ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione Siciliana 29 luglio 2021, n. 19  (Modifiche
alla  legge  regionale  10  agosto  2016,  n.  16   in   materia   di
compatibilita' delle costruzioni  realizzate  in  aree  sottoposte  a
vincolo), promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 1°-6 ottobre 2021, depositato in cancelleria il
6 ottobre 2021, iscritto  al  n.  56  del  registro  ricorsi  2021  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,  n.  43,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana; 
    udito nell'udienza pubblica  del  22  novembre  2022  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Ulisse  Corea  per  la  Regione
Siciliana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 novembre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 6 ottobre 2021 (reg.  ric.  56  del
2021), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della  legge  della
Regione Siciliana  29  luglio  2021,  n.  19  (Modifiche  alla  legge
regionale 10 agosto 2016, n. 16 in materia  di  compatibilita'  delle
costruzioni realizzate in aree sottoposte a vincolo), in  riferimento
agli artt. 3, 117, secondo comma, lettere l) ed s), 123 e  127  della
Costituzione, nonche' in riferimento agli artt. 14  e  27  del  regio
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto   della   Regione   siciliana),   convertito   nella    legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    La legge reg.  Siciliana  n.  19  del  2021  si  compone  di  due
articoli, l'art. 1, strutturato in due commi (di cui solo il primo e'
oggetto dell'odierno gravame), e l'art. 2, che  regola  l'entrata  in
vigore della legge. 
    Con la disposizione impugnata, il legislatore  regionale  intende
fornire l'interpretazione autentica dell'art. 24  della  legge  della
Regione Siciliana 5 novembre 2004, n. 15 (Misure finanziarie urgenti.
Assestamento del bilancio della Regione e del  bilancio  dell'Azienda
delle  foreste  demaniali  della   Regione   siciliana   per   l'anno
finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini  per  la  richiesta  di
referendum), che ha attuato in Sicilia il  cosiddetto  terzo  condono
edilizio, introdotto dall'art.  32  del  decreto-legge  30  settembre
2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per  la
correzione  dell'andamento  dei  conti  pubblici),  convertito,   con
modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326. 
    Ai sensi del citato art. 24, comma 1, e' consentita,  dalla  data
di entrata in vigore della legge, la presentazione  dell'istanza  per
il  rilascio  della  concessione  edilizia  in  sanatoria  «ai  sensi
dell'art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003»; inoltre,  sempre  il
richiamato art. 24 - in forza dell'art. 1, comma 1, della legge  reg.
Siciliana n. 19 del 2021 - deve essere interpretato nel senso che  e'
ammissibile la sanatoria delle opere abusive «realizzate  nelle  aree
soggette a vincoli che non comportino inedificabilita' assoluta». 
    Piu' nel dettaglio, la disposizione  impugnata  inserisce,  nella
legge della Regione Siciliana 10 agosto 2016, n. 16 (Recepimento  del
Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia approvato con decreto  del  Presidente  della  Repubblica  6
giugno  2001,  n.  380),   l'art.   25-bis,   rubricato   «Norme   di
interpretazione autentica», in base al quale: 
    «1. L'articolo 24 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15 si
interpreta nel senso che sono  recepiti  i  termini  e  le  forme  di
presentazione delle istanze presentate ai sensi dell'articolo 32  del
decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni
dalla legge  24  novembre  2003,  n.  326,  e  pertanto  resta  ferma
l'ammissibilita' delle istanze  presentate  per  la  regolarizzazione
delle  opere  realizzate  nelle  aree  soggette  a  vincoli  che  non
comportino inedificabilita' assoluta nel rispetto di tutte  le  altre
condizioni prescritte dalla legge  vigente.  2.  Per  la  definizione
delle pratiche di sanatoria di cui al  presente  articolo,  gli  enti
competenti rilasciano il nulla osta entro i  termini  previsti  dalla
normativa vigente». 
    Quanto al comma 2 dell'art. 1 della  legge  regionale  impugnata,
che, come detto, non e' oggetto di gravame, prevede che, mediante  il
rinvio alla «normativa vigente», il  citato  nulla  osta  venga  reso
entro novanta giorni dalla data di  entrata  in  vigore  della  legge
ovvero, nel caso di istanza di riesame, dalla data  di  presentazione
della medesima istanza. 
    1.1.- L'Avvocatura generale dello Stato premette  che  l'art.  32
del d.l. n. 269 del 2003, come convertito,  consentiva,  al  fine  di
regolarizzare il settore edilizio, il  condono  delle  opere  abusive
esistenti mediante il rilascio del titolo abilitativo alle condizioni
stabilite dalla stessa norma statale  e  dalle  normative  regionali,
fatte comunque salve le competenze delle Regioni a  statuto  speciale
(commi da 1 a 4). 
    Il condono avrebbe dovuto riguardare le opere ultimate  entro  il
31  marzo  2003  che   non   avessero   comportato   un   ampliamento
dell'esistente in misura superiore al trenta per cento della relativa
volumetria   o,   in   alternativa,   che   presentassero   ulteriori
caratteristiche espressamente indicate (commi 25 e 26). 
    Il termine di presentazione delle domande veniva fissato  a  pena
di decadenza entro  il  10  dicembre  2004,  con  l'attestazione  del
pagamento dell'oblazione e dell'anticipazione degli oneri  concessori
(comma 32). 
    Tali  disposizioni  venivano  dettate   come   estensione   della
disciplina del condono gia' introdotta dalle leggi 28 febbraio  1985,
n.   47   (Norme   in    materia    di    controllo    dell'attivita'
urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle  opere
abusive), e 23 dicembre 1994, n.  724  (Misure  di  razionalizzazione
della finanza pubblica),  con  una  importante  differenza:  venivano
espressamente escluse dall'ambito di applicazione del  terzo  condono
le  opere  abusive  realizzate  in  aree  soggette   a   vincoli   di
inedificabilita' relativa (comma 27, lettera d), la cui sanatoria era
invece ammessa dai precedenti condoni. 
