ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 74,  comma
2, 75, comma 1, e 76 del decreto del Presidente della  Repubblica  30
maggio  2002,  n.  115,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.  (Testo
A)», nonche' degli  artt.  5,  8  e  17,  comma  5-bis,  del  decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione  dell'articolo  60  della
legge 18 giugno 2009, n. 69, in  materia  di  mediazione  finalizzata
alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), promossi
dal Tribunale ordinario di Pordenone con ordinanza del 23 giugno 2021
e dal Tribunale ordinario di Milano con ordinanza del 24 agosto 2021,
iscritte, rispettivamente, ai numeri 175 e 185 del registro ordinanze
2021 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 46
e 48, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti l'atto di costituzione  di  A.  C.,  nonche'  gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 12 settembre 2022 il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 settembre 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 23 giugno 2021 (reg. ord. n.  175
del 2021), il Tribunale ordinario di  Pordenone  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 36 della Costituzione  -  questioni
di legittimita' costituzionale degli artt. 74, comma 2, 75, comma  1,
e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio  2002,  n.
115,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)»; 
    che, nella motivazione dell'ordinanza di rimessione, il giudice a
quo denuncia, altresi', gli artt. 5, 8 e 17, comma 5-bis, del decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione  dell'articolo  60  della
legge 18 giugno 2009, n. 69, in  materia  di  mediazione  finalizzata
alla conciliazione delle controversie civili e commerciali); 
    che le suddette norme sono denunciate  nella  parte  in  cui  non
prevedono che il patrocinio a spese dello Stato  in  favore  dei  non
abbienti sia assicurato in relazione all'attivita'  difensiva  svolta
nell'ambito della mediazione obbligatoria di cui  all'art.  5,  comma
1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, quando il successivo  giudizio  non
viene instaurato per l'intervenuta conciliazione delle parti; 
    che il giudice a quo riferisce di essere chiamato a  pronunciarsi
sull'istanza  di  liquidazione  dei  compensi  a  spese  dello  Stato
avanzata per l'attivita' difensiva espletata, appunto, nel  corso  di
un procedimento di  mediazione  obbligatoria  ai  sensi  della  norma
appena citata conclusosi con esito positivo, con la  conseguenza  che
il processo non e' stato poi introdotto; 
    che, ad avviso del rimettente, tale istanza non  potrebbe  essere
accolta, poiche' gli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, t.u. spese  di
giustizia - i quali, rispettivamente, istituiscono  il  beneficio  de
quo  e  ne  definiscono  l'ambito  applicativo  -  fanno  riferimento
soltanto al processo; 
    che,   esclusa   la    praticabilita'    di    un'interpretazione
costituzionalmente orientata, il Tribunale di Pordenone  ritiene  che
l'inapplicabilita' del  patrocinio  a  spese  dello  Stato  comporti,
anzitutto, un vulnus  all'art.  2  Cost.,  in  quanto  la  mediazione
rappresenterebbe uno «strumento di pacificazione sociale condivisa  e
non imposta»; 
    che la  preclusione  oggetto  di  doglianza  lederebbe,  inoltre,
l'art. 3 Cost., in riferimento ai principi di eguaglianza  formale  e
di  ragionevolezza,  generando  una  ingiustificata   disparita'   di
trattamento tra gli stessi non abbienti e all'interno della categoria
degli avvocati, peraltro proprio con riguardo alle ipotesi in cui  la
mediazione ha raggiunto lo scopo deflattivo cui e' preordinata; 
    che risulterebbe, altresi', compromesso l'esercizio  del  diritto
di difesa delle  persone  non  abbienti  -  volto  a  garantire  loro
l'effettivita' della tutela giurisdizionale «in posizione di  parita'
con quanti dispongono dei  mezzi  necessari»  -  con  la  conseguente
violazione degli artt. 3, in riferimento al principio di  uguaglianza
sostanziale, e 24 Cost.; 
    che e', infine, dedotta la violazione dell'art. 36 Cost., poiche'
gli  avvocati  presterebbero   «attivita'   lavorativa   obbligatoria
gratuitamente»; 
    che, con atto depositato il 6 dicembre 2021,  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  che  ha  eccepito,  in
limine, l'inammissibilita' delle questioni sollevate  per  inadeguata
motivazione  sull'asserita   impossibilita'   di   un'interpretazione
costituzionalmente orientata; 
    che,  nel  merito,  l'Avvocatura  generale  ha  dedotto  la   non
fondatezza, in particolare, della questione sollevata in  riferimento
all'art. 36 Cost., in quanto l'assunzione della  difesa  della  parte
ammessa al patrocinio non sarebbe obbligatoria e,  comunque,  perche'
la   relativa   attivita'   sarebbe   svolta    dall'avvocato    solo
occasionalmente; 
    che si e' costituito  in  giudizio  il  ricorrente  nel  processo
principale,   chiedendo    la    declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale degli artt. 74, comma 2, 75, comma 1, e 76 t.u.  spese
di giustizia negli stessi termini auspicati dal giudice a quo; 
    che, con successiva ordinanza del 24 agosto 2021  (reg.  ord.  n.
185 del 2021), il Tribunale ordinario di Milano  ha  sollevato  -  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 36 Cost. - questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, t.u. spese  di
giustizia,  nella  parte  in  cui  non  consentono   l'applicabilita'
dell'istituto del patrocinio a spese dello Stato al  procedimento  di
mediazione,   quando   il   suo   espletamento   e'   condizione   di
procedibilita' della domanda in determinate materie e il processo non
viene poi introdotto per essere intervenuta la conciliazione  fra  le
parti; 
    che anche il Tribunale di Milano - dopo avere riferito di  essere
investito della richiesta di liquidazione dei compensi a spese  dello
Stato avanzata in relazione all'attivita' difensiva svolta nel  corso
di un procedimento di mediazione obbligatoria ai sensi  dell'art.  5,
comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010 - ritiene che  tale  richiesta
non possa trovare accoglimento, alla luce del tenore letterale  delle
norme censurate, in quanto detto  procedimento  si  e'  concluso  con
successo, sicche' il giudizio non e' stato instaurato; 
    che le norme censurate - sostiene il giudice milanese in forza di
argomenti e sotto profili largamente sovrapponibili a quelli  dedotti
dal Tribunale di Pordenone - recherebbero un vulnus:  a)  all'art.  3
Cost., per contrasto con i  principi  di  eguaglianza  formale  e  di
ragionevolezza; b) agli artt.  3  e  24  Cost.,  per  violazione  del
diritto di difesa e del  principio  di  eguaglianza  sostanziale;  c)
infine, all'art. 36 Cost., in quanto  il  diritto  del  difensore  al
compenso  per  l'attivita'  prestata  risulterebbe   «definitivamente
compromesso»; 
    che anche in questo giudizio e' intervenuto, con atto  depositato
il 17 dicembre  2021,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  che  -
sulla scorta di deduzioni sostanzialmente identiche a  quelle  svolte
in relazione all'ordinanza di rimessione del Tribunale di Pordenone -
ha  chiesto  la  declaratoria  di  inammissibilita'  delle  questioni
sollevate o, in via gradata, di non fondatezza di quella  prospettata
in riferimento all'art. 36 Cost. 
    Considerato che, con ordinanze, rispettivamente,  del  23  giugno
2021 (reg. ord. n. 175 del 2021) e del 24 agosto 2021 (reg.  ord.  n.
185 del 2021), il Tribunale ordinario di  Pordenone  e  il  Tribunale
ordinario di Milano dubitano della legittimita' costituzionale  degli
artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, t.u. spese di giustizia; 
    che il Tribunale di Pordenone dubita, inoltre, dell'art. 76  t.u.
spese di giustizia e degli artt. 5, 8 e 17, comma 5-bis,  del  d.lgs.
n. 28 del 2010; 
    che i rimettenti denunciano le suddette disposizioni nella  parte
in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato in  favore
dei non abbienti sia  assicurato  anche  in  relazione  all'attivita'
difensiva  svolta  nel   corso   del   procedimento   di   mediazione
obbligatoria di cui all'art. 5, comma 1-bis, del  d.lgs.  n.  28  del
2010, quando il successivo  giudizio  non  e'  stato  instaurato  per
l'intervenuta conciliazione delle parti; 
    che, secondo i giudici  a  quibus,  i  cui  assunti  poggiano  su
argomenti in buona misura sovrapponibili, tale omessa  previsione  si
porrebbe in contrasto: a) con l'art.  2  Cost.  -  evocato  dal  solo
Tribunale di Pordenone - poiche' la mediazione  rappresenterebbe  uno
«strumento di pacificazione sociale condivisa e non imposta»; b)  con
l'art. 3 Cost., perche' sarebbero vulnerati i principi di eguaglianza
formale e di ragionevolezza; c) con gli  artt.  3  e  24  Cost.,  per
violazione del diritto di  difesa  e  del  principio  di  eguaglianza
sostanziale;  d)  con  l'art.  36  Cost.,  in   quanto   risulterebbe
compromesso il diritto dei  difensori  al  compenso  per  l'attivita'
lavorativa prestata; 
    che i giudizi, vertendo  su  questioni  oggettivamente  connesse,
devono essere riuniti; 
    che, quanto  al  giudizio  che  trae  origine  dall'ordinanza  di
rimessione  del  Tribunale  di  Pordenone,  occorre   preliminarmente
precisare il thema decidendum, poiche' il rimettente, benche' denunci
anche l'art. 76 t.u. spese di giustizia e gli artt. 5, 8 e 17,  comma
5-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, incentra e motiva, in  realta',  le
sue censure soltanto sugli artt. 74, comma 2,  e  75,  comma  1,  del
citato testo unico: nel dolersi  dell'impossibilita'  di  beneficiare
del patrocinio a spese dello Stato nella mediazione  obbligatoria  in
determinate  materie,   infatti,   riconduce   siffatta   preclusione
precipuamente a tali ultime norme, nelle quali individua il  testuale
ed esclusivo riferimento al processo che ne  limita  l'«operativita'»
ai soli procedimenti giurisdizionali; 
    che,  pertanto,   l'esame   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale deve essere circoscritto ai menzionati artt. 74, comma
2, e 75, comma 1, t.u. spese di giustizia; 
    che,  ancora  in  via  preliminare,  va  rilevato  che   lo   ius
superveniens, rappresentato dalla legge  26  novembre  2021,  n.  206
(Delega al Governo per l'efficienza del  processo  civile  e  per  la
revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa
delle  controversie  e  misure  urgenti  di   razionalizzazione   dei
procedimenti in materia di diritti delle  persone  e  delle  famiglie
nonche' in materia di esecuzione forzata) - che conferisce al Governo
una delega legislativa recante,  per  quanto  qui  interessa,  tra  i
principi e criteri direttivi  l'estensione  del  patrocinio  a  spese
dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione  assistita
(art. 1, comma 4, lettera a)  -  non  spiega  effetti  negli  odierni
incidenti, dal momento che, analogamente a quanto osservato da questa
Corte in giudizi affini,  «la  sua  entrata  in  vigore  non  vale  a
escludere l'applicazione delle disposizioni censurate»  (sentenza  n.
10 del 2022); 
    che questa Corte, con la sentenza n. 10  del  2022,  sopravvenuta
alle  odierne  ordinanze  di  rimessione,  ha  dichiarato,  in  senso
conforme ai petita dei  rimettenti,  l'illegittimita'  costituzionale
degli artt. 74, comma 2, e 75, comma  1,  t.u.  spese  di  giustizia,
nella parte in cui non prevedono che  il  patrocinio  a  spese  dello
Stato  sia   applicabile   anche   all'attivita'   difensiva   svolta
nell'ambito dei procedimenti di mediazione di cui all'art.  5,  comma
1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, quando nel corso  degli  stessi  e'
stato raggiunto un accordo; 
    che, pertanto, le  questioni  ora  in  scrutinio  debbono  essere
dichiarate  manifestamente  inammissibili  perche'  ormai  prive   di
oggetto (ex plurimis, ordinanze n. 204, n. 172 e n. 116 del 2022,  n.
192 e n. 184 del 2021, n. 225 del 2020 e n.  220  del  2019),  atteso
che, in ragione  della  intervenuta  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale con  effetto  ex  tunc,  e'  venuta  meno  la  carenza
normativa  che  -  secondo  i  giudici  a  quibus  -  determinava  il
denunciato contrasto con gli evocati parametri costituzionali; 
    che le considerazioni  che  precedono  sono  assorbenti  rispetto
all'eccezione preliminare sollevata  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato sulla scorta dell'asserita carenza di  un'adeguata  motivazione
in ordine all'impossibilita'  di  interpretare  le  norme  denunciate
secundum Constitutionem. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle Norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis.