ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma  2,
del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  504  (Riordino  della
finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), come modificato  dall'art.  1,  comma  173,
lettera  b),  della  legge  27  dicembre  2006,   n.   296,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato  (legge  finanziaria  2007)»,  promossi  dalla  Corte  di
cassazione, sezioni unite civili, con due ordinanze  del  15  ottobre
2024, iscritte ai numeri 244 e 245  del  registro  ordinanze  2024  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  3,  prima
serie speciale, dell'anno 2025. 
    Visto l'atto di costituzione del Comune di Pietrasanta; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  24  giugno  2025  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    udito l'avvocato Marco Orzalesi per il Comune di Pietrasanta; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2025. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con due ordinanze di analogo tenore, entrambe del 15  ottobre
2024, iscritte ai numeri 244 e al n. 245 del registro ordinanze 2024,
la Corte di cassazione, sezioni unite civili, ha sollevato  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art.  8,  comma  2,  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino  della  finanza  degli
enti territoriali, a norma dell'articolo 4  della  legge  23  ottobre
1992, n. 421), come modificato dall'art. 1, comma  173,  lettera  b),
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2007)», per contrasto con gli artt. 3, 29, 31 e 53, primo
comma, della Costituzione, nella  parte  in  cui  -  nel  subordinare
l'esenzione di cui all'art. 1, comma 1, del decreto-legge  27  maggio
2008, n. 93,  recante  «Disposizioni  urgenti  per  salvaguardare  il
potere di acquisto delle famiglie»,  convertito,  con  modificazioni,
nella  legge  24  luglio  2008,  n.  126  (secondo  cui  e'   esclusa
dall'imposta comunale sugli immobili di cui  al  d.lgs.  n.  504  del
1992, l'unita'  immobiliare  adibita  ad  abitazione  principale  del
soggetto passivo, per tale intendendosi quella  considerata  tale  ai
sensi del medesimo d.lgs. n.  504  del  1992)  all'essere  l'immobile
adibito ad abitazione principale, «intendendosi per tale, salvo prova
contraria, quella di residenza anagrafica» -  stabilisce  che  «[p]er
abitazione principale si intende quella nella quale il  contribuente,
che la possiede a titolo di proprieta',  usufrutto  o  altro  diritto
reale, e i suoi familiari, dimorano abitualmente»,  anziche'  «quella
nella quale il contribuente, che la possiede a titolo  di  proprieta'
usufrutto o altro diritto reale, dimora abitualmente». 
    1.1.- Con riguardo all'ordinanza iscritta al n. 244 reg. ord. del
2024 la Corte rimettente riferisce che il  Comune  di  Desenzano  del
Garda ha proposto ricorso per cassazione avverso  la  sentenza  della
Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di
Brescia, con la quale detto giudice ha respinto i rispettivi  appelli
- quello principale, proposto dall'ente locale, e quello incidentale,
limitatamente alla disposta compensazione delle spese  del  giudizio,
proposto dalla contribuente - avverso  la  sentenza  di  primo  grado
della Commissione tributaria provinciale di Brescia che aveva accolto
il ricorso della contribuente avverso  tre  avvisi  di  accertamento,
riguardanti l'imposta comunale sugli  immobili  (ICI)  per  gli  anni
2009,  2010  e  2011,  con  i   quali   l'ente   territoriale   aveva
disconosciuto il diritto  a  beneficiare  dell'esenzione  riguardante
l'abitazione principale con riferimento all'immobile  sito  in  detto
Comune, di cui era comproprietaria al 50 per cento  con  il  coniuge,
non legalmente separato, il quale aveva pero' trasferito  la  propria
residenza anagrafica, che si presumeva quindi costituire  sua  dimora
abituale, in diverso comune. 
    1.2.- Il giudizio relativo all'ordinanza iscritta al n. 245  reg.
ord. del 2024 ha invece ad oggetto un ricorso per cassazione  che  il
Comune di Pietrasanta (LU) ha  proposto  avverso  la  sentenza  della
Commissione tributaria regionale della Toscana, con  la  quale  -  in
controversia avente ad oggetto l'impugnazione di tre distinti  avvisi
di accertamento, riferiti alle annualita'  2009,  2010  e  2011,  per
infedele  dichiarazione  dell'ICI  con  riguardo  ad  una   casa   di
abitazione sita nel medesimo Comune -  era  stato  accolto  l'appello
proposto dal contribuente nei confronti dell'ente impositore  avverso
la  sentenza  di  primo  grado  resa  dalla  Commissione   tributaria
provinciale di Lucca, che aveva respinto gli  originari  ricorsi.  Il
Comune di Pietrasanta aveva chiesto che l'art. 8, comma 2, del d.lgs.
