ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 4,
lettera b), della legge della Regione Toscana 27 dicembre 2018, n. 73
(Disposizioni di  carattere  finanziario.  Collegato  alla  legge  di
stabilita' per  l'anno  2019),  promosso  dalla  Corte  d'appello  di
Firenze, sezione lavoro, nel procedimento vertente tra  J.  M.  e  la
Regione Toscana, con ordinanza del 10 marzo 2023, iscritta al  n.  93
del registro ordinanze 2023 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2023. 
    Visti gli atti di costituzione di J. M. e della Regione Toscana; 
    udito nell'udienza pubblica  del  20  febbraio  2024  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    uditi gli avvocati Alberto Guariso per J. M. e Marcello Cecchetti
per la Regione Toscana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 20 febbraio 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 10  marzo  2023,  iscritta  al  n.  93  del
registro ordinanze 2023,  la  Corte  d'appello  di  Firenze,  sezione
lavoro,  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 5, comma 4, lettera b), della legge della  Regione  Toscana
27 dicembre 2018,  n.  73  (Disposizioni  di  carattere  finanziario.
Collegato alla legge di stabilita' per l'anno 2019),  in  riferimento
all'art. 3 della Costituzione. 
    1.1.-   Il   rimettente   premette   di    doversi    pronunciare
sull'impugnazione dell'ordinanza emessa dal  Tribunale  ordinario  di
Arezzo, che ha respinto l'azione  civile  contro  la  discriminazione
delle persone con disabilita' proposta da J. M. , cittadina  albanese
residente in Toscana, ai sensi dell'art. 3 della legge 1° marzo 2006,
n. 67 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilita'
vittime di discriminazioni). 
    In particolare, J. M. contestava il carattere discriminatorio del
provvedimento con cui, in applicazione della disposizione  censurata,
il Comune di Arezzo le aveva negato il contributo economico  previsto
dalla medesima disposizione in favore delle famiglie con figli minori
disabili. 
    Nonostante la grave disabilita' del  figlio  minore  (affetto  da
distrofia muscolare di Duchenne) e un reddito  familiare  in  cui  il
valore dell'indicatore della situazione economica equivalente  (ISEE)
era inferiore a 29.999,00 euro l'anno (come  richiesto  dall'art.  5,
comma 4, lettera c, della legge reg. Toscana  n.  73  del  2018),  la
domanda volta a ottenere la provvidenza in questione - presentata  il
12 maggio 2020 - era stata respinta perche'  mancante  del  requisito
previsto dalla  censurata  lettera  b),  secondo  la  quale  «sia  il
genitore sia il figlio minore disabile  devono  essere  residenti  in
Toscana,  in   modo   continuativo,   in   strutture   non   occupate
abusivamente, da almeno ventiquattro mesi antecedenti la data del  1°
gennaio dell'anno di riferimento del contributo». 
    La ricorrente risultava infatti residente nel  Comune  di  Arezzo
solo dal 5 marzo 2019, quindi da meno di ventiquattro mesi. 
    Il Tribunale  di  Arezzo,  dopo  aver  dichiarato  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale avanzata da  J.
M. per violazione degli artt. 3 e 120 Cost., con ordinanza 21  aprile
2021, n. 965, ha respinto il  ricorso,  ritenendo  che  il  requisito
della  residenza  anagrafica  in  Toscana  da  almeno  due  anni  non
contrastasse col principio di uguaglianza e non fosse irragionevole. 
    2.-  Chiamata  a  pronunciarsi  sulle   medesime   eccezioni   di
legittimita'  costituzionale  avanzate  dall'appellante,   la   Corte
rimettente ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  quella
relativa alla violazione dell'art. 3 Cost. 
    A sostegno della rilevanza, il giudice a quo prende innanzi tutto
atto  della  regolarita'  della  domanda  volta  all'ottenimento  del
contributo  presentata  dall'appellante  nonche'  del   rapporto   di
parentela tra l'appellante e il minore, e rileva la sussistenza degli
altri requisiti previsti dalla legge per l'accesso al beneficio. 
    Evidenzia poi l'impossibilita' di procedere alla  disapplicazione
della  disposizione  legislativa   per   contrasto   con   le   fonti
sovranazionali che  tutelano  la  disabilita'  e  ne  proibiscono  le
relative  discriminazioni  (l'art.  21  della   Carta   dei   diritti
fondamentali  dell'Unione  europea  e  l'art.  14  della  Convenzione
europea  dei  diritti  dell'uomo),  ritenendo  che  l'esclusione  del
contributo non sia derivato da fattori relativi  alla  situazione  di
disabilita', quanto piuttosto dal diverso requisito della residenza. 
    Secondo la Corte rimettente, la disposizione non potrebbe neanche
essere  disapplicata   per   mancata   osservanza   dell'obbligo   di
"accomodamento ragionevole" previsto dall'art.  2  della  Convenzione
delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita' fatta a
New York il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3
marzo 2009, n. 18, ritenendo tale norma, pur  confluita  nel  diritto
dell'Unione  europea  per  effetto  della  decisione  2010/48/CE  del
Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da  parte
della Comunita' europea, della convenzione delle  Nazioni  Unite  sui
diritti delle persone con disabilita', priva di effetti diretti. 
    Analogamente, il giudice a  quo  esclude  che  siano  sussistenti
discriminazioni relative a  motivi  di  nazionalita',  vietate  dalla
normativa sovranazionale, in  quanto  il  requisito  biennale  appare
troppo breve per costituire una  discriminazione  indiretta  per  gli
stranieri rispetto ai cittadini italiani. 
