ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 55  e  61
del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle  leggi
antimafia e delle misure di prevenzione, nonche'  nuove  disposizioni
in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e  2
della  legge  13  agosto  2010,  n.  136),   promosso   dal   Giudice
dell'esecuzione mobiliare del Tribunale ordinario di Palermo, sezione
sesta civile, nel procedimento vertente tra R.G.L. L. srl e S. srl in
liquidazione e altro, con ordinanza del 24 febbraio 2023, iscritta al
n. 68  del  registro  ordinanze  2023  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 21,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2023, la cui trattazione e' stata fissata per l'adunanza in camera di
consiglio del 9 gennaio 2024. 
    Udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2024  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 24 febbraio 2023, iscritta  al  n.  68  del
relativo  registro  dell'anno  2023,   il   Giudice   dell'esecuzione
mobiliare del Tribunale ordinario di Palermo, sezione  sesta  civile,
ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt.  55
e 61 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159  (Codice  delle
leggi  antimafia  e  delle  misure  di  prevenzione,  nonche'   nuove
disposizioni in materia di documentazione antimafia,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n.  136),  in  riferimento
agli artt. 24 e 102 della Costituzione. 
    Il   giudice   rimettente   premette    che,    nell'ambito    di
un'espropriazione forzata presso terzi, la debitrice  aveva  proposto
opposizione all'esecuzione deducendo, tra l'altro, l'impignorabilita'
dei beni ai sensi dell'art. 55 cod. antimafia, in  base  al  quale  a
seguito del sequestro non possono essere  iniziate  azioni  esecutive
sui  beni  oggetto  dello  stesso,   sottolineando   che,   peraltro,
l'esecuzione era iniziata dopo la confisca definitiva. Sicche' si era
evidenziato,  nell'opposizione  proposta,   che,   in   forza   della
disciplina dettata dall'art. 52 e seguenti  del  predetto  codice,  i
creditori, in luogo dell'azione esecutiva ordinaria, avrebbero dovuto
proporre domanda  di  accertamento  delle  loro  pretese  dinanzi  al
giudice della prevenzione, senza che  le  relative  regole  potessero
ritenersi derogabili in presenza di crediti -  come  quelli  azionati
nella procedura esecutiva presupposta -  di  carattere  prededucibile
perche' sorti dopo l'emanazione del sequestro  di  prevenzione,  alla
medesima  stregua  di  quanto  avviene  nelle  procedure  concorsuali
originate dalla crisi dell'impresa. 
    Cio' posto, il giudice a quo osserva,  in  via  preliminare,  che
l'art.   55   cod.   antimafia,   piuttosto   che    un'ipotesi    di
impignorabilita' dei beni, prevede l'improcedibilita' dell'esecuzione
che puo' essere, in quanto tale, rilevata anche d'ufficio. 
    Considera, tuttavia, il Tribunale di Palermo che, in  effetti,  a
fronte del divieto  di  agire  in  executivis,  i  creditori  possono
soddisfarsi nell'ambito del procedimento  di  pagamento  dei  crediti
disciplinato dagli artt. 60 e 61 del predetto codice, che individuano
l'organo  preposto  al  pagamento  dei   creditori,   dopo   che   il
provvedimento  di  confisca  e'  divenuto  definitivo,   nell'Agenzia
nazionale  per  l'amministrazione  e   la   destinazione   dei   beni
sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata  (in  seguito,
anche: Agenzia). 
    Assume, peraltro, il giudice rimettente che sotto  tali  aspetti,
il combinato disposto degli artt. 55, 60 e 61 cod. antimafia potrebbe
violare  gli  artt.  24  e  102  Cost.,  poiche'  tali   disposizioni
assicurerebbero una tutela giurisdizionale incompleta e, dunque,  non
effettiva  ai  creditori,  i  quali  potrebbero   adire   l'autorita'
giudiziaria solo per contestare il  piano  di  pagamento  predisposto
dall'Agenzia. In particolare, il vulnus si determinerebbe  perche'  i
creditori non avrebbero alcuna tutela  giurisdizionale,  tanto  nella
fase antecedente di predisposizione del progetto di  graduazione  dei
crediti, quanto in quella  successiva  di  esecuzione  materiale  del
piano, in una situazione vieppiu' pregiudizievole per i  titolari  di
crediti prededucibili - come il creditore procedente  nell'esecuzione
pendente dinanzi  al  medesimo  giudice  -  il  cui  accertamento  e'
compiuto al di fuori della procedura concorsuale. 
    Il giudice rimettente sottolinea ulteriormente che il pregiudizio
arrecato si disvela con evidenza ancora maggiore avendo riguardo alla
differente disciplina prevista per il fallimento  (ora,  liquidazione
giudiziale), nel quale nelle fasi di accertamento e  graduazione  dei
crediti l'attivita' del  curatore  e'  assoggettata  a  un  controllo
continuativo da parte dell'autorita' giurisdizionale. 
    Il giudice a quo osserva, infine, che, pur nell'ambito dell'ampia
discrezionalita' del legislatore processuale, l'intervento  richiesto
a  questa  Corte  sarebbe  a  "rime  obbligate";   domanda   infatti,
conclusivamente, la dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
delle disposizioni censurate  «nella  parte  in  cui  l'art.  61  non
prevede che i creditori inseriti nello stato passivo e i titolari  di
crediti  prededucibili   che   non   lo   sono,   possono   ricorrere
all'Autorita' Giudiziaria individuata nel co. 7^ con ricorso ex  art.
702 bis cpc, per ottenere l'inserimento nel progetto di  pagamento  e
l'effettivo adempimento del piano». 
    2.- Nessuna delle parti del giudizio principale si e' costituita;
ne' e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 24 febbraio  2023  (reg.  ord.  n.  68  del
2023), il Giudice dell'esecuzione mobiliare del Tribunale di Palermo,
sezione  sesta  civile,  ha  sollevato  questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 55 e 61  cod.  antimafia,  in  riferimento
agli artt. 24 e 102 Cost. 
    Il giudice rimettente premette che, nell'ambito di una  procedura
di espropriazione forzata presso terzi,  promossa  in  danno  di  una
societa' nei confronti della quale era stato emesso un  provvedimento
di confisca divenuto irrevocabile prima dell'inizio  della  procedura
esecutiva, la debitrice aveva  proposto  opposizione  all'esecuzione,
adducendo l'impignorabilita' dei beni  ai  sensi  dell'art.  55  cod.
antimafia che, gia'  dopo  il  sequestro  di  prevenzione,  vieta  la
proposizione di azioni esecutive sui beni oggetto del provvedimento. 
    Nella specie, l'espropriazione forzata  era  stata  promossa  dal
creditore successivamente alla confisca  definitiva  per  un  credito
sorto dopo il sequestro di prevenzione per  servizi  resi  in  favore
della societa' assoggettata al sequestro stesso;  credito  quindi  da
ritenersi prededucibile nella fase liquidatoria del  procedimento  di
prevenzione. 
    Il Tribunale rimettente - dopo aver premesso che  il  divieto  di
cui  all'art.  55  cod.   antimafia   incide   sulla   procedibilita'
dell'esecuzione forzata e non gia' sulla pignorabilita'  dei  beni  -
osserva che, in effetti, a fronte del divieto di agire in executivis,
i creditori  possono  soddisfarsi  nell'ambito  del  procedimento  di
pagamento dei crediti, disciplinato,  dopo  la  confisca  definitiva,
dall'art. 60 del predetto codice, che individua l'organo preposto  al
pagamento dei creditori nell'Agenzia nazionale per  l'amministrazione
e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita'
organizzata. 
    Tale assetto normativo, e in particolare gli artt. 55 e  61  cod.
antimafia, si porrebbe tuttavia in contrasto con gli artt. 24  e  102
Cost.,  poiche'  sarebbe   assicurata   ai   creditori   una   tutela
giurisdizionale  incompleta,  atteso  che   gli   stessi   hanno   la
possibilita' di adire l'autorita' giudiziaria solo per contestare  il
piano di pagamento predisposto dall'Agenzia,  mentre  sono  privi  di
tutela  giurisdizionale,   anche   rispetto   all'eventuale   inerzia
dell'Agenzia  stessa,  nello  svolgimento  delle  attivita'  ad  essa
demandate,  tanto  nella  fase  antecedente  di  predisposizione  del
progetto di pagamento, quanto  in  quella  successiva  di  esecuzione
materiale del piano. 
    Questo   sistema   normativo,   nel   suo   complesso,    sarebbe
pregiudizievole per i  titolari  di  crediti  prededucibili,  il  cui
accertamento e' compiuto al di fuori della procedura di  prevenzione,
specie ove si abbia riguardo alla differente disciplina prevista  per
il fallimento (ora, liquidazione giudiziale), nella quale, nelle fasi
di accertamento e graduazione dei crediti, l'attivita'  del  curatore
e' assoggettata a un controllo costante dell'autorita' giudiziaria. 
    Secondo  lo  stesso   Tribunale   rimettente   la   reductio   ad
legitimitatem  del  sistema  richiederebbe  un  intervento  a   "rime
obbligate"  di  questa  Corte,  dovendo  riconoscersi  ai   creditori
inseriti nello stato passivo e ai titolari di  crediti  prededucibili
la  possibilita'  di  adire  l'autorita'   giudiziaria   individuata,
dall'art. 61, comma 7, cod. antimafia, con ricorso proposto ai  sensi
dell'art. 702-bis del codice di procedura civile. 
    2.- In via preliminare, deve essere dichiarata l'inammissibilita'
della questione in riferimento all'evocato  parametro  dell'art.  102
Cost., poiche' lo stesso non e' pertinente rispetto alle censure  che
si ritraggono dall'ordinanza di rimessione, la quale vuole denunciare
un vulnus all'effettivita' della tutela giurisdizionale dei creditori
contemplata, a fronte del divieto di introdurre e  proseguire  azioni
esecutive individuali, dall'art. 55 cod. antimafia dopo il  sequestro
di prevenzione. 
    Difatti, l'art. 102 Cost. prevede, per un verso, che in linea  di
principio la giurisdizione e' esercitata da  magistrati  ordinari  e,
per un altro, che non possono essere istituiti giudici straordinari o
giudici speciali. 
    Di qui,  non  essendo  posta  in  dubbio,  neppure  dalla  stessa
ordinanza di rimessione, la giurisdizione del giudice  ordinario  per
tutte le fasi nelle quali e' contemplato l'intervento  dell'autorita'
giurisdizionale,  l'evocazione  di  tale  parametro  risulta   essere
inconferente  con  conseguente  inammissibilita'  della  censura  (ex
plurimis, sentenze n. 225, n. 209 e n. 108 del 2023).  Infatti  -  ha
affermato recentemente questa  Corte  -  quando  l'evocato  parametro
risulta  inconferente,  e  comunque  di  esso  non  e'  indicata   la
pertinenza, la  questione  e'  in  parte  qua  inammissibile  (ancora
sentenza n. 108 del 2023). 
    3.- Anche con  riguardo  al  parametro  dell'art.  24  Cost.,  la
questione di legittimita' costituzionale e' inammissibile, sia  nella
parte in cui ha ad oggetto l'art. 55 cod. antimafia,  sia  in  quella
concernente il successivo art. 61. 
    4.- Il giudice rimettente -  lamentando  un'insufficiente  tutela
giurisdizionale in executivis di un credito sorto, dopo il  sequestro
di prevenzione, a carico di un soggetto  raggiunto  da  tale  misura,
credito gia' accertato in via definitiva  in  sede  di  cognizione  -
denuncia un vulnus complessivo  e,  come  presupposto  interpretativo
della questione, muove dalla considerazione che  la  possibilita'  di
ottenere il  soddisfacimento  del  credito  sarebbe,  per  un  verso,
preclusa nella sede ordinaria dell'espropriazione forzata, stante  il
disposto dell'art. 55 cod. antimafia, in base al quale a seguito  del
sequestro (e a maggior  ragione  dopo  la  successiva  confisca)  non
possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive e, per l'altro,
sarebbe invece riconosciuta - ma in termini ritenuti inadeguati - nel
procedimento speciale di  liquidazione  previsto  dall'art.  61  cod.
antimafia  a  seguito   della   definitivita'   della   confisca   di
prevenzione. 
