ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettera a), numero 1), del decreto-legge 8 giugno 2021, n. 79 (Misure
urgenti  in  materia  di  assegno  temporaneo  per   figli   minori),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio  2021,  n.  112,
promosso dal Tribunale ordinario di Padova, in  funzione  di  giudice
del lavoro, nel  procedimento  vertente  tra  R.U.  E.  e  l'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 2 aprile
2024, iscritta al n. 99 del  registro  ordinanze  2024  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  23,  prima   serie
speciale, dell'anno 2024. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale   della
previdenza  sociale  (INPS),  nonche'  l'atto   di   intervento   del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udita nell'udienza pubblica  del  12  febbraio  2025  la  Giudice
relatrice Maria Rosaria San Giorgio; 
    uditi l'avvocato Samuela Pischedda per l'INPS e l'avvocato  dello
Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 aprile 2024, iscritta al n. 99 reg.  ord.
2024, il Tribunale ordinario di Padova, in funzione  di  giudice  del
lavoro, ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  31  della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, lettera a), numero 1), del decreto-legge 8 giugno  2021,  n.
79 (Misure  urgenti  in  materia  di  assegno  temporaneo  per  figli
minori), convertito, con modificazioni, nella legge 30  luglio  2021,
n. 112, nella parte in cui «irragionevolmente esclude  dal  godimento
dell'assegno temporaneo una categoria di soggetti», ossia i cittadini
di Paesi terzi titolari  di  permesso  di  soggiorno  per  "richiesta
asilo", «che si trovano nello stato di bisogno che la prestazione  in
esame si prefigge  di  fronteggiare»,  con  vulnus  al  principio  di
eguaglianza e ai valori della maternita' e dell'infanzia. 
    Il rimettente riferisce di dover decidere sul ricorso promosso da
R.U. E., cittadina della Nigeria, per  l'accertamento  del  carattere
discriminatorio (ai sensi dell'art. 44  del  decreto  legislativo  25
luglio  1998,  n.  286,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero») del  provvedimento  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale (INPS) di diniego dell'assegno  temporaneo  per  i
figli minori, previsto dall'art. 1 del citato d.l. n.  79  del  2021,
come convertito, con condanna dell'Istituto  alla  corresponsione  di
detta provvidenza per tutta la durata e nella misura  prevista  dalla
legge. 
    Il giudice a quo espone che la ricorrente, madre di due minori  e
residente in Italia dal 23 maggio 2017, era originariamente  titolare
del permesso di soggiorno «per richiesta asilo» di  cui  all'art.  4,
comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n.  142  (Attuazione
della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei
richiedenti  protezione  internazionale,  nonche'   della   direttiva
2013/32/UE, recante procedure comuni ai  fini  del  riconoscimento  e
della revoca dello status di protezione internazionale),  scaduto  il
26 novembre 2021, e rinnovatole fino al 12 aprile 2024. 
    La domanda amministrativa per il riconoscimento della provvidenza
di cui si tratta, presentata il 2 luglio 2021,  era  stata  rigettata
dall'INPS con  la  motivazione  che  «il  richiedente  non  risultava
cittadino italiano e non risultava cittadino straniero  con  permesso
di soggiorno di lungo periodo o di lavoro o  ricerca  di  durata  non
inferiore a 6 mesi», unici titoli che legittimano  il  riconoscimento
della prestazione, secondo quanto  previsto  dall'art.  1,  comma  1,
lettera a), numero 1), del d.l. n. 79 del 2021, come convertito. 
    Ai fini ricostruttivi il  rimettente  ricorda,  infine,  l'indole
transitoria dell'assegno  temporaneo  che,  pensato  dal  legislatore
quale misura ponte, per il periodo tra il 1°  luglio  2021  e  il  28
febbraio 2022, quanto ai  nuclei  familiari  rimasti  temporaneamente
privi di strumenti di sostegno al reddito, si inserisce nel  percorso
di attuazione del diverso, e piu' strutturato, istituto  dell'assegno
unico e universale, introdotto dall'art.  2  della  legge  delega  1°
aprile 2021, n. 46 (Delega al Governo per riordinare, semplificare  e
potenziare le  misure  a  sostegno  dei  figli  a  carico  attraverso
l'assegno unico e universale), che assorbe, in un'unica  voce,  varie
prestazioni di famiglia  (sono  menzionati:  l'assegno  per  famiglie
numerose; il "bonus bebe'"; la detrazione per i figli a  carico;  gli
assegni per il nucleo familiare). 
    Segnatamente, il rimettente rimarca, del titolo di soggiorno:  la
durata, pari a sei mesi e  «rinnovabile  fino  alla  decisione  della
domanda o comunque per il tempo in cui e' autorizzato a rimanere  nel
territorio nazionale ai sensi dell'articolo 35-bis, commi 3 e 4,  del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25» (art.  4,  comma  1,  del
d.lgs. n. 142 del 2015); la natura di  documento  di  riconoscimento,
valido su tutto il territorio nazionale; l'idoneita' a consentire  al
titolare lo svolgimento di «attivita' lavorativa, trascorsi  sessanta
giorni  dalla  presentazione  della  domanda  se  il  ritardo   nella
conclusione  del  procedimento  non   puo'   essere   attribuito   al
richiedente» (art. 22 del d.lgs. n. 142 del 2015). 
    Quanto all'assegno temporaneo per i figli minori, l'ordinanza  di
rimessione rammenta che si tratta  di  prestazione  somministrata  su
base mensile che spetta, a decorrere dal 1° luglio 2021 e fino al  28
febbraio 2022, alle famiglie che non abbiano diritto all'assegno  per
il nucleo familiare - di cui all'art. 2 del  decreto-legge  13  marzo
1988, n. 69 (Norme in materia  previdenziale,  per  il  miglioramento
delle gestioni degli enti portuali ed  altre  disposizioni  urgenti),
convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988, n.  153  -
ed il cui godimento  richiede  che  l'istante:  sia  titolare  di  un
permesso di soggiorno; abbia la residenza in  Italia  da  almeno  due
anni e figli a carico di eta' inferiore ai diciotto anni; possegga un
indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso  di
validita'. 