n. 504 del 1992 fosse interpretato  nel  senso  che,  ai  fini  della
spettanza della detrazione ICI prevista per le abitazioni principali,
occorresse la  prova  da  parte  del  contribuente  che  l'abitazione
costituisse dimora abituale non  solo  propria,  ma  anche  dei  suoi
familiari, non potendo sorgere il diritto alla  detrazione  ove  tale
requisito fosse riscontrabile solo per il medesimo. 
    1.3.- Avviata originariamente  dinanzi  alla  sezione  tributaria
della  Corte  di  cassazione  la  trattazione  delle   due   predette
controversie, con ordinanze interlocutorie rispettivamente n. 5878  e
n. 5870, depositate entrambe il 27 febbraio 2023, la medesima sezione
ha rimesso le cause al Primo Presidente e questi le ha assegnate alle
Sezioni unite in riferimento al quesito se, a seguito della decisione
intervenuta in tema  di  imposta  municipale  propria  (IMU)  con  la
sentenza  di  questa  Corte  n.  209  del  2022,  potesse   ritenersi
giuridicamente    corretta     e     costituzionalmente     orientata
l'interpretazione dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504  del  1992,
come modificato dall'art. 1, comma 173, lettera b),  della  legge  n.
296 del  2006,  nel  senso  che  l'esenzione  dall'ICI  debba  essere
riconosciuta anche nel caso di abitazione principale «nella quale  il
contribuente, che la possiede a titolo  di  proprieta',  usufrutto  o
altro diritto reale», dimori abitualmente, quandanche  senza  i  suoi
familiari. 
    2.- Sostiene il giudice a quo che l'evoluzione normativa in  tema
di esenzione ICI e IMU per l'abitazione principale  consentirebbe  di
evidenziare che sia comune il riferimento al «"nucleo familiare"»; la
sola  differenza  tra  i  due  tributi  starebbe  nel  richiedere  la
normativa in tema di IMU, prima di essere incisa dalla giurisprudenza
costituzionale, la  contemporanea  sussistenza  del  requisito  della
residenza anagrafica e della dimora abituale, mentre nella disciplina
ICI  sarebbe  stabilita  l'equiparazione  tra  «dimora  abituale»   e
«residenza anagrafica» entro il limite della prova contraria a carico
del contribuente. 
    Riferisce il rimettente che  la  giurisprudenza  della  Corte  di
cassazione, specificamente consolidatasi in  tema  di  esenzione  IMU
riguardo all'immobile definito abitazione principale,  era  giunta  a
negare  l'esenzione  ai  coniugi  che  dimorassero  abitualmente   in
abitazioni diverse, facendo leva sulla necessita' della  coabitazione
abituale  dell'intero  nucleo  familiare  nel  luogo   di   residenza
anagrafica della casa coniugale, postulando la nozione di  abitazione
principale l'unicita' dell'immobile e non potendo, quindi, coesistere
due abitazioni principali riferite a ciascun coniuge, sia nell'ambito
dello stesso comune che in comuni diversi. 
    Evidenzia  la  Corte  rimettente  come  sia  poi  intervenuto  il
legislatore con  l'art.  5-decies,  comma  1,  del  decreto-legge  21
ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e  fiscale,
a tutela del lavoro e per esigenze  indifferibili),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215, che ha integrato
l'art. 1, comma 741, lettera b), della legge 27 dicembre 2019, n. 160
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2020  e
bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), il quale,  pertanto,
prevede che «[n]el caso in cui  i  componenti  del  nucleo  familiare
abbiano stabilito la dimora abituale e  la  residenza  anagrafica  in
immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi,
le  agevolazioni  per  l'abitazione  principale  e  per  le  relative
pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un  solo
immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare». 
    3.- Osserva ulteriormente il  Collegio  rimettente  che  su  tale
tessuto  normativo  e  giurisprudenziale  e'  intervenuta  la  citata
sentenza  n.  209  del  2022,  che  ha  dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale  dell'art.  13,   comma   2,   quarto   periodo,   del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n.  214,
come modificato dall'art. 1, comma 707, lettera b),  della  legge  27
dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2014)»,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che   «[p]er   abitazione
principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel  catasto
edilizio  urbano  come  unica  unita'  immobiliare,  nel   quale   il
possessore  e  il  suo  nucleo  familiare  dimorano  abitualmente   e
risiedono anagraficamente», anziche' disporre che  «[p]er  abitazione
principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel  catasto
edilizio  urbano  come  unica  unita'  immobiliare,  nel   quale   il
possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». 
    Rileva altresi' il  giudice  a  quo  che  questa  Corte,  con  la
predetta sentenza n. 209 del 2022,  resa  in  tema  di  IMU,  non  ha
ritenuto invece di estendere in via consequenziale la declaratoria di
illegittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 27 della  legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), anche al citato art. 8, comma 2, del d.lgs. n.
504 del 1992, nella parte in  cui  prevede,  ai  fini  del  godimento
dell'esenzione in tema di ICI, la dimora abituale  nell'immobile  del
possessore unitamente ai suoi familiari. 
    4.-  La  Corte  rimettente  ritiene  di   non   poter   praticare
un'interpretazione costituzionalmente orientata del censurato art. 8,
comma 2, del  d.lgs.  n.  504  del  1992  e  successive  modifiche  e
integrazioni, alla stregua dei principi espressi da questa Corte  con
la gia' citata sentenza n. 209 del 2022 in tema di IMU, in quanto  vi
osterebbe il principio, piu' volte espresso dalla Corte di cassazione
e  da  questa  stessa  Corte,  secondo  cui  le  norme   fiscali   di
agevolazione sarebbero norme di «stretta interpretazione», nel  senso
di non essere in alcun modo  applicabili  a  casi  e  situazioni  non
riconducibili al relativo significato letterale. 
    Osserva inoltre il  giudice  a  quo  che,  in  tema  di  ICI,  la
giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  sarebbe   assolutamente
consolidata, tanto da costituire  «diritto  vivente»,  nell'affermare
che, ai  fini  della  spettanza  dell'agevolazione  prevista  per  le
abitazioni principali, occorrerebbe che  il  contribuente  provi  che
l'abitazione costituisca dimora abituale non solo  propria  ma  anche
dei   familiari,   non   sussistendo   il   diritto   al    godimento
dell'agevolazione, ove tale requisito sia riscontrabile per  il  solo
contribuente. 
    5.- Ritiene il rimettente che le considerazioni addotte da questa
Corte  potrebbero,  pur  tenendo   conto   della   parziale   diversa
formulazione delle rispettive norme, estendersi  al  contenuto  della
disciplina ICI. 
    Le questioni sarebbero rilevanti  ai  fini  della  decisione  dei
giudizi   a   quibus,   riguardando   la   pretesa   impositiva    il
disconoscimento dell'esenzione in relazione al presupposto soggettivo
della medesima, essendo  contestato  se  sia  sufficiente  la  dimora
abituale nell'abitazione principale del solo contribuente o anche dei
suoi familiari. 
    6.- Sussisterebbe, a giudizio delle Sezioni unite civili, la  non
manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale
della citata disposizione in riferimento  agli  artt.  3,  53,  primo
comma, 29 e 31 Cost. 
    Con riguardo  ai  primi  due  parametri  ricorrerebbe  una  piena
identita' con  le  ragioni  che  avrebbero  indotto  questa  Corte  a
ritenere l'irragionevolezza delle disposizioni in tema di IMU  quanto
alla natura e alla ratio di detto tributo. 
    La disposizione oggetto  del  presente  scrutinio  condividerebbe
infatti  appieno,  con  quella  gia'  dichiarata   costituzionalmente
illegittima in tema di IMU, la natura di esenzione, giustificata  dal
raggiungimento di finalita' extrafiscali, volte a favorire  l'accesso
del risparmio popolare alla proprieta' dell'abitazione. 
    L'ICI, d'altronde, al pari dell'IMU, in  quanto  imposta  «reale»
riferita  a  beni  immobili  facenti   parte   del   patrimonio   del
contribuente, renderebbe irragionevole, anche in riferimento all'art.
53, primo comma,  Cost.  oltre  che  all'art.  3  Cost.,  il  rilievo
attribuito ai fini del riconoscimento dell'esenzione, alle  relazioni
del soggetto con il nucleo familiare, e dunque, allo status personale
del contribuente,  anziche'  solo  a  elementi  come  la  natura,  la
destinazione o lo stato dell'immobile. 
    Varrebbe poi anche per l'ICI quanto osservato da questa Corte  in
tema  di  IMU  circa   l'irragionevolezza   della   disposizione   in
considerazione  della  dimensione  ordinamentale  e   sociale   della
famiglia. Ne conseguirebbe che la norma in tema di  ICI,  applicabile
nella presente controversia,  susciterebbe  dubbi  di  illegittimita'
costituzionale anche  in  riferimento  agli  artt.  29  e  31  Cost.,
discriminando  in  modo  arbitrario,  ai  fini  del   godimento   del
beneficio, la persona unita  in  matrimonio  rispetto  a  quella  non
coniugata. 
    7.- Nel giudizio relativo all'ordinanza iscritta al n.  245  reg.
ord. del 2024, si e' costituito in giudizio il Comune di Pietrasanta,
chiedendo che la questione sia dichiarata  inammissibile  o  comunque
non fondata. 
    Ritiene il suddetto Comune che dalla giurisprudenza  della  Corte
di cassazione possa apprezzarsi, ai fini  del  beneficio  fiscale  in
materia di ICI, la valorizzazione della dimora abituale, intesa quale
ubicazione  della  casa  coniugale,  che  consentirebbe  di  ottenere
ugualmente l'esenzione pur in presenza di  una  differente  residenza
anagrafica di uno dei coniugi. 
    Infatti, in materia di IMU, la disciplina  relativa  ai  benefici
fiscali, per quanto  simile  a  quella  dell'ICI,  risulterebbe  piu'
rigida, tant'e' che, imponendo l'unicita' della residenza  anagrafica
del  nucleo  familiare  oltre  che  della  dimora,  escluderebbe   la
possibilita', consentita in materia di ICI, di dimostrare  l'unicita'
dell'effettiva «"dimora del nucleo familiare"» pur in presenza  della
diversa residenza anagrafica di uno dei coniugi. 
    Cio' comporterebbe che in tema di ICI il  contribuente  coniugato
non  convivente  non  patirebbe  quella  situazione   discriminatoria
paventata dal rimettente rispetto al single, ai  coniugi  conviventi,
alle coppie di fatto e alle unioni civili, dal che  discenderebbe  la
non fondatezza della questione sollevata. 
    Il contribuente sarebbe solamente gravato  dell'onere  probatorio
volto a dimostrare  la  necessita'  della  differente  residenza  del
coniuge. 
    Ove quest'ultima non dipenda da una reale esigenza  (da  provarsi
da  parte  del   contribuente),   allora   risulterebbe   del   tutto
ingiustificata la concessione  del  beneficio  tributario  stante  la
circostanza che entrambi i coniugi, effettivamente  conviventi  nello
stesso luogo, godrebbero del beneficio fiscale in  contrasto  con  la
ratio che lo attribuirebbe solamente per gli immobili utilizzati come
prima casa. 
    Peraltro, nemmeno nella stessa sentenza n. 209  del  2022  questa
Corte avrebbe ritenuto di dover estendere - ex art. 27 della legge n.
87 del 1953  -  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201  del  2011,  come  convertito,
anche all'art. 8, comma 2, oggi in esame. 
    8.- Con memoria depositata  il  30  maggio  2025,  il  Comune  di
Pietrasanta ha evidenziato come la Corte di cassazione  abbia  sempre
applicato e interpretato in maniera univoca la disposizione censurata
e solo ora, a distanza di anni dalla sua  entrata  in  vigore,  abbia
ritenuto di sollevare la questione  di  legittimita'  costituzionale,
senza pero' considerare che i requisiti originariamente previsti  per
fruire del beneficio d'imposta in materia di IMU sono diversi e  piu'
rigorosi rispetto a quelli stabiliti in materia di ICI. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Le Sezioni unite civili della Corte  di  cassazione,  con  le
ordinanze indicate in epigrafe (reg. ord. numeri 244 e 245 del 2024),
sollevano questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma
2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come  modificato  dall'art.  1,  comma
173, lettera b), della legge n. 296 del  2006,  in  riferimento  agli
artt. 3, 29, 31  e  53,  primo  comma,  Cost.,  nella  parte  in  cui
stabilisce che «[p]er abitazione principale si intende  quella  nella
quale il contribuente,  che  la  possiede  a  titolo  di  proprieta',
usufrutto o  altro  diritto  reale,  e  i  suoi  familiari,  dimorano
abitualmente», anziche' disporre che «[p]er abitazione principale  si
intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a  titolo
di proprieta', usufrutto o altro diritto reale, dimora abitualmente». 
    Le due controversie su cui sono chiamati a decidere i  giudici  a
quibus hanno entrambe  a  oggetto  avvisi  di  accertamento  relativi
all'ICI per gli anni 2009, 2010 e 2011, in cui un soggetto  coniugato
aveva chiesto l'esenzione da  tale  imposta  in  ragione  dell'essere
l'immobile adibito ad abitazione  principale  in  quanto  sua  dimora
abituale, ma non anche dell'altro coniuge. 
    2.- La Corte rimettente ritiene le questioni sollevate  rilevanti
in quanto,  in  ipotesi  di  accoglimento,  il  contribuente  avrebbe
diritto  alla  suddetta  esenzione,  mentre,  allo   stato,   secondo
l'univoca giurisprudenza della stessa Corte  di  cassazione,  non  ne
potrebbe  usufruire,  non  dimorando  nell'immobile  anche   i   suoi
familiari. 
    Secondo  il  giudice   a   quo   le   questioni   sarebbero   non
manifestamente infondate in  relazione  all'asserita  violazione  dei
principi di uguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.), di capacita'
contributiva (art. 53, primo comma, Cost.) e di quelli posti a tutela
della famiglia (artt. 29 e 31 Cost.);  peraltro,  una  questione  del
tutto analoga in tema di IMU sarebbe stata accolta con la sentenza n.
209 del 2022 di questa Corte. 
    In particolare, come  l'IMU,  l'ICI  avrebbe  natura  di  imposta
«reale», cosicche' sarebbero  del  tutto  irrilevanti,  ai  fini  del
riconoscimento o meno della relativa  esenzione,  profili  soggettivi
quali lo status di soggetto coniugato o meno  del  contribuente,  dal
che discenderebbe l'irragionevolezza della disposizione censurata con
riferimento al principio di uguaglianza e di  capacita'  contributiva
in ragione della disparita'  di  trattamento  rispetto  alla  persona
singola che  gode  dell'esenzione  per  il  solo  fatto  di  dimorare
abitualmente nell'immobile di  cui  e'  possessore,  con  conseguente
violazione anche dei principi posti a tutela della  famiglia  di  cui
agli artt. 29 e 31 Cost. 
    3.- Preliminarmente, i  giudizi  promossi  con  le  due  distinte
ordinanze delle  sezioni  unite  civili  della  Corte  di  cassazione
possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza, poiche'  hanno
a oggetto controversie del tutto analoghe  e  sollevano  le  medesime
questioni. 
    4.- Nel  merito,  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, comma 2, del  d.lgs.  n.  504  del  1992,  sollevate  in
riferimento agli artt. 3, 29, 31  e  53,  primo  comma,  Cost.,  sono
fondate. 
    5.-  E'  innanzitutto  opportuno  ricostruire  sinteticamente  il
quadro  normativo  e  giurisprudenziale  che  ha  caratterizzato   il
beneficio in questione (che, nelle varie  fasi  della  sua  esistenza
giuridica, ha assunto, come e' avvenuto per l'IMU, anche il carattere
di semplice agevolazione, oltre quello,  piu'  recente,  di  completa
esenzione), evidenziando la ratio non  solo  dell'esenzione  nel  suo
complesso,  ma  anche  del  riferimento  alla  dimora  abituale   dei
familiari nell'abitazione operato dalla disposizione censurata  quale
requisito necessario per ottenere la suddetta esenzione e di  cui  il
rimettente chiede l'eliminazione. 
    6.- Il d.lgs. n. 504 del 1992  ha  istituito  l'imposta  comunale
sugli immobili, tributo che, come anche osservato dalla  sentenza  n.
262 del 2020, ha significativamente ampliato il livello di  autonomia
finanziaria dei comuni. 
    Il  suddetto  testo  normativo,  fin  dalla  sua  nascita,   gia'
conteneva il riferimento alla necessaria presenza dei  familiari  per
usufruire del beneficio in questione: l'art. 8,  comma  2,  prevedeva
infatti  che  «[d]alla  imposta  dovuta  per   l'unita'   immobiliare
direttamente adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si
detraggono, fino alla concorrenza del  suo  ammontare,  lire  180.000
rapportate al periodo dell'anno durante  il  quale  si  protrae  tale
destinazione;  se  l'unita'  immobiliare  e'  adibita  ad  abitazione
principale da piu' soggetti passivi la detrazione spetta  a  ciascuno
di essi proporzionalmente alla quota per  la  quale  la  destinazione
medesima si verifica. Per abitazione  principale  si  intende  quella
nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di  proprieta',
usufrutto  o  altro  diritto  reale,  e  i  suoi  familiari  dimorano
abitualmente», ossia, come spiegato dalla  Corte  di  cassazione,  il
luogo in cui stabilmente, cioe' in modo prevalente e non occasionale,
il contribuente  vive  ed  esercita  i  propri  interessi  (Corte  di
cassazione, sezione tributaria, ordinanza 6 marzo 2025, n. 6029). 
    Successivamente, l'art. 1, comma 173, lettera b), della legge  n.
296 del 2006 ha modificato, con decorrenza dal 1°  gennaio  2007,  il
testo  originario  della  disposizione  censurata,  introducendo  una
presunzione   relativa   di   coincidenza   della   dimora   abituale
nell'immobile di residenza anagrafica, stabilendo che «[...] dopo  le
parole: "adibita ad abitazione principale del soggetto passivo"  sono
inserite  le  seguenti:  ",  intendendosi  per  tale,   salvo   prova
contraria, quella di residenza anagrafica"». 
    Il tenore complessivo della citata disposizione e' stato pertanto
cosi' riformulato: «[d]alla imposta dovuta per  l'unita'  immobiliare
adibita ad abitazione principale del soggetto  passivo,  intendendosi
per tale, salvo prova contraria, quella di residenza  anagrafica,  si
detraggono, fino  a  concorrenza  del  suo  ammontare,  lire  200.000
rapportate al periodo dell'anno durante  il  quale  si  protrae  tale
destinazione;  se  l'unita'  immobiliare  e'  adibita  ad  abitazione
principale da piu' soggetti passivi, la detrazione spetta a  ciascuno
di essi proporzionalmente alla quota per  la  quale  la  destinazione
medesima si verifica. Per abitazione  principale  si  intende  quella
nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di  proprieta',
usufrutto  o  altro  diritto  reale,  e  i  suoi  familiari  dimorano
abitualmente». 
    Il suddetto beneficio, sia  pure  con  delle  eccezioni  per  gli
immobili di pregio per i quali e' comunque  sopravvissuto  il  regime
delle detrazioni, e' stato quindi trasformato in esenzione  dall'art.
1 del d.l. n. 93 del  2008,  come  convertito,  secondo  cui:  «1.  A
decorrere dall'anno  2008  e'  esclusa  dall'imposta  comunale  sugli
immobili di cui al decreto legislativo  30  dicembre  1992,  n.  504,
l'unita' immobiliare adibita ad abitazione  principale  del  soggetto
passivo. 2. Per unita' immobiliare adibita ad  abitazione  principale
del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.   504,   e   successive
modificazioni, nonche' quelle  ad  esse  assimilate  dal  comune  con
regolamento vigente alla data  di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1,  A8  e  A9
per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista  dall'art.
8, commi 2 e 3, del citato decreto n. 504 del 1992». 
    Con gli artt. 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23
(Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale) l'ICI  e'
stata  sostituita  definitivamente  dall'IMU  a   partire   dall'anno
d'imposta 2012, quale tributo previsto in via generale sugli immobili
e il cui gettito e' destinato ai comuni. 
    La continuita' tra ICI e IMU e' stata evidenziata dalle  sentenze
di questa Corte n. 12 del 2023 e n. 21 del 2024 e anche la  Corte  di
cassazione non ha mancato di sottolineare le «rilevanti  similitudini
esistenti fra i due tributi» (sezione sesta tributaria, ordinanze  13
ottobre 2022, numeri 30081 e  30078  e  25  luglio  2022,  n.  23111)
affermando che «l'IMU si pone in  ideale  linea  di  continuita'  con
l'ICI» (ancora, Cass., n. 23111 del 2022). 
    Appunto in riferimento allo stretto legame tra le due imposte, la
Corte di cassazione ha affermato che «in tema di ICI ed IMU, ai  fini
dell'esenzione prevista dall'art. 8 [del d.lgs. n. 504 del  1992]  e'
necessario che, in riferimento alla stessa unita' immobiliare,  tanto
il possessore quanto il suo nucleo familiare  non  solo  vi  dimorino
stabilmente, ma vi  risiedano  anche  anagraficamente,  conformemente
alla natura  di  stretta  interpretazione  delle  norme  agevolative»
(Corte di cassazione, sezione tributaria, ordinanza 14  aprile  2025,
n. 9798; nello stesso senso, ordinanze 8 agosto 2022, n. 24462  e  29
novembre 2021, n. 37343); inoltre, la stessa Corte di  cassazione  ha
osservato  che  «per   l'abitazione   principale   [...]   non   deve
necessariamente intendersi quella di residenza anagrafica, atteso che
la norma introduce una presunzione relativa che puo' essere  superata
dal  contribuente  mediante  la  prova  contraria  circa  l'effettivo
utilizzo quale  dimora  abituale,  anche  per  un  periodo  di  tempo
limitato, di altro immobile non coincidente con quello di  residenza»
(Cass.,  ord.  n.  6029  del  2025;  nello  stesso  senso,  Corte  di
cassazione, sezione tributaria, sentenza 22 marzo  2023,  n.  8245  e
ordinanza 27 febbraio 2023, n. 5870). 
    7.- Con la sentenza n. 209 del 2022 questa Corte, intervenendo in
materia di IMU in merito a una norma analoga a quella oggi  censurata
e avente a oggetto l'esatta delimitazione dei confini  dell'esenzione
dal pagamento della predetta imposta per l'abitazione principale,  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  13,  comma  2,
quarto periodo, del d.l. n. 201  del  2011,  come  convertito,  nella
parte in cui stabilisce che: «[p]er abitazione principale si  intende
l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio  urbano  come
unica unita' immobiliare, nel quale il possessore  e  il  suo  nucleo
familiare  dimorano  abitualmente   e   risiedono   anagraficamente»,
anziche'  disporre:   «[p]er   abitazione   principale   si   intende
l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio  urbano  come
unica unita' immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente
e risiede anagraficamente». 
    8.- Come  evidenziato  nella  predetta  sentenza,  l'esenzione  a
favore  dell'abitazione  principale  si  puo'  ritenere   rivolta   a
perseguire la finalita' di favorire «l'accesso del risparmio popolare
alla proprieta' dell'abitazione» di cui all'art. 47,  secondo  comma,
Cost., laddove il significato di quest'ultimo  termine  -  come  reso
evidente dall'uso dell'articolo determinativo - non e' quello di fare
riferimento  a  un  immobile  qualsiasi  ma  solo  a  quello  in  cui
effettivamente si abiti. 
    Ne deriva che una  corretta  esplicazione  del  suddetto  dettato
costituzionale e' quella di riconoscere un beneficio per  coloro  che
possiedano, a titolo di proprieta', usufrutto o altro diritto  reale,
una abitazione adibita a propria dimora abituale. 
    9.- Venendo piu' specificamente  all'individuazione  della  ratio
legis del frammento di  disposizione  di  cui  il  rimettente  chiede
l'espunzione dall'ordinamento giuridico, quella  del  riferimento  ai
familiari sta nell'«impedire che la fittizia assunzione della  dimora
o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei  la
possibilita' per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei
benefici per l'abitazione principale» (Corte di  cassazione,  sezione
tributaria, ordinanze 17 luglio 2024, n. 19684 e 9  giugno  2021,  n.
16001). 
    In altri termini, la disposizione presuppone  quella  che  e'  la
situazione piu' frequente per una coppia coniugata e non  separata  o
divorziata,  ossia  la  coabitazione,  come   del   resto   prescrive
espressamente l'art. 143, secondo comma, del codice  civile,  ma  non
considera  la  possibilita'  per  i  coniugi,  indiscussa  l'affectio
coniugalis, di stabilire residenze disgiunte. 
    10.- Infatti, come osservato dalla  sentenza  n.  209  del  2022,
«[i]n  un  contesto  come   quello   attuale   [...]   caratterizzato
dall'aumento della mobilita' nel mercato del lavoro,  dallo  sviluppo
dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei  costumi,
e' sempre meno rara l'ipotesi che persone unite in  matrimonio  [...]
concordino   di   vivere   in   luoghi   diversi,    ricongiungendosi
periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo  nell'ambito
di una comunione materiale e spirituale». E questo e' proprio  quanto
e' accaduto nei giudizi a quibus, dove si  trattava  di  coniugi  che
dimoravano abitualmente in immobili diversi, per motivi di  lavoro  o
di assistenza ai genitori anziani. 
