ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 93, commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 7-bis e 7-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come introdotti dall'art. 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132, promosso dal Giudice di pace di Massa nel procedimento vertente tra D. M. e J. D. e la Prefettura di Massa Carrara - Ufficio Territoriale del Governo di Massa Carrara, con ordinanza del 7 ottobre 2020, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2021. Visto l'atto di costituzione di D. M. e di J. D., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 2022 il Giudice relatore Stefano Petitti; uditi l'avvocato Giovanni Battista Conte per D. M. e J. D. e l'avvocato dello Stato Pietro Garofoli per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 26 aprile 2022. Ritenuto che il Giudice di pace di Massa, con ordinanza depositata il 7 ottobre 2020, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2021, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dei commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 7-bis e 7-ter dell'art. 93 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotti dall'art. 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132; che tali disposizioni vengono censurate per il fatto, in particolare, di prevedere un divieto, per chi ha stabilito la propria residenza in Italia da piu' di sessanta giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all'estero (comma 1-bis), tranne per il caso in cui il veicolo sia concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un'impresa costituita in altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, ovvero sia concesso in comodato da un'impresa costituita analogamente all'estero a un soggetto residente in Italia legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione (comma 1-ter), pena la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 711 a euro 2.842, unitamente al sequestro del veicolo e all'eventuale confisca (comma 7-bis); che il rimettente riferisce di essere stato adito da D. M. e J. D., i quali ricorrevano nei confronti della Prefettura di Massa Carrara per ottenere l'annullamento della contravvenzione elevata nei loro confronti dalla polizia stradale per violazione dell'art. 93, comma 1-bis, cod. strada; che i ricorrenti sono stati sanzionati perche' D. M., residente in Italia, e' stato colto alla guida dell'autoveicolo immatricolato all'estero di proprieta' della coniuge J. D., residente in Slovacchia e solo temporaneamente soggiornante in Italia; che il giudice a quo lamenta la violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, 42, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 18, 21, 26, 45, da 49 a 55 e da 56 a 62 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130; che, secondo l'ordinanza di rimessione, sarebbe, innanzi tutto, violato l'art. 3 Cost., in ragione della disparita' di trattamento tra le fattispecie previste ai commi 1-bis e 1-ter dell'art. 93, cod. strada; laddove il primo, infatti, pone un generale divieto alla circolazione in Italia di veicoli immatricolati all'estero da parte di chi risulti residente in Italia da piu' di sessanta giorni, il secondo prevede delle eccezioni a tale divieto, riferite al caso in cui il veicolo in questione sia concesso in leasing o in locazione senza conducente da un'impresa costituita in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva, ovvero all'ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un'impresa costituita in un altro Stato membro dell'Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva; che, sostiene il rimettente, nessun motivo ragionevole giustificherebbe la diversita' delle due discipline, con la conseguenza che «appare irragionevole distinguere tra veicoli europei immatricolati all'estero in proprieta' di persone fisiche residenti all'estero e in proprieta' di persone giuridiche con sede all'estero, in quanto si tratta pur sempre di veicoli immatricolati all'ester[o] e circolanti in Italia»; che la «normativa recata dal nuovo art. 93» contrasterebbe con l'art. 3 Cost. anche sotto il profilo della sua intrinseca irrazionalita'; che essa, infatti, e' stata introdotta dal d.l. n. 113 del 2018, come convertito, ed e' stata inserita nel Titolo II, Capo II, di esso, contenente «[d]isposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla criminalita' mafiosa»; che, tuttavia, la disciplina in questione non parrebbe perseguire le finalita' per cui e' stata introdotta, perche' essa sanzionerebbe «comportamenti del tutto leciti e meritevoli di tutela giuridica», come quello del residente all'estero che conceda la guida del proprio mezzo a un residente da piu' di sessanta giorni in Italia perche' stanco o vittima di infortunio o perche' ha bevuto alcolici; che, inoltre, le asserite finalita' della norma sarebbero chiaramente apparenti, poiche' non vi sarebbe alcuna difficolta' a identificare il responsabile di eventuali contravvenzioni commesse da veicoli esteri e a riscuotere le eventuali somme, tenuto conto della «cooperazione amministrativa ed assistenza reciproca operante tra gli Stati membri, regolati da note Direttive e Regolamenti europei»; cosi' come apparenti sarebbero le finalita' di contrasto al fenomeno della «esterovestizione» degli autoveicoli, che risulterebbe gia' regolato da convenzioni internazionali rivolte a evitare la doppia imposizione; che un ulteriore profilo di disparita' di trattamento e di violazione dell'art. 3 Cost. e' poi rinvenuto dall'ordinanza di rimessione nel fatto che i commi 1-bis e 1-quater dell'art. 93 cod. strada sottoporrebbero a oneri ingiustificati tanto i cittadini italiani con vettura immatricolata all'estero, quanto i cittadini europei, «rispetto a quanto accade per i cittadini italiani con veicolo immatricolato in Italia», perche' si troverebbero a sopportare costi di immatricolazione aggiuntivi rispetto a quelli gia' sostenuti per poter circolare con la propria autovettura nel territorio italiano; che l'art. 93, comma 1-bis, cod. strada sarebbe parimenti lesivo dell'art. 3 Cost., anche congiuntamente con l'art. 42 Cost., perche' l'apparato sanzionatorio che accede alla violazione del divieto da esso introdotto appare irragionevolmente spropositato, oltre che lesivo dell'«esigenza di proporzionalita'» tra «l'importanza del fine di contrastare il fenomeno dell'esterovestizione dei veicoli e la sanzione che in ipotesi potrebbe essere irrogata nella misura di euro 2.848,00, oltre al sequestro ed eventuale confisca del veicolo»; che, prosegue il giudice a quo, le censurate disposizioni di cui all'art. 93 cod. strada, introdotte in sede di conversione del d.l. n. 113 del 2018, potrebbero inoltre essere sindacate anche alla stregua dell'art. 77 Cost., e in particolare «per carenza dei presupposti di attivazione della decretazione d'urgenza, nonche' per carenza del requisito dell'omogeneita' delle misure introdotte con il decreto in questione»; che la normativa oggetto di censura si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 11, 41 e 117 Cost., perche' la disciplina da essa introdotta si ripercuoterebbe in una «limitazione di diritti, di alcuni cittadini europei, all'interno dello spazio europeo», consistente nel divieto di utilizzo di un'auto immatricolata in un altro Stato membro dell'Unione europea «alle persone che risiedono in Italia per piu' di sessanta giorni»: tale divieto si tradurrebbe, infatti, in un obbligo di immatricolazione in Italia, aggiuntivo rispetto a quello gia' espletato nel paese d'origine, o, in alternativa, in un obbligo di esportazione del proprio veicolo all'estero, sulla base di un documento e di targhe provvisorie rilasciate dagli uffici della Motorizzazione civile; che, ad avviso del rimettente, il complesso di tali adempimenti determinerebbe, quindi, una discriminazione a carico di cittadini europei in base alla loro nazionalita', perche' gli oneri investirebbero questi ultimi in modo piu' gravoso di quanto non avvenga per i cittadini italiani, i quali possono liberamente circolare con la loro autovettura anche all'estero «in quanto in nessun altro Stato europeo e' previsto l'obbligo della nazionalizzazione dell[']auto dopo cosi' breve tempo»; che, infine, l'obbligo di immatricolazione limiterebbe le liberta' di soggiorno e di stabilimento dei cittadini di Stati membri dell'UE, come nel caso dei lavoratori stagionali o di chi soggiorni per motivi turistici o di studio; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate; che, preliminarmente, l'Avvocatura generale da' conto del fatto che il medesimo giudice a quo ha sollevato, nel medesimo giudizio, rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea, con ordinanza del 16 giugno 2020; che, nel merito, non sussisterebbe alcun contrasto tra la normativa censurata e l'art. 3 Cost., perche' essa sarebbe giustificata da motivi imperativi di interesse generale e comunque idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito; che tale obiettivo, ad avviso dell'Avvocatura, consisterebbe soprattutto nella «tutela dell'equilibrio del mercato dell'assicurazione della responsabilita' civile automobilistica e della formazione dei premi assicurativi che dovrebbe corrispondere all'ammontare effettivo del rischio assicurato derivante dalla circolazione di un autoveicolo»; inoltre, la normativa in esame non eccederebbe quanto necessario per perseguire tale obiettivo, poiche' essa lega l'obbligo di immatricolazione in Italia all'acquisto della residenza, cio' che denota un soggiorno di lungo periodo, e si applica indifferentemente al cittadino italiano o straniero; che non sussisterebbe neanche il denunciato contrasto con l'art. 77 Cost., atteso che le norme censurate si raccorderebbero all'obiettivo del d.l. n. 113 del 2018, consistente nella prevenzione e contrasto della criminalita' mafiosa; che con riguardo, infine, al contrasto con i parametri di diritto dell'Unione europea, l'Avvocatura osserva che le disposizioni contenute nell'art. 93 cod. strada non integrerebbero alcuna violazione del principio di parita' di trattamento, perche' il divieto sarebbe rivolto tanto ai cittadini italiani, quanto ai cittadini di altri Stati dell'Unione, e sarebbe legato a un requisito, quello della residenza in Italia, privo in se' di qualsiasi portata discriminatoria; che si sono costituiti in giudizio D. M. e J. D., aderendo alle prospettazioni e alle conclusioni del rimettente; che la difesa delle parti private ha depositato memoria in prossimita' dell'udienza pubblica, prendendo atto della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 dicembre 2021, in causa C-274/20, GN, WX contro Prefettura di Massa Carrara, nella quale e' stato ravvisato un contrasto tra le norme censurate dal giudice a quo e l'art. 63 TFUE, nonche' dell'intervenuta abrogazione delle medesime ad opera dell'art. 2 della legge 23 dicembre 2021, n. 238 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020) e della loro contestuale sostituzione con la disciplina introdotta nell'art. 93-bis cod. strada; che, alla luce di tali circostanze sopravvenute, la medesima difesa chiede pertanto a questa Corte di ordinare la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza delle questioni sollevate; che anche l'Avvocatura generale ha depositato memoria in prossimita' dell'udienza pubblica, insistendo affinche' questa Corte dichiari non fondate le questioni sollevate dal Giudice di pace di Massa anche alla luce delle richiamate sopravvenienze normative e giurisprudenziali. Considerato che il Giudice di pace di Massa, con ordinanza depositata il 7 ottobre 2020 (reg. ord. n. 2 del 2021), ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dei commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 7-bis e 7-ter dell'art. 93 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotti dall'art. 29-bis, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2018, n. 132; che tali disposizioni vengono censurate per il fatto, in particolare, di prevedere un divieto, per chi ha stabilito la propria residenza in Italia da piu' di sessanta giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all'estero (comma 1-bis), tranne per il caso in cui il veicolo sia concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un'impresa costituita in altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, ovvero sia concesso in comodato da un'impresa costituita analogamente all'estero a un soggetto residente in Italia legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione (comma 1-ter), pena la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 711 a euro 2.842, unitamente al sequestro del veicolo e all'eventuale confisca (comma 7-bis); che il rimettente lamenta la violazione degli artt. 3, 10, 11, 41, 42, 77 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 18, 21, 26, 45, da 49 a 55 e da 56 a 62 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130; che il medesimo rimettente, con ordinanza depositata in data 16 giugno 2020, ha altresi' disposto rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 TFUE, chiedendo alla Corte di giustizia dell'Unione europea di accertare la compatibilita' delle medesime disposizioni contenute nell'art. 93 cod. strada con le menzionate disposizioni del TFUE; che, in pendenza del presente giudizio, la Corte di giustizia si e' pronunciata sulla richiesta formulata con la predetta ordinanza di rinvio pregiudiziale, dichiarando che «[l]'articolo 63, paragrafo 1, TFUE dev'essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da piu' di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo e' intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l'interessato possa far valere un diritto a un'esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente ne' sia, di fatto, utilizzato in tal modo» (sentenza 16 dicembre 2021, in causa C-274/20, GN, WX contro Prefettura di Massa Carrara); che questa Corte ha costantemente affermato che «i principi enunciati dalla Corte di giustizia, riguardo a norme oggetto di giudizio di legittimita' costituzionale, si inseriscono direttamente nell'ordinamento interno con il valore di ius superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quelle norme conservano efficacia e devono essere applicate anche da parte del giudice a quo» (ordinanze n. 195 del 2016 e n. 268 del 2005, nonche', nello stesso senso, ordinanze n. 80 del 2015, n. 124 del 2012, n. 216 del 2011 e n. 255 del 1999); che, in disparte ogni possibile valutazione sull'ammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate senza che l'odierno rimettente abbia dato conto delle ragioni che lo hanno spinto ad attivare i due rimedi giurisdizionali, questo orientamento deve essere ribadito in questa sede alla luce della specifica statuizione contenuta nella richiamata sentenza della Corte di giustizia, secondo cui il contrasto tra la normativa in esame e l'art. 63 TFUE, pur affermato in linea di principio, puo' essere ritenuto in concreto sussistente solamente dal giudice del rinvio, cui «[s]petta [...] valutare la durata dei comodati di cui al procedimento principale e la natura dell'utilizzazione effettiva dei veicoli presi in prestito» (punto 35); che, peraltro, la richiamata sentenza della Corte di giustizia impone al giudice rimettente di confrontarsi con un parametro quale quello dell'art. 63 TFUE, relativo alla liberta' di circolazione dei capitali, non dedotto nel presente giudizio di legittimita' costituzionale; che, pertanto, a fronte dello ius superveniens costituito da un siffatto obbligo di disapplicazione, condizionato dall'accertamento in concreto dei requisiti della fattispecie sottoposta al suo esame, spetta al giudice rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni prospettate.