ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 17
e 18, della legge della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  2  novembre
2021,  n.  16  (Misure  finanziarie  intersettoriali),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con  ricorso  notificato  il  4
gennaio 2022, depositato in cancelleria l'11 gennaio  2022,  iscritto
al n. 2  del  registro  ricorsi  2022  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  5,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2022. 
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito nell'udienza pubblica del  13  settembre  2022  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    uditi l'avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia; 
    deliberato nella camera di consiglio del 13 settembre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 4 gennaio 2022  e  depositato  l'11
gennaio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art. 4,
commi 17 e 18, della legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  2
novembre  2021,  n.  16  (Misure  finanziarie  intersettoriali),  per
contrasto: con  l'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  in
relazione ai principi  fondamentali  determinati  dalla  legislazione
statale  in  materia  di  «produzione,  trasporto   e   distribuzione
nazionale dell'energia»; con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 15, paragrafo 1, della  direttiva  (UE)  2018/2001
del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018,  sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili; con l'art.  41
Cost.; con l'art. 97 Cost.; nonche'  con  i  limiti  stabiliti  dagli
artt. 4 e 5 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia)   alle   competenze
legislative attribuite alla Regione. 
    1.1.- Il ricorrente impugna anzitutto il  comma  17  dell'art.  4
menzionato. 
    Tale disposizione, che indica una serie di aree non  idonee  alla
realizzazione di impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a
1  MW,  dovrebbe  essere  ricondotta  alla  materia   di   competenza
concorrente  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia» e dovrebbe pertanto rispettare i principi  fondamentali
contenuti  nel  decreto  legislativo  29  dicembre   2003,   n.   387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita') e nel decreto legislativo 3  marzo
2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE  sulla  promozione
dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e
successiva abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e  2003/30/CE),
nonche' nel decreto del Ministero dello  sviluppo  economico  del  10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da  fonti  rinnovabili);  tali  linee  guida,  secondo  la
costante  giurisprudenza   di   questa   Corte,   avrebbero   «natura
inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in  tutto  il
territorio nazionale» (sono richiamate le sentenze n. 177  del  2021,
n. 69 del 2018 e n. 308 del 2011). 
    Il ricorrente rammenta che, ai sensi  del  paragrafo  17.1  delle
linee guida, le regioni devono individuare  le  aree  e  i  siti  non
idonei all'installazione di impianti per la produzione di energia  da
fonti  rinnovabili  attraverso  «un'apposita  istruttoria  avente  ad
oggetto  la  ricognizione  delle  disposizioni  volte   alla   tutela
dell'ambiente, del paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,
delle tradizioni agroalimentari locali,  della  biodiversita'  e  del
paesaggio rurale»,  indicando  nell'atto  di  programmazione  la  non
idoneita' di ciascuna area «in relazione a specifiche  tipologie  e/o
dimensioni di impianti» e motivando tale  inidoneita'  in  base  alle
incompatibilita'  riscontrate  con  gli   obiettivi   di   protezione
individuati nelle disposizioni esaminate. 
    Il ricorrente osserva  inoltre,  da  un  lato,  che,  secondo  la
costante giurisprudenza  amministrativa,  il  ruolo  del  comune  nel
procedimento abilitativo degli impianti in esame  dovrebbe  limitarsi
al vaglio del  progetto  sotto  il  profilo  della  conformita'  alla
disciplina urbanistica, e,  dall'altro,  che,  con  riferimento  agli
impianti fotovoltaici su aree agricole, l'art. 12 del d.lgs.  n.  387
del 2003 prevede la compatibilita' urbanistica di tali installazioni,
senza necessita' di  alcun  procedimento  di  variante.  Per  contro,
l'impugnato comma 17, nell'includere alla lettera a), tra le aree non
idonee, quelle «individuate dal piano regolatore  comunale  in  esito
alla conformazione al PPR e a una lettura paesaggistica approfondita,
ai sensi dell'articolo 14 delle Norme tecniche  di  attuazione  (NTA)
del PPR»,  attribuirebbe  di  fatto  ai  comuni  la  possibilita'  di
introdurre  limitazioni  all'installazione   di   impianti   per   la
produzione di energia da fonti rinnovabili, in contrasto  con  quanto
previsto dalla disposizione citata delle linee guida. 
    Quanto poi alle previsioni di cui alle successive lettere da b) a
h) del medesimo comma 17, esse introdurrebbero  numerosi  vincoli  di
merito,  cosi'  ponendosi  in  contrasto   «con   l'art.   41   della
Costituzione  e  con  la  normativa  interna  e  sovranazionale  che,
promuovendo la diffusione delle fonti rinnovabili, inibisce qualsiasi
previsione di astratta e aprioristica  limitazione  dei  procedimenti
autorizzativi e delle  relative  installazioni».  Viene  al  riguardo
richiamato l'orientamento di questa Corte secondo cui le regioni  non
potrebbero imporre in via legislativa vincoli generali  non  previsti
dalla disciplina statale; e si rileva che  «una  normativa  regionale
che non rispetti la riserva di procedimento» impedirebbe «la migliore
valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati»,  ponendosi
in contrasto con il principio, espresso dal diritto  dell'Unione,  di
massima diffusione degli impianti per la  produzione  di  energia  da
fonti rinnovabili. 
    Il ricorrente rileva altresi' che l'art. 4, comma  17  «individua
le aree non idonee  esclusivamente  per  la  realizzazione  di  nuovi
impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a 1 MW». 
    Infine,  sempre  con  riferimento  all'art.  4,  comma   17,   il
ricorrente ritiene che esso  si  ponga  in  contrasto  anche  con  «i
principi  generali  di  cui  al  mutando  quadro  normativo   statale
delineato dalla legge  n.  56/2021  [recte:  n.  53  del  2021]».  In
attuazione della delega contenuta nell'art. 5 della legge  22  aprile
2021, n. 53 (Delega al Governo per  il  recepimento  delle  direttive
europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea -  Legge  di
delegazione europea 2019-2020), infatti,  il  decreto  legislativo  8
novembre 2021, n.  199,  recante  «Attuazione  della  direttiva  (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  dell'11  dicembre
2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti  rinnovabili»,
all'art. 20, ha stabilito che «[c]on uno o piu' decreti del  Ministro
della  transizione  ecologica  di  concerto  con  il  Ministro  della
cultura,  e  il  Ministro  delle  politiche  agricole,  alimentari  e
forestali, previa intesa in  sede  di  Conferenza  unificata  di  cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto  1997,  n.  281,  da
adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, sono stabiliti  principi  e  criteri  omogenei  per
l'individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una  potenza
complessiva almeno pari a  quella  individuata  come  necessaria  dal
PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo  delle  fonti
rinnovabili».  La  disposizione  impugnata  si  porrebbe   cosi'   in
contrasto con i nuovi principi fondamentali della materia, in quanto,
di fatto, anticiperebbe i contenuti del decreto interministeriale  di
cui all'art. 20, comma 1, del d.lgs. n.  199  del  2021,  che  dovra'
dettare  principi  e  criteri  omogenei  per  l'individuazione  delle
superfici e delle aree idonee e non  idonee  all'installazione  degli
impianti. 
    1.2.- Il ricorrente impugna quindi il comma 18  dell'art.  4,  il
quale  pone  ulteriori  condizioni  alle  quali  e'  subordinata   la
realizzazione di impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a
1 MW. 
    In particolare, l'art. 4, comma 18, lettera a),  richiedendo  che
«la realizzazione dell'impianto non comprometta un bene paesaggistico
alterando negativamente lo stato  dell'assetto  scenico-percettivo  e
creando un notevole disturbo  della  sua  leggibilita'»,  conterrebbe
un'indicazione  eccessivamente   generica   in   contrasto   con   la
giurisprudenza di questa Corte (e' richiamata la sentenza n. 286  del
2019)  e  conferirebbe  all'autorita'  amministrativa  decidente  una
discrezionalita'  eccessiva,  in  violazione  sia  del  principio  di
legalita'  dell'azione  amministrativa,  sia  dei  principi  di  buon
andamento e imparzialita' della  pubblica  amministrazione  (art.  97
Cost.). 
    Analoghe censure sono mosse anche nei confronti delle lettere  d)
e f) dello stesso comma, le quali  richiedono,  rispettivamente,  che
«l'impianto sia posto in aree non visibili  da  strade  di  interesse
panoramico, non comprometta visuali  panoramiche  o  coni  visuali  e
profili identitari tutelati dal PPR  o  dagli  strumenti  urbanistici
comunali» e che  «sia  assicurato  il  contenimento  del  livello  di
compromissione e di degrado  determinato  dalla  dimensione  e  dalla
concentrazione degli impianti fotovoltaici a terra». 
    Secondo il ricorrente, le norme impugnate, «in contrasto  con  il
procedimento delineato dalle Linee guida e con quanto statuito  dalla
Corte, non basano il divieto di installazione di  nuovi  impianti  su
una valutazione puntuale e in concreto  delle  aree  dichiarate  "non
idonee",   ma   ipostatizzano   i   controinteressi   pubblici   alla
realizzazione   degli   impianti,   precludendo   o,   quanto   meno,
ostacolando,   il   bilanciamento   in   concreto   e   la   migliore
valorizzazione di tutti gli  interessi  pubblici  implicati,  che  il
legislatore  statale  affida  al   procedimento   amministrativo   di
pianificazione». 
    2.-  Si  e'  costituita   in   giudizio   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia, chiedendo che le  questioni  siano  dichiarate
parzialmente inammissibili e, comunque, non fondate. 
    2.1.- La Regione - stigmatizzati una serie di errori compiuti nel
ricorso nella  indicazione  delle  disposizioni  impugnate,  che  non
impedirebbero   comunque   l'univoca   individuazione    dell'oggetto
dell'impugnazione   medesima   -   formula   varie    eccezioni    di
inammissibilita'. 
    Sarebbero innanzitutto inammissibili le  censure  rivolte  contro
l'art. 4, comma 17, lettere b), c), d), e), f), g) e h), sia  perche'
di esse non vi sarebbe alcuna menzione nella delibera  del  Consiglio
dei ministri che ha autorizzato il ricorso, sia  perche'  il  ricorso
non illustrerebbe argomenti in relazione alle  singole  disposizioni,
limitandosi a «censure cumulative» non correlate  al  loro  specifico
contenuto. 
    Con riferimento alle  medesime  disposizioni,  sarebbero  inoltre
inammissibili tanto la censura formulata in riferimento  all'art.  41
Cost., in quanto «priva di ogni motivazione o  illustrazione  che  ne
chiarisca l'oggetto,  il  senso  e  le  ragioni»,  quanto  quella  di
asserita violazione dell'art. 117, primo comma,  Cost.,  dal  momento
che il ricorrente si limiterebbe a richiamare a supporto  l'art.  15,
paragrafo 1, della direttiva 2018/2001/UE, che tuttavia concernerebbe
i procedimenti  di  autorizzazione  e  non  la  localizzazione  degli
impianti,  e  che  pertanto  risulterebbe  inconferente  rispetto  al
contenuto delle disposizioni impugnate. 
    Inammissibile  sarebbe  poi  la  censura  rivolta  nei  confronti
dell'intero comma 17,  nella  parte  in  cui  lamenta  che  la  legge
regionale  individui  le  aree  non  idonee  «esclusivamente  per  la
realizzazione di nuovi  impianti  fotovoltaici  a  terra  di  potenza
superiore a 1 MW», in quanto il  ricorso  non  ne  fornirebbe  alcuna
motivazione. 
    Quanto al comma 18, sarebbe anzitutto inammissibile  per  carenza
di motivazione  la  censura  avente  a  oggetto  la  lettera  a)  per
violazione dell'art. 97 Cost., mentre quelle  aventi  ad  oggetto  le
lettere b), c) ed e) sarebbero inammissibili in  quanto  la  delibera
del Consiglio dei ministri non indicherebbe  tali  disposizioni  come
oggetto di impugnazione. 
    2.2.- Nel merito, dopo aver premesso che la Regione  autonoma  e'
«pienamente impegnata nel  comune  sforzo  nazionale  ed  europeo  di
transizione alle energie rinnovabili» e che le disposizioni impugnate
hanno lo scopo «non di frenare  l'impiantistica  fotovoltaica  ma  al
contrario di indirizzarla verso le aree piu' idonee»,  la  resistente
sostiene in primo luogo che le citate linee guida «non possono essere
ritenute vincolanti nel loro dettaglio per la Regione  autonoma,  che
vede le proprie  competenze  in  materia  di  energia  specificamente
regolate  nelle  norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale»   e
segnatamente nel decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di
attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia
concernenti il trasferimento  di  funzioni  in  materia  di  energia,
miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese).  Quest'ultimo
non  si  sarebbe  limitato  a  estendere  alla  Regione  autonoma  la
competenza in materia di energia di cui all'art.  117,  terzo  comma,
Cost., bensi' avrebbe «stabilito un regime proprio e  speciale  della
Regione in  materia  di  energia».  Ne'  le  menzionate  linee  guida
potrebbero imporsi alla Regione  a  statuto  speciale  in  forza  del
principio di leale collaborazione, in ragione della loro  adozione  a
seguito di intesa in sede di Conferenza unificata. Nella  seduta  che
ha sancito l'intesa, infatti, l'assenso da parte regionale era  stato
espressamente  subordinato  all'introduzione  di  una   clausola   di
salvaguardia delle competenze delle  regioni  a  statuto  speciale  e
delle  province  autonome:  non  essendo  stata  poi  recepita   tale
clausola, le linee guida non potrebbero considerarsi assentite  dalle
regioni a statuto speciale, cio' che escluderebbe l'applicazione  del
principio di leale collaborazione. 
    2.3.- Quanto alle censure mosse nei confronti dell'art. 4,  comma
17, lettera a), secondo la difesa  regionale  tale  disposizione  non
trasferirebbe ai comuni la competenza a individuare le aree e i  siti
non idonei, bensi' si limiterebbe «ad affidare ad  essi  l'attuazione
nel piano regolatore comunale delle decisioni assunte dalla Regione e
dal Ministero dei beni culturali in sede di Piano paesaggistico».  Il
procedimento di conformazione del piano regolatore comunale al  piano
paesaggistico regionale, infatti, sarebbe disciplinato dagli artt. 13
e 14 delle Norme  tecniche  di  attuazione  del  piano  paesaggistico
regionale, i  quali  prevedono  che  l'ente  territoriale  competente
rediga la proposta di adeguamento  o  conformazione  dello  strumento
urbanistico  e  convochi  una  conferenza  di  servizi  decisoria  in
modalita' sincrona. In tale conferenza, un ruolo determinante sarebbe
svolto non solo dalla  regione,  ma  anche  dal  Ministero  dei  beni
culturali. Ai  sensi  dell'art.  14,  comma  2,  delle  citate  Norme
tecniche, infatti, «[i]l parere del Ministero, espresso in conferenza
di servizi o trasmesso alla stessa, assume  carattere  vincolante  in
merito ai beni  paesaggistici,  in  applicazione  dell'articolo  145,
comma 5, del Codice», mentre il comma 4 precisa  che,  «[q]ualora  la
conferenza di servizi non ritenga la proposta adeguata o conforme  al
PPR», l'ente proponente «presenta una nuova proposta  di  adeguamento
dello strumento urbanistico generale». Non si tratterebbe, dunque, di
un procedimento di esclusiva spettanza dell'ente  locale,  bensi'  di
«un complesso procedimento amministrativo, nel quale la Regione e  lo
Stato condividono con il Comune la trascrizione nel Piano  regolatore
delle valutazioni  di  non  idoneita'  all'insediamento  di  impianti
fotovoltaici di potenza superiore ad 1 Mw in  relazione  alla  tutela
dei beni paesaggistici». 