    L'ordinanza   di   rimessione    ritiene    quindi    ineludibile
l'applicazione,  ai  fini   della   risoluzione   del   caso,   della
disposizione oggetto di  censura,  non  potendosi  prospettare  -  in
ragione del  suo  tenore  letterale  -  una  diversa  interpretazione
conforme a Costituzione. 
    3.- Nel merito, l'art. 5, comma 4, lettera b), della  legge  reg.
Toscana n. 73 del 2018 si porrebbe in contrasto con il  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,  poiche'  detterebbe,  a  carico
della  famiglia  dell'appellante,  un  trattamento  differenziato   e
«ingiustificatamente  deteriore»  rispetto  alla   situazione   delle
famiglie con figli minori disabili residenti nella Regione Toscana da
almeno due anni prima del 1° gennaio dell'anno  in  cui  chiedono  il
contributo. 
    Da un primo punto di vista, il requisito della  residenza  almeno
biennale non  avrebbe  nulla  a  che  vedere  con  la  condizione  di
svantaggio che la legge regionale mira ad alleviare, vale a  dire  la
condizione di disabilita' unita a  un  reddito  medio-basso,  sicche'
sarebbe  privo  di  giustificazione  il   trattamento   preferenziale
riservato alle famiglie residenti da piu'  di  due  anni  rispetto  a
quelle che non hanno maturato tale requisito. 
    Da un secondo punto di vista, sarebbe irragionevole  preferire  -
ai fini del riconoscimento della provvidenza - quei nuclei  familiari
nei quali viva un disabile con una  condizione  di  disabilita'  meno
grave rispetto al figlio dell'appellante e che presentino un  reddito
superiore a quest'ultima, benche' entro la soglia dei 29.999,00 euro,
unicamente in ragione della residenza nel territorio regionale da  un
periodo pari o superiore ai due anni. 
    3.1.- Il  giudice  rimettente  evidenzia  come  il  potere  della
Regione di limitare l'erogazione  del  contributo  economico,  tenuto
conto delle risorse finanziarie disponibili, debba essere  esercitato
su basi ragionevoli, preferendo,  quindi,  le  famiglie  in  cui  sia
presente un minore con  disabilita'  piu'  gravi  ovvero  quelle  con
reddito minore. Osserva,  poi,  come  il  requisito  della  residenza
biennale  non  possa  fungere   da   strumento   idoneo   a   evitare
comportamenti abusivi, ritenendo assai improbabile che  una  famiglia
con minori disabili possa decidere  di  trasferirsi  all'interno  del
territorio regionale toscano al solo fine di usufruire del contributo
(peraltro  complessivamente  modesto,  perche'  pari  a  700,00  euro
all'anno). 
    Nel caso di specie,  il  criterio  fondato  sul  requisito  della
residenza  biennale   non   sarebbe   quindi   ragionevole,   perche'
difetterebbe qualsiasi collegamento con  la  «funzione  del  servizio
offerto»,  richiesto  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  (sono
richiamate le sentenze n. 7 del 2021, n. 281 e n. 44 del 2020, n. 107
del 2018 e n. 222 del 2013). 
    4.- Si e' costituita in giudizio la Regione Toscana,  in  persona
del Presidente pro tempore della Giunta regionale, chiedendo  che  la
questione sia dichiarata non fondata. 
    4.1.- Pur  non  eccependo  formalmente  l'inammissibilita'  della
questione, la difesa regionale ritiene  comunque  precluso  a  questa
Corte  il  sindacato,  asseritamente  sollecitato  dall'ordinanza  di
rimessione, volto a sostituire il criterio della  residenza  biennale
con una diversa modulazione  degli  altri  requisiti  previsti  dalla
disposizione censurata e riferiti al grado  della  disabilita'  o  al
reddito. 
    4.2.-  Nel  merito,  la  difesa  regionale  evidenzia   come   la
prestazione in oggetto non rientri tra  i  livelli  essenziali  delle
prestazioni  garantiti  e  finanziati  dallo  Stato,  i  quali   soli
consentirebbero di «prescinde[re] da qualsivoglia radicamento con  la
realta'  territoriale   regionale»,   sicche'   sarebbe   ammissibile
riservare l'erogazione alle «famiglie che, con il passar  del  tempo,
hanno contribuito alla crescita della comunita' regionale». 
    Secondo la Regione Toscana, vi sarebbe una sostanziale differenza
tra i contributi concessi con risorse statali e  quelli  erogati  con
risorse attinte dal bilancio regionale, con la conseguenza  che  solo
per i primi sarebbero preclusi eventuali «periodi di sospensione  ove
un beneficiario si sposti da una Regione ad un'altra», come nel  caso
delle misure a sostegno della disabilita' istituite dalla Regione con
fondi nazionali. 
    Inoltre, con riferimento al requisito della residenza  pregressa,
la «idonea e ragionevole correlazione con la funzione e la  finalita'
dei servizi o delle prestazioni» richiesta  dalla  giurisprudenza  di
questa Corte  (e'  richiamata  la  sentenza  n.  7  del  2021)  viene
individuata dalla difesa regionale nella necessita' di assicurare una
cifra  non  irrisoria  alle  famiglie   con   minori   disabili,   in
considerazione della scarsita' delle risorse regionali. 
    Peraltro,  la  limitatezza  del  periodo  di   residenza   minima
richiesto (due  anni),  l'assenza  di  richiami  al  requisito  della
cittadinanza e di vincoli alla permanenza successiva  nel  territorio
regionale varrebbero a differenziare la disposizione censurata  dalle
altre che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto, negli  anni,
non rispettose del principio di proporzionalita' e ragionevolezza, in
quanto   riferite   a   requisiti    e    prestazioni    di    natura
significativamente diversa (sono richiamate  le  sentenze  n.  9  del
2021, n. 106 del 2018 e n. 168 del 2014). 
    La disposizione  censurata,  inoltre,  sarebbe  rivolta  anche  a
scongiurare atteggiamenti di tipo opportunistico,  quali  quelli  dei
non  residenti  spinti  a  trasferirsi   nel   territorio   regionale
unicamente in vista della possibilita' di «accedere  gratuitamente  e
illimitatamente alle prestazioni sociali». 
    4.3.- Ad avviso  della  Regione,  il  requisito  della  residenza
biennale  introdotto  dalla  disposizione  censurata   servirebbe   a
evitare, come comprovato anche dai lavori preparatori,  l'ampliamento
della «platea dei beneficiari, al di fuori di qualsiasi  criterio  di
prevedibilita', con il rischio che alle famiglie dei minori  disabili
venga attribuita una somma annuale pressoche' irrilevante». 
    L'eliminazione del requisito della  residenza  biennale  avvenuto
attraverso la novella contenuta nell'art. 19, comma  4,  lettera  b),
della  legge  della  Regione  Toscana  28  dicembre   2021,   n.   54
(Disposizioni di  carattere  finanziario.  Collegato  alla  legge  di
stabilita' per l'anno 2022),  non  minerebbe  la  legittimita'  dello
stesso, ma sarebbe frutto di un giudizio  prognostico,  basato  sulla
esperienza maturata, relativo alla congruita' delle risorse stanziate
(che rimangono fissate nella cifra di 1.850.000,00  euro)  a  coprire
anche un ampliamento dei richiedenti. 
    5.- Si e' costituita in giudizio J. M. , chiedendo a questa Corte
di accogliere la questione di legittimita' costituzionale. 
    5.1.-  Preliminarmente,  anche  la  difesa  della  parte  privata
segnala come, negli anni successivi  a  quello  nel  quale  e'  stata
presentata la domanda di contributo, diverse  disposizioni  di  legge
regionale (il gia' richiamato art. 19,  comma  4,  lettera  b,  della
legge reg. Toscana n. 54 del 2021 nonche' l'art. 23, comma 4, lettera
b, della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2022, n. 44, recante
«Disposizioni di  carattere  finanziario.  Collegato  alla  legge  di
stabilita' per l'anno 2023») hanno stabilito  che  per  l'accesso  al
medesimo fosse sufficiente  il  solo  requisito  della  residenza  al
momento della presentazione della domanda, senza alcuna necessita' di
un pregresso radicamento biennale. 
    Alla luce di cio', la difesa della parte privata, pur dichiarando
di «non ave[re]  interesse  a  sollevare  una  formale  eccezione  di
inammissibilita' della questione», allude alla  possibilita'  che  il
giudice rimettente potesse - una volta preso  atto  del  «significato
ulteriore e diverso» che la norma ha assunto «nel  contesto  sociale»
di riferimento (e' richiamata Corte di  cassazione,  sezione  lavoro,
ordinanza 24 gennaio 2023, n. 2121) - applicare i nuovi criteri  alla
situazione pregressa ancora pendente. 
    5.2.- Nel merito, l'assenza di qualsiasi ragionevole correlazione
tra i caratteri del beneficio e il requisito della residenza biennale
sarebbe comprovata sotto piu' punti di vista. 
    Innanzi  tutto,  la  sola  residenza  pregressa  non   fornirebbe
indicazioni quanto alla reale  contribuzione  del  beneficiario  alla
collettivita' locale (tanto piu' nel  caso  di  un  nucleo  familiare
bisognoso di assistenza) e non garantirebbe la stabilita' futura  del
soggetto sul territorio regionale, non essendo previsti requisiti  di
permanenza. 
    L'estrema modestia del contributo, in secondo luogo,  denoterebbe
l'intento  del  legislatore  di  dare  un   soccorso   immediato   ai
beneficiari, e non  di  fornire  una  prestazione  di  durata  per  i
residenti stabili. 
    Inoltre, la stabilita' della residenza non potrebbe «mai assumere
carattere prevalente rispetto alla  valutazione  del  bisogno»,  come
stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte  (sono  richiamate  le
sentenze n. 2 del 2013 e n. 40 del 2011). Al contrario,  una  persona
con disabilita' trasferitasi da poco nel territorio regionale avrebbe
maggiori necessita' di sostegno pubblico, non potendo contare su reti
informali di supporto. 
    La difesa della parte privata sostiene poi che l'importo  modesto
del contributo dovrebbe  portare  a  un  piu'  rigoroso  giudizio  di
razionalita' della norma «essendo ancor meno spiegabile  perche'  mai
la Regione, nell'erogare somme modeste ma pur  sempre  rivolte  a  un
gravissimo bisogno sociale, dovrebbe distinguere i propri residenti a
seconda della durata della pregressa residenza». 
    Da ultimo, l'introduzione di  requisiti  di  residenza  pregressa
rischierebbe  di  precludere  in  assoluto  l'accesso  a  prestazioni
sociali nel caso di  una  persona  che  cambi  spesso  residenza  per
ragioni di vita, che si troverebbe  a  non  poter  beneficiare  delle
prestazioni in alcuna regione. 
