'entrata  in
vigore della presente legge l'ammontare lordo mensile  di  tutti  gli
assegni vitalizi diretti,  non  attualizzati,  e  di  reversibilita',
compresi quelli gia' in godimento o attribuiti,  e'  ridotto  di  una
percentuale del 20 per cento, desunta dalla percentuale di  riduzione
della indennita' parlamentare lorda di cui all'articolo 1 della legge
31 ottobre 1965, n. 1261 e successive modificazioni, alla data del 1°
gennaio 2014, rispetto  all'indennita'  parlamentare  lorda  indicata
nell'articolo 8, comma 2, della legge regionale 21 settembre 2012, n.
6 (Trattamento  economico  e  regime  previdenziale  dei  membri  del
Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige)». 
    Il successivo art. 3 disponeva che «1. Ove il titolare di assegno
vitalizio diretto o di reversibilita' goda  di  altro  trattamento  o
vitalizio diretto o di reversibilita' per aver ricoperto  cariche  di
parlamentare nazionale o europeo o per  essere  stato  componente  di
organi di altre Regioni, l'assegno erogato dal  Consiglio  regionale,
considerato ai fini del  calcolo  del  cumulo  al  lordo  del  valore
attuale, viene ridotto, qualora  l'importo  lordo  complessivo  degli
assegni stessi superi la  misura  lorda  di  euro  9.000,00  per  gli
assegni  vitalizi  diretti,   rispettivamente   calcolata   in   modo
proporzionale per gli assegni vitalizi di reversibilita'. 2. Ai  fini
dell'applicazione del comma  1,  il  titolare  di  assegno  vitalizio
diretto o di reversibilita' erogato dal Consiglio regionale e' tenuto
a dichiarare all'Ufficio di  Presidenza  o  di  non  percepire  alcun
assegno vitalizio diretto o di reversibilita',  o  l'ammontare  lordo
degli assegni percepiti, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore
della presente legge. 3. In caso di mancata ottemperanza dell'obbligo
di dichiarazione previsto dal comma 2, l'assegno vitalizio diretto  o
di reversibilita'  viene  sospeso  e,  per  le  due  mensilita'  gia'
erogate, si provvede al recupero dell'indebito in  base  alle  comuni
procedure». 
    Entrambe le disposizioni sono state abrogate dall'art.  2,  comma
2, della legge della Regione Trentino-Alto Adige 15 novembre 2019, n.
7  (Rideterminazione  degli  assegni  vitalizi  e  di  reversibilita'
secondo il metodo di calcolo contributivo). 
    Il rimettente riferisce di essere stato adito da S. B.,  titolare
di vitalizio a carico del Consiglio regionale dal 15 marzo  2013,  il
quale  aveva  convenuto  in  giudizio  quest'ultimo  unitamente  alla
Regione   autonoma   Trentino-Alto   Adige/Südtirol   per    ottenere
l'accertamento del proprio diritto alla  corresponsione  dell'assegno
senza le decurtazioni operate in applicazione delle norme  censurate,
con conseguente condanna in tal senso. 
    Dopo l'esperimento di regolamento preventivo di giurisdizione, in
esito  al  quale  la  Corte  di  cassazione   aveva   confermato   la
giurisdizione ordinaria, il giudice a quo aveva  sollevato  incidente
di costituzionalita' relativamente alla medesima normativa,  definito
nel senso della manifesta inammissibilita' con l'ordinanza n. 111 del
2019 di questa Corte. 
    Il rimettente solleva  le  descritte  questioni  di  legittimita'
costituzionale a  seguito  dell'avvenuta  riassunzione  del  giudizio
principale. 
    1.1.- A suo avviso, le  disposizioni  censurate  contrasterebbero
con «il principio della intangibilita' dei diritti acquisiti e  della
certezza e stabilita' dei rapporti giuridici quale  forma  di  tutela
del legittimo affidamento», riconducibile agli artt. 2, 3 e 97 Cost.,
«in quanto elemento essenziale dello Stato di diritto ed espressione,
da  un  lato,  del  principio  di  uguaglianza  dinanzi  alla  Legge;
dall'altro, del principio di solidarieta' cui sono collegati i canoni
di buona fede e di correttezza dall'agire,  e  cio'  anche  da  parte
della P.A. che deve  improntare  la  propria  condotta  a  canoni  di
lealta' e di  imparzialita'»,  nonche'  all'art.  117,  primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 6 CEDU, «in assenza di motivi imperativi
di interesse generale costituzionalmente rilevanti». 
    Secondo il rimettente, sebbene il principio dell'affidamento  non
abbia valenza assoluta, le disposizioni normative retroattive,  quali
sarebbero  quelle  denunciate,  non  potrebbero  trasmodare  in   una
regolamentazione irrazionale, incidendo su situazioni sostanziali  di
natura patrimoniale fondate sulla legislazione precedente, rendendosi
necessario al riguardo un rigoroso scrutinio di  ragionevolezza  -  e
non di mera mancanza di arbitrarieta' - valutando  le  motivazioni  a
sostegno  dell'intervento  legislativo,   anche   alla   luce   delle
circostanze di fatto e del contesto in cui esso e' maturato, il tempo
trascorso  dal  momento  di  definizione   dell'assetto   regolatorio
alterato,  la  prevedibilita'  della  modifica   retroattiva   e   la
proporzionalita' dell'iniziativa. 
    Nella fattispecie, il legislatore regionale non  avrebbe  addotto
alcuna specifica motivazione a  sostegno  dell'intervento  riduttivo,
limitandosi a indicare, nell'intitolazione della legge, una  generica
esigenza di contenimento della spesa pubblica, considerata inidonea a
fondarne  la  legittimita'.  Al  contempo,  l'attore   nel   giudizio
principale, che aveva iniziato a percepire l'assegno vitalizio da ben
oltre un anno, aveva terminato il proprio mandato elettivo in seno al
Consiglio regionale (svolto dal 1988 al 1994) da  venti  anni,  senza
poterne prevedere, a distanza di cosi' tanto tempo, il sostanziale ed
evidentemente sproporzionato azzeramento,  nemmeno  in  relazione  al
godimento del vitalizio erogato dalla Camera  dei  deputati,  poiche'
l'eventualita' dello svolgimento di mandati parlamentari da parte  di
coloro che avrebbero goduto  di  quello  dipendente  dal  mandato  di
consigliere era espressamente contemplata dalla  normativa  regionale
di riferimento. 
    Inoltre, le disposizioni censurate violerebbero gli artt. 64, 66,
68 e 69 Cost., in quanto i vitalizi  regionali  risponderebbero  alla
medesima ratio, propria dell'indennita',  di  «sterilizzazione  degli
impedimenti economici  all'accesso  alle  cariche  di  rappresentanza
democratica»  e  di  garanzia  dell'attribuzione  di  un  trattamento
economico adeguato ad assicurarne l'indipendenza. 
    Infine, gli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5
del 2014 violerebbero l'art.  117  Cost.,  in  quanto  l'art.  4  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige),  attribuirebbe  alla
Regione   autonoma   Trentino-Alto   Adige/Südtirol   una    potesta'
legislativa  limitata  alla  materia  dell'ordinamento  degli  uffici
regionali e del personale a essi addetto, che non  comprenderebbe  la
possibilita' di incidere sui vitalizi, ambito riservato alla potesta'
legislativa dello Stato,  che,  peraltro,  avrebbe  si'  chiamato  le
Regioni a interventi riduttivi, ma salvaguardando  i  trattamenti  in
corso di erogazione (art. 2, comma 1, lettera m, del decreto-legge 10
ottobre 2012, n. 174, recante «Disposizioni  urgenti  in  materia  di
finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'  ulteriori
disposizioni in favore  delle  zone  terremotate  nel  maggio  2012»,
convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213). 
    1.2.- In punto di rilevanza,  il  giudice  a  quo  riferisce  che
l'attore,  ex  consigliere  della  Regione   autonoma   Trentino-Alto
Adige/Südtirol e, in ragione di cio', gia' percettore di  un  assegno
vitalizio di euro 3.543,86 lordi mensili,  avrebbe  dapprima  subito,
come da nota del 23 luglio 2014, in virtu' dell'art.  2  della  legge
reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del  2014,  una  decurtazione  di  euro
708,77 con decorrenza dal mese di luglio del 2014 e, successivamente,
con decreto 26 settembre 2014,  in  applicazione  dell'art.  3  della
medesima  legge  regionale,  la  riduzione   dell'assegno   vitalizio
regionale a euro 139,03, pari alla differenza tra il  previsto  tetto
di euro 9.000,00 lordi mensili e il vitalizio di euro 8.860,97  lordi
mensili percepito quale ex parlamentare, avendo svolto cinque mandati
quale deputato. 
    A  fronte  di  una  domanda  di  accertamento  del  diritto  alla
corresponsione  dell'assegno  vitalizio  senza  decurtazioni   e   di
condanna al pagamento di quanto dovuto a tale  titolo  per  l'intero,
l'accoglimento  o  il  rigetto  della  pretesa   dipenderebbe   dalla
fondatezza o meno  delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate. 
    2.- Con atti dal contenuto coincidente,  si  sono  costituiti  in
giudizio  la  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  il
Consiglio regionale, deducendo l'inammissibilita' e, comunque, la non
fondatezza delle questioni sollevate. 
    Anzitutto,   permarrebbero    le    ragioni    d'inammissibilita'
evidenziate nell'ordinanza n. 111 del 2019 di questa  Corte,  cui  il
rimettente non avrebbe posto  rimedio,  con  conseguente  difetto  di
motivazione sulla rilevanza. 
    In secondo luogo, le questioni sarebbero inammissibili per omessa
ricostruzione del quadro normativo  di  riferimento,  atteso  che  il
giudice a quo non avrebbe considerato che, gia' prima  dell'ordinanza
di  rimessione,  le  disposizioni  censurate  sono   state   abrogate
dall'art. 2, comma 2, della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  7  del
2019, e che l'art. 1, commi da 965 a 967,  della  legge  30  dicembre
2018,  n.  145  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021),
avrebbe imposto il ricalcolo con metodo  contributivo  degli  assegni
vitalizi in corso di erogazione, con cio' venendo meno  il  carattere
permanente e irreversibile  dell'intervenuta  riduzione,  profilo  di
rilievo centrale nelle censure articolate dal rimettente. 
    Ancora, le questioni sollevate sarebbero inammissibili in  quanto
generiche  e   indeterminate,   poiche'   con   esse   si   mirerebbe
all'eliminazione di un inesistente carattere retroattivo della  legge
- che viceversa disporrebbe una  riduzione  pro  futuro  di  benefici
relativi ai rapporti di durata - con  correlativa  impossibilita'  di
«esercizio del diritto di difesa». 
    In subordine, la Regione e  il  Consiglio  regionale  eccepiscono
l'irrilevanza  delle   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 2 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  5  del  2014,
atteso che nel giudizio a quo sarebbe contestata la «rideterminazione
dell'assegno vitalizio mediante applicazione del limite al cumulo  in
applicazione dell'art. 3,  non  mediante  la  riduzione  dell'assegno
vitalizio in applicazione dell'art. 2, che e' assorbita  dalla  prima
operazione. Sicche' l'art. 2 non ha trovato  e  non  e'  destinato  a
trovare applicazione nel giudizio a quo», alla luce  dell'intervenuta
abrogazione. 
    Infine,  sarebbero  inammissibili  le   questioni   genericamente
sollevate in riferimento all'art. 117 Cost.,  poiche'  il  rimettente
non avrebbe  indicato  la  competenza  statale  violata  dalla  legge
regionale. 
    Sempre in via preliminare, la Regione e  il  Consiglio  regionale
sostengono che il thema  decidendum  non  possa  includere  anche  la
violazione degli artt. 10, 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art. 6 CEDU,  non  trattandosi  di  «domande  rivolte  a  codesta
Corte»;  in  subordine,  si  tratterebbe  di  censure  inammissibili,
perche' insufficientemente argomentate, o  manifestamente  infondate,
in quanto i parametri evocati sarebbero  inconferenti  rispetto  alle
norme denunciate. 
    Nel merito, le questioni sollevate in riferimento agli artt. 2, 3
e  97   Cost.   non   sarebbero   fondate,   poiche'   dai   principi
dell'affidamento e della certezza e stabilita' dei rapporti giuridici
non  potrebbe  derivare  alcuna   pretesa   all'immutabilita'   della
disciplina legislativa dei rapporti intersoggettivi di  durata:  essa
non potrebbe consistere ne' in un diritto fondamentale della  persona
(art. 2 Cost.) ne' in un riflesso del principio  di  buon  andamento,
mentre  sarebbe  necessario  che  la   funzione   legislativa   possa
conformare tali rapporti secondo le concrete esigenze  e  circostanze
che  si  pongono  nel  corso  del  tempo,   anche   in   termini   di
concretizzazione dei doveri inderogabili di solidarieta' sociale  che
costituiscono  il  risvolto  del  riconoscimento  dei  diritti  della
persona di cui all'art. 2 Cost. e il fondamento del programma di  cui
all'art. 3, secondo comma, Cost. Quanto all'evocazione del  principio
di ragionevolezza a sostegno del divieto di regolazione  retroattiva,
esso non sarebbe pertinente, poiche' nel presente caso non vi sarebbe
applicazione retroattiva di norme. 
    Peraltro, quand'anche la  censura  fosse  diretta  a  evidenziare
l'irragionevolezza delle disposizioni in quanto volte a prevedere una
modifica peggiorativa dei trattamenti di  durata,  essa  non  sarebbe
comunque fondata, atteso che difetterebbe la configurabilita'  di  un
affidamento sull'immutabilita' dei trattamenti medesimi, suscettibili
di alterazione in senso  sfavorevole  da  parte  del  legislatore,  a
maggior ragione quando la loro determinazione  sia  regolata  da  una
disciplina dettata proprio dai  destinatari  degli  stessi.  Inoltre,
nell'ambito in considerazione, la  discrezionalita'  del  legislatore
sarebbe  particolarmente  estesa  -  anche  alla   luce   della   non
assimilabilita' dei vitalizi ai trattamenti pensionistici,  viste  le
condizioni privilegiate  che  ne  consentono  il  godimento  -  e,  a
fondamento della scelta legislativa, sussisterebbe la  necessita'  di
soddisfare indefettibili esigenze di bilancio e di  equita'  sociale,
evidenziate dalla relazione al disegno di legge, che  costituirebbero
«imperativi  costituzionalmente  rilevanti»,  a   prescindere   dalla
situazione finanziaria del bilancio  del  Consiglio  regionale  della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol. 
    Con  particolare  riferimento  all'art.  3   della   legge   reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, la ragionevolezza  dell'intervento
si desumerebbe sia  dal  fatto  che  tale  disposizione  si  pone  in
continuita' con altre previsioni di legge adottate in  passato  dalla
Regione per porre limiti al cumulo del vitalizio regionale con  altri
vitalizi pubblici (viene evocato l'art.  4,  comma  11,  della  legge
della Regione Trentino-Alto Adige 26 febbraio  1995,  n.  2,  recante
«Interventi in materia di  indennita'  e  previdenza  ai  consiglieri
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige»), sia dal fatto  che,  «a
fronte di erogazioni della medesima natura non  sussist[o]no  ragioni
per destinare ulteriori  risorse  pubbliche  alla  stessa  finalita',
essendo tali finalita' gia'  integralmente  soddisfatte  dagli  altri
assegni vitalizi». Peraltro, il tetto  massimo  mensile  fissato  dal
legislatore regionale in euro 9.000 lordi garantirebbe comunque  «una
indennita' idonea  a  compensare  lo  svolgimento  di  ogni  tipo  di
servizio onorario  prestato»  e  soddisferebbe  «qualunque  forma  di
esigenza latamente  previdenziale»,  oltretutto  con  un  trattamento
maturato  a  seguito  di  condizioni  particolarmente  favorevoli   e
determinato  attraverso  un  meccanismo  che  ne   consentirebbe   la
rimodulazione al rialzo, come sarebbe  concretamente  avvenuto  nella
fattispecie, a seguito della riduzione del vitalizio parlamentare. 
    Infine, non  sarebbero  fondate  ne'  le  censure  di  violazione
dell'art.  42  Cost.,  in  quanto  inapplicabile   alle   prestazioni
obbligatorie, ne' quelle formulate in riferimento agli artt. 64,  66,
68 e 69 Cost., parametri riferibili ai membri delle Camere  e  non  a
quelli del Consiglio regionale, la cui violazione,  inoltre,  sarebbe
esclusa  dal  fatto   che,   in   ogni   caso,   la   necessita'   di
«sterilizzazione degli impedimenti economici alle  cariche  elettive»
non sarebbe in alcun modo pregiudicata dalle  norme  contestate,  che
garantirebbero un congruo emolumento. 
    3.- Si e' costituito in giudizio S. B., chiedendo  l'accoglimento
delle  questioni  sollevate  dal  giudice  a  quo  e   rinviando   lo
svolgimento dei  propri  argomenti  difensivi  a  successiva  memoria
illustrativa. 
    4.- E' intervenuto in  giudizio  H.  F.,  anch'egli  titolare  di
assegno   vitalizio   regionale   ridotto   in   applicazione   delle
disposizioni censurate  e  parte  in  causa  in  analogo  contenzioso
pendente davanti al Tribunale di Trento. 
    A suo avviso, l'ammissibilita' del proprio intervento deriverebbe
dalla gia' avvenuta riunione del giudizio incidentale originato dalle
domande svolte da S. B., oggi riproposto, con quello scaturito  dalle
analoghe pretese da lui stesso vantate dinanzi al medesimo Tribunale,
entrambi definiti con l'ordinanza n. 111 del 2019 di questa Corte. 
    Tanto premesso, l'intervenuto sostiene che  il  rimettente  abbia
emendato  i  difetti  motivazionali  che  avevano  dato  luogo   alla
precedente pronuncia di manifesta  inammissibilita'  delle  questioni
sollevate e che esse, nel merito, siano fondate. 
    A quest'ultimo proposito, la consistenza e  la  permanenza  delle
riduzioni operate dalle disposizioni censurate a mero beneficio della
finanza pubblica, peraltro a fronte di una contribuzione di ammontare
non irrilevante, violerebbero il principio del legittimo  affidamento
presidiato dai parametri evocati dal rimettente, ivi  incluso  l'art.
117, primo comma, Cost. in relazione all'art. 6 CEDU,  rispetto  alle
funzioni costituzionalmente riservate al  potere  giudiziario,  e  in
combinato disposto con l'art. 11 Cost., trattandosi di principio  del
diritto eurounitario. 
    Inoltre, le disposizioni violerebbero le  competenze  statali  in
materia di ordinamento civile (art. 117, secondo  comma,  lettera  l,
Cost.) - cui ricondurre i rapporti intersoggettivi privatistici e  la
salvaguardia della proprieta' privata  -  e  di  coordinamento  della
finanza pubblica (art.  117,  terzo  comma,  Cost.),  atteso  che  il
principio espresso dall'art. 2, comma 1, lettera m), del d.l. n.  174
del  2012,  come  convertito,  nell'incentivare  una  riduzione   dei
vitalizi regionali, farebbe salvi quelli in corso di erogazione. 
    5.- In prossimita' dell'udienza S. B., la Regione e il  Consiglio
regionale hanno depositato delle memorie illustrative. 
    S.  B.,  dopo  aver  confermato  la  ricostruzione  operata   dal
rimettente in merito all'applicazione di entrambe le misure riduttive
previste dalla normativa censurata, ha sostenuto la violazione  degli
artt. 2, 3, 10, 42, 51, 64, 66, 68, 69 e 117, primo comma, Cost.,  in
relazione all'art. 6 CEDU e all'art.  1  del  Protocollo  addizionale
alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952. 
    Cio'  alla  luce  della  mancata  considerazione  della  data  di
maturazione dei trattamenti, dei  mandati  consiliari  svolti,  delle
riduzioni operate in epoca di  poco  precedente  -  che  hanno  anche
riguardato  i  vitalizi   dovuti   in   ragione   dell'attivita'   di
parlamentare  nazionale  -  e  della  concomitante  applicazione  dei
contributi di  solidarieta',  nonche'  della  mancata  previsione  di
gradualita', temporaneita' e mitigazione delle misure, foriere di  un
sostanziale  azzeramento  dell'assegno  -  con   portata   di   fatto
espropriativa fondata sul mero  interesse  finanziario  -  e  di  una
correlata  vanificazione  della  contribuzione  versata.  Di  qui  la
violazione dei principi del legittimo affidamento e di  certezza  del
diritto - trattandosi di misure  ingiustificate,  sia  economicamente
che alla stregua dell'art. 2, comma 1, lettera m), del  d.l.  n.  174
del 2012, come convertito, oltre che irragionevoli, discriminatorie e
sproporzionate, trasmodate in una regolamentazione irrazionale di  un
assetto  ormai  consolidato,  la  cui  modifica  in  peius  non   era
prevedibile  -  e  del  principio  di  libero  accesso  alle  cariche
elettive, essendovi frapposto un impedimento economico, in violazione
degli artt. 3, secondo comma, e 51 Cost. 
    La  Regione  e  il  Consiglio  regionale,  nella   loro   memoria
illustrativa, oltre a eccepire l'inammissibilita' dell'intervento  in
giudizio  spiegato   da   H.   F.,   hanno   rimarcato   l'incompleta
ricostruzione del contesto  normativo  e,  segnatamente,  la  mancata
considerazione della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  7  del  2019,
che, riducendo ulteriormente  il  trattamento  di  S.  B.,  osterebbe
all'accoglimento della domanda formulata nel giudizio a quo. 
    Le  parti  hanno  inoltre  ribadito  i  loro   argomenti   quanto
all'omesso   superamento   della   lacuna   ricostruttiva    rilevata
dall'ordinanza n. 111 del 2019 di questa Corte - circa  l'interazione
tra la decurtazione del 20 per cento e il limite alla possibilita' di
cumulo (destinato ad assorbire  la  prima,  come  dimostrerebbero  le
rideterminazioni in  aumento  dell'assegno,  di  cui  S.  B.  avrebbe
frattanto beneficiato) - e  al  difetto  di  rilevanza,  evidenziando
altresi' la  peculiarita'  del  vitalizio  spettante  ai  consiglieri
regionali - che ne  giustificherebbe  la  modificabilita'  anche  per
ragioni  di  sostenibilita'  del  sistema  -   la   possibilita'   di
riespansione insita  nel  meccanismo  del  limite  di  cumulo  -  che
escluderebbe la  sterilizzazione  della  contribuzione  -  e  la  non
assimilabilita'  alle  pensioni.  Infine,  non   sarebbe   pertinente
l'evocazione degli artt. 64,  66,  68  e  69  Cost.,  in  quanto  ius
singulare inapplicabile ai consiglieri regionali. 
    6.- Con ordinanza iscritta al numero 139 del  registro  ordinanze
2021 il Tribunale ordinario  di  Trento  ha  sollevato  questioni  di
legittimita'   costituzionale   dell'art.   2   della   legge    reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 - in riferimento agli artt. 3,  97,
117, commi primo, secondo, lettera l), e terzo, Cost.,  in  relazione
all'art. 6 CEDU e all'art. 2, comma 1, lettera m), del  d.l.  n.  174
del 2012, come convertito, e in riferimento all'art. 4 dello  statuto
reg. Trentino-Alto Adige - nonche' degli artt. 3  della  legge  della
Regione Trentino-Alto Adige 28 ottobre 2004, n. 4  (Modificazioni  ed
integrazioni alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2  «Interventi
in materia di indennita' e previdenza ai  Consiglieri  della  Regione
Autonoma Trentino-Alto Adige), nella parte in  cui  introduce  l'art.
4-bis della legge della Regione Trentino-Alto Adige 26 febbraio 1995,
n. 2 (Interventi in materia di indennita' e previdenza ai consiglieri
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige),  15  della  legge  della
Regione Trentino-Alto Adige 21  settembre  2012,  n.  6  (Trattamento
economico e regime  previdenziale  dei  membri  del  Consiglio  della
Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige),  e  4  della   legge   reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, in riferimento agli artt.  3,  38,
53, 97, 117, commi primo - in relazione all'art. 6 CEDU - e  secondo,
lettera l), Cost. e 4 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige. 