    5.- In realta', sotto quest'ultimo  profilo,  si  ha  che  per  i
crediti prededucibili - quali, in generale, quelli sorti in occasione
o in funzione del procedimento di prevenzione, quindi non  prima  del
provvedimento  di  sequestro  -  il  codice  delle  leggi   antimafia
contempla (art. 54) una piu'  rapida  tutela,  distinta  e  separata,
rispetto a quella degli altri crediti, anteriori al  sequestro.  Cio'
innanzi tutto escludendo che  i  primi,  a  differenza  dei  secondi,
debbano essere verificati secondo le  modalita'  e  la  procedura  di
accertamento previste dagli artt. 57, 58 e 59 cod. antimafia.  Quando
sono liquidi, esigibili e non contestati,  ovvero  accertati  in  via
definitiva in sede di cognizione, tali crediti (quelli prededucibili)
possono essere soddisfatti, in tutto o in  parte,  al  di  fuori  del
piano di riparto in cui confluiscono  i  crediti  non  prededucibili,
assoggettati alla procedura di accertamento, e, quindi,  anche  prima
della  redazione  dello  stesso  piano,  sempre  che   l'attivo   sia
sufficiente e che il pagamento non comprometta la gestione e comunque
previa  autorizzazione  del  giudice  delegato  alla   procedura   di
prevenzione, chiamato a verificare che si tratti effettivamente di un
credito prededucibile e che sussistano le condizioni per il pagamento
immediato. Se, pero' - prosegue l'art. 54, al comma 2 -  la  confisca
ha  ad  oggetto  beni  organizzati  in  azienda  e  il  tribunale  ha
autorizzato la prosecuzione dell'attivita', la distribuzione  avviene
mediante  prelievo  delle  somme  disponibili  secondo   criteri   di
graduazione e proporzionalita',  conformemente  all'ordine  assegnato
dalla legge. 
    D'altra  parte,  dopo  l'irrevocabilita'  del  provvedimento   di
confisca, tali crediti, se  non  gia'  soddisfatti  prima,  precedono
tutti gli altri nel progetto (e nel successivo  piano)  di  pagamento
redatto dall'Agenzia (art. 61 cod. antimafia). 
    Nell'una e  nell'altra  evenienza  il  creditore  di  un  credito
prededucibile, il cui pagamento immediato non sia  stato  autorizzato
dal giudice delegato alla procedura di  prevenzione  o  che  non  sia
stato inserito, con la dovuta priorita', nel piano di  pagamento  dei
crediti, puo' dolersi di cio' proponendo opposizione al giudice. 
    In un caso, gia' dopo il sequestro di prevenzione,  e'  possibile
il ricorso al tribunale che ha applicato la  misura  di  prevenzione,
mediante l'opposizione prevista in generale dall'art. 59, comma 6, in
favore dei «creditori esclusi» e  tale  deve  considerarsi  anche  il
creditore in prededuzione non ammesso al pagamento anticipato (in tal
senso, gia' Corte di cassazione, sezione quinta penale,  sentenza  23
gennaio-26  febbraio  2019,  n.  8441);  nell'altro  caso,  dopo   la
definitivita'  della  confisca  e  la  comunicazione  del  piano   di
pagamento redatto dall'Agenzia, e' possibile il ricorso alla  sezione
civile  della  Corte  di  appello   del   distretto   della   sezione
specializzata  o  del  giudice  penale  competente  ad  adottare   il
provvedimento di confisca (ai sensi dell'art. 61, comma 7). 
    La giurisdizionalizzazione di questa  fase  risulta  ormai  dalla
giurisprudenza (Corte di cassazione, sezioni unite  civili,  sentenza
22 aprile 2022, n. 12871), che ha chiarito che l'Agenzia opera, nelle
fasi di liquidazione dei beni e di pagamento delle  somme  in  favore
dei creditori, nella veste di ausiliario dell'autorita' giudiziaria e
quindi sotto il controllo di quest'ultima. 
    Pero',  nella  fattispecie   in   esame,   e'   determinante   la
considerazione che questa articolata tutela concerne la  liquidazione
dei crediti nella procedura di prevenzione e, quale che  sia  la  sua
intensita',   non   si   proietta   sul   giudizio   di   opposizione
all'esecuzione, nel senso che il giudice di questo  giudizio  non  e'
chiamato ad applicare la disciplina della procedura  di  prevenzione,
ne' tanto meno l'art. 61. Consegue che tale disposizione non viene in
rilievo nel giudizio a quo, promosso dal  rimettente,  proprio  quale
giudice dell'opposizione all'esecuzione in un'ordinaria procedura  di
espropriazione presso terzi. 
