ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  14,  comma
6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art.  18-bis,
comma 1, lettera b), numero 2), del decreto-legge 11 ottobre 2024, n.
145 (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  ingresso  in  Italia  di
lavoratori  stranieri,  di  tutela  e  assistenza  alle  vittime   di
caporalato,  di  gestione  dei  flussi  migratori  e  di   protezione
internazionale, nonche' dei relativi  procedimenti  giurisdizionali),
convertito, con modificazioni, nella legge 9 dicembre 2024,  n.  187,
richiamato dall'art. 6,  comma  5-bis,  del  decreto  legislativo  18
agosto 2015, n. 142 (Attuazione della  direttiva  2013/33/UE  recante
norme   relative   all'accoglienza   dei    richiedenti    protezione
internazionale, nonche' della direttiva 2013/32/UE, recante procedure
comuni ai fini del riconoscimento e  della  revoca  dello  status  di
protezione internazionale), come introdotto dall'art.  18,  comma  1,
lettera a), numero 2), del d.l. n. 145  del  2024,  come  convertito,
promosso dalla Corte di cassazione, sezione prima penale, sul ricorso
proposto da A. B., con ordinanza del 31 gennaio 2025, iscritta al  n.
29 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2025. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udita nella camera di consiglio del  24  marzo  2025  la  Giudice
relatrice Maria Rosaria San Giorgio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 marzo 2025. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 31 gennaio 2025, iscritta  al  n.  29  reg.
ord.  2025,  la  Corte  di  cassazione,  sezione  prima  penale,   ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3,  24,  111,  primo  e  secondo
comma, e 117 (recte: art.  117,  primo  comma),  della  Costituzione,
quest'ultimo in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della  Convenzione
europea   dei   diritti   dell'uomo,   questioni   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma  6,  del  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero), come modificato dall'art. 18-bis, comma  1,  lettera  b),
numero 2), del decreto-legge 11 ottobre 2024,  n.  145  (Disposizioni
urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri,  di
tutela e assistenza alle  vittime  di  caporalato,  di  gestione  dei
flussi migratori e di protezione internazionale, nonche' dei relativi
procedimenti giurisdizionali), convertito, con  modificazioni,  nella
legge 9 dicembre 2024, n. 187, «richiamato dall'art.  5-bis»  (recte:
art. 6, comma 5-bis), del decreto legislativo 18 agosto 2015, n.  142
(Attuazione  della  direttiva  2013/33/UE  recante   norme   relative
all'accoglienza dei richiedenti  protezione  internazionale,  nonche'
della direttiva 2013/32/UE, recante  procedure  comuni  ai  fini  del
riconoscimento  e   della   revoca   dello   status   di   protezione
internazionale), come introdotto dall'art. 18, comma 1,  lettera  a),
numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito. 
    1.1.- La Corte di cassazione premette  di  essere  investita  del
ricorso avverso il decreto del 17 gennaio 2025, con il quale la Corte
d'appello di Cagliari, in composizione monocratica, ha convalidato il
provvedimento di trattenimento presso il Centro di permanenza  per  i
rimpatri di Macomer, per la durata di sessanta giorni, adottato il 15
gennaio 2025 dal Questore di Nuoro nei confronti di A. B. 
    Il giudice a  quo  espone  che  il  Questore  aveva  motivato  il
trattenimento in ragione  della  pericolosita',  per  l'ordine  e  la
sicurezza pubblica, dell'interessato e del concreto pericolo di fuga,
reputando, altresi', palesemente pretestuosa la domanda di protezione
internazionale dallo stesso avanzata  mentre  era  sottoposto  ad  un
precedente provvedimento di  trattenimento  ai  sensi  dell'art.  14,
comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998, emesso dal Questore di  Vercelli
il 10 gennaio 2025 e convalidato dal Giudice di pace di  Oristano  il
13 gennaio 2015 (recte: 2025). 
    1.2.- Riferisce la Corte rimettente che,  contro  il  decreto  di
convalida, A. B. ha proposto ricorso per  cassazione  sulla  base  di
cinque motivi, con il  primo  dei  quali  ha  dedotto  la  violazione
dell'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. n. 142 del  2015,  in  relazione
all'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del  1998  e  in  riferimento
agli artt. 3, 13, 25, 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo  in
relazione agli artt. 3, 13 e 14 CEDU. Secondo il  ricorrente,  l'art.
14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, «come modificato dalla legge
n.  187/2024»,  prevedendo  un  termine  per  proporre  ricorso   per
cassazione di soli cinque giorni, discriminerebbe i  destinatari  dei
provvedimenti di trattenimento rispetto ai soggetti  detenuti  presso
gli «istituti penali», i quali, invece,  fruiscono  di  termini  piu'
ampi per predisporre la propria difesa; dall'altro,  sottrarrebbe  la
competenza a decidere sui decreti di convalida del trattenimento alle
sezioni civili  della  Corte  di  cassazione,  da  considerarsi  come
giudice naturale  nella  materia  in  questione.  Il  ricorrente  ha,
inoltre, lamentato che la nuova disciplina processuale abbia  sancito
la proponibilita' del ricorso per cassazione  per  i  motivi  di  cui
all'art. 606, comma 1, lettere a), b), e c), del codice di  procedura
penale, i quali, pero', non avrebbero attinenza  con  la  materia  in
esame. 
    1.2.1.- Il giudice a quo aggiunge che, con il secondo motivo,  il
ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 6, comma 5-bis,  del
d.lgs. n. 142 del 2015, in relazione all'art. 14, comma 6, del d.lgs.
n. 286 del 1998 e agli artt. 2, 3 e 4 del decreto-legge  17  febbraio
2017 n. 13 (Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti
in materia di protezione internazionale,  nonche'  per  il  contrasto
dell'immigrazione illegale),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 13 aprile 2017, n. 46, nonche' in riferimento agli artt. 3, 13,
25 e 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo  in  relazione  agli
artt. 3, 13 e 14 CEDU. Il ricorrente lamenta che il giudice di  prime
cure ha rigettato la propria eccezione di  incompetenza  della  corte
d'appello a favore della «Sezione specializzata del Tribunale»  sulla
base di una motivazione del tutto apparente. 
    1.2.2.- Riferisce, poi, la Corte di cassazione che, con il  terzo
motivo, e' stata denunciata la violazione dell'art. 6,  comma  5-bis,
del d.lgs. n. 142 del 2015 in riferimento all'art. 14, comma  6,  del
d.lgs. n. 286 del 1998 e agli artt. 2, 3 e 4 del d.l. n. 13 del 2017,
come convertito, nonche' in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 111  e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 3, 13 e
14 CEDU. Ad avviso del ricorrente, la Corte d'appello avrebbe  deciso
con  motivazione  apparente   sulla   eccezione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del  2015,  in
riferimento  all'art.  25  Cost.,   dovendo   il   giudice   naturale
precostituito    identificarsi    esclusivamente    nelle     sezioni
specializzate dei tribunali di cui all'art. 4, comma 3, del  d.l.  n.
13 del 2017, come convertito. 
    1.2.3.- Espone, ancora, il giudice a quo che con il quarto motivo
di ricorso e' stata denunciata la violazione dell'art.  6,  comma  5,
del d.lgs. n. 142 del 2015, in riferimento all'art. 10, terzo  comma,
Cost., e in relazione all'art. 19, commi 1 e 1.1., del d.lgs. n.  286
del 1998, all'art.  3  CEDU  e  all'art.  8,  comma  3,  del  decreto
legislativo 28  gennaio  2008,  n.  25  (Attuazione  della  direttiva
2005/85/CE recante norme minime  per  le  procedure  applicate  negli
Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca  dello  status
di rifugiato) nonche' all'art. 2697 del  codice  civile.  Secondo  il
ricorrente, la Corte d'appello avrebbe  motivato  in  modo  apparente
sulla eccezione di illegittimita' dell'espulsione posta  a  base  del
trattenimento, formulata alla luce dell'art. 19, commi 1 e 1.1.,  del
d.lgs. n. 286 del 1998 sul presupposto che, in caso di  rimpatrio  in
Algeria, egli avrebbe corso il rischio di essere  processato  per  il
reato  di  espatrio  senza  autorizzazione  amministrativa  ai  sensi
dell'art. 175-bis del codice penale algerino. 
    Lo stesso ricorrente - aggiunge l'ordinanza di  rimessione  -  ha
dedotto di aver segnalato al giudice della convalida che  in  Algeria
vengono denunciati trattamenti inumani  e  degradanti  nei  confronti
delle persone private della liberta' personale ed e' prevista la pena
di morte, sicche' tale nazione non avrebbe  dovuto  essere  designata
come un paese sicuro. Ha  anche  lamentato  che  la  Corte  d'appello
avrebbe motivato in modo apparente e contraddittorio in  ordine  alla
pericolosita' del ricorrente. 
    1.2.4.- Il Collegio rimettente riferisce,  infine,  che,  con  il
quinto motivo, e' stata denunciata la violazione dell'art.  6,  comma
5, del d.lgs. n. 142 del 2015,  in  riferimento  all'art.  10,  terzo
comma, Cost., e in relazione all'art. 19, commi 1 e 1.1., del  d.lgs.
n. 286 del 1998, all'art. 3 CEDU, all'art. 8, comma 3, del d.lgs.  n.
25 del 2008 e all'art. 2697 cod. civ. Il ricorrente  si  duole  della
motivazione apparente  del  provvedimento  impugnato,  la'  dove  non
considera che, nella memoria depositata in sede di convalida al  fine
di  dimostrare  la  non  pretestuosita'  della  propria  domanda   di
protezione  internazionale,  egli  aveva  spiegato  di  essere  stato
costretto ad espatriare dall'Algeria per sottrarsi  alle  aggressioni
dei familiari della donna con la  quale  intratteneva  una  relazione
sentimentale. 
    1.3.- Il giudice a quo segnala che  nella  data  del  30  gennaio
2025, fissata per  la  decisione,  il  difensore  del  ricorrente  ha
trasmesso a mezzo posta elettronica certificata una  memoria  con  la
quale ha ribadito le doglianze illustrate nel ricorso, ha  contestato
alcune delle affermazioni contenute nella  sentenza  della  Corte  di
cassazione,  sezione  prima  penale,  24  gennaio   2025,   n.   2967
(depositata in pari data),  e  ha  svolto  considerazioni  in  ordine
all'assimilazione del procedimento di convalida a  quelli  scaturenti
dall'emissione di un mandato di arresto europeo. 
    1.4.- Premessa, quindi, la ricostruzione del quadro normativo  in
cui si inserisce la disciplina censurata, in punto di  rilevanza,  la
Corte di cassazione osserva che l'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286
del 1998, richiamato «dall'art. 5-bis [recte: art.  6,  comma  5-bis]
d.lgs. n. 142 del 2015» contiene la disciplina  processuale  in  base
alla quale deve essere deciso il ricorso di cui e' investita. 
    La Corte rimettente aggiunge che il rinvio operato  dallo  stesso
art. 14, comma 6, nei limiti della compatibilita', all'art. 22, comma
5-bis, della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare
il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del  Consiglio,
del 13 giugno 2002, relativa al  mandato  d'arresto  europeo  e  alle
procedure di consegna tra Stati membri) impone  che  il  giudizio  di
cassazione  sia  definito  entro  il  termine  di  sette  giorni  ivi
stabilito e che tale «sbarramento temporale» debba essere rispettato,
in ossequio all'art. 124, comma 1, cod. proc. pen. e al principio  di
soggezione del giudice alla  legge  sancito  dall'art.  101,  secondo
comma, Cost. 
    La stessa rimettente rileva,  pero',  come  la  nuova  disciplina
delinei il procedimento dinanzi alla Corte di cassazione  in  termini
«strutturalmente inidonei  a  garantire  l'ordinato  svolgimento  del
contraddittorio». Quindi, in relazione a tale profilo, solleva  dubbi
di illegittimita' costituzionale, motivandone la  rilevanza  in  base
alla circostanza  che,  nella  mattinata  del  30  gennaio  2025,  il
ricorrente ha depositato un'articolata memoria, elemento  che  «rende
evidente il tema del modo nel quale assicurare il contraddittorio». 
    1.5.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il  giudice  a  quo
osserva che la normativa processuale in scrutinio  «presenta  profili
di  indeterminatezza  delle  scansioni  nelle   quali   ospitare   il
necessario contraddittorio delle parti», che sono  conseguenza  della
scelta di prevedere l'applicabilita'  delle  regole  dettate  per  il
giudizio di  cassazione  in  materia  di  mandato  d'arresto  europeo
consensuale. Tale disciplina - che e' radicalmente diversa da  quella
dei  procedimenti  relativi  all'esecuzione  di  mandati  di  arresto
europei  non  caratterizzati  da   profili   di   consensualita'   -,
contemplando un termine  per  la  decisione  di  sette  giorni  dalla
ricezione  degli  atti,  renderebbe  evidentemente  inapplicabile  il
modello processuale ordinario di cui all'art. 611  cod.  proc.  pen.,
«che presuppone una diversa articolazione temporale». 
    Ne', secondo la Corte di cassazione, la normativa in scrutinio si
presterebbe ad una interpretazione conforme in  base  alla  quale  il
giudice possa modulare il rito secondo cadenze  processuali  diverse,
posto  che  una  ricostruzione  siffatta  si   tradurrebbe   in   una
interpretatio abrogans del termine prescritto. 
    Allo stesso modo, sarebbe preclusa la possibilita' di  consentire
la partecipazione di  difensori  ad  una  udienza  fissata  «in  modo
pretorio». 
    Ne deriverebbe, secondo la Corte rimettente, che, in  assenza  di
qualsivoglia regolamentazione,  «le  parti  possono  trasmettere,  in
qualunque momento, memorie senza  che  sia  disciplinato  il  diritto
delle controparti di averne contezza (o di avere contezza del termine
entro il quale l'antagonista processuale e' chiamato a  depositare  i
propri scritti)». 
    1.6.- Richiamando, quindi, la giurisprudenza di questa Corte,  il
giudice a quo  rammenta  come  il  contraddittorio,  quale  connotato
intrinseco del giudizio,  costituisca  una  primaria  e  fondamentale
garanzia del giusto processo nel quale si attua la giurisdizione e si
realizza il diritto inviolabile di difesa. 
    Si argomenta che  lo  svolgimento  del  contraddittorio  «postula
un'ordinata scansione dei momenti processuali all'interno della quale
le parti possano svolgere le loro difese, consentendo al  giudice  di
apprezzarle e di esprimersi su di esse in termini argomentati».  Tale
esigenza ricorre soprattutto nei giudizi in cui manchino il  consenso
o  la  rinuncia   delle   parti   che   «razionalmente   giustificano
semplificazioni processuali». 
    La Corte di cassazione rileva, quindi, che e'  pur  vero  che  in
procedimenti come quello per  la  proroga  dei  termini  di  custodia
cautelare il legislatore non impone forme determinate, consentendo al
giudice di  scegliere  di  volta  in  volta  quelle  piu'  idonee  ad
assicurare, in modo celere e semplificato, una  effettiva  dialettica
tra accusa e difesa. 
    Non di meno, un  meccanismo  processuale  siffatto  non  potrebbe
trovare  applicazione  nel  caso  di  specie,   in   cui   viene   in
considerazione un giudizio di legittimita' destinato a  definire  una
controversia che investe la conformita'  a  legge  della  limitazione
della liberta' personale per un periodo apprezzabile  e  involge  una
pluralita' di questioni la cui soluzione richiede un  «ordinato  (dal
legislatore) svolgimento delle scansioni nelle quali le parti possono
interloquire». 
    Per converso, la disciplina che la Corte rimettente  e'  chiamata
ad applicare non indica «i modi, i tempi e i protagonisti  di  idonee
attivita' comunicative»,  ne'  individua  «i  termini  nei  quali  il
contraddittorio e' destinato ad articolarsi in  modo  congruo».  Tali
lacune  -  osserva  l'ordinanza   di   rimessione   -   rendono   non
manifestamente infondato il dubbio «che venga rimesso al  giudice  il
potere - invece  di  competenza  del  legislatore  -  di  determinare
attraverso un ragionevole bilanciamento delle esigenze di celerita' e
quelle di compiuto dispiegarsi del diritto  di  difesa  delle  parti,
pubbliche e private, interessate, le cadenze del processo». 
    Dovrebbe,  al  contrario,  escludersi  che   il   giudice   possa
individuare  adempimenti  e  termini  la  cui  inosservanza  comporti
sanzioni  processuali  non  previste  dal  legislatore.  Inoltre,  la
regolamentazione giudiziale, caso per caso, del  contraddittorio  tra
le  parti  genererebbe  incertezza,  dando  luogo  ad  una   indebita
supplenza  del   potere   giudiziario   rispetto   a   determinazioni
necessariamente spettanti al legislatore. 
    1.7.- La Corte di cassazione  precisa,  poi,  che,  nel  caso  di
specie, non e' in  discussione  il  principio  secondo  il  quale  il
legislatore gode di ampia discrezionalita' nella conformazione  degli
istituti processuali, ma viene in rilievo la necessita' che lo stesso
legislatore  delinei  compiutamente  i   tratti   del   giudizio   di
legittimita' nel rispetto del principio costituzionale  di  legalita'
processuale e del diritto di difesa. 
    1.8.- Tanto premesso, il giudice a quo ritiene che la  disciplina
in scrutinio contrasti anzitutto con  l'art.  111,  primo  e  secondo
comma, Cost., alla stregua del quale le condizioni  che  garantiscono
il contraddittorio devono essere definite dalla  legge.  Infatti,  la
«garanzia  della  disciplina  legale»,  desumibile  «per  il  tramite
dell'art. 117, primo comma, Cost., dall'art. 6, par. 2  [recte:  par.
1], della Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo»,
imporrebbe anche «la qualita' della fonte  di  regolazione  che,  nel
caso di specie, viene in rilievo non come  chiarezza  espositiva,  ma
come  completezza  della  disciplina  che,   sola,   garantisce   una
definizione prevedibile della sede del confronto processuale». 
    1.9.- Sarebbe, inoltre, violato l'art. 24  Cost.,  in  quanto  la
disciplina  censurata  inciderebbe  «significativamente  sul  diritto
delle parti di conoscere le ragioni  della  controparte,  soprattutto
quando vengano in gioco diritti fondamentali e in sede di giudizio di
legittimita', ultima istanza giurisdizionale». 
    Osserva, al riguardo, il Collegio rimettente  che,  non  a  caso,
l'art. 22, commi da 1 a 4, della legge n. 69 del 2005, per  l'ipotesi
in cui manchi il consenso o la rinuncia dell'interessato, prevede  un
modello processuale che, attraverso il  richiamo  all'art.  127  cod.
proc. pen., consente  un  ordinato  svolgimento  del  contraddittorio
«adeguato al contrasto di posizioni delle parti». 
    1.10.- La normativa in scrutinio confliggerebbe, altresi', con il
principio di ragionevolezza, in quanto rinvia ad una  disciplina  che
sottende una scelta consensuale  del  destinatario  della  richiesta,
laddove il procedimento in esame e' caratterizzato da una  «manifesta
contrapposizione degli interessi in gioco». 
    1.11.- Da ultimo, il giudice a  quo  ricorda  come  questa  Corte
abbia chiarito che, una volta accertato un  vulnus  ad  un  principio
costituzionale, non osta all'esame  nel  merito  della  questione  di
legittimita' costituzionale l'assenza di un'unica soluzione  a  "rime
obbligate"   per   ricondurre   l'ordinamento   al   rispetto   della
Costituzione,  ancorche'  si  versi   in   materie   riservate   alla
discrezionalita'  del  legislatore  (e'  citata,  tra  le  altre,  la
sentenza n. 128 del 2024). 
    1.12.- Sulla scorta di tali premesse, la Corte di  cassazione  ha
sollevato questioni di legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
agli artt. 3, 24, 111, primo e secondo comma,  e  117,  primo  comma,
Cost., quest'ultimo in  relazione  all'art.  6,  paragrafo  1,  CEDU,
dell'art. 14, comma  6,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  richiamato
dall'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015, «nella parte in
cui, rinviando alle disposizioni di cui  all'art.  22,  comma  5-bis,
quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n.  69,  prevede  che  la
Corte di cassazione giudichi in camera di  consiglio  sui  motivi  di
ricorso e sulle richieste del procuratore generale  senza  intervento
dei difensori, in tal modo affidando  alla  creazione  dell'autorita'
giudiziaria l'individuazione delle  scansioni  processuali  idonee  a
realizzare il contraddittorio  nel  termine  di  sette  giorni  dalla
ricezione degli atti previsto per la decisione». 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' o, in  subordine,  la
non fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale. 
    2.1.- L'interveniente  rileva  che  la  Corte  di  cassazione  ha
sollevato le questioni «muovendo dal caso concreto», nel quale, poche
ore prima della camera di consiglio, il ricorrente  aveva  depositato
una memoria contenente note difensive, cosi' rendendo piu'  complesso
definire il giudizio nel termine  di  sette  giorni  stabilito  dalla
disposizione  censurata  e  imponendo  alla  stessa   rimettente   di
individuare  le  scansioni  processuali  idonee   a   realizzare   il
contraddittorio. 
    Secondo l'interveniente,  il  giudice  a  quo,  nel  valutare  la
ritualita' della memoria  depositata  dal  ricorrente  nell'imminenza
della udienza camerale, avrebbe dovuto considerare che e'  la  stessa
disciplina in scrutinio ad escluderne l'ammissibilita',  concentrando
eventualmente solo su  tale  profilo  le  censure  di  illegittimita'
costituzionale. 
    Lo stesso Collegio rimettente non  avrebbe,  inoltre,  verificato
se, alla stregua della formulazione della disposizione in  scrutinio,
il prescritto  termine  di  definizione  del  giudizio  abbia  natura
soltanto  ordinatoria  e  quindi  possa  essere   derogato   mediante
l'autorizzazione, nei casi in cui si renda necessario,  del  deposito
di note difensive. 
    La mancata valutazione «in punto di rilevanza» di tali profili si
tradurrebbe, ad avviso della  difesa  statale,  nell'inammissibilita'
delle questioni sollevate. 
    2.2.- Nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato argomenta  la
non fondatezza  delle  questioni  evidenziando  come  il  modello  di
contraddittorio adottato dalla previsione  censurata  sia  del  tutto
coerente con l'art. 111 Cost.  Il  contraddittorio  puo'  realizzarsi
anche attraverso la sottoposizione al giudice  di  «un  atto  con  il
quale sono contestate le conclusioni adottate con un provvedimento  e
le argomentazioni svolte da altre parti». Secondo l'interveniente, la
configurazione  del  giudizio  in  scrutinio,  caratterizzata   dalla
mancata previsione dello scambio di memorie  in  aggiunta  agli  atti
difensivi, sarebbe, inoltre, coerente con la  scelta  legislativa  di
limitare i motivi di ricorso a quelli di cui alle lettere a), b) e c)
del comma 1 dell'art. 606 cod. proc. pen. 
    D'altronde, la concentrazione del procedimento  in  scrutinio  si
giustifica in ragione del «valore in  gioco»,  avendo  lo  stesso  ad
oggetto un provvedimento restrittivo della liberta' personale. 
    In ogni caso, aggiunge l'interveniente, se  la  Corte  rimettente
ritenesse necessario, in ipotesi specifiche, consentire  il  deposito
di note difensive, ben potrebbe autorizzarle derogando «ad un termine
che e', per l'appunto, ordinatorio». 
    Un termine avente tale natura, conclude la  difesa  statale,  non
comporta conseguenze sul  piano  processuale,  ne'  extraprocessuali,
come e' reso evidente dalla previsione di cui all'art.  2,  comma  1,
lettera q), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, recante
«Disciplina  degli  illeciti  disciplinari  dei   magistrati,   delle
relative sanzioni e  della  procedura  per  la  loro  applicabilita',
nonche'  modifica  della  disciplina  in  tema  di  incompatibilita',
dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio  dei  magistrati,  a
norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f),  della  legge  25  luglio
2005, n. 150», il quale sanziona il reiterato, grave e ingiustificato
ritardo  nel  compimento  degli  atti  relativi  all'esercizio  delle
funzioni. 
    Nel caso considerato, il superamento del termine non si  porrebbe
in contrasto neanche con l'art. 124 cod. proc. pen.,  in  quanto  non
risulterebbe  ingiustificato,  ma  motivato   dalla   necessita'   di
consentire il deposito di ulteriori note difensive. 
    3.-  L'Unione  camere  penali  italiane  (UCPI)   ha   presentato
un'opinione  scritta  quale  amicus  curiae  -  ammessa  con  decreto
presidenziale del 6 marzo 2025 -, argomentando in senso adesivo  alle
censure del giudice a quo. 
    L'UCPI rileva come le modifiche apportate dal  d.l.  n.  145  del
2024, come convertito, perseguano finalita' di semplificazione  e  di
celerita' riducendo drasticamente sia il termine  per  impugnare  sia
quello destinato alla trattazione e alla decisione. Cio',  attraverso
un modello processuale - mutuato dal procedimento di  esecuzione  del
mandato  di  arresto  europeo  consensuale  -  del  tutto  eterogeneo
rispetto a quello del giudizio avente  ad  oggetto  il  controllo  di
legittimita'  sulle  decisioni   di   convalida   del   trattenimento
amministrativo dello straniero presso i centri di  permanenza  per  i
rimpatri, in quanto inteso essenzialmente a verificare l'effettiva  e
valida prestazione del consenso o della rinuncia della persona di cui
e' richiesta la consegna. 
    Lamenta  l'amicus  curiae  che  l'opzione  del   legislatore   di
estendere al giudizio in questione il modello atipico e residuale del
procedimento in materia di mandato di arresto europeo consensuale sia
irragionevole. 
    Conclude, quindi, indicando come paradigmi procedimentali utili a
porre rimedio ai prospettati vulnera costituzionali il  processo  per
cassazione in materia di estradizione ai  sensi  dell'art.  706  cod.
proc. pen. e quello relativo alle misure cautelari ex art.  311  cod.
proc. pen. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 31 gennaio 2025 (iscritta al reg.  ord.  n.
29 del 2025), la  Corte  di  cassazione,  sezione  prima  penale,  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3,  24,  111,  primo  e  secondo
comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione  all'art.
6,  paragrafo  1,  CEDU,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del  1998,  come  modificato
dall'art. 18-bis, comma 1, lettera b), numero 2), del d.l. n. 145 del
2024, come convertito,  richiamato  dall'art.  6,  comma  5-bis,  del
d.lgs. n. 142 del  2015,  come  introdotto  dall'art.  18,  comma  1,
lettera a), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito. 
    Ai sensi dell'art. 14, comma 6,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,
contro i decreti di convalida e di proroga  del  trattenimento  della
persona straniera presso un centro di permanenza per i  rimpatri  «e'
proponibile  ricorso  per  cassazione,  entro  cinque  giorni   dalla
comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c)  del
comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale. Il relativo
ricorso non sospende l'esecuzione  della  misura.  Si  osservano,  in
quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo  22,  comma  5-bis,
secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69». 
    L'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015  dispone,  poi,
che  contro  i  provvedimenti  di  convalida   o   di   proroga   del
trattenimento  della   persona   straniera   richiedente   protezione
internazionale  «e'  ammesso  ricorso   per   cassazione   ai   sensi
dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286». 
    1.1.- Ad avviso della Corte rimettente, il  richiamato  art.  14,
comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, «nella parte in  cui,  rinviando
alle disposizioni di cui all'art. 22, comma  5-bis,  quarto  periodo,
della legge 22 aprile 2005, n. 69, prevede che la Corte di cassazione
giudichi in camera  di  consiglio  sui  motivi  di  ricorso  e  sulle
richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori, in
tal  modo  affidando  alla   creazione   dell'autorita'   giudiziaria
l'individuazione delle scansioni processuali idonee a  realizzare  il
contraddittorio nel termine di sette  giorni  dalla  ricezione  degli
atti previsto per la decisione», violerebbe, anzitutto,  l'art.  111,
primo e  secondo  comma,  Cost.,  in  quanto,  non  disciplinando  le
scansioni  fondamentali  del  procedimento,  contrasterebbe  con   il
principio del giusto processo, alla stregua del quale  le  condizioni
che garantiscono il contraddittorio e la parita' delle  parti  devono
essere definite dalla legge «in termini di prevedibile certezza».  Ad
avviso del giudice a quo, la disciplina censurata, prevedendo per  la
decisione il termine di sette  giorni  dalla  ricezione  degli  atti,
renderebbe  evidentemente  inapplicabile   il   modello   processuale
ordinario di cui all'art. 611 cod. proc. pen.,  «che  presuppone  una
diversa articolazione temporale»,  senza  determinare  «le  scansioni
nelle quali ospitare il necessario contraddittorio delle parti». 
    1.2.- Sarebbe, inoltre, violato l'art. 117, primo  comma,  Cost.,
in relazione all'art. 6, paragrafo 1, CEDU,  giacche'  la  disciplina
processuale  dettata  dalla   disposizione   in   scrutinio   sarebbe
incompleta e non garantirebbe «una definizione prevedibile della sede
del confronto processuale». 
    1.3.-  Secondo  il  giudice  a  quo,   la   normativa   censurata
contrasterebbe anche con  l'art.  24  Cost.,  in  quanto  inciderebbe
«significativamente sul diritto delle parti di conoscere  le  ragioni
della controparte», tanto piu' che  nella  specie  vengono  in  gioco
diritti  fondamentali,  e  la  sede  e'  quella   del   giudizio   di
legittimita', ultima istanza giurisdizionale. 
    1.4.- Sarebbe, infine, leso il principio di ragionevolezza di cui
all'art. 3 Cost., in quanto la normativa censurata  estenderebbe  una
disciplina «costruita sul presupposto di una  scelta  consensuale»  -
quale e' quella del processo relativo al mandato d'arresto europeo in
caso di consenso della persona di cui e' richiesta la consegna  -  ad
un giudizio, come quello in esame, caratterizzato da  una  «manifesta
contrapposizione degli interessi in gioco». In proposito, osserva  il
giudice a quo  che  «pur  nel  quadro  di  procedure  particolarmente
celeri, il legislatore, all'art. 22, commi da 1 a 4, della citata  l.
n. 69 del 2005, delinea, per  il  caso  di  procedura  contrassegnata
dall'assenza del consenso o della rinuncia cui fa riferimento  l'art.
14, comma 1, della  stessa  l.  n.  69  del  2005,  un  modello  che,
attraverso il richiamo all'art.  127  cod.  proc.  pen.  consente  un
ordinario svolgimento del contraddittorio attraverso  il  riferimento
ad un procedimento adeguato al contrasto di posizioni delle parti». 
    2.- In via preliminare, devono essere esaminate le  eccezioni  di
inammissibilita' per difetto di rilevanza  formulate  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
    2.1.- Secondo l'interveniente, il giudice a quo avrebbe omesso di
«valutare preventivamente» l'ammissibilita' della memoria  depositata
dal ricorrente nell'imminenza della camera  di  consiglio  alla  luce
della normativa censurata, la quale, limitando l'attivita'  difensiva
esercitabile nel giudizio in esame al ricorso e  alle  richieste  del
procuratore  generale,  esclude  la  possibilita'  di  produrre  note
illustrative. 
    In ogni caso, la Corte rimettente non avrebbe verificato se, alla
stregua della formulazione della disposizione censurata,  il  termine
di sette giorni previsto per la definizione del giudizio abbia natura
soltanto  ordinatoria  e,  quindi,  possa  essere  derogato  mediante
l'autorizzazione, nei casi in cui si renda necessario,  del  deposito
di memorie. 
    2.2.- Le eccezioni non sono fondate. 
    2.2.1.- Contrariamente a quanto sostenuto dall'interveniente,  il
giudice a quo, da un lato, ha rilevato che nella  procedura  regolata
dalla disciplina in scrutinio  manca  un  momento  in  cui  le  parti
possono svolgere le loro difese in contraddittorio; dall'altro  lato,
ha osservato che una ricostruzione ermeneutica che, al fine di  porre
rimedio alla denunciata  inidoneita'  strutturale  del  procedimento,
accordasse al giudice il potere di modulare il rito  secondo  cadenze
diverse  da  quelle  espressamente  stabilite  condurrebbe   ad   una
interpretatio abrogans della previsione che  impone  di  definire  il
giudizio entro il termine di sette giorni. 
    Il Collegio rimettente ha, dunque, scartato la praticabilita'  di
un'alternativa ermeneutica idonea a superare i prospettati  dubbi  di
illegittimita' costituzionale, ritenendo che a tale soluzione osti la
«precisa scelta normativa» alla base della disciplina  in  scrutinio,
la quale costituirebbe «una  barriera  insuperabile  per  l'attivita'
interpretativa». 
    3.- Tanto premesso,  all'esame  del  merito  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale e'  utile  premettere  la  ricostruzione,
anche in senso diacronico, del quadro normativo  e  giurisprudenziale
in cui si inserisce la disposizione oggetto di censura. 
    3.1.- La misura del trattenimento della persona  straniera  e  il
correlato  procedimento  di  convalida  e  di  proroga   sono   stati
introdotti  dalla   legge   6   marzo   1998,   n.   40   (Disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero),  il  cui
art. 12, al comma 1, ne consentiva l'adozione, ad opera del questore,
nei confronti dello straniero irregolare rispetto al quale non  fosse
possibile   eseguire   con   immediatezza    l'espulsione    mediante
accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento. 
    Lo  stesso  art.  12,  al  comma  3,  imponeva  al  questore   la
trasmissione degli atti al pretore, senza ritardo e comunque entro le
quarantotto ore dall'adozione del provvedimento, precisando, al comma
4, che  il  medesimo  pretore,  ove  avesse  ritenuto  sussistenti  i
presupposti della misura coercitiva, avrebbe  dovuto  convalidare  il
trattenimento «nei modi di cui  agli  articoli  737  e  seguenti  del
Codice di procedura civile, sentito l'interessato». 
    Infine, il comma 6 sanciva espressamente  la  proponibilita'  del
ricorso per cassazione avverso i decreti di convalida  e  di  proroga
del trattenimento, precisando che detta impugnazione  non  sospendeva
l'esecuzione della misura. 
    3.2.- L'art. 12 e' poi confluito nell'art. 14 del d.lgs.  n.  286
del 1998, il quale, nella parte in cui disciplina il procedimento  di
convalida in prima istanza, e' stato oggetto  di  diversi  interventi
modificativi che hanno  investito  sia  la  competenza  -  attribuita
dapprima al tribunale in composizione monocratica dall'art. 28, comma
1, della legge 30 luglio 2002, n. 189  (Modifica  alla  normativa  in
materia di immigrazione  e  di  asilo)  e  poi  al  giudice  di  pace
dall'art. 1, comma 4, del decreto-legge 14  settembre  2004,  n.  241
(Disposizioni urgenti in materia di  immigrazione),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 12 novembre 2004,  n.  271  -  sia  l'iter
procedurale. 
    3.3.- A differenza della disciplina del giudizio di convalida, le
previsioni sul processo di cassazione sui decreti di convalida  e  di
proroga del trattenimento dettate  dal  comma  6  dell'art.  14  sono
rimaste a lungo immutate. 
    3.4.-  Per  quanto  concerne,  invece,  il  trattenimento   dello
straniero   richiedente   protezione   internazionale,    un'apposita
disciplina  del  procedimento  di  convalida  e'   stata   introdotta
dall'art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015, il quale, nella  formulazione
originaria, al comma 5, stabiliva che al provvedimento con  il  quale
il questore dispone il trattenimento o la proroga del  trattenimento,
adottato per iscritto,  corredato  da  motivazione  e  comunicato  al
richiedente, si applicasse, «per quanto compatibile», l'art.  14  del
d.lgs. n. 286 del 1998. 
    L'art. 6,  comma  5,  del  d.lgs.  n.  142  del  2015  precisava,
altresi', che «[q]uando il trattenimento e' gia' in corso al  momento
della presentazione della domanda, i termini  previsti  dall'articolo
14, comma 5, del decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286,  si
sospendono  e  il  questore  trasmette  gli  atti  al  tribunale   in
composizione monocratica per la convalida del  trattenimento  per  un
periodo  massimo  di  ulteriori  sessanta  giorni,   per   consentire
l'espletamento della procedura di esame della domanda». 
    3.4.1.- Successivamente, l'art. 8, comma 1, lettera b), numeri 2)
e 3), del d.l. n. 13 del 2017,  come  convertito,  ha  attribuito  la
competenza  sulla  convalida  al   tribunale   sede   della   sezione
specializzata in materia di immigrazione protezione internazionale  e
libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea competente alla
convalida. 
    3.5.- Nel contesto normativo sin qui ricostruito, il giudizio  di
cassazione avente ad oggetto i decreti di convalida e di proroga  del
trattenimento  dello  straniero  espulso  o  richiedente   protezione
internazionale e' stato celebrato, fino alla entrata in vigore  della
disposizione censurata, nelle forme di cui agli artt. 360 e  seguenti
del codice di procedura civile. 
    L'opzione e' stata in favore del rito  civile  in  ragione  della
natura   delle   situazioni   giuridiche   soggettive   incise    dal
trattenimento, giacche', come confermato dalla relazione del  Governo
illustrativa del disegno di legge n. 3240 del 19 febbraio  1997,  dal
quale ha avuto origine la legge n. 40 del 1998 - il cui art. 12, come
ricordato, e' confluito nell'art. 14 del d.lgs. n. 286  del  1998  -,
«[t]rattandosi di misure  amministrative,  di  per  se'  estranee  al
fatto-reato, suscettibili  nondimeno  di  intaccare  anche  posizioni
soggettive che la Costituzione tutela  in  modo  particolare,  si  e'
ritenuto di attribuire  la  competenza  al  pretore  civile,  con  un
procedimento rapidissimo, destinato ad esaurirsi in quindici  giorni,
salvo ulteriore ricorso per Cassazione e  senza  escludere  eventuali
provvedimenti cautelari (la cosiddetta  "sospensiva").  La  scelta  a
favore del giudice ordinario civile, quale autorita'  giurisdizionale
competente a decidere sul  ricorso  contro  l'espulsione,  oltre  che
della legittimita' della misura di cui all'articolo  12,  risponde  a
criteri funzionali e sistematici». 
    3.5.1.- La giurisprudenza di legittimita' ha piu' volte affermato
l'esperibilita' del ricorso per  cassazione  per  ciascuno  dei  vizi
indicati dall'art. 360 cod. proc. civ., ivi compreso  l'omesso  esame
di un fatto  decisivo  per  il  giudizio  che  e'  stato  oggetto  di
discussione tra le parti ai sensi dell'art. 360, primo comma,  numero
5), cod. proc. civ. (ex aliis, Corte  di  cassazione,  sezione  prima
civile, ordinanza 31 ottobre 2023, n. 30178). 
    La Corte di cassazione ha anche chiarito che il trattenimento  ha
natura cautelare e il sindacato giurisdizionale su  di  esso  non  e'
idoneo alla formazione  del  giudicato,  tanto  che  il  ricorso  per
cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. e' esperibile
non in ragione della natura decisoria del provvedimento di convalida,
ma perche' si e' al cospetto di un atto  che  incide  sulla  liberta'
personale (Corte di cassazione, sezione  prima  civile,  sentenza  15
febbraio 2025, n. 3843; ordinanze 14 settembre 2021, n.  24721  e  23
ottobre 2019, n. 27076). 
    La giurisprudenza di legittimita' ha, inoltre, evidenziato che  -
in conformita' all'art. 15, paragrafo 4, della direttiva  2008/115/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al  rimpatrio
di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e'  irregolare,  nonche'
ai principi espressi dalla Corte di  giustizia  dell'Unione  europea,
prima sezione, sentenza 28 aprile  2011,  causa  C-61/11,  Hassen  El
Dridi,  alias  Soufi  Karim  -  e'  sempre  consentita  «una  domanda
giudiziale di riesame del trattenimento dello  straniero»  (Corte  di
cassazione, sezione prima civile,  sentenza  29  settembre  2017,  n.
22932). 
    Tale  domanda  -  ha  precisato  la  Corte  di  cassazione  -  va
introdotta, in mancanza di apposita disciplina normativa al riguardo,
nelle forme del procedimento camerale ex art. 737  cod.  proc.  civ.,
«sicche' per  il  principio  della  concentrazione  delle  tutele  la
competenza deve essere riferita al giudice della  convalida  e  delle
proroghe» (Corte di cassazione,  sezione  prima  civile,  sentenza  3
febbraio 2021, n. 2457) e, dunque, al giudice  di  pace,  per  quanto
concerne il trattenimento dello straniero in via di espulsione  o  di
rimpatrio (Cass., n. 22932 del  2017)  e  al  tribunale,  per  quanto
riguarda il  trattenimento  dello  straniero  richiedente  protezione
internazionale (Cass., n. 2457 del 2021). 
    Ne', infine, «e' configurabile  alcuna  efficacia  preclusiva  al
riesame  per  effetto  della  mancata  impugnazione  della  convalida
dell'iniziale trattenimento» (ancora, Cass., n. 2457 del 2021) o  del
precedente  rigetto  di  analoga  istanza,   poiche'   detta   misura
restrittiva, avendo natura cautelare, e' in ogni tempo  revocabile  e
modificabile (Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza  6
ottobre 2022, n. 29152). 
    3.6.-  Il  quadro  normativo  sin   qui   ricomposto   e'   stato
significativamente modificato dagli artt. 16, 18 e 18-bis del d.l. n.
145 del 2024, come convertito. 
    L'intervento  riformatore  ha  riguardato,  in  particolare,   la
competenza  per  il  procedimento  di  convalida  e  di  proroga  del
trattenimento dello straniero richiedente  protezione  internazionale
disciplinato  dall'art.  6  del  d.lgs.  n.  142  del   2015   e   la
configurazione del giudizio di cassazione sulla convalida di entrambe
le  figure  di  trattenimento,   concernenti,   rispettivamente,   lo
straniero irregolare espulso (art. 14 del d.lgs. n. 286 del  1998)  e
lo straniero richiedente protezione internazionale (art. 6 del d.lgs.
n. 142 del 2015). 
    3.6.1.- Quanto al primo dei suindicati profili, l'art. 16,  comma
1, lettera b), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, ha inserito
nel d.l. n. 13 del 2017, come convertito, l'art. 5-bis, ai sensi  del
quale la competenza a decidere sulla convalida o  sulla  proroga  del
trattenimento e' attribuita alla corte d'appello di cui  all'art.  5,
comma 2, della legge n. 69 del 2005 - e, dunque, a quella, competente
a dare esecuzione al mandato d'arresto europeo,  «nel  cui  distretto
l'imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il  domicilio
nel momento  in  cui  il  provvedimento  e'  ricevuto  dall'autorita'
giudiziaria» -, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato
il provvedimento oggetto di convalida. E' anche previsto che la corte
d'appello giudichi in composizione monocratica. 
    3.6.2.- Per quanto concerne il giudizio di  legittimita',  l'art.
18-bis dello stesso d.l. n. 145 del 2024, come convertito,  al  comma
1, lettera b), numeri 1) e 2), ha, invece, riscritto l'art. 14, comma
6, del d.lgs. n. 286 del 1998, avente ad oggetto  la  disciplina  del
processo di cassazione avverso i decreti di convalida  e  di  proroga
del trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza per i
rimpatri  quando  non  e'   possibile   eseguire   con   immediatezza
l'espulsione o il respingimento. 
    Il nuovo comma 6 dell'art. 14 dispone che «[c]ontro i decreti  di
convalida e di proroga di cui al comma 5 e' proponibile  ricorso  per
cassazione, entro cinque  giorni  dalla  comunicazione,  solo  per  i
motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo  606
del codice di procedura penale.  Il  relativo  ricorso  non  sospende
l'esecuzione della misura. Si osservano, in  quanto  compatibili,  le
disposizioni dell'articolo 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo,
della legge 22 aprile 2005, n. 69». 
    3.6.3.- Allo stesso tempo, l'art. 18, comma 1, lettera a), numero
2), del medesimo d.l. n. 145 del 2024, come convertito, ha modificato
l'art. 6 del d.lgs. n.  142  del  2015,  recante  la  disciplina  del
trattenimento dello straniero richiedente protezione  internazionale,
inserendovi  il  comma  5-bis,  ai  sensi   del   quale,   contro   i
provvedimenti di convalida del trattenimento (di cui al comma 5 dello
stesso  articolo),  «e'  ammesso  ricorso  per  cassazione  ai  sensi
dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286». 
    Per effetto di tale raccordo, il citato  art.  14,  comma  6,  e'
stato espressamente indicato come la fonte di disciplina del giudizio
di cassazione sulla convalida per entrambe le forme di trattenimento,
cioe', sia per quello disciplinato dall'art. 14 del d.lgs. n. 286 del
1998, riguardante lo straniero in condizione  di  irregolarita',  sia
per  quello  regolato  dall'art.  6  del  d.lgs.  n.  142  del  2015,
concernente   la    persona    straniera    richiedente    protezione
internazionale. 
    3.7.- Il nuovo testo dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del
1998, risultante dalle interpolazioni operate  dall'art.  18-bis  del
d.l.  n.  145  del  2024,  come  convertito,  delinea   un   processo
decisamente differente rispetto a quello, riconducibile al  paradigma
civilistico di cui agli artt. 360 e seguenti cod.,  proc.  civ.,  che
aveva trovato applicazione  sin  dalla  sua  introduzione,  ad  opera
dell'art. 12 della legge n. 40 del 1998, poi confluito  nello  stesso
art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998. 
    Le differenze riguardano, anzitutto, le forme del  processo,  che
la novella individua in quelle del  giudizio  penale,  come  e'  reso
evidente  dall'incipit  del  primo  periodo  del  riformato  comma  6
dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, a mente del quale  contro  i
decreti di convalida e di proroga del trattenimento  il  ricorso  per
cassazione e' proponibile «entro cinque giorni  dalla  comunicazione,
solo per i motivi di cui alle  lettere  a),  b)  e  c)  del  comma  1
dell'articolo 606 del codice di procedura penale». 
    3.7.1.- Secondo la nuova disciplina, in sede di  legittimita',  i
decreti  di  convalida  sono,  dunque,  censurabili,  oltre  che  per
denunciare l'esercizio,  da  parte  del  giudice,  «di  una  potesta'
riservata dalla legge a organi legislativi  o  amministrativi  ovvero
non consentita ai pubblici  poteri»,  per  l'inosservanza  o  erronea
applicazione «della legge penale o di altre norme giuridiche, di  cui
si deve tener conto  nell'applicazione  della  legge  penale»  e  per
l'inosservanza «delle norme processuali stabilite a pena di nullita',
di inutilizzabilita', di inammissibilita' o di decadenza».  Spettera'
alla giurisprudenza di legittimita' verificare se la violazione della
legge che regola il  trattenimento  possa  essere  fatta  valere  con
autonomo motivo di ricorso, anche alla luce  dell'art.  111,  settimo
comma, Cost. 
    Peraltro, le prime  pronunce  di  legittimita'  che  hanno  fatto
applicazione del nuovo rito hanno affermato che l'art.  111,  settimo
comma, Cost. garantisce in ogni caso  la  possibilita'  di  ricorrere
contro i provvedimenti  restrittivi  della  liberta'  personale  «per
violazione  di  legge»:  nozione  nella  quale  «va   ricompresa   la
motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento [...]
intesa quest'ultima come motivazione "del tutto priva  dei  requisiti
minimi di coerenza e completezza, al punto da  risultare  inidonea  a
rendere comprensibile l'iter logico seguito  dal  giudice  di  merito
[...]"» (Cass.,  n.  2967  del  2025;  in  senso  conforme  Corte  di
cassazione, sezione prima penale, ordinanza 7 marzo  2025,  n.  9556,
depositata in pari data). 
    3.7.2.- L'intervento riformatore di cui al d.l. n. 145 del  2024,
come convertito, ha modificato anche lo svolgimento del  processo  di
legittimita' in materia di trattenimento, configurandolo ad  exemplum
del  procedimento  per  cassazione  avente  ad  oggetto  il   mandato
d'arresto europeo consensuale. 
    Il terzo periodo dell'art. 14, comma 6, stabilisce, infatti,  che
«[s]i osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo
22, comma 5-bis, secondo e quarto  periodo,  della  legge  22  aprile
2005, n. 69». 
    Quest'ultimo  articolo,  nel  primo  periodo,  reca  la  seguente
previsione: «[c]ontro l'ordinanza di cui all'articolo 14, comma 5, la
persona interessata, il  suo  difensore  e  il  procuratore  generale
presso la corte di appello possono proporre ricorso  per  cassazione,
entro tre giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza, solo  per  i
motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a),  b)  e  c)
del comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale». 
    Analogo regime, ma con un termine per ricorrere di cinque giorni,
e' previsto nel comma 1 dello stesso art. 22 della legge  n.  69  del
2005 per la procedura ordinaria, nella quale, cioe', non vi sia stato
il consenso della persona richiesta in consegna. 
    Nella fase introduttiva, il nuovo  giudizio  di  legittimita'  in
materia di trattenimento dello straniero si ispira a quello  relativo
al mandato d'arresto  europeo  ordinario  e,  quanto  al  termine  di
definizione, all'ipotesi speciale, in cui  e'  espresso  il  consenso
della persona richiesta in consegna piuttosto che a quella ordinaria,
in cui tale consenso non e' prestato. 
    Per quanto riguarda, quindi, la trattazione e la decisione, trova
applicazione, sia pure nei limiti della compatibilita', la disciplina
del  giudizio  di  cassazione  sul  mandato   d'arresto   europeo   e
segnatamente di  quello  consensuale  prevista  dall'art.  22,  comma
5-bis, della legge n. 69 del 2005, limitatamente al secondo e  quarto
periodo, i quali, rispettivamente, dispongono che  «[i]l  ricorso  e'
presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso  il
provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte  di  cassazione,  con
precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro  il  giorno
successivo, unitamente al provvedimento impugnato  e  agli  atti  del
procedimento» e che «[l]a Corte, nel termine di  sette  giorni  dalla
ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio  sui  motivi  di
ricorso e sulle richieste del procuratore generale  senza  intervento
dei difensori e deposita la decisione con la contestuale  motivazione
a conclusione dell'udienza, provvedendo altresi', fuori dei  casi  di
cui al comma 6, agli adempimenti indicati al comma 5». 
    3.7.2.1.- La disciplina del  mandato  d'arresto  europeo  dettata
dalla legge n. 69 del  2005  da'  attuazione  alla  decisione  quadro
2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa  al  mandato
d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati  membri,  la
cui finalita'  era  quella  di  introdurre  un  meccanismo  che  -  a
differenza  dell'estradizione,  implicante   un   duplice   controllo
politico e giurisdizionale - consentisse una piu' agevole  esecuzione
delle decisioni  giudiziarie  sulla  base  del  principio  del  mutuo
riconoscimento. 
    3.7.2.2.- Detta disciplina del  mandato  di  arresto  europeo  e'
stata  significativamente  modificata  dal  decreto   legislativo   2
febbraio 2021, n. 10 (Disposizioni per il compiuto adeguamento  della
normativa  nazionale  alle  disposizioni   della   decisione   quadro
2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle  procedure
di consegna tra stati membri,  in  attuazione  delle  delega  di  cui
all'articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, n. 117). 
    Tale riforma e' intervenuta, tra l'altro, sui motivi di  rifiuto,
eliminando le cause ostative estranee al testo della decisione quadro
e riclassificando, in base al carattere facoltativo  o  obbligatorio,
quelle residue. 
    Alla  riduzione  dell'oggetto  della   verifica   giudiziale   e'
conseguita  una  ulteriore  accelerazione  e  semplificazione   delle
scansioni processuali del rito in questione. 
    Per quanto riguarda, in particolare, il giudizio di legittimita',
e' stato, anzitutto, ridotto da dieci a cinque giorni il termine  per
impugnare ed e' stata eliminata la cognizione nel merito della  Corte
di cassazione prevista dalla disciplina anteriore. 
    Lo stesso d.lgs. n. 10 del 2021, all'art. 18, ha, poi, limitato i
motivi deducibili con il ricorso per cassazione a quelli di cui  alle
lettere a), b) e c) del  comma  1  dell'art.  606  cod.  proc.  pen.,
prevedendo,  altresi',  che  l'impugnazione  deve  essere  depositata
presso  la  cancelleria  della  corte  d'appello  che  ha  emesso  il
provvedimento. Quest'ultima, a sua volta, deve trasmettere  gli  atti
entro il giorno successivo e con precedenza su ogni altro affare. 
    Nell'ottica dell'accelerazione, l'art. 18 del citato d.lgs. n. 10
del 2021, nel modificare i commi 3 e 4 dell'art. 22 della legge n. 69
del 2005, ha anche disposto che il giudizio di legittimita' si svolga
nelle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen. e si  concluda  entro
dieci giorni dalla ricezione degli atti con il  deposito  contestuale
della motivazione a conclusione dell'udienza oppure, ove non  risulti
possibile, non oltre il secondo giorno dalla pronuncia. 
    3.7.3.- Nel contesto  di  questo  procedimento  e'  poi  prevista
un'ipotesi speciale nel  caso  in  cui  la  persona  acconsenta  alla
consegna. In tale evenienza  per  il  giudizio  di  cassazione  trova
applicazione il comma 5-bis dell'art. 22 della legge n. 69 del 2005 -
introdotto dall'art. 18, comma 1, lettera b), del d.lgs.  n.  10  del
2021 -, secondo cui «[c]ontro l'ordinanza  di  cui  all'articolo  14,
comma 5, la persona interessata, il suo difensore  e  il  procuratore
generale presso la corte di  appello  possono  proporre  ricorso  per
cassazione, entro tre giorni dalla conoscenza legale  dell'ordinanza,
solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a),
b) e c) del comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale.
Il ricorso e' presentato nella cancelleria della corte di appello che
ha emesso il provvedimento, la  quale  lo  trasmette  alla  Corte  di
cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare  e  comunque
entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento  impugnato  e
agli atti del procedimento. La  presentazione  del  ricorso  sospende
l'esecuzione della ordinanza di cui  all'articolo  14,  comma  4.  La
Corte, nel termine  di  sette  giorni  dalla  ricezione  degli  atti,
giudica in  camera  di  consiglio  sui  motivi  di  ricorso  e  sulle
richieste del procuratore generale senza intervento dei  difensori  e
deposita la decisione con la contestuale  motivazione  a  conclusione
dell'udienza, provvedendo altresi', fuori dei casi di cui al comma 6,
agli adempimenti indicati al comma 5». 
    3.7.4.- La  particolare  celerita'  dei  giudizi  in  materia  di
mandato di arresto europeo, sia ordinario sia  consensuale,  rinviene
la sua giustificazione nella ristrettezza dei termini di  definizione
delle procedure di consegna fissati dall'art. 22-bis della  legge  n.
69 del 2005, il quale, al comma 1, prevede  che  «[s]e  la  decisione
definitiva sulla richiesta di consegna, in assenza di  consenso,  non
interviene nei sessanta giorni successivi all'esecuzione della misura
cautelare o all'arresto della persona ricercata o alla  deliberazione
di non applicare alcuna misura, la corte davanti alla quale pende  il
procedimento informa immediatamente del ritardo e delle  ragioni  che
vi hanno dato causa il Ministro della  giustizia,  affinche'  ne  sia
data comunicazione all'autorita' giudiziaria richiedente. Agli stessi
fini, in presenza di consenso alla  consegna,  la  corte  di  appello
informa il Ministro della giustizia dei  motivi  che  hanno  impedito
l'adozione della decisione nel termine di dieci giorni dalla data  in
cui il consenso e' stato espresso». 
    La citata disposizione ha dato attuazione alla  decisione  quadro
2002/584/GAI e, segnatamente, alle indicazioni contenute all'art. 17,
il quale, al paragrafo 1,  prevede  che  il  mandato  d'arresto  deve
essere trattato ed eseguito con la massima urgenza,  al  paragrafo  2
stabilisce che, nei casi in cui il ricercato acconsente alla  propria
consegna,  la  decisione  definitiva  sull'esecuzione   del   mandato
d'arresto europeo  «dovrebbe  essere  presa  entro  10  giorni  dalla
comunicazione del consenso» e, al paragrafo 3, dispone che,  «[n]egli
altri casi,  la  decisione  definitiva  sull'esecuzione  del  mandato
d'arresto europeo dovrebbe essere presa entro 60 giorni  dall'arresto
del ricercato». 
    In definitiva, le strette cadenze temporali del rito  in  materia
di mandato d'arresto europeo rispondono, al contempo, all'esigenza di
concludere  l'intera  procedura  di  consegna  nel   rispetto   degli
stringenti termini fissati  dalla  decisione  quadro  2002/584/GAI  e
ribaditi  dall'art.  22-bis  della  legge  n.  69  del  2005  e  alla
necessita' di pervenire rapidamente ad una decisione  definitiva  che
incide sullo status libertatis della persona  interessata  (Corte  di
cassazione,  sezione  sesta  penale,  sentenza  22  novembre  2005-13
dicembre 2005, n. 45254). 
    4.-  Tutto  cio'   premesso,   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 6, richiamato dall'art.  6,  comma
5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015, nella parte in cui «rinviando alle
disposizioni di cui all'art. 22, comma 5-bis, quarto  periodo,  della
legge 22 aprile 2005, n. 69,  prevede  che  la  Corte  di  cassazione
giudichi in camera  di  consiglio  sui  motivi  di  ricorso  e  sulle
richieste del procuratore generale senza intervento  dei  difensori»,
sono fondate in  riferimento  agli  artt.  3  e  24  Cost.,  restando
assorbite le restanti censure. 
    4.1.- Secondo una ricorrente affermazione  di  questa  Corte,  il
legislatore dispone di un'ampia discrezionalita' nella  conformazione
degli istituti processuali - anche rispetto a  norme  orientate  alla
riduzione della durata dei giudizi  (sentenza  n.  96  del  2024)  -,
incontrando  il  solo  limite  della  manifesta  irragionevolezza   o
arbitrarieta' delle scelte compiute (sentenze n. 36 del 2025, n.  189
e n. 96 del 2024, n. 67 del 2023). 
    Nella materia processuale,  quindi,  il  metro  del  giudizio  di
ragionevolezza   deve   essere   particolarmente   rispettoso   della
discrezionalita' legislativa, in quanto la disciplina del processo e'
«frutto  di  delicati  bilanciamenti  tra  principi  e  interessi  in
naturale conflitto reciproco, sicche' ogni intervento  correttivo  su
una singola disposizione, volto ad assicurare una piu' ampia tutela a
uno di tali principi o interessi, rischia di alterare  gli  equilibri
complessivi del sistema» (sentenza n. 230 del 2022). 
    Ed e' innegabile che la scelta legislativa di rimodulare forme  e
tempi del giudizio di legittimita' sul trattenimento dello  straniero
risponda  ad  opzioni  assiologiche  di  significativa  complessita',
essendo il legislatore  chiamato  a  compiere  una  ponderazione  tra
l'esigenza di assicurare la  sollecita  definizione  di  un  giudizio
sulla liberta' della persona e  la  necessita'  che  il  processo  si
dipani secondo cadenze  temporali  idonee  a  garantire  un  compiuto
confronto tra le parti. 
    4.2.- Questa Corte ha, tuttavia, precisato che il superamento del
limite al sindacato della discrezionalita' del legislatore in materia
processuale    e'    senz'altro     ravvisabile     quando     emerga
un'ingiustificabile  compressione  del  diritto  di  difesa   e   del
contraddittorio, quale «momento fondamentale del giudizio» e «cardine
della ricerca dialettica  della  verita'  processuale,  condotta  dal
giudice con la collaborazione delle parti, volta  alla  pronuncia  di
una decisione che sia il piu' possibile "giusta"» (sentenza n. 96 del
2024). 
    Il  contraddittorio  costituisce  una  primaria  e   fondamentale
garanzia del giusto processo e  soddisfa  la  «necessita'  che  tanto
l'attore, quanto il contraddittore,  partecipino  o  siano  messi  in
condizione di partecipare al procedimento», anche se «al  legislatore
e' consentito di differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo
alla particolarita' del rapporto da regolare»  (sentenza  n.  73  del
2022). 
    4.3.- Tanto premesso, la normativa in  scrutinio  sconfina  nella
manifesta irragionevolezza, in quanto, come evidenziato  dalla  Corte
rimettente, introduce un modello processuale strutturalmente inidoneo
ad assicurare il confronto dialettico tra le parti. 
    Alla stregua della disciplina  risultante  dall'integrazione  del
terzo periodo del novellato comma 6 dell'art. 14 del  d.lgs.  n.  286
del 1998 e del quarto periodo dell'art. 22, comma 5-bis, della  legge
n. 69 del 2005, il  giudizio  di  legittimita'  sulla  convalida  del
trattenimento si articola nelle seguenti scansioni:  il  ricorso  per
cassazione e' presentato nella cancelleria della corte d'appello  che
ha emesso il provvedimento, la  quale  lo  trasmette  alla  Corte  di
cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare  e  comunque
entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento  impugnato  e
agli atti del procedimento;  quindi,  la  Corte  di  cassazione,  nel
termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera
di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del  procuratore
generale senza intervento delle parti e deposita la decisione con  la
contestuale motivazione a conclusione dell'udienza. 
    Secondo il nuovo rito, la Corte  di  cassazione  decide,  dunque,
esclusivamente  sulla  base  del  ricorso  e  delle  conclusioni  del
procuratore generale, senza che all'instaurazione del processo  segua
un momento di confronto, scritto o orale, tra le parti. 
    Infatti, per un verso, e' espressamente esclusa la partecipazione
all'udienza camerale del difensore e del pubblico ministero, che  non
possono  chiedere  di  essere  sentiti;  per  altro  verso,  non   e'
contemplato il deposito di  memorie,  attraverso  le  quali  ciascuna
parte possa replicare alle  deduzioni  avversarie.  Ne',  infine,  e'
riconosciuto  al  presidente  di  sezione  il  potere  di  assegnare,
all'atto della fissazione dell'udienza camerale, un  termine  per  il
deposito di deduzioni scritte. 
    Le  ricadute  applicative  di  tale   disciplina   mostrano   con
particolare evidenza come l'iter procedurale dalla  stessa  delineato
comprima   ingiustificabilmente   il   diritto   di   difesa   e   al
contraddittorio. 
    Infatti, nel caso in cui sia la persona trattenuta  ad  impugnare
il decreto di convalida, 
    alla stessa e' precluso replicare alle  richieste  della  procura
generale presso la Corte di cassazione non essendo, appunto, previsto
il deposito di  memorie.  Neppure  e'  prevista  alcuna  memoria  per
l'Amministrazione che ha adottato il provvedimento di trattenimento. 
    4.4.- L'inidoneita'  del  modello  processuale  in  scrutinio  ad
assicurare alle parti «un  nucleo  minimo  di  contraddittorio  e  di
difesa» (sentenza 341 del 2006) trova fondamento nella eterogeneita',
oggettiva e  funzionale,  tra  il  giudizio  in  materia  di  mandato
d'arresto europeo consensuale, per il quale detta procedura e'  stata
concepita, e il giudizio concernente la convalida  del  trattenimento
dello straniero, al quale la stessa procedura e' stata estesa. 
    Come gia' evidenziato, la particolare concentrazione del rito  in
materia di mandato d'arresto europeo  nell'ipotesi  speciale  in  cui
risulti il consenso della persona richiesta in consegna,  in  termini
piu' ristretti rispetto all'ipotesi ordinaria in  cui  tale  consenso
non e' stato  espresso  si  giustifica  non  solo  in  ragione  della
garanzia dell'habeas corpus - ravvisabile anche nella fattispecie  in
scrutinio - e della necessita' di concludere  l'intera  procedura  di
consegna nel rispetto  dei  rigidi  limiti  temporali  imposti  dalla
decisione quadro 2002/584/GAI e ribaditi dall'art. 22-bis della legge
n. 69 del 2005, ma anche per la limitatezza del thema decidendum. 
    Infatti,  per  effetto  del  consenso  alla   consegna   prestato
dall'interessato,  la  cognizione  e'  limitata  al  controllo  della
legalita'  complessiva  del  procedimento,  della   validita'   della
manifestazione del consenso, dell'insussistenza di motivi di  rifiuto
alla consegna, nonche' della eventuale priorita' di altri mandati  di
arresto europeo (Corte di cassazione, sezione sesta penale,  sentenza
3-10 dicembre 2015, n. 48943). 
    Per  converso,  non  solo  al  giudizio  di  legittimita'   sulla
convalida del  trattenimento  e'  connaturale  la  contestazione  del
potere  amministrativo  che  ne   forma   oggetto   e,   quindi,   la
contrapposizione tra le  parti  -  oltre  che  il  coinvolgimento  di
diritti inviolabili di rango costituzionale -, ma il sindacato  della
Corte di cassazione puo' estendersi  alla  verifica  di  profili  che
eccedono la regolarita' della adozione della  misura  restrittiva  in
se' considerata. 
    Come confermato dalla giurisprudenza  di  legittimita'  formatasi
anteriormente alla novella processuale  in  scrutinio,  la  decisione
sulla convalida puo', infatti, involgere, sia  pure  incidentalmente,
anche la «manifesta illegittimita'» del provvedimento presupposto dal
trattenimento, ossia l'espulsione  o  il  respingimento  (ex  multis,
Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 28 giugno  2023,
n. 18404). 
    Anche questa Corte ha confermato la possibilita' che il  giudizio
di convalida assuma  una  simile  ampiezza,  evidenziando  che  «[i]l
trattenimento costituisce la modalita'  organizzativa  prescelta  dal
legislatore per rendere possibile, nei casi  tassativamente  previsti
dall'art.  14,  comma  1,  che  lo  straniero,  destinatario  di   un
provvedimento di  espulsione,  sia  accompagnato  alla  frontiera  ed
allontanato dal territorio nazionale. Il decreto  di  espulsione  con
accompagnamento, che, giova ribadire, ai sensi dell'art. 13, comma 3,
deve essere motivato, rappresenta quindi il presupposto indefettibile
della misura restrittiva, e in quanto tale non puo' restare  estraneo
al controllo dell'autorita' giudiziaria» (sentenza n. 105 del 2001). 
    5.- Cosi' accertato il contrasto delle previsioni  censurate  con
gli artt. 3  e  24  Cost.,  questa  Corte  deve  ora  individuare  il
paradigma normativo idoneo ad operare la reductio ad legitimitatem. 
    La rimozione del terzo periodo  del  comma  6  dell'art.  14  del
d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui rinvia all'art. 22,  comma
5-bis, quarto periodo, della legge n. 69 del 2005 genera, infatti, un
vuoto normativo, dal momento  che,  pur  non  incidendo  sulle  nuove
regole - recate dal primo periodo dello stesso comma 6 -  concernenti
l'introduzione del giudizio, l'ambito delle censure proponibili e  le
forme proprie della giurisdizione penale,  determina  il  venir  meno
della disciplina relativa al successivo iter procedurale. 
    Come confermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, il
dato  normativo  utile  alla  sostituzione  del  frammento  normativo
censurato deve porsi in rapporto di  prossimita'  con  la  disciplina
oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 46 del 2024, n. 95 e  n.
28 del 2022). 
    Nel caso di specie, il referente normativo non solo  deve  essere
coerente con la ratio che sorregge la  disciplina,  pur  parzialmente
incostituzionale, del giudizio in esame, ma  deve  essere  idoneo  ad
assicurare il contraddittorio. 
    Deve,  quindi,  trattarsi  di  un   modulo   processuale   agile,
semplificato e capace di assicurare la definizione  del  giudizio  di
legittimita'  sulla  convalida  del  trattenimento  entro  un   lasso
temporale assai contenuto. 
    6.- Tra le discipline «gia' esistenti» (sentenza n. 236 del 2016)
che  possono  consentire  a  questa  Corte  di  porre  rimedio   alle
violazioni  riscontrate,  quella  del  giudizio  di  legittimita'  in
materia di mandato d'arresto europeo ordinario - in particolare,  per
la parte che pone le regole di cui all'art. 22, commi 3  e  4,  della
legge n. 69 del 2005  -,  costituisce  la  soluzione  normativa  piu'
vicina alla logica perseguita dal legislatore  nella  fattispecie  in
scrutinio. 
    6.1.-  Detto  procedimento  condivide  con  quello   consensuale,
assunto a paradigma  dalla  disposizione  censurata,  la  funzione  e
l'oggetto,  pur  distinguendosene  per  la  maggiore  ampiezza  della
cognizione  riconosciuta  al  giudice  di  legittimita'  in   ragione
dell'assenza del consenso  alla  consegna,  oltre  che  per  un  piu'
articolato iter includente l'udienza camerale. 
    Inoltre, l'affinita' strutturale con il procedimento ex art.  22,
comma 5-bis, della legge n. 69 del 2005 emerge  dal  raffronto  delle
modalita' di introduzione dei giudizi, posto che anche il processo in
cassazione sul mandato d'arresto europeo non consensuale puo'  essere
promosso  esclusivamente  per  far   valere   l'eccesso   di   potere
giurisdizionale e la violazione di legge sostanziale  e  processuale,
essendo stato espunto dalla relativa disciplina il  riferimento  alla
proponibilita' del ricorso «anche nel merito» ed essendo il sindacato
della Corte  di  cassazione  circoscritto  ai  soli  motivi  previsti
dall'art. 606, comma 1, lettere a), b) e c) cod. proc. pen. (Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 8-9 marzo 2022, n. 8299). 
    Ancora,  analogamente  a  quanto  previsto   per   la   procedura
consensuale, nel giudizio in materia  di  mandato  d'arresto  europeo
ordinario il ricorso per cassazione va presentato  entro  un  termine
molto breve - che, secondo l'art. 22, comma 1, della legge n. 69  del
2005, e' di cinque giorni decorrenti dalla «conoscenza  legale  della
sentenza» - nella cancelleria della corte d'appello che ha emesso  il
provvedimento (Corte di cassazione, sezione  sesta  penale,  sentenza
29-30 dicembre 2021, n. 47421), la quale provvede a trasmetterlo alla
Corte di cassazione «con precedenza assoluta su ogni altro  affare  e
comunque entro il giorno successivo» (art. 22, comma 2, legge  n.  69
del 2005). 
    Inoltre, un profilo di analogia  tra  gli  schemi  processuali  a
raffronto si coglie anche nella brevita' del termine  di  definizione
del giudizio che, nel  procedimento  relativo  al  mandato  d'arresto
ordinario, e' di dieci giorni dalla ricezione degli  atti,  ancorche'
il comma  4  dello  stesso  art.  22  precisi  che  la  decisione  e'
depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione,
ma, nel caso in  cui  la  redazione  della  motivazione  non  risulti
possibile,  la  Corte  di  cassazione,  data  comunque  lettura   del
dispositivo, provvede al deposito  della  motivazione  non  oltre  il
secondo giorno dalla pronuncia. 
    Da ultimo, vale il rapporto genere/specie. Il mandato di  arresto
europeo consensuale costituisce un'ipotesi speciale rispetto a quella
ordinaria, in cui non risulta il consenso della persona richiesta  in
consegna. La mancata  applicazione  della  prima,  in  ragione  della
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale   che   si   va   a
pronunciare, orienta la reductio ad legitimitatem verso  la  seconda,
quella ordinaria. 
    6.2.- L'aspetto che  vale,  poi,  a  differenziare  la  procedura
ordinaria  da  quella  consensuale  -  e  che  costituisce   elemento
ulteriore in forza del quale la prima merita di essere prescelta come
«grandezza predata» per la reductio ad legitimitatem della  normativa
in scrutinio - si rinviene nel comma 3 dell'art. 22 della legge n. 69
del 2005, secondo cui la Corte di cassazione decide  nelle  forme  di
cui all'art. 127 cod. proc. pen. 
    E' pur vero che detto rinvio non coinvolge la disciplina generale
del rito in camera di consiglio nella  sua  interezza,  ma  ne  mutua
soltanto  il  nucleo  essenziale  di  procedimento  semplificato   in
contraddittorio.  Infatti,  nella  fattispecie  in  esame,  le  forme
camerali,  oltre  a  subire  gli  adattamenti  resi  necessari  dalla
specificita' della cognizione nel  giudizio  di  legittimita'  (cosi'
che, ad esempio, in base alla regola sancita dall'art. 614, comma  2,
cod. proc. pen. non  e'  prevista  la  comparizione  personale  delle
parti),  risultano  rimodulate  sulle  ristrette  cadenze  del   rito
speciale, essendo previsto dall'art. 22, comma 3, della legge  n.  69
del 2005 che, in coerenza con il ristretto termine di definizione del
giudizio, l'avviso alle parti debba essere  notificato  o  comunicato
almeno tre giorni prima dell'udienza. 
    Non di meno, la procedura di cui all'art. 22, commi 3 e 4,  della
legge n. 69 del 2005, assicurando alle parti, che non hanno  facolta'
di presentare memoria, la possibilita' di essere sentite  all'udienza
camerale, mantiene «integro [...] il nucleo essenziale delle garanzie
giurisdizionali delle parti» (sentenza n. 341 del 2006). 
    6.3.- La reductio ad legitimitatem va, dunque, operata integrando
il contenuto del comma 6 dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, la'
dove, nel terzo periodo, e' stato privato del riferimento  al  quarto
periodo dell'art. 22, comma 5-bis, della legge n. 69 del 2005, con le
regole procedurali dettate dai commi 3 e 4 del medesimo art. 22 della
legge n. 69 del 2005, secondo cui, rispettivamente,  «[l]a  Corte  di
cassazione decide con sentenza entro  dieci  giorni  dalla  ricezione
degli atti  nelle  forme  di  cui  all'articolo  127  del  codice  di
procedura penale.  L'avviso  alle  parti  deve  essere  notificato  o
comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza» e «[l]a decisione e'
depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione.
Qualora la redazione della  motivazione  non  risulti  possibile,  la
Corte di cassazione, data comunque lettura del dispositivo,  provvede
al deposito della motivazione  non  oltre  il  secondo  giorno  dalla
pronuncia». 
    6.3.1.- Alla stregua  della  disciplina  risultante  dall'operata
sostituzione, il processo di cassazione sui decreti di convalida e di
proroga del  trattenimento  della  persona  straniera  -  emessi  dal
giudice di pace, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998,  o
dalla corte d'appello in composizione monocratica, ai sensi dell'art.
6 del d.lgs. n. 142 del 2015 - si articola nei seguenti  termini:  il
giudizio e' instaurato con ricorso proponibile  entro  cinque  giorni
dalla comunicazione, per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del
comma 1 dell'art. 606, cod. proc. pen.; il ricorso, che non  sospende
l'esecuzione della misura,  e'  presentato  nella  cancelleria  della
corte di  appello  che  ha  emesso  il  provvedimento,  la  quale  lo
trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta  su  ogni
altro affare e comunque entro il  giorno  successivo,  unitamente  al
provvedimento impugnato e agli atti del  procedimento;  la  Corte  di
cassazione decide con sentenza entro  dieci  giorni  dalla  ricezione
degli atti nelle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen. e, quindi,
in un'adunanza camerale nella quale sono sentiti,  se  compaiono,  il
pubblico ministero e il difensore; l'avviso alle  parti  deve  essere
notificato o comunicato almeno  tre  giorni  prima  dell'udienza;  la
decisione e' depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale
motivazione; qualora  la  redazione  della  motivazione  non  risulti
possibile,  la  Corte  di  cassazione,  provvede  al  deposito  della
motivazione non oltre il secondo giorno dalla pronuncia. 
    7.- Questa Corte intende cosi' porre rimedio, nell'immediato,  al
riscontrato vulnus al principio del contraddittorio e al  diritto  di
difesa, individuando, nel massimo rispetto della voluntas  legis,  la
disciplina piu' vicina a quella originariamente individuata. 
    Resta comunque ferma, per  il  legislatore,  la  possibilita'  di
intervenire in  qualsiasi  momento  per  individuare,  nell'esercizio
dell'ampia  discrezionalita'  allo  stesso  riservata   in   subiecta
materia, una  eventualmente  diversa  configurazione  dello  speciale
giudizio  in  questione,  purche'  tale  scelta  sia  rispettosa  dei
principi  costituzionali  e,   in   particolare,   del   diritto   al
contraddittorio e del diritto di difesa. Trattandosi di  un  giudizio
di legittimita', dette garanzie potrebbero trovare  attuazione  anche
optando per una variante cartolare del rito, forma, questa, che,  non
a caso, anche nel processo  penale  ordinario,  e'  stata  elevata  a
regola generale  dall'art.  611,  comma  1,  cod.  proc.  pen.,  come
sostituito dall'art. 35, comma 1, lettera a), numero 1), del  decreto
legislativo 10 ottobre  2022,  n.  150  (Attuazione  della  legge  27
settembre 2021, n. 134, recante delega al  Governo  per  l'efficienza
del processo penale, nonche' in materia  di  giustizia  riparativa  e
disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari). 
    Una revisione delle scansioni temporali  del  processo  in  esame
potrebbe,  peraltro,  divenire  ineludibile  nel  caso  in   cui   un
significativo incremento dei ricorsi -  evenienza  non  inverosimile,
considerata l'espansione del perimetro applicativo del  trattenimento
operata dalle recenti riforme - dovesse rendere non piu' conciliabile
l'estrema concentrazione del rito,  che  la  presente  pronuncia  ha,
nella sostanza, preservato, con la stessa effettivita'  del  «diritto
al processo in cassazione»  (sentenza  n.  395  del  2000)  garantito
dall'art. 111, settimo comma, Cost. 
    E',  dunque,  auspicabile  che  il   legislatore   verifichi   la
perdurante compatibilita' dello speciale schema  procedurale  di  cui
all'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286  del  1998,  come  rimodulato
dalla presente  pronuncia,  con  le  dimensioni  che  il  contenzioso
assumera' nel volgere del tempo. 
    8.-  In  conclusione,  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 6, del d.lgs.  n.  286  del  1998,
come modificato dall'art. 18-bis, comma 1, lettera b), numero 2), del
d.l. n. 145 del 2024, come convertito, richiamato dall'art. 6,  comma
5-bis, del d.lgs. n. 142 del  2015,  come  introdotto  dall'art.  18,
comma 1, lettera a), numero 2),  del  d.l.  n.  145  del  2024,  come
convertito, nella parte in cui, al terzo periodo, rinvia all'art. 22,
comma 5-bis, quarto periodo, della legge n. 69 del 2005, anziche'  ai
commi 3 e 4 di quest'ultimo articolo.