ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  17,  comma
4, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della
legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso dal Giudice di pace di Bari
nel procedimento penale a carico di I.F.A. L., con ordinanza  del  25
settembre 2019, iscritta al n.  32  del  registro  ordinanze  2023  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  13,  prima
serie speciale, dell'anno 2023, la cui trattazione e'  stata  fissata
per l'adunanza in camera di consiglio del 9 gennaio 2024. 
    Udito nella camera di consiglio del 10 gennaio  2024  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ordinanza  del  25  settembre   2019,   depositata   in
cancelleria l'8 marzo 2023 e iscritta al n. 32 del registro ordinanze
2023, il Giudice di pace di Bari ha sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 3, 24 e  111  della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'
costituzionale, dell'art. 17, comma 4,  del  decreto  legislativo  28
agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice
di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24  novembre  1999,  n.
468), nella parte in cui non prevede che, nel procedimento davanti al
giudice di pace, l'opposizione della persona offesa alla richiesta di
archiviazione sia trattata in udienza camerale, con la  presenza  del
difensore della persona sottoposta alle indagini, o che  quest'ultima
ne sia quantomeno informata al fine di garantire il  contraddittorio,
anche in via cartolare. 
    2.- Il giudice a quo, premesso di essere investito  del  processo
penale nei confronti  di  una  persona  imputata  del  reato  di  cui
all'art. 582 del codice penale, riferisce che, in sede di discussione
finale, il difensore ha eccepito l'illegittimita' costituzionale  del
citato art. 17, comma 4, del d.lgs. n. 274 del 2000, sotto il profilo
indicato. 
    Il  giudice   rimettente   reputa   i   dubbi   di   legittimita'
costituzionale   prospettati   dal   difensore   non   manifestamente
infondati, rilevando che, nel  procedimento  davanti  al  giudice  di
pace, l'art. 17 del d.lgs. n. 274 del 2000 consente alla sola persona
offesa  dal  reato  di  proporre  opposizione   alla   richiesta   di
archiviazione per sollecitare ulteriori indagini  o  la  formulazione
della  cosiddetta  imputazione  coatta,  mentre  all'indagato  -  non
informato  di  tale  iniziativa  -  non  verrebbe  garantita   alcuna
possibilita' di interloquire, svolgendo difese e offrendo spunti  per
ulteriori indagini a sostegno della richiesta stessa. 
    Tale disciplina  risulterebbe  «asimmetrica»  rispetto  a  quella
operante nel procedimento per i reati di  competenza  del  tribunale,
riguardo al quale l'art. 409, comma 2, del codice di procedura penale
stabilisce che «[s]e non accoglie la richiesta, il giudice entro  tre
mesi fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne  fa  dare
avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e
alla persona offesa dal reato». Nel procedimento ordinario,  inoltre,
il pubblico ministero, quando conclude le indagini preliminari e  non
intende  chiedere  l'archiviazione,  deve   notificare   all'indagato
l'avviso di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen., garantendogli cosi'
il diritto al contraddittorio. 
    In sostanza, quindi, mentre nel procedimento per i reati reputati
piu' gravi, devoluti al tribunale, il legislatore avrebbe  rispettato
integralmente i principi di parita' delle parti nel contraddittorio e
nella formazione della prova (art. 111 Cost.) e di inviolabilita' del
diritto di difesa in ogni stato e grado  del  procedimento  (art.  24
Cost.), nel procedimento per i reati di  competenza  del  giudice  di
pace, considerati meno gravi, il  legislatore  avrebbe  ritenuto  «di
affievolire il concreto rispetto di tali canoni  costituzionali».  In
quest'ultimo procedimento,  l'indagato  viene  infatti  a  conoscenza
dell'eventuale opposizione alla richiesta di archiviazione  solo  nel
caso in cui il giudice disponga l'imputazione coatta, con conseguente
emissione dell'atto di citazione a giudizio  da  parte  del  pubblico
ministero. L'indagato non verrebbe  quindi  messo  in  condizione  di
offrire,  sin  dalla  fase  delle  indagini  preliminari,   possibili
elementi a discarico atti a supportare l'archiviazione. 
    Ad avviso del rimettente,  la  scelta  legislativa  non  potrebbe
essere giustificata con gli obiettivi di speditezza e semplificazione
che - come emerge dalla relazione governativa al d.lgs.  n.  274  del
2000 - improntano la disciplina del procedimento dinnanzi al  giudice
di pace. La possibilita' di  modulare  variamente  la  partecipazione
dell'indagato alla  fase  delle  indagini  preliminari  non  potrebbe
risolversi, comunque sia, in una compressione dei principi posti  dai
citati artt. 24 e 111 Cost., ai quali dovrebbe riconoscersi caratteri
di inderogabilita' e di «assoluta  preminenza».  Peraltro,  la  norma
censurata non sarebbe  neppure  idonea  a  realizzare  gli  accennati
obiettivi di speditezza e semplificazione, dato che essa impedisce al
giudice  di  conoscere  e  apprezzare  elementi  che  potrebbero,  in
ipotesi, evitare l'avvio di un inutile processo penale. 
    In tale  ottica,  la  disparita'  di  trattamento  dell'indagato,
secondo che si proceda per reati di competenza del  tribunale  o  del
giudice di pace, indotta dalla norma censurata, si rivelerebbe lesiva
anche del principio di eguaglianza «formale e  sostanziale»  (art.  3
Cost.), in quanto non rispettosa del canone della ragionevolezza. 