    2.- Cio' posto, in punto di rilevanza delle questioni  sollevate,
il rimettente evidenzia che il giudizio a quo non puo' essere  deciso
facendo valere l'effetto diretto dell'art. 12, paragrafo  1,  lettera
e),  della  direttiva  2011/98/UE  del  Parlamento  europeo   e   del
Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una  procedura  unica  di
domanda per  il  rilascio  di  un  permesso  unico  che  consente  ai
cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio  di
uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di
Paesi terzi che soggiornano regolarmente  in  uno  Stato  membro,  la
quale stabilisce che i cittadini di paesi terzi ammessi in uno  Stato
membro a fini diversi dall'attivita' lavorativa a norma  del  diritto
dell'Unione o nazionale, ai quali e'  consentito  lavorare  ai  sensi
dell'art.  3,  paragrafo  1,  lettera  b),  della  stessa  direttiva,
beneficiano dello stesso trattamento  riservato  ai  cittadini  dello
Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne «i settori  della
sicurezza  sociale  definiti  nel  regolamento  (CE)  n.   883/2004».
Infatti, l'art. 3, paragrafo 2, lettera g),  della  citata  direttiva
2011/98/UE stabilisce che essa non si applica ai cittadini  di  Paesi
terzi che «hanno chiesto la protezione internazionale [...] e sono in
attesa di una decisione definitiva sulla loro domanda». 
    Ne', osserva il  rimettente,  e'  consentita  la  disapplicazione
della norma interna richiamando l'effetto diretto dell'art. 21  della
Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,  poiche'  il
principio di non discriminazione non puo' trovare applicazione  nelle
materie  non  comprese   nell'ambito   di   copertura   del   diritto
dell'Unione. 
    Neppure puo' dirsi, prosegue il rimettente,  che  il  richiedente
asilo acceda alle prestazioni  di  sicurezza  sociale  attraverso  la
direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del  26
giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza  dei  richiedenti
protezione internazionale, che si limita a  fissare  standard  minimi
delle condizioni materiali di accoglienza e all'assistenza  sanitaria
(artt. 17-19), o a mezzo della direttiva  2011/95/UE  del  Parlamento
europeo  e  del  Consiglio,  del  13  dicembre  2011,  recante  norme
sull'attribuzione, a  cittadini  di  paesi  terzi  o  apolidi,  della
qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status
uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare
della protezione sussidiaria, nonche' sul contenuto della  protezione
riconosciuta, direttiva cosiddetta "qualifiche",  che,  argomenta  il
ricorrente, all'art. 29 si limita a  riconoscere  ai  beneficiari  di
protezione  internazionale,  «in  condizioni  paritarie  rispetto  ai
cittadini dello Stato membro,  il  diritto  all'"assistenza  sociale"
("social  welfare"  e  "social  assistance"  nella   versione   della
direttiva in lingua inglese,  concetti  che  l'art.  34  CdfUe  tiene
distinti da quello di social security)». 
    Tanto premesso, osserva il rimettente  che  nel  giudizio  a  quo
assume rilevanza  decisiva,  ai  fini  della  spettanza  del  diritto
all'assegno temporaneo, l'esclusione del permesso  per  richiesta  di
asilo dall'art. 1, lettera a), numero 1), del d.l. n.  79  del  2021,
come convertito. 
    Nell'ordinanza di rimessione si precisa infine  che  chiarezza  e
univocita' non permettono una  lettura  costituzionalmente  orientata
della norma censurata che, laddove menziona il «permesso di soggiorno
per motivi di lavoro  [...]  di  durata  almeno  semestrale»,  sembra
ragionevolmente riferirsi ai soli titoli rilasciati  per  un  diretto
fine lavorativo «senza possibilita' di estensione a quei permessi  di
soggiorno i quali, pur ammettendo il cittadino di un paese terzo  nel
territorio dello Stato per fini  diversi  dall'attivita'  lavorativa,
comunque lo autorizzano al lavoro». 
    3.- Sulla non manifesta infondatezza,  il  Tribunale  di  Padova,
escluso il raccordo tra i principi consacrati  negli  artt.  3  e  31
Cost. e la parita' di trattamento nel settore della sicurezza sociale
nei  termini  delineati  dalla  CDFUE  e  dal  diritto   eurounitario
derivato,  fa  valere   la   dimensione   interna   del   dubbio   di
illegittimita' costituzionale. 
    Espone il rimettente che l'«autonoma ed  autosufficiente  cogenza
ai  doveri  primari  di  tutela  costituzionale  dei   valori   della
maternita' e dell'infanzia, nella loro inscindibile connessione»  con
il principio di parita' di trattamento,  «non  tollerano  distinzioni
arbitrarie e irragionevoli», come  gia'  affermato  da  questa  Corte
nella sentenza n. 54 del 2022. 
    Il  giudice  a  quo  rammenta   che   nell'indicato   precedente,
all'interno di un percorso ancorato ai principi  eurounitari,  questa
Corte ha gia' ritenuto la natura di prestazioni di sicurezza  sociale
degli assegni di natalita' e maternita', valorizzandone  la  funzione
protettiva, e ripropone un identico ragionamento  quanto  all'assegno
temporaneo. 
    Anche il titolo previsto dalla norma censurata per i figli minori
sovviene «a una peculiare situazione di bisogno,  che  si  riconnette
alla nascita di  un  bambino  o  al  suo  ingresso  in  una  famiglia
adottiva,   in   presenza   di   condizioni   economiche    familiari
particolarmente disagiate  (come  attestate  dall'indicatore  ISEE)»,
prefiggendosi «di concorrere  a  rimuovere  gli  ostacoli  di  ordine
economico e sociale che limitano di fatto la liberta' e l'eguaglianza
dei cittadini e impediscono il pieno  sviluppo  della  persona  umana
(art. 3, comma 2, Cost.)», in  attuazione  dell'art.  31  Cost.  «che
impegna la Repubblica ad agevolare  con  misure  economiche  e  altre
provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei  compiti
relativi», nella finalita', preminente, di tutela del minore. 
    Alla luce del carattere pressante e qualificato  dello  stato  di
bisogno dei richiedenti asilo, esposti ad una condizione di  speciale
vulnerabilita', anche  familiare,  la  esclusione  degli  stessi  dal
godimento dell'assegno temporaneo - non  eccedente,  ma  integrativo,
dei  bisogni  primari  della   persona   -   sarebbe   manifestamente
irragionevole o intrinsecamente discriminatoria senza che  a  diverse
conclusioni possa giungersi in raccordo al carattere  limitato  delle
risorse disponibili. 