    In tale ambito, argomenta l'Avvocatura, con l'art. 24 della legge
regionale n. 15 del 2004, la Regione  Siciliana  aveva  integralmente
recepito quanto stabilito dall'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, come
convertito, attesa la previsione - al comma 1 del citato  art.  24  -
che la concessione edilizia in  sanatoria  puo'  essere  richiesta  e
rilasciata nelle forme e nei limiti di cui all'art.  32  della  legge
nazionale. 
    In ragione di tale richiamo, doveva  ritenersi  che  non  fossero
ammissibili le istanze presentate per la regolarizzazione delle opere
realizzate in aree soggette a vincoli di  inedificabilita'  relativa,
appunto escluse dal citato comma 27, lettera d), dell'art. 32. 
    Non poteva dunque continuare ad applicarsi l'art. 23 della  legge
della Regione Siciliana 10 agosto 1985, n. 37 (Nuove norme in materia
di   controllo    dell'attivita'    urbanistico-edilizia,    riordino
urbanistico e sanatoria delle opere abusive), che,  nel  recepire  il
primo condono, ammetteva tale misura anche con  riguardo  alle  opere
realizzate in aree soggette a vincolo  di  inedificabilita'  relativa
dietro nulla osta dell'autorita' competente per il vincolo, limitando
il divieto di sanatoria solo in relazione alle zone caratterizzate da
inedificabilita' assoluta. 
    In tal senso, nel  ricorso  vengono  richiamate  alcune  sentenze
della Corte di cassazione secondo cui «il  legislatore  regionale,  a
differenza di quanto accaduto con la L.R. n. 37 del 1985, ha recepito
nell'ambito territoriale della Regione Sicilia,  la  L.  n.  326  del
2003, art. 32 direttamente e integralmente e cioe' sia  con  riguardo
alle forme che ai limiti ivi previsti tra cui, anche,  la  previsione
di cui al comma 27, lettera d), per la quale la concessione  edilizia
in sanatoria non puo'  essere  rilasciata  per  interventi  di  nuova
costruzione  in  aree  sottoposte  ai  vincoli  ivi  citati»   (viene
richiamata la sentenza  della  Corte  di  cassazione,  sezione  terza
penale, n. 30693 del 2021). Il ricorrente evidenzia che,  sulla  base
del medesimo orientamento, la legge reg. Siciliana n. 37 del 1985 non
potrebbe dunque prevalere sulla normativa  statale  sopravvenuta  che
disciplina in ogni suo aspetto  il  condono  edilizio,  anche  tenuto
conto della posteriorita' temporale  di  quest'ultima  rispetto  alla
prima (sul punto  vengono  richiamate  le  sentenze  della  Corte  di
cassazione, sezione terza penale, 8  aprile  2016,  n.  45527,  e  27
ottobre 2011, n. 45977). 
    1.2.- Cio' premesso, con il primo motivo di ricorso il Presidente
del Consiglio dei ministri lamenta la  violazione  degli  artt.  117,
secondo comma, lettera s), 123, 127, Cost., nonche' degli artt. 14  e
27 dello statuto di autonomia. La disposizione impugnata, espressione
della competenza statutaria primaria della  Regione  Siciliana  nelle
materie dell'urbanistica e della tutela del paesaggio (art. 14, primo
comma, lettere f ed n), nell'estendere l'ambito di  applicazione  del
condono edilizio alle aree soggette  a  vincoli  di  inedificabilita'
relativa,   contrasterebbe   con   la   norma   di   grande   riforma
economico-sociale contenuta nell'art. 32, comma 27, lettera  d),  del
citato d.l. n. 269 del 2003, come convertito, che esclude il  condono
in presenza di  vincoli  relativi;  limitazione,  questa,  introdotta
dallo Stato nell'esercizio  della  competenza  legislativa  esclusiva
nella materia della tutela dell'ambiente e dei beni  culturali  (art.
117, secondo comma, lettera s, Cost.). 
    A  sostegno  di  tale  censura,  il  ricorrente  deduce  che   la
disposizione  impugnata,  erroneamente   definita   dal   legislatore
regionale di interpretazione autentica,  introdurrebbe  una  indebita
estensione, per la sola Regione Siciliana, dei limiti di applicazione
del  terzo  condono  edilizio,  in  contrasto  con  quanto  stabilito
dall'art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269  del  2003,  come
convertito, le cui previsioni non sarebbero derogabili da  parte  del
legislatore regionale e  che  infatti  l'art.  24  della  legge  reg.
Siciliana n. 15 del 2004 aveva integralmente recepito. 
    Piu' nello  specifico,  i  limiti  statali  al  condono  edilizio
assurgerebbero  nel  caso  delle   regioni   ordinarie   a   principi
fondamentali  sanciti  dallo  Stato  nella  materia,  di   competenza
legislativa concorrente, del governo del territorio e, nel caso delle
regioni  ad  autonomia  speciale,   a   norme   di   grande   riforma
economico-sociale. 
    A quest'ultimo riguardo, nel ricorso viene richiamata la sentenza
n. 196 del 2004 con cui - in relazione  al  terzo  condono  -  questa
Corte  avrebbe   affermato   che   le   previsioni   concernenti   la
determinazione massima dei fenomeni condonabili  integrano  norme  di
grande riforma  economico-sociale  che,  sulla  base  degli  statuti,
costituiscono un limite per le potesta'  legislative  primarie  delle
regioni ad autonomia speciale. 
    D'altro canto, secondo il Presidente del Consiglio dei  ministri,
questa Corte avrebbe ripetutamente sancito la prevalenza  del  potere
legislativo  statale  nel   vincolare   la   competenza   legislativa
regionale, anche esclusiva, allorquando le  leggi  nazionali  dettino
norme  di  riforma  economico-sociale  nella  materia  della   tutela
dell'ambiente, dei beni culturali e del paesaggio, onde  evitare  una
lesione diretta dei beni culturali e paesaggistici,  con  conseguente
grave  diminuzione  del  livello  di  tutela  garantito   nell'intero
territorio nazionale. 
