ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 53, secondo
comma, della legge 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche  al  sistema
penale),  promosso  dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale ordinario di Piacenza nel procedimento penale a  carico  di
F.M. L., con ordinanza del 24 novembre 2021, iscritta al n.  219  del
registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione di F.M. L.; 
    udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2022  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 19 ottobre 2022. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 24 novembre 2021, il Giudice  per
le indagini  preliminari  del  Tribunale  ordinario  di  Piacenza  ha
sollevato questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  53,
secondo comma, della legge 24 novembre 1981,  n.  689  (Modifiche  al
sistema penale), «nella parte in cui non prevede che, nel determinare
l'ammontare  della  pena  pecuniaria  in  sostituzione   della   pena
detentiva di durata sino a sei mesi, il giudice individui  il  valore
giornaliero al quale puo' essere assoggettato l'imputato [in]  quello
di cui all'art. 459, comma 1-bis,  del  codice  di  procedura  penale
ovvero possa fare applicazione dei meccanismi di adeguamento  di  cui
all'art. 133-bis del codice penale in luogo di quello di cui all'art.
135 cp», denunziandone il contrasto con gli artt. 3, secondo comma, e
27, terzo comma, della Costituzione; 
    che  il  rimettente  e'  investito  dell'opposizione  avverso  un
decreto penale di condanna proposta da F.M. L., imputato del reato di
cui all'art. 437 del codice penale, il quale  ha  concordato  con  il
pubblico  ministero  l'applicazione,  ex  art.  444  del  codice   di
procedura penale, della pena di 65 giorni di  reclusione,  sostituiti
da 4.875 euro di multa, determinata - ai sensi dell'art.  459,  comma
1-bis, cod. proc. pen. - al tasso di 75 euro per ogni giorno di  pena
detentiva; 
    che  il  criterio  di  ragguaglio  tra  pena  detentiva  e   pena
pecuniaria in specie applicabile non sarebbe tuttavia quello indicato
dalle parti processuali, bensi' quello previsto dall'art. 53, secondo
comma, della legge n. 689 del 1981; disposizione che - attraverso  il
richiamo all'art. 135 cod. pen.  -  determina  il  tasso  giornaliero
nella somma minima  di  250  euro,  cosi'  dando  luogo  a  una  pena
pecuniaria sostitutiva pari a 16.250 euro; di qui la rilevanza  delle
questioni, attesa la necessita' di  fare  applicazione  dell'indicato
art.  53,  secondo  comma,  che  pero'  recherebbe   una   disciplina
irrazionale e contraria al principio  di  uguaglianza  sostanziale  e
alla funzione rieducativa della pena; 
    che non sarebbe possibile  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata  della  disposizione  censurata,  volta  a  consentire   la
determinazione della pena sostitutiva mediante un tasso di ragguaglio
inferiore a  250  euro  giornalieri;  cio'  anche  in  ragione  della
modifica del medesimo art. 53, secondo comma,  operata  dall'art.  4,
comma 1, lettera a), della legge 12 giugno 2003, n. 134 (Modifiche al
codice di procedura penale in materia di applicazione della  pena  su
richiesta delle parti); 
    che, per effetto  di  tale  interpolazione,  l'art.  53,  secondo
comma, della legge n. 689 del 1981 richiama soltanto  l'art.  133-ter
cod. pen. - che permette la rateizzazione della pena pecuniaria  -  e
non anche l'art. 133-bis, che consente al  giudice  di  diminuire  la
pena pecuniaria stabilita dalla legge sino ad un terzo quando, per le
condizioni economiche del reo, la misura  minima  sia  eccessivamente
gravosa, sicche' l'eliminazione del rinvio all'art. 133-bis cod. pen.
precluderebbe di ridurre l'ammontare  della  pena  pecuniaria  al  di
sotto del minimo legale; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza delle  questioni,  il
rimettente - richiamati ampi stralci della sentenza n. 15 del 2020 di
questa Corte - osserva che l'attuale sistema normativo contempla  due
diversi criteri di ragguaglio tra pena detentiva e  pena  pecuniaria:
da un lato, quello, piu' favorevole all'imputato, previsto  dall'art.