    Il Tribunale rimettente richiama i contenuti della sentenza n. 50
del 2019, con la quale questa Corte ha ritenuto legittima  la  scelta
del legislatore  di  attribuire  rilevanza  al  grado  di  stabilita'
socio-economico dei cittadini di Stati terzi privi  del  permesso  UE
per soggiornanti  di  lungo  periodo  nell'escludere  il  diritto  al
godimento dell'assegno sociale, e ricorda il raffronto, operato dalla
sentenza di questa Corte n. 54 del 2022, tra l'indicata  provvidenza,
che si colloca «all'epilogo della carriera lavorativa  e  rappresenta
il  corrispettivo  per  il  contributo  offerto  al  progresso  della
comunita'», e gli  assegni  di  natalita'  e  maternita',  strumenti,
invece, destinati a far fronte ad un bisogno primario  della  persona
«in una stagione della vita - quella della nascita di  un  bambino  o
della sua accoglienza nella famiglia adottiva  -  che  prescinde  dal
contributo fornito al progresso della comunita'». 
    Sulle  indicate  rime,  il  rimettente  ribadisce  che  l'assegno
temporaneo afferisce ai bisogni primari della persona e riafferma  il
principio  per  il  quale  quanto  maggiore  e'   l'attinenza   della
prestazione a un bisogno essenziale dell'individuo, tanto meno  trova
giustificazione  la  scelta  del  legislatore  di  condizionarne   il
godimento a requisiti diversi e aggiuntivi (sono citate  le  sentenze
di questa Corte n. 42 del 2024 e n. 107 del 2018). 
    L'opzione legislativa di escludere, con la norma censurata, tra i
beneficiari della provvidenza i richiedenti  asilo  -  verosimilmente
nella ritenuta  instabilita'  del  loro  radicamento  sul  territorio
nazionale  -  sacrificherebbe,  per  il  giudice  a  quo,   in   modo
irragionevole, la valutazione del loro stato di bisogno (sono  citate
le sentenze di questa Corte n. 2 del 2013 e n. 40 del 2011). 
    Rammenta ancora l'ordinanza di rimessione che in altra  occasione
questa Corte ha utilizzato argomentazioni idonee ad escludere che  la
permanenza sul territorio  nazionale  dei  titolari  di  permesso  di
soggiorno per richiesta asilo possa essere ritenuta precaria. 
    Nel  richiamare  le  motivazioni  adottate  in  quel   precedente
(sentenza n. 186 del 2020), il rimettente espone che il permesso  per
"richiesta asilo",  di  durata  semestrale  e  rinnovabile,  finisce,
«nella stragrande maggioranza dei casi», per dare corpo ad  un  tempo
«complessivo di permanenza dei richiedenti asilo [...] di  almeno  un
anno e mezzo», e tanto «in  ragione  dei  tempi  di  decisione  sulle
domande   amministrative   comunemente    osservati    dall'autorita'
competente». 
    4.- Nel giudizio innanzi a questa Corte si e' costituito  l'INPS,
resistente nel giudizio principale, concludendo per  la  declaratoria
di inammissibilita' e comunque  di  non  fondatezza  delle  questioni
sollevate. 
    4.1.- Sotto  il  primo  profilo,  l'INPS  deduce  il  difetto  di
motivazione sulla rilevanza. Come eccepito nel  giudizio  principale,
l'attestazione ISEE del nucleo familiare della richiedente per l'anno
2021, in cui e' presente un  componente  non  inserito  nei  registri
dell'anagrafe nel  periodo  di  validita'  della  dichiarazione,  non
sarebbe idonea. Al riguardo il  giudice  a  quo  si  e'  limitato  ad
affermare che «non risulta difettare in capo  alla  ricorrente  altro
presupposto di legge». 
    L'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale  della
norma censurata non varrebbe pertanto all'accoglimento della  domanda
del giudizio principale non avendo la  ricorrente  comprovato  ed  il
giudice a quo accertato  l'esistenza  di  tale  attestazione  dandone
riscontro in motivazione. 
    Per la parte, poi,  secondo  quanto  previsto  dall'art.  44  del
d.lgs. n. 286 del 1998, il ricorso alla  speciale  procedura  di  cui
all'art. 28  del  decreto  legislativo  1°  settembre  2011,  n.  150
(Disposizioni complementari al codice di procedura civile in  materia
di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione,
ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69)  non  e'
consentito in una «situazione di legittimo diniego della  prestazione
reclamata,  in  assenza  in  capo  alla  richiedente  dei   necessari
requisiti  previsti  dalla  legge»  e  non  rende  antigiuridico   un
«comportamento» che tale non era, con attribuzione di una prestazione
previdenziale  o  assistenziale,  in  violazione  delle  norme  sulla
proponibilita' o procedibilita' della relativa domanda. 
    4.2.- Nel merito, in una breve sintesi della cornice normativa di
riferimento, l'Istituto di previdenza ricorda che con il d.l.  n.  79
del 2021, come convertito, il legislatore ha inteso introdurre in via
temporanea, come si legge nel preambolo dell'atto  normativo,  misure
volte a sostenere  la  genitorialita'  e  a  favorire  la  natalita',
successivamente alla legge n. 46 del 2021 e nelle more  dell'adozione
dei relativi decreti attuativi. 
    La parte richiama la propria circolare 30 giugno 2021, n. 93, con
cui ha precisato i presupposti di riconoscimento della misura,  e  la
disciplina dell'assegno  unico  universale,  introdotto  dal  decreto
legislativo 29 dicembre 2021, n. 230 (Istituzione dell'assegno  unico
e universale per  i  figli  a  carico,  in  attuazione  della  delega
conferita al Governo ai sensi della legge 1° aprile 2021, n. 46), che
non contempla, tra i permessi che consentono l'accesso  alla  misura,
quello di soggiorno per "richiesta asilo". 
    Nella prevista necessita' della titolarita'  di  un  permesso  di
soggiorno, ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002 del  Consiglio,
del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi
di soggiorno rilasciati a cittadini  di  paesi  terzi,  connotato  da
stabilita' e durata nel  tempo,  l'art.  2  del  citato  regolamento,
osserva l'INPS, esclude espressamente, tra i titoli legittimanti,  il
permesso rilasciato in attesa dell'esame di  una  domanda  di  asilo,
che, di durata semestrale e rinnovabile  fino  alla  decisione  della
competente   commissione   territoriale,   secondo   la    disciplina
dettagliata nel d.lgs. n. 142 del 2015, non puo' essere, tra l'altro,
convertito in permesso di  soggiorno  per  motivo  di  lavoro  (viene
citato l'art. 23). 
    La mancanza di mezzi di sussistenza da'  diritto  all'accoglienza
in un centro per richiedenti asilo e, secondo la disciplina contenuta
nel citato d.lgs. n. 142 del 2015, all'assistenza sanitaria  gratuita
e all'iscrizione scolastica, quali bisogni primari da garantire (art.
21). 
    Sulle indicate premesse, espone l'INPS che  l'assegno  temporaneo
per i figli minori non attiene ad un bisogno primario  ed  essenziale
della persona, valendo, piuttosto, «a  sostenere  temporaneamente  la
genitorialita' e a favorire la natalita'». 
    L'evidenza  che  la  censurata   normativa   raccordi,   in   via
transitoria, l'attribuzione del beneficio a  limiti  di  reddito  non
coincidenti  con  uno  stato  di  bisogno  sarebbe  confermata,   per
l'Istituto, dall'introduzione  dell'assegno  unico  universale  quale
misura finale «disancorata» nell'an da limiti reddituali. 
    Non integrando l'assegno temporaneo per i figli minori un bisogno
primario, la scelta legislativa di non accomunare tra i beneficiari i
titolari di permesso di soggiorno per  "richiesta  asilo"  resterebbe
scrutinabile da questa Corte  «laddove  travalichi  il  canone  della
ragionevolezza che deve presiedere alle scelte normative». 
    Vengono in tal modo richiamate le sentenze n. 42 del 2024, n.  54
del 2022 e n. 40 del 2013, che hanno riconosciuto l'estensione  delle
prestazioni   ivi   esaminate,   con    conseguente    illegittimita'
costituzionale delle norme limitative (con riguardo, rispettivamente:
all'indennita' di accompagnamento  agli  invalidi  civili  totalmente
inabili e alla pensione di inabilita'; al contributo  previsto  dalla
Regione Toscana al genitore di minore disabile; al  "bonus  bebe'"  e
all'assegno di natalita'), integrative di  requisiti  selettivi  che,
fondati  sul  radicamento  territoriale  e   anche   su   presupposti
reddituali stringenti, non tengono conto  «dei  caratteri  essenziali
dei bisogni primari cui le politiche sociali sono finalizzate». 
    Nel riferirsi alla sentenza n. 19 del  2020  (recte:  n.  19  del
2022), l'INPS ricorda ancora  che  questa  Corte,  nell'esaminare  il
reddito  di  cittadinanza,  ha  ritenuto  che  il   legislatore   non
irragionevolmente abbia circoscritto la  misura  ai  titolari  di  un
permesso di soggiorno UE, ai sensi del regolamento CE n. 1030/2002, e
segnatamente  agli  stranieri  soggiornanti   in   Italia   a   tempo
indeterminato,  nella  perseguita  finalita'  della  prestazione   di
realizzare, anche, obiettivi di politica del lavoro e di integrazione
sociale. 
    Il Tribunale  rimettente,  secondo  l'INPS,  equipara  situazioni
eterogenee incorrendo in una errata valutazione di omogeneita'  delle
situazioni  in  raffronto,  che  sarebbe  necessaria   per   valutare
l'esistenza della dedotta irragionevole discriminazione (e' citata la
sentenza di questa Corte n. 114 del 2015 che richiama, a  sua  volta,
la sentenza n. 139 del 2014 e le ordinanze n. 100 del 2013 e  n.  276
del 2012). 
    L'esigenza di garantire l'eguaglianza  di  cittadini  italiani  e
comunitari,  e  cittadini  extra  UE,  conclude   l'Istituto,   trova
applicazione nel caso in  cui  «i  servizi  e  le  prestazioni  siano
espressione del godimento di diritti finalizzati  al  soddisfacimento
di  "un  bisogno  primario  ed  impellente  dell'individuo"  che   si
configura come diritto inviolabile della persona» (e'  richiamata  la
sentenza di questa Corte n. 223 del 2013, recte: n. 50 del 2019). 
    Al di la' del nucleo dei diritti inviolabili, il legislatore, nel
ragionevole esercizio della propria  discrezionalita',  ben  potrebbe
individuare modalita' di riconoscimento di  provvidenze  sociali  nel
«razionale contemperamento sia con la soddisfazione di altri  diritti
costituzionalmente garantiti, sia con i limiti  delle  disponibilita'
finanziarie statali». 
    5.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate   siano   dichiarate
inammissibili ovvero manifestamente infondate. 
    5.1.- Rileva anzitutto la difesa  statale  che  l'inclusione  dei
richiedenti asilo tra i beneficiari  dell'assegno  temporaneo  per  i
figli minori non e' soluzione costituzionalmente obbligata. 
    La tutela della natalita' realizza una finalita' assistenziale  e
insieme di promozione delle nascite che e' estranea al raggio di cura
proprio  dei  richiedenti  asilo,  il  cui  diritto  e'  diversamente
calibrato sulla tutela  del  nucleo  familiare  esistente.  Sarebbero
pertanto  inammissibili  le  soluzioni  tendenti  ad  una   pronuncia
additiva "rigida" in settori in cui la rilevazione di un  problema  e
la sua soluzione restano affidate alla discrezionalita' legislativa. 
    I trattamenti di accoglienza previsti agli articoli da  12  a  17
della direttiva 2013/33/UE, attuati con il d.lgs. n.  142  del  2015,
che ordina in modo organico un insieme di provvidenze  a  favore  dei
richiedenti asilo e  del  loro  nucleo  familiare,  costituiscono  un
sistema «chiuso» e «speciale», la cui modifica in melius postula  uno
specifico  e  mirato  intervento  del  legislatore  e  non  una  mera
giustapposizione di discipline. 
    5.2.- La  difesa  dell'interveniente  contesta  all'ordinanza  di
rimessione il difetto di un'adeguata analisi della  provvidenza  che,
finalizzata  a  sostenere  temporaneamente  i  nuclei  familiari   in
condizioni  economiche  disagiate,  non  viene  comparata  con  altre
omologhe misure a mezzo delle  quali  questa  Corte  ha  inteso  dare
soddisfazione ai bisogni primari della persona (viene  menzionata  la
sentenza n. 24 del 2024 [recte: n. 42 del 2024], dettata  a  sostegno
di famiglie con figli  minori  di  anni  18  affetti  da  disabilita'
grave). 
    Il giudice a quo non avrebbe preso in considerazione  le  ragioni
che   nel   pertinente   diritto   dell'Unione   hanno   condotto   a
differenziare,  rispetto  a  determinate  prestazioni  di  previdenza
sociale, i cittadini di Paesi terzi equiparati ai cittadini UE, o che
sono ammessi nel territorio di uno Stato membro per motivi di lavoro,
e i cittadini di Paesi terzi che vi sono ammessi, come i  richiedenti
asilo, per altri motivi. 
    L'esistenza di  determinati  standard  previsti  dalla  direttiva
cosiddetta accoglienza e assistenza, cui accedono, in via  esclusiva,
i titolari del permesso di soggiorno per "richiesta  asilo",  avrebbe
dovuto determinare  il  giudice  a  quo  a  valutare  se  proprio  la
condizione dei  richiedenti  asilo  valga  a  giustificare,  in  modo
idoneo, la censurata esclusione, con conseguente  riconduzione  della
scelta operata dal legislatore alla sua  ampia  discrezionalita'.  La
mancata  indagine  e  il  difetto  di  motivazione   su   uno   snodo
caratterizzante il giudizio correlato al dedotto parametro escludono,
per la difesa dell'interveniente,  la  violazione  del  principio  di
eguaglianza. 
    6.- Con memoria  illustrativa  depositata  il  21  gennaio  2025,
l'INPS ha  insistito  per  la  dichiarazione  di  inammissibilita'  o
manifesta infondatezza delle questioni. 
    7.-  All'udienza  di  discussione  l'INPS  e  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri si sono riportati ai  rispettivi  scritti:  la
difesa dello Stato ha poi sollecitato una restituzione degli atti  al
giudice a quo per una rimeditazione del sollevato  dubbio,  all'esito
della sopravvenuta normativa sull'assegno unico universale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe (reg.  ord.  n.  99  del
2024), il Tribunale di Padova, in funzione  di  giudice  del  lavoro,
censura, in riferimento agli artt. 3 e 31 Cost., l'art. 1,  comma  1,
lettera a), numero 1), del d.l. n.  79  del  2021,  come  convertito,
nella parte in cui, dopo avere riconosciuto l'assegno temporaneo  per
i figli minori, tra gli altri, «a[i] cittadin[i]  di  uno  Stato  non
appartenente all'Unione europea in possesso del permesso di soggiorno
UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno  per
motivi di lavoro o  di  ricerca  di  durata  almeno  semestrale»,  ne
esclude il godimento quanto ai cittadini di Paesi terzi, titolari  di
permesso di soggiorno per "richiesta asilo". 
    Il rimettente denuncia l'irragionevole trattamento riservato  dal
legislatore ad una categoria di persone facoltizzata a  lavorare  sul
territorio dello Stato in cui soggiorna, per un tempo limitato che di
fatto e' divenuto, nella grande maggioranza dei casi, pari ad un anno
e mezzo, in ragione dei rinnovi semestrali consentiti e  giustificati
dai ritardi in cui incorre l'amministrazione competente nel  decidere
le domande di asilo. 
    I richiedenti asilo si trovano, secondo il giudice a quo, in modo
vieppiu' pressante in quanto componenti di un nucleo  familiare  gia'
vulnerabile per la condizione sofferta  dai  suoi  componenti,  nella
situazione di bisogno che la prestazione si prefigge di fronteggiare.
Quest'ultima, correlandosi alla nascita di un  figlio,  risponderebbe
ai  bisogni  primari  dell'individuo,  che  si  fanno  via  via  piu'
stringenti quanto maggiore e' la loro afferenza alla persona. 
    Per il rimettente, la funzione protettiva da uno stato di bisogno
assolta   dall'assegno   di   natalita'   e   di   maternita'   nella
giurisprudenza di questa Corte sovviene  anche  in  caso  di  assegno
temporaneo,  il  cui  riconoscimento  rimuove  ostacoli   di   ordine
economico  e  sociale  che  limitano  liberta'  ed  eguaglianza   dei
cittadini, con impedimento al pieno sviluppo della persona, anche  in
attuazione della tutela di maternita' ed infanzia. 
    Si tratterebbe di profili di tutela non sacrificabili,  ai  quali
non potrebbe ragionevolmente  opporsi  il  carattere  limitato  delle
risorse disponibili. 
    2.-  In  via  preliminare  deve  essere  valutata  la  richiesta,
avanzata  dalla  difesa  statale  all'udienza  di   discussione,   di
restituzione  degli  atti  al  giudice  a  quo  avuto  riguardo  alla
sopravvenuta   introduzione,   medio   tempore,   della    disciplina
dell'assegno unico universale per i figli a  carico,  introdotta  dal
d.lgs. n. 230 del 2021, provvidenza destinata ad assorbire  l'assegno
temporaneo per i figli minori. 
    L'istanza non puo' essere accolta. 
    Va, infatti, escluso ogni diretto rilievo della nuova misura  sul
giudizio principale, in cui  la  domanda  amministrativa  di  assegno
temporaneo e' stata proposta il 2 luglio  2021,  e  quindi  in  epoca
anteriore  all'entrata  in  vigore,  a  partire   dal   marzo   2022,
dell'assegno unico. 
    2.1.- Ancora in via preliminare vanno esaminate le  eccezioni  di
inammissibilita' sollevate dalla difesa dell'INPS. 
    2.2.- La prima di esse riguarda il difetto di motivazione in  cui
sarebbe incorsa l'ordinanza di rimessione nella parte in cui  avrebbe
omesso di illustrare le ragioni della  validita'  della  attestazione
ISEE  relativa  alla  composizione   del   nucleo   familiare   della
richiedente per il 2021,  presupposto  della  provvidenza  reclamata,
nonostante la presenza in detta attestazione di persona non  iscritta
all'anagrafe  per  il  periodo  in  cui  era   stata   richiesta   la
prestazione. L'INPS deduce altresi' il carattere indimostrato, o  non
accertato, di una serie di ulteriori requisiti. 
    2.3.-   La    parte    propone    un'ulteriore    eccezione    di
inammissibilita', sostenendo che sarebbe stata erroneamente  azionata
la speciale procedura di cui all'art. 28 del d.lgs. n. 150 del  2011,
che, in modo improprio, sarebbe divenuta  il  «veicolo  semplificato»
per il conseguimento di prestazioni previdenziali o assistenziali, in
violazione   delle   norme   inderogabili   di    proponibilita'    e
procedibilita' del relativo giudizio. 
    Come previsto dall'art. 44, rubricato «Azione  civile  contro  la
discriminazione», del d.lgs. n. 286 del  1998,  infatti,  il  ricorso
all'indicata  procedura  sarebbe  consentito  solo  a  fronte  di  un
"comportamento" o "fatto" discriminatorio e non in caso di  legittimo
diniego della misura invocata. 
    2.4.- Le eccezioni sono infondate. 