    Ad avviso del ricorrente, pertanto, il limite al condono edilizio
posto dall'art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269  del  2003,
come convertito, rientrerebbe a pieno titolo nell'ambito delle  norme
di grande riforma economico-sociale, proprio in quanto  introdotto  a
salvaguardia delle esigenze  di  tutela  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.). 
    La disposizione impugnata  eccederebbe  quindi  dai  limiti  alla
potesta' legislativa regionale sanciti dallo statuto di  autonomia  e
violerebbe i parametri  costituzionali  che  regolano  la  formazione
delle leggi  regionali,  con  invasione  della  sfera  di  competenza
legislativa esclusiva dello Stato. 
    1.3.- La norma impugnata violerebbe altresi' l'art. 3 Cost. sotto
il  profilo  della  ragionevolezza  e  della  coerenza   e   certezza
dell'ordinamento giuridico. 
    A fondamento di tale censura, il ricorrente evidenzia ancora  una
volta il carattere innovativo e non  meramente  interpretativo  della
disposizione  impugnata,  in  quanto  renderebbe  sanabili,  su  beni
vincolati di interesse  culturale  e  paesaggistico,  interventi  che
pacificamente  non  lo  sono  in  base  alla  disciplina  statale   e
regionale. 
    Per l'effetto, la disposizione impugnata  non  dirimerebbe  alcun
dubbio  interpretativo  sulla  portata  di  una  determinata   norma,
attribuendole una delle possibili varianti di senso  compatibili  col
tenore   letterale,   bensi'   introdurrebbe   surrettiziamente   una
prescrizione   nuova   e   retroattiva,   estendendo   l'ambito    di
applicabilita' del condono edilizio. 
    Il ricorrente ricorda che, «anche se non  costituzionalizzato  al
di fuori della previsione contenuta nell'art. 25 Cost.», il principio
di  irretroattivita'  della  legge  assurge  a  valore  di  principio
generale ai sensi  dell'art.  11,  primo  comma,  delle  disposizioni
preliminari  al  codice   civile,   cui   il   legislatore   dovrebbe
preferibilmente  attenersi;  nel   caso   in   cui   invece   intenda
discostarsene, il medesimo dovrebbe allora ispirarsi con  particolare
rigore al canone della ragionevolezza. 
    In  virtu'  di  tale  premessa,   l'estensione   dell'ambito   di
applicazione del condono edilizio alle zone  soggette  a  vincoli  di
inedificabilita'  relativa  sarebbe  irragionevole   e   lesiva   del
principio di stabilita' dei rapporti giuridici,  in  quanto  verrebbe
modificato l'esito delle pratiche di condono,  a  distanza  di  circa
diciassette anni dalla relativa presentazione,  con  la  possibilita'
persino - ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell'art.  1  della
legge regionale in esame - di riaprire i procedimenti  gia'  definiti
con provvedimento  inoppugnabile  e  su  cui  eventualmente  potrebbe
essersi formato un giudicato negativo. 
    1.4.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  infine,   l'estensione   con
efficacia retroattiva dell'area degli  illeciti  condonabili  avrebbe
una  evidente  ricaduta  anche  sul  piano  dell'ordinamento  penale,
parimenti  riservato   alla   potesta'   legislativa   statale,   con
conseguente violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
Cost. e dell'art. 14 dello statuto della Regione Siciliana. 
    Infatti, la disposizione regionale consentirebbe - si  legge  nel
ricorso introduttivo - «di dare legittimamente corso a una domanda di
sanatoria amministrativa ai sensi degli artt.  23  della  legge  reg.
Sicilia n. 37 del  1985»  e  32  del  d.l.  n.  269  del  2003,  come
convertito, «quando per lo stesso abuso  si  configurano  ipotesi  di
illecito penale sanzionate ai sensi dell'art. 181 del Codice dei beni
culturali». 
    Del resto, anche questa Corte avrebbe piu' volte statuito che  in
tema di condono edilizio il limite della materia  penale  opera  pure
nei confronti delle regioni ad autonomia speciale (al riguardo, viene
nuovamente richiamata la sentenza n. 196 del 2004). 
    Di conseguenza, la norma  impugnata  finirebbe  per  invadere  la
sfera riservata al legislatore statale  in  materia  penale,  con  un
inammissibile e ingiustificato trattamento di favore per gli illeciti
commessi nel territorio  siciliano  in  danno  del  paesaggio  e  del
patrimonio culturale. 
    2.- Con atto depositato il 4 novembre 2021, si e'  costituita  in
giudizio la Regione Siciliana, in persona del Presidente pro tempore,
chiedendo  che  le  questioni  vengano  dichiarate  inammissibili   e
comunque non fondate. 
    2.1.- L'eccezione di inammissibilita' viene  sollevata  sotto  il
profilo della carente motivazione delle  censure,  deducendo  che  il
ricorrente si sarebbe limitato a indicare il parametro violato, senza
in alcun modo esplicitare le  ragioni  che  militerebbero  in  favore
della tesi dell'illegittimita' costituzionale della norma impugnata. 
    2.2.- Nel merito, la Regione  resistente  esclude  la  violazione
degli artt. 117, secondo comma, lettera s), e 123 Cost., evidenziando
che la disposizione censurata avrebbe reale portata interpretativa  e
integrerebbe espressione della competenza legislativa esclusiva della
Regione Siciliana prevista dall'art. 14, primo comma, lettere  f)  ed
n), dello statuto di autonomia. 
    Al riguardo, viene premesso che sulle  modalita'  di  recepimento
del terzo condono edilizio, ad opera dell'art. 24  della  legge  reg.
Sicilia n. 15 del 2004,  si  e'  instaurato  un  nutrito  contenzioso
nell'ambito del quale il Consiglio di giustizia amministrativa per la
Regione Siciliana, prendendo posizione per  la  prima  volta  con  il
parere n. 291 del 2010, avrebbe interpretato  in  termini  del  tutto
condivisibili il citato art. 24, lettura che  sarebbe  stata  appunto
recepita dalla disposizione impugnata. 
    In particolare, il CGARS avrebbe reiteratamente affermato che  il
divieto di cui all'art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del
2003, come convertito,  andrebbe  inteso  in  Sicilia  come  riferito
unicamente ai vincoli assoluti e non anche a quelli relativi. 
    A sostegno di tale assunto, nel parere n. 291  del  2010  sarebbe
richiamato l'art. 1, comma 1, della legge reg. Siciliana  n.  37  del
1985, attuativa del primo condono edilizio introdotto dalla legge  n.
47 del 1985, ai sensi  del  quale  «[la  legge  n.  47  del  1985]  e
successive modifiche e integrazioni si applica,  ad  eccezione  degli
artt. 3, 5, 23, 24, 25, 29 e  50,  nella  Regione  Siciliana  con  le
sostituzioni, modifiche e integrazioni della presente legge». 
    Il CGARS avrebbe quindi evidenziato che  l'art.  23  della  legge
reg. Siciliana n. 37 del 1985 sostituisce con un unico  articolo  gli
artt. 32 e 33 della  legge  n.  47  del  1985  i  quali,  nella  loro
formulazione originaria, ammettevano - nel definire le condizioni  di
applicabilita'  del  condono  -  la  sanatoria  delle  opere  abusive
realizzate in zone soggette a vincoli di inedificabilita' relativa. 
    In virtu' dell'accorpamento indicato, il testo dei  citati  artt.
32 e 33 vigente nella Regione  Siciliana  sarebbe  impermeabile  alle
modifiche successivamente  apportate  dalla  legislazione  statale  e
quindi coinciderebbe tuttora con la versione iniziale. 
    La vigenza di quanto originariamente previsto dagli artt. 32 e 33
della legge n. 47 del 1985 si tradurrebbe - ha sostenuto il CGARS nel
parere citato - secondo un'esegesi necessariamente sistematica, nella
«salvezza» di quanto previsto dall'art. 23 della legge reg. Siciliana
n. 37 del 1985 che li ha recepiti, con la conseguenza che in  Sicilia
il divieto di cui all'art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n.  269
del 2003, come convertito, «deve considerarsi riferito unicamente  ai
vincoli "assoluti", e non anche a quelli cosiddetti relativi;  per  i
quali ultimi puo', invece, ottenersi la concessione in sanatoria, ove
si realizzino tutte le altre condizioni stabilite dal  predetto  art.
32-33, ancora vigente nella Regione». 
    D'altro  canto,  nell'indicare  i  limiti  al  condono  edilizio,
proprio l'art.  32,  comma  27,  del  d.l.  n.  269  del  2003,  come
convertito,  farebbe  espressamente  salva,  nel  suo   incipit,   la
disciplina contenuta negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del  1985,
che, nel caso della Regione Siciliana, rimarrebbero insensibili  alle
modifiche apportate successivamente dal legislatore statale,  tra  le
quali  appunto  rientrerebbero  i  limiti  introdotti  dal  comma  27
dell'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, come convertito. 
    Inoltre,  non   consistendo   lo   scopo   di   un   vincolo   di
inedificabilita' relativa nell'impedire in se' l'edificazione, bensi'
nel conformarla secondo modalita' che la rendano compatibile  con  la
tutela dell'interesse in funzione  del  quale  il  vincolo  e'  stato
posto, ammettere la sanatoria di opere realizzate in presenza  di  un
vincolo  relativo  all'esito  di  una  valutazione  postuma,  ma   di
contenuto analogo, non determinerebbe alcun  arretramento  di  tutela
del patrimonio culturale. 
    Oltretutto, ad avviso del ricorrente, il divieto di cui  all'art.
32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, come  convertito,
nemmeno   integrerebbe   una   norma    fondamentale    di    riforma
economico-sociale, in quanto tale  idonea  a  vincolare  la  potesta'
legislativa  primaria   regionale,   essendo   priva   di   contenuto
riformatore e non attenendo a un bene comune di  primaria  importanza
per la vita  sociale  ed  economica,  come  invece  richiederebbe  la
costante  giurisprudenza  costituzionale   (vengono   richiamate   le
sentenze n. 198 del 2018, n. 164 del 2009 e n. 378 del 2007). 
    A riscontro di tale assunto, viene osservato che l'art. 32, comma
1, della legge n. 47 del 1985, come modificato dal comma 43 dell'art.
32, del d.l. n. 269  del  2003,  come  convertito,  nel  suo  incipit
prevede testualmente che,  «[f]atte  salve  le  fattispecie  previste
dall'art. 33, il rilascio del titolo  abilitativo  in  sanatoria  per
opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo,  e'  subordinato  al
parere favorevole delle  amministrazioni  preposte  alla  tutela  del
vincolo stesso [...]». 
    Risulterebbe,  quindi,  confermata  la  condonabilita'  di  opere
eseguite  su  immobili  sottoposti  a  vincolo   relativo,   con   la
conseguenza  che,   nella   determinazione   massima   dei   fenomeni
condonabili su cui non potrebbe incidere  il  legislatore  regionale,
non andrebbe inclusa la sanatoria degli  abusi  commessi  nelle  aree
soggette a vincoli di inedificabilita' relativa. 
    Cio' risulterebbe avvalorato anche dai commi  14,  15,  16  e  17
dell'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, come convertito, che prevedono
la possibilita' di  sanatoria  degli  abusi  realizzati  su  aree  di
proprieta' statale, qualora sussista la disponibilita' dello Stato  a
cedere a titolo  oneroso  la  proprieta'  dell'area  su  cui  insiste
l'opera abusiva, anche nel caso di aree soggette ai  vincoli  di  cui
all'art. 32 della legge n. 47 del 1985. 
    Da quanto sin qui complessivamente  osservato  discenderebbe,  ad
avviso della Regione resistente, la non fondatezza del  primo  motivo
di ricorso. 
    2.3.- In ordine alla violazione degli  artt.  3  e  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. (rispettivamente secondo e terzo  motivo  di
ricorso), la Regione Siciliana deduce che tali  censure  poggerebbero
sull'erroneo presupposto  interpretativo  che  il  condono  in  esame
estingua i reati paesaggistici previsti  dall'art.  181  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6  luglio  2002,  n.
137),  e  non  i  reati   edilizi,   caratterizzati   da   disciplina
differenziata e diversa oggettivita' giuridica. 
    Nell'atto di costituzione viene poi evidenziato, richiamando  gli
insegnamenti del CGARS in materia di legislazione  urbanistica  della
Regione Siciliana, che l'estinzione del reato non  inciderebbe  sulla
legittimita'  urbanistica  dell'opera  e  non  risulterebbe  pertanto
vietato  introdurre  una  sanatoria  urbanistica  che  non  determini
l'estinzione  dei  connessi  illeciti  penali,   attesa   la   totale
separazione  logico-concettuale  della  vicenda  penale   da   quella
amministrativa. 
    Sarebbe quindi consentito alla Regione Siciliana,  nell'esercizio
di una propria competenza legislativa, introdurre  ipotesi  ulteriori
di   estinzione   della   difformita'   urbanistica   a   prescindere
dall'illiceita' penale dell'attivita' edilizia svolta. 
    Peraltro, anche questa Corte avrebbe statuito, ad  esempio  nella
sentenza n. 196 del 2004, che gli effetti amministrativi e penali dei
condoni edilizi non debbano  necessariamente  coincidere,  affermando
che la riserva della materia penale in favore del legislatore statale
possa ritenersi violata solo quando la fonte  normativa  integratrice
extra-statale pretenda di introdurre una fattispecie di reato, ma non
anche allorquando concorra alla determinazione del precetto normativo
secondo lo schema della norma penale in bianco. 
    A tale  ultimo  riguardo,  viene  in  particolare  richiamata  la
sentenza n. 46 del 2014 di questa Corte, secondo cui la  legislazione
regionale puo' «concorrere a precisare, secundum legem, i presupposti
di applicazione di  norme  penali  statali,  svolgendo,  in  pratica,
funzioni analoghe a quelle  che  sono  in  grado  di  svolgere  fonti
secondarie statali: cio', particolarmente, quando  la  legge  statale
subordini  effetti  incriminatori   o   decriminalizzanti   ad   atti
amministrativi (o  legislativi)  regionali  (il  riferimento  e',  in
particolare, alle cosiddette norme penali in bianco: sentenze  n.  63
del 2012 e n. 487 del 1989)». 
    In tale prospettiva, la disposizione regionale impugnata  avrebbe
appunto solo precisato i limiti di applicazione  del  terzo  condono,
facolta' peraltro espressamente prevista dall'art. 32 del d.l. n. 269
del 2003, come convertito, che fa salve le competenze delle regioni a
statuto speciale (comma 4), escludendo dalla  possibile  applicazione
del  condono,  nel  rispetto  della  normativa  vigente  in  Sicilia,
solamente gli abusi realizzati nelle aree soggette a vincoli assoluti
(art. 23, della legge reg. Siciliana n. 37 del 1985). 
    Neppure si verificherebbe una disparita' di  trattamento  tra  il
territorio siciliano e il resto d'Italia,  in  quanto  la  violazione
dell'art. 3 Cost. si potrebbe  configurare  solo  se  si  negasse  la
spettanza alla Regione Siciliana del potere di incidere  con  proprie
norme sulla materia di competenza legislativa esclusiva, laddove  «e'
fisiologicamente connaturata allo stesso principio regionalistico  la
possibilita' di regimi differenziati  della  stessa  fattispecie  tra
Regione e Regione» (sentenza n. 46 del  2014),  anche  ammettendo  il
compimento di  attivita'  edilizie  contrastanti  con  gli  strumenti
edilizi, penalmente sanzionate in altre regioni. 
    3.- Con atto depositato il 16 novembre 2021, e'  intervenuta,  ad
adiuvandum,  l'associazione  Legambiente  Sicilia  Aps,  che  si   e'
definita titolare di  un  interesse  qualificato,  inerente  in  modo
diretto e immediato al rapporto dedotto in  giudizio,  avendo  tra  i
propri fini statutari la tutela del patrimonio storico,  artistico  e
culturale del territorio e del paesaggio. 
    4.- Con memoria depositata l'8 marzo 2022, la  Regione  Siciliana
ha chiesto che  l'intervento  spiegato  da  associazione  Legambiente
Sicilia Aps venga dichiarato inammissibile. 
    Nella camera di consiglio dell'11 maggio  2022,  l'intervento  e'
stato dichiarato inammissibile con l'ordinanza di questa Corte n. 134
del 2022. 
    5.- Il 30 maggio 2022, la Regione Siciliana ha depositato memoria
integrativa, richiamandosi alle proprie argomentazioni difensive. 
    In punto di inammissibilita', la Regione resistente  ha  aggiunto
che il ricorso si  caratterizzerebbe  per  perplessita'  e  oscurita'
delle censure, non risultando chiaro se il Presidente  del  Consiglio
dei ministri contesti  l'illegittimita'  costituzionale  della  norma
scaturente dall'interpretazione autentica (cioe'  la  sanabilita'  di
abusi in presenza di vincoli  di  inedificabilita'  relativa)  o  se,
piuttosto, si limiti ad escludere che tale norma possa costituire una
delle opzioni possibili della norma interpretata. In particolare,  il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  non  avrebbe  promosso  una
questione  di  legittimita'  costituzionale,  bensi'  articolato  una
questione interpretativa avente ad oggetto l'art. 24 della legge reg.