    La Regione rileva inoltre che le linee guida, che  non  sarebbero
comunque vincolanti nel loro dettaglio nei  confronti  della  Regione
autonoma,  non  le  impedirebbero  di  dettare  con  legge  norme  di
coordinamento fra i diversi atti pianificatori che disciplinano l'uso
del territorio. 
    Infine, la Regione  rileva  che  l'affermazione  del  ricorrente,
secondo cui gli impianti fotovoltaici sarebbero  compatibili  con  la
destinazione agricola delle aree, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n.
387 del 2003, non considera che la stessa disposizione richiede anche
che «[n]ell'ubicazione si dovra' tenere conto delle  disposizioni  in
materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento
alla valorizzazione  delle  tradizioni  agroalimentari  locali,  alla
tutela della biodiversita', cosi' come del patrimonio culturale e del
paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7  e
8, nonche' del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.  228,  articolo
14». 
    2.4.- Per quanto concerne  le  censure  formulate  nei  confronti
delle lettere da b) a h) del comma 17, la resistente  sottolinea  che
tali previsioni «non dettano limitazioni generali ed astratte, bensi'
menzionano aree, delimitate e normalmente di ridotta estensione, gia'
previamente  specificamente  individuate  mediante  i  pertinenti  ed
idonei procedimenti amministrativi». In relazione a tali  siti,  gia'
vi sarebbe stata una valutazione degli interessi concorrenti indicati
al paragrafo 17.1 delle linee  guida;  proprio  sulla  base  di  tale
valutazione  il  legislatore  avrebbe  ritenuto  tali  aree  inidonee
all'installazione di specifici impianti. 
    Piu' specificamente, con riferimento  alle  singole  ipotesi,  la
Regione rileva che le aree non idonee indicate alle lettere  b),  c),
d), g) e h) sarebbero previste  anche  dall'Allegato  3  delle  linee
guida fra quelle che le regioni possono indicare come aree e siti non
idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti.  Quanto
alla  lettera  e),  inoltre,   l'indicazione   di   inidoneita'   ivi
contemplata sarebbe soltanto tendenziale e  superabile  in  concreto,
«potendo  l'interessato  dimostrare  che  non  vi  e'  lesione  degli
interessi   paesaggistici   tutelati   dal   Codice   o   dal   Piano
paesaggistico», mentre la lettera  f),  ricognitiva  di  istituti  di
tutela ambientale, si riferirebbe ad aree di fatto mai interessate da
istanze per la realizzazione di  impianti  fotovoltaici,  e  comunque
gia' predeterminate e ben individuate. 
    2.5.-  La  resistente  affronta   infine   la   questione   della
compatibilita' delle norme impugnate con il  nuovo  quadro  normativo
dettato dalla legge n. 53 del 2021 e dal  d.lgs.  n.  199  del  2021,
quest'ultimo  emanato  successivamente   alla   pubblicazione   delle
disposizioni impugnate. Premesso che la mancata adozione dei  decreti
ministeriali previsti dal citato d.lgs. n. 199 del 2021 non  potrebbe
impedire  alla  Regione   di   esercitare   la   propria   competenza
legislativa, quest'ultima sottolinea  che  il  legislatore  regionale
«non ha inteso affatto sostituire la propria disciplina  alla  futura
regolazione statale», dal momento  che  l'art.  4,  comma  16,  della
stessa legge regionale, peraltro non impugnato, precisa che i criteri
per  la  localizzazione  e  la  realizzazione   di   nuovi   impianti
fotovoltaici  a  terra  di  potenza  superiore  a   1   MW   «trovano
applicazione  sino  al  compimento,  a  cura  della  Regione,   degli
adempimenti previsti dalla disciplina statale attuativa  della  legge
22 aprile 2021, n. 53 (Delega al Governo  per  il  recepimento  delle
direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea  -
Legge di  delegazione  europea  2019-2020),  per  l'installazione  di
impianti da fonti rinnovabili». In ogni caso, le nuove norme  statali
confermerebbero la legittimita' costituzionale della legge  regionale
impugnata. 
    2.6.- Con  riferimento  al  comma  18  dell'art.  4,  la  Regione
premette  che  tale  comma,  diversamente  da  quanto   assunto   dal
ricorrente, non riguarderebbe le  aree  inidonee,  bensi'  detterebbe
criteri finalizzati a orientare  la  discrezionalita'  amministrativa
con riferimento  alle  aree  potenzialmente  idonee  a  ospitare  gli
impianti di cui trattasi. 
    Quanto in particolare al criterio di cui alla lettera a), sarebbe
non fondata la censura secondo cui all'amministrazione e'  attribuita
una discrezionalita' eccessiva. Infatti, poiche' i beni paesaggistici
sono individuati in maniera precisa a  seguito  del  procedimento  di
pianificazione, la discrezionalita' nel valutare se la  realizzazione
dell'impianto   «comprometta   un   bene   paesaggistico    alterando
negativamente lo stato dell'assetto scenico-percettivo e  creando  un
notevole disturbo della sua leggibilita'» sarebbe in realta' ridotta,
«in quanto guidata dalle oggettive e  precostituite  valutazioni  del
Piano paesaggistico». 
    Considerazioni  analoghe  varrebbero,  secondo  la  Regione,  con
riferimento alla  successiva  lettera  d).  Le  «strade  panoramiche»
sarebbero infatti «puntualmente individuate e  disegnate  nell'ambito
della Rete della mobilita' lenta di PPR (Allegato 79 del  PPR  -  E3.
Scheda  della  Rete  della  Mobilita'  lenta)»,   mentre   il   piano
paesaggistico del Friuli-Venezia Giulia «ha attribuito  un  effettivo
interesse paesaggistico ad alcuni contesti figurativi di beni  per  i
quali si riteneva utile tutelare il contesto di  giacenza  (ulteriori
contesti  paesaggistici)»  e  puntualmente  individuato  alcuni  coni
ottici  privilegiati  e  vedute  panoramiche.  Tutti   gli   elementi
individuati dalla disposizione impugnata, pertanto, sarebbero «frutto
di  un'oggettiva  analisi  di  dettaglio  supportata  da   un'attenta
istruttoria sulle componenti paesaggistiche coinvolte». 
    La lettera f), infine,  offrirebbe  un  criterio  di  valutazione
degli  effetti  cumulativi  derivanti  dalla   concentrazione   degli
impianti,    idoneo    a    circoscrivere     la     discrezionalita'
dell'amministrazione e del tutto conforme al quadro  derivante  dalla
legislazione statale di principio (art. 4, comma 3, del d.lgs. n.  28
del 2011 e lettera e dell'Allegato 3 delle linee guida). 
    In conclusione, i criteri di cui all'impugnato art. 4, comma  18,
non  prescriverebbero  una   prevalenza   astratta   e   aprioristica
dell'interesse paesaggistico, bensi' richiederebbero una  valutazione
in concreto caso per caso, all'esito  della  quale  l'interesse  alla
tutela del paesaggio si imporrebbe ove non  vi  fosse  compatibilita'
paesaggistica. 
    3.- In prossimita' dell'udienza la Regione ha depositato  memoria
illustrativa  per  dare  conto  «degli  sviluppi  fattuali  e   delle
sopravvenienze normative» intervenute nella materia de  qua,  nonche'
per svolgere ulteriori argomenti  a  sostegno  della  non  fondatezza
delle censure proposte. 
    3.1.- Rileva la Regione che «la fondamentale linea  di  indirizzo
stabilita dal legislatore statale» attraverso la legge n. 53 del 2021
e pienamente confermata dal d.lgs. n. 199 del 2021 consisterebbe  nel
tentativo di localizzare gli impianti per le energie  rinnovabili  in
aree di minor pregio paesaggistico o ambientale,  e  dunque  in  aree
prevalentemente «degradate», coniugando in questo modo il  favor  per
la massima diffusione delle fonti rinnovabili con la tutela di  altri
primari valori. La  medesima  finalita'  caratterizzerebbe  la  legge
impugnata, quale espressa in particolare dall'art. 4, comma  16,  non
oggetto di impugnazione,  che  risulterebbe  pertanto  pienamente  in
armonia con i principi  fondamentali  desumibili  della  legislazione
statale. 
    La resistente rappresenta inoltre che i decreti  ministeriali  di
attuazione dell'art. 20  del  d.lgs.  n.  199  del  2021,  diretti  a
stabilire i principi e i criteri omogenei per l'individuazione  delle
superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee  all'installazione  di
impianti  a  fonti  rinnovabili,  non  sono  stati  ancora  adottati,
nonostante sia trascorso  il  termine  acceleratorio  di  180  giorni
decorrenti dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 199 del 2021
(15 dicembre 2021), previsto dall'art. 20, comma 1.  In  particolare,
la Regione riferisce che, nella seduta della Conferenza unificata del
25 maggio 2022, il rappresentante del Ministero  per  la  transizione
ecologica ha dichiarato che «lo schema di  decreto  interministeriale
era in fase di definizione e che doveva ancora  essere  inoltrato  ai
ministeri concertanti»,  sicche',  per  quanto  consta  alla  Regione
autonoma, non e' prevedibile quando tali decreti  saranno  sottoposti
alla Conferenza unificata per l'intesa e poi emanati. 
    La Regione ricostruisce inoltre  i  piu'  recenti  mutamenti  del
quadro legislativo statale, dovuti alla «crisi energetica determinata
dalla  guerra  in  Ucraina»  e  dalla  necessita'  di  accelerare  la
transizione ecologica. Menziona, in particolare, il decreto-legge  1°
marzo 2022, n. 17 (Misure  urgenti  per  il  contenimento  dei  costi
dell'energia elettrica e del gas  naturale,  per  lo  sviluppo  delle
energie rinnovabili e per il rilancio delle  politiche  industriali),
convertito, con modificazioni, nella legge 27  aprile  2022,  n.  34.
Tale decreto, pur avendo ampliato il novero delle aree per  le  quali
gli operatori possono formulare progetti di impianti fotovoltaici con
la pratica certezza di non incontrare ostacoli collegati alla  tutela
del territorio, avrebbe comunque mantenuto il principio di  fondo  di
cui al d.lgs. n. 199 del 2021, volto a promuovere  la  concentrazione
degli impianti nelle aree gia' degradate,  salvaguardando  quelle  di
pregio. Di segno diverso  sarebbe  invece  l'intervento  operato  dal
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure  urgenti  in  materia  di
politiche  energetiche  nazionali,  produttivita'  delle  imprese   e
attrazione  degli  investimenti,  nonche'  in  materia  di  politiche
sociali e di crisi ucraina),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 15 luglio 2022, n. 91, che altererebbe il  principio  di  fondo
della disciplina di concentrazione degli  impianti  nelle  aree  gia'
degradate, sostituendolo con una dichiarazione di generale  idoneita'
ex lege del territorio, che ne eccettua soltanto le porzioni  oggetto
di vincolo ai sensi del codice dei beni culturali. 
    Pur ribadendo che la presente  controversia  deve  essere  decisa
sulla  base  delle  norme  e  dei  principi  esistenti   al   momento
dell'impugnazione (viene richiamata al riguardo la sentenza di questa
Corte n. 258 del 2020), la Regione afferma che non vi sarebbe  alcuna
disarmonia  tra  le  previsioni  regionali  impugnate  e   le   nuove
disposizioni statali  entrate  in  vigore  nel  2022,  posto  che  la
maggiore tutela regionale riguarderebbe esclusivamente le norme sulle
aree agricole individuate dalle lettere f), g)  e  h)  dell'impugnato
comma 17, norme che si pongono come attuative della «della  direttiva
costituzionale  sulla  necessita'  di  "razionale  sfruttamento   del
suolo", sancita espressamente dall'art. 44 Cost». Sarebbe  semmai  la
lettera c-quater), aggiunta nel comma 8 dell'art. 20  del  d.lgs.  n.
199 del 2021 dall'art. 6, comma 1, lettera a), numero 2.3), del  d.l.
n. 50 del 2022, come convertito, a porsi in contrasto con  l'art.  44
Cost.: sicche', nell'ipotesi in cui il Presidente del  Consiglio  dei
ministri  intenda  invocare  tale  disposizione  come  parametro   di
illegittimita' sopravvenuta, la Regione ne eccepisce l'illegittimita'
costituzionale, in quanto essa  attribuisce  «prevalenza  assoluta  e
tirannica all'interesse alla produzione  di  energia  su  ogni  altro
possibile uso del suolo, compreso l'essenziale uso agricolo». 
    In conclusione, la resistente ritiene che, chiarito il  contenuto
normativo delle norme  impugnate,  «la  censura  del  Presidente  del
Consiglio si riduce al dato formale  dell'indicazione  dei  siti  non
idonei per i maggiori impianti mediante legge, anziche' mediante atto
amministrativo». Tale censura,  ribadisce  la  Regione,  sarebbe  non
fondata,  in  quanto  le  aree   inidonee   «non   sono   individuate
direttamente  dalla  legge  in  base  a  caratteristiche  generali  e
astratte   [...]   ma   sono   invece    luoghi    concretamente    e
"cartograficamente"  individuati  in  base  ad  atti  di  piano   (in
particolare il piano paesaggistico  codeterminato  con  lo  Stato)  o
comunque  mediante  determinazioni  amministrative,  attuative  della
legge o da questa assunte come riferimento».  Con  cio'  risulterebbe
superfluo  ricordare,  secondo  la  Regione,  che,  per  risalente  e
consolidato  orientamento  di  questa  Corte,  non   esisterebbe   in
Costituzione  una  «riserva   di   amministrazione»   opponibile   al
legislatore. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 4 gennaio 2022  e  depositato  l'11
gennaio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art. 4,
commi 17 e 18, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2021,
che  pongono  limiti  e  condizioni  all'installazione  di   impianti
fotovoltaici nel territorio della Regione, per contrasto: 
    - con l'art. 117, terzo comma, Cost.  in  relazione  ai  principi
fondamentali determinati dalla legislazione  statale  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»; 
    - con l'art. 117, primo comma, Cost. in  relazione  all'art.  15,
paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; 
    - con l'art. 41 Cost.; 
    - con l'art. 97 Cost.; 
    - con gli artt. 4 e 5 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia. 
    2.- E' necessario preliminarmente precisare l'oggetto del ricorso
e, conseguentemente, il thema decidendum sottoposto a questa Corte. 
    2.1.-  Quanto  al  comma  17,  la  Regione  eccepisce   anzitutto
l'inammissibilita' delle censure rivolte nei confronti delle  lettere
b), c), d), e), f), g) e h), perche' di esse non  vi  sarebbe  alcuna
menzione nella delibera del Consiglio dei ministri che ha autorizzato
il  ricorso;  di  talche'  (parzialmente)  ammissibile   risulterebbe
soltanto l'impugnazione relativa alla lettera a) di tale comma. 
    L'eccezione  non  puo'  essere  accolta.  Dall'esame  sia   della
delibera autorizzativa del Consiglio dei  ministri,  sia  del  tenore
complessivo  del  ricorso,  emerge  chiaramente  come  quantomeno  la
censura riferita al contrasto  con  la  riserva  di  amministrazione,
asseritamente ricavabile dal paragrafo 17.1  delle  linee  guida  per
l'autorizzazione degli  impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili,
interessi l'intero comma 17, in  quanto  si  contesta  in  radice  la
scelta di procedere con legge all'individuazione delle aree inidonee. 
    2.2.- Quanto invece al comma 18, dalla  relazione  allegata  alla
delibera di impugnazione del Consiglio  dei  ministri  e  dal  tenore
complessivo  del  ricorso  emerge   univocamente   che   le   censure
governative si appuntano soltanto  sulle  disposizioni  di  cui  alle
lettere  a),  d)  e  f);  e  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha
confermato  in  udienza  l'intenzione  del  ricorrente  di   limitare
l'impugnazione a tali tre previsioni. 
    3.- Il ricorrente impugna dunque, in primo luogo, l'intero  comma
17 dell'art. 4 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2021. 
    La  disposizione  impugnata  recita:  «Non  sono  idonee  per  la
realizzazione degli impianti fotovoltaici a terra di cui al comma 16: 
    a) le aree individuate dal piano  regolatore  comunale  in  esito
alla conformazione al PPR e a una lettura paesaggistica approfondita,
ai sensi dell'articolo 14 delle Norme tecniche  di  attuazione  (NTA)
del PPR; 
    b) i siti regionali inseriti nella lista del patrimonio  mondiale
culturale e naturale riconosciuto dall'UNESCO e nelle  relative  zone
tampone,  nonche'  i  siti  per  i  quali  e'  stata  presentata   la
candidatura per il riconoscimento UNESCO; 
    c) i siti Natura 2000 e le aree naturali tutelate ai sensi  della
legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree  protette),  e
della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42 (Norme in  materia  di
parchi e riserve naturali regionali); 
    d) le aree e i beni di notevole interesse culturale di  cui  alla
parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge
6 luglio 2002, n. 137), le  aree  dichiarate  di  notevole  interesse
pubblico ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo 42/2004 e
i relativi ulteriori contesti, le zone di  interesse  archeologico  e
gli ulteriori contesti d'interesse archeologico, nonche'  le  aree  a
rischio potenziale archeologico indicate nel PPR  o  negli  strumenti
urbanistici comunali; 
    e) le aree ricadenti nei beni paesaggistici di  cui  all'articolo
142, comma 1, del  decreto  legislativo  42/2004,  o  loro  ulteriori
contesti,  o  in  generale  ulteriori  contesti,  ferma  restando  la
facolta'  del  richiedente  di  presentare  documentazione  idonea  a
dimostrare la non interferenza degli impianti con gli obiettivi e  la
disciplina d'uso previsti dal PPR; 
    f) le aree agricole ricomprese in zone territoriali omogenee F di
"Tutela ambientale" individuate dagli strumenti urbanistici  generali
comunali adeguati al PURG; 
    g)  le  aree  localizzate  in  comprensori  irrigui  serviti  dai
Consorzi di bonifica e oggetto di riordino fondiario; 
    h) le aree agricole che rientrano nelle classi 1 e 2 di capacita'
d'uso secondo la Land  Capability  Classification  (LCC)  del  United
States Department of Agriculture (USDA)  e  individuate  nella  Carta
regionale di capacita' d'uso agricolo dei suoli,  ferma  restando  la
facolta' del richiedente di presentare idonea  documentazione  e,  in
particolare,   una    relazione    pedologica,    finalizzata    alla
riclassificazione delle aree di interesse aziendale». 
    3.1.- Secondo il ricorrente, tale disposizione - individuando una
serie di aree inidonee alla realizzazione di impianti fotovoltaici  a
terra di potenza superiore a 1 MW - si porrebbe  in  primo  luogo  in
contrasto con i  principi  fondamentali  della  materia  «produzione,
trasporto e  distribuzione  nazionale  dell'energia»,  e  dunque  con
l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  Tali  principi  si  ricaverebbero
dall'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e dalle linee guida  da  esso
previste. 
    Il ricorrente assume altresi' che la  disposizione  impugnata  si
porrebbe in contrasto con i «principi  generali  di  cui  al  mutando
quadro normativo statale», delineato dalla legge  delega  n.  53  del
2021 e dal d.lgs. n. 199 del 2021, attuativo della  delega;  dal  che
discenderebbe - secondo  quanto  pare  evincersi  dal  ricorso  -  un
diverso profilo di violazione dello stesso  art.  117,  terzo  comma,
Cost.  In  particolare,  il  ricorrente  lamenta  che  la  disciplina
impugnata  anticiperebbe   di   fatto   i   contenuti   del   decreto
interministeriale previsto dall'art. 20, comma 1, del d.lgs.  n.  199
del  2021,  che  dovra'  dettare  principi  e  criteri  omogenei  per
l'individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee
all'installazione degli impianti. 
    3.2.-   Circa   il   primo   profilo,   la   Regione    eccepisce
preliminarmente la non vincolativita' delle linee  guida  nei  propri
confronti. Le competenze in materia di energia della Regione autonoma
Friuli-Venezia Giulia sarebbero infatti specificamente regolate dalle
norme di attuazione dello statuto speciale, e segnatamente dal d.lgs.
n. 110 del 2002. Quest'ultimo non si  sarebbe  limitato  a  estendere
alla Regione autonoma la competenza in  materia  di  energia  di  cui
godono le regioni ordinarie ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., bensi' avrebbe «stabilito un regime proprio e  speciale  della
Regione in materia di energia». Ne'  la  vincolativita'  delle  linee
guida potrebbe fondarsi sulla circostanza che la  loro  adozione  sia
stata decisa in sede di Conferenza unificata, dal momento che in tale
occasione l'assenso da parte della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia sarebbe stato espressamente  subordinato  all'introduzione  di
una  clausola  di  salvaguardia  delle  competenze  delle   autonomie
territoriali, clausola poi non inserita nelle linee guida. 
    3.3.- L'eccezione non e' fondata. 