    Il tenore testuale della ordinanza di  rimessione,  la'  dove  il
giudice a quo rileva in  modo  inequivocabile  che,  salva  la  norma
censurata, «non risulta difettare in capo alla ricorrente alcun altro
presupposto  di  legge  ai  fini  del  riconoscimento   del   diritto
all'assegno temporaneo», presuppone  la  avvenuta  valutazione  della
sussistenza  degli  altri  presupposti   concernenti   la   legittima
instaurazione   del   giudizio   di   accertamento   della   condotta
discriminatoria, fondata sul carattere "mediato" della violazione che
trova  origine   nella   legge   censurata.   Lo   stesso   passaggio
dell'ordinanza da' espressamente atto della ritenuta sussistenza  dei
requisiti previsti dalla disciplina in esame  per  il  riconoscimento
dell'assegno temporaneo, in disparte quello di cui si discute. 
    3.- Va, ancora,  rilevato  che  il  rimettente  ha  correttamente
ritenuto   la   non    praticabilita'    di    una    interpretazione
costituzionalmente adeguata della  norma  censurata,  avuto  riguardo
alla chiarezza del dettato normativo che, in modo univoco, riserva il
riconoscimento dell'assegno temporaneo per i figli minori, per quanto
qui rileva, ai cittadini di Paesi terzi in possesso di  un  «permesso
di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o del  permesso  di
soggiorno per  motivi  di  lavoro  o  di  ricerca  di  durata  almeno
semestrale». 
    4.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    4.1.- Il Tribunale di  Padova,  esclusa  la  dimensione  europea,
calibra il dubbio  di  illegittimita'  costituzionale  sui  parametri
costituzionali della irragionevolezza, disparita'  di  trattamento  e
tutela della famiglia, della maternita' e dell'infanzia. 
    La mancata copertura all'interno del  diritto  dell'Unione  della
materia della sicurezza sociale - definita dal  regolamento  (CE)  n.
883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile  2004,
relativo  al  coordinamento  dei  sistemi  di  sicurezza  sociale   -
declinata con riferimento ai cittadini  di  Paesi  terzi  richiedenti
asilo, sottrae la categoria all'applicazione dei relativi principi di
parita' di trattamento e non discriminazione. 
    L'art. 12 della direttiva  2011/98/UE,  rubricato  «Diritto  alla
parita' di trattamento», indica,  al  paragrafo  1,  lettera  e),  «i
settori della sicurezza sociale  definiti  nel  regolamento  (CE)  n.
883/2004» come il terreno di "concretizzazione" del principio di  non
discriminazione. 
    L'espressa esclusione della categoria dei richiedenti  asilo  «in
attesa  di  una  decisione  definitiva  sulla  propria  domanda»  dal
godimento dei diritti di sicurezza  sociale  (art.  3,  paragrafo  2,
lettera g, della citata  direttiva  2011/98/UE)  preclude,  anche  in
combinato disposto con l'art. 18  CDFUE  sulla  garanzia  dell'asilo,
l'inveramento del principio di non discriminazione nella  materia  de
qua, con conseguente esclusione della disapplicazione  diretta  della
norma interna di contrasto. 
    In questa prospettiva, il rimettente  correttamente  esclude  che
possano valere a  riconoscere  tutela  assistenziale  al  richiedente
asilo le direttive 2013/33/UE e 2011/95/UE,  rispettivamente  dettate
per  definire  gli  standard  minimi  di  accoglienza  e   assistenza
sanitaria dei richiedenti protezione internazionale e per  attribuire
ai beneficiari della  protezione  internazionale,  in  condizioni  di
parita' con i cittadini dello Stato  membro,  il  diritto  al  social
welfare o diritto all'assistenza sociale. Tale diritto  viene  tenuto
distinto,  ad  opera  dell'art.  34  CDFUE,  da  quello  alla  social
security. La non  omogeneita'  di  prestazioni  e  categorie  normate
esclude, in tale contesto, la praticabilita' di una disamina in punto
di disparita' di trattamento. 
    4.2.- Il quadro normativo in cui si collocano le questioni  poste
e', pertanto, quello interno  dei  dedotti  vulnera  ai  principi  di
eguaglianza e ragionevolezza, nella prospettiva della rimozione degli
ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, in un
contesto di tutela della famiglia, della maternita'  e  dell'infanzia
(artt. 3, primo e secondo comma, e 31 Cost.). 
    4.3.- A venire  in  esame  e'  anzitutto  l'individuazione  della
situazione obiettiva di bisogno al cui riconoscimento  si  accompagna
la misura in questione. 
    Il rimettente muove dalla considerazione che il  bisogno  cui  fa
fronte l'assegno temporaneo per i figli minori appartiene  al  novero
di quelli primari della persona, rispetto ai quali non si  giustifica
la scelta del legislatore di condizionarne il godimento  a  requisiti
aggiuntivi. 
    Cio'  posto,   il   giudice   a   quo   denuncia   la   manifesta
irragionevolezza della negazione in capo ai richiedenti asilo di  una
condizione di  stabile  permanenza  nel  territorio  dello  Stato  di
soggiorno cui consegue la loro esclusione dal novero delle  categorie
protette (cittadini dello Stato di soggiorno, cittadini comunitari ed
extra UE lungo-soggiornanti o titolari di un permesso per  motivi  di
lavoro o studio ultra-semestrale). Tale esclusione determinerebbe una
ingiustificata diversita' di trattamento,  pur  nella  identita'  del
presupposto dello stato di bisogno, tra coloro  che  sono  ammessi  a
fruire degli assegni di maternita' e natalita' e il richiedente asilo
che faccia istanza per il riconoscimento dell'assegno temporaneo  per
i figli minori. 
    4.4.- Nell'indicato quadro si tratta di individuare la natura del
bisogno cui sopperisce  l'assegno  temporaneo,  verificando  se  esso
appartenga al nucleo di quelli essenziali nella  cui  tutela  trovano
realizzazione, attraverso  la  rimozione  degli  ostacoli  di  ordine
economico e sociale,  i  principi  di  liberta'  ed  eguaglianza  tra
individui nel pieno sviluppo della loro personalita'. 
    Il sindacato che questa Corte e'  chiamata  a  esercitare  «muove
dall'identificazione della ratio della norma di riferimento  e  passa
poi alla verifica della coerenza con tale ratio del filtro  selettivo
introdotto» (sentenza n. 44 del 2020, punto 3.1. del  Considerato  in
diritto; in termini, piu' recentemente, sentenza n. 42 del 2024). 
    Dove la ratio dell'intervento e' quella di alleviare  un  bisogno
primario della persona, la scelta legislativa  di  limitazione  o  di
esclusione va sottoposta a  uno  scrutinio  particolarmente  stretto,
mentre nel  caso  in  cui  non  venga  direttamente  in  evidenza  la
finalita' di alleviare uno stato di bisogno, l'esclusione o il limite
puo' rinvenire una sua diversa e ragionevole giustificazione (tra  le
molte, sentenze n. 31 del 2025, n. 42 del 2024, n. 34 del 2022, n. 44
del 2020 e n. 222 del 2013). 
    4.5.- L'assegno  temporaneo  per  i  figli  minori  previsto  dal
censurato art. 1 del d.l. n. 79 del 2021, come convertito, e'  misura
riconosciuta, nella versione in vigore, su base mensile, a  decorrere
dal 1° luglio 2021 e fino al 28 febbraio 2022,  ai  nuclei  familiari
che non abbiano diritto all'assegno per il nucleo  familiare  di  cui
all'art. 2 del d.l. n. 69 del  1988,  come  convertito,  e  siano  in
possesso di un  indicatore  della  situazione  economica  equivalente
(ISEE), documento che serve a determinare  la  condizione  economica,
reddituale e patrimoniale, delle famiglie. 
    Detta provvidenza interviene, dunque, ampliandola,  sulla  platea
delle categorie familiari assistite a norma del d.l. n. 69 del  1988,
come  convertito.  Quest'ultimo,   intitolato   «Norme   in   materia
previdenziale,  per  il  miglioramento  delle  gestioni  degli   enti
portuali ed altre disposizioni urgenti», e' dettato a sostegno  della
famiglia e natalita' in un quadro  di  assistenza  che,  prestata  in
favore   dei   lavoratori,   attribuisce   rilievo    -    attraverso
l'innalzamento del reddito complessivo del  nucleo  familiare  ed  il
conseguente allargamento della cornice  dei  beneficiari  -  anche  a
situazioni di infermita' ed inabilita' al lavoro dei  componenti  del
nucleo. 
    L'art. 2 del d.l. n. 79 del 2021, che  detta  i  criteri  per  la
determinazione dell'assegno temporaneo per i figli minori,  riconosce
la provvidenza a  coloro  che  non  possono  godere  della  pregressa
misura, determinandola nel suo ammontare in base alla tabella di  cui
all'Allegato 1, che individua  le  soglie  ISEE  (dove  la  prima  e'
integrata dalla fascia di reddito «fino a 7.000» euro e l'ultima  «da
49.900,01  a  50.000,00»)  e   i   corrispondenti   importi   mensili
dell'assegno temporaneo per ciascun figlio minore,  in  relazione  al
numero presente nel nucleo familiare e con un innalzamento  a  fronte
di situazioni di «disabilita'» in cui venga a trovarsi il minore  del
nucleo familiare. 
    Il beneficio e' attribuito a  condizione  che  al  momento  della
presentazione della domanda, e per tutta la durata della  misura,  il
richiedente goda di cittadinanza  italiana  o  di  uno  Stato  membro
dell'Unione europea, o sia cittadino di uno  Stato  non  appartenente
all'Unione europea in possesso  del  permesso  di  soggiorno  UE  per
soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per  motivi
di lavoro o di ricerca di durata almeno semestrale, sia  soggetto  al
pagamento dell'imposta sul reddito in Italia, abbia figli a carico di
eta' inferiore ai diciotto anni compiuti e si trovi  a  risiedere  in
Italia da almeno due anni, anche non continuativi, o sia titolare  di
un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di
durata almeno semestrale (art. 1, comma 1, lettera a, punti  da  1  a
4). 
    4.6.- Nel preambolo del  suddetto  d.l.  n.  79  del  2021  viene
chiarito che l'intervento e' determinato dalla esigenza di introdurre
«in via temporanea e nelle more dell'adozione dei decreti legislativi
attuativi della legge n.  46  del  2021,  misure  immediate  volte  a
sostenere la genitorialita' e favorire la natalita'».  In  attuazione
di tale previsione il d.lgs. n. 230 del 2021 ha introdotto  l'assegno
unico universale, nella cui disciplina vengono assorbite in  un'unica
provvidenza varie prestazioni  sociali  di  famiglia,  tra  le  quali
l'assegno temporaneo per i figli minori. 
    L'assegno  unico  universale,  in   disparte   i   requisiti   di
cittadinanza -  e,  quanto  agli  stranieri,  di  titolarita'  di  un
permesso unico di lavoro, di un permesso di lungo  periodo  o  di  un
permesso per ricerca lavoro, ai sensi del regolamento CE n. 1030/2002
-,  e'  misura  disancorata  nell'an  dai   limiti   reddituali   del
richiedente come rappresentati negli indicatori di equivalenza  ISEE,
la cui  consistenza  evidenzia  l'estraneita'  dello  strumento  alla
finalita' di urgenza assistenziale. 
    Nella Tabella A, compilata con riferimento ai  «Nuclei  familiari
con entrambi i genitori e almeno un figlio  minore»  ed  allegata  al
testo del d.lgs. n. 230 del 2021 in occasione della sua adozione, gli
indicatori di equivalenza vanno da  una  estensione  minima  «fino  a
14.775,06» euro ad una  massima  compresa  tra  «101.888,69»  euro  e
«102.006,90»  euro,  per  un  calcolo  delle  condizioni   economiche
familiari che, adeguato  negli  anni  per  successivi  aggiornamenti,
rispetta la natura universale del mezzo. 
    4.7.-  Dal  complessivo  quadro  di  riferimento  emerge  che  la
provvidenza in questione  non  vale  a  sostenere  specifici  bisogni
primari dell'individuo, apparendo, piuttosto, misura  premiale  della
genitorialita', che non e', quindi, volta a tutelare  una  situazione
di indigenza assoluta. 
    La natura transitoria e la finalita' "ponte"  dello  strumento  -
volto a dare attuazione alla misura, definitiva,  dell'assegno  unico
universale,  a  sua  volta  d'indole   non   assistenziale,   siccome
svincolato, nell'an, da limiti reddituali delle famiglie - concorrono
a definirne la portata,  al  di  fuori  dello  stretto  obiettivo  di
affrancare la persona da un bisogno pressante ed essenziale. 
    4.8.- Come ancora recentemente osservato  da  questa  Corte,  «la
Costituzione  impone   di   preservare   l'eguaglianza   nell'accesso
all'assistenza sociale tra cittadini  italiani  e  comunitari  da  un
lato, e cittadini  extra  UE  dall'altro,  soltanto  con  riguardo  a
servizi  e  prestazioni  che,  nella  soddisfazione  di  "un  bisogno
primario dell'individuo che non tollera  un  distinguo  correlato  al
radicamento  territoriale",  riflettano  il  godimento  dei   diritti
inviolabili della persona» (ordinanza n. 29 del  2024,  punto  5.4.1.
del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenze  n.  50  del
2019  e  n.  222  del  2013),  rammentando  che,  ove  si  tratti  di
prestazioni sociali, tanto maggiore e' l'inerenza della prestazione a
un bisogno essenziale della persona,  tanto  meno  si  giustifica  la
scelta  di  condizionarne  il  godimento  a  requisiti   diversi   ed
aggiuntivi rispetto al grado di  bisogno  concretamente  provato  (ex
multis, sentenze n. 42 del 2024 e n. 107 del 2018). 