    6.- Con memoria depositata in prossimita' dell'udienza  pubblica,
la difesa della parte privata ha ulteriormente ribadito le ragioni  a
sostegno dell'accoglimento della questione. 
    7.- In sede di discussione orale, la difesa della Regione Toscana
ha eccepito, in via preliminare, l'inammissibilita'  della  questione
per  difetto   di   rilevanza,   in   quanto   l'accertamento   della
insussistenza di una discriminazione, in danno  dell'appellante,  per
ragioni legate alla disabilita'  determinerebbe  l'esaurimento  della
specifica potestas iudicandi attribuita al rimettente nell'ambito del
giudizio antidiscriminatorio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte  d'appello  di
Firenze, sezione  lavoro,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 4, lettera  b),  della  legge  reg.
Toscana n. 73 del 2018, in riferimento all'art. 3 Cost. 
    La disposizione censurata stabilisce che,  tra  i  requisiti  per
accedere  al  contributo  di  700,00  euro  annui,  per  il  triennio
2019-2021, rivolto  al  sostegno  delle  famiglie  con  figli  minori
disabili, vi sia anche quello per cui «sia il genitore sia il  figlio
minore  disabile  devono  essere  residenti  in  Toscana,   in   modo
continuativo, in  strutture  non  occupate  abusivamente,  da  almeno
ventiquattro mesi antecedenti la data del  1°  gennaio  dell'anno  di
riferimento del contributo». 
    1.1.-  Il  giudice  a  quo  premette  di   doversi   pronunciare,
nell'ambito di  un  giudizio  antidiscriminatorio,  sull'impugnazione
presentata da J. M. avverso l'ordinanza del Tribunale  di  Arezzo  21
aprile  2021,  n.  965,  che  ha  ritenuto  non  discriminatorio   il
provvedimento di diniego del contributo adottato dal Comune di Arezzo
nei confronti dell'appellante, in  quanto  quest'ultima,  al  momento
della presentazione della richiesta (il 12 maggio  2020),  non  aveva
maturato il requisito della residenza biennale, perche' residente  in
Toscana solo dal 5 marzo 2019. 
    2.- La Corte d'appello  di  Firenze  ritiene  che  la  previsione
censurata contrasti con l'art. 3 Cost.,  perche'  l'esclusione  della
ricorrente  dalla  provvidenza  darebbe  luogo  a   «un   trattamento
ingiustificatamente deteriore, rispetto a quello delle altre famiglie
con minori disabili che risiedono in Toscana da almeno due anni prima
del 1° gennaio dell'anno in cui chiedono il contributo». L'assenza di
una  ragionevole  giustificazione  del  requisito  in  questione   si
ricaverebbe dal fatto che esso non  mostrerebbe  alcuna  correlazione
con la situazione di bisogno  che  il  sussidio  in  parola  mira  ad
alleviare e dal suo carattere discriminatorio rispetto a quei  nuclei
familiari, residenti da piu' di due  anni,  in  cui  e'  presente  un
minore affetto da una condizione di disabilita' meno  grave  e/o  che
mostrano di avere un reddito piu' elevato di  quello  dell'appellante
nel giudizio a quo. 
    3.- La difesa della Regione  Toscana  ha  avanzato,  in  sede  di
discussione orale, un'eccezione di inammissibilita'  della  questione
per difetto di rilevanza. 
    Ad avviso della difesa regionale, la Corte rimettente, chiamata a
pronunciarsi nell'ambito di un giudizio volto all'accertamento e alla
rimozione delle discriminazioni subite dalle persone con disabilita',
avrebbe dapprima escluso la sussistenza di una  tale  discriminazione
in capo all'appellante, rilevando come  l'esclusione  dal  contributo
dipenderebbe unicamente dal fatto che questa aveva  la  residenza  in
Toscana, al momento della presentazione della domanda, da meno di due
anni, e  su  tale  profilo  avrebbe  incentrato  le  sue  censure  di
illegittimita' costituzionale. 
    In questo modo, tuttavia, la questione andrebbe ritenuta priva di
rilevanza, perche' sollevata dopo che la rimettente, per il fatto  di
aver  escluso  il  carattere  discriminatorio  del  requisito   della
residenza protratta per  ragioni  legate  alla  disabilita',  avrebbe
esaurito  la  specifica  potestas  iudicandi   ad   essa   attribuita
nell'ambito di questa tipologia di giudizi. 
    3.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Preliminarmente, occorre ribadire che la verifica sui presupposti
dell'instaurazione del giudizio di legittimita' costituzionale, e, in
primo  luogo,  sulla  rilevanza  delle  questioni,  e'  limitata   al
riscontro  della  non  implausibilita'  della  motivazione  impiegata
dall'autorita' rimettente, nel rispetto del  criterio,  costantemente
seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, del «controllo esterno»
(sentenze n. 23 del 2024, n. 198 e n. 192 del 2023). 
    Nel caso di specie, la valutazione della  rilevanza  operata  dal
giudice a quo puo' ritenersi non implausibile. 
    L'affermazione  contenuta  nell'ordinanza,  su  cui   la   difesa
regionale incentra la propria eccezione, e' quella secondo cui J.  M.
«non e' discriminata in quanto disabile  o  in  quanto  madre  di  un
figlio disabile», poiche' l'esclusione  dal  contributo  dipenderebbe
«dal fatto che ha la residenza in Toscana da meno di due anni». 