    Del contenuto dell'art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.
5 del 2014 si e' gia' detto a proposito dell'ordinanza iscritta al n.
123 reg. ord. del 2020. 
    L'art. 4-bis della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 2 del 1995 -
come detto, introdotto dall'art. 3  della  legge  reg.  Trentino-Alto
Adige n. 4 del 2004 - prevede che «1. A carico degli assegni vitalizi
e di reversibilita' dei Consiglieri eletti fino alla XIII Legislatura
compresa viene  effettuata,  con  decorrenza  1°  gennaio  2005,  una
trattenuta del 4 per cento a titolo di contributo di solidarieta'. 2.
L'Ufficio di Presidenza  con  regolamento  individuera'  le  relative
modalita' operative». 
    L'art. 15 della legge reg. Trentino-Alto  Adige  n.  6  del  2012
prevede che  «1.  A  carico  degli  assegni  vitalizi  diretti  e  di
reversibilita' viene effettuata una trattenuta variabile  fino  a  un
massimo del 12 per cento a titolo di contributo di  solidarieta'.  2.
L'Ufficio di  Presidenza  disciplina  con  propria  deliberazione  le
modalita' operative». 
    L'art. 4 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  5  del  2014
stabilisce che «[i]l contributo di  solidarieta'  da  applicare  agli
assegni vitalizi inferiori alla misura del 30,40 per cento della base
di calcolo prevista dal comma 2 dell'articolo 8 della legge regionale
n. 6 del 2012 e' pari al 6 per cento. Agli assegni di  reversibilita'
riferiti ad assegni vitalizi non  attualizzati,  maturati  fino  alla
misura del 57 per cento della medesima base di calcolo, il contributo
di solidarieta' da applicare e' pari all'8 per cento ed agli  assegni
di reversibilita' riferiti ad assegni vitalizi di  misura  superiore,
il contributo di solidarieta' da applicare e' pari al 12 per cento». 
    Il rimettente riferisce di essere stato adito da N. T.  -  vedova
di W. M., consigliere regionale dal  1978  al  1993,  e  titolare  di
assegno vitalizio di reversibilita' dal giugno 2008 - la quale  aveva
convenuto il Consiglio regionale  unitamente  alla  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol per ottenere l'accertamento del  proprio
diritto  alla  corresponsione  dell'assegno  senza  le   decurtazioni
operate in applicazione dell'art. 2 della  legge  reg.  Trentino-Alto
Adige n. 5  del  2014  e  dei  contributi  di  solidarieta'  previsti
dall'ulteriore  normativa  regionale   censurata,   con   conseguente
condanna in tal senso delle controparti. 
    6.1.- Le censure mosse dal rimettente all'art. 2 della legge reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 in riferimento agli artt. 3,  97  e
117,  primo   comma,   Cost.,   in   relazione   all'art.   6   CEDU,
sostanzialmente  coincidono  con   quelle   rivolte   alla   medesima
disposizione dall'ordinanza iscritta al n. 123 reg. ord. del  2020  e
precedentemente illustrate, con la precisazione  che  il  legislatore
non avrebbe tenuto conto della non irrilevante contribuzione  versata
durante il mandato e avrebbe operato «senza che vi fosse una  ragione
stringente e insuperabile connessa alla finanza pubblica». L'art.  97
Cost. risulterebbe  altresi'  violato  in  quanto  i  percettori  del
trattamento  verrebbero  penalizzati  «senza  ottenere  una  maggiore
efficienza dell'Amministrazione e della sicurezza previdenziale nella
garanzia del mandato elettivo». 
    Inoltre, la disposizione violerebbe la  competenza  regionale  in
materia di ordinamento degli organi e degli uffici regionali (art.  4
dello statuto reg. Trentino-Alto Adige), invadendo quelle statali  in
materia di ordinamento civile (art. 117, secondo  comma,  lettera  l,
Cost.), cui ricondurre i rapporti intersoggettivi privatistici  e  la
salvaguardia della  proprieta'  privata,  e  di  coordinamento  della
finanza pubblica (art.  117,  terzo  comma,  Cost.),  atteso  che  il
principio espresso dall'art. 2, comma 1, lettera m), del d.l. n.  174
del  2012,  come  convertito,  nell'incentivare  una  riduzione   dei
vitalizi regionali, farebbe salvi quelli in corso di erogazione. 
    Quanto  alla  normativa  regionale  relativa  ai  contributi   di
solidarieta', essa violerebbe gli artt. 3, 97 e 117, commi primo - in
relazione all'art. 6 CEDU - e secondo,  lettera  l),  Cost.,  nonche'
l'art. 4 dello statuto, in quanto tali  prelievi,  solo  nominalmente
distinguibili dal "taglio lineare" operato dall'art.  2  della  legge
reg. Trentino-Alto  Adige  n.  5  del  2014,  non  risponderebbero  a
esigenze solidaristiche o perequative e non sarebbero ne'  temporanei
ne' dettati dalla necessita' di sopperire a esigenze di erogazione. 
    Infine, i contributi di solidarieta' disciplinati dalla normativa
censurata rivestirebbero natura tributaria, in quanto  integrerebbero
i requisiti al riguardo delineati dalla giurisprudenza costituzionale
e attingerebbero una platea di  soggetti  irragionevolmente  limitata
(si cita in particolare la sentenza n. 116 del 2013), senza  ricevere
una destinazione endoprevidenziale e tantomeno rispettare lo  statuto
di costituzionalita' tracciato da questa Corte nelle sentenze n.  173
del 2016 e n. 234 del 2020. Di qui la violazione degli artt. 3, 38  e
53 Cost. 
    6.2.-  Quanto  alla  rilevanza  delle  questioni  sollevate,   il
rimettente, oltre a escludere la praticabilita' di un'interpretazione
costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate,  riferisce
che  l'attrice  avrebbe  subito  dal  giugno  2008,  sull'assegno  di
reversibilita' pari a  euro  5.159,65  lordi  mensili,  la  riduzione
dovuta all'applicazione del  contributo  di  solidarieta'  variamente
modulato nel tempo, cui si e' cumulato nel 2014 l'autonoma  riduzione
del 20 per  cento  in  applicazione  dell'art.  2  della  legge  reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014. 
    A  fronte  di  una  domanda  di  accertamento  del  diritto  alla
corresponsione dell'assegno di reversibilita' senza decurtazioni e di
condanna al pagamento di quanto dovuto a tale  titolo  per  l'intero,
l'accoglimento  o  il  rigetto  della  pretesa   dipenderebbe   dalla
fondatezza o meno  delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate. 
    Ne' rileverebbe l'abrogazione, da parte degli artt. 2, comma 2, e
3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 7 del 2019, rispettivamente
degli artt. 2, 3 e 4 della legge regionale n.  5  del  2014  e  degli
artt. 4-bis della legge regionale n. 2 del 1995 e 15 della legge reg.
Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 che disporrebbe  solo  pro  futuro,
lasciando inalterata la rilevanza delle questioni sollevate. 
    7.-  Si  sono  costituiti  in  giudizio   la   Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol  e  il  Consiglio  regionale,  deducendo
l'inammissibilita' e, comunque, la  non  fondatezza  delle  questioni
sollevate. 
    Anzitutto, le questioni relative agli  artt.  4-bis  della  legge
reg. Trentino-Alto Adige n. 2 del 1995 - come introdotto dall'art.  3
della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2004 - e 15 della legge
reg. Trentino-Alto Adige n. 6  del  2012  sarebbero  irrilevanti,  in
quanto, nel giudizio a quo, l'attrice  avrebbe  avanzato  domanda  di
accertamento e condanna al versamento di quanto dovuto  a  titolo  di
vitalizio nell'ammontare risultante prima delle decurtazioni  operate
in applicazione degli artt. 2 e  4  della  legge  reg.  Trentino-Alto
Adige n. 5 del 2014, dolendosi,  dunque,  solo  dell'applicazione  di
questi ultimi. 
    In secondo luogo, le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  5  del  2014,
sollevate in riferimento agli artt. 3, 97  e  117,  primo  comma,  in
relazione all'art. 6 CEDU, sarebbero inammissibili, in  quanto  prive
del requisito della chiarezza, poiche' fondamentalmente incentrate su
un inesistente carattere retroattivo  della  legge  -  che  viceversa
disporrebbe solo una riduzione pro futuro  di  benefici  relativi  ai
rapporti di durata - con pregiudizio alla possibilita' di difesa. 
    Nel merito, tali censure non  sarebbero  fondate,  in  quanto  la
giurisprudenza  costituzionale  non  avrebbe  mai   riconosciuto   la
configurabilita'   di   un   affidamento   sull'immutabilita'   della
disciplina dei rapporti di durata, neanche in materia  pensionistica,
rimanendo ferma  la  possibilita'  di  un  intervento  riduttivo  non
irrazionale. Nella fattispecie,  peraltro,  la  discrezionalita'  del
legislatore sarebbe ancora maggiore, stante la  non  riconducibilita'
dell'assegno vitalizio alle prestazioni di quiescenza - rispetto alle
quali risulterebbe attribuito a condizioni piu' favorevoli - e il suo
esercizio  risponderebbe,  oltre  che  a  indefettibili  esigenze  di
bilancio, a ragioni di equita'  sociale,  le  quali,  al  pari  delle
prime, rappresenterebbero «imperativi costituzionalmente  rilevanti».
Un affidamento  da  tutelare,  infine,  sarebbe  da  escludere  nella
fattispecie, proprio in ragione  del  fatto  che  la  disciplina  del
vitalizio sarebbe dettata dai suoi stessi beneficiari. 
    Inammissibile,  in  quanto  apodittica,  sarebbe  la  censura  di
violazione del principio di imparzialita' di cui all'art. 97 Cost. 
    Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 sollevate in riferimento
agli artt. 117,  commi  secondo,  lettera  l),  e  terzo,  Cost.  non
sarebbero fondate. 
    Quanto al primo parametro, non sarebbe revocabile  in  dubbio  la
competenza  della  Regione  a  incidere  sui  trattamenti   vitalizi,
avendoli istituiti e regolati. Cio',  peraltro,  troverebbe  conferma
nel  fatto  che  il  legislatore  non  vi  avrebbe   mai   provveduto
direttamente,   limitandosi    a    condizionarne    la    disciplina
nell'esercizio della propria competenza in materia  di  coordinamento
della finanza pubblica. A tale ambito andrebbe ricondotto  l'art.  2,
comma 1, lettera m), del d.l.  n.  174  del  2012,  come  convertito,
evocato dal rimettente quale parametro interposto, ma  la  "salvezza"
dei trattamenti in corso di erogazione, ivi prevista, avrebbe  dovuto
intendersi esclusivamente nel senso  che  essi  non  rientravano  nel
vincolo riduttivo imposto dalla disposizione  di  coordinamento,  non
invece quale impedimento per  le  Regioni  di  assumere  misure  piu'
virtuose dal punto di vista finanziario. 
    Le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della
legge  reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  5  del  2014,   sollevate   in
riferimento agli artt.  3,  97,  117,  commi  primo  -  in  relazione
all'art.  6  CEDU  -  e  secondo,   lettera   l),   Cost.   sarebbero
inammissibili  o,  comunque,  non  fondate  per  le  stesse   ragioni
illustrate  a  proposito  delle  censure  rivolte  all'art.  2  della
medesima legge regionale,  ulteriormente  evidenziandosi,  a  riprova
dell'insussistenza dell'affidamento, come, al momento dell'inizio del
godimento del trattamento di reversibilita', fosse gia'  operante  un
contributo di solidarieta', seppur diversamente modulato. 
    Le censure rivolte  al  citato  contributo  di  solidarieta'  per
violazione degli artt. 3, 38 e 53 Cost. sarebbero  inammissibili,  in
quanto  presenterebbero  carattere  ancipite  e  contraddittorio.  Il
rimettente, infatti, da un  lato  assumerebbe  la  natura  tributaria
della ritenuta - onde il contrasto con gli artt. 3 e  53  Cost.,  che
dovrebbe condurre all'ablazione della normativa - e,  dall'altro,  la
smentirebbe  -   secondo   quanto   ritenuto   dalla   giurisprudenza
costituzionale richiamata, che, appunto, l'ha negata  -  evocando  la
violazione degli artt. 3 e 38  Cost.  in  quanto,  quale  prestazione
legalmente imposta non tributaria, avrebbe  dovuto  avere  durata  al
massimo triennale e prevedere  la  destinazione  del  provento  della
riduzione  a  finalita'  mutualistiche.  Tale   ultima   conclusione,
peraltro, urterebbe con  l'assunto  precedente  per  cui  la  Regione
sarebbe priva di competenza a legiferare. 
    Nel merito, le questioni non  sarebbero  fondate,  in  quanto  il
previsto contributo di solidarieta' non avrebbe natura tributaria  ma
«interna al sistema degli assegni vitalizi» a  integrale  carico  del
Consiglio regionale, e  sarebbe  finalizzato  a  ridurre  l'onere  di
finanziamento degli assegni medesimi, al  fine  di  fronteggiarne  il
costo    gravoso    e    insostenibile,    successivamente    ovviato
dall'imposizione di un ricalcolo contributivo. 
    8.- Si e'  costituita  in  giudizio  N.  T.,  parte  attrice  nel
giudizio a quo, sostenendo l'ammissibilita'  e  la  fondatezza  delle
questioni sollevate alla stregua dei ritenuti condivisibili argomenti
sviluppati nell'ordinanza di rimessione  a  sostegno  di  un  petitum
ablativo della normativa regionale,  sulla  quale  si  fonda  sia  la
riduzione del 20 per cento, sia il contributo di  solidarieta',  come
variamente modulato nel corso del  tempo,  applicato  all'assegno  di
reversibilita' erogatole. 
    9.- In prossimita' dell'udienza, N. T., la Regione e il Consiglio
regionale hanno depositato una memoria illustrativa. 
    N. T., in replica agli argomenti difensivi svolti dalla Regione e
dal Consiglio regionale, ripercorrendo, in particolare, il  contenuto
dei propri atti processuali nel  giudizio  principale,  ha  anzitutto
sostenuto la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale
relative ai contributi di solidarieta'  anteriori  a  quello  di  cui
all'art. 4 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  5  del  2014.  In
secondo luogo, ha evidenziato come, a suo  avviso,  correttamente  le
censure  si  appuntino  sul  carattere  retroattivo  della  normativa
censurata,  trattandosi  di  retroattivita'  impropria   lesiva   del
legittimo affidamento, a fronte di misure non temporalmente  limitate
e  reiterate,  come  ritenutosi  a   proposito   dell'incisione   sui
trattamenti pensionistici. Ancora, ha  negato  rilievo  alla  mancata
censura della sopravvenuta legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  7  del
2019, applicabile solo pro futuro e non  necessariamente  foriera  di
ulteriori  riduzioni  rispetto  al  regime  precedente  alle   misure
adottate nel 2014. Inoltre, ha  negato  che  l'incisione  determinata
dalla normativa censurata si giustifichi alla stregua di  un'esigenza
di  sostenibilita',  considerate   le   condizioni   di   avanzo   di
amministrazione in cui versava il bilancio del  Consiglio  regionale.
Infine, ha contestato ogni  contraddittorieta'  nella  qualificazione
tributaria dei contributi di solidarieta' avvicendatesi nel  tempo  e
nell'evocazione della giurisprudenza costituzionale che ne ha sancito
la necessaria temporaneita'. 
    La  Regione  e  il  Consiglio  regionale,  nella   loro   memoria
illustrativa, oltre a  ribadire  le  difese  precedentemente  svolte,
hanno  evidenziato  come  il   trattamento   riconosciuto   agli   ex
consiglieri regionali abbia  caratteristiche  tali  da  impedirne  la
futura intangibilita', nella fattispecie giustificata da  ragioni  di
sostenibilita' del sistema, considerato anche il regime  contributivo
di  favore  accordato  dal  legislatore  statale  ai  lavoratori  che
accedono alle cariche elettive. Viene  inoltre  evidenziato  come  il
trattamento di reversibilita' di cui  beneficia  la  parte,  anche  a
fronte dell'applicazione del contributo di solidarieta', sia comunque
piu' vantaggioso di quello fruito a seguito della rideterminazione in
applicazione del criterio di calcolo contributivo,  introdotto  dalla
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 7 del 2019, non censurata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza iscritta al numero 123 del  registro  ordinanze
2020 il Tribunale ordinario  di  Trento  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt.  2  e  3  della  legge  della
Regione Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 5, recante  «Modifiche
alla legge regionale 26 febbraio 1995, n. 2 (Interventi in materia di
indennita'  e  previdenza  ai  Consiglieri  della  Regione   autonoma
Trentino-Alto  Adige),  come  modificata  dalle  leggi  regionali  28
ottobre 2004, n. 4, 30 giugno 2008, n. 4, 16 novembre 2009, n. 8,  14
dicembre 2011, n. 8 e 21 settembre 2012, n.  6,  nonche'  alla  legge
regionale 23 novembre 1979, n.  5  (Determinazione  delle  indennita'
spettanti  ai  membri   della   Giunta   regionale),   e   successive
modificazioni,  volte  al  contenimento  della  spesa  pubblica»,  in
riferimento agli artt. 2, 3, 10, 11, 42, 64, 66, 68,  69,  97  e  117
della Costituzione, quest'ultimo anche in relazione all'art. 6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. 
    Con successiva ordinanza, iscritta al  numero  139  del  registro
ordinanze  2021,  il  medesimo  Tribunale  di  Trento  ha   sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014 - in riferimento agli artt. 3,  97,
117, commi primo, secondo, lettera l), e terzo, Cost.,  in  relazione
all'art. 6 CEDU e all'art. 2, comma 1, lettera m), del  decreto-legge
10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e
funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni
in favore delle zone terremotate nel maggio  2012),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, e all'art. 4  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) - nonche' degli artt.
3 della legge della Regione Trentino-Alto Adige 28 ottobre 2004, n. 4
(Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 26 febbraio 1995,
n. 2 «Interventi in materia di indennita' e previdenza ai Consiglieri
della Regione Autonoma Trentino-Alto  Adige),  che  introduce  l'art.
4-bis della legge della Regione Trentino-Alto Adige 26 febbraio 1995,
n. 2 (Interventi in materia di indennita' e previdenza ai consiglieri
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige),  15  della  legge  della
Regione Trentino-Alto Adige 21  settembre  2012,  n.  6  (Trattamento
economico e regime  previdenziale  dei  membri  del  Consiglio  della
Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige),  e  4  della   legge   reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, in riferimento agli artt.  3,  38,
53, 97, 117, commi primo - in relazione all'art. 6 CEDU - e  secondo,
lettera l), Cost. e 4 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige. 
    Piu' in particolare, l'art.  2  della  legge  reg.  Trentino-Alto
Adige n. 5 del 2014 disponeva che «[a] decorrere dal mese  successivo
all'entrata in vigore della presente legge l'ammontare lordo  mensile
di tutti  gli  assegni  vitalizi  diretti,  non  attualizzati,  e  di
reversibilita', compresi quelli gia' in godimento  o  attribuiti,  e'
ridotto  di  una  percentuale  del  20  per  cento,   desunta   dalla
percentuale di riduzione della indennita' parlamentare lorda  di  cui
all'articolo 1 della legge 31 ottobre  1965,  n.  1261  e  successive
modificazioni, alla data del 1° gennaio 2014, rispetto all'indennita'
parlamentare lorda indicata nell'articolo 8,  comma  2,  della  legge
regionale 21 settembre 2012, n. 6  (Trattamento  economico  e  regime
previdenziale  dei  membri  del  Consiglio  della  Regione   autonoma
Trentino - Alto Adige)». 
    Il successivo art. 3 disponeva che «1. Ove il titolare di assegno
vitalizio diretto o di reversibilita' goda  di  altro  trattamento  o
vitalizio diretto o di reversibilita' per aver ricoperto  cariche  di
parlamentare nazionale o europeo o per  essere  stato  componente  di
organi di altre Regioni, l'assegno erogato dal  Consiglio  regionale,
considerato ai fini del  calcolo  del  cumulo  al  lordo  del  valore
attuale, viene ridotto, qualora  l'importo  lordo  complessivo  degli
assegni stessi superi la  misura  lorda  di  euro  9.000,00  per  gli
assegni  vitalizi  diretti,   rispettivamente   calcolata   in   modo
proporzionale per gli assegni vitalizi di reversibilita'. 2. Ai  fini
dell'applicazione del comma  1,  il  titolare  di  assegno  vitalizio
diretto o di reversibilita' erogato dal Consiglio regionale e' tenuto
a dichiarare all'Ufficio di  Presidenza  o  di  non  percepire  alcun
assegno vitalizio diretto o di reversibilita',  o  l'ammontare  lordo
degli assegni percepiti, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore
della presente legge. 3. In caso di mancata ottemperanza dell'obbligo
di dichiarazione previsto dal comma 2, l'assegno vitalizio diretto  o
di reversibilita'  viene  sospeso  e,  per  le  due  mensilita'  gia'
erogate, si provvede al recupero dell'indebito in  base  alle  comuni
procedure». 
    L'art. 4-bis della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 2 del 1995 -
introdotto dall'art. 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4  del
2004 - prevedeva che  «1.  A  carico  degli  assegni  vitalizi  e  di
reversibilita' dei Consiglieri  eletti  fino  alla  XIII  Legislatura
compresa viene  effettuata,  con  decorrenza  1°  gennaio  2005,  una
trattenuta del 4 per cento a titolo di contributo di solidarieta'. 2.
L'Ufficio di Presidenza  con  regolamento  individuera'  le  relative
modalita' operative». 
    L'art. 15 della legge reg. Trentino-Alto  Adige  n.  6  del  2012
prevedeva che «1. A  carico  degli  assegni  vitalizi  diretti  e  di
reversibilita' viene effettuata una trattenuta variabile  fino  a  un
massimo del 12 per cento a titolo di contributo di  solidarieta'.  2.
L'Ufficio di  Presidenza  disciplina  con  propria  deliberazione  le
modalita' operative». 
    L'art. 4 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  5  del  2014
stabiliva che «[i]l contributo  di  solidarieta'  da  applicare  agli
assegni vitalizi inferiori alla misura del 30,40 per cento della base
di calcolo prevista dal comma 2 dell'articolo 8 della legge regionale
n. 6 del 2012 e' pari al 6 per cento. Agli assegni di  reversibilita'
riferiti ad assegni vitalizi non  attualizzati,  maturati  fino  alla
misura del 57 per cento della medesima base di calcolo, il contributo
di solidarieta' da applicare e' pari all'8 per cento ed agli  assegni
di reversibilita' riferiti ad assegni vitalizi di  misura  superiore,
il contributo di solidarieta' da applicare e' pari al 12 per cento». 
    Le ordinanze  censurano  dunque  alcune  disposizioni  che  hanno
inciso negativamente sull'ammontare degli assegni vitalizi, diretti e
di reversibilita', spettanti in ragione della carica  di  consigliere
regionale  precedentemente   rivestita   dal   beneficiario   o   dai
superstiti, prevedendo, rispettivamente,  la  riduzione  del  20  per
cento del loro importo (art. 2 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige
n. 5 del 2014), un limite alla cumulabilita'  con  altro  trattamento
vitalizio erogato dal Parlamento  nazionale  o  europeo  o  da  altra
Regione (art. 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014) e
un contributo di solidarieta',  variamente  modulato  nel  corso  del
tempo (artt. 4-bis della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  2  del
1995, 15 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 e 4 della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014). 
    Tutte le disposizioni censurate sono state abrogate a opera degli
artt. 2, comma 2, e 3 della legge della Regione  Trentino-Alto  Adige
15 novembre 2019, n. 7 (Rideterminazione degli assegni vitalizi e  di
reversibilita' secondo il metodo di calcolo contributivo). 
    2.-  I  due  atti  di  promovimento   censurano   una   normativa
parzialmente coincidente, in riferimento a parametri e con  argomenti
in larga misura  sovrapponibili.  I  giudizi  possono  dunque  essere
riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia. 
    3.-  Preliminarmente,  deve   essere   dichiarato   inammissibile
l'intervento spiegato da H. F. nel giudizio iscritto al n.  123  reg.
ord. del 2020. 
    A suo avviso, l'ammissibilita' dell'intervento deriverebbe  dalla
gia'  avvenuta  riunione  dell'incidente  di  costituzionalita'  oggi
riproposto con altro giudizio incidentale -  in  cui  H.  F.  si  era
costituito in  quanto  parte  di  quello  principale  dal  quale  era
scaturito, relativo ad  analoghe  pretese  -  entrambi  definiti  con
l'ordinanza n. 111 del 2019 di questa Corte. 
    Ai sensi dell'art. 4, comma 7,  delle  Norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente ratione  temporis,
«[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire i  titolari  di
un interesse qualificato, inerente in modo  diretto  e  immediato  al
rapporto dedotto in giudizio». 
    Alla stregua della costante giurisprudenza  costituzionale,  «non
e' sufficiente, al  fine  di  rendere  ammissibile  l'intervento,  la
circostanza che il soggetto sia  titolare  di  interessi  analoghi  a
quelli dedotti nel giudizio principale o che sia parte in un giudizio
analogo, ma diverso dal giudizio a quo, sul  quale  la  decisione  di
questa Corte possa influire» (ordinanza n.  225  del  2021).  In  tal
caso, infatti, ove ammesso, l'intervento «contrasterebbe [...] con il
carattere incidentale del giudizio di legittimita' costituzionale, in
quanto il suo accesso a tale  giudizio  avverrebbe  senza  la  previa
verifica della rilevanza e della  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita'  costituzionale  da  parte  del  rispettivo
giudice a quo» (ordinanza n. 191 del 2021). 
    L'occasionale  precedente  trattazione  congiunta   di   distinti
incidenti di costituzionalita' non consente di giungere a una diversa
conclusione, restando inalterato l'impedimento  all'accesso  diretto,
scisso dalla verifica di rilevanza e di  non  manifesta  infondatezza
che solo il giudice  a  quo,  e  l'ordinanza  di  rimessione  che  ne
racchiuda le valutazioni al riguardo, puo' svolgere. 
    D'altra  parte,  la  riunione  delle  cause  per  consentirne  la
definizione con «un'unica pronuncia» (art. 15, comma 2,  delle  Norme
integrative, vigente ratione temporis)  lascia  immutata  l'autonomia
dei singoli giudizi e della posizione  delle  parti  in  ciascuno  di
essi,  senza  per  cio'  rendere  l'interesse  di  cui  e'   titolare
l'intervenuto  «immediatamente  inerente  al   rapporto   sostanziale
dedotto in giudizio e non semplicemente regolato,  al  pari  di  ogni
altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura» (sentenza n. 106
del 2019). 
    4.- Sempre in via preliminare, occorre valutare  l'ammissibilita'
delle plurime questioni di legittimita' costituzionale sollevate  con
le due ordinanze, procedendo partitamente  per  ciascuna  di  esse  e
muovendo anzitutto dall'ordinanza iscritta al n. 123  reg.  ord.  del
2020. 
    4.1.-   Costituendosi   in   giudizio,   la   Regione    autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e il Consiglio regionale hanno  eccepito
che il  rimettente  non  avrebbe  provveduto  a  emendare  l'atto  di
rimessione  dai  vizi,  relativi  alla  difettosa  motivazione  sulla
rilevanza,  che  avevano  condotto  alla   pronuncia   di   manifesta
inammissibilita', da parte dell'ordinanza di questa Corte n. 111  del
2019, delle questioni precedentemente sollevate. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il rimettente riferisce che S. B. ha subito, dapprima (nel luglio
2014), la decurtazione del 20 per cento dell'assegno, percependolo in
misura ridotta, e in seguito, a distanza di due mesi  (nel  settembre
2014), la  sua  rideterminazione  in  ragione  dell'applicazione  del
limite  al  cumulo  con  altro  trattamento   vitalizio   (di   fonte
parlamentare). In tal modo, seppur per  un  bimestre,  hanno  trovato
applicazione sia l'art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  5
del 2014, sia successivamente l'art. 3 della medesima legge, relativo
alla cumulabilita',  con  la  conseguenza  che  l'accoglimento  o  la
reiezione  della  domanda  attorea  di  accertamento  del  diritto  a
ricevere l'assegno vitalizio senza decurtazioni e quella di  condanna
al  pagamento  di  quanto  trattenuto  dipendono  dalla  declaratoria
d'incostituzionalita', o meno, di entrambe le disposizioni. Di qui la
rilevanza delle questioni a esse afferenti, senza che possano  venire
in rilievo le allegazioni delle parti,  ossia  della  Regione  e  del
Consiglio regionale (ex multis, sentenza n. 237 del 2021 e  ordinanza
n. 111 del 2019), secondo cui la riduzione del 20 per  cento  sarebbe
avvenuta solo provvisoriamente, fintantoche' il Consiglio non  avesse
rideterminato  "ora   per   allora"   l'ammontare   dell'assegno   in
applicazione del  solo  limite  di  cumulo,  destinato  ad  assorbire
l'altra misura, con richiesta di  restituzione  di  quanto  frattanto
versato in eccedenza. 
    4.2.- La Regione e il Consiglio  regionale  eccepiscono  altresi'
l'incompleta ricostruzione del quadro normativo di  riferimento,  con
riflesso  sull'iter  argomentativo  seguito  a  supporto  della   non
manifesta infondatezza delle questioni, in quanto il  rimettente  non
avrebbe  tenuto   conto   dell'avvenuta   abrogazione,   gia'   prima
dell'ordinanza di rimessione, delle disposizioni censurate  da  parte
dell'art. 2, comma 2, della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  7  del
2019, rendendo le riduzioni non piu' «permanenti e irreversibili». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    L'incompleta ricostruzione della cornice normativa  e'  fonte  di
inammissibilita' ove comprometta irrimediabilmente le valutazioni del
rimettente sulla rilevanza o sulla  non  manifesta  infondatezza  (ex
aliis, sentenza n. 61 del 2021). Cio',  tuttavia,  non  accade  nella
fattispecie: non sotto il primo profilo, alla stregua  delle  domande
proposte nel giudizio principale, di accertamento  del  diritto  alla
corresponsione  dell'assegno  senza  le   decurtazioni   operate   in
applicazione delle norme censurate, con conseguente condanna  in  tal
senso (salva la precisazione  che  seguira');  ma  nemmeno  sotto  il
secondo, considerato che la  permanenza  e  l'irreversibilita'  degli
effetti delle misure riduttive non costituiscono un aspetto  cruciale
(sentenza n. 264 del  2020)  delle  censure  formulate  (in  sintesi:
d'incompetenza  del  legislatore  regionale  e  di   violazione   del
principio del legittimo affidamento e della garanzia della  posizione
del  consigliere),  supportate  da  una  motivazione  non  incentrata
specificamente  (ordinanza  n.  147  del  2020)  sulla  durata  delle
riduzioni e quindi influenzata poco o punto dal fatto che esse  siano
poi cessate per essere sostituite da un regime altrimenti  limitativo
dell'ammontare dovuto. 
    Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, la  Regione
e  il  Consiglio  regionale,   a   sostegno   della   carenza   nella
ricostruzione del quadro normativo,  evidenziano  che  l'accoglimento
delle domande attoree sarebbe impedito dalla legge reg. Trentino-Alto
Adige n. 7 del 2019, che disciplina la rideterminazione  dell'assegno
secondo il metodo di calcolo contributivo, determinando una riduzione
ancor piu' marcata di quella derivante dalle misure censurate. 
    In disparte il rilievo che il ricalcolo contributivo non  implica
sempre necessariamente una riduzione del  trattamento  -  non  avendo
altrimenti senso la  previsione  per  cui  «[l]'assegno  vitalizio  a
seguito della rideterminazione non puo' comunque  superare  l'importo
dell'assegno vitalizio erogato o comunque spettante  ai  sensi  delle
norme vigenti prima dell'entrata in vigore di questa legge» (art.  5,
comma 3, della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 7  del  2019)  -  la
rideterminazione riguarda soltanto le prestazioni future,  successive
alla  normativa  sopravvenuta,  non  quelle  anteriori,  alle   quali
confinare la domanda e la pronuncia. Dunque, la nuova disciplina  non
esclude la rilevanza delle questioni ne' inficia l'iter logico che ha
supportato la relativa valutazione. 
    4.3.-  La  Regione   e   il   Consiglio   regionale   eccepiscono
l'inammissibilita' delle questioni per genericita' e  incertezza  sia
del  petitum  che  della  motivazione,  in  quanto  sarebbe   chiesta
l'eliminazione di un inesistente carattere retroattivo della legge  -
che viceversa  disporrebbe  una  riduzione  pro  futuro  di  benefici
relativi a un rapporto di durata - con correlativa impossibilita'  di
«esercizio del diritto di difesa». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  «l'ordinanza  di
rimessione  delle  questioni  di  legittimita'   costituzionale   non
necessariamente deve concludersi con un dispositivo recante  altresi'
un petitum, essendo sufficiente  che  dal  tenore  complessivo  della
motivazione emerga[no] con chiarezza il contenuto ed il  verso  delle
censure» (di recente, sentenza n. 150 del 2021). 
    Sebbene la lettura del dispositivo dell'atto  introduttivo  possa
indurre a ravvisare una richiesta di intervento di tipo manipolativo,
le argomentazioni contenute nel corpo dell'ordinanza evidenziano  con
chiarezza come quello auspicato sia  meramente  ablativo,  in  quanto
diretto  alla  radicale  caducazione  di  entrambe  le   disposizioni
sottoposte all'esame di questa Corte. 
    Come  detto,  l'incertezza  denunciata  riguarderebbe  anche   la
motivazione sulla non manifesta infondatezza, ritenuta oscillare  tra
la denuncia della retroattivita'  della  disciplina  e  la  lamentata
modifica in peius del regime relativo a un rapporto di durata. 
    Il riferimento alla retroattivita' per una normativa destinata  a
operare  solo  per  il  futuro,  tuttavia,  non  rende   incerta   la
motivazione, evidentemente calibrata -  come  agevolmente  desumibile
anche  dalla  descrizione  della   fattispecie   -   sulla   modifica
peggiorativa del rapporto, secondo  il  meccanismo  della  cosiddetta
retroattivita' impropria (ex aliis, sentenza n.  234  del  2020),  in
relazione al quale il rimettente formula le proprie censure. 
    Poiche', peraltro, la legittimita' di  interventi  di  tal  fatta
deve trovare adeguata giustificazione sul piano della  ragionevolezza
- come meglio si vedra' - ad avviso del rimettente  tale  valutazione
imporrebbe di considerare anche le circostanze di fatto e di contesto
in  cui  essi  sono  maturati,  tra  cui  distanza  temporale   dalla
definizione del  precedente  assetto  regolatorio,  prevedibilita'  e
proporzionalita' dell'iniziativa. Se detti elementi rilevino solo nel
caso di disposizione propriamente retroattiva  o  anche  in  caso  di
modifica peggiorativa pro futuro costituisce valutazione afferente al
merito; la loro deduzione, nella fattispecie, non e' comunque tale da
inficiare la chiarezza delle censure e la  relativa  intellegibilita'
ai fini del contraddittorio. 
    4.4.- La Regione e il Consiglio  regionale  eccepiscono  altresi'
l'inammissibilita' delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate in riferimento all'art. 117 Cost., genericamente  indicato,
poiche'  il  rimettente  non  avrebbe  chiarito  quale   sarebbe   la
competenza statale violata dalla legge regionale. 
    L'eccezione e' fondata. 
    Il giudice a quo, infatti, non specifica in alcun  modo  a  quale
materia  l'intervento  normativo  censurato  sarebbe  ascrivibile  e,
quindi, nemmeno precisa  quale  competenza  statale  sarebbe  incisa,
rendendo cosi' inammissibili le questioni in riferimento al parametro
evocato (di recente, sentenza n.  84  del  2022,  intervenuta  in  un
giudizio in via principale). 
    4.5.- In  via  gradata,  la  Regione  e  il  Consiglio  regionale
sostengono che il thema  decidendum  non  possa  includere  anche  la
violazione degli artt. 10, 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art. 6 CEDU, non trattandosi di «domande rivolte a codesta Corte»
e,  in  ulteriore  subordine,  eccepiscono  l'inammissibilita'  delle
questioni sollevate in riferimento ai citati parametri, in quanto non
assistite da adeguata motivazione. 
    Quanto alla prima difesa, volta  a  un'interpretazione  riduttiva
del thema decidendum, essa non puo' essere condivisa. 
    Invero, il rimettente assume che sia  «dato  ravvisare  anche  la
violazione dell'art. 117 co.  1  Cost.  per  violazione  dei  vincoli
derivanti   dall'ordinamento    comunitario    e    dagli    obblighi
internazionali», richiamando l'art. 6  CEDU,  nonche'  la  violazione
degli artt. 10 e 11  Cost.,  questi  ultimi  specificamente  indicati
anche in dispositivo. 
    E'  fondata  l'eccezione  d'inammissibilita'  limitatamente  alla
dedotta violazione degli artt. 10 e 11 Cost., che  risultano  evocati
senza che sia spesa  alcuna  specifica  motivazione  a  sostegno  del
vulnus a essi recato. 
    Diversamente, la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione  all'art.  6   CEDU,   risulta   sufficientemente,   seppur
sinteticamente, argomentata, anche grazie al richiamo  alle  pronunce
di questa Corte che hanno ricondotto alla disposizione  convenzionale
interposta la tutela  dell'affidamento  legittimo  e  della  certezza
delle situazioni giuridiche. La verifica della consistenza del motivo
di censura costituisce valutazione propria dello scrutinio di merito. 
    4.6.-  Infine,  occorre  rilevare  d'ufficio   che   le   censure
prospettate in riferimento agli artt. 2 e  97  Cost.  per  violazione
dell'affidamento e della certezza del diritto sono inammissibili  per
l'insufficienza delle argomentazioni spese a  conforto  delle  stesse
(analogamente, sentenza n. 236 del 2017). 
    Parimenti inammissibile e' la censura  formulata  in  riferimento
all'art. 42 Cost., parametro meramente  evocato,  senza  che  la  sua
violazione sia minimamente motivata e senza che a tale  lacuna  possa
sopperirsi attingendo alla memoria illustrativa depositata da  S.  B.
in  prossimita'  dell'udienza,  atteso  che  l'oggetto  del  giudizio
incidentale  e'  definito  dall'ordinanza  di  rimessione  e  non  e'
possibile far ricorso  alle  integrazioni  ricavabili  dalle  memorie
delle parti costituite (ex aliis, sentenza n. 237 del 2021). 
    In tale memoria, peraltro, la parte deduce  anche  la  violazione
degli artt. 3, secondo  comma,  51  e  117,  primo  comma,  Cost.  in
relazione all'art.  1  del  Protocollo  addizionale  alla  CEDU,  non
indicati nell'ordinanza di rimessione. 
    E' tuttavia precluso alle parti ampliare il thema decidendum come
circoscritto dal giudice a quo, con la  conseguenza  che  le  censure
formulate in riferimento a tali parametri non possono essere prese in
considerazione. 
    5.-  Sempre  in   via   preliminare,   occorre   valutare   anche
l'ammissibilita'  delle  questioni  di  legittimita'   costituzionale
sollevate con l'ordinanza iscritta al n. 139 reg. ord. del 2021. 
    5.1.- Anzitutto, la Regione e il Consiglio regionale  eccepiscono
l'irrilevanza delle questioni di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  4  del  2004  -  che
introduce l'art. 4-bis della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 2  del
1995 - e 15 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  6  del  2012,
atteso che la parte attrice  nel  giudizio  a  quo  avrebbe  avanzato
domanda di accertamento e condanna al versamento di quanto  dovuto  a
titolo di vitalizio nell'ammontare  risultante  immediatamente  prima
delle decurtazioni operate in applicazione degli artt. 2  e  4  della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, dolendosi, dunque, solo
dell'applicazione di questi ultimi. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il  rimettente  riferisce  che  la   domanda   attorea   riguarda
l'ammontare dell'assegno di reversibilita'  nella  sua  integralita',
ossia al lordo di tutti i contributi di  solidarieta'  applicati  nel
corso del tempo, nessuno escluso. Di qui la rilevanza delle questioni
a essi afferenti, senza che possano venire in rilievo le  allegazioni
delle parti (ex multis, sentenza n. 237 del 2021 e ordinanza  n.  111
del 2019). 
    5.2.-  In  secondo   luogo,   le   medesime   parti   eccepiscono
l'inammissibilita' delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  5  del  2014  in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, primo comma, Cost., in  relazione
all'art. 6 CEDU, in  quanto  prive  del  requisito  della  chiarezza,
poiche'  fondamentalmente  incentrate  su  un  inesistente  carattere
retroattivo della legge - che viceversa disporrebbe una riduzione pro
futuro di benefici relativi a un rapporto di durata - con pregiudizio
alla possibilita' di difesa. 
    Con  riguardo  all'art.  3  Cost.  si  puo'   richiamare   quanto
precedentemente osservato a proposito dell'analogo argomento  dedotto
a proposito delle questioni sollevate con l'ordinanza iscritta al  n.
123 reg. ord. del 2020 (supra, punto 4.3.), per cui  l'eccezione  non
e' fondata. 
    Analogamente deve concludersi quanto alle  censure  formulate  in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6
CEDU, atteso che il  rimettente  deduce  chiaramente  la  violazione,
dedicandole  una  specifica  motivazione  di  sostegno,  accompagnata
dall'indicazione degli orientamenti giurisprudenziali della Corte EDU
che conforterebbero una pronuncia nel senso  auspicato.  La  verifica
della consistenza degli argomenti addotti attiene alla valutazione di
merito. 
    Viceversa, la questione  sollevata  in  riferimento  all'art.  97
Cost. e' inammissibile per carenza  di  argomentazioni  spese  a  suo
conforto. 
    5.3.- Fondata e' l'eccezione d'inammissibilita' della  Regione  e
del Consiglio regionale relativa all'autonoma censura  formulata  nei
confronti dell'art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  5  del
2014 - e successivamente ribadita  nei  riguardi  dei  contributi  di
solidarieta' - in riferimento all'art. 97 Cost. 
    Il rimettente, dopo aver richiamato  un'ordinanza  del  Tribunale
ordinario di Trieste con cui si denuncia una  disposizione  regionale
di contenuto analogo a quella trentina, afferma che «[a]lla  luce  di
queste considerazioni si manifesta  anche  il  dubbio  di  violazione
dell'art. 97 Cost., in quanto il legislatore regionale e' intervenuto
violando il principio  di  imparzialita'  dell'Amministrazione  e  ha
compresso i diritti dei  soggetti  pregiudicati  senza  ottenere  una
maggiore   efficienza   dell'Amministrazione   e   della    sicurezza
previdenziale nella garanzia del mandato elettivo». 
    In tal  modo,  da  un  lato,  la  motivazione  della  censura  e'
illustrata  per  relationem  con  riferimento  al  diverso  atto   di
promovimento,   senza   tuttavia   ripercorrere   per   sintesi    le
argomentazioni  poste  a  fondamento  del  dubbio   di   legittimita'
costituzionale ivi palesato (ex plurimis, sentenza n. 92  del  2021);
dall'altro, quanto il rimettente  ulteriormente  deduce  non  risulta
altrimenti sufficiente a colmare la lacuna motivazionale. E'  infatti
evocato il principio  di  imparzialita'  senza  spiegare  perche'  la
riduzione del trattamento vitalizio debba tradursi in  un  incremento
di  efficienza  amministrativa  per  essere  compatibile   con   tale
parametro. Di qui l'inammissibilita' della censura. 
    5.4.- La Regione e il Consiglio regionale  eccepiscono,  inoltre,
l'inammissibilita'  delle  questioni   relative   alle   disposizioni
regionali disciplinanti il contributo di  solidarieta'  sollevate  in
riferimento agli artt. 3, 38 e 53 Cost. In  particolare,  le  censure
sarebbero contraddittorie e ancipiti in quanto il rimettente,  da  un
lato, assumerebbe  la  natura  tributaria  del  prelievo  -  onde  il
contrasto  con  gli  artt.  3  e  53  Cost.,  che  dovrebbe  condurre
all'ablazione della normativa  -  e,  dall'altro,  la  smentirebbe  -
secondo   quanto    ritenuto    dalla    richiamata    giurisprudenza
costituzionale (sentenze n. 173 del 2016 e  n.  234  del  2020)  che,
appunto, l'ha negata - evocando la violazione  degli  artt.  3  e  38
Cost. a opera di una prestazione legalmente imposta  non  tributaria,
che avrebbe dovuto avere durata al massimo triennale e  prevedere  la
destinazione del provento della riduzione a finalita' mutualistiche. 
    L'eccezione e' fondata. 
    Il rimettente, assumendo la sussistenza dei  requisiti  elaborati
da questa Corte per ravvisare  la  natura  tributaria  del  prelievo,
deduce la violazione degli artt. 3 e 53 Cost.,  evocando  a  sostegno
della censura, in particolare, quanto affermato nella sentenza n. 116
del 2013 a proposito di un contributo di solidarieta'  che  attingeva
le cosiddette "pensioni d'oro". 
    Al contempo, pero', il giudice a quo lamenta la violazione  degli
artt. 3 e 38 Cost.,  deducendo  il  mancato  rispetto  dello  statuto
costituzionale tracciato dalla giurisprudenza di questa Corte  (nelle
sentenze n. 173 del 2016, citata per  ampi  stralci,  e  n.  234  del
2020), in particolare  quanto  a  termine  di  durata  triennale  del
prelievo   e   sua    mancata    devoluzione    a    una    finalita'
"endoprevidenziale". Tale  giurisprudenza,  tuttavia,  ha  negato  la
natura tributaria dei contributi  allora  scrutinati,  qualificandoli
come prestazioni patrimoniali non tributarie e, su tale  presupposto,
delineando i requisiti da rispettare per ritenerli costituzionalmente
compatibili. 
    Dunque, senza alcun  tipo  di  graduazione  nella  prospettazione
della doglianza,  il  rimettente  assume  la  natura  tributaria  dei
prelievi, sottratti al principio  di  universalita'  dell'imposizione
tributaria, e, al contempo, la nega, lamentando il  mancato  rispetto
dello  statuto  costituzionale  che   consenta   di   ravvisarne   la
legittimita' ove ne siano privi. 
    In tal modo, come eccepito, il giudice a  quo,  muovendo  da  due
collidenti  interpretazioni  della  normativa   denunciata,   secondo
un'alternativita' irrisolta, fornisce una motivazione contraddittoria
e ancipite in ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni,
con la conseguenza  che  esse  risultano  inammissibili  (ex  multis,
sentenza n. 271 del 2019 e ordinanza n. 104 del 2020;  nonche',  piu'
specificamente,  sentenza  n.  46  del  2018,  relativa  a  un  vizio
motivazionale analogo a quello che connota la fattispecie all'odierno
esame). 
    A tale profilo d'inammissibilita' si  aggiunge  quello  correlato
all'incertezza del tipo di intervento richiesto a questa  Corte  onde
porre  rimedio  alla  dedotta  illegittimita'   costituzionale,   non
desumendosi in  maniera  univoca,  ne'  dal  dispositivo,  ne'  dalla
motivazione dell'ordinanza di rimessione, se il giudice a quo invochi
un'ablazione che consenta la reductio ad legitimitatem  a  fronte  di
prelievi   tributari   ingiustificatamente   discriminatori,   o   un
intervento  manipolativo-additivo,  come  evincibile   dai   passaggi
motivazionali in cui si denuncia la mancata previsione di un  termine
triennale di vigenza e il difetto di  destinazione  endoprevidenziale
del provento della prestazione imposta. 
    L'evidenziata  indeterminatezza  -   in   questo   secondo   caso
amplificata dalla genericita' dell'intervento indicato -  costituisce
ulteriore causa di inammissibilita' (ex multis, sentenza n.  123  del
2021). 
    6.- Nel merito,  occorre  anzitutto  esaminare,  per  ragioni  di
priorita' logico-giuridica (sentenza n. 108 del 2017),  le  questioni
di legittimita' costituzionale, sollevate con l'ordinanza iscritta al
n. 139 reg. ord. del 2021,  degli  artt.  2  e  4  della  legge  reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, 3 della legge  reg.  Trentino-Alto
Adige n. 4 del 2004, nella parte in cui introduce l'art. 4-bis  della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 2 del 1995,  15  della  legge  reg.
Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 in riferimento agli artt.  4  dello
statuto reg. Trentino-Alto Adige e 117, secondo  comma,  lettera  l),
Cost.,  nonche'  la  questione   dell'art.   2   della   legge   reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, in riferimento all'art. 117, terzo
comma, Cost., in relazione all'art. 2, comma 1, lettera m), del  d.l.
n. 174 del 2012, come convertito. 
    6.1.- Il primo ordine di questioni non e' fondato. 
    Questa Corte ha ricondotto la disciplina afferente al trattamento
economico e previdenziale dei consiglieri  regionali  alla  struttura
organizzativa delle Regioni (sentenza n. 198 del 2012),  al  contempo
riconoscendo loro ampia autonomia al riguardo  (sentenze  n.  44  del
2021, n. 254 del  2015,  n.  23  del  2014  e  n.  151  del  2012)  e
richiamando,  specificamente,  quella  a  esse  spettante  in  ambito
finanziario (sentenza n. 157 del 2007). 
    Tali considerazioni consentono di ricondurre  la  disciplina  del
vitalizio  regionale,  a  prescindere  dal  fatto  che  essa   incida
riduttivamente o meno sulla sua misura, alla potesta' normativa della
Regione -  che  dispone  di  competenza  legislativa  in  materia  di
«ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi  addetto»
(art. 4, numero 1, dello statuto) e di  ampia  autonomia  finanziaria
(articoli da 69 a  86  dello  statuto)  -  nonche',  in  correlazione
all'organo interessato,  alla  potesta'  regolamentare  spettante  al
Consiglio regionale (art. 31 dello statuto). 
    Ne consegue  la  non  fondatezza  delle  censure  attinenti  alla
competenza. 
    6.2.- Parimenti non  fondata  e'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  5
del 2014, sollevata in riferimento all'art. 117, terzo comma,  Cost.,
in relazione all'art. 2, comma 1, lettera m), del  d.l.  n.  174  del
2012, come  convertito  (disciplina  comunque  temporanea  in  quanto
abrogata dalla legge reg. Trentino-Alto Adige n. 7 del 2019). 
    L'autonomia regionale in  tema  di  trattamento  dei  consiglieri
regionali  ben  puo'  essere  indirizzata  dal  legislatore   statale
nell'esercizio   della   competenza   concorrente   in   materia   di
coordinamento  della  finanza  pubblica.  E  tra  le  norme   statali
espressive di un principio  riconducibile  a  tale  ambito  materiale
rientra senz'altro l'art. 2, comma 1, lettera m), del d.l. n. 174 del
2012, come convertito (sentenza n. 23 del 2014). 
    Esso, a fini di contenimento della spesa pubblica, ha richiamato,
per i consiglieri regionali, la previsione del passaggio  al  sistema
di calcolo contributivo del vitalizio (art. 14, comma 1,  lettera  f,
del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante  «Ulteriori  misure
urgenti per  la  stabilizzazione  finanziaria  e  per  lo  sviluppo»,
convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148)
e, «fatti salvi i relativi trattamenti gia' in  erogazione»,  fino  a
tale passaggio ha indicato limiti di eta' e di durata del mandato per
il riconoscimento e la corresponsione dell'assegno. 
    Il rimettente sostiene che la disposizione  evocata  a  parametro
interposto risulta violata dalla riduzione percentuale degli  assegni
in  corso  di  erogazione  disposta  dall'art.  2  della  legge  reg.
Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, con  conseguente  vulnus  all'art.
117, terzo comma, Cost. 
    Il dedotto contrasto, tuttavia, non sussiste. 
    Anzitutto, alla stregua del suo tenore letterale, l'art. 2, comma
1, lettera m), del d.l. n. 174 del 2012, come convertito, fa salvi  i
trattamenti in essere solo quanto alla previsione dei limiti di  eta'
e di durata del mandato, senza precludere una loro riduzione. 
    In secondo luogo,  la  norma  statale  esprime  un  principio  di
coordinamento della finanza pubblica in quanto volta a  contenere  la
spesa e a garantire un risparmio in relazione  al  funzionamento  del
sistema politico (sentenza n. 23 del 2014). Esula da tale finalita' -
e, dunque, dalla portata dell'evocato principio  -  la  salvezza  dei
trattamenti in corso di  erogazione,  in  quanto  piuttosto  volta  a
definire il perimetro di operativita' del vincolo. 
    Alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono,   la   censura
formulata in riferimento all'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  risulta
priva di fondamento. 
    7.- Le ordinanze di rimessione censurano la riduzione del 20  per
cento dell'assegno diretto e di reversibilita', il limite (9.000 euro
lordi mensili) alla cumulabilita' del vitalizio regionale con analogo
trattamento per aver ricoperto la carica di parlamentare nazionale  o
europeo o per essere stato componente di organi di altre Regioni e  i
contributi di solidarieta' avvicendatisi nel tempo;  misure,  queste,
considerate lesive  dei  principi  del  legittimo  affidamento  e  di
certezza del diritto e, dunque, degli artt. 3  e  117,  primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 6 CEDU. 
    7.1.- Quanto a quest'ultima disposizione, si puo' fin  da  subito
rilevare come, secondo quanto chiarito da questa Corte, in consonanza
con la giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo
(sentenza 3 settembre 2013, M.C. e altri contro Italia),  presupposto
oggettivo, in questo contesto, della  tutela  garantita  dall'art.  6
CEDU e' che le disposizioni censurate diano corpo a un'ingerenza  del
potere legislativo sull'amministrazione della giustizia  e  mirino  a
influenzare la definizione giudiziaria di una lite (sentenza  n.  236
del 2017). 
    Nella fattispecie non  solo  tale  ingerenza  non  viene  affatto
dedotta, ma, e soprattutto, l'efficacia solo pro futuro delle  misure
riduttive  censurate  esclude  che  le  stesse  possano  violare   la
disposizione convenzionale evocata. Di qui la  non  fondatezza  delle
questioni sollevate in relazione a essa  e  in  riferimento  all'art.
117, primo comma, Cost. 
    7.2.- Quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., a cui  ricondurre
il principio di tutela del legittimo  affidamento,  «da  considerarsi
ricaduta e declinazione "soggettiva" dell'indispensabile carattere di
coerenza di un ordinamento giuridico, quale manifestazione del valore
della certezza del diritto»  (sentenza  n.  108  del  2019),  occorre
rammentare che, «con  riferimento  ai  rapporti  di  durata,  e  alle
modificazioni  peggiorative  che  su  di  essi  incidono  secondo  il
meccanismo della cosiddetta retroattivita' impropria, questa Corte ha
piu'  volte  affermato  che   il   legislatore   dispone   di   ampia
discrezionalita' e puo' anche  modificare  in  senso  sfavorevole  la
disciplina di quei rapporti, ancorche' l'oggetto  sia  costituito  da
diritti soggettivi perfetti; cio' a condizione che la  retroattivita'
trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza  e  non
trasmodi in  un  regolamento  irrazionalmente  lesivo  del  legittimo
affidamento dei cittadini (ex plurimis, sentenze n. 241 del 2019,  n.
16 del 2017, n. 203 del 2016 e n. 236 del 2009)» (sentenza n. 234 del
2020). 
    7.2.1.- Onde valutare il  requisito  della  «giustificazione  sul
piano della ragionevolezza» occorre prendere le mosse  dalle  ragioni
che  hanno  condotto  il  legislatore  regionale  all'adozione  delle
disposizioni censurate. 
    Per quanto riguarda la legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  5  del
2014 - e quindi le misure consistenti  nella  riduzione  del  20  per
cento degli assegni (art. 2), nel limite alla cumulabilita' (art.  3)
e nell'ultima declinazione del contributo di solidarieta' (art. 4)  -
dai lavori preparatori (segnatamente, dalla relazione introduttiva al
disegno  di  legge)  emerge  come  l'iniziativa  sia  stata  adottata
«nell'intento di intervenire sugli  assegni  vitalizi  diretti  o  di
reversibilita' in godimento  o  da  attribuire,  al  fine  di  essere
maggiormente in linea con esigenze di sobrieta', di ragionevolezza  e
di  contenimento  della  spesa  pubblica»,   aspetto,   quest'ultimo,
evidenziato nella stessa intitolazione della legge («Modifiche  [...]
volte al contenimento della  spesa  pubblica»)  e  valorizzato  dalla
«grave situazione economica» in cui le misure vengono assunte. 
    Tali  ragioni  trovano  conferma  nella   discussione   in   sede
assembleare, che ha condotto all'approvazione e ha coinvolto la coeva
legge della Regione Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n. 4, recante
«Interpretazione autentica dell'articolo 10 della legge regionale  21
settembre 2012, n. 6 (Trattamento economico  e  regime  previdenziale
dei membri del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto  Adige)
e provvedimenti conseguenti», la quale e'  anch'essa  intervenuta  in
senso riduttivo sui vitalizi in corso di erogazione,  in  particolare
incidendo - in senso  retroattivo  proprio  -  su  un  meccanismo  di
attualizzazione di  una  loro  quota.  Scrutinando  le  questioni  di
legittimita' costituzionale  di  detta  normativa,  questa  Corte  ha
ravvisato il perseguimento di una  duplice  esigenza  giustificativa:
«quella di ricondurre a criteri  di  "equita'  e  ragionevolezza"»  e
«quella  di  provvedere  al  "contenimento  della  spesa   pubblica"»
(sentenza n. 108 del 2019). 
    Proprio con riferimento alla coeva legge reg. Trentino-Alto Adige
n. 4 del 2014, relativa ai trattamenti vitalizi  regionali  trentini,
questa Corte ha valorizzato le esigenze di contenimento  della  spesa
pubblica e di risparmio nella  loro  plausibilita'  astratta  e,  nel
giudizio di ragionevolezza, le ha ritenute prevalenti  rispetto,  tra
l'altro, alla ritenuta non  necessarieta'  di  interventi  correttivi
nella prospettiva della finanza pubblica, al cospetto  di  una  crisi
economica di ingente e notoria portata e in coerenza  con  interventi
legislativi statali, in larga misura coevi. 
    Analoghe finalita' si rinvengono anche alla base della previsione
dei contributi di solidarieta' che  si  sono  avvicendati  nel  tempo
precedentemente all'art. 4 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  5
del 2014, come si  desume  dalla  destinazione  loro  impressa  dalla
deliberazione dell'Ufficio di presidenza del Consiglio della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 26 novembre 2013, n. 371 (Testo
unificato dei Regolamenti di  esecuzione  della  legge  regionale  26
febbraio 1995, n. 2 concernente "Interventi in materia di  indennita'
e previdenza ai  Consiglieri  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige", modificata dalle leggi regionali 28 ottobre 2004,  n.  4,  30
giugno 2008, n. 4, 16 novembre 2009, n. 8 e 14 dicembre 2011,  n.  8,
nonche' dalla legge regionale 21 settembre 2012, n. 6 che  disciplina
altresi' il trattamento  economico  e  il  regime  previdenziale  dei
membri del Consiglio a decorrere  dalla  XV  Legislatura),  ossia  la
riduzione  dell'onere  per  gli  assegni  vitalizi   diretti   e   di
reversibilita' a carico del bilancio del Consiglio regionale  (per  i
contributi di solidarieta' dal 2005 al 31 dicembre 2013: art.  56)  e
il concorso all'alimentazione a regime del fondo  di  garanzia  (art.
23) istituito «a tutela del bilancio del Consiglio regionale  per  la
liquidazione degli assegni vitalizi diretti e di  reversibilita'  dei
Consiglieri eletti fino alla XIV» legislatura (art. 21). 
    Orbene,  sul  piano  della  ragionevole  giustificazione,  questa
Corte,  in  generale,  ha  considerato  idoneo  sia   l'intento   del
contenimento della spesa (sentenze n. 236  del  2017  e  n.  203  del
2016), sia quello  di  sostenibilita'  di  un  regime,  previdenziale
(sentenza n. 263 del 2020) o meno (sentenza n. 16 del 2017). 
    A queste considerazioni giustificative, si possono aggiungere  le
asserite  «esigenze  di  sobrieta'»  da  assecondare  attraverso   il
ridimensionamento di trattamenti retti  da  un  regime  connotato  da
indici di particolare favore quanto: a eta'  e  contribuzione  minima
necessaria per maturare il diritto all'assegno;  ad  ammontare  della
contribuzione gravante sul consigliere in rapporto alla  sua  misura;
alla possibilita' di cumularlo con altro  trattamento  vitalizio  (in
tutto o in parte) e di quiescenza  altrimenti  maturato,  in  passato
anche  in  virtu'  di  contribuzioni  figurative  (finche'   non   e'
intervenuto l'art. 38 della legge 23 dicembre 1999, n.  488,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge finanziaria 2000)». 
    Tali  elementi  di  vantaggio,  seppur  sensibilmente   temperati
nell'evoluzione normativa successiva, risultano piu'  marcati  per  i
trattamenti retti dai regimi maggiormente risalenti, quali quelli  di
cui ai giudizi a quibus, regolati,  secondo  i  dati  riferiti  nelle
ordinanze di rimessione, dal decreto  del  Presidente  del  Consiglio
regionale della  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  24
ottobre 1994, n. 209 (Testo coordinato ed unificato  del  regolamento
per  la  previdenza  e  assistenza  ai  Consiglieri   della   Regione
Trentino-Alto Adige) - applicabile ai consiglieri eletti tra la VII e
la X  legislatura  (dicembre  1973-dicembre  1993),  come  si  desume
dall'art. 20 - e dalla successiva legge reg. Trentino-Alto Adige n. 2
del 1995. 
    Piu' in particolare, il citato decreto assoggettava i consiglieri
a una contribuzione mensile pari  al  14  per  cento  dell'indennita'
consiliare (art. 1), prevedendo che l'assegno  venisse  liquidato  ai
consiglieri cessati  dal  mandato  che  avessero  compiuto  60  anni,
ricoperto la carica  per  almeno  una  legislatura  e  corrisposto  i
contributi per almeno 5 anni, con un'eta' minima che si abbassava  di
un anno per ogni anno in piu' di mandato consiliare (o  parlamentare,
nazionale e europeo) con «il limite al compimento  del  50°  anno  di
eta'» (art. 2); la misura dell'assegno variava a seconda  del  numero
di  anni   di   contribuzione,   raggiungendo   il   25   per   cento
dell'indennita' consiliare  lorda  per  i  soggetti  con  5  anni  di
contribuzione,  incrementato  del  4  per  cento  per  ogni  anno  di
contribuzione ulteriore, fino a raggiungere il  massimo  dell'85  per
cento dell'indennita' consiliare lorda (art. 4).  Quanto  all'assegno
di reversibilita'  -  spettante  al  superstite  se  la  morte  fosse
avvenuta: a) dopo la cessazione del mandato in presenza di  almeno  5
anni di contribuzione; b) in corso di mandato; c) dopo la concessione
del vitalizio (art. 6) - esso variava, per il coniuge, da  un  minimo
del 65 per cento a un massimo  del  90  per  cento  dell'assegno  che
sarebbe spettato al defunto, a seconda del numero di figli  a  carico
(art. 7). 
    L'art. 4 della successiva legge reg. Trentino-Alto Adige n. 2 del
1995, nella sua versione originaria,  prevedeva  che  ai  consiglieri
spettasse un assegno vitalizio in base ai requisiti  previsti  per  i
membri della  Camera  dei  deputati,  salvo  che  per  l'eta'  minima
richiesta per beneficiarne (65 anni, anziche' i  60  previsti  per  i
deputati) e il periodo minimo di contribuzione (10 anni, anziche' 5),
fissata  nel  18  per  cento  dell'indennita'  consiliare;  l'importo
dell'assegno ammontava, dopo dieci anni di contribuzione, al  38  per
cento dell'indennita' parlamentare lorda,  cifra  che  poteva  essere
aumentata del 3,8 per cento per ogni anno di  contribuzione  fino  al
massimo di venti anni, potendo cosi' raggiungere il limite del 76 per
cento; era poi imposto a tutti i consiglieri, indipendentemente dallo
stato civile, il versamento  di  un'ulteriore  quota  per  consentire
l'erogazione del 65 per cento del vitalizio ai superstiti. 
    E'  di  tutta  evidenza  la   vantaggiosita'   della   disciplina
sommariamente descritta, soprattutto se confrontata  con  i  principi
che nel tempo sono venuti regolando i trattamenti pensionistici,  per
quanto non assimilabili, per natura e regime, ai vitalizi  goduti  in
conseguenza della cessazione di una determinata carica  (sentenza  n.
289 del 1994), salvo che  per  la  lata  funzione  previdenziale  che
questi ultimi anche rivestono  e  per  alcune  affinita'  strutturali
(versamenti contributivi, erogazione al raggiungimento di  una  certa
eta', reversibilita') (Corte di cassazione, sezioni  unite,  sentenze
20 luglio 2016, n. 14925 e n. 14920). 
    Con specifico riferimento ai contributi di solidarieta',  occorre
altresi' evidenziare che, nel medesimo periodo in cui  hanno  trovato
applicazione  quelli  oggetto  della  normativa  censurata,  si  sono
susseguiti prelievi che hanno riguardato i trattamenti  pensionistici
di importo piu'  elevato.  Ci  si  riferisce,  in  particolare,  alle
ritenute, variamente denominate, di cui all'art. 37  della  legge  n.
488 del 1999; all'art. 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2003, n.
350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)»; all'art. 18, comma
22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni  urgenti
per la stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,
nella legge 15 luglio 2011, n. 111; all'art.  1,  commi  486  e  487,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2014)»; all'art. 1, comma 261,  della  legge  30  dicembre
2018,  n.  145  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021). 
    Infine, con specifico riferimento al limite alla cumulabilita' di
cui all'art. 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, si
puo'  rammentare  quanto  affermato  da  questa  Corte,  sempre   con
riferimento ai trattamenti pensionistici, ossia che la sussistenza di
un'altra fonte di reddito ne  puo'  ragionevolmente  giustificare  la
diminuzione, riducendosi la funzione  previdenziale  che  li  connota
(sentenza n. 241 del 2016). 
    7.2.2.-  Se  le  considerazioni  che  precedono   consentono   di
riscontrare la ragionevole giustificazione degli interventi riduttivi
posti in essere dal legislatore regionale, occorre adesso valutare se
essi si traducano in un  regime  lesivo  del  legittimo  affidamento,
tenendo presente che anch'esso «e' soggetto al normale  bilanciamento
proprio di tutti i principi e diritti  costituzionali»  (sentenza  n.
241 del 2019). 
    Ebbene, al riguardo questa Corte ha chiarito che «[l]'esigenza di
ripristinare criteri di equita' e di ragionevolezza e di rimuovere le
sperequazioni e le incongruenze, insite in un trattamento di  favore,
e' da ritenersi preponderante rispetto alla tutela  dell'affidamento»
(sentenza n. 240 del 2019; nello stesso senso, sentenza  n.  108  del
2019). 
    D'altra  parte,  si  deve  rimarcare  che,   segnatamente   nelle
fattispecie dei giudizi a quibus, le misure  di  cui  alla  normativa
censurata riguardano trattamenti  di  ammontare  piu'  elevato,  come
dimostrato  dall'applicabilita'  del  limite  alla  cumulabilita'   -
comunque destinato ad  assorbire,  a  regime,  la  riduzione  di  cui
all'art. 2 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del  2014.  Cio'
e' comprovato dai decreti del Presidente del Consiglio regionale che,
nel corso del tempo, hanno rideterminato l'ammontare dell'assegno  di
S.  B.   in   considerazione   delle   fluttuazioni   del   vitalizio
parlamentare, garantendogli il mantenimento di un importo complessivo
di 9.000 euro lordi mensili, chiaramente non comprensivo di eventuali
ulteriori redditi da lavoro o da pensione e tutt'altro che esiguo - e
dalla percentuale (12  per  cento)  del  contributo  di  solidarieta'
applicata all'assegno spettante al coniuge superstite  N.  T.  (nella
specie pari a euro 5.159,65 lordi mensili), ossia quella prevista per
gli «assegni di reversibilita' riferiti ad assegni vitalizi di misura
superiore» (art. 4 della legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  5  del
2014). 
    Tali considerazioni risultano in linea con la  giurisprudenza  di
questa Corte, che ha escluso la lesione del legittimo affidamento  in
ragione  dell'incisione  su  un  trattamento  di  ammontare   elevato
(sentenza n. 263 del 2020). 
    Quanto alla prevedibilita' degli interventi, non si puo' ritenere
che, nella fattispecie, gli interessati potessero fare affidamento su
un ammontare degli assegni, anche di quelli in corso  di  erogazione,
non suscettibile di modifiche  riduttive  pro  futuro,  a  fronte  di
trattamenti cosi' come in precedenza descritti e delle  coeve  misure
adottate in generale dal legislatore statale a fini  di  contenimento
della spesa, anche previdenziale. 
    Le considerazioni fin qui svolte conducono a  concludere  che  le
misure introdotte, oltre a trovare giustificazione  sul  piano  della
ragionevolezza, non trasmodano in un regolamento lesivo del legittimo
affidamento. Ne consegue la non fondatezza delle questioni sollevate. 
    8.- Con l'ordinanza iscritta al n. 123  reg.  ord.  del  2020  il
rimettente lamenta altresi' il contrasto della riduzione del  20  per
cento dei vitalizi e del limite alla loro cumulabilita' con gli artt.
64, 66, 68 e 69 Cost. 
    A sostegno della violazione, il  giudice  a  quo  assume  che  il
vitalizio   regionale   risponda   alla   medesima   ratio,   sottesa
all'indennita'  consiliare,  di  sterilizzazione  degli   impedimenti
economici all'accesso alle cariche di rappresentanza democratica e di
garanzia dell'attribuzione di un trattamento  economico  adeguato  ad
assicurarne l'indipendenza. 
    Le questioni non sono fondate. 
    Come chiarito da questa Corte, nonche'  dalla  giurisprudenza  di
legittimita',  «[a]l   Parlamento   nazionale   [...]   deve   essere
riconosciuta una posizione costituzionale del tutto peculiare  [...],
in ragione della quale le norme che si riferiscono ad esso od ai suoi
membri sono da qualificare come diritto singolare»  (sentenza  n.  24
del 1968; nello stesso senso, ex aliis, Corte di cassazione,  sezioni
unite, sentenza 13 marzo 2020, n. 7220). Da esso  «vengono  garantite
forme di indipendenza e prerogative ben piu' ampie di quelle concesse
ai Consigli regionali» (sentenza  n.  66  del  1964),  «negandosi  in
conseguenza  la  piena  equiparazione  delle  assemblee   legislative
regionali alle assemblee parlamentari» (sentenza n. 6 del 1970; nello
stesso senso, sentenze n. 110 del 1970, n. 143 del 1968 e n.  14  del
1965), considerato che, «"diversamente dalle funzioni assegnate  alle
Camere,  le   attribuzioni   dei   Consigli   si   inquadrano   [...]
nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite,  ma  non
si esprimono a livello di sovranita'" (sentenza  n.  301  del  2007)»
(sentenza n. 279 del 2008). 
    Alla luce delle considerazioni che precedono, i parametri evocati
risultano  inconferenti,  con  conseguente   non   fondatezza   delle
questioni sollevate in riferimento a essi (sentenza n. 198 del 2021).