    Il richiamato principio ha trovato applicazione:  in  materia  di
contributi regionali  finalizzati  a  sostenere  famiglie  con  figli
disabili minori o per contrastare  fenomeni  di  poverta'  e  disagio
sociale; con riguardo all'assegno sociale sostitutivo della  pensione
sociale e volto a far  fronte  a  un  particolare  stato  di  bisogno
derivante   dall'indigenza;   con   riferimento   all'indennita'   di
accompagnamento  agli  invalidi  civili  totalmente  inabili  e  alla
pensione di inabilita' (ex aliis, sentenze n. 42 del 2024, n. 137 del
2021, n. 222 e n. 40 del 2013). 
    4.9.- L'esistenza di autonome misure volte a fronteggiare bisogni
essenziali dell'individuo va poi correlata con il sistema organico di
provvidenze per i richiedenti asilo ed il loro nucleo familiare,  con
particolare riguardo ai minori che ne fanno parte. 
    Il permesso di soggiorno per i richiedenti asilo viene rilasciato
agli stranieri che presentano domanda di  protezione  internazionale,
ha durata semestrale ed e' rinnovabile fino alla decisione, e' valido
anche come documento di riconoscimento e da'  diritto,  tra  l'altro,
all'assistenza sanitaria gratuita, all'istruzione  dei  figli  minori
con diritto all'iscrizione scolastica, e al lavoro (artt. 21 e 22 del
d.lgs. n. 142 del 2015). 
    In particolare, quanto a quest'ultimo, il richiedente asilo  puo'
svolgere attivita' lavorativa decorsi 60 giorni  dalla  presentazione
della domanda amministrativa se il procedimento non e' concluso e  il
ritardo non e' a lui attribuibile, ma il suo permesso non si converte
in permesso di soggiorno per motivi di lavoro (art. 22 del d.lgs.  n.
142 del 2015, cit.): il protrarsi  del  ritardo  dell'amministrazione
non conforma diversamente il titolo di permanenza,  ma  affranca  dai
bisogni primari la persona attraverso il suo inserimento nel circuito
lavorativo componendo e contenendo i margini del bisogno. 
    4.10.- Si tratta di un apparato di norme modulato sulle  esigenze
della prima accoglienza e sulla situazione "a formazione progressiva"
in cui versa il richiedente asilo che  in  seguito  alla  domanda  e'
autorizzato  a  rimanere  sul  territorio  dello  Stato  finche'   la
competente commissione territoriale non gli riconosca  lo  status  di
rifugiato o di protezione sussidiaria o ne rigetti la domanda  (artt.
7, comma 1, e 32 del decreto legislativo  28  gennaio  2008,  n.  25,
intitolato  «Attuazione  della  direttiva  2005/85/CE  recante  norme
minime per le procedure applicate negli  Stati  membri  ai  fini  del
riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato»; artt. 2,  7
e 14 del decreto legislativo 19 novembre  2007,  n.  251,  intitolato
«Attuazione  della  direttiva   2004/83/CE   recante   norme   minime
sull'attribuzione, a  cittadini  di  Paesi  terzi  o  apolidi,  della
qualifica  del  rifugiato  o  di  persona  altrimenti  bisognosa   di
protezione internazionale, nonche' norme minime sul  contenuto  della
protezione riconosciuta»). 
    Ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria
viene poi riconosciuto, con fonte primaria, il  diritto  al  medesimo
trattamento del cittadino italiano in materia di assistenza sociale e
sanitaria (art. 27  del  d.lgs.  n.  251  del  2007)  con  l'espressa
equiparazione quanto al godimento dell'assegno temporaneo per i figli
minori (circolare dell'INPS n. 93 del 2021). 
    4.11.- Nell'indicato contesto, in cui vengono  in  valutazione  i
parametri della tutela della famiglia, maternita' e infanzia (art. 31
Cost.), l'assegno temporaneo per i figli minori e' una provvidenza di
tutela di soggetti fragili, ma non e' destinato al soddisfacimento di
bisogni essenziali della persona. Esso non e',  quindi,  assimilabile
alle misure di «sostegno indispensabili per una vita dignitosa,  come
la pensione  d'inabilita'  civile,  diretta  al  sostentamento  della
persona, nonche' alla salvaguardia di condizioni di vita  accettabili
e alla tutela di bisogni primari della persona, al fine di  garantire
un minimo vitale di sussistenza a presidio del  nucleo  essenziale  e
indefettibile del diritto al mantenimento, garantito a ogni cittadino
inabile al lavoro» (sentenza  n.  137  del  2021,  punto  8.2.2.  del
Considerato in diritto). 
    4.12.- L'estraneita' dello strumento sociale di cui si tratta  al
nucleo dei bisogni essenziali della persona  e  quindi  l'esclusione,
nel  caso  di  specie,  della  sussistenza  del  limite  invalicabile
costituito dalla garanzia di un diritto inviolabile consentono - come
costantemente ritenuto da questa Corte, in considerazione anche della
esigenza di conciliare la massima fruibilita' dei  benefici  previsti
con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili (sentenze n.
107 del 2018 e n. 133 del 2013) - di affidare  alla  discrezionalita'
del  legislatore,  pur   sempre   in   ossequio   al   principio   di
ragionevolezza, la possibilita' di graduare con criteri  restrittivi,
o financo di escludere,  l'accesso  a  prestazioni  sociali  (tra  le
tante, sentenze n. 42 del 2024, n. 199 e n. 54 del 2022,  n.  50  del
2019, n. 166 e n. 107 del 2018, n. 222, n.  133  e  n.  2  del  2013;
ordinanza n. 29 del 2024). 
    4.13.- Una situazione di bisogno dei richiedenti asilo che,  come
quella in esame, non si connota in termini di impellenza e  afferenza
alle primarie necessita' della  persona,  unitamente  al  sistema  di
provvidenze, sopra descritto, che assiste i richiedenti asilo,  rende
pertanto non irragionevole la scelta legislativa di non  includere  i
titolari  di  permesso  per  asilo  nella  platea   dei   beneficiari
dell'assegno temporaneo per i figli minori. 
    5.- Deve, conclusivamente, dichiararsi la  non  fondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate.