ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma
6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 18-bis,
comma 1, lettera b), numero 2), del decreto-legge 11 ottobre 2024, n.
145 (Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di
lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di
caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione
internazionale, nonche' dei relativi procedimenti giurisdizionali),
convertito, con modificazioni, nella legge 9 dicembre 2024, n. 187,
richiamato dall'art. 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18
agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante
norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione
internazionale, nonche' della direttiva 2013/32/UE, recante procedure
comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di
protezione internazionale), come introdotto dall'art. 18, comma 1,
lettera a), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito,
promosso dalla Corte di cassazione, sezione prima penale, sul ricorso
proposto da A. B., con ordinanza del 31 gennaio 2025, iscritta al n.
29 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2025.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udita nella camera di consiglio del 24 marzo 2025 la Giudice
relatrice Maria Rosaria San Giorgio;
deliberato nella camera di consiglio del 24 marzo 2025.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 31 gennaio 2025, iscritta al n. 29 reg.
ord. 2025, la Corte di cassazione, sezione prima penale, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 111, primo e secondo
comma, e 117 (recte: art. 117, primo comma), della Costituzione,
quest'ultimo in relazione all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo, questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 6, del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), come modificato dall'art. 18-bis, comma 1, lettera b),
numero 2), del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145 (Disposizioni
urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di
tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei
flussi migratori e di protezione internazionale, nonche' dei relativi
procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella
legge 9 dicembre 2024, n. 187, «richiamato dall'art. 5-bis» (recte:
art. 6, comma 5-bis), del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142
(Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative
all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonche'
della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del
riconoscimento e della revoca dello status di protezione
internazionale), come introdotto dall'art. 18, comma 1, lettera a),
numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito.
1.1.- La Corte di cassazione premette di essere investita del
ricorso avverso il decreto del 17 gennaio 2025, con il quale la Corte
d'appello di Cagliari, in composizione monocratica, ha convalidato il
provvedimento di trattenimento presso il Centro di permanenza per i
rimpatri di Macomer, per la durata di sessanta giorni, adottato il 15
gennaio 2025 dal Questore di Nuoro nei confronti di A. B.
Il giudice a quo espone che il Questore aveva motivato il
trattenimento in ragione della pericolosita', per l'ordine e la
sicurezza pubblica, dell'interessato e del concreto pericolo di fuga,
reputando, altresi', palesemente pretestuosa la domanda di protezione
internazionale dallo stesso avanzata mentre era sottoposto ad un
precedente provvedimento di trattenimento ai sensi dell'art. 14,
comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998, emesso dal Questore di Vercelli
il 10 gennaio 2025 e convalidato dal Giudice di pace di Oristano il
13 gennaio 2015 (recte: 2025).
1.2.- Riferisce la Corte rimettente che, contro il decreto di
convalida, A. B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di
cinque motivi, con il primo dei quali ha dedotto la violazione
dell'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015, in relazione
all'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998 e in riferimento
agli artt. 3, 13, 25, 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in
relazione agli artt. 3, 13 e 14 CEDU. Secondo il ricorrente, l'art.
14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, «come modificato dalla legge
n. 187/2024», prevedendo un termine per proporre ricorso per
cassazione di soli cinque giorni, discriminerebbe i destinatari dei
provvedimenti di trattenimento rispetto ai soggetti detenuti presso
gli «istituti penali», i quali, invece, fruiscono di termini piu'
ampi per predisporre la propria difesa; dall'altro, sottrarrebbe la
competenza a decidere sui decreti di convalida del trattenimento alle
sezioni civili della Corte di cassazione, da considerarsi come
giudice naturale nella materia in questione. Il ricorrente ha,
inoltre, lamentato che la nuova disciplina processuale abbia sancito
la proponibilita' del ricorso per cassazione per i motivi di cui
all'art. 606, comma 1, lettere a), b), e c), del codice di procedura
penale, i quali, pero', non avrebbero attinenza con la materia in
esame.
1.2.1.- Il giudice a quo aggiunge che, con il secondo motivo, il
ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 6, comma 5-bis, del
d.lgs. n. 142 del 2015, in relazione all'art. 14, comma 6, del d.lgs.
n. 286 del 1998 e agli artt. 2, 3 e 4 del decreto-legge 17 febbraio
2017 n. 13 (Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti
in materia di protezione internazionale, nonche' per il contrasto
dell'immigrazione illegale), convertito, con modificazioni, nella
legge 13 aprile 2017, n. 46, nonche' in riferimento agli artt. 3, 13,
25 e 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli
artt. 3, 13 e 14 CEDU. Il ricorrente lamenta che il giudice di prime
cure ha rigettato la propria eccezione di incompetenza della corte
d'appello a favore della «Sezione specializzata del Tribunale» sulla
base di una motivazione del tutto apparente.
1.2.2.- Riferisce, poi, la Corte di cassazione che, con il terzo
motivo, e' stata denunciata la violazione dell'art. 6, comma 5-bis,
del d.lgs. n. 142 del 2015 in riferimento all'art. 14, comma 6, del
d.lgs. n. 286 del 1998 e agli artt. 2, 3 e 4 del d.l. n. 13 del 2017,
come convertito, nonche' in riferimento agli artt. 3, 13, 25 e 111 e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 3, 13 e
14 CEDU. Ad avviso del ricorrente, la Corte d'appello avrebbe deciso
con motivazione apparente sulla eccezione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, in
riferimento all'art. 25 Cost., dovendo il giudice naturale
precostituito identificarsi esclusivamente nelle sezioni
specializzate dei tribunali di cui all'art. 4, comma 3, del d.l. n.
13 del 2017, come convertito.
1.2.3.- Espone, ancora, il giudice a quo che con il quarto motivo
di ricorso e' stata denunciata la violazione dell'art. 6, comma 5,
del d.lgs. n. 142 del 2015, in riferimento all'art. 10, terzo comma,
Cost., e in relazione all'art. 19, commi 1 e 1.1., del d.lgs. n. 286
del 1998, all'art. 3 CEDU e all'art. 8, comma 3, del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (Attuazione della direttiva
2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli
Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status
di rifugiato) nonche' all'art. 2697 del codice civile. Secondo il
ricorrente, la Corte d'appello avrebbe motivato in modo apparente
sulla eccezione di illegittimita' dell'espulsione posta a base del
trattenimento, formulata alla luce dell'art. 19, commi 1 e 1.1., del
d.lgs. n. 286 del 1998 sul presupposto che, in caso di rimpatrio in
Algeria, egli avrebbe corso il rischio di essere processato per il
reato di espatrio senza autorizzazione amministrativa ai sensi
dell'art. 175-bis del codice penale algerino.
Lo stesso ricorrente - aggiunge l'ordinanza di rimessione - ha
dedotto di aver segnalato al giudice della convalida che in Algeria
vengono denunciati trattamenti inumani e degradanti nei confronti
delle persone private della liberta' personale ed e' prevista la pena
di morte, sicche' tale nazione non avrebbe dovuto essere designata
come un paese sicuro. Ha anche lamentato che la Corte d'appello
avrebbe motivato in modo apparente e contraddittorio in ordine alla
pericolosita' del ricorrente.
1.2.4.- Il Collegio rimettente riferisce, infine, che, con il
quinto motivo, e' stata denunciata la violazione dell'art. 6, comma
5, del d.lgs. n. 142 del 2015, in riferimento all'art. 10, terzo
comma, Cost., e in relazione all'art. 19, commi 1 e 1.1., del d.lgs.
n. 286 del 1998, all'art. 3 CEDU, all'art. 8, comma 3, del d.lgs. n.
25 del 2008 e all'art. 2697 cod. civ. Il ricorrente si duole della
motivazione apparente del provvedimento impugnato, la' dove non
considera che, nella memoria depositata in sede di convalida al fine
di dimostrare la non pretestuosita' della propria domanda di
protezione internazionale, egli aveva spiegato di essere stato
costretto ad espatriare dall'Algeria per sottrarsi alle aggressioni
dei familiari della donna con la quale intratteneva una relazione
sentimentale.
1.3.- Il giudice a quo segnala che nella data del 30 gennaio
2025, fissata per la decisione, il difensore del ricorrente ha
trasmesso a mezzo posta elettronica certificata una memoria con la
quale ha ribadito le doglianze illustrate nel ricorso, ha contestato
alcune delle affermazioni contenute nella sentenza della Corte di
cassazione, sezione prima penale, 24 gennaio 2025, n. 2967
(depositata in pari data), e ha svolto considerazioni in ordine
all'assimilazione del procedimento di convalida a quelli scaturenti
dall'emissione di un mandato di arresto europeo.
1.4.- Premessa, quindi, la ricostruzione del quadro normativo in
cui si inserisce la disciplina censurata, in punto di rilevanza, la
Corte di cassazione osserva che l'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286
del 1998, richiamato «dall'art. 5-bis [recte: art. 6, comma 5-bis]
d.lgs. n. 142 del 2015» contiene la disciplina processuale in base
alla quale deve essere deciso il ricorso di cui e' investita.
La Corte rimettente aggiunge che il rinvio operato dallo stesso
art. 14, comma 6, nei limiti della compatibilita', all'art. 22, comma
5-bis, della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare
il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio,
del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle
procedure di consegna tra Stati membri) impone che il giudizio di
cassazione sia definito entro il termine di sette giorni ivi
stabilito e che tale «sbarramento temporale» debba essere rispettato,
in ossequio all'art. 124, comma 1, cod. proc. pen. e al principio di
soggezione del giudice alla legge sancito dall'art. 101, secondo
comma, Cost.
La stessa rimettente rileva, pero', come la nuova disciplina
delinei il procedimento dinanzi alla Corte di cassazione in termini
«strutturalmente inidonei a garantire l'ordinato svolgimento del
contraddittorio». Quindi, in relazione a tale profilo, solleva dubbi
di illegittimita' costituzionale, motivandone la rilevanza in base
alla circostanza che, nella mattinata del 30 gennaio 2025, il
ricorrente ha depositato un'articolata memoria, elemento che «rende
evidente il tema del modo nel quale assicurare il contraddittorio».
1.5.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
osserva che la normativa processuale in scrutinio «presenta profili
di indeterminatezza delle scansioni nelle quali ospitare il
necessario contraddittorio delle parti», che sono conseguenza della
scelta di prevedere l'applicabilita' delle regole dettate per il
giudizio di cassazione in materia di mandato d'arresto europeo
consensuale. Tale disciplina - che e' radicalmente diversa da quella
dei procedimenti relativi all'esecuzione di mandati di arresto
europei non caratterizzati da profili di consensualita' -,
contemplando un termine per la decisione di sette giorni dalla
ricezione degli atti, renderebbe evidentemente inapplicabile il
modello processuale ordinario di cui all'art. 611 cod. proc. pen.,
«che presuppone una diversa articolazione temporale».
Ne', secondo la Corte di cassazione, la normativa in scrutinio si
presterebbe ad una interpretazione conforme in base alla quale il
giudice possa modulare il rito secondo cadenze processuali diverse,
posto che una ricostruzione siffatta si tradurrebbe in una
interpretatio abrogans del termine prescritto.
Allo stesso modo, sarebbe preclusa la possibilita' di consentire
la partecipazione di difensori ad una udienza fissata «in modo
pretorio».
Ne deriverebbe, secondo la Corte rimettente, che, in assenza di
qualsivoglia regolamentazione, «le parti possono trasmettere, in
qualunque momento, memorie senza che sia disciplinato il diritto
delle controparti di averne contezza (o di avere contezza del termine
entro il quale l'antagonista processuale e' chiamato a depositare i
propri scritti)».
1.6.- Richiamando, quindi, la giurisprudenza di questa Corte, il
giudice a quo rammenta come il contraddittorio, quale connotato
intrinseco del giudizio, costituisca una primaria e fondamentale
garanzia del giusto processo nel quale si attua la giurisdizione e si
realizza il diritto inviolabile di difesa.
Si argomenta che lo svolgimento del contraddittorio «postula
un'ordinata scansione dei momenti processuali all'interno della quale
le parti possano svolgere le loro difese, consentendo al giudice di
apprezzarle e di esprimersi su di esse in termini argomentati». Tale
esigenza ricorre soprattutto nei giudizi in cui manchino il consenso
o la rinuncia delle parti che «razionalmente giustificano
semplificazioni processuali».
La Corte di cassazione rileva, quindi, che e' pur vero che in
procedimenti come quello per la proroga dei termini di custodia
cautelare il legislatore non impone forme determinate, consentendo al
giudice di scegliere di volta in volta quelle piu' idonee ad
assicurare, in modo celere e semplificato, una effettiva dialettica
tra accusa e difesa.
Non di meno, un meccanismo processuale siffatto non potrebbe
trovare applicazione nel caso di specie, in cui viene in
considerazione un giudizio di legittimita' destinato a definire una
controversia che investe la conformita' a legge della limitazione
della liberta' personale per un periodo apprezzabile e involge una
pluralita' di questioni la cui soluzione richiede un «ordinato (dal
legislatore) svolgimento delle scansioni nelle quali le parti possono
interloquire».
Per converso, la disciplina che la Corte rimettente e' chiamata
ad applicare non indica «i modi, i tempi e i protagonisti di idonee
attivita' comunicative», ne' individua «i termini nei quali il
contraddittorio e' destinato ad articolarsi in modo congruo». Tali
lacune - osserva l'ordinanza di rimessione - rendono non
manifestamente infondato il dubbio «che venga rimesso al giudice il
potere - invece di competenza del legislatore - di determinare
attraverso un ragionevole bilanciamento delle esigenze di celerita' e
quelle di compiuto dispiegarsi del diritto di difesa delle parti,
pubbliche e private, interessate, le cadenze del processo».
Dovrebbe, al contrario, escludersi che il giudice possa
individuare adempimenti e termini la cui inosservanza comporti
sanzioni processuali non previste dal legislatore. Inoltre, la
regolamentazione giudiziale, caso per caso, del contraddittorio tra
le parti genererebbe incertezza, dando luogo ad una indebita
supplenza del potere giudiziario rispetto a determinazioni
necessariamente spettanti al legislatore.
1.7.- La Corte di cassazione precisa, poi, che, nel caso di
specie, non e' in discussione il principio secondo il quale il
legislatore gode di ampia discrezionalita' nella conformazione degli
istituti processuali, ma viene in rilievo la necessita' che lo stesso
legislatore delinei compiutamente i tratti del giudizio di
legittimita' nel rispetto del principio costituzionale di legalita'
processuale e del diritto di difesa.
1.8.- Tanto premesso, il giudice a quo ritiene che la disciplina
in scrutinio contrasti anzitutto con l'art. 111, primo e secondo
comma, Cost., alla stregua del quale le condizioni che garantiscono
il contraddittorio devono essere definite dalla legge. Infatti, la
«garanzia della disciplina legale», desumibile «per il tramite
dell'art. 117, primo comma, Cost., dall'art. 6, par. 2 [recte: par.
1], della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo»,
imporrebbe anche «la qualita' della fonte di regolazione che, nel
caso di specie, viene in rilievo non come chiarezza espositiva, ma
come completezza della disciplina che, sola, garantisce una
definizione prevedibile della sede del confronto processuale».
1.9.- Sarebbe, inoltre, violato l'art. 24 Cost., in quanto la
disciplina censurata inciderebbe «significativamente sul diritto
delle parti di conoscere le ragioni della controparte, soprattutto
quando vengano in gioco diritti fondamentali e in sede di giudizio di
legittimita', ultima istanza giurisdizionale».
Osserva, al riguardo, il Collegio rimettente che, non a caso,
l'art. 22, commi da 1 a 4, della legge n. 69 del 2005, per l'ipotesi
in cui manchi il consenso o la rinuncia dell'interessato, prevede un
modello processuale che, attraverso il richiamo all'art. 127 cod.
proc. pen., consente un ordinato svolgimento del contraddittorio
«adeguato al contrasto di posizioni delle parti».
1.10.- La normativa in scrutinio confliggerebbe, altresi', con il
principio di ragionevolezza, in quanto rinvia ad una disciplina che
sottende una scelta consensuale del destinatario della richiesta,
laddove il procedimento in esame e' caratterizzato da una «manifesta
contrapposizione degli interessi in gioco».
1.11.- Da ultimo, il giudice a quo ricorda come questa Corte
abbia chiarito che, una volta accertato un vulnus ad un principio
costituzionale, non osta all'esame nel merito della questione di
legittimita' costituzionale l'assenza di un'unica soluzione a "rime
obbligate" per ricondurre l'ordinamento al rispetto della
Costituzione, ancorche' si versi in materie riservate alla
discrezionalita' del legislatore (e' citata, tra le altre, la
sentenza n. 128 del 2024).
1.12.- Sulla scorta di tali premesse, la Corte di cassazione ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento
agli artt. 3, 24, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma,
Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6, paragrafo 1, CEDU,
dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, richiamato
dall'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015, «nella parte in
cui, rinviando alle disposizioni di cui all'art. 22, comma 5-bis,
quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69, prevede che la
Corte di cassazione giudichi in camera di consiglio sui motivi di
ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento
dei difensori, in tal modo affidando alla creazione dell'autorita'
giudiziaria l'individuazione delle scansioni processuali idonee a
realizzare il contraddittorio nel termine di sette giorni dalla
ricezione degli atti previsto per la decisione».
2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' o, in subordine, la
non fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale.
2.1.- L'interveniente rileva che la Corte di cassazione ha
sollevato le questioni «muovendo dal caso concreto», nel quale, poche
ore prima della camera di consiglio, il ricorrente aveva depositato
una memoria contenente note difensive, cosi' rendendo piu' complesso
definire il giudizio nel termine di sette giorni stabilito dalla
disposizione censurata e imponendo alla stessa rimettente di
individuare le scansioni processuali idonee a realizzare il
contraddittorio.
Secondo l'interveniente, il giudice a quo, nel valutare la
ritualita' della memoria depositata dal ricorrente nell'imminenza
della udienza camerale, avrebbe dovuto considerare che e' la stessa
disciplina in scrutinio ad escluderne l'ammissibilita', concentrando
eventualmente solo su tale profilo le censure di illegittimita'
costituzionale.
Lo stesso Collegio rimettente non avrebbe, inoltre, verificato
se, alla stregua della formulazione della disposizione in scrutinio,
il prescritto termine di definizione del giudizio abbia natura
soltanto ordinatoria e quindi possa essere derogato mediante
l'autorizzazione, nei casi in cui si renda necessario, del deposito
di note difensive.
La mancata valutazione «in punto di rilevanza» di tali profili si
tradurrebbe, ad avviso della difesa statale, nell'inammissibilita'
delle questioni sollevate.
2.2.- Nel merito, l'Avvocatura generale dello Stato argomenta la
non fondatezza delle questioni evidenziando come il modello di
contraddittorio adottato dalla previsione censurata sia del tutto
coerente con l'art. 111 Cost. Il contraddittorio puo' realizzarsi
anche attraverso la sottoposizione al giudice di «un atto con il
quale sono contestate le conclusioni adottate con un provvedimento e
le argomentazioni svolte da altre parti». Secondo l'interveniente, la
configurazione del giudizio in scrutinio, caratterizzata dalla
mancata previsione dello scambio di memorie in aggiunta agli atti
difensivi, sarebbe, inoltre, coerente con la scelta legislativa di
limitare i motivi di ricorso a quelli di cui alle lettere a), b) e c)
del comma 1 dell'art. 606 cod. proc. pen.
D'altronde, la concentrazione del procedimento in scrutinio si
giustifica in ragione del «valore in gioco», avendo lo stesso ad
oggetto un provvedimento restrittivo della liberta' personale.
In ogni caso, aggiunge l'interveniente, se la Corte rimettente
ritenesse necessario, in ipotesi specifiche, consentire il deposito
di note difensive, ben potrebbe autorizzarle derogando «ad un termine
che e', per l'appunto, ordinatorio».
Un termine avente tale natura, conclude la difesa statale, non
comporta conseguenze sul piano processuale, ne' extraprocessuali,
come e' reso evidente dalla previsione di cui all'art. 2, comma 1,
lettera q), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, recante
«Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle
relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilita',
nonche' modifica della disciplina in tema di incompatibilita',
dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a
norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della legge 25 luglio
2005, n. 150», il quale sanziona il reiterato, grave e ingiustificato
ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle
funzioni.
Nel caso considerato, il superamento del termine non si porrebbe
in contrasto neanche con l'art. 124 cod. proc. pen., in quanto non
risulterebbe ingiustificato, ma motivato dalla necessita' di
consentire il deposito di ulteriori note difensive.
3.- L'Unione camere penali italiane (UCPI) ha presentato
un'opinione scritta quale amicus curiae - ammessa con decreto
presidenziale del 6 marzo 2025 -, argomentando in senso adesivo alle
censure del giudice a quo.
L'UCPI rileva come le modifiche apportate dal d.l. n. 145 del
2024, come convertito, perseguano finalita' di semplificazione e di
celerita' riducendo drasticamente sia il termine per impugnare sia
quello destinato alla trattazione e alla decisione. Cio', attraverso
un modello processuale - mutuato dal procedimento di esecuzione del
mandato di arresto europeo consensuale - del tutto eterogeneo
rispetto a quello del giudizio avente ad oggetto il controllo di
legittimita' sulle decisioni di convalida del trattenimento
amministrativo dello straniero presso i centri di permanenza per i
rimpatri, in quanto inteso essenzialmente a verificare l'effettiva e
valida prestazione del consenso o della rinuncia della persona di cui
e' richiesta la consegna.
Lamenta l'amicus curiae che l'opzione del legislatore di
estendere al giudizio in questione il modello atipico e residuale del
procedimento in materia di mandato di arresto europeo consensuale sia
irragionevole.
Conclude, quindi, indicando come paradigmi procedimentali utili a
porre rimedio ai prospettati vulnera costituzionali il processo per
cassazione in materia di estradizione ai sensi dell'art. 706 cod.
proc. pen. e quello relativo alle misure cautelari ex art. 311 cod.
proc. pen.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 31 gennaio 2025 (iscritta al reg. ord. n.
29 del 2025), la Corte di cassazione, sezione prima penale, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 111, primo e secondo
comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art.
6, paragrafo 1, CEDU, questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, come modificato
dall'art. 18-bis, comma 1, lettera b), numero 2), del d.l. n. 145 del
2024, come convertito, richiamato dall'art. 6, comma 5-bis, del
d.lgs. n. 142 del 2015, come introdotto dall'art. 18, comma 1,
lettera a), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito.
Ai sensi dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998,
contro i decreti di convalida e di proroga del trattenimento della
persona straniera presso un centro di permanenza per i rimpatri «e'
proponibile ricorso per cassazione, entro cinque giorni dalla
comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del
comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale. Il relativo
ricorso non sospende l'esecuzione della misura. Si osservano, in
quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 22, comma 5-bis,
secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69».
L'art. 6, comma 5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015 dispone, poi,
che contro i provvedimenti di convalida o di proroga del
trattenimento della persona straniera richiedente protezione
internazionale «e' ammesso ricorso per cassazione ai sensi
dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286».
1.1.- Ad avviso della Corte rimettente, il richiamato art. 14,
comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, «nella parte in cui, rinviando
alle disposizioni di cui all'art. 22, comma 5-bis, quarto periodo,
della legge 22 aprile 2005, n. 69, prevede che la Corte di cassazione
giudichi in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle
richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori, in
tal modo affidando alla creazione dell'autorita' giudiziaria
l'individuazione delle scansioni processuali idonee a realizzare il
contraddittorio nel termine di sette giorni dalla ricezione degli
atti previsto per la decisione», violerebbe, anzitutto, l'art. 111,
primo e secondo comma, Cost., in quanto, non disciplinando le
scansioni fondamentali del procedimento, contrasterebbe con il
principio del giusto processo, alla stregua del quale le condizioni
che garantiscono il contraddittorio e la parita' delle parti devono
essere definite dalla legge «in termini di prevedibile certezza». Ad
avviso del giudice a quo, la disciplina censurata, prevedendo per la
decisione il termine di sette giorni dalla ricezione degli atti,
renderebbe evidentemente inapplicabile il modello processuale
ordinario di cui all'art. 611 cod. proc. pen., «che presuppone una
diversa articolazione temporale», senza determinare «le scansioni
nelle quali ospitare il necessario contraddittorio delle parti».
1.2.- Sarebbe, inoltre, violato l'art. 117, primo comma, Cost.,
in relazione all'art. 6, paragrafo 1, CEDU, giacche' la disciplina
processuale dettata dalla disposizione in scrutinio sarebbe
incompleta e non garantirebbe «una definizione prevedibile della sede
del confronto processuale».
1.3.- Secondo il giudice a quo, la normativa censurata
contrasterebbe anche con l'art. 24 Cost., in quanto inciderebbe
«significativamente sul diritto delle parti di conoscere le ragioni
della controparte», tanto piu' che nella specie vengono in gioco
diritti fondamentali, e la sede e' quella del giudizio di
legittimita', ultima istanza giurisdizionale.
1.4.- Sarebbe, infine, leso il principio di ragionevolezza di cui
all'art. 3 Cost., in quanto la normativa censurata estenderebbe una
disciplina «costruita sul presupposto di una scelta consensuale» -
quale e' quella del processo relativo al mandato d'arresto europeo in
caso di consenso della persona di cui e' richiesta la consegna - ad
un giudizio, come quello in esame, caratterizzato da una «manifesta
contrapposizione degli interessi in gioco». In proposito, osserva il
giudice a quo che «pur nel quadro di procedure particolarmente
celeri, il legislatore, all'art. 22, commi da 1 a 4, della citata l.
n. 69 del 2005, delinea, per il caso di procedura contrassegnata
dall'assenza del consenso o della rinuncia cui fa riferimento l'art.
14, comma 1, della stessa l. n. 69 del 2005, un modello che,
attraverso il richiamo all'art. 127 cod. proc. pen. consente un
ordinario svolgimento del contraddittorio attraverso il riferimento
ad un procedimento adeguato al contrasto di posizioni delle parti».
2.- In via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni di
inammissibilita' per difetto di rilevanza formulate dal Presidente
del Consiglio dei ministri.
2.1.- Secondo l'interveniente, il giudice a quo avrebbe omesso di
«valutare preventivamente» l'ammissibilita' della memoria depositata
dal ricorrente nell'imminenza della camera di consiglio alla luce
della normativa censurata, la quale, limitando l'attivita' difensiva
esercitabile nel giudizio in esame al ricorso e alle richieste del
procuratore generale, esclude la possibilita' di produrre note
illustrative.
In ogni caso, la Corte rimettente non avrebbe verificato se, alla
stregua della formulazione della disposizione censurata, il termine
di sette giorni previsto per la definizione del giudizio abbia natura
soltanto ordinatoria e, quindi, possa essere derogato mediante
l'autorizzazione, nei casi in cui si renda necessario, del deposito
di memorie.
2.2.- Le eccezioni non sono fondate.
2.2.1.- Contrariamente a quanto sostenuto dall'interveniente, il
giudice a quo, da un lato, ha rilevato che nella procedura regolata
dalla disciplina in scrutinio manca un momento in cui le parti
possono svolgere le loro difese in contraddittorio; dall'altro lato,
ha osservato che una ricostruzione ermeneutica che, al fine di porre
rimedio alla denunciata inidoneita' strutturale del procedimento,
accordasse al giudice il potere di modulare il rito secondo cadenze
diverse da quelle espressamente stabilite condurrebbe ad una
interpretatio abrogans della previsione che impone di definire il
giudizio entro il termine di sette giorni.
Il Collegio rimettente ha, dunque, scartato la praticabilita' di
un'alternativa ermeneutica idonea a superare i prospettati dubbi di
illegittimita' costituzionale, ritenendo che a tale soluzione osti la
«precisa scelta normativa» alla base della disciplina in scrutinio,
la quale costituirebbe «una barriera insuperabile per l'attivita'
interpretativa».
3.- Tanto premesso, all'esame del merito delle questioni di
legittimita' costituzionale e' utile premettere la ricostruzione,
anche in senso diacronico, del quadro normativo e giurisprudenziale
in cui si inserisce la disposizione oggetto di censura.
3.1.- La misura del trattenimento della persona straniera e il
correlato procedimento di convalida e di proroga sono stati
introdotti dalla legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), il cui
art. 12, al comma 1, ne consentiva l'adozione, ad opera del questore,
nei confronti dello straniero irregolare rispetto al quale non fosse
possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante
accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento.
Lo stesso art. 12, al comma 3, imponeva al questore la
trasmissione degli atti al pretore, senza ritardo e comunque entro le
quarantotto ore dall'adozione del provvedimento, precisando, al comma
4, che il medesimo pretore, ove avesse ritenuto sussistenti i
presupposti della misura coercitiva, avrebbe dovuto convalidare il
trattenimento «nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del
Codice di procedura civile, sentito l'interessato».
Infine, il comma 6 sanciva espressamente la proponibilita' del
ricorso per cassazione avverso i decreti di convalida e di proroga
del trattenimento, precisando che detta impugnazione non sospendeva
l'esecuzione della misura.
3.2.- L'art. 12 e' poi confluito nell'art. 14 del d.lgs. n. 286
del 1998, il quale, nella parte in cui disciplina il procedimento di
convalida in prima istanza, e' stato oggetto di diversi interventi
modificativi che hanno investito sia la competenza - attribuita
dapprima al tribunale in composizione monocratica dall'art. 28, comma
1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in
materia di immigrazione e di asilo) e poi al giudice di pace
dall'art. 1, comma 4, del decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241
(Disposizioni urgenti in materia di immigrazione), convertito, con
modificazioni, nella legge 12 novembre 2004, n. 271 - sia l'iter
procedurale.
3.3.- A differenza della disciplina del giudizio di convalida, le
previsioni sul processo di cassazione sui decreti di convalida e di
proroga del trattenimento dettate dal comma 6 dell'art. 14 sono
rimaste a lungo immutate.
3.4.- Per quanto concerne, invece, il trattenimento dello
straniero richiedente protezione internazionale, un'apposita
disciplina del procedimento di convalida e' stata introdotta
dall'art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015, il quale, nella formulazione
originaria, al comma 5, stabiliva che al provvedimento con il quale
il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento,
adottato per iscritto, corredato da motivazione e comunicato al
richiedente, si applicasse, «per quanto compatibile», l'art. 14 del
d.lgs. n. 286 del 1998.
L'art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015 precisava,
altresi', che «[q]uando il trattenimento e' gia' in corso al momento
della presentazione della domanda, i termini previsti dall'articolo
14, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si
sospendono e il questore trasmette gli atti al tribunale in
composizione monocratica per la convalida del trattenimento per un
periodo massimo di ulteriori sessanta giorni, per consentire
l'espletamento della procedura di esame della domanda».
3.4.1.- Successivamente, l'art. 8, comma 1, lettera b), numeri 2)
e 3), del d.l. n. 13 del 2017, come convertito, ha attribuito la
competenza sulla convalida al tribunale sede della sezione
specializzata in materia di immigrazione protezione internazionale e
libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea competente alla
convalida.
3.5.- Nel contesto normativo sin qui ricostruito, il giudizio di
cassazione avente ad oggetto i decreti di convalida e di proroga del
trattenimento dello straniero espulso o richiedente protezione
internazionale e' stato celebrato, fino alla entrata in vigore della
disposizione censurata, nelle forme di cui agli artt. 360 e seguenti
del codice di procedura civile.
L'opzione e' stata in favore del rito civile in ragione della
natura delle situazioni giuridiche soggettive incise dal
trattenimento, giacche', come confermato dalla relazione del Governo
illustrativa del disegno di legge n. 3240 del 19 febbraio 1997, dal
quale ha avuto origine la legge n. 40 del 1998 - il cui art. 12, come
ricordato, e' confluito nell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998 -,
«[t]rattandosi di misure amministrative, di per se' estranee al
fatto-reato, suscettibili nondimeno di intaccare anche posizioni
soggettive che la Costituzione tutela in modo particolare, si e'
ritenuto di attribuire la competenza al pretore civile, con un
procedimento rapidissimo, destinato ad esaurirsi in quindici giorni,
salvo ulteriore ricorso per Cassazione e senza escludere eventuali
provvedimenti cautelari (la cosiddetta "sospensiva"). La scelta a
favore del giudice ordinario civile, quale autorita' giurisdizionale
competente a decidere sul ricorso contro l'espulsione, oltre che
della legittimita' della misura di cui all'articolo 12, risponde a
criteri funzionali e sistematici».
3.5.1.- La giurisprudenza di legittimita' ha piu' volte affermato
l'esperibilita' del ricorso per cassazione per ciascuno dei vizi
indicati dall'art. 360 cod. proc. civ., ivi compreso l'omesso esame
di un fatto decisivo per il giudizio che e' stato oggetto di
discussione tra le parti ai sensi dell'art. 360, primo comma, numero
5), cod. proc. civ. (ex aliis, Corte di cassazione, sezione prima
civile, ordinanza 31 ottobre 2023, n. 30178).
La Corte di cassazione ha anche chiarito che il trattenimento ha
natura cautelare e il sindacato giurisdizionale su di esso non e'
idoneo alla formazione del giudicato, tanto che il ricorso per
cassazione ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. e' esperibile
non in ragione della natura decisoria del provvedimento di convalida,
ma perche' si e' al cospetto di un atto che incide sulla liberta'
personale (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 15
febbraio 2025, n. 3843; ordinanze 14 settembre 2021, n. 24721 e 23
ottobre 2019, n. 27076).
La giurisprudenza di legittimita' ha, inoltre, evidenziato che -
in conformita' all'art. 15, paragrafo 4, della direttiva 2008/115/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio
di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare, nonche'
ai principi espressi dalla Corte di giustizia dell'Unione europea,
prima sezione, sentenza 28 aprile 2011, causa C-61/11, Hassen El
Dridi, alias Soufi Karim - e' sempre consentita «una domanda
giudiziale di riesame del trattenimento dello straniero» (Corte di
cassazione, sezione prima civile, sentenza 29 settembre 2017, n.
22932).
Tale domanda - ha precisato la Corte di cassazione - va
introdotta, in mancanza di apposita disciplina normativa al riguardo,
nelle forme del procedimento camerale ex art. 737 cod. proc. civ.,
«sicche' per il principio della concentrazione delle tutele la
competenza deve essere riferita al giudice della convalida e delle
proroghe» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 3
febbraio 2021, n. 2457) e, dunque, al giudice di pace, per quanto
concerne il trattenimento dello straniero in via di espulsione o di
rimpatrio (Cass., n. 22932 del 2017) e al tribunale, per quanto
riguarda il trattenimento dello straniero richiedente protezione
internazionale (Cass., n. 2457 del 2021).
Ne', infine, «e' configurabile alcuna efficacia preclusiva al
riesame per effetto della mancata impugnazione della convalida
dell'iniziale trattenimento» (ancora, Cass., n. 2457 del 2021) o del
precedente rigetto di analoga istanza, poiche' detta misura
restrittiva, avendo natura cautelare, e' in ogni tempo revocabile e
modificabile (Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 6
ottobre 2022, n. 29152).
3.6.- Il quadro normativo sin qui ricomposto e' stato
significativamente modificato dagli artt. 16, 18 e 18-bis del d.l. n.
145 del 2024, come convertito.
L'intervento riformatore ha riguardato, in particolare, la
competenza per il procedimento di convalida e di proroga del
trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale
disciplinato dall'art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015 e la
configurazione del giudizio di cassazione sulla convalida di entrambe
le figure di trattenimento, concernenti, rispettivamente, lo
straniero irregolare espulso (art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998) e
lo straniero richiedente protezione internazionale (art. 6 del d.lgs.
n. 142 del 2015).
3.6.1.- Quanto al primo dei suindicati profili, l'art. 16, comma
1, lettera b), del d.l. n. 145 del 2024, come convertito, ha inserito
nel d.l. n. 13 del 2017, come convertito, l'art. 5-bis, ai sensi del
quale la competenza a decidere sulla convalida o sulla proroga del
trattenimento e' attribuita alla corte d'appello di cui all'art. 5,
comma 2, della legge n. 69 del 2005 - e, dunque, a quella, competente
a dare esecuzione al mandato d'arresto europeo, «nel cui distretto
l'imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il domicilio
nel momento in cui il provvedimento e' ricevuto dall'autorita'
giudiziaria» -, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato
il provvedimento oggetto di convalida. E' anche previsto che la corte
d'appello giudichi in composizione monocratica.
3.6.2.- Per quanto concerne il giudizio di legittimita', l'art.
18-bis dello stesso d.l. n. 145 del 2024, come convertito, al comma
1, lettera b), numeri 1) e 2), ha, invece, riscritto l'art. 14, comma
6, del d.lgs. n. 286 del 1998, avente ad oggetto la disciplina del
processo di cassazione avverso i decreti di convalida e di proroga
del trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza per i
rimpatri quando non e' possibile eseguire con immediatezza
l'espulsione o il respingimento.
Il nuovo comma 6 dell'art. 14 dispone che «[c]ontro i decreti di
convalida e di proroga di cui al comma 5 e' proponibile ricorso per
cassazione, entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per i
motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 606
del codice di procedura penale. Il relativo ricorso non sospende
l'esecuzione della misura. Si osservano, in quanto compatibili, le
disposizioni dell'articolo 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo,
della legge 22 aprile 2005, n. 69».
3.6.3.- Allo stesso tempo, l'art. 18, comma 1, lettera a), numero
2), del medesimo d.l. n. 145 del 2024, come convertito, ha modificato
l'art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015, recante la disciplina del
trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale,
inserendovi il comma 5-bis, ai sensi del quale, contro i
provvedimenti di convalida del trattenimento (di cui al comma 5 dello
stesso articolo), «e' ammesso ricorso per cassazione ai sensi
dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286».
Per effetto di tale raccordo, il citato art. 14, comma 6, e'
stato espressamente indicato come la fonte di disciplina del giudizio
di cassazione sulla convalida per entrambe le forme di trattenimento,
cioe', sia per quello disciplinato dall'art. 14 del d.lgs. n. 286 del
1998, riguardante lo straniero in condizione di irregolarita', sia
per quello regolato dall'art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015,
concernente la persona straniera richiedente protezione
internazionale.
3.7.- Il nuovo testo dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del
1998, risultante dalle interpolazioni operate dall'art. 18-bis del
d.l. n. 145 del 2024, come convertito, delinea un processo
decisamente differente rispetto a quello, riconducibile al paradigma
civilistico di cui agli artt. 360 e seguenti cod., proc. civ., che
aveva trovato applicazione sin dalla sua introduzione, ad opera
dell'art. 12 della legge n. 40 del 1998, poi confluito nello stesso
art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998.
Le differenze riguardano, anzitutto, le forme del processo, che
la novella individua in quelle del giudizio penale, come e' reso
evidente dall'incipit del primo periodo del riformato comma 6
dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, a mente del quale contro i
decreti di convalida e di proroga del trattenimento il ricorso per
cassazione e' proponibile «entro cinque giorni dalla comunicazione,
solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1
dell'articolo 606 del codice di procedura penale».
3.7.1.- Secondo la nuova disciplina, in sede di legittimita', i
decreti di convalida sono, dunque, censurabili, oltre che per
denunciare l'esercizio, da parte del giudice, «di una potesta'
riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero
non consentita ai pubblici poteri», per l'inosservanza o erronea
applicazione «della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui
si deve tener conto nell'applicazione della legge penale» e per
l'inosservanza «delle norme processuali stabilite a pena di nullita',
di inutilizzabilita', di inammissibilita' o di decadenza». Spettera'
alla giurisprudenza di legittimita' verificare se la violazione della
legge che regola il trattenimento possa essere fatta valere con
autonomo motivo di ricorso, anche alla luce dell'art. 111, settimo
comma, Cost.
Peraltro, le prime pronunce di legittimita' che hanno fatto
applicazione del nuovo rito hanno affermato che l'art. 111, settimo
comma, Cost. garantisce in ogni caso la possibilita' di ricorrere
contro i provvedimenti restrittivi della liberta' personale «per
violazione di legge»: nozione nella quale «va ricompresa la
motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento [...]
intesa quest'ultima come motivazione "del tutto priva dei requisiti
minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a
rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice di merito
[...]"» (Cass., n. 2967 del 2025; in senso conforme Corte di
cassazione, sezione prima penale, ordinanza 7 marzo 2025, n. 9556,
depositata in pari data).
3.7.2.- L'intervento riformatore di cui al d.l. n. 145 del 2024,
come convertito, ha modificato anche lo svolgimento del processo di
legittimita' in materia di trattenimento, configurandolo ad exemplum
del procedimento per cassazione avente ad oggetto il mandato
d'arresto europeo consensuale.
Il terzo periodo dell'art. 14, comma 6, stabilisce, infatti, che
«[s]i osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo
22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile
2005, n. 69».
Quest'ultimo articolo, nel primo periodo, reca la seguente
previsione: «[c]ontro l'ordinanza di cui all'articolo 14, comma 5, la
persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale
presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione,
entro tre giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza, solo per i
motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c)
del comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale».
Analogo regime, ma con un termine per ricorrere di cinque giorni,
e' previsto nel comma 1 dello stesso art. 22 della legge n. 69 del
2005 per la procedura ordinaria, nella quale, cioe', non vi sia stato
il consenso della persona richiesta in consegna.
Nella fase introduttiva, il nuovo giudizio di legittimita' in
materia di trattenimento dello straniero si ispira a quello relativo
al mandato d'arresto europeo ordinario e, quanto al termine di
definizione, all'ipotesi speciale, in cui e' espresso il consenso
della persona richiesta in consegna piuttosto che a quella ordinaria,
in cui tale consenso non e' prestato.
Per quanto riguarda, quindi, la trattazione e la decisione, trova
applicazione, sia pure nei limiti della compatibilita', la disciplina
del giudizio di cassazione sul mandato d'arresto europeo e
segnatamente di quello consensuale prevista dall'art. 22, comma
5-bis, della legge n. 69 del 2005, limitatamente al secondo e quarto
periodo, i quali, rispettivamente, dispongono che «[i]l ricorso e'
presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il
provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di cassazione, con
precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno
successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del
procedimento» e che «[l]a Corte, nel termine di sette giorni dalla
ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio sui motivi di
ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento
dei difensori e deposita la decisione con la contestuale motivazione
a conclusione dell'udienza, provvedendo altresi', fuori dei casi di
cui al comma 6, agli adempimenti indicati al comma 5».
3.7.2.1.- La disciplina del mandato d'arresto europeo dettata
dalla legge n. 69 del 2005 da' attuazione alla decisione quadro
2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato
d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, la
cui finalita' era quella di introdurre un meccanismo che - a
differenza dell'estradizione, implicante un duplice controllo
politico e giurisdizionale - consentisse una piu' agevole esecuzione
delle decisioni giudiziarie sulla base del principio del mutuo
riconoscimento.
3.7.2.2.- Detta disciplina del mandato di arresto europeo e'
stata significativamente modificata dal decreto legislativo 2
febbraio 2021, n. 10 (Disposizioni per il compiuto adeguamento della
normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro
2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure
di consegna tra stati membri, in attuazione delle delega di cui
all'articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, n. 117).
Tale riforma e' intervenuta, tra l'altro, sui motivi di rifiuto,
eliminando le cause ostative estranee al testo della decisione quadro
e riclassificando, in base al carattere facoltativo o obbligatorio,
quelle residue.
Alla riduzione dell'oggetto della verifica giudiziale e'
conseguita una ulteriore accelerazione e semplificazione delle
scansioni processuali del rito in questione.
Per quanto riguarda, in particolare, il giudizio di legittimita',
e' stato, anzitutto, ridotto da dieci a cinque giorni il termine per
impugnare ed e' stata eliminata la cognizione nel merito della Corte
di cassazione prevista dalla disciplina anteriore.
Lo stesso d.lgs. n. 10 del 2021, all'art. 18, ha, poi, limitato i
motivi deducibili con il ricorso per cassazione a quelli di cui alle
lettere a), b) e c) del comma 1 dell'art. 606 cod. proc. pen.,
prevedendo, altresi', che l'impugnazione deve essere depositata
presso la cancelleria della corte d'appello che ha emesso il
provvedimento. Quest'ultima, a sua volta, deve trasmettere gli atti
entro il giorno successivo e con precedenza su ogni altro affare.
Nell'ottica dell'accelerazione, l'art. 18 del citato d.lgs. n. 10
del 2021, nel modificare i commi 3 e 4 dell'art. 22 della legge n. 69
del 2005, ha anche disposto che il giudizio di legittimita' si svolga
nelle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen. e si concluda entro
dieci giorni dalla ricezione degli atti con il deposito contestuale
della motivazione a conclusione dell'udienza oppure, ove non risulti
possibile, non oltre il secondo giorno dalla pronuncia.
3.7.3.- Nel contesto di questo procedimento e' poi prevista
un'ipotesi speciale nel caso in cui la persona acconsenta alla
consegna. In tale evenienza per il giudizio di cassazione trova
applicazione il comma 5-bis dell'art. 22 della legge n. 69 del 2005 -
introdotto dall'art. 18, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 10 del
2021 -, secondo cui «[c]ontro l'ordinanza di cui all'articolo 14,
comma 5, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore
generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per
cassazione, entro tre giorni dalla conoscenza legale dell'ordinanza,
solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a),
b) e c) del comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale.
Il ricorso e' presentato nella cancelleria della corte di appello che
ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di
cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque
entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e
agli atti del procedimento. La presentazione del ricorso sospende
l'esecuzione della ordinanza di cui all'articolo 14, comma 4. La
Corte, nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti,
giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle
richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori e
deposita la decisione con la contestuale motivazione a conclusione
dell'udienza, provvedendo altresi', fuori dei casi di cui al comma 6,
agli adempimenti indicati al comma 5».
3.7.4.- La particolare celerita' dei giudizi in materia di
mandato di arresto europeo, sia ordinario sia consensuale, rinviene
la sua giustificazione nella ristrettezza dei termini di definizione
delle procedure di consegna fissati dall'art. 22-bis della legge n.
69 del 2005, il quale, al comma 1, prevede che «[s]e la decisione
definitiva sulla richiesta di consegna, in assenza di consenso, non
interviene nei sessanta giorni successivi all'esecuzione della misura
cautelare o all'arresto della persona ricercata o alla deliberazione
di non applicare alcuna misura, la corte davanti alla quale pende il
procedimento informa immediatamente del ritardo e delle ragioni che
vi hanno dato causa il Ministro della giustizia, affinche' ne sia
data comunicazione all'autorita' giudiziaria richiedente. Agli stessi
fini, in presenza di consenso alla consegna, la corte di appello
informa il Ministro della giustizia dei motivi che hanno impedito
l'adozione della decisione nel termine di dieci giorni dalla data in
cui il consenso e' stato espresso».
La citata disposizione ha dato attuazione alla decisione quadro
2002/584/GAI e, segnatamente, alle indicazioni contenute all'art. 17,
il quale, al paragrafo 1, prevede che il mandato d'arresto deve
essere trattato ed eseguito con la massima urgenza, al paragrafo 2
stabilisce che, nei casi in cui il ricercato acconsente alla propria
consegna, la decisione definitiva sull'esecuzione del mandato
d'arresto europeo «dovrebbe essere presa entro 10 giorni dalla
comunicazione del consenso» e, al paragrafo 3, dispone che, «[n]egli
altri casi, la decisione definitiva sull'esecuzione del mandato
d'arresto europeo dovrebbe essere presa entro 60 giorni dall'arresto
del ricercato».
In definitiva, le strette cadenze temporali del rito in materia
di mandato d'arresto europeo rispondono, al contempo, all'esigenza di
concludere l'intera procedura di consegna nel rispetto degli
stringenti termini fissati dalla decisione quadro 2002/584/GAI e
ribaditi dall'art. 22-bis della legge n. 69 del 2005 e alla
necessita' di pervenire rapidamente ad una decisione definitiva che
incide sullo status libertatis della persona interessata (Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 22 novembre 2005-13
dicembre 2005, n. 45254).
4.- Tutto cio' premesso, le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 6, richiamato dall'art. 6, comma
5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015, nella parte in cui «rinviando alle
disposizioni di cui all'art. 22, comma 5-bis, quarto periodo, della
legge 22 aprile 2005, n. 69, prevede che la Corte di cassazione
giudichi in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle
richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori»,
sono fondate in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., restando
assorbite le restanti censure.
4.1.- Secondo una ricorrente affermazione di questa Corte, il
legislatore dispone di un'ampia discrezionalita' nella conformazione
degli istituti processuali - anche rispetto a norme orientate alla
riduzione della durata dei giudizi (sentenza n. 96 del 2024) -,
incontrando il solo limite della manifesta irragionevolezza o
arbitrarieta' delle scelte compiute (sentenze n. 36 del 2025, n. 189
e n. 96 del 2024, n. 67 del 2023).
Nella materia processuale, quindi, il metro del giudizio di
ragionevolezza deve essere particolarmente rispettoso della
discrezionalita' legislativa, in quanto la disciplina del processo e'
«frutto di delicati bilanciamenti tra principi e interessi in
naturale conflitto reciproco, sicche' ogni intervento correttivo su
una singola disposizione, volto ad assicurare una piu' ampia tutela a
uno di tali principi o interessi, rischia di alterare gli equilibri
complessivi del sistema» (sentenza n. 230 del 2022).
Ed e' innegabile che la scelta legislativa di rimodulare forme e
tempi del giudizio di legittimita' sul trattenimento dello straniero
risponda ad opzioni assiologiche di significativa complessita',
essendo il legislatore chiamato a compiere una ponderazione tra
l'esigenza di assicurare la sollecita definizione di un giudizio
sulla liberta' della persona e la necessita' che il processo si
dipani secondo cadenze temporali idonee a garantire un compiuto
confronto tra le parti.
4.2.- Questa Corte ha, tuttavia, precisato che il superamento del
limite al sindacato della discrezionalita' del legislatore in materia
processuale e' senz'altro ravvisabile quando emerga
un'ingiustificabile compressione del diritto di difesa e del
contraddittorio, quale «momento fondamentale del giudizio» e «cardine
della ricerca dialettica della verita' processuale, condotta dal
giudice con la collaborazione delle parti, volta alla pronuncia di
una decisione che sia il piu' possibile "giusta"» (sentenza n. 96 del
2024).
Il contraddittorio costituisce una primaria e fondamentale
garanzia del giusto processo e soddisfa la «necessita' che tanto
l'attore, quanto il contraddittore, partecipino o siano messi in
condizione di partecipare al procedimento», anche se «al legislatore
e' consentito di differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo
alla particolarita' del rapporto da regolare» (sentenza n. 73 del
2022).
4.3.- Tanto premesso, la normativa in scrutinio sconfina nella
manifesta irragionevolezza, in quanto, come evidenziato dalla Corte
rimettente, introduce un modello processuale strutturalmente inidoneo
ad assicurare il confronto dialettico tra le parti.
Alla stregua della disciplina risultante dall'integrazione del
terzo periodo del novellato comma 6 dell'art. 14 del d.lgs. n. 286
del 1998 e del quarto periodo dell'art. 22, comma 5-bis, della legge
n. 69 del 2005, il giudizio di legittimita' sulla convalida del
trattenimento si articola nelle seguenti scansioni: il ricorso per
cassazione e' presentato nella cancelleria della corte d'appello che
ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di
cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque
entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e
agli atti del procedimento; quindi, la Corte di cassazione, nel
termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera
di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore
generale senza intervento delle parti e deposita la decisione con la
contestuale motivazione a conclusione dell'udienza.
Secondo il nuovo rito, la Corte di cassazione decide, dunque,
esclusivamente sulla base del ricorso e delle conclusioni del
procuratore generale, senza che all'instaurazione del processo segua
un momento di confronto, scritto o orale, tra le parti.
Infatti, per un verso, e' espressamente esclusa la partecipazione
all'udienza camerale del difensore e del pubblico ministero, che non
possono chiedere di essere sentiti; per altro verso, non e'
contemplato il deposito di memorie, attraverso le quali ciascuna
parte possa replicare alle deduzioni avversarie. Ne', infine, e'
riconosciuto al presidente di sezione il potere di assegnare,
all'atto della fissazione dell'udienza camerale, un termine per il
deposito di deduzioni scritte.
Le ricadute applicative di tale disciplina mostrano con
particolare evidenza come l'iter procedurale dalla stessa delineato
comprima ingiustificabilmente il diritto di difesa e al
contraddittorio.
Infatti, nel caso in cui sia la persona trattenuta ad impugnare
il decreto di convalida,
alla stessa e' precluso replicare alle richieste della procura
generale presso la Corte di cassazione non essendo, appunto, previsto
il deposito di memorie. Neppure e' prevista alcuna memoria per
l'Amministrazione che ha adottato il provvedimento di trattenimento.
4.4.- L'inidoneita' del modello processuale in scrutinio ad
assicurare alle parti «un nucleo minimo di contraddittorio e di
difesa» (sentenza 341 del 2006) trova fondamento nella eterogeneita',
oggettiva e funzionale, tra il giudizio in materia di mandato
d'arresto europeo consensuale, per il quale detta procedura e' stata
concepita, e il giudizio concernente la convalida del trattenimento
dello straniero, al quale la stessa procedura e' stata estesa.
Come gia' evidenziato, la particolare concentrazione del rito in
materia di mandato d'arresto europeo nell'ipotesi speciale in cui
risulti il consenso della persona richiesta in consegna, in termini
piu' ristretti rispetto all'ipotesi ordinaria in cui tale consenso
non e' stato espresso si giustifica non solo in ragione della
garanzia dell'habeas corpus - ravvisabile anche nella fattispecie in
scrutinio - e della necessita' di concludere l'intera procedura di
consegna nel rispetto dei rigidi limiti temporali imposti dalla
decisione quadro 2002/584/GAI e ribaditi dall'art. 22-bis della legge
n. 69 del 2005, ma anche per la limitatezza del thema decidendum.
Infatti, per effetto del consenso alla consegna prestato
dall'interessato, la cognizione e' limitata al controllo della
legalita' complessiva del procedimento, della validita' della
manifestazione del consenso, dell'insussistenza di motivi di rifiuto
alla consegna, nonche' della eventuale priorita' di altri mandati di
arresto europeo (Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza
3-10 dicembre 2015, n. 48943).
Per converso, non solo al giudizio di legittimita' sulla
convalida del trattenimento e' connaturale la contestazione del
potere amministrativo che ne forma oggetto e, quindi, la
contrapposizione tra le parti - oltre che il coinvolgimento di
diritti inviolabili di rango costituzionale -, ma il sindacato della
Corte di cassazione puo' estendersi alla verifica di profili che
eccedono la regolarita' della adozione della misura restrittiva in
se' considerata.
Come confermato dalla giurisprudenza di legittimita' formatasi
anteriormente alla novella processuale in scrutinio, la decisione
sulla convalida puo', infatti, involgere, sia pure incidentalmente,
anche la «manifesta illegittimita'» del provvedimento presupposto dal
trattenimento, ossia l'espulsione o il respingimento (ex multis,
Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 28 giugno 2023,
n. 18404).
Anche questa Corte ha confermato la possibilita' che il giudizio
di convalida assuma una simile ampiezza, evidenziando che «[i]l
trattenimento costituisce la modalita' organizzativa prescelta dal
legislatore per rendere possibile, nei casi tassativamente previsti
dall'art. 14, comma 1, che lo straniero, destinatario di un
provvedimento di espulsione, sia accompagnato alla frontiera ed
allontanato dal territorio nazionale. Il decreto di espulsione con
accompagnamento, che, giova ribadire, ai sensi dell'art. 13, comma 3,
deve essere motivato, rappresenta quindi il presupposto indefettibile
della misura restrittiva, e in quanto tale non puo' restare estraneo
al controllo dell'autorita' giudiziaria» (sentenza n. 105 del 2001).
5.- Cosi' accertato il contrasto delle previsioni censurate con
gli artt. 3 e 24 Cost., questa Corte deve ora individuare il
paradigma normativo idoneo ad operare la reductio ad legitimitatem.
La rimozione del terzo periodo del comma 6 dell'art. 14 del
d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui rinvia all'art. 22, comma
5-bis, quarto periodo, della legge n. 69 del 2005 genera, infatti, un
vuoto normativo, dal momento che, pur non incidendo sulle nuove
regole - recate dal primo periodo dello stesso comma 6 - concernenti
l'introduzione del giudizio, l'ambito delle censure proponibili e le
forme proprie della giurisdizione penale, determina il venir meno
della disciplina relativa al successivo iter procedurale.
Come confermato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, il
dato normativo utile alla sostituzione del frammento normativo
censurato deve porsi in rapporto di prossimita' con la disciplina
oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 46 del 2024, n. 95 e n.
28 del 2022).
Nel caso di specie, il referente normativo non solo deve essere
coerente con la ratio che sorregge la disciplina, pur parzialmente
incostituzionale, del giudizio in esame, ma deve essere idoneo ad
assicurare il contraddittorio.
Deve, quindi, trattarsi di un modulo processuale agile,
semplificato e capace di assicurare la definizione del giudizio di
legittimita' sulla convalida del trattenimento entro un lasso
temporale assai contenuto.
6.- Tra le discipline «gia' esistenti» (sentenza n. 236 del 2016)
che possono consentire a questa Corte di porre rimedio alle
violazioni riscontrate, quella del giudizio di legittimita' in
materia di mandato d'arresto europeo ordinario - in particolare, per
la parte che pone le regole di cui all'art. 22, commi 3 e 4, della
legge n. 69 del 2005 -, costituisce la soluzione normativa piu'
vicina alla logica perseguita dal legislatore nella fattispecie in
scrutinio.
6.1.- Detto procedimento condivide con quello consensuale,
assunto a paradigma dalla disposizione censurata, la funzione e
l'oggetto, pur distinguendosene per la maggiore ampiezza della
cognizione riconosciuta al giudice di legittimita' in ragione
dell'assenza del consenso alla consegna, oltre che per un piu'
articolato iter includente l'udienza camerale.
Inoltre, l'affinita' strutturale con il procedimento ex art. 22,
comma 5-bis, della legge n. 69 del 2005 emerge dal raffronto delle
modalita' di introduzione dei giudizi, posto che anche il processo in
cassazione sul mandato d'arresto europeo non consensuale puo' essere
promosso esclusivamente per far valere l'eccesso di potere
giurisdizionale e la violazione di legge sostanziale e processuale,
essendo stato espunto dalla relativa disciplina il riferimento alla
proponibilita' del ricorso «anche nel merito» ed essendo il sindacato
della Corte di cassazione circoscritto ai soli motivi previsti
dall'art. 606, comma 1, lettere a), b) e c) cod. proc. pen. (Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 8-9 marzo 2022, n. 8299).
Ancora, analogamente a quanto previsto per la procedura
consensuale, nel giudizio in materia di mandato d'arresto europeo
ordinario il ricorso per cassazione va presentato entro un termine
molto breve - che, secondo l'art. 22, comma 1, della legge n. 69 del
2005, e' di cinque giorni decorrenti dalla «conoscenza legale della
sentenza» - nella cancelleria della corte d'appello che ha emesso il
provvedimento (Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza
29-30 dicembre 2021, n. 47421), la quale provvede a trasmetterlo alla
Corte di cassazione «con precedenza assoluta su ogni altro affare e
comunque entro il giorno successivo» (art. 22, comma 2, legge n. 69
del 2005).
Inoltre, un profilo di analogia tra gli schemi processuali a
raffronto si coglie anche nella brevita' del termine di definizione
del giudizio che, nel procedimento relativo al mandato d'arresto
ordinario, e' di dieci giorni dalla ricezione degli atti, ancorche'
il comma 4 dello stesso art. 22 precisi che la decisione e'
depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione,
ma, nel caso in cui la redazione della motivazione non risulti
possibile, la Corte di cassazione, data comunque lettura del
dispositivo, provvede al deposito della motivazione non oltre il
secondo giorno dalla pronuncia.
Da ultimo, vale il rapporto genere/specie. Il mandato di arresto
europeo consensuale costituisce un'ipotesi speciale rispetto a quella
ordinaria, in cui non risulta il consenso della persona richiesta in
consegna. La mancata applicazione della prima, in ragione della
dichiarazione di illegittimita' costituzionale che si va a
pronunciare, orienta la reductio ad legitimitatem verso la seconda,
quella ordinaria.
6.2.- L'aspetto che vale, poi, a differenziare la procedura
ordinaria da quella consensuale - e che costituisce elemento
ulteriore in forza del quale la prima merita di essere prescelta come
«grandezza predata» per la reductio ad legitimitatem della normativa
in scrutinio - si rinviene nel comma 3 dell'art. 22 della legge n. 69
del 2005, secondo cui la Corte di cassazione decide nelle forme di
cui all'art. 127 cod. proc. pen.
E' pur vero che detto rinvio non coinvolge la disciplina generale
del rito in camera di consiglio nella sua interezza, ma ne mutua
soltanto il nucleo essenziale di procedimento semplificato in
contraddittorio. Infatti, nella fattispecie in esame, le forme
camerali, oltre a subire gli adattamenti resi necessari dalla
specificita' della cognizione nel giudizio di legittimita' (cosi'
che, ad esempio, in base alla regola sancita dall'art. 614, comma 2,
cod. proc. pen. non e' prevista la comparizione personale delle
parti), risultano rimodulate sulle ristrette cadenze del rito
speciale, essendo previsto dall'art. 22, comma 3, della legge n. 69
del 2005 che, in coerenza con il ristretto termine di definizione del
giudizio, l'avviso alle parti debba essere notificato o comunicato
almeno tre giorni prima dell'udienza.
Non di meno, la procedura di cui all'art. 22, commi 3 e 4, della
legge n. 69 del 2005, assicurando alle parti, che non hanno facolta'
di presentare memoria, la possibilita' di essere sentite all'udienza
camerale, mantiene «integro [...] il nucleo essenziale delle garanzie
giurisdizionali delle parti» (sentenza n. 341 del 2006).
6.3.- La reductio ad legitimitatem va, dunque, operata integrando
il contenuto del comma 6 dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, la'
dove, nel terzo periodo, e' stato privato del riferimento al quarto
periodo dell'art. 22, comma 5-bis, della legge n. 69 del 2005, con le
regole procedurali dettate dai commi 3 e 4 del medesimo art. 22 della
legge n. 69 del 2005, secondo cui, rispettivamente, «[l]a Corte di
cassazione decide con sentenza entro dieci giorni dalla ricezione
degli atti nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di
procedura penale. L'avviso alle parti deve essere notificato o
comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza» e «[l]a decisione e'
depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione.
Qualora la redazione della motivazione non risulti possibile, la
Corte di cassazione, data comunque lettura del dispositivo, provvede
al deposito della motivazione non oltre il secondo giorno dalla
pronuncia».
6.3.1.- Alla stregua della disciplina risultante dall'operata
sostituzione, il processo di cassazione sui decreti di convalida e di
proroga del trattenimento della persona straniera - emessi dal
giudice di pace, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, o
dalla corte d'appello in composizione monocratica, ai sensi dell'art.
6 del d.lgs. n. 142 del 2015 - si articola nei seguenti termini: il
giudizio e' instaurato con ricorso proponibile entro cinque giorni
dalla comunicazione, per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del
comma 1 dell'art. 606, cod. proc. pen.; il ricorso, che non sospende
l'esecuzione della misura, e' presentato nella cancelleria della
corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo
trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni
altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al
provvedimento impugnato e agli atti del procedimento; la Corte di
cassazione decide con sentenza entro dieci giorni dalla ricezione
degli atti nelle forme di cui all'art. 127 cod. proc. pen. e, quindi,
in un'adunanza camerale nella quale sono sentiti, se compaiono, il
pubblico ministero e il difensore; l'avviso alle parti deve essere
notificato o comunicato almeno tre giorni prima dell'udienza; la
decisione e' depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale
motivazione; qualora la redazione della motivazione non risulti
possibile, la Corte di cassazione, provvede al deposito della
motivazione non oltre il secondo giorno dalla pronuncia.
7.- Questa Corte intende cosi' porre rimedio, nell'immediato, al
riscontrato vulnus al principio del contraddittorio e al diritto di
difesa, individuando, nel massimo rispetto della voluntas legis, la
disciplina piu' vicina a quella originariamente individuata.
Resta comunque ferma, per il legislatore, la possibilita' di
intervenire in qualsiasi momento per individuare, nell'esercizio
dell'ampia discrezionalita' allo stesso riservata in subiecta
materia, una eventualmente diversa configurazione dello speciale
giudizio in questione, purche' tale scelta sia rispettosa dei
principi costituzionali e, in particolare, del diritto al
contraddittorio e del diritto di difesa. Trattandosi di un giudizio
di legittimita', dette garanzie potrebbero trovare attuazione anche
optando per una variante cartolare del rito, forma, questa, che, non
a caso, anche nel processo penale ordinario, e' stata elevata a
regola generale dall'art. 611, comma 1, cod. proc. pen., come
sostituito dall'art. 35, comma 1, lettera a), numero 1), del decreto
legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27
settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza
del processo penale, nonche' in materia di giustizia riparativa e
disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari).
Una revisione delle scansioni temporali del processo in esame
potrebbe, peraltro, divenire ineludibile nel caso in cui un
significativo incremento dei ricorsi - evenienza non inverosimile,
considerata l'espansione del perimetro applicativo del trattenimento
operata dalle recenti riforme - dovesse rendere non piu' conciliabile
l'estrema concentrazione del rito, che la presente pronuncia ha,
nella sostanza, preservato, con la stessa effettivita' del «diritto
al processo in cassazione» (sentenza n. 395 del 2000) garantito
dall'art. 111, settimo comma, Cost.
E', dunque, auspicabile che il legislatore verifichi la
perdurante compatibilita' dello speciale schema procedurale di cui
all'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, come rimodulato
dalla presente pronuncia, con le dimensioni che il contenzioso
assumera' nel volgere del tempo.
8.- In conclusione, deve essere dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998,
come modificato dall'art. 18-bis, comma 1, lettera b), numero 2), del
d.l. n. 145 del 2024, come convertito, richiamato dall'art. 6, comma
5-bis, del d.lgs. n. 142 del 2015, come introdotto dall'art. 18,
comma 1, lettera a), numero 2), del d.l. n. 145 del 2024, come
convertito, nella parte in cui, al terzo periodo, rinvia all'art. 22,
comma 5-bis, quarto periodo, della legge n. 69 del 2005, anziche' ai
commi 3 e 4 di quest'ultimo articolo.