ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  669-quater
del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale  ordinario  di
Siena, in funzione di giudice del lavoro, nel  procedimento  vertente
tra la Banca Monte dei Paschi di Siena spa e L. D.S.,  con  ordinanza
del 30 marzo 2022, iscritta al n. 81 del registro  ordinanze  2022  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  33,  prima
serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 febbraio 2023  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 febbraio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 30  marzo  2022,  iscritta  al  n.  81  del
registro ordinanze del 2022, il  Tribunale  ordinario  di  Siena,  in
funzione  di  giudice  del  lavoro,   ha   sollevato   questioni   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  669-quater  del  codice   di
procedura  civile,  in  riferimento  agli  artt.   3   e   24   della
Costituzione. 
    1.1.- Il rimettente premette di essere investito del ricorso  per
provvedimento d'urgenza ante causam ai sensi dell'art. 700 cod. proc.
civ., promosso dalla Banca Monte dei Paschi di Siena spa,  a  cautela
della fruttuosita' della preannunciata  azione  di  merito  volta  ad
ottenere l'accertamento della violazione,  da  parte  di  L.  D.S.  -
dipendente dell'istituto di credito con mansioni di  gestore  private
banking, dimessosi con procedura telematica il 5  gennaio  2022,  con
decorrenza dal  7  gennaio  2022  -  del  patto  di  non  concorrenza
stipulato il 26 giugno 2019, previo accertamento  della  validita'  e
dell'efficacia dello stesso, l'inibitoria dei comportamenti con  esso
contrastanti e la condanna del resistente al pagamento  della  penale
pattuita, oltre interessi e  rivalutazione,  e  al  risarcimento  del
maggior danno. 
    Il giudice a quo precisa di avere, in accoglimento della istanza,
con decreto del 19 gennaio 2022, ordinato al lavoratore di  astenersi
immediatamente dalla violazione del patto di non concorrenza, vigente
alla  data  delle  sue  dimissioni,  in  pregiudizio  della  societa'
ricorrente, fissando l'udienza per la  conferma,  la  modifica  o  la
revoca del decreto reso ai sensi dell'art. 669-sexies, secondo comma,
cod. proc. civ. 
    Espone, ancora, il rimettente che, nel costituirsi  nel  giudizio
cautelare,  la  parte  resistente  ha  eccepito  l'incompetenza   del
Tribunale di Siena  in  favore  del  Tribunale  ordinario  di  Lucca,
chiedendo revocarsi il provvedimento d'urgenza emesso inaudita altera
parte. A tal fine ha dedotto di aver promosso, con  ricorso  ex  art.
414 cod. proc. civ., depositato innanzi al Tribunale di  Lucca  il  7
gennaio 2022 - data di decorrenza delle  rassegnate  dimissioni  -  e
notificato alla Banca Monte dei Paschi di Siena  spa  il  17  gennaio
2022, alle ore 14,45, un giudizio di cognizione ordinaria, avente  ad
oggetto l'accertamento che egli non stesse svolgendo alcuna attivita'
in contrasto con il patto di non concorrenza stipulato con la datrice
di lavoro il 26 giugno 2019 e che,  pertanto,  non  fosse  tenuto  al
versamento  dell'importo   ivi   previsto   a   titolo   di   penale;
l'accertamento  della  nullita',   dell'annullabilita'   o   comunque
dell'inefficacia del patto di non concorrenza; in via subordinata, la
riduzione della clausola penale e della durata del medesimo patto  di
non concorrenza nonche' dell'estensione territoriale  della  relativa
efficacia alla sola provincia di Lucca. 
    1.2.-  Tanto  premesso,  il  Tribunale  di  Siena  dubita   della
legittimita' costituzionale dell'art. 669-quater cod. proc. civ., del
quale ritiene di essere  chiamato  a  fare  applicazione  in  ragione
dell'eccezione di incompetenza formulata dalla parte resistente. 
    1.2.1.- Il rimettente muove dal presupposto secondo il quale tale
disposizione - cosi' come interpretata dalla giurisprudenza di merito
assurta, per la sua uniformita', a diritto vivente -, nel caso in cui
penda un  giudizio  di  cognizione  in  rapporto  di  continenza  con
l'azione di merito preannunciata nel ricorso cautelare  ante  causam,
impone al giudice della cautela di dichiarare la propria incompetenza
in favore del giudice della causa continente e, quindi,  di  revocare
il  provvedimento  cautelare  inaudita  altera  parte   eventualmente
concesso. 
