ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito delle deliberazioni della Camera dei deputati del  27
luglio  2022,  che  approvano  le  proposte  della  Giunta   per   le
autorizzazioni (doc. IV-quater, numeri 3 e 4), promosso dal Tribunale
ordinario di Salerno, sezione prima civile, con ricorso notificato il
24 luglio 2023, depositato in cancelleria il 24 luglio 2023, iscritto
al n. 2  del  registro  conflitti  tra  poteri  dello  Stato  2023  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  31,  prima
serie speciale, dell'anno 2023, fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  10  gennaio  2024  il  Giudice
relatore Filippo Patroni Griffi; 
    udito l'avvocato Marco Cerase per la Camera dei deputati; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 24 luglio 2023 (reg. confl. pot. n.
2 del 2023), il Tribunale ordinario di Salerno, sezione prima civile,
promuove  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato   in
riferimento alle deliberazioni del 27 luglio 2022, con  le  quali  la
Camera dei deputati, approvando  le  proposte  della  Giunta  per  le
autorizzazioni (doc. IV-quater, numeri 3 e 4), ha  affermato  che  le
dichiarazioni dell'on. Giorgio Mule' e dell'on. Roberto Occhiuto, per
le quali e' in corso un giudizio civile presso il predetto Tribunale,
costituiscono  opinioni  espresse   nell'esercizio   delle   funzioni
parlamentari ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione. 
    1.1.- Il Tribunale di Salerno riferisce di  essere  investito  di
una richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali  avanzata  da
M. M., all'epoca dei fatti Procuratore  aggiunto  presso  la  Procura
della  Repubblica  del  Tribunale  ordinario  di  Cosenza,   per   le
dichiarazioni asseritamente diffamatorie rese dai due deputati. 
    Nell'ambito di una conferenza  stampa  -  convocata  in  data  13
maggio 2019 presso la  sala  stampa  della  Camera  dei  deputati  al
«dichiarato scopo»,  precisa  nel  proprio  atto  il  ricorrente,  di
«reagire ad un complotto ordito nei confronti del sindaco di  Cosenza
Occhiuto Mario», fratello dell'on. Roberto Occhiuto - l'on.  Mule'  e
l'on.  Occhiuto  avrebbero  parlato,   «tra   l'altro»,   di   «"mala
giustizia"» e di «"metodi scorretti"», in  tal  modo  «insinuando  il
sospetto che M. M. avesse  agito  sotto  le  direttive  del  senatore
Morra, al fine di ottenere prestigiosi  incarichi  dalla  Commissione
Antimafia». 
    1.2.- Nel corso del giudizio, i due parlamentari hanno  richiesto
il    rigetto    della    domanda    risarcitoria,     in     ragione
dell'insindacabilita' delle proprie opinioni ai sensi  dell'art.  68,
primo comma, Cost. 
    Il Tribunale  di  Salerno  riferisce  di  aver  «sostanzialmente»
rigettato  tale  richiesta,  «pur  in   mancanza   di   un   espresso
provvedimento in tal senso», con l'ordinanza del 13 gennaio 2022  con
la quale ha disposto  la  prosecuzione  della  fase  istruttoria  (e'
citata, sul valore di  rigetto  implicito  dell'istanza  in  caso  di
silenzio, Corte di  cassazione,  sezione  terza  civile,  sentenza  5
dicembre 2014, n. 25739). 
    Il ricorrente lamenta che, successivamente, con «delibera» del 27
luglio 2022, come da «nota» fatta  pervenire  al  Tribunale  dal  suo
Presidente, la Camera dei deputati ha deliberato  nel  senso  che  le
dichiarazioni in relazione alle quali e' in corso il giudizio sono da
ritenersi insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost. 
    Secondo il Tribunale  ricorrente,  sarebbe  dunque  «evidente  il
contrasto tra quanto deliberato dalla Giunta per le autorizzazioni  a
procedere ed il contenuto  sostanziale  della  [propria]  ordinanza»,
«dovendosi anzitutto stabilire [...] se sussiste nesso eziologico tra
le dichiarazioni rese e la funzione parlamentare svolta». 
    Di qui la conclusione  per  cui  «esiste  un  conflitto,  la  cui
risoluzione non puo' che spettare alla  Corte  Costituzionale»,  alla
quale e' in definitiva chiesto  di  dichiarare  l'ammissibilita'  del
ricorso ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),
«con tutte le conseguenze di legge». 
    2.- Con ordinanza n. 154  del  2023,  questa  Corte  ha  ritenuto
sussistenti i presupposti soggettivi e oggettivi del conflitto  e  lo
ha  dichiarato  ammissibile,  in  camera   di   consiglio   e   senza
contraddittorio, ai sensi dell'art. 37, primo comma, della  legge  n.
87 del 1953. 
    3.- In data 7 settembre 2023, si e'  costituita  in  giudizio  la
Camera dei deputati chiedendo che sia  dichiarata  l'inammissibilita'
o, comunque sia, la non fondatezza del promosso conflitto. 
    3.1.- La resistente richiama le frasi oggetto della doglianza  in
sede civile, espresse dall'on. Occhiuto nella  conferenza  presso  la
sala stampa della Camera dei deputati e trasmessa sulla web-tv  della
medesima,  e  precisa  che  secondo  l'attrice  il  loro   contenuto,
asseritamente diffamatorio, e' pienamente condiviso  dall'on.  Mule',
che aveva introdotto detta conferenza stampa. 
    La difesa della Camera rileva che la Giunta per le autorizzazioni
ha deliberato che  le  dichiarazioni  per  cui  e'  causa  presso  il
Tribunale di Salerno  sono  opinioni  espresse  nell'esercizio  delle
funzioni parlamentari, in quanto sulla vicenda il 25 giugno 2019  era
stata  pubblicata  un'interpellanza  urgente  (n.  2-00433),  firmata
dall'on. Occhiuto e,  in  data  4  luglio  2019,  sottoscritta  anche
dall'on.   Mule':   interpellanza   che   l'on.   Occhiuto    avrebbe
preannunciato durante la conferenza stampa. 
    La  Giunta,  peraltro,  aveva  accertato,  per  il  tramite   dei
competenti uffici  della  Camera,  che  l'atto  ispettivo  era  stato
presentato tramite l'applicazione informatica il  12  maggio  2019  -
dunque il giorno antecedente la conferenza  stampa  -  ed  era  stato
pubblicato  solo  il  successivo  25  giugno  «dopo  il   vaglio   di
ammissibilita'  svolto  -  come  sempre  avviene  per  gli  atti  del
sindacato ispettivo - dal Presidente della Camera». 
    In   ragione   della   circostanza   per    cui    i    contenuti
dell'interpellanza  sono  stati  sostanzialmente   riprodotti   nella
conferenza stampa, la Giunta ha proposto all'Assemblea di  dichiarare
l'insindacabilita' delle opinioni espresse dagli onorevoli Occhiuto e
Mule', come poi  e'  effettivamente  avvenuto  con  le  deliberazioni
oggetto del conflitto. 
    3.2.- Tutto cio' premesso, la difesa della  Camera  dei  deputati
ritiene il promosso conflitto  «inammissibile  per  un  ventaglio  di
motivi». 
    3.2.1.- Il ricorrente, innanzitutto, non avrebbe sufficientemente
esposto le ragioni del conflitto, come invece richiesto dall'art.  26
delle  Norme  integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale, il quale non prevede  piu'  che  l'esposizione  delle
ragioni del conflitto sia «sommaria». 
    La giurisprudenza di questa Corte, infatti,  sarebbe  consolidata
nel senso che, in conflitti  concernenti  l'applicabilita'  dell'art.
68, primo comma, Cost., l'autorita'  giudiziaria  «ha  l'onere  -  in
ossequio al principio di completezza e di autosufficienza del ricorso
- di riportare "compiutamente", "puntualmente" ed "in modo esatto  ed
obiettivo", le dichiarazioni asseritamente  offensive  addebitate  al
parlamentare»,  perche'  solo  cosi'  e'  possibile   verificare   la
sussistenza o meno del cosiddetto  nesso  funzionale.  Sarebbe  stato
ripetutamente  affermato,  altresi',  che   alla   mancata   puntuale
riproduzione  delle  dichiarazioni  del  parlamentare  non  si   puo'
sopperire guardando agli atti del procedimento,  «in  quanto  e'  nel
solo atto introduttivo e negli eventuali documenti  a  esso  allegati
che devono essere rinvenuti gli elementi identificativi  della  causa
petendi e del petitum del conflitto». 
