ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
promosso nei confronti  del  Parlamento  in  seduta  comune  da  Sara
Cunial,  nella  qualita'  di  deputata,  con  ricorso  depositato  in
cancelleria il 10 marzo  2022  ed  iscritto  al  n.  7  del  registro
conflitti tra poteri 2022, fase di ammissibilita',  sorto  a  seguito
della comunicazione del Presidente della Camera dei deputati  del  24
gennaio 2022, n. 2022/0001634/GEN/SG-REG, e degli  atti  antecedenti,
consequenziali o comunque connessi. 
    Udito nella camera di consiglio del 12 settembre 2022 il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 settembre 2022. 
    Ritenuto che,  con  ricorso  depositato  il  10  marzo  2022,  la
deputata Sara Cunial ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato nei confronti del Parlamento in seduta comune «avverso la
proclamazione del Presidente della Repubblica del 29 gennaio  2022  e
tutti  gli  atti  e  provvedimenti  antecedenti,  consequenziali,   o
comunque connessi», chiedendone l'annullamento; 
    che, in premessa, la  ricorrente  richiama  la  delibera  del  12
ottobre 2021 del Collegio dei questori della Camera dei deputati, con
la quale e' stato previsto, per l'accesso alle sedi della  Camera,  a
far  data  dal  15  ottobre  2021,  l'obbligo   di   possesso   della
certificazione verde di cui all'art. 9, comma 2, del decreto-legge 22
aprile 2021, n. 52 (Misure urgenti  per  la  graduale  ripresa  delle
attivita'  economiche  e  sociali  nel  rispetto  delle  esigenze  di
contenimento della diffusione dell'epidemia da COVID-19), convertito,
con modificazioni, nella legge 17 giugno 2021, n. 87; 
    che, aggiunge la ricorrente, a seguito della convocazione per  il
24 gennaio 2022 del Parlamento in seduta comune ai fini dell'elezione
del Presidente della Repubblica, nonche' a seguito dell'adozione  del
decreto-legge  21  gennaio  2022,  n.  2  (Disposizioni  urgenti  per
consentire  l'esercizio  del  diritto  di  voto  in  occasione  della
prossima elezione del Presidente della Repubblica), il  Collegio  dei
questori della Camera dei deputati, sempre in data 21  gennaio  2022,
ha reso noto tramite apposita comunicazione (n. 2022/0001524/GEN/QUE)
che i parlamentari e delegati regionali «sottoposti  alla  misura  di
isolamento in  quanto  positivi  al  Sars-CoV-2,  o  a  quella  della
quarantena precauzionale in qualita' di contatti  stretti»  avrebbero
potuto votare in una postazione ubicata in un'area esterna alla  sede
della Camera, di pertinenza della stessa; 
    che il 23 gennaio 2022 l'on.  Cunial  ha  avanzato  richiesta  di
accesso alla predetta area; 
    che tale richiesta e' stata rigettata, cosi' come  la  successiva
ulteriore istanza presentata; 
    che - recatasi fisicamente il medesimo giorno all'ingresso  della
postazione di voto esterna - la ricorrente lamenta  di  essere  stata
respinta  da   due   addetti   della   Camera,   e   riferisce   che,
successivamente,  le  e'  stata  consegnata  una  comunicazione   del
Presidente della Camera con la quale le e' stato  vietato  l'ingresso
«non  solo  presso  l'edificio  della  Camera,  ma  anche  presso  la
postazione speciale [...] senza alcuna motivazione giuridica»; 
    che, in definitiva, la ricorrente  espone  come  non  le  sarebbe
stato permesso, «in alcuna modalita'»,  di  partecipare  alla  seduta
delle Camere riunite e dunque di adempiere al «diritto/dovere di voto
del Presidente della Repubblica, quale  primaria  prerogativa  di  un
parlamentare»; 
    che, in punto di  ammissibilita'  del  conflitto,  richiamata  la
giurisprudenza costituzionale sulla legittimazione al  conflitto  tra
poteri dello Stato del singolo parlamentare, la  ricorrente  sostiene
che si sarebbe in presenza di un «caso di scuola» di negazione di una
prerogativa costituzionale, quale il diritto di voto; 
    che sussisterebbe, in particolare, violazione degli artt. 1, 67 e
83 della Costituzione, giacche' il diniego di  ingresso  alla  Camera
dei  deputati,  per  il  quale  e'  richiesto   il   possesso   della
certificazione verde, e il  diniego  di  accedere  all'area  esterna,
riservata ai parlamentari e delegati regionali risultati  positivi  o
individuati quali contatti stretti di positivi al  COVID-19,  avrebbe
comportato  l'impedimento  a   partecipare   ad   uno   degli   «atti
fondamentali ed indispensabili per la tenuta della forma di governo»;
una violazione grave al punto da mettere  «in  pericolo  [la]  tenuta
dell'assetto statuale inscritto nella Carta Costituzionale»,  e  tale
da poter essere  rimediata  solo  con  «l'annullamento  delle  stesse
elezioni svolte e dell'atto di  proclamazione  del  Presidente  della
Repubblica»; 
    che vi sarebbe altresi' lesione degli artt. 3 e 117, primo comma,
Cost.,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  14  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo  (CEDU),  asserendo  la  ricorrente  di
trovarsi in condizione «fortemente analoga»  rispetto  a  quella  dei
soggetti sottoposti  a  isolamento  o  quarantena  precauzionale,  in
quanto altrettanto priva di certificazione verde; 
    che, oltretutto, poiche' l'essere risultati positivi al  virus  o
l'essere contatti stretti di persone positive al  virus  postula  una
condizione di pericolosita' per la salute pubblica «acclarata e  piu'
che probabile», non si comprenderebbe, invece, il rifiuto opposto nei
confronti di un soggetto solo «potenzialmente pericoloso»,  quale  si
ritiene la ricorrente; 
    che,  come  attesterebbe  la  comunicazione   indirizzatale   dal
Presidente della Camera dei deputati, secondo la quale «l'impedimento
all'ingresso nelle sedi della Camera [...] e' rimuovibile  attraverso
il comportamento  del  singolo  elettore,  rimesso  alla  sua  libera
scelta,  ossia  anche   attraverso   l'esecuzione   di   un   tampone
antigenico»,  la  reale  motivazione  della  discriminazione   patita
avrebbe  riguardo  alla  «convinzione  e  opinione  politica»   della
ricorrente, essendo nota la  sua  posizione  di  dissenso  in  merito
all'applicazione  indistinta  e  irragionevole  della  certificazione
verde; 
    che sarebbero altresi' violati gli artt. 10, primo  comma,  11  e
ancora, 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 52 della Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea e all'art. 4  del  Patto
internazionale sui diritti economici, sociali e  culturali,  adottato
dall'Assemblea generale delle Nazioni  Unite  il  16  dicembre  1966,
ratificato e reso esecutivo con la legge 25  ottobre  1977,  n.  881,
perche' anche in situazioni emergenziali le  limitazioni  ai  diritti
dovrebbero  rispettarne  il  contenuto  essenziale,  mediante  misure
temporanee, ragionevoli, legittime e proporzionate, criteri  ignorati
nel caso  odierno,  a  causa  dell'atteggiamento  «discriminatorio  e
lesivo» perpetrato nei confronti della ricorrente; 
    che sarebbe infine leso l'art. 3 del Protocollo addizionale  alla
CEDU, non avendo la Corte europea dei diritti  dell'uomo  escluso  la
possibilita' di  applicare  tale  disposizione  anche  alle  elezioni
presidenziali (e' citata la sentenza 17 giugno 2008, Brito  da  Silva
Guerra e Sousa Magno contro Portogallo). 
    Considerato che la deputata Sara Cunial ha promosso conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del  Parlamento  in
seduta comune, affinche' sia dichiarata la menomazione della  propria
attribuzione costituzionale relativa al «diritto/dovere» di  prendere
parte alle elezioni del Capo dello Stato; 
    che  il  conflitto  e',  testualmente,   promosso   «avverso   la
proclamazione del Presidente della Repubblica del 29 gennaio  2022  e
tutti  gli  atti  e  provvedimenti  antecedenti,  consequenziali,   o
comunque connessi», con la richiesta che  questa  Corte  annulli  «la
proclamazione del Presidente della Repubblica»  intervenuta,  innanzi
alle Camere riunite, il 29 gennaio 2022; 
    che, con delibera del 12 ottobre 2021, il Collegio  dei  questori
della Camera dei  deputati,  sulla  base  di  una  decisione  assunta
dall'Ufficio di Presidenza il 22  settembre  2021,  ha  previsto  che
l'accesso alle sedi della Camera fosse «consentito esclusivamente  ai
soggetti   muniti   di   valida   certificazione   verde   Covid-19»,
conseguibile, alternativamente, o a seguito di avvenuta vaccinazione,
di  avvenuta  guarigione  o  di  avvenuta  sottoposizione  a  tampone
antigenico con esito negativo; 
    che, successivamente, in previsione dell'elezione del  Presidente
della Repubblica - in vista  della  quale  il  Parlamento  in  seduta
comune, nella composizione integrata ai sensi dell'art. 83 Cost., era
stato convocato per il 24 gennaio 2022 - il d.l. n.  2  del  2022  e'
intervenuto a dare seguito a due ordini del  giorno  approvati  dalla
Camera dei deputati il precedente  19  gennaio  (n.  9/3442/84  e  n.
9/3442/92), coi quali il Governo era  stato  impegnato  a  «garantire
ogni forma di collaborazione per permettere a tutti i  1009  delegati
di partecipare al voto», con particolare riferimento a «coloro che in
quei giorni dovessero risultare positivi al COVID-19 o  sottoposti  a
misura di quarantena»; 
    che il d.l. n. 2 del 2022, adottato dal Governo il 21 gennaio, ha
introdotto  una  deroga  alla  disciplina  vigente,   per   l'appunto
consentendo ai parlamentari e  delegati  regionali  «sottoposti  alla
misura  dell'isolamento,  in  quanto  risultati  positivi   ai   test
diagnostici  per  SARS-CoV-2   o   alla   misura   della   quarantena
precauzionale, in  quanto  identificati  come  contatti  stretti  con
soggetti confermati positivi al  predetto  virus»  di  spostarsi  con
mezzo  proprio  o  sanitario  sul  territorio  nazionale;   cio'   al
circoscritto scopo di raggiungere la sede  del  Parlamento,  prendere
parte alle operazioni di voto relative all'elezione  del  Capo  dello
Stato e fare rientro alla sede di isolamento o quarantena; 
    che, in pari data, il Collegio  dei  questori  della  Camera  dei
deputati ha dato comunicazione  in  merito  all'allestimento  di  una
postazione di voto in un'area esterna  di  pertinenza  della  Camera,
ove,  previa  richiesta  di  autorizzazione   da   indirizzare   alla
Presidenza,  con  l'invio  di  certificazione  medica  attestante  la
condizione di isolamento o  quarantena,  i  parlamentari  e  delegati
regionali positivi al COVID-19 o individuati quali  contatti  stretti
di persone risultate positive al COVID-19 avrebbero  potuto  recarsi,
con mezzo proprio o sanitario, per esprimere il proprio voto; 
    che la richiesta, avanzata dall'on. Cunial, di  accedere  a  tale
postazione  elettorale  e'   stata   rigettata   sulla   base   della
constatazione che l'istante non si trovava nelle condizioni  indicate
nel d.l. n. 2 del 2022 e nella comunicazione  dei  deputati  questori
del 21 gennaio 2022; 
    che, con argomentazione  piu'  articolata,  il  Presidente  della
Camera dei deputati, in  data  24  gennaio  2022,  ha  confermato  il
diniego, evidenziando come il menzionato d.l. n.  2  del  2022  abbia
rimosso  per  gli  elettori  destinatari  della  speciale  disciplina
introdotta un impedimento «non diversamente superabile»;  impedimento
«rimuovibile», invece, dai parlamentari o delegati regionali privi di
certificazione verde, mediante  la  scelta  di  eseguire  un  tampone
antigenico; 
    che, evocando la violazione di plurimi parametri costituzionali -
artt. 1, 3, 67 e 83, nonche' artt. 10, primo comma, 11 e  117,  primo
comma, Cost., questi ultimi in  relazione  agli  artt.  14  CEDU,  52
CDFUE, 4 del Patto internazionale sui diritti  economici,  sociali  e
culturali e 3 del Prot. addiz. CEDU - la ricorrente lamenta  che  non
le sarebbe stato consentito «in alcuna modalita'» di  esercitare  una
propria prerogativa costituzionale, ritenuta dalla stessa di primario
rilievo, non essendo la partecipazione all'elezione  del  Capo  dello
Stato qualificabile solo alla stregua del voto  espresso  nell'ambito
di un procedimento legislativo; 
    che, infatti, la ricorrente non era in possesso di certificazione
verde, non  trovandosi,  come  ella  espressamente  rappresenta,  «in
alcuna delle condizioni richieste per il [suo] rilascio»; 
    che la decisione di impedirle anche l'accesso alla  zona  esterna
riservata ai parlamentari e delegati regionali risultati  positivi  o
individuati come contatti stretti di positivi al COVID-19 non sarebbe
giustificata da esigenze di tutela della salute  pubblica,  giacche',
mentre la persona sprovvista di certificazione verde potrebbe  essere
considerata  solo  «potenzialmente   pericolosa   per   l'incolumita'
altrui», nel caso dei parlamentari e delegati regionali in isolamento
o quarantena precauzionale si tratterebbe di pericolosita' «acclarata
e piu' che probabile»; 
    che il rifiuto di consentirle di votare nell'area esterna sarebbe
percio' discriminatorio, versando la ricorrente in situazione  invece
«fortemente  analoga»  a  quella  dei   parlamentari   sottoposti   a
isolamento o quarantena, allo stesso  modo  privi  di  certificazione
verde; 
    che, in questa fase del giudizio,  questa  Corte  e'  chiamata  a
deliberare, in camera di consiglio  e  senza  contraddittorio,  sulla
sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall'art.
37, primo comma, della legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a
decidere se il conflitto insorga tra organi competenti  a  dichiarare
definitivamente la volonta' del potere  cui  appartengono  e  per  la
delimitazione della sfera di attribuzioni delineata per i vari poteri
da norme costituzionali; 
    che l'ordinanza n. 17 del 2019 di  questa  Corte ha  riconosciuto
l'esistenza di una sfera  di  prerogative  che  spettano  al  singolo
parlamentare e ha affermato che - qualora  risultino  lese  da  altri
organi parlamentari - esse possono essere difese con lo strumento del
ricorso per conflitto tra poteri dello Stato; 
    che tali sono le prerogative «inerenti al diritto di  parola,  di
proposta e di voto, che  gli  spettano  come  singolo  rappresentante
della Nazione» (ancora, ordinanza n. 17 del 2019); 
    che  la  stessa pronuncia  ha   inoltre   precisato   che   «[l]a
legittimazione attiva del  singolo  parlamentare  deve  [...]  essere
rigorosamente circoscritta quanto al profilo  oggettivo,  ossia  alle
menomazioni censurabili in sede di conflitto»; 
    che, in particolare, come ribadito in successive decisioni,  tale
legittimazione  deve   fondarsi   sull'«allegazione   di   vizi   che
determinino violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei
parlamentari» ed e' necessario che tali violazioni  siano  rilevabili
nella loro evidenza gia' in sede di sommaria delibazione  (in  questo
senso ordinanze n. 151, n. 80 e n. 15 del 2022, n. 256,  n.  255,  n.
188, n. 186, n. 67 e n. 66 del 2021, n. 60 del 2020, n. 275, n. 274 e
n. 17 del 2019); 
    che,  ai  fini  dell'ammissibilita'  del  conflitto,  e'   dunque
necessario che  il  singolo  parlamentare  alleghi  «una  sostanziale
negazione o un'evidente menomazione» (cosi', ancora, ordinanza n.  17
del 2019) delle proprie prerogative costituzionali; 
    che tale condizione, nel presente caso, non e' soddisfatta; 
    che nel partecipare al voto per l'elezione del  Presidente  della
Repubblica - assegnata dall'art. 83 Cost.  al  Parlamento  in  seduta
comune integrato  con  la  partecipazione  dei  delegati  eletti  dai
Consigli regionali - il parlamentare esercita certamente una quota di
attribuzione costituzionalmente garantita, di cui e' titolare; 
    che le modalita' di  espressione  del  voto  in  Parlamento  sono
tuttavia soggette alla disciplina  dei  procedimenti  parlamentari  e
alle norme di organizzazione delle Assemblee  (sentenza  n.  379  del
1996 e, analogamente, sentenza n. 262 del 2017), cosi' come lo  sono,
in generale, lo svolgimento dei lavori (ancora sentenza  n.  379  del
1996 e ordinanze n. 256 e n. 255 del 2021) e, prima ancora, lo stesso
accesso alla sede  parlamentare,  tenendosi  comunque  in  conto  che
«l'autonomia normativa e funzionale  delle  Camere  non  puo'  essere
interpretata quale affrancamento  da  qualsiasi  forma  di  controllo
esterno» (ordinanza n. 188 del 2021); 
    che, quando il  Parlamento  si  riunisce  in  seduta  comune,  la
Costituzione prescrive che il Presidente e  l'Ufficio  di  presidenza
siano quelli della Camera dei deputati; 
    che, pertanto, per la generalita'  dei  parlamentari  e  delegati
regionali chiamati ad eleggere il Capo dello Stato,  l'ingresso  alla
sede  risultava   subordinato   all'obbligo   di   esibizione   della
certificazione verde introdotto, in forza di  quanto  precedentemente
deciso dall'Ufficio di presidenza, dalla delibera  del  Collegio  dei
questori della Camera dei  deputati  del  12  ottobre  2021,  le  cui
prescrizioni,  prorogate  nel  corso   del   tempo,   hanno   trovato
applicazione anche nel periodo in cui il Parlamento in seduta  comune
e' stato convocato per tale adempimento costituzionale; 
    che per i soli  elettori  costretti  a  isolamento  e  quarantena
precauzionale, le operazioni di voto si sono invece svolte in un'area
esterna di pertinenza della Camera, secondo quanto  indicato  in  una
comunicazione del 21 gennaio 2022, ancora una volta  proveniente  dal
Collegio dei questori della Camera; 
    che la ricorrente si duole  della  circostanza  che,  «in  alcuna
modalita'», le sarebbe stato permesso di partecipare all'elezione del
Presidente della Repubblica, sulla base di valutazioni  non  sorrette
da «alcuna motivazione giuridica»; 
    che,  tuttavia,  il  ricorso  ha  omesso  di  dimostrare  se   la
certificazione e i  presupposti  che  la  consentono  siano  tali  da
costituire un effettivo impedimento all'esercizio delle  attribuzioni
proprie dei parlamentari (cosi', gia' ordinanze n. 256 e n.  255  del
2021); 
    che, anzi, non vi e' riferimento alcuno,  nell'atto  introduttivo
del conflitto, alle ragioni per le quali la richiesta di sottoporsi a
un tampone - tra  i  presupposti  per  accedere  alla  certificazione
cosiddetta base e, in questo modo,  procurarsi  il  titolo  per  fare
ingresso nella sede della Camera - potesse considerarsi onere, da  un
lato, ingiustificato rispetto alla  finalita'  perseguita  di  tutela
della   salute   della   comunita'   parlamentare   e,    dall'altro,
sproporzionato in riferimento all'incidenza  prodotta  sull'esercizio
della prerogativa costituzionale in discussione; 
    che  il  ricorso  si  limita  a  generici  cenni   al   carattere
irragionevole e non necessario della misura, senza  offrire  elementi
utili per valutare se l'adempimento richiesto fosse in effetti lesivo
della prerogativa parlamentare o se, come  in  particolare  sostenuto
dal Consiglio  di  giurisdizione  della  Camera  dei  deputati  nella
propria funzione di  autodichia,  la  sottoposizione  ad  un  tampone
antigenico comporti una  «invasivita'  minima»,  comunque  rientrando
nell'«insieme di responsabilita',  potesta',  diritti  e  doveri  che
compongono lo status di  parlamentare»  (sentenza  del  Consiglio  di
giurisdizione n. 1 del 7 marzo 2022); 
    che la ricorrente, anziche' incentrare le proprie censure su tale
fondamentale profilo, le ha indirizzate sul rigetto  della  richiesta
di accedere all'area esterna, assumendo di essere stata  discriminata
perche' non in possesso,  tanto  quanto  i  parlamentari  e  delegati
regionali risultati  positivi  o  contatti  stretti  di  positivi  al
COVID-19, di certificazione verde; 
    che, in tal modo, il ricorso tace su un aspetto  centrale,  cioe'
sull'eventuale capacita' lesiva della regola che subordina  l'accesso
alla sede della Camera al possesso della certificazione verde,  anche
tenuto  conto  delle  diverse  modalita'  a   disposizione   per   il
conseguimento della stessa; 
    che, anzi, concentrandosi sul diniego opposto alla  richiesta  di
accesso all'area  esterna,  il  ricorso  attira  l'attenzione  su  un
profilo eccentrico rispetto alla lamentata lesione delle attribuzioni
del singolo parlamentare; 
    che, infatti, mentre la censura  relativa  all'impossibilita'  di
accedere  alla  sede  della  Camera   riguarda,   all'evidenza,   una
condizione essenziale per l'esercizio di tali attribuzioni, invece la
denuncia di una lesione dell'art. 3 Cost. - in virtu'  della  pretesa
discriminazione subita dalla ricorrente, rispetto ai  parlamentari  e
delegati regionali risultati positivi o contatti stretti di  positivi
al COVID-19 - non attiene direttamente alla lesione  della  sfera  di
prerogative del singolo parlamentare che possono essere difese con lo
strumento del ricorso per conflitto tra poteri dello Stato; 
    che, in  ogni  caso,  questa  doglianza  trascura  del  tutto  di
considerare che, solo in via di eccezione, si e'  consentito  ad  una
parte dei parlamentari e dei delegati  regionali  di  votare  in  una
separata area esterna, sia pur di pertinenza della Camera, nella  cui
sede, di norma, il Parlamento «si riunisce» per esercitare le proprie
funzioni  costituzionali  (artt.  55,  comma  secondo,  e  63,  comma
secondo, Cost.); 
    che, da  questo  punto  di  vista,  anche  al  fine  di  limitare
ulteriori rischi per la salute  collettiva,  la  postazione  di  voto
esterna  e'  stata  utilizzata  unicamente  per  quanto  di   stretta
necessita', consentendosi l'accesso ai soli parlamentari  e  delegati
regionali risultati positivi al COVID-19 o individuati quali contatti
stretti di positivi al COVID-19, cioe' a  soggetti  che,  altrimenti,
non avrebbero potuto  -  realmente  "in  alcun  modo"  -  partecipare
all'elezione del Presidente della Repubblica; 
    che tale ultima circostanza segnala la sussistenza di una  palese
differenza tra la  situazione  di  coloro  che,  loro  malgrado,  non
avrebbero potuto procurarsi il requisito di  accesso  alla  sede  del
Parlamento e i parlamentari privi di certificazione verde per  scelta
propria, ma nella condizione di poterla ottenere, come la ricorrente; 
    che  le  assorbenti  ragioni  di   inammissibilita'   riscontrate
«dispensano dall'esame di altri aspetti del conflitto,  relativi,  in
particolare,  all'esatta  individuazione  degli  atti   asseritamente
lesivi delle attribuzioni del singolo parlamentare» (ordinanze n.  67
e n. 66 del 2021; analogamente, ordinanza n. 275 del 2019).