    Non e' tuttavia possibile ricavare da tale inciso,  autonomamente
considerato e sganciato  dalla  sequenza  degli  argomenti  impiegati
nella motivazione dell'ordinanza di rimessione,  la  conclusione  per
cui il giudice a quo avrebbe senz'altro escluso la sussistenza di una
condotta discriminatoria, per ragioni  legate  alla  disabilita',  in
danno dell'appellante, per sollevare una  questione  di  legittimita'
costituzionale che non mostra  alcuna  connessione  con  il  giudizio
antidiscriminatorio. 
    In primo  luogo,  la  riportata  affermazione  dell'ordinanza  e'
espressamente e unicamente riferita all'impossibilita' di  addivenire
all'accoglimento della domanda di J. M.  per  il  tramite  della  non
applicazione dell'art. 19, comma 4,  lettera  b),  della  legge  reg.
Toscana n. 73 del 2018 per contrasto con l'art. 21 CDFUE o con l'art.
14 CEDU, senza quindi predeterminare in alcun modo l'esito finale del
giudizio. 
    In secondo luogo, che cio' non abbia affatto esaurito  il  potere
della  rimettente  di  valutare  la  natura   discriminatoria   della
condotta, e, anzi, che il requisito della residenza protratta  assuma
rilievo - nell'ottica dell'ordinanza di rimessione - in  vista  delle
sue specifiche  ricadute  discriminatorie  per  ragioni  legate  alla
disabilita', e' ulteriormente dimostrato dal fatto  che  la  premessa
del giudizio sulla non manifesta infondatezza della questione e'  che
l'esclusione di J.  M.  dal  contributo  assuma  i  contorni  di  una
discriminazione indiretta ai danni di quest'ultima,  in  ragione  del
«trattamento  ingiustificatamente  deteriore»  che  questa  subirebbe
«rispetto a quello delle  altre  famiglie  con  minori  disabili  che
risiedono in Toscana da almeno due anni». 
    Escluso,  pertanto,  l'eccepito  difetto  di  rilevanza,  e   non
sussistendo ulteriori profili  di  inammissibilita'  della  questione
rilevabili d'ufficio, quest'ultima deve essere esaminata nel merito. 
    4.- La prestazione al cui ottenimento e' rivolta la  domanda  nel
giudizio a quo e' stata istituita dall'art. 5, comma 1,  della  legge
reg. Toscana n. 73 del 2018 e consiste in un contributo  annuale  una
tantum di 700,00  euro  per  il  triennio  2019-2021,  finalizzato  a
«sostenere le famiglie con figli disabili minori di  diciotto  anni».
Tale contributo e' riconosciuto al nucleo familiare per  ogni  minore
disabile, in presenza di un'accertata sussistenza della condizione di
handicap grave ai sensi di quanto  previsto  dall'art.  3,  comma  3,
della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro  per  l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti  delle  persone  handicappate).  I
requisiti per la sua concessione sono disciplinati dal  comma  4  del
medesimo art. 5 e consistono, nel testo  della  disposizione  vigente
ratione temporis, nella necessita' che il genitore  che  presenta  la
domanda faccia parte del medesimo nucleo familiare del figlio  minore
disabile per il quale e' richiesto il contributo (lettera a), che sia
il genitore richiedente che il figlio siano «residenti in Toscana, in
modo continuativo, in strutture non occupate abusivamente, da  almeno
ventiquattro mesi antecedenti la data del  1°  gennaio  dell'anno  di
riferimento  del  contributo»  (lettera  b,  oggetto  delle   odierne
censure), e infine che il nucleo familiare cui entrambi  appartengono
dimostri  di  avere  un  «valore  dell'indicatore  della   situazione
economica equivalente (ISEE) non superiore a euro 29.999,00» (lettera
c). 
    La provvidenza in questione e' stata introdotta  in  Toscana  con
l'art. 4 della legge della Regione  Toscana  2  agosto  2013,  n.  45
(Interventi di sostegno finanziario in favore delle  famiglie  e  dei
lavoratori in difficolta', per la coesione  e  per  il  contrasto  al
disagio sociale) per il  triennio  2013-2015  e  poi  successivamente
confermata su base triennale per gli anni 2016-2018 e 2019-2021 e  su
base annuale per il 2022 e il 2023. 
    Merita di essere evidenziato, secondo quanto  emerge  dai  lavori
preparatori e dalla ricostruzione della ratio  e  del  sistema  delle
varie disposizioni che si sono succedute negli anni,  che  la  misura
appartiene alla categoria degli strumenti  introdotti  dalla  Regione
per offrire un sussidio integrativo alle famiglie in cui sia presente
un minore disabile. Cio' e' avvenuto non in ottemperanza  a  obblighi
promananti da leggi statali - che pure al sostegno e all'integrazione
dei disabili dedicano un quadro articolato  di  misure  riconducibili
alla competenza in materia di livelli essenziali delle prestazioni di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.  -  ma  unicamente
nell'esercizio della competenza legislativa residuale in  materia  di
politiche sociali  (art.  117,  quarto  comma,  Cost.;  analogamente,
sentenza n. 172 del 2013). 
    Deve inoltre considerarsi che, mentre  dal  2015  e  nei  trienni
successivi (nel corso del quale ultimo e' sorta  la  controversia  di
cui al giudizio a quo), le disposizioni di  leggi  regionali  che  si
sono  susseguite  hanno  lasciato  inalterato  il   requisito   della
necessaria residenza biennale continuativa nel  territorio  regionale
quale condizione per ottenere il contributo,  per  gli  anni  2022  e
2023, prima l'art. 19, comma 4, lettera b), della legge reg.  Toscana
n. 54 del 2021 e poi l'art. 23, comma 4, lettera b), della legge reg.
Toscana n. 44 del 2022 hanno previsto che possano essere  ammesse  al
contributo le richieste provenienti da nuclei  familiari  in  cui  il
genitore richiedente e il minore disabile  risultino,  semplicemente,
residenti in Toscana al momento di presentazione della domanda. 
    5.- Poste queste premesse, la questione e' fondata. 
    A sostegno della legittimita' costituzionale  della  disposizione
censurata, la  difesa  della  Regione  Toscana  adduce  il  carattere
«ragionevole e non  sproporzionato»  del  requisito  della  residenza
biennale continuativa nel territorio regionale, tenuto conto  che  il
beneficio non rientra tra quelli imposti in vista del soddisfacimento
dei livelli essenziali delle prestazioni stabiliti da leggi  statali,
sicche' la selezione  fondata  su  una  contenuta  protrazione  della
residenza  nel  territorio  regionale  sarebbe   giustificata   dalla
necessita' di valorizzare il collegamento del nucleo familiare con la
comunita' locale e, comunque, «di assicurare una cifra non  irrisoria
alle famiglie con figli disabili, in considerazione della limitatezza
delle risorse regionali». 
    5.1.- Pronunciandosi in merito a disposizioni di leggi  regionali
che hanno condizionato il riconoscimento  di  prestazioni  di  natura
sociale al requisito  della  residenza  piu'  o  meno  protratta  sul
territorio regionale, e senza che venisse in  discussione  (come  nel
caso in esame) il diverso e ulteriore requisito  della  cittadinanza,
questa  Corte  ha  costantemente   ammesso   «la   possibilita',   in
considerazione  della  limitatezza  delle  risorse  disponibili,   di
introdurre  criteri  selettivi  per  l'accesso  ai  servizi  sociali,
utilizzando il requisito della residenza, ma solo  a  condizione  che
sussista un ragionevole collegamento tra il requisito medesimo  e  la
funzione del servizio al cui accesso fa da filtro (sentenze n. 7  del
2021, n. 281 e n. 44 del 2020, n. 168 e n. 141 del 2014, n. 222 e  n.
133 del 2013)» (sentenza n. 199 del 2022). 
    Pur essendo, pertanto, in linea di principio ammissibile  che  il
requisito della  residenza  protratta  venga  impiegato  al  fine  di
operare una  selezione,  correlata  all'appartenenza  alla  comunita'
territoriale,  tra  i  beneficiari  di  misure   riconducibili   alla
discrezionalita' del legislatore regionale, cio' non  toglie  che  un
simile requisito si espone a  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
ogni  qualvolta  non  mostri  di  avere  «una  idonea  e  ragionevole
correlazione con la funzione e  la  finalita'  dei  servizi  o  delle
prestazioni il cui godimento e' inciso dalle disposizioni oggetto  di
esame» (sentenza n. 42 del 2021). 
    In considerazione di  cio',  il  controllo  sulla  sussistenza  e
sull'adeguatezza di tale correlazione «e'  operato  da  questa  Corte
secondo la struttura tipica del sindacato svolto ai  sensi  dell'art.
3, primo comma, Cost., che  muove  dall'identificazione  della  ratio
della norma di riferimento e passa poi alla verifica  della  coerenza
con tale ratio del filtro selettivo introdotto» (sentenza n.  44  del
2020). Nell'ambito di una simile valutazione, si deve  ritenere  che,
se la  ratio  dell'intervento  e'  quella  di  alleviare  un  bisogno
primario della persona, il requisito della residenza  protratta  deve
essere sottoposto a uno scrutinio particolarmente stretto, attesa  la
difficolta' di rinvenire una «correlazione tra il soddisfacimento dei
bisogni  primari  dell'essere  umano,  insediatosi   nel   territorio
regionale, e la protrazione nel tempo di tale insediamento» (sentenza
n. 222 del 2013). Al contrario, laddove  non  venga  direttamente  in
evidenza la finalita' di alleviare uno stato di bisogno, il  criterio
della residenza prolungata puo' rinvenire la sua giustificazione  nel
collegamento  con  l'attitudine  del  nucleo   familiare   ad   agire
stabilmente nel territorio regionale (sentenza n. 141 del 2014). 
    La necessita' di un'adeguata e ragionevole  correlazione  tra  la
ratio della misura e il requisito della residenza protratta non viene
meno neanche nel caso in cui il legislatore regionale abbia istituito
una «prestazione ulteriore e facoltativa, che si pone al di sopra dei
livelli minimi essenziali» e che viene finanziata con  propri  mezzi,
perche' «tanto l'una che l'altra circostanza eccepite  non  escludono
"che  le  scelte  connesse  alla  individuazione  dei  beneficiari  -
necessariamente da circoscrivere in ragione della  limitatezza  delle
risorse disponibili - debbano essere operate  sempre  e  comunque  in
ossequio al principio di ragionevolezza" (sentenze n. 2 del 2013,  n.
40 del 2011 e n. 432 del 2005)» (sentenza n. 172 del 2013). 
    5.2.- Nel caso di specie, non puo' dubitarsi che  la  prestazione
prevista dalla disposizione censurata introduca una misura  volta  al
soddisfacimento di bisogni  primari  dell'individuo,  attesa  la  sua
esplicita finalizzazione a «sostenere le famiglie con figli  disabili
minori di diciotto anni» (art. 5, comma 1, della legge  reg.  Toscana
n. 73 del 2018). 
    E nello stesso senso depone anche il richiamo,  tra  i  requisiti
per ottenere il contributo, alla condizione  di  handicap  grave  del
minore ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, la
cui  sussistenza  e'  individuata  nella  situazione   in   cui   «la
minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia  personale,
correlata all'eta', in  modo  da  rendere  necessario  un  intervento
assistenziale  permanente,  continuativo  e   globale   nella   sfera
individuale o in quella di relazione». 
    Peraltro, questa Corte  ha  costantemente  affermato  che  «sulla
condizione giuridica della  persona  con  disabilita'  confluisce  un
complesso di "valori che attingono ai fondamentali motivi  ispiratori
del disegno costituzionale" (sentenze n. 232 del  2018,  n.  258  del
2017, n. 275 del 2016, n. 215 del 1987)» (sentenza n. 83 del 2019). E
l'inerenza del contributo in questione alla predetta ratio, pur nella
modesta entita' del suo importo e nel carattere non  obbligato  della
sua introduzione, deve essere individuata nella  circostanza  che  la
salute  psico-fisica  del  disabile  «postula  anche  l'adozione   di
interventi economici integrativi di sostegno alle  famiglie  "il  cui
ruolo resta fondamentale nella cura e  nell'assistenza  dei  soggetti
portatori di handicap" (sentenze n. 19 del 2009, n. 158 del 2007 e n.
233 del 2005)» (sentenza n. 203 del 2013). 
    5.3.- Se tale e' la finalita' del contributo, il requisito  della
residenza continuativa biennale nel territorio regionale si  pone  in
contrasto con l'art. 3 Cost., perche' esso, a differenza degli  altri
requisiti stabiliti dall'art. 5 della legge reg. Toscana  n.  73  del
2018 (gravita' della condizione di handicap,  convivenza  nel  nucleo
familiare del genitore richiedente, soglia di reddito ai fini  ISEE),
non e' in alcun modo riconducibile a una  condizione  particolare  di
bisogno o di necessita' idonea a operare una selezione tra  i  nuclei
familiari che richiedono la provvidenza in questione. 
    Pur tenendo conto del rilievo che  puo'  assumere,  nell'adozione
delle politiche regionali  in  materia  sociale,  la  verificabilita'
dell'appartenenza dei beneficiari di  queste  ultime  alla  comunita'
regionale, non puo' condividersi l'assunto della difesa regionale per
cui, nel caso di specie, questa sarebbe comprovata  dalla  permanenza
minima  per  un  biennio  nel  territorio  della   Regione   Toscana.
L'obiettivo  di  garantire  una  qualche  forma  di  legame  con   il
territorio, infatti, deve tenere conto del fatto che l'indicazione di
un periodo minimo di residenza deve  essere  correlato,  come  si  e'
detto, al fine della misura, e che la sola fissazione della residenza
- non ulteriormente qualificata da un periodo minimo  di  durata  nel
territorio della Regione  -  non  e'  affatto  priva  di  valore  nel
denotare il legame di un nucleo familiare con la comunita' locale  di
riferimento. 
    Premesso che l'acquisizione della residenza non si traduce in  un
processo   immediato   rimesso   alla    contingente    dichiarazione
dell'interessato, in quanto resta sottoposta a verifiche e controlli,
a connotare nel senso dell'irragionevolezza la disposizione in  esame
sta soprattutto la constatazione che, per una  famiglia  in  cui  sia
presente un minore disabile grave, la scelta di risiedere in un certo
territorio assume un valore diverso e  peculiare  rispetto  a  quanto
puo' accadere per altri nuclei familiari, con riguardo,  ad  esempio,
alle caratteristiche dell'abitazione o alla presenza di strutture per
la cura e l'assistenza. 
    A fronte di cio', la scelta di imporre la maturazione di un certo
periodo  di  residenza  protratta  per  tale  famiglia,  fosse  anche
contenuto nel limite di due anni, si palesa discriminatoria. Infatti,
la selezione operata dal criterio in questione potrebbe  portare  «ad
escludere soggetti altrettanto (se non piu') esposti alle  condizioni
di bisogno e di disagio (che il censurato sistema  di  prestazioni  e
servizi  si   propone   di   superare   perseguendo   una   finalita'
eminentemente  sociale)»,  senza  che  sia  possibile  presumere,  in
termini assoluti, che lo stato di bisogno di chi risieda  in  Toscana
da meno di due anni «sia minore rispetto a chi  vi  risieda  da  piu'
anni (sentenze n. 133, n. 4 e n. 2 del 2013)» (sentenza  n.  172  del
2013).   Ne'   potrebbe   assumere   rilievo   in   senso   contrario
l'attribuzione formale del beneficio al nucleo familiare  (come,  nel
caso  di  specie,  al   genitore   convivente),   risultando   invece
determinante la condizione di bisogno delle persone che lo compongono
(in tal senso, sentenza n. 7 del 2021). 
    Deve conclusivamente osservarsi che  la  durata  della  residenza
continuativa, di cui la Regione enfatizza  la  brevita',  non  assume
quindi valore in se', ma  alla  luce  della  ratio  perseguita  dalla
misura cui accede, sicche' maggiore e' l'inerenza della prestazione a
un bisogno essenziale della persona, meno si giustifica la scelta  di
condizionarla a requisiti diversi e  aggiuntivi  rispetto  alla  sola
residenza nel territorio della Regione. 
    5.4.- Nei suoi scritti difensivi e negli argomenti  fatti  valere
in sede di discussione orale, la Regione Toscana ha evidenziato anche
la  necessita'  di  valorizzare,  tra  i  criteri  di  selezione  dei
beneficiari, quei nuclei  familiari  che  denotino  un  piu'  diretto
radicamento nella comunita' locale  e  il  contributo  prestato  allo
sviluppo della stessa. 
    In linea di  principio,  puo'  convenirsi  che  la  garanzia  dei
diritti  fondamentali  dell'individuo,  tanto  piu'   se   volta   al
soddisfacimento di necessita' e bisogni di carattere  sociale,  possa
avere un legame con la comunita' territoriale di riferimento, perche'
e' anche in essa che prende corpo il rapporto che  tiene  insieme  il
riconoscimento e la garanzia di quei diritti  con  l'adempimento  dei
doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale  di
cui all'art. 2 Cost. 
    Cio' detto,  e'  anche  vero  che  il  legame  con  la  comunita'
territoriale (nel caso di specie, regionale)  che  eroga  prestazioni
sociali non puo' risolversi in una sostanziale preclusione,  motivata
unicamente dall'esigenza di valorizzare  -  attraverso  il  requisito
della residenza protratta e senza alcun collegamento con lo stato  di
bisogno da alleviare - il contributo pregresso che,  in  primo  luogo
mediante la imposizione locale, alcune categorie di  cittadini  hanno
fornito, col tempo e grazie alla permanenza nel territorio regionale,
all'assolvimento dei compiti di assistenza. 
    Ove, come nel caso in  esame,  requisiti  selettivi  fondati  sul
radicamento territoriale non tengano conto dei  caratteri  essenziali
dei bisogni  primari  cui  le  politiche  sociali  sono  finalizzate,
«l'argomento del  contributo  pregresso  tende  inammissibilmente  ad
assegnare al dovere tributario finalita' commutative, mentre esso  e'
una manifestazione  del  dovere  di  solidarieta'  sociale,  e  [...]
applicare un criterio di questo tipo alle prestazioni sociali  e'  di
per se' contraddittorio, perche' porta a limitare  l'accesso  proprio
di coloro che ne hanno piu' bisogno» (sentenza n. 107 del 2018). 
    5.5.- Peraltro, appurata nel caso  di  specie  l'inidoneita'  del
requisito della residenza protratta a  operare  una  selezione  della
platea dei beneficiari e verificata l'impossibilita'  di  valorizzare
il contributo del  nucleo  familiare  al  progresso  della  comunita'
locale, si deve osservare come la Regione Toscana abbia modulato  nel
corso degli anni il requisito in questione senza che sia dimostrabile
un  legame  diretto  tra  l'ampliamento  del  periodo  di   residenza
continuativa nel territorio regionale e le esigenze  di  contenimento
della spesa, connesse  all'aumento  delle  richieste  di  accesso  al
contributo. 
    Infatti, tale aumento ha determinato, nel 2021  e  nel  2022,  lo
stanziamento di risorse aggiuntive  rispetto  a  quelle  inizialmente
previste (secondo quanto  stabilito,  rispettivamente,  dall'art.  5,
comma 6-bis, della legge reg. Toscana  n.  73  del  2018,  introdotto
dall'art. 10, comma 1, della legge della Regione Toscana 28  dicembre
2021, n. 55,  recante  «Legge  di  stabilita'  per  l'anno  2022»,  e
dall'art. 19, comma 6-bis, della legge reg. Toscana n. 54  del  2021,
come modificato, da ultimo, dall'art. 14, comma 1, della legge  della
Regione Toscana 3 luglio 2023, n. 25, recante  «Interventi  normativi
collegati  alla  seconda  variazione  al   bilancio   di   previsione
2023-2025»), al fine di garantire l'erogazione del contributo  stesso
a  quei  nuclei  familiari  che,  pur  in  possesso   dei   requisiti
prescritti, si sono trovati a  fare  i  conti  con  l'incapienza  dei
precedenti appostamenti di bilancio. 
    A fronte del rilevato aumento delle richieste, negli stessi  anni
la medesima Regione Toscana ha tuttavia provveduto a eliminare, tra i
requisiti per l'accesso al contributo, il requisito  della  residenza
biennale, riconoscendo la possibilita' di  presentare  la  domanda  a
quei nuclei familiari che, fermo restando  il  rispetto  degli  altri
requisiti,  fossero  residenti  in  Toscana  al  momento  della   sua
presentazione, cosi' ulteriormente avvalorando - anche dal  punto  di
vista delle risorse impiegabili - il difetto di correlazione  tra  il
censurato  criterio  selettivo  e  la  natura  e  le  finalita'   del
contributo. 
    6.-   Deve,   pertanto,   essere   dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 4, lettera  b),  della  legge  reg.
Toscana n. 73 del 2018, nella parte in cui prevede, tra  i  requisiti
per la concessione del contributo di cui  al  comma  1  dello  stesso
articolo, quello per cui  «sia  il  genitore  sia  il  figlio  minore
disabile devono essere residenti in Toscana, in modo continuativo, in
strutture non occupate  abusivamente,  da  almeno  ventiquattro  mesi
antecedenti la data del  1°  gennaio  dell'anno  di  riferimento  del
contributo», anziche' quello per cui sia il genitore  che  il  figlio
minore disabile devono essere residenti in Toscana, in strutture  non
occupate abusivamente, al momento della presentazione della domanda.