    Il  Tribunale  di  Salerno,  invece,  non  avrebbe  compiutamente
menzionato le dichiarazioni dei deputati  asseritamente  diffamatorie
all'origine del giudizio civile, essendosi limitato ad attribuire  ai
deputati due soli sintagmi («mala giustizia» e «metodi scorretti»)  e
per il resto avendo sintetizzato «con parole proprie (ma in  maniera,
invero,  assai   lacunosa)   quale   sarebbe   stato   il   contenuto
diffamatorio». 
    Di qui l'inammissibilita' del conflitto, tanto  piu'  che  questa
Corte  avrebbe  piu'  volte  precisato  che  «non  e'  consentita  la
sostituzione delle espressioni  ritenute  offensive  con  una  libera
rielaborazione a opera  dell'autorita'  giudiziaria  ricorrente»,  in
quanto  in  tal  modo  l'interpretazione  soggettiva  delle  opinioni
espresse dal parlamentare «interferisce con l'accertamento del  nesso
funzionale tra le frasi pronunciate e gli eventuali atti parlamentari
tipici, di cui le frasi  stesse  potrebbero  essere  la  divulgazione
esterna». 
    La Camera dei deputati rileva, inoltre, come la lacuna  dell'atto
introduttivo  del  giudizio,  per  un  verso,  impedisce  «il   pieno
dispiegarsi» della propria difesa, in quanto non si conosce il  thema
decidendum del conflitto; per un altro, non consente al  giudice  dei
conflitti di valutare se effettivamente sussista il nesso  funzionale
tra le frasi oggetto del giudizio civile e gli atti parlamentari  dei
quali esse potrebbero essere divulgative. 
    Il Tribunale di  Salerno,  d'altra  parte,  non  avrebbe  neppure
indicato i parametri costituzionali che reputa violati, limitandosi a
constatare che vi e' stata una diversa valutazione, tra esso  giudice
e la Camera dei deputati, in ordine alla  sussistenza  del  requisito
dell'insindacabilita' ex art. 68, primo comma, Cost. 
    3.2.2.- La Camera resistente ritiene inammissibile  il  conflitto
anche perche' manca «una chiara richiesta di spettanza del  potere  e
di annullamento delle delibere parlamentari»: cio' che  questa  Corte
porrebbe a fondamento dell'ammissibilita'  del  conflitto  sin  dalla
sentenza n. 363 del 2001, ampiamente citata dalla difesa. 
    3.2.3.- La resistente rileva, poi, che le deliberazioni che hanno
affermato  l'insindacabilita'  delle  opinioni  dell'on.  Occhiuto  e
dell'on. Mule' sono due e che, pertanto, ciascuna  di  esse,  secondo
quanto affermato nella sentenza n.  223  del  2009,  «avrebbe  dovuto
essere investita di specifiche  doglianze,  ben  individuate  e  loro
riferibili». Il Tribunale di Salerno, che non si e' attenuto  a  tale
principio, nel dispositivo si e'  addirittura  riferito  a  una  sola
deliberazione. 
    3.3.- Nel  merito,  che  la  difesa  della  Camera  dei  deputati
affronta «[p]er mero scrupolo difensivo»,  il  conflitto  sarebbe  ad
ogni modo non fondato. 
    3.3.1.- Per quel  che  riguarda  l'on.  Occhiuto,  la  resistente
osserva che egli, gia' il giorno antecedente  la  conferenza  stampa,
«aveva immesso nel sistema  informatico  della  Camera  dei  deputati
l'atto che sarebbe diventato  l'interpellanza  urgente  n.  2-00433»,
pubblicata il 25 giugno 2019. Questa Corte  ha  riconosciuto  che  la
presentazione  dell'atto  parlamentare  e'  atto   di   funzione,   a
prescindere dalla sua pubblicazione (e' richiamata la sentenza n. 379
del 2003). 