    3.3.1.- La giurisprudenza di questa  Corte  ha  gia'  piu'  volte
affermato,  rispetto  alla  generalita'  delle   regioni,   che   «la
disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da  fonti
rinnovabili, riconducibile  alla  materia  "produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia" (art. 117, terzo comma, Cost.),
deve conformarsi ai principi fondamentali, previsti dal d.lgs. n. 387
del 2003, nonche', in attuazione del suo art.  12,  comma  10,  dalle
menzionate Linee guida (ex plurimis, sentenze n. 258 del 2020, n. 106
del 2020, n. 286 del 2019 e n. 69 del 2018)»  (sentenza  n.  177  del
2021).  Con  riferimento  a  queste   ultime,   inoltre,   e'   stato
costantemente ricordato che esse, «approvate in  sede  di  conferenza
unificata, sono espressione della leale collaborazione  tra  Stato  e
Regioni e sono, pertanto, vincolanti, in  quanto  "costituiscono,  in
settori  squisitamente  tecnici,  il  completamento  della  normativa
primaria" (sentenza n. 86 del 2019). Nell'indicare puntuali modalita'
attuative  della  legge  statale,  le  linee  guida   hanno   "natura
inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in  tutto  il
territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del  2019,  n.  69  del
2018)" (sentenza n. 106 del  2020)»  (ancora,  sentenza  n.  177  del
2021). Anche le disposizioni contenute  nelle  linee  guida,  quindi,
«sono annoverate - per giurisprudenza costante di questa Corte -  tra
i principi fondamentali della materia, vincolanti nei confronti delle
Regioni» (sentenza n. 77 del 2022). 
    3.3.2.- Questi principi sono stati ritenuti applicabili anche nei
confronti della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dalla sentenza
di questa Corte n. 148 del 2019. In quell'occasione,  si  e'  infatti
affermato che, in materia di «produzione, trasporto  e  distribuzione
nazionale  dell'energia»,  «lo  statuto  speciale  di  autonomia  non
prevede, in favore  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,
alcuna competenza legislativa» e che «[o]pera, pertanto, la  clausola
di equiparazione di cui all'art. 10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione)». Nella medesima pronuncia si e' altresi' chiarito  che
il  legislatore  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e'
«parimenti tenuto al rispetto delle norme fondamentali della materia,
quali poste dalla normativa statale». 
    3.3.3.- Tali conclusioni devono essere ribadite in  questa  sede.
Il d.lgs. n. 110 del 2002, lungi dallo stabilire «un regime proprio e
speciale della Regione in  materia  di  energia»,  come  sostiene  la
difesa regionale, ha la funzione, gia' riconosciuta dalla sentenza n.
148 del 2019, di  dare  attuazione  alla  competenza  concorrente  in
materia di energia che alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e'
stata attribuita in forza dell'art. 10 della legge  cost.  n.  3  del
2001. Traendo origine non  dallo  statuto,  bensi'  dalla  cosiddetta
clausola di maggior favore, la competenza legislativa cosi' acquisita
dalla Regione autonoma e' soggetta al «regime complessivo del  Titolo
V» (sentenza n. 119 del 2019), che comprende, per le materie  di  cui
all'art. 117, comma terzo, Cost., l'obbligo di rispettare i  principi
fondamentali  stabiliti  dallo  Stato;  principi  che  nella  materia
all'esame sono dettati, come si e' gia' ricordato, dall'art.  12  del
d.lgs. n. 387 del 2003 e dalle linee guida da esso previste. 
    Non puo' invece condividersi l'assunto  della  difesa  regionale,
che finirebbe per far derivare da una normativa che attua la clausola
di  maggior  favore  -  finalizzata,  quest'ultima,  semplicemente  a
evitare che le autonomie differenziate possano  trovarsi,  a  seguito
della riforma del Titolo V  e  sino  all'adeguamento  dei  rispettivi
statuti, in una posizione di minore autonomia rispetto alle regioni a
statuto ordinario - competenze legislative  addirittura  maggiori  di
quelle spettanti a queste ultime, in una materia rispetto alla  quale
lo statuto speciale non attribuiva in origine alcuna competenza. 
    A  prescindere  da   ogni   altro   rilievo,   risulta   pertanto
inconferente la circostanza - valorizzata dalla  difesa  regionale  -
secondo cui la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  in  sede  di
Conferenza  unificata  avrebbe   subordinato   il   proprio   assenso
all'adozione delle linee guida alla  condizione  che  fosse  in  esse
inserita  una  clausola  di  salvaguardia  delle   competenze   delle
autonomie differenziate, dal momento che tali competenze -  a  fronte
di quanto appena osservato - non possono,  in  ogni  caso,  ritenersi
piu' ampie di quelle di cui godono le regioni a statuto ordinario. 
    3.4.-   Cio'   posto,   la   disposizione   impugnata   si   pone
effettivamente in contrasto con la disciplina disegnata  dalle  linee
guida. 
    3.4.1.- Il paragrafo 17 delle linee guida dispone che «le Regioni
e le Province autonome possono procedere alla indicazione di  aree  e
siti  non  idonei  alla  installazione  di  specifiche  tipologie  di
impianti secondo le modalita' di cui al presente punto e  sulla  base
dei criteri di cui all'allegato 3». Tale individuazione deve avvenire
«attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione
delle disposizioni volte alla tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio,
del patrimonio storico e artistico, delle  tradizioni  agroalimentari
locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale  che  identificano
obiettivi  di  protezione  non  compatibili  con  l'insediamento,  in
determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti,
i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilita' di esito
negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». Le  aree  non
idonee sono quindi individuate dalle regioni  «nell'ambito  dell'atto
di programmazione con cui sono definite le misure  e  gli  interventi
necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden  sharing»,  nel
quale devono essere richiamati  gli  esiti  dell'istruttoria  svolta,
contenenti «in relazione a ciascuna area individuata come non  idonea
in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni  di  impianti,  la
descrizione delle incompatibilita' riscontrate con gli  obiettivi  di
protezione individuati nelle disposizioni esaminate». 
    Sulla base di tale disciplina, questa Corte ha  gia'  piu'  volte
affermato che «[l]a dichiarazione di inidoneita' deve [...] risultare
quale  provvedimento  finale  di  un'istruttoria  adeguata  volta   a
prendere in considerazione tutta una serie di interessi coinvolti», e
che «[i]n ogni caso  l'individuazione  delle  aree  non  idonee  deve
avvenire a opera delle Regioni  attraverso  atti  di  programmazione»
(sentenza n. 86 del 2019); cosicche' «[u]na normativa regionale,  che
non rispetti la riserva di procedimento amministrativo e, dunque, non
consenta di operare un bilanciamento  in  concreto  degli  interessi,
strettamente aderente alla  specificita'  dei  luoghi,  impedisce  la
migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati  e,
di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa  dell'Unione
europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di  energia
rinnovabili (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo,  ex  multis,
sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44  del
2011)» (sentenza n. 177 del 2021). 
    In applicazione di questi principi,  in  diverse  occasioni  sono
state dichiarate costituzionalmente illegittime discipline  regionali
che, in contrasto con le linee guida, avevano individuato esse stesse
le aree inidonee all'installazione di impianti per la  produzione  di
energia da fonti rinnovabili (sentenze n. 121 del 2022,  n.  177  del
2021, n. 106 del 2020, n. 86 del 2019 e n. 69 del 2018). 
    3.4.2.- La difesa regionale nega  il  contrasto  fra  l'impugnato
art. 4, comma 17, e le linee guida sulla base essenzialmente  di  due
ordini di argomenti. 
    In primo  luogo,  la  Regione  sostiene  che  detta  disposizione
sarebbe in sostanziale sintonia con le linee  guida,  in  quanto  non
detterebbe limitazioni generali  ed  astratte,  bensi'  menzionerebbe
«aree,  delimitate  e  normalmente  di   ridotta   estensione,   gia'
previamente  specificamente  individuate  mediante  i  pertinenti  ed
idonei procedimenti amministrativi». In relazione a tali  siti,  gia'
vi sarebbe stata una valutazione degli interessi concorrenti indicati
al paragrafo 17 delle linee guida; sarebbe  anzi  sulla  base  di  un
bilanciamento fra tali interessi che il legislatore avrebbe  ritenuto
inidonee all'installazione di specifici impianti le aree indicate. Ad
esempio, la lettera a) dell'impugnato comma 17,  nell'indicare  quali
zone inidonee «le aree individuate dal piano regolatore  comunale  in
esito alla  conformazione  al  PPR  e  a  una  lettura  paesaggistica
approfondita, ai sensi  dell'articolo  14  delle  Norme  tecniche  di
attuazione (NTA) del PPR», farebbe riferimento  ad  aree  individuate
attraverso «un complesso procedimento amministrativo,  nel  quale  la
Regione e lo Stato condividono con  il  Comune  la  trascrizione  nel
Piano regolatore delle valutazioni di non idoneita'  all'insediamento
di impianti fotovoltaici di potenza superiore ad 1  Mw  in  relazione
alla tutela  dei  beni  paesaggistici».  Analoghe  considerazioni  si
applicherebbero, secondo la Regione, anche alle lettere d), e)  e  f)
del medesimo comma. 
    In secondo luogo, la Regione nega che vi  sia  contrasto  con  le
linee guida poiche' le aree individuate dalla disposizione  regionale
corrisponderebbero a quelle indicate  dall'Allegato  3  (Criteri  per
l'individuazione di aree non idonee), lettera f), delle linee  guida.
Questo sarebbe il caso, ad esempio, dei siti inseriti nella lista del
patrimonio mondiale dell'UNESCO,  espressamente  indicati  come  aree
inidonee tanto  dalla  lettera  b)  dell'impugnato  comma  17  quanto
dall'Allegato 3, lettera f), delle linee guida, e, piu' in  generale,
delle aree di cui alle lettere c), d), e) g) e h), dello stesso comma
17, che troverebbero appunto corrispondenza nelle previsioni  di  cui
alla lettera f) del menzionato Allegato 3 delle linee guida. 
    3.4.3.- Questa Corte non e' persuasa da tali argomenti. 
    Il ricorso statale si fonda su un duplice ordine di  presupposti,
che certamente colgono nel segno e che  la  difesa  regionale  a  ben
guardare  non  contesta:  a)  che  la  previsione   di   un'«apposita
istruttoria» finalizzata all'individuazione di  aree  non  idonee  ai
sensi del paragrafo 17 delle  linee  guida  impone  alla  regione  di
attivare un procedimento amministrativo nel quale vengano bilanciati,
da  un  lato,  l'interesse  alla  massima  diffusione  delle  energie
rinnovabili, e, dall'altro, gli interessi alla tutela del  paesaggio,
del patrimonio storico e artistico, delle  tradizioni  agroalimentari
locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale; b) che in base al
medesimo paragrafo 17 tale istruttoria e' destinata  a  sfociare  non
gia'  in  una  legge,  ma  -  come  costantemente   affermato   dalla
giurisprudenza di questa Corte - in un atto di programmazione  avente
natura  di  provvedimento  amministrativo,  con  il   quale   vengano
individuate le aree non idonee. 
    Contrariamente  a  quanto  argomentato  dalla  difesa  regionale,
d'altra parte, non puo' nemmeno ritenersi  consentito  ad  una  legge
regionale dichiarare non idonee aree gia' previamente individuate  in
esito a procedimenti amministrativi non specificamente funzionali  al
bilanciamento  dei  contrapposti  interessi  sopra  menzionati,  come
quelli cui la disposizione impugnata rinvia.  Tali  procedimenti  non
sono infatti  finalizzati  all'identificazione  delle  aree  inidonee
all'installazione di impianti per la produzione di energia  da  fonti
rinnovabili, bensi' all'individuazione  di  altre  aree  o  beni,  in
funzione di scopi affatto eterogenei rispetto a quello che qui  viene
in considerazione, quali i beni di notevole interesse  culturale,  le
aree di notevole interesse pubblico,  i  beni  paesaggistici,  ovvero
particolari aree destinate a  riordino  fondiario.  Rispetto  a  tali
scopi non viene in considerazione lo specifico interesse,  del  quale
la disciplina statale interposta si fa portatrice, allo  sviluppo  di
energie  rinnovabili:  interesse  quest'ultimo  di  cruciale  rilievo
rispetto  al  vitale  obiettivo  di   tutela   dell'ambiente,   anche
nell'interesse delle future generazioni. 
    Ne'  vale  a   ovviare   alla   mancanza   di   un   procedimento
amministrativo specificamente finalizzato alla individuazione di aree
inidonee la circostanza, pure invocata dalla difesa regionale, che le
aree indicate dal comma  17  corrispondano  in  sostanza,  almeno  in
parte, a quelle menzionate alla  lettera  f)  dell'Allegato  3  delle
linee guida. A tacer d'altro, il  citato  Allegato  3  non  vieta  in
maniera generalizzata l'installazione  di  impianti  nelle  aree  ivi
indicate.  Esso  consente  piuttosto  alle  regioni,  in   esito   al
procedimento amministrativo di cui al paragrafo 17, di indicare  come
aree e siti non idonei all'installazione di specifiche  tipologie  di
impianti, «all'interno  di  quelle  di  seguito  elencate»,  le  aree
«particolarmente  sensibili  e/o  vulnerabili   alle   trasformazioni
territoriali o del paesaggio». Le aree menzionate nell'Allegato  3  e
in parte riprese  dalla  disposizione  impugnata  non  sono,  dunque,
direttamente  qualificate  come  inidonee  dalle  linee   guida,   ma
«possono» essere dichiarate tali, in tutto o in parte, solo all'esito
di una scelta operata dalla regione attraverso l'apposita istruttoria
di cui si e' detto. Anziche' procedere  a  tale  selezione  nei  modi
indicati,  la  Regione  autonoma  ha  invece  stabilito   con   legge
l'inidoneita' generalizzata di  tutte  le  aree  elencate,  ponendosi
cosi' in contrasto con le univoche indicazioni contenute nelle  linee
guida. 
    3.5.- L'incompatibilita'  della  disposizione  impugnata  con  il
paragrafo 17 delle  linee  guida,  enunciante  principi  fondamentali
della  materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione   nazionale
dell'energia»,   vincolanti   anche   per   la    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia, ne determina  l'illegittimita'  costituzionale
per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Cio'  senza  che  sia  necessario  valutare  se  la  disposizione
medesima  si  ponga  altresi'  in  contrasto,  come   sostenuto   dal
ricorrente, con la nuova disciplina prevista dalla legge  n.  53  del
2021 e dal successivo d.lgs. n. 199 del 2021 -  decreto  legislativo,
peraltro, ancora non emanato al momento dell'entrata in vigore  della
disposizione regionale impugnata, e che a sua volta rimanda a decreti
interministeriali ancora non adottati -; e senza che,  per  converso,
abbia alcun rilievo accertare  se  e  in  che  misura  la  disciplina
anticipi, come sostenuto dalla difesa regionale, taluni  aspetti  del
nuovo  quadro  normativo  statale  di  riferimento   nella   materia,
trattandosi per l'appunto di un  quadro  normativo  oggi  ancora  non
compiutamente definito. 