    Pertanto, il dubbio di legittimita' costituzionale, espresso  dal
giudice rimettente nella parte in cui censura l'art. 61  citato,  non
e' rilevante e la relativa questione e' inammissibile. 
    6.- Parimenti inammissibile - ma  per  insufficiente  motivazione
dell'ordinanza di rimessione quanto alla non  manifesta  infondatezza
del dubbio di legittimita' costituzionale -  e'  la  questione  nella
parte in cui ha ad oggetto l'art. 55. 
    7.- Invero, sussiste il presupposto della rilevanza  perche'  nel
giudizio di opposizione  all'esecuzione  si  controverte  proprio  in
ordine all'applicazione dell'art. 55, che - come gia' detto - prevede
che, a seguito del  sequestro  di  prevenzione,  non  possano  essere
iniziate o proseguite azioni esecutive. 
    Il debitore opponente invoca tale disposizione per  sostenere  la
non pignorabilita' del suo credito presso  il  terzo  (nella  specie,
un'azienda di credito), il quale ha gia' riconosciuto il  suo  debito
in ragione di un rapporto  di  conto  corrente  intrattenuto  con  il
prevenuto. 
    Il  giudice  rimettente  correttamente  considera  che   non   di
impignorabilita' si tratta, bensi'  di  improcedibilita'  dell'azione
esecutiva, che non puo' essere  iniziata,  ne'  proseguita,  dopo  il
sequestro di prevenzione. 
    Una preclusione analoga e' prevista  dall'art.  150  del  decreto
legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della  crisi  d'impresa  e
dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017,  n.  155),
il quale prescrive che, dal giorno della  dichiarazione  di  apertura
della liquidazione giudiziale, nessuna azione individuale esecutiva o
cautelare,  anche  per  crediti  maturati  durante  la   liquidazione
giudiziale, puo' essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella
procedura. La stessa disposizione, con riferimento al fallimento, era
contenuta, in precedenza, nell'art. 51 del  regio  decreto  16  marzo
1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del  concordato  preventivo,
dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
amministrativa). 
    Si tratta di disposizioni simmetriche, alle quali, in realta', e'
sottesa una diversa ratio e anche un distinto  fondamento,  rilevante
al fine  di  valutare  la  giustificatezza,  rispetto  alla  garanzia
riconosciuta dall'art. 24 Cost., della temporanea  preclusione  della
ordinaria tutela giurisdizionale in executivis. 
    L'impossibilita' di iniziare (o proseguire)  un'azione  esecutiva
ordinaria  dopo  la  dichiarazione  di  apertura  della  liquidazione
giudiziale  o  di  fallimento  risponde  all'evidente   esigenza   di
preservare la par condicio creditorum in una situazione di insolvenza
che rende incerto il soddisfacimento di tutti i crediti. 
    Invece, il procedimento  di  prevenzione  non  presuppone  alcuna
situazione di insolvenza del prevenuto, bensi' la sua  pericolosita',
sicche' vi e' la diversa esigenza di verificare  se,  per  i  crediti
coinvolti  nella  procedura  di  prevenzione  (essenzialmente  quelli
anteriori al sequestro), sussistano le condizioni di cui all'art.  52
cod. antimafia perche' la confisca  non  li  pregiudichi  e,  quindi,
possano essere soddisfatti. In particolare, deve trattarsi di crediti
non strumentali all'attivita' illecita e connotati da  buona  fede  e
inconsapevole affidamento dei creditori stessi. 
    In tal caso, il carattere concorsuale della liquidazione di  tali
crediti, assoggettati a procedimento  di  verifica,  attrae  anche  i
crediti prededucibili, sorti dopo il sequestro di prevenzione, il cui
pagamento deve avvenire, non di meno, nel contesto della liquidazione
dei crediti nella procedura di prevenzione, sia immediatamente al  di
fuori del piano di riparto (art. 54), sia dopo la definitivita' della
confisca mediante l'inserimento nel piano di pagamento (art. 61). 
    Per effetto di cio', il censurato art. 55 pone la prescrizione in
esame, che esclude che possano essere iniziate  o  proseguite  azioni
esecutive dopo il sequestro di prevenzione; disposizione  questa  che
e' quindi applicabile nel giudizio a quo, a differenza del (parimenti
censurato) art. 61,  sussistendo,  pertanto,  l'ammissibilita'  della
questione sotto tale profilo. 