459, comma 1-bis, cod. proc. pen., che equipara  un  giorno  di  pena
detentiva a una somma compresa tra 75 e 225  euro;  dall'altro  lato,
quello disciplinato dall'art. 53, secondo comma, della legge  n.  689
del 1981, che determina il tasso giornaliero  di  sostituzione  della
pena detentiva in una somma non inferiore a 250 euro; 
    che l'applicazione del criterio di ragguaglio di cui al censurato
art.  53,  secondo   comma,   darebbe   luogo   a   pene   pecuniarie
eccessivamente onerose, con  conseguente  trasformazione  della  pena
sostitutiva in «un privilegio per persone abbienti»; 
    che, a seconda della modalita' di  esercizio  dell'azione  penale
scelta discrezionalmente dal pubblico  ministero,  con  richiesta  di
decreto penale di condanna, oppure con rinvio a giudizio, o,  ancora,
con emissione di decreto di citazione a  giudizio,  si  produrrebbero
«conseguenze   sensibilmente   diverse,   in   maniera   del    tutto
ingiustificata, sotto il profilo sanzionatorio», in «netto  contrasto
con l'art. 3 della Costituzione»; 
    che tale irragionevole disparita'  di  trattamento  non  potrebbe
giustificarsi in ragione della  finalita'  deflattiva  connessa  alla
definizione del procedimento con l'emissione  di  decreto  penale  di
condanna, atteso che il suo  perseguimento  non  potrebbe  «spingersi
fino al punto di comprimere  i  diritti  processuali  delle  parti  e
sacrificare la decisione di accedere ad esempio al rito abbreviato  o
ad un'istanza di applicazione [della pena su richiesta  delle  parti]
per il  solo  fatto  di  non  potere  sostenere  l'esborso  economico
conseguente  alla  conversione»  della   pena   detentiva   in   pena
pecuniaria; 
    che sarebbe altresi'  violato  l'art.  27,  terzo  comma,  Cost.,
poiche' una pena  pecuniaria  eccessivamente  onerosa  rispetto  alle
condizioni economiche del condannato sarebbe percepita  dallo  stesso
come ingiusta (oltre ad essere  in  concreto  ineseguibile),  e  cio'
vanificherebbe la funzione rieducativa; 
    che, a fronte dei denunciati vulnera, il rimettente sollecita  un
intervento di questa Corte  che  dichiari  applicabile  il  tasso  di
ragguaglio previsto dall'art. 459, comma 1-bis, cod. proc.  pen.  per
il procedimento  per  decreto  anche  alla  sostituzione  della  pena
detentiva di breve durata ai sensi dell'art. 53, secondo comma, della
legge n. 689 del 1981; oppure che «consenta al giudice di applicare i
meccanismi di adeguamento di cui all'art. 133-bis del codice penale»; 
    che il Presidente del Consiglio dei ministri non  e'  intervenuto
in giudizio; 
    che  si  e'  costituito  in  giudizio  F.M.  L.,  insistendo  per
l'accoglimento delle  questioni  sollevate  e  anch'egli  richiamando
diffusamente la sentenza n. 15 del 2020 di questa Corte. 
    Considerato che con la sentenza  n.  28  del  2022,  sopravvenuta
all'odierna ordinanza di rimessione, questa Corte ha  dichiarato,  in
senso  conforme   al   petitum   del   rimettente,   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 53, secondo comma, della legge  n.  689  del
1981, nella parte in cui prevede che  «[i]l  valore  giornaliero  non
puo' essere inferiore alla somma indicata dall'art.  135  del  codice
penale e non puo' superare di dieci volte tale  ammontare»,  anziche'
«[i]l valore giornaliero non puo' essere inferiore a 75  euro  e  non
puo' superare di dieci volte la  somma  indicata  dall'art.  135  del
codice penale»; 
    che, peraltro, il testo dell'art. 53 della legge n. 689 del  1981
e' stato ora integralmente sostituito dall'art. 71, comma 1,  lettera
a), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della
legge 27 settembre 2021,  n.  134,  recante  delega  al  Governo  per
l'efficienza del processo penale, nonche'  in  materia  di  giustizia
riparativa e disposizioni per la celere definizione dei  procedimenti
giudiziari), la cui entrata in vigore e' prevista per il 30  dicembre
2022 (come previsto dall'art. 99-bis del  d.lgs.  n.  150  del  2022,
introdotto dall'art. 6 del decreto-legge 31  ottobre  2022,  n.  162,
recante «Misure urgenti in materia  di  divieto  di  concessione  dei
benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che  non
collaborano con la giustizia, nonche' in materia di entrata in vigore
del decreto legislativo 10 ottobre  2022,  n.  150,  di  obblighi  di
vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei  raduni
illegali»); 
    che l'art. 71, comma 1, lettera d), del menzionato d.lgs. n.  150
del 2022 ha altresi' introdotto nella legge n. 689 del 1981 un  nuovo
art. 56-quater, che prevede una ancor piu' favorevole disciplina  del
tasso di ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria sostitutiva; 
    che, pertanto, le  questioni  ora  in  scrutinio  debbono  essere
dichiarate  manifestamente  inammissibili  perche'  ormai  prive   di
oggetto (ex plurimis, ordinanze n. 206, n. 204, n. 172, n. 116  e  n.
102 del 2022, n. 206, n. 192, n. 184 e n. 93 del 2021). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale, vigente ratione temporis.