    3.- Le questioni sarebbero per altro verso «rilevanti ai fini del
decidere», in quanto, nel giudizio a quo, si era  verificata  proprio
l'ipotesi dell'imputazione  coatta  a  seguito  di  opposizione  alla
richiesta di archiviazione da parte della persona offesa: sicche' «la
partecipazione dell'imputato  nella  fase  dell'indagine  preliminare
[...]  avrebbe  potuto  fornire  ulteriori  elementi  consentendo  al
Giudice di Pace in  funzione  di  G.I.P.  di  valutare  compiutamente
l'ipotesi di archiviazione, potendo  cosi'  evitare  un  procedimento
penale ove privo di elementi sufficienti per il prosieguo». 
    La rilevanza - secondo il  rimettente  -  risulterebbe  «altresi'
dalla non manifesta infondatezza» delle questioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe (reg.  ord.  n.  32  del
2023),  il  Giudice  di  pace  di  Bari  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 4, del d.lgs. n.  274
del 2000, nella parte  in  cui  non  prevede  che,  nel  procedimento
davanti al giudice di pace, l'opposizione della persona  offesa  alla
richiesta di archiviazione sia trattata in udienza camerale,  con  la
presenza del difensore della persona sottoposta alle indagini, o  che
quest'ultima ne sia quantomeno informata  al  fine  di  garantire  il
contraddittorio, anche in via cartolare. 
    Il giudice a quo  rileva  che,  nel  procedimento  per  reati  di
competenza del tribunale,  l'art.  409,  comma  2,  cod.  proc.  pen.
stabilisce che, in caso di  opposizione  della  persona  offesa  alla
richiesta di archiviazione,  debba  essere  fissata  una  udienza  in
camera  di  consiglio,  cui  partecipa  il  difensore  dell'indagato,
all'esito della quale il giudice per le indagini  preliminari  decide
se archiviare, o no, il procedimento. Cio' non e'  previsto,  invece,
dalla norma censurata, in relazione al  procedimento  che  si  svolge
davanti al  giudice  di  pace,  con  la  conseguenza  che,  in  esso,
l'indagato non e' messo in  condizione  di  contrastare  l'iniziativa
della  persona  offesa,  svolgendo  difese  e  adducendo  elementi  a
sostegno della richiesta di archiviazione. 
    Il rimettente ravvisa in  cio'  la  violazione  dei  principi  di
eguaglianza e ragionevolezza (art. 3), di inviolabilita' del  diritto
di  difesa  (art.  24  Cost.)  e   di   parita'   delle   parti   nel
contraddittorio e nella formazione della prova (art. 111  Cost.).  La
rilevata "asimmetria" non potrebbe, infatti, essere giustificata  con
le esigenze di speditezza e  semplificazione  che  caratterizzano  il
procedimento davanti al giudice di pace, le quali non consentirebbero
la  compressione  dei  principi  costituzionali  evocati.  La   norma
censurata, peraltro, non sarebbe neppure idonea a realizzare  i  fini
di speditezza avuti di mira dal legislatore, poiche'  impedirebbe  al
giudice di tener conto di elementi che potrebbero evitare l'avvio  di
un inutile processo. 
    2.- Le questioni sono inammissibili. 
    2.1.- Il rimettente - investito del processo penale nei confronti
di  una  persona  imputata  del  reato  di  lesioni  personali  -  fa
discendere la rilevanza delle  questioni  dal  mero  fatto  che,  nel
giudizio a quo, si era verificata proprio l'ipotesi della  cosiddetta
imputazione coatta, disposta dal giudice di pace  svolgente  funzioni
di giudice per le indagini  preliminari  a  seguito  dell'opposizione
alla richiesta di archiviazione da parte della persona offesa,  senza
che l'indagato fosse  stato  messo  in  condizione  di  formulare  le
proprie difese. Secondo  il  rimettente,  la  rilevanza  risulterebbe
altresi' «dalla non manifesta infondatezza» delle questioni. 
    2.2.- Di la' da quest'ultima  affermazione  -  che  indebitamente
sovrappone due profili di scrutinio tra loro autonomi - va,  riguardo
alla prima,  osservato  che  la  norma  oggetto  delle  questioni  di
legittimita'  attiene  a  una  fase  del  procedimento  (le  indagini
preliminari) anteriore  e  distinta  rispetto  a  quella  di  cui  il
rimettente e' investito. Si tratta di  fase  oramai  conclusa,  nella
quale la norma stessa ha  gia'  trovato  applicazione  ad  opera  del
giudice di pace investito delle funzioni di GIP. 
    Nell'ordinanza di rimessione, il giudice  a  quo  non  indica  in
relazione a quale evenienza propria della  fase  dibattimentale  egli
debba, a propria volta, applicare la norma censurata e in quale  modo
la pronuncia additiva richiesta sia suscettibile  di  incidere  sullo
svolgimento di tale fase. Cio' impedisce a questa Corte di verificare
per quale profilo la risoluzione del  quesito  possa  avere  concreta
rilevanza in rapporto alla fase in cui si trova il  giudizio  a  quo,
anche nei soli termini, propri di  tale  verifica,  di  un  controllo
"esterno" sulla "non implausibilita'" della motivazione  al  riguardo
offerta dal giudice a quo. 
    3.- Alla luce di quanto  precede,  le  questioni  vanno  pertanto
dichiarate inammissibili per difetto di  adeguata  motivazione  sulla
rilevanza.