Siciliana n. 15 del 2004, al fine di escludere che tale  norma  possa
essere letta nel senso di ritenere ammissibile in  Sicilia  il  terzo
condono edilizio in presenza di vincoli relativi. 
    In ordine alla violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost., la Regione resistente ha precisato che il  ricorrente  non
avrebbe  motivato  adeguatamente  le  ragioni  della  violazione  del
supposto parametro interposto rappresentato dall'art. 181  cod.  beni
culturali; disposizione, quest'ultima, che, anzi,  confermerebbe  che
ad una sanatoria amministrativa non corrisponde sempre una  sanatoria
penale,  in  quanto  la  sanatoria   amministrativa   "postuma"   ivi
disciplinata escluderebbe la sanzione penale solo nei  casi  indicati
dal comma 1-ter del citato art. 181. 
    Nel merito, dopo aver ribadito che l'art. 32, comma  27,  lettera
d), del d.l. n. 269 del 2003, come convertito, non assurge a norma di
grande riforma economico-sociale, la Regione Siciliana ribadisce  che
nemmeno  questa  Corte  avrebbe  mai  riconosciuto  tale  natura.  In
particolare,  nello  stabilire  che  e'  sottratto  allo  spazio   di
intervento  affidato  al  legislatore  delle  regioni  ad   autonomia
particolare «quanto  e'  immediatamente  riferibile  ai  principi  di
questo  intervento  eccezionale  di  "grande  riforma"   (il   titolo
abilitativo edilizio in  sanatoria,  la  determinazione  massima  dei
fenomeni condonabili)» (sentenza n. 194 del 2006), questa  Corte  non
avrebbe  affatto  affermato  che  per  «determinazione  massima   dei
fenomeni condonabili» debbano intendersi i limiti di  cui  al  citato
art.  32,  comma  27.   Ed   infatti,   tale   locuzione   atterrebbe
esclusivamente alla definizione delle volumetrie massime condonabili. 
    In tale prospettiva,  sarebbero  del  tutto  inconferenti  quelle
sentenze richiamate dal ricorrente in cui questa Corte  ha  stabilito
che  -  nell'ambito  della  competenza  legislativa  esclusiva  nella
materia della  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  -
lo Stato puo' continuare ad imporre al legislatore delle  regioni  ad
autonomia speciale, che eserciti  la  propria  competenza  statutaria
nella materia dell'urbanistica, il rispetto delle leggi qualificabili
come «riforme economico-sociali» emanate  nella  materia  di  cui  al
citato art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    6.- Il 1° giugno 2022, la Regione Siciliana ha depositato istanza
di rinvio dell'udienza,  rappresentando  di  aver  condiviso  con  la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per  gli  Affari
regionali e per le autonomie l'opportunita' di istituire un tavolo di
lavoro congiunto per valutare modificazioni alla norma impugnata. 
    7.- Con memoria del 6 giugno 2022, il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri  ha  aderito  all'istanza  di  rinvio  presentata  dalla
Regione. 
    8.- In accoglimento dell'istanza di rinvio, l'udienza pubblica e'
stata rinviata al 22  novembre  2022,  nella  quale  le  parti  hanno
insistito  per  l'accoglimento  delle   conclusioni   formulate   nei
rispettivi scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 6 ottobre 2021 (reg. ric. n. 56 del
2021), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  della  legge  reg.
Siciliana n. 19 del 2021, in riferimento agli artt. 3,  117,  secondo
comma, lettere l) ed s), 123 e 127  della  Costituzione,  nonche'  in
riferimento agli artt. 14 e 27 dello statuto della Regione Siciliana. 
    Con la disposizione impugnata, il legislatore  regionale  intende
fornire l'interpretazione autentica dell'art.  24  della  legge  reg.
Siciliana n. 15 del 2004, che ha recepito in Sicilia il terzo condono
edilizio, previsto dall'art. 32  del  d.l.  n.  269  del  2003,  come
convertito. 
    In forza della disposizione impugnata,  la  menzionata  norma  di
recepimento deve essere interpretata nel senso che e' ammissibile  la
sanatoria delle opere  abusive  «realizzate  nelle  aree  soggette  a
vincoli che non comportino inedificabilita' assoluta». 
    Piu' nel dettaglio, la  disposizione  impugnata  aggiunge  l'art.
25-bis,  «Norma  di  interpretazione  autentica»,  alla  legge   reg.
Siciliana n. 16 del 2016, disponendo quanto segue: 
    «1. L'articolo 24 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15 si
interpreta nel senso che sono  recepiti  i  termini  e  le  forme  di
presentazione delle istanze presentate ai sensi dell'articolo 32  del
decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni
dalla legge  24  novembre  2003,  n.  326,  e  pertanto  resta  ferma
l'ammissibilita' delle istanze  presentate  per  la  regolarizzazione
delle  opere  realizzate  nelle  aree  soggette  a  vincoli  che  non
comportino inedificabilita' assoluta nel rispetto di tutte  le  altre
condizioni prescritte dalla legge  vigente.  2.  Per  la  definizione
delle pratiche di sanatoria di cui al  presente  articolo,  gli  enti
competenti rilasciano il nulla osta entro i  termini  previsti  dalla
normativa vigente». 
    2.- Con il primo motivo di  ricorso,  il  ricorrente  lamenta  la
violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera  s),  123  e  127,
Cost., nonche' degli artt. 14 e 27 dello  statuto  di  autonomia,  in
quanto la disposizione impugnata, pur  espressione  della  competenza
statutaria   primaria   della   Regione   Siciliana   nelle   materie
dell'urbanistica e della tutela del paesaggio (art. 14, primo  comma,
lettere f e  n),  contrasterebbe  con  la  norma  di  grande  riforma
economico-sociale contenuta nel gia' richiamato art.  32,  comma  27,
lettera d), del d.l. n. 269 del 2003, come convertito. 
    In   particolare,   la    disposizione    impugnata,    limitando
espressamente l'esclusione della sanatoria alle sole aree  sottoposte
a vincoli di "inedificabilita' assoluta", estenderebbe implicitamente
il condono edilizio anche alle opere realizzate nelle  aree  soggette
ad altri possibili vincoli (di cosiddetta inedificabilita' relativa),
in violazione dell'invocato parametro interposto. 
    L'impugnato art. 1, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 19 del
2021 non potrebbe avere - ad avviso del Presidente del Consiglio  dei
ministri - carattere interpretativo bensi' innovativo (si tratterebbe
di norma surrettiziamente nuova e «retroattiva approvata  a  distanza
di quasi diciassette anni») e  contrasterebbe  con  l'indicata  norma
statale ritenuta di grande riforma economico-sociale. 
    Le limitazioni di cui al citato art. 32, comma  27,  lettera  d),
del d.l. n. 269 del 2003, come convertito, sarebbero state introdotte
dallo Stato nell'esercizio  della  competenza  legislativa  esclusiva
nella materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali» (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.). 
    L'impugnato art. 1, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 19 del
2021  eccederebbe  quindi  dai  limiti  alla   potesta'   legislativa
regionale,  sanciti  dallo  statuto  regionale  (le  grandi   riforme
economico-sociali), in violazione dei  parametri  costituzionali  che
regolano la formazione delle leggi regionali (artt. 123 e 127 Cost.),
con invasione, al contempo, della  sfera  di  competenza  legislativa
esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.). 
    Quanto  alle  norme  di  grande  riforma  economico-sociale,  nel
ricorso viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 196 del  2004
con cui - in relazione al terzo condono -  si  e'  affermato  che  le
previsioni  concernenti  la  determinazione  massima   dei   fenomeni
condonabili afferiscono al limite, posto  alle  potesta'  legislative
primarie delle regioni a statuto speciale, rappresentato dalle grandi
riforme economico-sociali.  In  particolare,  quelle  operanti  nelle
materie  della  tutela  dell'ambiente,  dei  beni  culturali  e   del
paesaggio, con conseguente grave diminuzione del  livello  di  tutela
garantito nell'intero territorio nazionale. 
    2.1.- Nel ricostruire il  quadro  normativo  di  riferimento,  il
Presidente del Consiglio dei ministri si e' soffermato sulla  portata
applicativa  della  norma  che  la  Regione   Siciliana   ha   inteso
interpretare. 
    Ad avviso del ricorrente, l'art. 24 della legge reg. Siciliana n.
15 del 2004, nel rinviare all'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003,  come
convertito,   senza   limitazioni   di   sorta,   avrebbe    recepito
integralmente il suo contenuto  precettivo,  inclusi  i  limiti  alla
sanatoria dettati dal comma 27, lettera d). 
    In questo senso, si sarebbe ripetutamente pronunciata la Corte di
cassazione penale, valorizzando il dato letterale del citato art. 24,
sia pure non in linea con l'orientamento espresso dal CGARS,  secondo
il  quale  il  rinvio  alla  legislazione  statale  dovrebbe   invece
intendersi  limitato  ai  termini  e  alle  forme  di   presentazione
dell'istanza di sanatoria. Ad avviso del CGARS, infatti,  nell'ambito
della  Regione  Siciliana  dovrebbe  continuare  ad   applicarsi   la
disciplina attuativa del primo condono edilizio, prevista dalla legge
statale n. 47 del 1985 e recepita dalla legge reg.  Siciliana  n.  37
del 1985, preclusiva della sanatoria solo  a  fronte  di  vincoli  di
inedificabilita' assoluta. 
    Questa soluzione sarebbe pero',  ad  avviso  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  palesemente  errata,  in  quanto  -   come
evidenziato dalla Corte di cassazione - una legge regionale anteriore
non potrebbe prevalere su una disciplina nazionale successiva. 
    E' per  tale  ragione  che,  sempre  secondo  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, dovrebbe escludersi la natura  interpretativa
della disposizione impugnata,  posto  che  la  medesima  estende  con
efficacia retroattiva l'ambito di applicazione del condono ad ipotesi
non consentite dalla norma che intende  interpretare,  e  quindi  non
rientranti nelle possibili varianti di senso del testo originario. 
    3.- La Regione Siciliana, nella costituzione in giudizio e  nella
successiva memoria, ha eccepito l'inammissibilita' delle censure, per
oscurita' e difetto  di  motivazione,  in  quanto  il  ricorrente  si
sarebbe limitato a indicare i parametri violati,  senza  indicare  le
ragioni a sostegno del vulnus lamentato. 
    3.1.- Le eccezioni non sono fondate. 
    Invero, il Presidente del Consiglio dei ministri ricostruisce  il
quadro normativo, nazionale e regionale, attinente al  terzo  condono
edilizio  ed  esamina  la  relativa  giurisprudenza   costituzionale,
amministrativa e penale, motivando adeguatamente sulla violazione dei
parametri invocati. 
    4.- Nel merito, sono fondate le questioni promosse in riferimento
agli artt. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e 14  dello  statuto
della Regione Siciliana. 
    Va premesso che  la  disposizione  impugnata,  a  dispetto  della
qualificazione  fornita  dal  legislatore  regionale,  ha   carattere
innovativo perche'  -  consentendo,  con  efficacia  retroattiva,  la
sanatoria delle opere realizzate nelle aree  soggette  a  vincoli  di
inedificabilita' relativa -  e'  in  evidente  contrasto  con  quanto
stabilito dalla disposizione che intende interpretare. 
    Gia' sulla base della sua portata letterale, infatti,  l'art.  24
della legge reg. Siciliana n.  15  del  2004  richiama  espressamente
l'art. 32 del d.l. n.  269  del  2003,  come  convertito,  nella  sua
integralita'. Di conseguenza, tale rinvio riguarda non solo i termini
e le forme della richiesta di concessione in sanatoria,  ma  anche  i
limiti entro i quali questa deve essere rilasciata,  tra  cui  quello
previsto  dal  citato  comma  27,  lettera  d),  dell'art.  32,   che
attribuisce «carattere ostativo alla sanatoria anche in  presenza  di
vincoli che non comportino l'inedificabilita' assoluta» (sentenza  n.
117 del 2015; in senso conforme, sentenze n. 181 del 2021, n. 225 del
2012, n. 290 e n. 54 del 2009 e n. 196 del 2004). Fra questi, ma  non
solo, come prescrive la citata lettera d), vi sono «i vincoli imposti
a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde  acquifere,  dei
beni ambientali  e  paesistici,  nonche'  dei  parchi  e  delle  aree
protette nazionali, regionali e provinciali qualora  istituiti  prima
della esecuzione di tali opere,  in  assenza  o  in  difformita'  del
titolo abilitativo e non conformi  alle  norme  urbanistiche  e  alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici». 
    In tal senso, si e' espressa ripetutamente, tra l'altro, la Corte
di cassazione penale, chiarendo, in termini che questa  Corte  reputa
condivisibili, che la legge reg. Sicilia n. 37 del 1985, nel recepire
il primo condono edilizio, che ammetteva la sanatoria in presenza  di
vincoli  relativi,  non  puo'  prevalere  sulla   normativa   statale
sopravvenuta che disciplina, in ogni suo aspetto,  il  terzo  condono
edilizio  e  che  e'  anch'essa  recepita  dalla  citata  legge  reg.
Siciliana n. 15 del 2004 (Corte di cassazione, sezione terza  penale,
sentenze 24 giugno 2021, n. 30693, 8 aprile  2016,  n.  45527,  e  27
ottobre 2011, n. 45977). 
    Non pare condivisibile, invece,  il  diverso  avviso  del  CGARS,
adunanza del 31 gennaio 2012, parere n. 291 del  2010,  secondo  cui,
nell'ambito  della  Regione   Siciliana,   dovrebbe   continuare   ad
applicarsi  la  disciplina  attuativa  del  primo  condono  edilizio,
prevista dalla legge n. 47 del 1985, preclusiva della sanatoria  solo
a fronte di vincoli di inedificabilita' assoluta. 
    Deve dunque escludersi che l'applicabilita' del condono  edilizio
in presenza di vincoli relativi possa  rientrare  «tra  le  possibili
varianti di senso del testo originario» dell'art. 24 della legge reg.
Siciliana n. 15 del 2004 (sentenze n. 70 del 2020 e n. 73 del 2017). 
    4.1.- Cio' premesso, e' ben vero che la  disposizione  impugnata,
nella  sua  portata  innovativa,  e'  espressione  della   competenza
statutaria   primaria   della   Regione   Siciliana   nelle   materie
dell'urbanistica e della tutela del paesaggio (art. 14, primo  comma,
lettere f ed n), tuttavia e' altresi' vero che essa, ai  sensi  dello
stesso art. 14, deve  essere  esercitata  «senza  pregiudizio»  delle
riforme economico-sociali, che assurgono, dunque, a limite  "esterno"
della potesta' legislativa primaria. Le "grandi riforme" sono  quindi
individuate,  nel  caso  di   specie,   dal   legislatore   nazionale
nell'esercizio delle sue competenze esclusive in materia di  ambiente
(art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.). 
    Infatti, questa Corte ha piu' volte affermato che,  in  relazione
alle competenze legislative di tipo primario previste  dagli  statuti
speciali, lo spazio di intervento affidato al legislatore  regionale,
con riguardo alla disciplina del condono edilizio, e' circoscritto  -
oltre  che  dal  limite  della  materia  penale  -  da   «quanto   e'
immediatamente  riferibile   ai   principi   di   questo   intervento
eccezionale di "grande riforma" (il titolo  abilitativo  edilizio  in
sanatoria,  la  determinazione  massima  dei  fenomeni  condonabili)»
(sentenza n. 196 del 2004; in senso conforme,  sentenza  n.  232  del
2017). 
    In riferimento al caso in esame, assurgono pertanto  a  norme  di
grande riforma economico-sociale le previsioni statali relative  alla
determinazione  massima  dei   fenomeni   condonabili,   cui   devono
senz'altro ricondursi quelle che individuano le  tipologie  di  opere
insuscettibili di sanatoria ai sensi dell'art. 32, comma 27, del d.l.
n. 269 del 2003, come convertito,  incluso  il  limite  di  cui  alla
lettera d). 
    Quest'ultimo,  infatti,  e'  stato  introdotto  dal   legislatore
statale nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva, di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    La diposizione impugnata eccede quindi i  limiti  della  potesta'
legislativa primaria della Regione Siciliana sanciti dallo statuto di
autonomia. 
    4.2.- In ragione  di  quanto  sin  qui  illustrato,  deve  essere
dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 1,  comma  1,  della
legge reg. Siciliana n. 19 del 2021 per violazione degli  artt.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. e 14  dello  statuto  della  Regione
Siciliana. 
    5.- Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
va  inoltre  dichiarata,  in  via  conseguenziale,   l'illegittimita'
costituzionale delle residue disposizioni della legge reg.  impugnata
n. 19 del 2021 (artt. 1, comma 2, e 2),  che  difettano  di  autonoma
portata  a  seguito  della  caducazione  della  norma  censurata  (ex
plurimis, sentenze n. 117 del 2022 e n. 77 del 2021; sul  tema  anche
sentenza n. 68 del 2022). Infatti, il comma 2 dell'art. 1  stabilisce
che il nulla osta previsto dalla disposizione  impugnata  venga  reso
entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, ovvero,  nel
caso di istanza di riesame, dalla data di presentazione della stessa;
l'art. 2 dispone che il testo legislativo entri in vigore  il  giorno
stesso della pubblicazione. 
    6.- Restano assorbite le questioni promosse in  riferimento  agli
artt. 3, 117, secondo comma, lettera l), 123 e  127,  Cost.,  nonche'
all'art. 27 dello statuto della Regione Siciliana.