    Quanto  ai  contenuti  di  tale   interpellanza,   ampiamente   e
testualmente richiamati nell'atto  di  costituzione,  essi  sarebbero
volti, al pari delle dichiarazioni in conferenza stampa, a  censurare
«il comportamento - ritenuto discutibile - di un magistrato, il quale
aveva con solerzia dato seguito alle  denunzie  del  senatore  Nicola
Morra e poi era divenuta  consulente  della  Commissione  d'inchiesta
parlamentare sulle mafie, presieduta dal medesimo Morra». Vi sarebbe,
dunque, quell'identita' di contenuto sufficiente a  fondare,  secondo
la giurisprudenza costituzionale, l'esistenza del nesso funzionale. 
    3.3.2.- Analoghe considerazioni varrebbero per quel che  riguarda
l'on. Mule', «il quale ha in tutto e per tutto  partecipato  all'iter
realizzativo  dell'interpellanza  parlamentare  n.  2-00433»:   egli,
infatti,  ha   partecipato   alla   conferenza   stampa   che   detta
interpellanza   annunciava,   ha   aggiunto    la    propria    firma
all'interpellanza in data 4 luglio 2019 e l'ha illustrata in aula  il
giorno successivo (con parole ampiamente  riportate  anche  nell'atto
difensivo). 
    La resistente  osserva,  allora,  che  vi  sarebbe  «un  contesto
sostanziale  e  temporale  unitario».  Cio'  che  e'  sostenuto,   in
particolare, alla luce della  circostanza  che  questa  Corte,  nella
sentenza n. 133 del 2018, avrebbe riconosciuto che l'insindacabilita'
ex art. 68, primo comma, Cost. potrebbe coprire  anche  dichiarazioni
extra moenia «non necessariamente connesse ad  atti  parlamentari  ma
per  le  quali  si  ritenga  nondimeno  sussistente  un  evidente   e
qualificato nesso con l'esercizio della  funzione  parlamentare»:  se
cosi' e', allora il nesso funzionale deve dirsi sussistente allorche'
le  dichiarazioni  siano  rese,  come  nel  caso  di  specie,  «prima
dell'apposizione della firma dell'atto ispettivo, ma nel corso di una
conferenza stampa volta proprio a  preannunciare  e  a  divulgare  il
contenuto  dell'atto  medesimo»,  secondo  peraltro  il  criterio  di
adeguatezza e proporzionalita' di cui alla sentenza n. 221 del 2014. 
    Significativo, secondo la difesa della  Camera,  sarebbe  poi  il
precedente di cui alla sentenza n. 219  del  2003.  Allora,  infatti,
questa  Corte   rigetto'   un   conflitto   promosso   dall'autorita'
giudiziaria nei confronti di una deliberazione d'insindacabilita' del
Senato della Repubblica riferita a una lettera di  un  capogruppo  in
Commissione  antimafia  al  suo  presidente:  se  e'  stato  ritenuto
insindacabile  un  atto  atipico  quale  quello,  a  maggior  ragione
dovrebbe esserlo il preannuncio di un atto tipico. 
    La difesa della resistente conclude, infine, rilevando che  l'on.
Mule'  ha   solo   introdotto   la   conferenza   stampa,   svolgendo
«considerazioni introduttive e di carattere generale con cui  censura
il modo di operare di alcuni pubblici  ufficiali,  i  quali  svolgono
delicate funzioni istituzionali», e non ha mai fatto il nome di M. M.
Le frasi dell'on. Mule', pertanto, sarebbero espressione del  diritto
di opinione  e  di  critica  di  cui  all'art.  21  Cost.,  per  come
ricostruito  anche  dalla  giurisprudenza  penale  della   Corte   di
cassazione. 
    4.- In  prossimita'  dell'udienza,  la  Camera  dei  deputati  ha
depositato   una   memoria   con   la   quale   ha   insistito    per
l'inammissibilita' o la non fondatezza  del  ricorso,  ribadendo  gli
argomenti gia' adoperati nell'atto di costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, il Tribunale di Salerno,  sezione
prima civile, promuove conflitto di  attribuzione  tra  poteri  dello
Stato in riferimento alle deliberazioni del 27 luglio  2022,  con  le
quali la Camera dei deputati, approvando le proposte della Giunta per
le autorizzazioni (doc. IV-quater, numeri 3 e 4), ha affermato che le
dichiarazioni dell'on. Giorgio Mule' e dell'on. Roberto Occhiuto, per
le quali e' in corso un giudizio civile presso il predetto Tribunale,
costituiscono  opinioni  espresse   nell'esercizio   delle   funzioni
parlamentari ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost. 
    1.1.- Il ricorrente riferisce che e' chiamato a decidere  su  una
richiesta di risarcimento dei danni non  patrimoniali,  asseritamente
patiti dall'attrice, M. M., in  ragione  del  carattere  diffamatorio
delle dichiarazioni che l'on. Mule' e l'on. Occhiuto  hanno  reso  in
una conferenza stampa convocata il 13  maggio  2019  presso  la  sala
stampa della Camera dei deputati. 
    I due deputati,  secondo  quanto  risulta  dal  ricorso  e  dalle
proposte della Giunta per le  autorizzazioni,  avevano  richiesto  al
Tribunale  di  Salerno  di  dichiarare   improcedibile   la   domanda
risarcitoria, ritenendo applicabile l'art. 68, primo comma, Cost.  Il
ricorrente afferma di avere implicitamente rigettato  tale  richiesta
con l'ordinanza con la quale ha «disposto la prosecuzione della  fase
istruttoria»: a cio', tuttavia, non e' seguita la trasmissione  della
copia  degli  atti  alla  Camera  dei  deputati  per  consentirle  di
deliberare al riguardo, come invece impone l'art. 3, comma  4,  della
legge  20  giugno  2003,  n.  140  (Disposizioni   per   l'attuazione
dell'articolo 68 della Costituzione nonche' in  materia  di  processi
penali   nei   confronti   delle   alte   cariche    dello    Stato).
Successivamente,  la  Camera  dei  deputati,  su  istanza   dei   due
parlamentari, ha affermato che le dichiarazioni per cui  e'  pendente
il giudizio civile  costituiscono  opinioni  espresse  nell'esercizio
delle funzioni parlamentari: di qui il promosso conflitto. 
    2.- In via preliminare, deve essere  confermata  l'ammissibilita'
del  conflitto  in  relazione  alla   sussistenza   dei   presupposti
soggettivi ed oggettivi, come  gia'  ritenuto  da  questa  Corte  con
l'ordinanza n. 154 del 2023, con la quale si  e'  altresi'  precisato
che restava «impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in  punto
di ammissibilita'». 
    Non c'e'  dubbio,  infatti,  che  il  Tribunale  di  Salerno  sia
legittimato a promuovere conflitto di attribuzione tra  poteri  dello
Stato,  trattandosi  di  organo  giurisdizionale,  in  posizione   di
indipendenza costituzionalmente garantita,  competente  a  dichiarare
definitivamente la volonta' del potere cui appartiene  nell'esercizio
delle   funzioni   attribuitegli.   Altrettanto   pacifica   e'    la
legittimazione  passiva  della  Camera  dei  deputati,  quale  organo
competente a dichiarare in modo definitivo  la  propria  volonta'  in
ordine all'applicazione dell'art. 68, primo comma, Cost. 
    Quanto ai presupposti oggettivi,  l'inibizione  a  esercitare  la
funzione giurisdizionale, conseguente alle deliberazioni della Camera
dei deputati, e' idonea a cagionare, ove  le  dichiarazioni  dei  due
deputati non fossero riconducibili a opinioni espresse nell'esercizio
delle funzioni parlamentari  ai  sensi  dell'art.  68,  primo  comma,
Cost., la lesione  della  sfera  di  attribuzioni  costituzionalmente
garantita al potere ricorrente.  
    3.- Il conflitto e',  tuttavia,  inammissibile  per  l'assorbente
ragione che si palesa in violazione del principio di completezza e di
autosufficienza del ricorso, come d'altra parte eccepito dalla Camera
dei deputati. 
    3.1.-  La   giurisprudenza   di   questa   Corte,   infatti,   ha
costantemente  affermato  che  il  ricorso  deve  «identificare   con
sufficiente grado di  precisione  il  contenuto  delle  dichiarazioni
asseritamente diffamatorie rese extra moenia al fine di  raffrontarlo
con quello di eventuali  atti  tipici  della  funzione  parlamentare»
(sentenza n. 59 del 2018; analogamente, tra le molte, sentenze  n.  4
del 2015, n. 55 del 2014, n. 282 del 2011, n. 31 del 2009, n. 330 del
2008, n. 247 e n. 52 del 2007). 
    Le  espressioni  ritenute  diffamatorie  devono,  dunque,  essere
riportate nel ricorso «in modo esatto ed obiettivo» (sentenza  n.  31
del 2009) o, al limite, in atti ad esso allegati  che  il  ricorrente
espressamente richiami, non potendo questa Corte trarle autonomamente
dagli atti del procedimento (sentenze n. 368 e n. 305  del  2007,  n.
336 del 2006; ordinanze n. 402 del 2006, n. 129 e n. 104  del  2005).
Inoltre, «non e' consentita la  sostituzione  di  quelle  espressioni
"con una libera rielaborazione ad  opera  dell'autorita'  giudiziaria
ricorrente", in quanto, cosi' operando, si  realizza  una  "impropria
sovrapposizione tra l'oggettiva rilevanza delle opinioni espresse dal
deputato [...] e l'interpretazione soggettiva che ne e'  stata  data,
che interferisce con l'accertamento del nesso funzionale tra le frasi
pronunciate [...] e gli eventuali atti parlamentari tipici di cui  le
frasi stesse potrebbero essere la divulgazione esterna" (sentenza  n.
79 del 2005; in senso conforme, anche la sentenza n. 383  del  2006)»
(sentenza n. 320 del 2013; analogamente sentenze n. 282 del 2011,  n.
247, n. 246 e n. 236 del 2007). 
    3.2.- Nel proprio ricorso il Tribunale di Salerno  si  e'  invece
limitato ad affermare «che nel corso della conferenza -  indetta  con
il dichiarato scopo di reagire ad un complotto ordito  nei  confronti
del sindaco di Cosenza Occhiuto Mario, fratello  dell'on.  Roberto  -
gli onorevoli Mule' e  Occhiuto  parlavano,  tra  l'altro,  di  "mala
giustizia" e di "metodi scorretti", insinuando il sospetto che M.  M.
avesse agito sotto le  direttive  del  senatore  Morra,  al  fine  di
ottenere prestigiosi incarichi dalla Commissione Antimafia». 
    In tal modo,  il  ricorrente  non  ha  riferito  quali  siano  le
espressioni ritenute diffamatorie per cui  e'  pendente  il  giudizio
civile, ma ne ha liberamente sintetizzato il  senso  complessivo,  il
che impedisce a questa Corte di compiere il necessario raffronto  tra
tali  espressioni  e   l'interpellanza,   cui   si   riferiscono   le
deliberazioni della Camera dei deputati,  che  l'on.  Mule'  e  l'on.
Occhiuto avrebbero esternamente divulgato. 
    Il Tribunale di Salerno, peraltro, con le richiamate  parole  non
ha  neppure  soddisfatto  l'esigenza,  del   pari   segnalata   dalla
giurisprudenza di questa Corte, che nel ricorso  siano  descritte  le
specifiche dichiarazioni  attribuibili  a  ciascun  parlamentare,  le
quali,  anche  se  rese  in  unico  contesto,  mantengono  una   loro
autonomia, di modo che devono essere tenute separate  ai  fini  della
verifica dell'esistenza del nesso funzionale  (sentenze  n.  223  del
2009, n. 291 del 2007, n. 267 del 2005, n. 87 del 2002). 
    3.3.-   Le   richiamate   lacune    del    ricorso    determinano
l'inammissibilita'  del  conflitto  di  attribuzione   promosso   dal
Tribunale di Salerno.