    Ne' vale ad assicurare la sua compatibilita' con la  Costituzione
la natura transitoria della  disposizione,  che  si  evince  dal  non
impugnato comma 16 dello stesso art.  4,  ai  sensi  del  quale,  tra
l'altro, i commi 17 e 18 «trovano applicazione sino al compimento,  a
cura della  Regione,  degli  adempimenti  previsti  dalla  disciplina
statale attuativa della legge [n. 53 del 2021]». Nelle more  di  tale
complesso procedimento, infatti, resta pienamente operante il  quadro
normativo previgente, imperniato sul paragrafo 17 delle  linee  guida
invocato dal ricorrente quale parametro interposto, la cui violazione
da parte  della  disposizione  impugnata  deve  -  per  quanto  sopra
osservato - ritenersi accertata. 
    Resta assorbita ogni ulteriore censura. 
    4.- Sono poi impugnate le disposizioni di cui alle lettere a), d)
e f) del successivo comma 18 del medesimo art.  4  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2021. 
    Il comma 18, mantenendo ferme le esclusioni di cui  al  comma  17
appena  esaminate,  individua  una  serie  di   condizioni   cui   e'
subordinata la realizzazione di  impianti  fotovoltaici  a  terra  di
potenza superiore a 1 MW.  Nelle  parti  impugnate,  la  disposizione
prescrive: 
    - «che la realizzazione dell'impianto  non  comprometta  un  bene
paesaggistico   alterando   negativamente   lo   stato   dell'assetto
scenico-percettivo  e  creando  un  notevole   disturbo   della   sua
leggibilita'» (lettera a); 
    - «che l'impianto sia posto in aree non  visibili  da  strade  di
interesse panoramico, non  comprometta  visuali  panoramiche  o  coni
visuali e profili identitari  tutelati  dal  PPR  o  dagli  strumenti
urbanistici comunali conformati al PPR o in corso di conformazione al
PPR e adottati» (lettera d); 
    -  «che  sia  assicurato   il   contenimento   del   livello   di
compromissione e di degrado  determinato  dalla  dimensione  e  dalla
concentrazione degli impianti fotovoltaici a terra di  cui  al  comma
16, che ai sensi dell'articolo 33 delle NTA del  PPR  qualificano  la
superficie interessata quale area compromessa e degradata, in ragione
della  morfologia  del  territorio,   del   bacino   visuale,   della
prossimita', delle loro dimensioni e della tipologia in  un  medesimo
ambito di paesaggio del PPR» (lettera f). 
    4.1.- Anche in questo caso, il ricorrente lamenta tra l'altro  la
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., osservando in  sostanza
che le prescrizioni impugnate  si  porrebbero  in  contrasto  con  il
descritto procedimento delineato dalle linee guida,  introducendo  di
fatto divieti di installazione di nuovi impianti non  previsti  dalle
medesime, precludendo cosi' la valutazione  puntuale  e  in  concreto
degli interessi in conflitto da parte  dell'autorita'  amministrativa
competente. 
    4.2.- Osserva in proposito la difesa regionale che il  ricorrente
sarebbe caduto in equivoco nel ritenere che anche le disposizioni  di
cui al comma 18, al pari di quelle di cui al  comma  17,  individuino
aree inidonee all'installazione di  impianti  per  la  produzione  di
energia da fonti rinnovabili, e siano per tale ragione  in  contrasto
con le linee guida e la  gia'  richiamata  giurisprudenza  di  questa
Corte. Al contrario, il comma 18 si limiterebbe  a  indicare  criteri
finalizzati  a  orientare  la  discrezionalita'  amministrativa   con
riferimento alle singole richieste di autorizzazione relative ad aree
potenzialmente idonee a ospitare gli impianti di cui trattasi. 
    L'osservazione e' corretta, ma non risolutiva.  Questa  Corte  ha
recentemente affermato che, sulla base del quadro normativo delineato
dalle linee guida, nella materia  del  sostegno  alla  produzione  di
energia derivante da fonti alternative, non  puo'  riconoscersi  alle
regioni il potere di  provvedere  autonomamente,  per  legge,  «"alla
individuazione di criteri per il corretto inserimento  nel  paesaggio
degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa"  (sentenza
n. 168 del 2010; in termini simili anche le sentenze n. 106 del 2020,
n. 298 del 2013 e n. 308 del 2011), ne' a fortiori quello  di  creare
preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento
in concreto da effettuare in sede autorizzativa (sentenze n. 106  del
2020 e n. 286 del 2019)» (sentenza n. 121 del 2022). 
    Invero,  attraverso  le  linee  guida,  adottate  in   Conferenza
unificata in attuazione del principio  di  leale  collaborazione,  lo
Stato e le regioni hanno congiuntamente definito una serie di criteri
funzionali alla individuazione di punti di equilibrio sostenibili fra
un largo spettro di interessi: il rispetto dei «vincoli imposti dalla
normativa dell'Unione europea, cosi' come degli  obblighi  assunti  a
livello internazionale con la legge 1° giugno 2002, n. 120  (Ratifica
ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione  quadro  delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11  dicembre
1997) e con la legge 4 novembre 2016, n. 204 (Ratifica ed  esecuzione
dell'Accordo  di  Parigi  collegato  alla  Convenzione  quadro  delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,  adottato  a  Parigi  il  12
dicembre 2015), nel comune intento "di ridurre le emissioni di gas ad
effetto serra"  (sentenza  n.  275  del  2012;  nello  stesso  senso,
sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del
2012), onde contrastare il  riscaldamento  globale  e  i  cambiamenti
climatici (sentenza n. 77 del 2022)» (sentenza n. 121 del  2022);  la
tutela del paesaggio e del territorio; la  necessita'  di  assicurare
l'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale  ai  soggetti  privati
interessati alla realizzazione degli impianti. 
    Ampio spazio e' inoltre riconosciuto all'autonomia delle  regioni
a  valle  delle  linee  guida.  Esse  sono,   infatti,   chiamate   a
concretizzare tali complessi bilanciamenti  nell'ambito  dei  singoli
territori regionali, attraverso procedimenti amministrativi destinati
a sfociare negli atti di programmazione menzionati dal  paragrafo  17
delle linee guida, nei quali ben possono essere individuate  le  aree
non idonee alla installazione  degli  impianti;  atti  a  loro  volta
destinati  a  orientare  la   discrezionalita'   amministrativa   nei
procedimenti relativi alle  domande  di  autorizzazione  dei  singoli
impianti. 
    Cio' che invece, nel vigore dell'attuale quadro normativo, non e'
consentito alle regioni e' dettare  direttamente  per  legge  criteri
generali per la localizzazione degli impianti  ulteriori  rispetto  a
quelli gia' previsti dalla legislazione statale e dalle stesse  linee
guida: ancor piu' quando tali criteri si risolvano,  in  pratica,  in
divieti assoluti di concedere autorizzazioni in singole porzioni  del
territorio regionale, come accade con riferimento alle previsioni  di
cui alla lettera d). 
    4.3.- Da cio' consegue l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
4, comma 18, lettere a), d) e f), anche in questo caso per violazione
dell'art. 117, comma terzo, Cost., restando  assorbite  le  rimanenti
censure.