    1.2.2.-  Argomenta,  a  tal  fine,  il  giudice  a  quo  che   la
«specularita'   contrapposta,   alternativa,   degli    oggetti    in
comparazione» -  da  una  parte,  l'azione  di  cognizione  ordinaria
preannunciata dalla societa' ricorrente  con  la  domanda  cautelare,
avente ad oggetto  l'accertamento  della  violazione,  da  parte  del
proprio dipendente, del patto  di  non  concorrenza,  e,  dall'altra,
l'azione di cognizione ordinaria esercitata dal lavoratore, avente ad
oggetto l'accertamento dell'illiceita'  dello  stesso  patto  di  non
concorrenza  e  della  sua  mancata  violazione  -  ha   indotto   la
giurisprudenza  di  merito  a  ritenere  l'incompetenza  del  giudice
successivamente  adito  in  via  cautelare  in   favore   di   quello
preventivamente adito in sede di cognizione  ordinaria  «generalmente
attingendo all'istituto della continenza, talora alla  litispendenza,
come alla connessione». 
    A giudizio del rimettente, dalle numerose decisioni di merito che
aderiscono  a  tale  ricostruzione  si   ricaverebbe,   infatti,   un
orientamento «ormai stabilizzato», e,  quindi,  un  diritto  vivente,
rispetto al quale un percorso interpretativo difforme si  rivelerebbe
«[i]mprevedibile, inatteso e privo di segnali anticipatori». 
    E' ben vero, precisa il giudice a quo, che la Corte di cassazione
ha chiarito che alcune pronunce rese dalla giurisprudenza  di  merito
non sono idonee a integrare un diritto vivente, essendo  a  tal  fine
necessari stabili approdi interpretativi del giudice di legittimita'.
Tuttavia, non e' agevole reperire un orientamento di legittimita'  in
materia cautelare, avendo la stessa Corte di cassazione affermato che
il provvedimento d'urgenza  ex  art.  700  cod.  proc.  civ.  non  e'
autonomamente impugnabile, neppure con ricorso straordinario ai sensi
dell'art. 111 Cost. 
    Osserva,  quindi,  il  rimettente  che,   come   chiarito   dalla
giurisprudenza di legittimita', sussiste  continenza  quando  le  due
cause pendenti contemporaneamente tra gli stessi soggetti  davanti  a
giudici  diversi  abbiano  ad  oggetto  domande   interdipendenti   o
contrapposte, relative ad un unico  rapporto  negoziale,  nonche',  e
piu'  in  generale,  quando  questioni   dedotte   con   la   domanda
anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto,  alla
stregua di un nesso  di  pregiudizialita'  logico-giuridica,  per  la
definizione del giudizio successivo,  come  nell'ipotesi  in  cui  le
contrapposte domande abbiano ad oggetto il riconoscimento e la tutela
di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il  loro  esito  dipenda
dalla soluzione di una o piu' questioni comuni. 
    Il principio espresso dai  giudici  di  legittimita'  -  prosegue
l'ordinanza di rimessione - sarebbe «assolutamente sintonico» con  la
richiamata  giurisprudenza  di  merito,  secondo  la   quale,   nella
fattispecie in questione, la preventiva instaurazione di un  giudizio
a cognizione piena, in rapporto di continenza con la causa di  merito
prefigurata  nel  ricorso  d'urgenza  ante   causam   successivamente
promosso,  comporta  l'attrazione  della  decisione   sulla   domanda
cautelare  alla  competenza  del  giudice  della  causa   di   merito
preventivamente adito. 
    1.2.3.-  Sulla  base  dell'esposta  premessa  interpretativa,  il
giudice  a  quo  deduce  che  la  norma  in  scrutinio,   comportando
l'immediato venir meno  dell'efficacia  del  provvedimento  cautelare
adottato  in   assenza   di   contraddittorio,   determinerebbe   una
irragionevole disparita' di trattamento rispetto al processo  penale,
nel quale, ai sensi dell'art. 27 del codice di procedura  penale,  la
misura cautelare emessa dal giudice incompetente perde efficacia solo
se, decorsi venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli  atti,
il giudice competente non provvede a norma degli artt. 292, 317 e 321
cod. proc. pen. 
    Il rimettente da' atto che il meccanismo previsto per il processo
penale non puo' essere esteso al processo civile, ma ritiene  che  la
sottolineata differenza renda evidente una  irragionevole  disparita'
di trattamento in contrasto con l'art. 3 Cost.  e,  al  contempo,  la
violazione del diritto di azione, avuto riguardo alla coessenzialita'
della tutela cautelare - e, in particolare, della tutela d'urgenza ex
art. 700 cod. proc. civ. - alla garanzia espressa dall'art. 24  Cost.
Infatti, mancando nel processo civile un meccanismo di  conservazione
dell'efficacia del provvedimento cautelare analogo a quello  previsto
per il processo penale, si determinerebbe, nella situazione indicata,
un vuoto di tutela cautelare «anzitutto» nel caso in cui la parte che
invochi una misura cautelare sul presupposto della minaccia imminente
di un pregiudizio irreparabile non sia a conoscenza della prevenzione
del giudizio di merito e «si affermi pertanto in buona fede  titolare
di un diritto cautelando». 
    Una discontinuita'  della  tutela,  prosegue  il  rimettente,  si
evidenzierebbe  poi  anche  nell'ipotesi  in  cui  il  ricorrente  in
cautela, pur essendo a conoscenza  della  pendenza  del  giudizio  di
merito, intenda avvalersi di un foro alternativo, poiche'  «anche  in
questa ipotesi, non appare irragionevole ritenere che, alcuna  azione
di condanna a tutela del proprio credito  sia  stata  esercitata  nel
giudizio preventivamente instaurato altrove, che in alcun modo  possa
porsi in  relazione  di  necessaria  strumentalita'  con  la  cautela
azionata». 
    Nel caso di specie, il  vuoto  di  tutela  cautelare  deriverebbe
dalla   necessita'   di   dichiarare,   in   ragione    dell'eccepita
incompetenza,  l'invalidita'  e   l'inefficacia   del   provvedimento
cautelare  concesso  inaudita  altera   parte   a   norma   dell'art.
669-sexies, secondo comma, cod. proc.  civ.,  nonostante  continui  a
sussistere il  rischio  che,  per  opera  del  lavoratore  dimessosi,
ingenti masse patrimoniali possano transitare, in un breve  lasso  di
tempo, dalla banca ricorrente alla concorrenza. 
    2.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  la  dichiarazione  di  inammissibilita',  e
comunque di non fondatezza, delle questioni. 
    2.1.-    La    difesa    statale    ha,    anzitutto,    eccepito
l'inammissibilita' delle questioni per difetto di  motivazione  sulla
rilevanza e sulla non manifesta infondatezza. 
    Sotto il primo profilo, l'interveniente rileva che  il  Tribunale
rimettente, per un verso, ha  dedotto  che  il  denunziato  vuoto  di
tutela deriverebbe dalla circostanza che la ricorrente nel giudizio a
quo, all'atto della notifica del ricorso  cautelare  (il  17  gennaio
2022, ore 15,33), non poteva  avere  conoscenza  della  pendenza  del
giudizio di merito radicato dinanzi al Tribunale di Lucca, posto  che
il ricorso e il decreto di  fissazione  di  udienza  le  erano  stati
notificati solo pochi minuti prima (il 17 gennaio 2022, ore 14,45). 
    Tuttavia, rimarca la difesa dello  Stato,  lo  stesso  rimettente
ravvisa un vuoto di tutela anche nel caso  in  cui  il  soggetto  che
invoca la misura cautelare, pur essendo a conoscenza  della  pendenza
del giudizio di merito continente, intenda,  cionondimeno,  avvalersi
di un foro territoriale alternativo, nella specie ai sensi  dell'art.
413 cod. proc. civ. 
    Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, la  questione  di
legittimita' costituzionale  non  potrebbe  essere  indifferentemente
basata su entrambe le indicate prospettazioni del fatto processuale. 
    Il  dubbio  nell'inquadramento  della  situazione  processuale  -
prosegue l'interveniente -  inficia  altresi'  la  motivazione  sulle
ragioni della dedotta violazione degli artt. 3 e 24 Cost.,  essendosi
il giudice a quo limitato a  evocare  tali  parametri  costituzionali
senza, tuttavia, chiarire in  che  modo  l'incompetenza  del  giudice
adito per secondo comporterebbe, nei casi alternativamente descritti,
un vuoto di tutela. 
    2.1.1.- La difesa  dello  Stato  reputa  le  questioni  sollevate
comunque  inammissibili  per  insufficiente   interpretazione   della
disposizione oggetto di censura. 
    L'interveniente, pur ritenendo corretto l'assunto  per  il  quale
ricorre una relazione di continenza tra l'azione  di  nullita'  o  di
accertamento  negativo  del  patto  di  non  concorrenza  previamente
proposta dinanzi al Tribunale di Lucca dal resistente nel giudizio  a
quo e la domanda di  adempimento  del  medesimo  patto  preannunciata
dalla parte datoriale con la domanda cautelare  avanzata  davanti  al
Tribunale di  Siena,  reputa,  per  contro,  inesatta  l'affermazione
secondo la quale, nel caso in cui la domanda  "contenuta"  non  venga
proposta come domanda di merito, ma di essa si chieda l'anticipazione
cautelare,  debba   necessariamente   trovare   applicazione   l'art.
669-quater cod. proc. civ. 
    La disposizione censurata, nel prevedere che, nel caso in cui  la
causa di merito, la cui fruttuosita' debba essere  assicurata  da  un
provvedimento cautelare, penda davanti  ad  un  determinato  giudice,
l'istanza cautelare va rivolta a quest'ultimo,  si  riferirebbe  alla
medesima domanda di merito, cioe' ad una  domanda  caratterizzata  da
identici soggetti, petitum e causa petendi. 
    La ratio della  previsione  in  scrutinio  coinciderebbe  con  la
finalita' di unificare la cognizione cautelare e  di  merito  dinanzi
allo stesso giudice del  processo  di  cognizione,  onde  evitare  la
scissione delle due tutele,  attesa  l'inidoneita'  del  procedimento
cautelare a pervenire ad un provvedimento definitivo. 
    Per contro, secondo la difesa statale, se la causa di merito gia'
pendente e' caratterizzata da un  petitum  e  da  una  causa  petendi
diversi  da  quelli  della  domanda  preannunciata  nel  procedimento
cautelare autonomo successivamente promosso, l'art.  669-quater  cod.
proc. civ. «non e' necessariamente applicabile». 
    Infatti, il giudice adito con la domanda cautelare,  in  caso  di
pendenza  di  un  giudizio  di  merito  avvinto  da  un  rapporto  di
continenza alla causa ivi prefigurata,  dovrebbe  pronunciarsi  sulla
cautela e, in caso  di  accoglimento,  fissare  il  termine  ex  art.
669-octies, primo comma, cod.  proc.  civ.,  per  l'introduzione  del
giudizio di merito, spettando, poi, al  giudice  di  questo  processo
valutare se sussista la continenza  ed  eventualmente  provvedere  ai
sensi dell'art. 39, secondo  comma,  cod.  proc.  civ.,  fissando  il
termine  per  la  riassunzione  del  processo  davanti   al   giudice
preventivamente adito. 
    2.2.- In subordine, l'Avvocatura generale dello Stato  assume  la
non fondatezza delle questioni sollevate. 
    2.2.1.- Non risulterebbe, anzitutto, precisata la ragione per  la
quale la disposizione censurata si porrebbe in contrasto con l'art. 3
Cost., non  essendo  chiaro  se  la  fattispecie  assunta  a  tertium
comparationis sia quella delineata dall'art. 27 cod. proc. pen. 
    Ritiene, comunque, l'interveniente che la disciplina delle misure
cautelari penali non possa essere posta a confronto  con  quella  del
processo cautelare civile, essendo diverse le rispettive finalita'. 
    2.2.2.- Secondo la  difesa  statale,  la  questione  non  sarebbe
fondata neanche in riferimento all'art. 24 Cost. 
    Il principio secondo il quale la tutela cautelare costituisce  un
contenuto essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale  sarebbe
violato soltanto nel caso in cui l'azione cautelare venisse del tutto
esclusa dai mezzi di difesa di un determinato diritto. 
    Tale evenienza -  argomenta  l'interveniente  -  e',  invece,  da
escludersi nel caso in scrutinio, in quanto l'art.  669-septies  cod.
proc. civ., non esaminato dal  rimettente,  dispone  chiaramente  che
l'ordinanza di incompetenza  non  preclude  la  riproposizione  della
domanda cautelare. 
    2.2.3.- In merito alla censura che lamenta che la disposizione in
scrutinio impedirebbe alla parte interessata di avvalersi di uno  dei
fori  alternativi  accordati  dall'art.  413  cod.  proc.  civ.,   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  osserva  che,  in  caso  di
competenze concorrenti, il sistema del processo civile non offre alla
parte  una  garanzia  assoluta  della  possibilita'   di   rivolgersi
facoltativamente ad uno dei giudici indicati come  competenti,  posto
che, a norma degli artt. 39 e 40 cod. proc. civ., la continenza e  la
connessione tra cause  determinano  sempre  una  modificazione  delle
regole sulla competenza, attribuendola ad un solo giudice in base  al
criterio della prevenzione (art. 39,  secondo  e  terzo  comma,  cod.
proc. civ.) o dell'accessorieta' (art. 40, primo  comma,  cod.  proc.
civ.). 
    Secondo  la  difesa  statale,  alla  base  di   tali   previsioni
risiederebbero le esigenze di semplificazione, di concentrazione e di
ragionevole durata del processo garantite dall'art. 111, primo comma,
Cost. 
    2.2.4.- Non avrebbe fondamento  neppure  il  rilievo  secondo  il
quale, nella fattispecie in scrutinio, la  tutela  cautelare  sarebbe
limitata in ragione della mancata conoscenza, da parte  del  soggetto
che invoca il provvedimento cautelare, della prevenzione del giudizio
di merito. 
    Osserva, al riguardo, l'Avvocatura generale dello  Stato  che,  a
mente dell'art. 39, terzo comma, cod. proc. civ., la prevenzione puo'
essere determinata dal semplice deposito dell'atto  introduttivo  del
giudizio, ove questo debba essere instaurato con  ricorso,  ne'  tale
meccanismo puo' recare vulnus al principio di uguaglianza, posto  che
rientra nella discrezionalita' del legislatore differenziare le forme
processuali,  proprio  al   fine   di   salvaguardare   l'uguaglianza
sostanziale. 
    Da ultimo, l'interveniente sottolinea che, comunque, nel caso  di
specie il ricorso cautelare, che il rimettente  assume  pregiudicato,
risulta essere stato depositato dieci giorni  dopo  il  deposito  del
ricorso introduttivo del giudizio di merito. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Siena, in funzione di  giudice  del
lavoro, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 669-quater
cod. proc.  civ.,  nella  parte  in  cui,  secondo  l'interpretazione
offertane da un  consolidato  orientamento  della  giurisprudenza  di
merito, ove penda un giudizio di cognizione in rapporto di continenza
con la causa di merito prefigurata in un successivo ricorso cautelare
ante causam, impone al giudice della cautela di dichiarare la propria
incompetenza  in  favore   del   giudice   della   causa   continente
preventivamente adito. 
    Ad  avviso  del  rimettente,  la  disposizione  censurata,  cosi'
interpretata,  contrasterebbe  con  l'art.  3   Cost.,   in   quanto,
comportando, quale conseguenza della declinatoria di  competenza  del
giudice della cautela in favore di quello  del  processo  continente,
l'inefficacia del provvedimento cautelare  concesso  inaudita  altera
parte, determinerebbe una  irragionevole  disparita'  di  trattamento
rispetto a quanto si verifica nel processo penale, nel quale, a norma
dell'art. 27 cod. proc. pen., la misura cautelare emessa dal  giudice
incompetente perde efficacia solo  se,  decorsi  venti  giorni  dalla
ordinanza di trasmissione  degli  atti,  il  giudice  competente  non
provveda ai sensi degli artt. 292, 317 e 321 cod. proc. pen. 
    Sarebbe, inoltre, violato  l'art.  24  Cost.,  in  quanto,  nella
situazione indicata, la norma in scrutinio determinerebbe un vuoto di
tutela anzitutto nel caso in cui la parte che invoca la cautela,  non
essendo a conoscenza della pendenza della causa di merito continente,
abbia introdotto in buona fede il procedimento cautelare ante  causam
dinanzi ad un diverso giudice astrattamente competente. 
    Un  vuoto  di  tutela  cautelare  si  verificherebbe,   altresi',
nell'ipotesi in cui, pur essendo a conoscenza di  tale  pendenza,  la
stessa parte intenda avvalersi di un foro  territoriale  alternativo,
giacche'  nel  giudizio  preventivamente  instaurato  non  e'   stata
avanzata  alcuna  domanda  rispetto  alla  quale  l'esperita   azione
cautelare si ponga in relazione di strumentalita'. 
    2.- Va preliminarmente dato  conto  delle  diverse  eccezioni  di
inammissibilita' sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri,
intervenuto nel giudizio con il patrocinio  dell'Avvocatura  generale
dello Stato. 
    2.1.- La difesa statale ha, anzitutto,  eccepito  il  difetto  di
motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza  delle
questioni proposte. 
    Una  prima  ragione  di  inammissibilita'   discenderebbe   dalla
formulazione in termini di irrisolta alternativita' della censura che
denunzia il vuoto di tutela cautelare, per essere la  stessa  basata,
al contempo, sia sulla  impossibilita',  per  il  ricorrente  in  via
cautelare in buona fede, di conoscere materialmente la  pendenza  del
giudizio di merito continente, sia sull'impedimento,  per  lo  stesso
richiedente la cautela, ad avvalersi di un altro foro concorrente  ai
sensi dell'art. 413, secondo comma, cod. proc. civ. in ragione  della
preventiva instaurazione della causa di merito continente. 
    L'interveniente lamenta, altresi', la carenza  della  motivazione
sulle ragioni della dedotta violazione degli artt. 3 e 24 Cost.,  per
essersi  il  giudice  a  quo  limitato  a  evocare   tali   parametri
costituzionali senza, tuttavia, chiarire in che  modo  l'incompetenza
del   giudice   adito   per   secondo   comporterebbe,    nei    casi
alternativamente descritti, un vuoto di tutela. 
    La difesa dello Stato reputa, poi, le questioni inammissibili per
«insufficiente interpretazione delle norme denunciate»,  nonche'  per
l'erroneita' - oltre che  per  la  carenza  di  motivazione  -  della
premessa interpretativa secondo la quale, in caso di  continenza  tra
la causa di merito previamente introdotta e il procedimento cautelare
successivamente promosso davanti ad un diverso  ufficio  giudiziario,
la domanda cautelare non potrebbe essere esaminata dal giudice adito,
il quale dovrebbe dichiararsi  incompetente  in  favore  del  giudice
della causa continente. 
    3.- L'eccezione da ultimo  illustrata  ha  carattere  logicamente
preliminare rispetto alle altre  e  pertanto  deve  essere  esaminata
prioritariamente. 
    Essa  e'  fondata,  sia  pure  alla  stregua   di   un   percorso
argomentativo parzialmente diverso  da  quello  svolto  dalla  difesa
statale. 
    3.1.- I dubbi  di  illegittimita'  costituzionale  sollevati  dal
rimettente traggono origine  dall'interpretazione  -  accolta  da  un
cospicuo numero di pronunce  di  merito,  per  lo  piu'  adottate  da
giudici del lavoro e in fattispecie analoghe  a  quella  oggetto  del
processo principale - secondo la quale, ai  fini  dell'individuazione
della competenza cautelare pendente iudicio, per «causa pendente  per
il merito» ai sensi dell'art. 669-quater,  primo  comma,  cod.  proc.
civ. deve intendersi anche il giudizio di cognizione avvinto  da  una
relazione di continenza a quello prefigurato nella domanda  cautelare
ante causam. 
    Tale esegesi poggia sull'orientamento di legittimita' secondo  il
quale la disciplina della continenza dettata  dall'art.  39,  secondo
comma, cod. proc. civ. non trova applicazione  solo  nell'ipotesi  in
cui due cause, pendenti contemporaneamente tra  gli  stessi  soggetti
davanti a giudici diversi, condividono la medesima causa petendi,  ma
differiscono nel petitum sotto il  profilo  quantitativo,  in  quanto
l'una e' contenuta nell'altra. Essa si  applica  altresi'  quando  le
domande,  pur  vertendo  su  un  unico  rapporto  sostanziale,  siano
interdipendenti o contrapposte, nonche', piu' in generale, «quando le
questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano
il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso
di pregiudizialita' logico-giuridica) per la definizione del giudizio
successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande  abbiano
ad oggetto il riconoscimento e la tutela di diritti  derivanti  dallo
stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o piu'
questioni comuni» (ex  aliis,  Corte  di  cassazione,  sezione  sesta
civile, ordinanza 18 febbraio 2022, n. 5340). 
    Sulla scorta di tale ricostruzione, la richiamata  giurisprudenza
di merito evidenzia che, nelle  fattispecie  come  quella  sottoposta
all'odierno rimettente, si pone la necessita'  di  addivenire  ad  un
accertamento coerente e unitario sulla validita'  del  patto  di  non
concorrenza ex art. 2125 del codice civile, il quale, da un lato,  e'
oggetto di un processo di accertamento negativo  a  cognizione  piena
introdotto  dal  dipendente  cessato  dal  rapporto  di  lavoro,   e,
dall'altro, e' dedotto a fondamento della  contrapposta  e  speculare
domanda prospettata dal datore di lavoro con  il  ricorso  cautelare.
Sicche', se  e'  vero  che  la  domanda  cautelare  ha  un  contenuto
essenzialmente inibitorio, e quindi differente dalla dichiarazione di
nullita' del patto di  non  concorrenza  richiesta  nel  giudizio  di
cognizione, tuttavia all'accertamento incidentale della validita'  di
tale convenzione e' chiamato il giudice della  cautela,  in  sede  di
valutazione della sussistenza del fumus boni  iuris,  cosi'  come  il
giudice della causa di merito ai fini della  decisione  a  cognizione
piena. 
    In definitiva, secondo l'interpretazione di  merito  evocata  dal
rimettente, la diversita' del petitum e della causa petendi non  osta
alla configurabilita' di  una  relazione  di  continenza  tra  i  due
procedimenti, ne' vale ad escludere che tra gli stessi intercorra  il
tipico rapporto di strumentalita' funzionale  che  lega  il  processo
cautelare a quello di cognizione (Tribunale di Roma, sezione  lavoro,
ordinanza 21 dicembre 2020; in senso conforme, ex aliis, Tribunale di
Milano, sezione lavoro,  ordinanza  20  gennaio  2022;  Tribunale  di
Bergamo, sezione lavoro,  ordinanza  29  aprile  2021;  Tribunale  di
Parma, sezione lavoro, ordinanza 20 aprile 2018). 
    3.2.- Il giudice a  quo,  da  un  lato,  considera  il  ricordato
orientamento di merito espressione di un "diritto vivente", tanto  da
sostenere che  un  diverso  percorso  interpretativo  si  rivelerebbe
«[i]mprevedibile,  inatteso  e  privo   di   segnali   anticipatori»;
dall'altro, sospetta che l'esegesi che ne costituisce il  fondamento,
per  gli  esiti  applicativi  cui  conduce,  esibisca  i  profili  di
illegittimita' costituzionale prospettati. 
    3.2.1.-  E',  tuttavia,  da  rilevarsi  che  sull'interpretazione
oggetto dei dubbi di illegittimita' costituzionale manca, in realta',
un "diritto vivente", posto che, a fronte dell'indirizzo di  cui  da'
conto il rimettente, si registrano pronunce di  segno  contrario  non
solo nell'ambito della stessa giurisprudenza di merito (Tribunale  di
Roma, ordinanza 6 ottobre 2015, resa in  procedimento  per  sequestro
conservativo;  Tribunale  di  Pescara,  21  ottobre  2006,  resa   in
procedimento ex art. 700 cod. proc. civ. in materia  di  segnalazione
alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia), ma anche  in  seno  a
quella di legittimita'. 
    La Corte di cassazione si e', infatti, espressa  sullo  specifico
tema in esame, sia pure in un limitato numero di risalenti  decisioni
relative  a  fattispecie  soggette  alla  disciplina  anteriore  alla
introduzione del rito cautelare uniforme, al quale  si  riferisce  la
disposizione censurata. 
    Alcune pronunce hanno affermato che  la  causa  pendente  per  il
merito, rilevante  ai  fini  della  determinazione  della  competenza
cautelare nel corso del giudizio, coincide con quella,  vertente  tra
le stesse parti, nella quale si faccia valere il medesimo diritto che
si afferma minacciato da un pregiudizio imminente e  irreparabile  ai
fini della tutela in via cautelare e non quando  investa  un  diritto
diverso, ancorche' connesso  o  contrapposto  a  quello  dedotto  nel
procedimento  d'urgenza;  che,  quindi,  la   causa   pendente   deve
identificarsi per personae, petitum e causa petendi  con  quella  che
dovrebbe essere instaurata dopo il provvedimento cautelare (Corte  di
cassazione, sezione prima civile, sentenze 8 ottobre 1987, n. 7508  e
2 luglio 1981, n. 4284). 
    In altre  occasioni,  la  stessa  Corte  di  legittimita'  si  e'
orientata in senso diverso, assumendo che, in tema  di  provvedimenti
d'urgenza, la causa per il merito e'  quella  tra  le  stesse  parti,
nella quale si faccia valere  il  medesimo  diritto  che  si  afferma
minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, ancorche'  si
tratti di fatti  cronologicamente  successivi  e  diversi  da  quello
precedente gia' denunciato, e per il quale pende causa di merito,  ed
«[e'] quindi logico e legittimo ritenere [...] la sussistenza  di  un
univoco disegno illegittimo  esplicatosi,  cronologicamente,  in  una
serie  di  episodi  non  autonomamente  valutabili  ma   nella   loro
globalita'», (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza  23
dicembre 1993, n.  12765;  in  senso  analogo  Corte  di  cassazione,
sezione prima civile, sentenza 23 ottobre 1993, n. 10554). 
    3.3.-  Alla  luce  di  quanto  premesso,  deve   escludersi   che
l'interpretazione sulla quale si incentrano le censure del rimettente
possa essere  assunta  a  diritto  vivente  valutabile  ai  fini  del
giudizio di legittimita' costituzionale, posto che, come questa Corte
ha gia' avuto modo di precisare, «alcune pronunzie adottate  in  sede
di merito non sono idonee ad  integrare  un  "diritto  vivente"»  (ex
aliis, sentenze n. 78 del 2012 e  n.  217  del  2010),  essendo,  per
contro, necessario un orientamento consolidato  della  giurisprudenza
di legittimita' (ex aliis, sentenze n. 243 e n. 20 del 2022  e  n.  1
del 2021), o comunque espresso a Sezioni unite (sentenze  n.  13  del
2022 e n. 33 del 2021). Un siffatto orientamento non  puo'  ritenersi
formato  nella  materia  in  scrutinio,  avuto  riguardo   alla   non
univocita' e al carattere risalente dei ricordati precedenti. 
    D'altro  canto,  risulta  difficilmente  ipotizzabile  che  sulla
quaestio iuris qui in esame si delinei  un  indirizzo  interpretativo
dell'organo della nomofilachia connotato dai caratteri della costanza
e della ripetizione,  posto  che,  secondo  l'impostazione  da  tempo
accolta  dalla  giurisprudenza  di   legittimita',   l'ordinanza   di
incompetenza cautelare ai sensi dell'art. 669-septies,  primo  comma,
cod. proc. civ. non e' impugnabile mediante regolamento preventivo di
giurisdizione (ex aliis, Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,
ordinanze 24 maggio 2022, n. 16764 e 28 febbraio 2019, n. 6039),  ne'
mediante regolamento di  competenza  (Corte  di  cassazione,  sezioni
unite civili, ordinanze 29 luglio 2013, n. 18189 e 9 luglio 2009,  n.
16091; sezione sesta civile, ordinanza 20  gennaio  2017,  n.  1613).
Piu' in generale, avverso i provvedimenti cautelari ante causam,  ivi
compresi quelli aventi natura anticipatoria, non  e'  proponibile  il
ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111, settimo  comma,  Cost.,
trattandosi di  pronunce  prive  del  carattere  della  stabilita'  e
inidonee al  passaggio  in  giudicato  (ex  aliis,  ancora  Corte  di
cassazione, sezioni unite civili, ordinanza n. 6039 del 2019). 
    La peculiarita' effettuale della tutela  cautelare  non  consente
nemmeno di trarre utili indicazioni ricostruttive dalle  enunciazioni
espresse  dalla  giurisprudenza  di  legittimita'  in   merito   alla
pronuncia di litispendenza o di continenza emessa nella fase sommaria
del procedimento ex art. 1, commi  47  e  seguenti,  della  legge  28
giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di  riforma  del  mercato
del lavoro in una prospettiva di crescita),  dal  momento  che,  come
chiarito dalla stessa Corte di cassazione, l'ordinanza  che  conclude
la fase sommaria di tale giudizio e', a differenza del  provvedimento
d'urgenza ante causam, idonea al passaggio in giudicato  in  caso  di
omessa  opposizione  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite  civili,
ordinanza 31 luglio 2014, n. 17443). 
    4.- Il rimettente, quindi, erroneamente  ha  ritenuto  che  sulla
interpretazione contestata si  sia  formato  un  diritto  vivente  e,
promuovendo l'incidente di  legittimita'  costituzionale,  ha  inteso
conseguire dalla Corte un  avallo  ad  una  delle  possibili  opzioni
ricostruttive. 
    Siffatto  uso  improprio  dello  strumento  dello  scrutinio   di
legittimita'  costituzionale   rende   inammissibili   le   questioni
sollevate (ex plurimis, sentenze n. 132 del 2019 e n.  21  del  2013;
ordinanze n. 97 del 2017, n. 87 e n. 33 del 2016),  con  assorbimento
di ogni altro profilo di inammissibilita'.