ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3, 4 e
5 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2021, n.  39,  recante
«Modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed  uso
del territorio), disposizioni in materia urbanistica,  modifica  alla
legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali  di  governo  e
uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021,  n.
25  (Modifiche  alla  legge  regionale  11  febbraio  1999,   n.   11
"Disciplina delle strutture ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della  legge
17 maggio 1983, n. 217 delle attivita'  turistiche  ad  uso  pubblico
gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo  di
lucro" e disposizioni varie) e disposizioni  in  materia  derivazione
acque  sotterranee»,  promosso  dal  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri con ricorso notificato il 1° febbraio  2022,  depositato  in
cancelleria il 3 febbraio 2022, iscritto al n. 9 del registro ricorsi
2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  9,
prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udita nell'udienza  pubblica  del  18  ottobre  2022  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Anna Bucci per  la
Regione Puglia; 
    deliberato nella camera di consiglio del 19 ottobre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al n. 9 del  registro  ricorsi  2022  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   ha   impugnato   alcune
disposizioni, in materia di edilizia e urbanistica, della legge della
Regione Puglia 30 novembre 2021, n. 39, recante «Modifiche alla legge
regionale 31 maggio 1980, n.  56  (Tutela  ed  uso  del  territorio),
disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27
luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del  territorio),
modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n.  25  (Modifiche  alla
legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 "Disciplina  delle  strutture
ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle
attivita' turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione
e delle associazioni senza scopo di lucro" e  disposizioni  varie)  e
disposizioni in materia derivazione acque sotterranee». 
    2.- Con il primo motivo di ricorso, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri censura l'art. 2 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021,
che modifica l'art. 51, primo comma, della legge della stessa Regione
31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del  territorio),  aggiungendovi
le lettere g-bis.), g-ter.) e g-quater.). 
    Il testo della disposizione contestata e' il seguente: 
    «1. Al primo comma dell'articolo  51  della  legge  regionale  31
maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), dopo la lettera g)
sono aggiunte le seguenti: 
    "g-bis.) Nel rispetto delle norme  di  tutela  paesaggistica  del
Piano paesaggistico  territoriale  regionale  (PPTR)  e  al  fine  di
soddisfare le esigenze produttive delle aziende agricole, e'  ammessa
la realizzazione, in zona agricola, di nuovi fabbricati  qualora  gli
stessi siano necessari alla  conduzione  del  fondo  e  all'esercizio
dell'attivita' agricola, ivi comprese le attivita' connesse a  quella
agricola. 
    g-ter.) L'esigenza della  costituzione  di  nuovi  fabbricati  e'
consentita  solo  nel  caso  in  cui  quelli  esistenti  non  abbiano
alternative rispetto al riuso e/o alla trasformazione e va dimostrata
attraverso la presentazione di un piano di sviluppo aziendale e/o  di
riconversione  e/o   di   ammodernamento   dell'attivita'   agricola,
asseverato da tecnico  abilitato  nel  rispetto  della  normativa  di
settore. 
    g-quater.) I nuovi fabbricati vanno realizzati all'interno  o  in
adiacenza ai centri  aziendali,  onde  evitare  la  realizzazione  di
insediamenti isolati, fatta salva l'osservanza di norme di  carattere
paesaggistico ed ambientale nonche' di  carattere  igienico-sanitario
previste per specifici insediamenti zootecnici."». 
    In sintesi, le previsioni introdotte  consentono,  a  determinate
condizioni, di realizzare nuovi fabbricati in zona agricola,  qualora
necessari alla conduzione del fondo  e  all'esercizio  dell'attivita'
agricola. 
    2.1.- Il ricorrente osserva che le nuove lettere g-bis.), g-ter.)
e g-quater.) sono state inserite in una disposizione  -  come  detto,
l'art. 51 della legge reg. Puglia n. 56 del 1980 - la  cui  efficacia
e' limitata «sino all'entrata in vigore dei Piani territoriali», come
si legge nell'incipit del primo comma e come si  desume  anche  dalla
sua rubrica. Con essa  il  legislatore  regionale  avrebbe  stabilito
alcune limitazioni  nelle  more  dell'entrata  in  vigore  dei  piani
territoriali,  con  l'intento  di  salvaguardare  il  territorio   da
trasformazioni incontrollate. 
    L'approvazione  definitiva  nel  2000   del   Piano   urbanistico
territoriale tematico per il paesaggio (PUTT/P), poi  sostituito  nel
2015 dal  Piano  paesaggistico  territoriale  della  Regione  (PPTR),
avrebbe  determinato  la  definitiva  cessazione  dell'efficacia  del
citato art. 51, sicche', aggiungendo al suo primo  comma  le  lettere
g-bis.), g-ter.)  e  g-quater.),  il  legislatore  regionale  avrebbe
utilizzato una disposizione divenuta inefficace come  mero  "veicolo"
per introdurre una nuova disciplina delle aree agricole, al  fine  di
consentirne la trasformazione in deroga al PPTR. 
    Nonostante  il  richiamo  al  «rispetto  delle  norme  di  tutela
paesaggistica del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR)»,
tale disciplina si sovrapporrebbe  in  modo  non  coerente  a  quella
contenuta nelle norme tecniche di attuazione (NTA) del medesimo PPTR,
il cui art. 83, al comma 6, estende a  «tutte  le  zone  territoriali
omogenee a destinazione rurale» le specifiche misure di  salvaguardia
e di utilizzazione previste dallo stesso  art.  83  per  «i  paesaggi
rurali». 
    L'art. 2 impugnato  violerebbe  cosi'  innanzitutto  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, che riserva allo Stato
la  competenza  esclusiva  in  materia  di   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali», contravvenendo all'obbligo  di
co-pianificazione paesaggistica di cui agli artt. 135, 143 e 145  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n.  137),  che  investe  anche  eventuali  modificazioni   al   piano
approvato. Per  le  medesime  ragioni  sarebbe  altresi'  violato  il
principio di leale collaborazione. 
    Intervenendo irragionevolmente su una norma la cui  efficacia  e'
limitata «sino all'entrata in  vigore  dei  Piani  territoriali»,  la
disposizione si porrebbe anche in contrasto con  gli  artt.  3  e  97
Cost. 
    3.- Con il secondo motivo di ricorso e' censurato l'art. 3  della
legge reg. Puglia n. 39 del 2021, il cui testo e' il seguente: 
    «Art. 3 - Interventi in aree individuate dal PPTR. 
    1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del
Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n.  380  (Testo  Unico
delle disposizioni legislative e regolamenti  in  materia  edilizia),
cosi' come  interpretato  con  circolare  del  2  dicembre  2020  dei
Ministeri delle Infrastrutture, Trasporti e Pubblica  Amministrazione
e con parere del  Consiglio  superiore  dei  Lavori  pubblici  dell'8
luglio 2021, sono  consentiti,  previa  deliberazione  del  Consiglio
comunale, gli interventi previsti dagli articoli 3 e  4  della  legge
regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure  straordinarie  e  urgenti  a
sostegno  dell'attivita'  edilizia  e  per  il  miglioramento   della
qualita' del patrimonio edilizio residenziale)  in  aree  individuate
dal Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato  con
deliberazione della Giunta Regionale 16  febbraio  2015,  n.  176  ed
elaborato attraverso co-pianificazione Stato-Regione  unilateralmente
inderogabile, alle condizioni  che  l'intervento  sia  conforme  alle
prescrizioni, indirizzi, misure di  salvaguardia  e  direttive  dello
stesso PPTR e che siano acquisiti nulla  osta,  comunque  denominati,
delle amministrazioni competenti alla tutela paesaggistica». 
    La norma disciplina la facolta' di realizzare in aree individuate
dal  PPTR  gli  interventi  edilizi  straordinari   di   ampliamento,
demolizione e ricostruzione previsti dagli artt. 3 e  4  della  legge
reg. Puglia n. 14 del  2009,  recante  il  cosiddetto  "Piano  casa",
adottato in attuazione dell'intesa tra Stato, regioni ed enti  locali
sottoscritta il 1° aprile 2009. 
    3.1.- Il ricorrente premette che l'art. 3, comma 1,  lettera  d),
del d.P.R.  6  giugno  2001,  n.  380,  recante  «Testo  Unico  delle
disposizioni legislative e regolamenti  in  materia  edilizia  (Testo
A)», come novellato dall'art. 10, comma 1, lettera b), numero 2), del
decreto-legge  16  luglio  2020,  n.  76  (Misure  urgenti   per   la
semplificazione   e   l'innovazione   digitale),   convertito,    con
modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120,  ha  esteso  la
tipologia   degli   interventi   di   demolizione   e   ricostruzione
riconducibili  alla  categoria  della  «ristrutturazione   edilizia»,
comprendendovi anche  interventi  in  precedenza  qualificabili  come
«nuova costruzione» (ai sensi della successiva lettera  e),  tra  cui
«gli interventi di demolizione e ricostruzione di  edifici  esistenti
con   diversi   sagoma,   prospetti,   sedime    e    caratteristiche
planivolumetriche e tipologiche, con le  innovazioni  necessarie  per
l'adeguamento alla normativa antisismica,  per  l'applicazione  della
normativa  sull'accessibilita',  per   l'istallazione   di   impianti
tecnologici e per l'efficientamento energetico», nonche',  «nei  soli
casi  espressamente  previsti  dalla  legislazione  vigente  o  dagli
strumenti urbanistici comunali, [con] incrementi di volumetria  anche
per promuovere interventi di rigenerazione urbana». 
    La novella del 2020 avrebbe peraltro escluso  da  tale  regime  i
descritti  interventi  edilizi  se  realizzati  «con  riferimento   a
immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e
del paesaggio», prevedendo nella stessa lettera d) dell'art. 3, comma
1, t.u. edilizia una specifica clausola di salvaguardia. In  base  ad
essa  rimane  fermo  che,  con  riferimento  a  tali  immobili,  «gli
interventi  di  demolizione  e  ricostruzione  e  gli  interventi  di
ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di
ristrutturazione  edilizia  soltanto  ove  siano  mantenuti   sagoma,
prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche  e  tipologiche
dell'edificio  preesistente  e  non  siano  previsti  incrementi   di
volumetria». 
    3.1.1.- Il ricorrente riferisce che sul significato da attribuire
all'espressione «con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai
sensi del codice dei beni culturali e del  paesaggio»,  contenuta  al
citato art. 3, comma 1, lettera d), ultimo periodo, t.u. edilizia, e'
stato posto un quesito  interpretativo  al  Ministero  della  cultura
(MIC), anche a seguito di una serie di circolari e  pareri  «non  del
tutto allineati tra loro» espressi «da diversi organi  del  Consiglio
superiore dei lavori  pubblici».  Tra  essi  segnala  (oltre  a  note
difformi delle Regioni Liguria e  Emilia-Romagna)  la  circolare  del
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e  del  Ministro  della
pubblica  amministrazione  del  2  dicembre  2020  e  il  parere  del
Consiglio  superiore  dei  lavori  pubblici   dell'8   luglio   2021,
richiamati nell'impugnato art. 3 della legge reg. Puglia  n.  39  del
2021. 