    8.- La questione, nella parte in cui ha ad oggetto l'art. 55,  e'
non di meno inammissibile per  insufficiente  motivazione  in  ordine
alla  non  manifesta  infondatezza   del   dubbio   di   legittimita'
costituzionale. 
    Il giudice rimettente, da una parte, si limita  a  richiamare  il
principio, piu' volte enunciato  da  questa  Corte,  secondo  cui  la
garanzia della tutela giurisdizionale, posta dall'art. 24 Cost.,  non
si esaurisce con la cognizione da parte del giudice, ma include anche
l'esecuzione forzata (ex plurimis, sentenza n. 140 del 2022). 
    Altresi' recentemente (sentenza n. 159 del 2023) si  e'  ribadito
che «la garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti  assicurata
dall'art. 24 Cost. comprende anche la fase  dell'esecuzione  forzata,
in  quanto  necessaria   a   rendere   effettiva   l'attuazione   del
provvedimento giudiziale (sentenze n. 140 del 2022, n. 128 del  2021,
n. 522 del 2002 e n. 321 del 1998); e cio' e' tanto piu' vero  quando
leso e' un diritto fondamentale (art. 2 Cost.)». 
    D'altra parte, il rimettente indirizza la sua censura domandando,
come petitum, una pronuncia additiva di questa  Corte  sull'art.  61,
che  concerne  la  liquidazione  dei  crediti  nel  procedimento   di
prevenzione,  ritenendo  che  la  reductio  ad  legitimitatem   possa
avvenire   intervenendo   sulla   disciplina   della   procedura   di
liquidazione nel procedimento di prevenzione e  non  gia'  su  quella
della procedura di  espropriazione  forzata  in  corso.  Infatti,  il
rimettente - come  gia'  ricordato  -  domanda,  conclusivamente,  la
dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
censurate «nella parte in cui l'art. 61 non prevede che  i  creditori
inseriti nello stato passivo e i titolari  di  crediti  prededucibili
che  non  lo  sono,  possono  ricorrere   all'Autorita'   Giudiziaria
individuata nel co. 7^ con ricorso ex art. 702 bis cpc, per  ottenere
l'inserimento nel progetto di pagamento e l'effettivo adempimento del
piano». 
    E' vero che - come affermato da questa Corte (da ultimo, sentenza
n. 221 del  2023)  -  «[n]el  giudizio  incidentale  di  legittimita'
costituzionale,  il  petitum  dell'ordinanza  di  rimessione  ha   la
funzione di chiarire il contenuto e il verso delle censure mosse  dal
giudice rimettente», sicche' la Corte «rimane libera  di  individuare
la  pronuncia  piu'  idonea  alla  reductio  ad  legitimitatem  della
disposizione censurata, non essendo vincolata alla  formulazione  del
petitum dell'ordinanza  di  rimessione  nel  rispetto  dei  parametri
evocati». 
    Il  rimettente,   tuttavia,   non   sviluppa   la   sua   censura
focalizzandola sul procedimento di espropriazione forzata  in  corso,
che e' quello oggetto della sua cognizione dell'azione di opposizione
all'esecuzione, ma devia verso il procedimento di liquidazione  nella
confisca di prevenzione, il  quale  non  e'  rilevante  nel  giudizio
principale, quale che sia, in  quest'ultimo,  la  specificita'  della
tutela dei crediti prededucibili. 
    Cio'  ridonda  in   motivazione,   insufficiente   e   perplessa,
dell'ordinanza  di  rimessione  quanto  al  presupposto   della   non
manifesta infondatezza del dubbio di legittimita' costituzionale.  Ed
invero, questa Corte ha ritenuto l'inammissibilita'  delle  questioni
sollevate con ordinanze le  cui  modalita'  argomentative  tradiscano
un'incertezza e contraddittorieta' del petitum che  non  consente  di
enucleare con chiarezza il contenuto delle censure (sentenze n. 248 e
n. 118 del 2022; n. 123 del 2021). 
    9.-  In  definitiva,   anche   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 55  e  61  cod.  antimafia,  sollevate  in
riferimento   all'art.   24   Cost.,   devono    essere    dichiarate
inammissibili.