    Nel citato parere il  Consiglio  superiore  dei  lavori  pubblici
dell'8 luglio 2021 aveva ritenuto che su  «immobili  il  cui  vincolo
risiede  nell'essere  inseriti   in   aree   sottoposte   a   vincolo
paesaggistico (Parte III del Codice) - sebbene privi di  riconosciuto
valore  storico,  artistico,  o  architettonico  intrinseco  -   [e']
consentito intervenire anche attraverso demolizione  e  ricostruzione
classificabili   nella   "ristrutturazione   edilizia",   che   nella
definizione  del  D.P.R.  380/2001  comprende  anche  modifiche  alla
sagoma, al sedime,  ai  prospetti  ed  al  volume  preesistente».  Il
ricorrente sottolinea come tale parere - contraddetto da  quello,  di
poco successivo, espresso dal medesimo Consiglio superiore dei lavori
pubblici il 15 luglio 2021 - e' stato disatteso dal MIC, che  con  la
nota interpretativa del 21 settembre 2021 ha concluso nel  senso  che
«tutti gli immobili ricadenti nelle aree paesaggisticamente  tutelate
sono [...]  immobili  tutelati,  e  per  essi  e'  sempre  necessaria
l'autorizzazione  paesaggistica  nel   caso   di   realizzazione   di
interventi  anche  di  lieve  entita'»,  e  che  gli  interventi   di
demolizione e ricostruzione su  di  essi  «potranno,  quindi,  essere
qualificati come mera "ristrutturazione  edilizia"  invece  che  come
"nuova costruzione" soltanto ove siano mantenuti  sagoma,  prospetti,
sedime   e   caratteristiche    planivolumetriche    e    tipologiche
dell'edificio  preesistente  e  non  siano  previsti  incrementi   di
volumetria». 
    Secondo tale interpretazione, sarebbe  pertanto  irrilevante,  ai
fini dell'applicazione della clausola di  salvaguardia  dell'art.  3,
comma 1, lettera d), ultimo periodo, t.u. edilizia, che «il regime di
tutela  sia  stato  specificamente  imposto  con   un   provvedimento
amministrativo  o  per  legge  e  che  il   medesimo   regime   trovi
applicazione esclusivamente in relazione ad edifici aventi  caratteri
intrinseci di pregio architettonico oppure ad edifici,  ricadenti  in
ambiti tutelati, che potrebbero apparire privi di pregio». 
    3.1.1.1.- Alla luce del descritto quadro normativo, il Presidente
del Consiglio dei ministri lamenta che  il  legislatore  regionale  -
richiamando nella disposizione impugnata la soluzione  interpretativa
esposta nel citato parere del Consiglio dei  lavori  pubblici  dell'8
luglio 2021, non coerente  con  gli  ordinari  canoni  ermeneutici  e
comunque difforme rispetto  alla  norma  statale  -  ha  ampliato  la
categoria degli  interventi  di  ristrutturazione  edilizia  prevista
dall'art. 3, comma 1, lettera d), t.u. edilizia, includendovi  quelli
di demolizione e ricostruzione in aree  vincolate  con  modifiche  di
sagoma, sedime, prospetti e aumenti  di  volume,  che  si  dovrebbero
invece considerare come interventi di «nuova costruzione»,  ai  sensi
della lettera e) dello stesso art. 3, comma 1. 
    Scopo della norma regionale sarebbe di attrarre  tali  interventi
modificativi - diversamente da quanto stabilisce la legge  statale  -
nelle ristrutturazioni edilizie, cosi' da non incorrere  nel  divieto
di nuove costruzioni previsto dagli artt. 45, 62, 63,  64,  65  e  66
delle NTA del PPTR  in  diverse  aree  vincolate,  come  i  territori
costieri e quelli contermini ai laghi, i boschi e le relative aree di
rispetto, le aree umide,  i  prati  e  pascoli  naturali  nonche'  le
formazioni arbustive. 
    L'art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 violerebbe  cosi'
l'art. 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., per  contrasto
con l'art. 3, comma 1, lettera d),  t.u.  edilizia,  espressione  sia
della  competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema  e  dei  beni  culturali»,  in  quanto
diretta a tutelare il paesaggio, sia di un principio fondamentale  in
materia di «governo del territorio», quale e'  la  definizione  delle
categorie di interventi edilizi. 
    Sarebbero  inoltre  violati  gli  artt.  3  e   97   Cost.,   per
irragionevolezza del richiamo a un parere del Consiglio superiore dei
lavori pubblici in seguito «smentito» dallo stesso organo con la  (di
poco successiva) nota del 15 luglio 2021. 
    3.1.2.- In secondo luogo, l'art. 3  impugnato  riprodurrebbe,  in
sostanza, la norma contenuta nell'art. 6,  comma  2,  lettera  c-bis,
della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, abrogato a opera dell'art. 1,
comma 1, della legge della  Regione  Puglia  24  marzo  2021,  n.  3,
recante «Modifica all'articolo 6  della  legge  regionale  30  luglio
2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita'
edilizia  e  per  il  miglioramento  della  qualita'  del  patrimonio
edilizio  residenziale)  e  disposizioni  in  materia  di   prezzario
regionale delle opere pubbliche», a seguito  di  un  impegno  assunto
dalla Regione  dopo  un'interlocuzione  con  il  Governo,  risultando
«pleonastica»  la  clausola  della   necessaria   conformita'   degli
interventi straordinari previsti dal  "Piano  casa"  a  prescrizioni,
indirizzi, misure di salvaguardia e  direttive  del  PPTR,  a  fronte
dello scopo perseguito, di consentire nuove costruzioni nonostante  i
divieti dello stesso PPTR. 
    In conclusione, ne  risulterebbero  violati  ancora  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., per contrasto con  gli  artt.  135,
143  e  145  cod.  beni  culturali,   e   il   principio   di   leale
collaborazione, nonche' l'art. 9 Cost.,  in  quanto  la  disposizione
impugnata abbasserebbe i livelli di tutela del paesaggio, e di  nuovo
gli artt. 3 e  97  Cost.,  per  l'irragionevolezza  della  scelta  di
consentire interventi in deroga alle previsioni del PPTR, imponendone
al contempo il rispetto. 
    4.- Con il terzo motivo di ricorso, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri censura l'art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021,
il cui testo e' il seguente: 
    «Art. 4 - Ampliamento delle attivita' produttive. 
    1. L'ampliamento delle attivita' produttive di cui all'articolo 8
del decreto del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2010,  n.
160  (Regolamento  per  la  semplificazione  e  il   riordino   della
disciplina sullo sportello unico  per  le  attivita'  produttive,  ai
sensi dell'articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 112  del  2008,
convertito con modificazioni, dalla legge n. 133  del  2008)  e  alla
deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n.  2332,  non
e' soggetto a limitazioni di superficie coperta e di volume. 
    2.  Gli  ampliamenti  fino  al  20  per  cento  delle   attivita'
produttive di cui al comma 1, non costituiscono variante  urbanistica
e sono rilasciati secondo le  disposizioni  di  cui  all'articolo  3,
lettera e) e all'articolo 20, del d.p.r. 380/2001». 
    4.1.- Il comma  1  della  disposizione  impugnata  rinvia  dunque
all'art. 8 del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160  (Regolamento  per  la
semplificazione e il riordino della disciplina sullo sportello  unico
per le attivita' produttive, ai sensi dell'articolo 38, comma 3,  del
decreto-legge n. 112 del 2008, convertito  con  modificazioni,  dalla
legge  6  agosto  2008.  n.  133),  che  disciplina   i   «[r]accordi
procedimentali»  con  gli  strumenti  urbanistici  dei  progetti   di
insediamento di attivita' produttive, subordinando all'esito  di  una
conferenza di servizi, convocata  dal  responsabile  dello  Sportello
unico  per  le  attivita'  produttive  (SUAP),  la  variazione  dello
strumento urbanistico comunale, qualora esso «non individu[i] aree» o
«individu[i]  aree  insufficienti»  per   l'insediamento   di   dette
attivita'. L'attuazione nella Regione della  citata  normativa  sullo
sportello unico per le attivita' produttive e' stata operata  con  la
deliberazione della Giunta regionale dell'11 dicembre 2018,  n.  2332
(Atto di indirizzo e coordinamento per l'applicazione dell'art. 8 del
D.P.R. n. 160/2010 "Regolamento per la semplificazione ed il riordino
della disciplina sullo sportello unico per le attivita'  produttive".
Modifiche e integrazioni alla d.G.R.  22  novembre  2011,  n.  2581),
anch'essa richiamata nel comma 1 dell'art. 4 impugnato. 
    Consentendo  l'ampliamento  delle  attivita'   produttive   senza
limitazioni di superficie coperta e di  volume,  sulla  base  di  una
procedura semplificata per conferenza di servizi, la disposizione  in
esame si porrebbe innanzitutto in contrasto  con  l'art.  117,  terzo
comma, Cost. Essa violerebbe i principi fondamentali  in  materia  di
«governo del territorio»  contenuti  nel  decreto  del  Ministro  dei
lavori pubblici 2  aprile  1968,  n.  1444  (Limiti  inderogabili  di
densita' edilizia,  di  altezza,  di  distanza  fra  i  fabbricati  e
rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e
produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivita' collettive, al
verde pubblico o a parcheggi da osservare ai  fini  della  formazione
dei  nuovi  strumenti  urbanistici  o  della  revisione   di   quelli
esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.  765),
che fissa non solo i rapporti massimi tra gli  spazi  destinati  agli
insediamenti  residenziali  e  produttivi  e  gli  spazi  pubblici  o
riservati alle attivita' collettive, a verde pubblico o a  parcheggio
(artt. 3 e 5), ma anche i limiti inderogabili  di  densita'  edilizia
(art. 7), di altezza  degli  edifici  (art.  8)  e  di  distanza  dei
fabbricati (art. 9) da osservare per  le  diverse  zone  territoriali
omogenee. 
    4.2.- Il comma 2 dello stesso art. 4 in  esame  prevede  poi  che
«gli ampliamenti fino al 20 per cento delle attivita'  produttive  di
cui  al  comma  1»  non  siano  assoggettati   al   procedimento   di
approvazione  delle  varianti  urbanistiche  e   siano   «rilasciati»
applicando le norme sul «[p]rocedimento per il rilascio del  permesso
di costruire», disciplinato dall'art. 20 t.u. edilizia, alla  stregua
degli «interventi di nuova costruzione», come definiti  dall'art.  3,
comma 1, lettera e), dello stesso testo unico. 
    Sarebbe violato l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  in
relazione all'art. 145, comma 5,  cod.  beni  culturali,  in  quanto,
prevedendo procedure semplificate per l'approvazione delle  varianti,
o  escludendo  determinate  modificazioni   dalla   categoria   delle
varianti, sottrarrebbe gli  ampliamenti  delle  attivita'  produttive
alla procedura disciplinata dall'art.  97  delle  NTA  del  PPTR,  di
adeguamento degli strumenti urbanistici e delle  loro  varianti  alla
pianificazione paesaggistica, che richiede la partecipazione del MIC. 
    5.- Con il quarto motivo di ricorso e' censurato l'art.  5  della
legge reg. Puglia n. 39 del 2021, che integra l'art. 12  della  legge
della Regione Puglia 7 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di  governo
e uso del territorio), aggiungendo al suo comma 3,  dopo  la  lettera
e-bis.), la lettera e-ter.), che prevede un  «incremento  dell'indice
di fabbricabilita' fondiaria fino a 0,1 mc/mq, per gli interventi  di
cui all'articolo 51 della L.R. n. 56/1980». 
    Il citato comma 3 dell'art. 12 disciplina le ipotesi in cui «[l]a
deliberazione motivata del Consiglio comunale che apporta  variazioni
agli strumenti  urbanistici  generali  vigenti  non  e'  soggetta  ad
approvazione regionale di cui alla legge regionale 31 maggio 1980, n.
56 (Tutela ed uso del territorio), o  a  verifica  di  compatibilita'
regionale, provinciale, metropolitana di cui alla presente legge». 
    La nuova lettera e-ter.) riguarda espressamente gli  «interventi»
previsti dall'art. 51 della legge reg. Puglia n. 56 del  1980,  norma
incisa dall'art. 2 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021,  impugnato
con il primo motivo di ricorso. 
    5.1.-  Secondo  il  ricorrente,  la  disposizione,  per  la   sua
genericita', si potrebbe riferire a interventi da  realizzare,  oltre
che nelle zone agricole secondo quanto previsto  alle  nuove  lettere
g-bis.),  g-ter.)  e  g-quater.)  del  primo   comma   dell'art.   51
(introdotte, come visto, per consentire  nuovi  fabbricati  necessari
all'esercizio dell'attivita' agricola), anche nelle aree  boschive  e
nelle fasce di rispetto dalle acque,  dove  l'edificazione  e'  stata
dapprima vietata o consentita in modo limitato dallo stesso art.  51,
e successivamente sottoposta dal PPTR  a  specifiche  prescrizioni  e
condizioni. 
    L'incremento dell'indice di fabbricabilita' fondiaria (fino a 0,1
mc/mq) comporterebbe, per  un  verso,  una  deroga  unilaterale  alla
disciplina del PPTR, necessariamente da  condividere  con  lo  Stato,
come prescritto dagli artt. 135, 143 e 145  cod.  beni  culturali,  e
violerebbe pertanto l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Per  altro   verso,   lo   stesso   incremento   «indiscriminato»
dell'indice di fabbricabilita' delle zone omogenee di tipo E  (ovvero
le zone agricole) contrasterebbe con i parametri di densita' edilizia
di cui al d.m. n. 1444  del  1968,  e  in  particolare  con  l'indice
massimo e inderogabile di 0,03 mc/mq fissato per tali  zone,  ove  ne
sia consentita l'edificazione. Sarebbe  cosi'  violato  il  principio
fondamentale  di  «governo   del   territorio»   contenuto   all'art.
41-quinquies, ottavo comma, della  legge  17  agosto  1942,  n.  1150
(Legge urbanistica), e dunque dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    6.- Con atto depositato il 9  marzo  2022  si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Puglia, che ha concluso per l'inammissibilita'  e
comunque per la non fondatezza delle questioni. 
    6.1.- Quanto all'art. 2 della legge reg. Puglia n. 39  del  2021,
la  Regione  ha  eccepito  preliminarmente  l'inammissibilita'  delle
questioni per difetto di specifica  motivazione  e  inconferenza  dei
parametri invocati. Non sarebbero indicati i termini concreti in  cui
la disposizione impugnata avrebbe violato i parametri  costituzionali
invocati ne' le norme richiamate a parametro interposto, ne'  sarebbe
chiarito in cosa consiste il vulnus arrecato alle aree a destinazione
agricola e ai paesaggi rurali. 
    6.1.1.- Nel merito, le  questioni  sarebbero  in  ogni  caso  non
fondate dal momento che il ricorrente partirebbe «da un equivoco e da
un errore di prospettiva». 
    L'art.   2   conterrebbe   disposizioni   di   esclusiva   natura
urbanistica, operanti su un piano diverso  dalle  NTA  del  PPTR,  in
quanto destinate a integrare solo  la  disciplina  urbanistica  degli
strumenti comunali, «li' dove carente  se  non  proprio  assente  con
riferimento alle zone  agricole».  Molti  comuni  pugliesi  sarebbero
ancora dotati di strumenti urbanistici «di vecchia generazione (Piani
Regolatori Generali o, addirittura, Programmi di Fabbricazione),  non
[...] adeguati alla nuova normativa urbanistica» succeduta alla legge
reg. Puglia n. 56 del  1980  e  recanti  una  disciplina  delle  zone
agricole «assai scarsa e lacunosa». Per essi, l'art. 51  della  legge
reg. Puglia n. 56 del 1980 conserverebbe tuttora efficacia. 
    Lungi   dal   rappresentare    un    "veicolo"    per    inserire
nell'ordinamento una disciplina non  coerente  con  quella  contenuta
nelle  NTA  del  PPTR,  l'art.  2  impugnato   introdurrebbe   alcuni
presupposti per l'edificazione di nuovi fabbricati in zona  agricola,
senza derogare alle norme di tutela paesaggistica del  PPTR,  il  cui
rispetto e' espressamente richiamato per  ben  due  volte  nel  testo
della disposizione. 
    6.2.- Quanto all'art. 3 della legge reg. Puglia n. 39  del  2021,
la Regione ripropone in via  preliminare  la  medesima  eccezione  di
inammissibilita' per genericita' delle censure. 
    6.2.1.- Nel merito, la disposizione impugnata non avrebbe di mira
l'ampliamento  della  categoria  delle  demolizioni  e  ricostruzioni
consentite in aree vincolate. 
    Nel   rispetto   della   competenza   statale   in   materia   di
qualificazione degli interventi edilizi, il legislatore regionale  si
sarebbe limitato a operare un rinvio di tipo "dinamico"  all'art.  3,
comma 1, lettera d), t.u.  edilizia  e  alle  circolari  ministeriali
interpretative, senza distinguere  tra  edifici  oggetto  di  vincoli
specifici e edifici situati in  ambiti  vincolati,  dovendo  entrambi
essere considerati immobili vincolati e sottoposti a tutela. 
    L'espressa previsione dell'obbligo di rendere gli interventi  del
"Piano  casa"  conformi  «alle  prescrizioni,  indirizzi,  misure  di
salvaguardia e direttive dello stesso PPTR» e di acquisire  i  «nulla
osta, comunque  denominati,  delle  amministrazioni  competenti  alla
tutela paesaggistica», manterrebbe l'ambito di applicazione dell'art.
3  entro  i  limiti  del  rispetto  della   normativa   paesaggistica
sovraordinata. 
    Sarebbe significativo in particolare il riferimento  operato  dal
ricorrente all'art. 6, comma 2,  lettera  c-bis),  della  legge  reg.
Puglia  n.  14  del  2009  e  alla  sua  abrogazione,  in  quanto  la
differenza, nelle rispettive clausole di richiamo  al  PPTR,  tra  il
citato  art.  6,  comma  2,  lettera  c-bis)  e  l'art.  3  impugnato
escluderebbe che quest'ultimo abbia reintrodotto una norma analoga  a
quella contenuta nel primo. 
    Non sarebbero violate, pertanto, ne' «le normative di principio»,
ne' l'art. 9 Cost. e neppure  gli  artt.  3  e  97  Cost.  Parametro,
quest'ultimo, inconferente in un'ipotesi di esercizio della  funzione
legislativa e non di un'attivita' amministrativa. 
    6.3.- Anche sull'impugnazione dell'art. 4 della legge reg. Puglia
n. 39 del 2021,  la  Regione  reitera  in  via  preliminare  la  gia'
indicata eccezione di inammissibilita'. 
    6.3.1.- Nel merito, la non fondatezza delle questioni deriverebbe
ancora una volta «da un errore di prospettiva e  da  un  equivoco  di
fondo». Il legislatore regionale non  avrebbe  inteso  derogare  alle
prescrizioni del d.m. n. 1444  del  1968,  giacche'  la  disposizione
regola un procedimento derogatorio e speciale, com'e' quello previsto
dall'art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010. 
    Nemmeno avrebbe inteso sottrarre gli insediamenti in esame a ogni
valutazione urbanistica, ambientale e paesaggistica. La norma avrebbe
il  solo  scopo  di  chiarire  che  per  «ampliamento  dell'attivita'
produttiva» si deve intendere ogni incremento percentuale di volumi e
di superfici coperte. Proprio al fine di scongiurare  il  rischio  di
letture equivoche, la Regione avrebbe adottato un nuovo  testo  della
disposizione approvando l'art. 10, comma 1, della legge della Regione
Puglia 4 marzo 2022, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale  6
agosto 2021, n. 29 (Disciplina dell'enoturismo), modifiche alla legge
regionale 20 dicembre 2017, n. 59  (Norme  per  la  protezione  della
fauna selvatica omeoterma, per la tutela e  la  programmazione  delle
risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio) e modifica
alla legge regionale 30 novembre 2021, n. 39  (Modifiche  alla  legge
regionale 31 maggio 1980, n.  56  (Tutela  ed  uso  del  territorio),
disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27
luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del  territorio),
modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n.  25  (Modifiche  alla
legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 - Disciplina delle  strutture
ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle
attivita' turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione
e delle associazioni senza scopo di lucro" e  disposizioni  varie)  e
disposizioni in materia di derivazione acque sotterranee». 
    6.3.1.1.- Quanto al comma 2 dell'art. 4, per la difesa  regionale
gli ampliamenti sino al  venti  per  cento,  ove  incidenti  su  aree
sottoposte a vincolo, non sarebbero sottratti al vaglio degli  organi
ministeriali preposti  alla  tutela,  da  effettuare  necessariamente
nell'ambito  del  procedimento  di  rilascio  del   titolo   edilizio
abilitativo. 
    6.4.- Quanto all'art. 5 della legge reg. Puglia n. 39  del  2021,
e' nuovamente eccepita l'inammissibilita' delle questioni, per motivi
analoghi a quelli gia' dedotti. 
    6.4.1.- Nel merito, la Regione osserva preliminarmente che l'art.
54, comma 1, lettera s), della legge della Regione Puglia 30 dicembre
2021,  n.  51  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio   di
previsione 2022 e bilancio pluriennale 2022-2024 della Regione Puglia
- Legge di stabilita' regionale 2022) ha integralmente sostituito  la
lettera e-ter.) dell'art. 12, comma 3, della legge reg. Puglia n.  20
del 2001, inserita dalla disposizione  impugnata,  con  la  seguente:
«e-ter) incremento dell'indice di fabbricabilita' fondiaria fino  0,1
mc/mq per la realizzazione, in zona  agricola,  di  nuovi  fabbricati
qualora gli stessi siano strumentali  alla  conduzione  del  fondo  o
all'esercizio dell'attivita' agricola  e  delle  attivita'  a  questa
connesse». 
    La nuova norma avrebbe delimitato l'ambito di applicazione  della
precedente, superando quindi i  dubbi  di  equivocita'  e  incertezza
paventati dal ricorrente. 
    Con riguardo alla lamentata violazione dei limiti inderogabili di
cui all'art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge urbanistica e al
d.m. n. 1444 del 1968, secondo la Regione il previsto incremento  non
sarebbe applicabile agli edifici residenziali in zona agricola, per i
quali l'art. 7, numero 4), del citato decreto ministeriale prevede la
massima densita' fondiaria di mc 0,03 mc/mq, ma  esclusivamente  agli
edifici strumentali alla conduzione del fondo e  all'esercizio  delle
attivita' agricole e connesse. 
    Per  altro  verso,  l'art.  5  in  esame  non  introdurrebbe   un
generalizzato  incremento  dell'indice   fondiario,   ma   una   mera
semplificazione procedimentale,  diretta  a  ricondurre  le  relative
varianti  urbanistiche  alla  competenza  comunale,  esentandole  dal
controllo  di  compatibilita'  regionale  e  provinciale.  Resterebbe
nondimeno   ferma   l'applicazione   della   normativa   di    tutela
paesaggistica. 
    7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato  il  6
settembre 2022 una memoria, in cui ha  replicato  alle  difese  della
Regione e insistito per l'accoglimento delle  questioni,  respingendo
innanzitutto  le   eccezioni   di   inammissibilita'   sollevate   in
riferimento a tutti i motivi di ricorso, sostenendo  che  sono  stati
compiutamente evidenziati i termini delle  prospettate  questioni  di
legittimita' costituzionale. 
    7.1.- Nel merito dell'impugnazione dell'art. 2, le considerazioni
sulla parziale attuazione degli strumenti comunali di  pianificazione
urbanistica   sarebbero   irrilevanti,   non   provate   e   comunque
contraddette dall'evidente cessazione di efficacia dell'art. 51 della
legge reg. Puglia n. 56 del 1980,  come  modificato  dall'art.  2  in
esame, a  seguito  dell'entrata  in  vigore  del  PUTT/P,  nel  2000,
sostituito dal PPTR nel 2015. 
    Sarebbe in ogni caso lesa la competenza legislativa  dello  Stato
nella materia «governo del territorio», di cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. Il citato art. 2 contrasterebbe, infatti, con i principi
fondamentali espressi dall'art. 9 t.u. edilizia,  che  disciplina  la
«[a]ttivita' edilizia  in  assenza  di  pianificazione  urbanistica»,
individuando gli  interventi  consentiti  nei  comuni  sprovvisti  di
strumenti edilizi (al comma 1) e nelle aree in cui  non  siano  stati
approvati gli strumenti  urbanistici  attuativi  previsti  da  quelli
generali come presupposto per l'edificazione (al comma 2). 
    7.2.- Quanto all'art. 3,  la  sua  illegittimita'  costituzionale
deriverebbe dall'avere fornito  un'errata  interpretazione  riduttiva
(superata da altri pareri e circolari ministeriali) della clausola di
salvaguardia di cui all'art. 3, comma 1, lettera d),  t.u.  edilizia,
in  violazione  della  competenza  legislativa  statale  in  materia,
peraltro pacificamente riconosciuta dalla stessa Regione. 
    7.3.-  Quanto  all'art.  4,   l'affermazione   secondo   cui   il
legislatore  regionale  non  avrebbe  inteso  derogare   all'invocata
disciplina statale sarebbe apodittica. Inoltre, la modifica normativa
operata dall'art. 10, comma 1, della legge reg. Puglia n. 3 del 2022,
non sarebbe idonea a superare il  rilevato  vulnus  costituzionale  e
presenterebbe  a  sua  volta  ulteriori  profili  di   illegittimita'
costituzionale, dedotti con il distinto ricorso  iscritto  al  n.  30
reg. ric. 2022. 
    7.4.- Quanto all'art. 5, la difesa erariale ribadisce le  ragioni
di impugnazione gia' esposte. 
    8.- Nel giudizio e' stata depositata il 22 marzo 2022 un'opinione
scritta di Italia Nostra Onlus,  quale  amicus  curiae,  ammessa  dal
Presidente della Corte con decreto  del  6  luglio  2022.  L'opinione
aderisce alla posizione del ricorrente, di cui ripropone in  sostanza
le ragioni, richiamando diffusamente la giurisprudenza costituzionale
in materia. 
    9.-  Anche  la  Regione  Puglia  ha  depositato  una  memoria  in
prossimita'  dell'udienza,  in  cui  ha  insistito  nelle  rassegnate
conclusioni. 
    9.1.- Sull'art. 2, la Regione osserva che l'incipit dell'art.  51
della legge reg.  Puglia  n.  56  del  1980,  come  modificato  dalla
disposizione impugnata, andrebbe interpretato semplicemente nel senso
che le limitazioni insediative in esso previste  non  sarebbero  piu'
applicabili  una  volta  entrate  in  vigore  le  norme   regolatrici
prevalenti contenute nei predetti piani. Le lettere g-bis.),  g-ter.)
e g-quater.), aggiunte dall'art.  2,  non  introdurrebbero  norme  di
natura transitoria, «bensi' duratura e  indeterminata»,  e  sarebbero
«dotat[e] di autonoma rilevanza, validita'  ed  efficacia»,  pur  nel
rispetto della disciplina paesaggistica. 
    La censura sostenuta dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri
nella memoria illustrativa, in riferimento all'art. 117, terzo comma,
Cost., sarebbe inammissibile, costituendo un  tentativo  di  ampliare
illegittimamente il thema decidendum, con il richiamo fra l'altro  di
una norma interposta (l'art. 9  t.u.  edilizia)  non  indicata  nella
delibera di autorizzazione all'impugnazione. 
    9.2.- Sull'art. 3, la Regione cita la recente sentenza di  questa
Corte  n.  192  del  2022,   che   ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg.
Puglia n. 14 del 2009, nel testo in  vigore  anteriormente  alla  sua
abrogazione, «nella parte in  cui  non  prevede  che  gli  interventi
edilizi disciplinati dalla  stessa  legge  regionale  debbano  essere
realizzati anche  nel  rispetto  delle  specifiche  prescrizioni  del
PPTR». Dalla pronuncia si desumerebbe  che,  se  la  legge  regionale
prevede invece il rispetto delle prescrizioni del PPTR, come  e'  nel
caso in esame, non vi sarebbe vulnus ne' ai  principi  costituzionali
di co-pianificazione e di leale collaborazione, ne´ alle altre  norme
costituzionali invocate dal ricorrente. 
    9.3.- Sugli artt. 4 e 5  sono  richiamate  le  difese  svolte  in
precedenza. 
    9.4.-  Quanto  all'opinione  scritta  dell'amicus  curiae,  nella
menzionata memoria illustrativa, la Regione  Puglia  osserva  che  il
ricorrente avrebbe censurato le disposizioni della legge reg.  Puglia
n. 39 del 2021 non perche', come si sostiene  nell'opinione  scritta,
esse consentono di realizzare in zona agricola  fabbricati  necessari
alla conduzione del fondo e  all'esercizio  dell'attivita'  agricola,
bensi'  perche'  favorirebbero  il  proliferare  degli   insediamenti
abitativi. Di conseguenza, le relative deduzioni  dell'amicus  curiae
dovrebbero essere «stralciate dagli atti di  causa»  e  comunque  non
utilizzate al fine del decidere. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  con  il  ricorso
indicato in epigrafe, ha impugnato alcune disposizioni in materia  di
edilizia e urbanistica della legge reg. Puglia n. 39 del 2021. 
    1.1.- Con il primo motivo di ricorso e' censurato l'art. 2  della
legge regionale impugnata, che modifica l'art. 51, primo comma, della
legge reg. Puglia n. 56 del 1980, aggiungendovi le  lettere  g-bis.),
g-ter.) e g-quater.). 
    Le  previsioni  cosi'  introdotte   consentono,   a   determinate
condizioni, di realizzare nuovi fabbricati in zona agricola,  qualora
siano  necessari  alla   conduzione   del   fondo   e   all'esercizio
dell'attivita' agricola. 
    1.1.1.- Secondo il ricorrente, l'art. 51 della legge reg.  Puglia
n. 56 del 1980 avrebbe una funzione di  salvaguardia  del  territorio
«sino all'entrata in vigore dei Piani territoriali»  (come  si  legge
nell'incipit del primo comma),  al  fine  di  evitare  trasformazioni
incontrollate in attesa della pianificazione. L'approvazione nel 2000
del  Piano  urbanistico  territoriale  tematico  per   il   paesaggio
(PUTT/P),  poi  sostituito   nel   2015   dal   Piano   paesaggistico
territoriale   (PPTR),   avrebbe   fatto   cessare    definitivamente
l'efficacia dello stesso art. 51. Aggiungendo ora al suo primo  comma
le lettere g-bis.), g-ter.) e g-quater.),  il  legislatore  regionale
avrebbe utilizzato una disposizione  divenuta  inefficace  come  mero
"veicolo" per introdurre una nuova disciplina delle aree agricole, al
fine di consentirne la trasformazione in deroga al PPTR. 
    Nonostante  il  richiamo  al  «rispetto  delle  norme  di  tutela
paesaggistica» del PPTR, tale disciplina si  sovrapporrebbe  in  modo
non coerente a quella contenuta nelle norme  tecniche  di  attuazione
(NTA) dello stesso PPTR - in particolare nell'art. 83, al comma 6  -,
che estendono a «tutte le zone territoriali omogenee  a  destinazione
rurale» le specifiche  misure  di  salvaguardia  e  di  utilizzazione
previste dallo stesso art. 83 per «i paesaggi rurali». 
    L'art. 2 impugnato  violerebbe  cosi'  innanzitutto  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  che  riserva  allo  Stato   la
competenza  legislativa  in   materia   di   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali», contravvenendo all'obbligo  di
copianificazione paesaggistica di cui agli artt. 135, 143 e 145  cod.
beni culturali, che investe anche eventuali  modificazioni  al  piano
approvato. Per  le  medesime  ragioni  sarebbe  altresi'  violato  il
principio di leale collaborazione. 
    Intervenendo irragionevolmente su una norma la cui  efficacia  e'
limitata «sino all'entrata in  vigore  dei  Piani  territoriali»,  la
disposizione si porrebbe anche in contrasto con  gli  artt.  3  e  97
Cost. 
    Nella  memoria  depositata   in   prossimita'   dell'udienza   il
ricorrente sostiene inoltre che  sarebbe  lesa  anche  la  competenza
concorrente dello Stato nella materia «governo  del  territorio»,  di
cui all'art. 117, terzo comma, Cost. Il citato art. 2  contrasterebbe
infatti  con  i  principi  fondamentali  espressi  dall'art.  9  t.u.
edilizia, che disciplina  la  «[a]ttivita'  edilizia  in  assenza  di
pianificazione urbanistica», individuando gli  interventi  consentiti
nei comuni sprovvisti di strumenti edilizi (al comma 1) e nelle  aree
in cui non siano stati approvati gli strumenti urbanistici  attuativi
previsti da quelli generali come presupposto per  l'edificazione  (al
comma 2). 
    1.2.-  La  Regione  Puglia  ha  eccepito   in   via   preliminare
l'inammissibilita' delle questioni per  difetto  di  motivazione,  in
quanto non sarebbero indicati  i  termini  concreti  della  lamentata
violazione  dei  parametri  costituzionali  invocati  ne'  le   norme
richiamate a parametro  interposto,  ne'  sarebbe  chiarito  in  cosa
consiste il vulnus arrecato alle aree a destinazione  agricola  e  ai
paesaggi rurali. 
    1.2.1.-  L'eccezione  non  e'  fondata  per  quanto  riguarda   i
parametri diversi dall'art. 97 Cost. 
    In  linea  con  la  costante  giurisprudenza  di   questa   Corte
sull'onere di motivazione nei giudizi in via principale (ex plurimis,
sentenze n. 135, n. 119 e n. 5 del 2022, n. 201, n. 52 e  n.  29  del
2021), il  ricorrente  ha  chiaramente  e  adeguatamente  esposto  le
ragioni poste a fondamento della lamentata violazione  dei  parametri
invocati, che  individua  nella  deroga  unilaterale  introdotta  dal
legislatore regionale al piano paesaggistico  (segnatamente  all'art.
83 delle NTA del PPTR, che prevede le misure  di  salvaguardia  e  di
utilizzazione dei paesaggi rurali). In cio'  consisterebbero  sia  la
lesione della competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  tutela
dell'ambiente (ai sensi dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s,
Cost.), per contrasto con le norme del codice dei  beni  culturali  e
del paesaggio che disciplinano la pianificazione paesaggistica (artt.
135, 143 e 145), sia il vulnus al principio di leale  collaborazione,
in relazione all'obbligo di copianificazione. 
    Quanto   all'effettiva   sussistenza   della   lamentata   deroga
unilaterale (o, come deduce la difesa regionale,  alla  «inconferenza
dei parametri interposti»), il relativo esame appartiene al merito  e
non all'ammissibilita' delle questioni. 
    Anche la censura di  irragionevolezza  e  conseguente  violazione
dell'art.  3  Cost.  risulta   sufficientemente   motivata   con   la
considerazione che la disposizione impugnata  sarebbe  introdotta  in
una disposizione ormai priva di efficacia. 
    1.2.2.- Non si puo'  giungere  alla  stessa  conclusione  di  non
fondatezza  dell'eccezione  di  difetto  di  motivazione  per  quanto
riguarda  la  lamentata  violazione  dell'art.  97  Cost.  Non  solo,
infatti, non si precisa  quale  sarebbe  il  principio  violato,  tra
quelli contenuti nel citato art. 97, ma, anche  ipotizzando  che  sia
richiamato  implicitamente  il  principio  di  buon  andamento  della
pubblica amministrazione, di cui al secondo comma,  manca  del  tutto
nel ricorso l'esposizione di motivi del vulnus costituzionale che non
si esauriscano nella gia' dedotta irragionevolezza. 
    Tale questione deve dunque essere dichiarata inammissibile. 
    1.2.3.- Ugualmente inammissibile, in quanto proposta per la prima
volta nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza, oltre che
riferita a un parametro non compreso nella delibera del Consiglio dei
ministri di promovimento del ricorso, e'  la  questione  promossa  in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 9
t.u. edilizia. Secondo  la  costante  giurisprudenza  costituzionale,
nelle memorie difensive e' possibile prospettare soltanto argomenti a
sostegno delle questioni sollevate nel ricorso,  non  anche  svolgere
deduzioni dirette ad  ampliare  il  thema  decidendum  (ex  plurimis,
sentenze n. 119 del 2022, n. 261 e n. 154  del  2017);  inoltre,  nei
giudizi in via principale deve  sussistere  una  piena  e  necessaria
corrispondenza tra la deliberazione con cui l'organo  legittimato  si
determina all'impugnazione ed il contenuto  del  ricorso,  attesa  la
natura politica dell'atto d'impugnazione (ex  plurimis,  sentenze  n.
166 e n. 129 del 2021, n. 83 del 2018). 
    1.3.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    1.3.1.- Si esamina in primo luogo, per  la  sua  pregiudizialita'
logico-giuridica, la censura di violazione della competenza esclusiva
dello Stato in materia ambientale e paesaggistica (art. 117,  secondo
comma, lettera s, Cost.), cui si accompagna la  lamentata  violazione
del principio di leale collaborazione. 
    La possibilita' di realizzare, «in  zona  agricola,  [...]  nuovi
fabbricati qualora gli stessi siano  necessari  alla  conduzione  del
fondo  e  all'esercizio  dell'attivita'  agricola,  ivi  comprese  le
attivita' connesse a quella agricola», e'  consentita  dalla  lettera
g-bis.) del primo comma dell'art. 51 della legge reg.  Puglia  n.  56
del 1980, aggiunta dall'art. 2 della legge  reg.  Puglia  n.  39  del
2021, «[n]el rispetto delle norme di tutela paesaggistica  del  Piano
paesaggistico  territoriale  regionale  (PPTR)»,  oltre   che   delle
ulteriori condizioni indicate  nelle  successive  lettere  g-ter.)  e
g-quater.). 
    Inoltre, la lettera  g-quater.),  nel  prescrivere  che  i  nuovi
fabbricati debbano essere realizzati «all'interno o in  adiacenza  ai
centri aziendali,  onde  evitare  la  realizzazione  di  insediamenti
isolati», fa comunque  «salva  l'osservanza  di  norme  di  carattere
paesaggistico ed ambientale». 
    La presenza delle clausole citate  esclude  che  la  disposizione
impugnata deroghi unilateralmente alle  previsioni  di  tutela  delle
aree agricole contenute nel PPTR. 
    E' poi generico e indimostrato l'assunto del  ricorrente  secondo
cui la nuova disciplina «si sovrappone in modo non coerente a  quella
contenuta nelle NTA del PPTR». L'art. 83 delle NTA del PPTR, invocato
nel ricorso quale previsione di tutela paesaggistica  derogata  dalle
disposizioni censurate, disciplina le «[m]isure  di  salvaguardia  ed
utilizzazione per i paesaggi  rurali»,  ma  non  prevede  un  divieto
assoluto e generalizzato di nuovi  fabbricati  nelle  zone  agricole.
L'assenza di un divieto esplicito, del resto,  si  desume  anche  dal
comma 2, lettera a2), dello stesso art.  83,  alla  cui  stregua  «si
considerano non ammissibili [...]  i  piani,  progetti  e  interventi
[...] che comportano»,  tra  l'altro,  «ristrutturazione  edilizia  e
nuova edificazione  che  non  garantiscano  il  corretto  inserimento
paesaggistico, il rispetto delle tipologie edilizie  e  dei  paesaggi
agrari tradizionali, nonche' gli equilibri  ecosistemico-ambientali».
Dalla previsione e'  consentito  desumere,  a  contrario,  che  nuovi
fabbricati possono essere realizzati, sulla base di piani, progetti o
interventi che presentino i prescritti requisiti. 
    L'art. 2 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 non deroga dunque
alle prescrizioni del PPTR a tutela dei paesaggi rurali, ma si limita
a consentire nuove costruzioni destinate alla produzione agricola che
siano compatibili con dette prescrizioni, cui espressamente lo stesso
art. 2 rinvia. Ne' indicazioni  di  segno  contrario  possono  essere
desunte dal comma 6 dell'art. 83 delle NTA, che semplicemente estende
l'applicabilita'  delle  prescrizioni  paesaggistiche  contenute  nei
precedenti commi dello stesso art. 83 a «tutte le  zone  territoriali
omogenee a destinazione rurale». 
    In definitiva, l'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  non
e' violato, giacche' la disciplina regionale impugnata non pregiudica
l'unitarieta' e la vincolativita' della pianificazione  paesaggistica
ne',   tanto   meno,   mette    a    repentaglio    l'obbligatorieta'
dell'elaborazione congiunta  del  piano  paesaggistico  e  delle  sue
modifiche. Per le medesime ragioni, non e' leso il principio di leale
collaborazione. 
    1.3.2.- Non sussiste nemmeno il lamentato contrasto con l'art.  3
Cost. per la pretesa irragionevolezza dell'inserimento della  novella
in una disposizione ritenuta non piu' efficace. 
    Per quanto la tecnica legislativa utilizzata  dalla  Regione  per
introdurre la  disposizione  oggetto  di  censura  -  aggiungendo  le
lettere g-bis.), g-ter.) e g-quater.)  all'elenco  delle  «previsioni
insediative fino all'entrata in vigore dei Piani territoriali»  -  si
presenti discutibile, essa non sembra trasmodare in  irragionevolezza
tale da inficiarne la legittimita' costituzionale. 
    Ferma  restando  ogni  valutazione  nel   merito   della   scelta
sostanziale operata,  la  collocazione  della  nuova  disciplina  nel
tessuto normativo preesistente rientra nella facolta' di  scelta  del
legislatore  regionale,  il  quale   non   incontra   altri   limiti,
nell'individuazione del testo sul  quale  intervenire  con  modifiche
innovative, che non sia quello della manifesta irragionevolezza, cio'
che qui non ricorre. 
    Il contesto nel quale si innesta la nuova disciplina  e'  infatti
pur sempre pertinente, dal momento che, sia  la  norma  preesistente,
sia il frammento normativo inserito, riguardano il  tema  dei  limiti
all'edificazione in determinate aree del territorio  regionale.  Ne',
d'altro canto, si puo' sostenere, come fa l'Avvocatura, che l'art. 51
della legge reg. Puglia n. 56 del 1980,  nel  quale  e'  inserita  la
novella, non operi piu',  essendosi  verificata  la  condizione  alla
quale e' subordinata l'applicabilita' delle sue previsioni. La  norma
stessa infatti continua ad essere vigente e idonea  a  produrre,  ove
ricorrano le condizioni per la  sua  concreta  applicazione,  i  suoi
effetti (cio' che accadrebbe per esempio  se  la  vigenza  del  piano
territoriale venisse meno, per qualsiasi motivo),  allo  stesso  modo
con cui sono dunque destinate a produrli le modifiche  apportate  con
la disposizione qui in esame, che non e' evidentemente soggetta  alla
stessa condizione. 
    2.- Con il secondo motivo di ricorso e' censurato l'art. 3  della
legge reg. Puglia n. 39 del 2021. 
    La norma disciplina la facolta' di realizzare in aree individuate
dal PPTR, previa deliberazione del Consiglio comunale, gli interventi
edilizi straordinari  di  ampliamento,  demolizione  e  ricostruzione
previsti dagli artt. 3 e 4 della legge reg. Puglia n.  14  del  2009,
recante  il  cosiddetto  "Piano   casa",   adottato   in   attuazione
dell'intesa tra Stato, regioni ed  enti  locali  sottoscritta  il  1°
aprile 2009 e  finalizzata  al  rilancio  dell'economia  mediante  il
sostegno all'attivita' edilizia e  al  miglioramento  della  qualita'
architettonica,  energetica  e  ambientale  del  patrimonio  edilizio
esistente. 
    Tali interventi, precisa la stessa disposizione, sono  consentiti
«[a]i sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera  d),  del  decreto  del
Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n.  380  [...],  cosi'
come interpretato con circolare del 2  dicembre  2020  dei  Ministeri
delle Infrastrutture, Trasporti  e  Pubblica  Amministrazione  e  con
parere del Consiglio superiore  dei  Lavori  pubblici  dell'8  luglio
2021»,  e  «alle  condizioni  che  l'intervento  sia  conforme   alle
prescrizioni, indirizzi, misure di  salvaguardia  e  direttive  dello
stesso PPTR e che siano acquisiti nulla  osta,  comunque  denominati,
delle amministrazioni competenti alla tutela paesaggistica». 
    2.1.- Un primo profilo di censura si incentra sulla  parte  della
norma  impugnata  che  qualifica  gli  interventi  del  "Piano  casa"
realizzabili in aree comprese nel PPTR come ristrutturazioni edilizie
ai  sensi  dell'art.  3,  comma  1,  lettera   d),   t.u.   edilizia,
nell'interpretazione che di quest'ultima disposizione ha proposto  il
Consiglio superiore dei  lavori  pubblici  nel  parere  espressamente
richiamato dal legislatore regionale. 
    Va premesso che l'art. 3, comma 1, lettera d),  t.u.  edilizia  -
come novellato dall'art. 10, comma 1, lettera b), numero 2), del d.l.
n. 76 del 2020, come  convertito  -  ha  esteso  la  tipologia  degli
interventi  di  demolizione  e   ricostruzione   riconducibili   alla
categoria della «ristrutturazione edilizia»,  ricomprendendovi  anche
interventi in precedenza  qualificati  come  «nuova  costruzione»  ai
sensi  della  successiva  lettera  e),  quali   la   «demolizione   e
ricostruzione di edifici esistenti  con  diversi  sagoma,  prospetti,
sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche». 
    La  citata  novella  del  2020  riserva,  tuttavia,   un   regime
particolare ai descritti interventi qualora realizzati -  per  quello
che qui rileva - «con riferimento a immobili sottoposti a  tutela  ai
sensi del codice dei beni culturali  e  del  paesaggio».  Per  questi
ultimi, in base a una specifica clausola  di  salvaguardia  contenuta
nella stessa lettera d), ultimo periodo, «[r]imane  fermo  che  [...]
gli interventi di demolizione e ricostruzione  e  gli  interventi  di
ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di
ristrutturazione  edilizia  soltanto  ove  siano  mantenuti   sagoma,
prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche  e  tipologiche
dell'edificio  preesistente  e  non  siano  previsti  incrementi   di
volumetria». 
    Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, in un parere espresso
in relazione a una circolare ministeriale (entrambi richiamati  nella
disposizione impugnata),  ha  ritenuto  che  l'espressione  «immobili
sottoposti a tutela ai sensi del codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio», contenuta nel citato art. 3, comma 1,  lettera  d),  t.u.
edilizia, si riferisca ai soli immobili  specificamente  vincolati  e
non a quelli inseriti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico,  ma
privi di intrinseco valore storico, artistico o architettonico. 
    Il ricorrente lamenta che il legislatore regionale -  richiamando
nella disposizione impugnata  la  soluzione  interpretativa  che,  in
contrasto con i canoni ermeneutici, restringe  il  significato  della
norma statale -  in  tal  modo  abbia  ampliato  la  categoria  degli
interventi  di  ristrutturazione  edilizia,  includendovi  quelli  di
demolizione e  ricostruzione  in  aree  vincolate  con  modifiche  di
sagoma, sedime, prospetti e aumenti  di  volume,  che  si  dovrebbero
invece considerare come interventi di «nuova costruzione»,  ai  sensi
della lettera e) dello stesso art. 3, comma 1, t.u. edilizia. 
    Scopo della norma regionale sarebbe di attrarre  tali  interventi
modificativi - diversamente da quanto stabilito dalla legge statale -
nelle ristrutturazioni edilizie, cosi' da eludere il divieto di nuove
costruzioni previsto dalle NTA del PPTR (in particolare,  agli  artt.
45, 62, 63, 64, 65 e 66) in diverse aree vincolate, come i  territori
costieri e quelli contermini ai laghi, i boschi e le relative aree di
rispetto, le aree umide,  i  prati  e  pascoli  naturali  nonche'  le
formazioni arbustive. 
    L'art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 violerebbe  cosi'
l'art. 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., per  contrasto
con l'art. 3, comma 1, lettera d),  t.u.  edilizia,  espressione  sia
della  competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema  e  dei  beni  culturali»,  in  quanto
diretta a tutelare il paesaggio, sia  di  un  principio  fondamentale
della materia «governo del territorio», quale e' la definizione delle
categorie di interventi edilizi. 
    Inoltre,  sarebbero  violati  gli  artt.  3  e   97   Cost.   per
l'irragionevolezza del richiamo di un parere del Consiglio  superiore
dei lavori pubblici successivamente «smentito»  dallo  stesso  organo
con la (di poco successiva) nota del 15 luglio 2021. 
    2.2.- In secondo luogo,  l'art.  3  impugnato  riprodurrebbe,  in
sostanza, la norma contenuta nell'art. 6, comma  2,  lettera  c-bis),
della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, abrogato dall'art.  1,  comma
1, della legge reg. Puglia n. 3 del 2021, mentre  la  clausola  della
necessaria conformita' degli  interventi  straordinari  previsti  dal
"Piano casa" a prescrizioni,  indirizzi,  misure  di  salvaguardia  e
direttive  del  PPTR  sarebbe  «pleonastica»  a  fronte  dello  scopo
perseguito, di consentire  nuove  costruzioni  nonostante  i  divieti
dello stesso PPTR. 
    Sarebbero cosi' violati: l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., per  contrasto  con  gli  artt.  135,  143  e  145  cod.  beni
culturali; il principio di leale collaborazione; l'art. 9  Cost.,  in
quanto la disposizione impugnata abbasserebbe i livelli di tutela del
paesaggio; gli artt. 3  e  97  Cost.,  per  l'irragionevolezza  della
scelta di consentire interventi in deroga alle previsioni  del  PPTR,
imponendone al contempo il rispetto. 
    2.3.- La Regione ha  reiterato  l'eccezione  di  inammissibilita'
delle questioni per difetto di specifica motivazione  e  inconferenza
dei parametri, gia' sollevata in riferimento all'art. 2 della  stessa
legge regionale. 
    L'eccezione non e'  fondata  -  tranne  che  per  la  censura  di
violazione dell'art. 97 Cost., per i motivi esposti in precedenza  -,
essendo anche in questo caso  adeguata  l'esposizione  delle  ragioni
poste a base delle censure e appartenendo al merito il giudizio sulla
lamentata inconferenza dei parametri invocati. 
    2.4.- Nel merito,  va  esaminata  in  primo  luogo  la  questione
promossa in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Essa e' fondata, nei limiti di seguito esposti. 
    Non vi e'  dubbio  che  l'art.  3,  comma  1,  lettera  d),  t.u.
edilizia,  comprensivo  della  descritta  clausola  di  salvaguardia,
esprima  un  principio  fondamentale  della  materia   «governo   del
territorio», alla luce del  costante  orientamento  di  questa  Corte
secondo cui la definizione  delle  diverse  categorie  di  interventi
edilizi e il regime dei relativi  titoli  abilitativi  spettano  allo
Stato (ex plurimis, sentenze n. 282 e 231 del 2016, n. 259 del 2014 e
n. 309 del 2011). 
    Facendo proprio un possibile significato della norma  statale  di
principio, elaborata in atti interni della  pubblica  amministrazione
di per  se'  non  vincolanti,  la  disposizione  regionale  impugnata
interpreta il citato art. 3, comma 1, lettera d), nel  senso  che  il
regime piu' rigoroso degli «interventi di ristrutturazione  edilizia»
si  applica  solo  a  una  categoria  di  immobili  tutelati  (quelli
sottoposti a un vincolo puntuale), mentre  per  gli  altri  (immobili
ubicati in aree vincolate, ma senza  pregio)  opera  la  regola  meno
restrittiva che fa rientrare  nella  «ristrutturazione  edilizia»  la
demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi  sagoma,
prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. 
    La scelta regionale di rendere l'opzione interpretativa prescelta
vincolante ai fini  dell'applicazione  del  "Piano  casa",  incidendo
sulla qualificazione degli interventi  edilizi  e  sul  loro  regime,
opera in uno spazio di  disciplina  riservato  allo  Stato.  In  tale
ambito non e' consentito alla Regione di irrigidire nelle forme della
legge la definizione di categorie di interventi che il legislatore ha
gia' regolato; e cio' nemmeno nel caso in cui la  soluzione  da  essa
adottata sia gia'  desumibile  dall'applicazione  in  concreto  della
disciplina statale, essendo  assorbente  il  rilievo  per  cui  dette
scelte non possono che essere rimesse  al  legislatore  statale,  per
evidenti esigenze  di  uniforme  trattamento  sull'intero  territorio
nazionale (sentenza n. 233 del 2015). 
    La Regione nega per vero che la norma  incida  sulla  definizione
degli interventi edilizi, in quanto il  rinvio  che  opera  al  testo
unico  dell'edilizia  e  alle   circolari   ministeriali,   contenuto
nell'art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, sarebbe «di  tipo
"dinamico", nel senso di riferirsi a  tutte  le  eventuali  modifiche
alle   norme   statali    o    ai    relativi    atti    di    natura
interpretativa-esplicativa,  quali  le  circolari  e  i  pareri,  che
dovessero intervenire». Sennonche', proprio il richiamo a determinati
pareri e circolari, tra i diversi  (e  contrastanti)  gia'  elaborati
all'epoca di approvazione della indicata legge regionale  n.  39  del
2021, rivela l'intendimento dello  stesso  legislatore  regionale  di
"fissare" il rinvio all'art. 3, comma 1, lettera  d),  t.u.  edilizia
nel testo vigente all'epoca, onde qualificare  come  ristrutturazioni
edilizie, e non come nuove costruzioni, gli  interventi  straordinari
del "Piano casa" consentiti in aree individuate dal PPTR. 
    Sussiste dunque la violazione del  principio  fondamentale  della
materia fissato dalla legge statale e  dunque  dell'art.  117,  comma
terzo, Cost. Per eliminare  il  vulnus  e'  peraltro  sufficiente  un
intervento  ablativo  parziale,  limitato  alle  parole  «cosi'  come
interpretato con circolare del 2 dicembre 2020  dei  Ministeri  delle
Infrastrutture, Trasporti e Pubblica Amministrazione e con parere del
Consiglio superiore dei Lavori pubblici dell'8 luglio 2021,». 
    In questo modo, l'incipit  della  disposizione  regionale  assume
effettivamente la natura di rinvio mobile,  consentendo  fra  l'altro
l'applicazione della citata  clausola  di  salvaguardia  anche  nella
formulazione  attuale,  risultante  dalle  modifiche  medio   tempore
introdotte dall'art. 28, comma 5-bis, lettera a),  del  decreto-legge
1° marzo 2022, n. 17 (Misure urgenti per il  contenimento  dei  costi
dell'energia elettrica e del gas  naturale,  per  lo  sviluppo  delle
energie rinnovabili e per il rilancio delle  politiche  industriali),
convertito, con modificazioni, nella legge 27 aprile 2022, n.  34,  e
dall'art. 14, comma 1-ter, lettera a), del  decreto-legge  17  maggio
2022, n. 50 (Misure  urgenti  in  materia  di  politiche  energetiche
nazionali,   produttivita'   delle   imprese   e   attrazione   degli
investimenti, nonche' in materia di  politiche  sociali  e  di  crisi
ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio  2022,
n. 91. 
    Le altre questioni riguardanti lo stesso vincolo  interpretativo,
promosse in riferimento agli artt. 3 e 117,  secondo  comma,  lettera
s), Cost., sono assorbite. 
    2.4.1.- Restano da esaminare le ulteriori  questioni  riguardanti
il medesimo art. 3 della legge reg. Puglia n. 39 del  2021.  Esse  si
fondano sull'asserita reintroduzione in esso  dell'abrogato  art.  6,
comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009,  che
-  pur  non  vincolando  a  una  determinata  interpretazione   della
disciplina statale in tema di  ristrutturazioni  edilizie  -  avrebbe
gia' consentito la realizzazione di interventi straordinari in deroga
al PPTR. Si tratta dunque di  questioni  autonome,  che  non  possono
essere considerate assorbite, giacche' con esse il ricorrente lamenta
che gli interventi  straordinari  consentiti  dall'art.  3  in  esame
possono derogare alla disciplina contenuta nel PPTR, anche oltre  gli
specifici divieti di nuove costruzioni in determinate aree tutelate. 
    Tali questioni non sono fondate. 
    A escludere l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione
impugnata  -relativamente  alle  questioni  sopra   indicate   -   e'
sufficiente, anche in questo caso, la circostanza  che  essa  imponga
espressamente il rispetto delle prescrizioni del PPTR.  In  proposito
si puo' richiamare quanto gia' esposto sopra con riguardo all'art.  2
della stessa legge regionale. 
    Sul punto si deve sottolineare,  inoltre,  come  con  la  recente
sentenza n. 192 del 2022 questa Corte - investita  dal  Consiglio  di
Stato di un'analoga questione relativa all'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. - abbia dichiarato  costituzionalmente  illegittimo
il citato art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n.
14 del 2009,  nel  testo  in  vigore  anteriormente  all'abrogazione,
«nella  parte  in  cui  non  prevede  che  gli   interventi   edilizi
disciplinati dalla [...] legge regionale [n.  14  del  2009]  debbano
essere realizzati anche nel rispetto  delle  specifiche  prescrizioni
del PPTR». 
    Nella  pronuncia  si   osserva   che,   «[p]osto   il   carattere
confliggente   della   normativa   censurata   con   la    disciplina
paesaggistica,  l'omesso  richiamo   al   generale   rispetto   delle
prescrizioni specifiche del PPTR non puo' essere inteso alla  stregua
di  un  mero  silenzio  della   legge,   colmabile   [...]   in   via
interpretativa,  nel   senso   che   la   relativa   disciplina   sia
implicitamente applicabile, bensi' come una deroga, o meglio come  la
facolta' per i Comuni e i privati, rispettivamente, di  consentire  e
porre  in  essere  tali  interventi  non  osservando   il   contenuto
precettivo del PPTR»; ed ancora che «[l]a conclusione e`  avvalorata,
a contrario, dalla circostanza che la norma  censurata  si  limita  a
richiedere il rispetto dei soli "indirizzi" e "direttive"  del  PPTR:
previsione che non vale a escludere  il  rilevato  contrasto  con  il
principio di prevalenza del Piano paesaggistico, proprio  perche'  il
rinvio e` circoscritto alla parte programmatica del Piano, a traverso
la quale quest'ultimo non detta  specifiche  regole  sull'utilizzo  e
sulla trasformazione dei beni paesaggistici, ma pone gli obiettivi di
qualita' della pianificazione». 
    La diversa clausola contenuta ora all'art.  3  della  legge  reg.
Puglia n. 39 del 2021, che si riferisce a  «prescrizioni,  indirizzi,
misure di salvaguardia e direttive dello stesso  PPTR»,  soddisfa  le
condizioni richieste dalla citata pronuncia e non puo' dunque  essere
considerata pleonastica, come sostiene il ricorrente. 
    Non sono pertanto violati ne' l'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost.,  in  relazione  agli  artt.  135,  143  e  145  cod.  beni
culturali, ne' il principio  di  leale  collaborazione,  giacche'  la
norma impugnata non ha reintrodotto quella abrogata, derogatoria  del
PPTR. 
    L'effettivita' della clausola del necessario  rispetto  del  PPTR
elimina inoltre il rischio di un abbassamento dei livelli  di  tutela
del paesaggio, in violazione dell'art. 9 Cost., ed  esclude  altresi'
la lamentata lesione del principio di ragionevolezza di cui  all'art.
3 Cost. 
    3.- Con il terzo motivo di ricorso e' censurato  l'art.  4  della
legge reg. Puglia n. 39 del 2021. 
    3.1.-   Il   comma   1   di   tale   disposizione   prevede   che
«[l]'ampliamento delle attivita' produttive» di cui  all'art.  8  del
d.P.R.  n.  160  del  2010  (attuato  nella  Regione  Puglia  con  la
deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332)  «non
e' soggetto a limitazioni di superficie coperta e di volume». 
    La norma rinvia dunque all'art. 8 del  d.P.R.  n.  160  del  2010
(oltre che  alla  richiamata  deliberazione  della  Giunta  regionale
pugliese), che  disciplina  i  «[r]accordi  procedimentali»  con  gli
strumenti urbanistici  dei  progetti  di  insediamento  di  attivita'
produttive e  subordina  all'esito  di  una  conferenza  di  servizi,
convocata dal responsabile dello Sportello  unico  per  le  attivita'
produttive,  la  variazione  dello  strumento  urbanistico  comunale,
qualora esso «non individu[i] aree o individu[i] aree  insufficienti»
per l'insediamento di dette attivita'. 
    Consentendo  l'ampliamento  delle  attivita'   produttive   senza
limitazioni di superficie coperta e di  volume,  sulla  base  di  una
procedura  semplificata  affidata  alla  conferenza  di  servizi,  la
disposizione in esame  si  porrebbe  innanzitutto  in  contrasto  con
l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  per  violazione   dei   principi
fondamentali in materia di «governo  del  territorio»  contenuti  nel
d.m. n. 1444 del 1968, che fissa non solo i rapporti massimi tra  gli
spazi destinati agli insediamenti residenziali  e  produttivi  e  gli
spazi  pubblici  o  riservati  alle  attivita'  collettive,  a  verde
pubblico o a parcheggio (artt. 3 e 5), ma anche i limiti inderogabili
di densita' edilizia (art. 7), di altezza degli edifici (art. 8) e di
distanza dei fabbricati (art. 9) da osservare  per  le  diverse  zone
territoriali omogenee. 
    3.2.- Il comma 2 dello stesso art. 4 prevede che «gli ampliamenti
fino al 20 per cento delle attivita' produttive di cui  al  comma  1»
non sono assoggettati al procedimento di approvazione delle  varianti
urbanistiche  e   sono   «rilasciati»   applicando   le   norme   sul
«[p]rocedimento  per  il  rilascio  del   permesso   di   costruire»,
disciplinato dall'art. 20  del  t.u.  edilizia,  alla  stregua  degli
«interventi di nuova costruzione», come definiti dall'art.  3,  comma
1, lettera e), dello stesso testo unico. 
    Sarebbe violato l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per
contrasto con l'art. 145, comma 5, cod. beni  culturali,  in  quanto,
prevedendo procedure semplificate per l'approvazione delle  varianti,
o  escludendo  determinate  modificazioni   dalla   categoria   delle
varianti, sottrarrebbe gli  ampliamenti  delle  attivita'  produttive
alla procedura, disciplinata dall'art. 97  delle  NTA  del  PPTR,  di
adeguamento degli strumenti urbanistici e delle  loro  varianti  alla
pianificazione paesaggistica, che richiede la partecipazione del MIC. 
    3.3.- La Regione Puglia ha reiterato la gia'  indicata  eccezione
preliminare di inammissibilita' per difetto di motivazione, di cui va
riaffermata la non fondatezza per le ragioni gia' esposte. 
    3.4.- Sempre in via  preliminare,  si  osserva  che  il  comma  1
dell'art. 4 della legge reg. Puglia n.  39  del  2021  e'  stato  nel
frattempo integralmente sostituito dall'art. 10, comma 1, della legge
reg. Puglia n. 3 del 2022. Il testo risultante dalla sostituzione  e'
il seguente: «1. Nell'ambito dei procedimenti di cui  all'articolo  8
del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n.  160
(Regolamento per la semplificazione ed il riordino  della  disciplina
sullo  sportello  unico  per  le  attivita'  produttive,   ai   sensi
dell'articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133)  e
della deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332,
per ampliamento delle attivita' produttive si intende  l'aumento,  di
qualsivoglia  percentuale,  della  dimensione   dell'attivita'   gia'
esistente, in termini di superficie coperta o di volume». La  novella
del 2022 e' stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri
con ricorso iscritto al n. 30 reg. ric. 2022,  cio'  che  esclude  la
necessita' di estendere lo  scrutinio  di  questa  Corte  alla  nuova
formulazione del comma 1 dell'art. 4, in essa contenuta (ex plurimis,
sentenze n. 36 del 2021 e n. 286 del 2019). 
    Va comunque escluso che lo ius superveniens abbia determinato, in
riferimento al comma 1 della disposizione  impugnata,  la  cessazione
della materia del contendere. 
    Secondo il costante orientamento di  questa  Corte,  la  modifica
normativa, intervenuta nel corso  del  giudizio,  della  disposizione
oggetto della questione di legittimita'  costituzionale  promossa  in
via principale determina la cessazione della materia  del  contendere
quando si verificano, nel  contempo,  due  condizioni:  il  carattere
satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e il fatto che  la
disposizione impugnata non abbia avuto medio tempore applicazione (ex
plurimis, sentenze n. 187, n. 24 e n. 23 del 2022, n. 7 del 2021). 
    Nel caso in esame la norma impugnata, di immediata attuazione, e'
rimasta in vigore per oltre tre mesi, e non vi e' certezza della  sua
mancata applicazione medio tempore, sicche', anche  senza  necessita'
di  verificare  se  la  modifica   intervenuta   sia   effettivamente
satisfattiva, si deve concludere che non sussistono i presupposti per
la cessazione della materia del contendere. 
    3.5.- Nel merito, le questioni sono fondate. 
    3.5.1.- Il dato letterale del comma 1 depone nel  senso  che  gli
ampliamenti  in  esso  previsti  sono  consentiti  senza  limiti   di
superficie coperta e di volume, quando si versi nello speciale regime
procedimentale disciplinato al citato art. 8 del d.P.R.  n.  160  del
2010. La stessa successiva integrale sostituzione della  norma,  come
visto,  con  un'altra  asseritamente  diretta,  secondo   la   difesa
regionale, a fugare «equivoche letture», conferma tale conclusione. 
    Questa Corte ha gia' affermato che «i limiti fissati dal d.m.  n.
1444  del  1968,  che   trova   il   proprio   fondamento   nell'art.
41-quinquies, commi 8 e 9, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge
urbanistica), hanno efficacia vincolante anche verso  il  legislatore
regionale  [...],  costituendo  [...]  principi  fondamentali   della
materia, in particolare come limiti massimi di  densita'  edilizia  a
tutela  del  "primario  interesse  generale   all'ordinato   sviluppo
urbano"» (sentenza n. 217 del 2020). 
    Sussiste, pertanto, la violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in riferimento ai principi fondamentali della materia «governo
del territorio» espressi dal d.m. n. 1444 del 1968. 
    Si deve dunque  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  del
comma 1 dell'art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, nel testo
in vigore anteriormente alla sua sostituzione a opera  dell'art.  10,
comma 1, della legge reg. Puglia n. 3 del 2022. 
    Resta assorbita  l'ulteriore  questione  riferita  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., avente per oggetto lo stesso  comma
1  nella  parte  in  cui  prevede  una  procedura  semplificata   per
l'approvazione delle varianti. 
    3.5.2.- Il comma 2 stabilisce che gli ampliamenti fino al 20  per
cento  delle  attivita'  produttive   «non   costituiscono   variante
urbanistica», con la  conseguenza  che  le  relative  modifiche  sono
sottratte  al  procedimento  previsto  dall'art.  97  delle  NTA  per
l'adeguamento al PPTR «dei piani urbanistici generali e  territoriali
comunali e loro varianti», procedimento nel quale  e'  assicurata  la
necessaria partecipazione degli organi  ministeriali,  in  attuazione
dell'art. 145, comma 5, cod. beni culturali. Ne' si puo' ritenere che
tale  mancanza  sia  compensata,  come  sostiene  la  Regione,  dalla
partecipazione  degli  organi  ministeriali  preposti   alla   tutela
paesaggistica ai procedimenti per il rilascio del titolo  abilitativo
edilizio, giacche'  tali  procedimenti  non  hanno  la  finalita'  di
conformare e adeguare gli strumenti urbanistici alle previsioni della
pianificazione paesaggistica. 
    D'altro canto,  il  silenzio  della  disposizione  impugnata  sul
necessario rispetto della disciplina in tema di copianificazione  non
puo' nemmeno  essere  colmato  in  via  interpretativa,  proprio  per
l'espressa   qualificazione   degli   ampliamenti   come    modifiche
dell'assetto urbanistico che «non costituiscono variante», in  quanto
tali non assoggettate al procedimento previsto all'art. 97 delle NTA. 
    In conclusione, sussiste la lamentata violazione del principio di
copianificazione e quindi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., in relazione alla norma interposta  dell'art.  145,  comma  5,
cod. beni culturali. 
    Si deve dunque dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  anche
del comma 2 dell'art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021. 
    4.- Con il quarto motivo di ricorso e' impugnato l'art.  5  della
legge reg. Puglia n. 39 del 2021, che integra l'art. 12  della  legge
reg. Puglia n. 20 del 2001, aggiungendo  al  suo  comma  3,  dopo  la
lettera e-bis.), la  lettera  e-ter.),  che  prevede  un  «incremento
dell'indice di fabbricabilita' fondiaria fino a 0,1  mc/mq,  per  gli
interventi di cui all'articolo 51 della L.R. n. 56/1980». 
    Il citato comma 3 dell'art. 12 disciplina le ipotesi in cui «[l]a
deliberazione motivata del Consiglio comunale che apporta  variazioni
agli strumenti  urbanistici  generali  vigenti  non  e'  soggetta  ad
approvazione regionale di cui alla legge regionale 31 maggio 1980, n.
56 (Tutela ed uso del territorio), o  a  verifica  di  compatibilita'
regionale, provinciale, metropolitana di cui alla presente legge». 
    La nuova lettera e-ter.) riguarda espressamente gli  «interventi»
previsti dall'art. 51 della legge reg. Puglia n. 56 del  1980,  norma
incisa dall'art. 2 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021,  impugnato
con il primo motivo di ricorso. 
    Secondo il ricorrente, la disposizione, per la  sua  genericita',
si potrebbe riferire a interventi da realizzare, oltre che nelle zone
agricole, secondo quanto previsto alle nuove lettere g-bis.), g-ter.)
e g-quater.) del primo comma dell'art. 51  (introdotte,  come  visto,
dall'art. 2 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, dianzi esaminato,
per   consentire    nuovi    fabbricati    necessari    all'esercizio
dell'attivita' agricola), anche nelle aree boschive e nelle fasce  di
rispetto dalle acque, nelle quali l'edificazione  e'  stata  dapprima
vietata o consentita  in  modo  limitato  dallo  stesso  art.  51,  e
successivamente sottoposta  dal  PPTR  a  specifiche  prescrizioni  e
condizioni. 
    Il previsto incremento dell'indice di  fabbricabilita'  fondiaria
(fino a 0,1 mc/mq) di tali aree  comporterebbe,  per  un  verso,  una
deroga unilaterale alla disciplina del PPTR, che deve  invece  essere
necessariamente condivisa con lo Stato, come prescritto  dagli  artt.
135, 143 e 145 cod. beni culturali, e violerebbe pertanto l'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Per  altro   verso,   lo   stesso   incremento   «indiscriminato»
dell'indice di fabbricabilita' delle zone omogenee di tipo E  (ovvero
le zone agricole) contrasterebbe con i parametri di densita' edilizia
del d.m. n. 1444 del 1968 e in particolare  con  l'indice  massimo  e
inderogabile di  0,03  mc/mq  fissato  per  tali  zone,  ove  ne  sia
consentita  l'edificazione.  Ne  conseguirebbe  la   violazione   del
principio  fondamentale  in  materia  di  «governo  del   territorio»
contenuto  all'art.   41-quinquies,   ottavo   comma,   della   legge
urbanistica, e dunque dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    4.1.-  L'eccezione  preliminare  di  inammissibilita'  riproposta
dalla Regione Puglia anche con riferimento  alle  questioni  relative
all'art. 5 non e' fondata, per le ragioni esposte in precedenza. 
    4.2.- Sempre in  via  preliminare,  si  osserva  che  la  lettera
e-ter.) dell'art. 12, comma 3, della legge  reg.  Puglia  n.  20  del
2001, inserita dalla  disposizione  impugnata,  e'  stata  sostituita
dall'art. 54, comma 1, lettera s), della legge reg. Puglia n. 51  del
2021   con   la   seguente:   «e-ter)   incremento   dell'indice   di
fabbricabilita' fondiaria fino 0,1 mc/mq  per  la  realizzazione,  in
zona  agricola,  di  nuovi  fabbricati  qualora  gli   stessi   siano
strumentali alla conduzione del fondo o all'esercizio  dell'attivita'
agricola e delle attivita' a questa connesse». 
    La disposizione - che  e'  stata  impugnata  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso iscritto al n. 25 reg. ric. 2022 -
fa ora specifico ed esclusivo riferimento alla realizzazione di nuovi
fabbricati in zona agricola, utilizzando la stessa formula  contenuta
nell'art. 51, primo comma, lettera g-bis.), della legge  reg.  Puglia
n. 56 del 1980, come modificato dall'art. 2 della legge regionale qui
in esame. 
    Lo  ius  superveniens  non  incide  peraltro  sui  termini  della
controversia. 
    Per un verso, esso non  ha  carattere  satisfattivo,  poiche'  la
limitazione della portata della norma ai  nuovi  fabbricati  in  zona
agricola lascia comunque inalterate (quantomeno) le pretese  avanzate
dal ricorrente con la questione riferita all'art. 117,  terzo  comma,
Cost. Non ricorrono  dunque  i  presupposti  della  cessazione  della
materia del contendere, anche a prescindere dal profilo della mancata
applicazione della norma, rimasta in vigore solo ventotto giorni. 
    Per altro verso, si  deve  escludere  l'estensione  del  presente
giudizio alla nuova disposizione,  dal  momento  che  essa  e',  come
visto, oggetto di un distinto ricorso. 
    4.3.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    Quanto alla violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost., questa Corte ha costantemente  affermato  che,  in  forza  del
principio di prevalenza della tutela paesaggistica, espresso all'art.
145, comma 3, cod. beni  culturali,  una  norma  regionale  incidente
sull'assetto del territorio non si puo'  ritenere  derogatoria  delle
previsioni di tutela paesaggistica solo perche' omette di disporne il
necessario rispetto, in assenza di  deroghe  espresse  e  specifiche,
sempre che una pianificazione paesaggistica esista (come accade nella
Regione Puglia) e che sia possibile colmare in via interpretativa  il
mero silenzio della legge (ex plurimis, sentenze n. 187 e n.  24  del
2022, n. 124 e n. 54 del 2021). 
    Anche a voler  ritenere  che  la  norma  impugnata,  per  la  sua
generica formulazione, si applichi a tutti  gli  interventi  previsti
all'art. 51 della legge reg. Puglia n. 56 del 1980,  compresi  quelli
da realizzare in aree ora disciplinate dal  PPTR,  essa  non  prevede
un'esplicita e  specifica  deroga  alle  prescrizioni  contenute  nel
piano, e puo' ben essere interpretata nel  senso  che  le  variazioni
derivanti dall'incremento dell'indice edificatorio - e soggette  alla
procedura disciplinata dal comma 3  dell'art.  12  della  legge  reg.
Puglia n. 20 del 2001 - debbano  rispettare  comunque  le  specifiche
prescrizioni del PPTR. 
    Non sussiste dunque lesione  dei  principi  di  prevalenza  e  di
co-pianificazione di  cui  agli  artt.  136,  143  e  145  cod.  beni
culturali, invocati quali norme interposte. 
    Quanto alla violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., secondo
il ricorrente il contrasto con  l'art.  41-quinquies,  ottavo  comma,
della legge urbanistica deriverebbe, per il tramite del d.m. n.  1444
del 1968, dal superamento dell'indice massimo e inderogabile di  0,03
mc/mq ivi stabilito per  gli  insediamenti  residenziali  nelle  zone
agricole.  La  norma   impugnata   favorirebbe   in   tal   modo   la
trasformazione di insediamenti rurali in insediamenti abitativi, «con
conseguente grave rischio di fenomeni di c.d. dispersione urbana». 
    Dal contesto  della  motivazione  si  desume  che  il  ricorrente
intende  riferirsi  all'incremento  delle  edificazioni  nelle   zone
omogenee di tipo E previste alle nuove  lettere  g-bis.),  g-ter.)  e
g-quater.) dell'art. 51, comma primo, della legge reg. Puglia  n.  56
del 1980. 
    Gli interventi consentiti da  tali  disposizioni,  tuttavia,  non
riguardano gli insediamenti residenziali in zona agricola. La formula
usata dal legislatore (lettera  g-bis:  «al  fine  di  soddisfare  le
esigenze  produttive  delle   aziende   agricole,   e'   ammessa   la
realizzazione, in zona agricola,  di  nuovi  fabbricati  qualora  gli
stessi siano necessari alla  conduzione  del  fondo  e  all'esercizio
dell'attivita' agricola, ivi comprese le attivita' connesse a  quella
agricola») fa chiaramente riferimento a fabbricati che  devono  avere
destinazione produttiva, e non dunque residenziale. 
    Considerato che il limite inderogabile di «densita' fondiaria  di
mc. 0,03 per mq» nelle zone omogenee di tipo E e' prescritto dal d.m.
n. 1444 del 1968 (all'art. 7, numero 4) solo «per le abitazioni»,  si
deve ritenere che la disposizione impugnata non deroghi ai limiti  di
densita' edilizia stabiliti dalle norme interposte  e  non  contrasti
quindi  con  i  principi  fondamentali  della  materia  «governo  del
territorio».