    Pertanto,  come  la  disposizione  dichiarata  costituzionalmente
illegittima dalla sentenza di questa Corte da ultimo ricordata, anche
quella oggetto dell'odierna censura, sconta  il  fatto  di  non  aver
tenuto in debito conto la circostanza che, in concreto,  sempre  piu'
spesso i coniugi non vivono insieme  o,  comunque,  stabiliscono  due
dimore abituali distinte. 
    11.- L'intervento di questa Corte  sulla  disposizione  censurata
deve, dunque, tenere conto, in continuita' con la sentenza n. 209 del
2022. che il concetto di abitazione principale assume il  significato
di luogo in cui il contribuente dimori abitualmente. 
    In tal modo  viene  salvaguardata  l'esigenza,  da  un  lato,  di
attribuire il beneficio a tutti coloro che abbiano adibito l'immobile
di cui siano possessori a dimora abituale e, dall'altro, di  impedire
che il possessore  di  una  abitazione,  ove  non  vi  dimori,  possa
usufruire dell'esenzione. 
    In effetti, «[n]el nostro ordinamento costituzionale non  possono
trovare  cittadinanza  misure  fiscali   strutturate   in   modo   da
penalizzare coloro che,  cosi'  formalizzando  il  proprio  rapporto,
decidono di unirsi in matrimonio» (ancora, sentenza n. 209 del 2022).
Tale  e',  invece,  proprio  l'effetto  prodotto  dalla  disposizione
censurata, perche' la stessa, cosi'  come  univocamente  interpretata
dal diritto vivente, richiede, per poter riconoscere l'esenzione,  la
dimora  abituale  dei  familiari  nell'abitazione  del  contribuente,
determinando  una  irragionevole  discriminazione   di   quest'ultimo
qualora coniugato rispetto, ad esempio, alla persona singola. 
    Pertanto, «[l]a scelta  di  accettare  che  il  proprio  rapporto
affettivo sia regolato dalla disciplina legale del  matrimonio  [...]
determina [...] l'effetto di precludere la possibilita' di  mantenere
la doppia esenzione anche quando  effettive  esigenze,  come  possono
essere in particolare  quelle  lavorative,  impongano  la  scelta  di
residenze anagrafiche e dimore abituali differenti» (ancora, sentenza
n. 209 del 2022). 
    Dunque,  la  disposizione  censurata,  disciplinando   situazioni
omogenee in modo ingiustificatamente diverso, si palesa in  contrasto
con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.  nella  parte
in cui, nel definire il concetto di abitazione  principale,  richiede
la dimora abituale anche dei familiari. 
    12.- Inoltre, poiche', come l'IMU, anche l'ICI ha per presupposto
il possesso, la proprieta' o la titolarita' di altro diritto reale in
relazione a beni immobili, quest'ultimo tributo riveste la natura  di
imposta  reale  e  non  ricade  nell'ambito  delle  imposte  di  tipo
personale, quali quelle sul reddito. 
    E' pertanto con cio' coerente il rilievo  attribuito  a  elementi
oggettivi relativi all'immobile (in  particolare  la  circostanza  di
risiedervi anagraficamente e di dimorarvi abitualmente), e non  anche
allo  status  soggettivo  del  contribuente  in  relazione  alla  sua
convivenza o meno con i familiari. 
    Il  riferimento  ai  familiari   contenuto   nella   disposizione
censurata non e' quindi un criterio idoneo a selezionare gli immobili
meritevoli  di  esenzione  in  quanto   effettivamente   adibiti   ad
abitazione principale del contribuente. 
    13.- Altresi' fondata e', infine, la censura riferita agli  artt.
29 e 31 Cost., in quanto  una  lettura  combinata  dei  due  precetti
costituzionali suggerisce, ma non impone, trattamenti, anche fiscali,
a favore della famiglia e  senz'altro  si  oppone  a  quelli  che  si
risolvono in una sua penalizzazione. 
    Ne discende la violazione dei suddetti  parametri  costituzionali
da parte della disposizione censurata in quanto la  stessa  richiede,
quali requisiti per ottenere l'esenzione  dell'ICI  per  l'abitazione
principale, non solo la dimora abituale del  contribuente,  ma  anche
quella  dei  suoi  familiari,  cosi'  discriminando  il  contribuente
coniugato non convivente. 
    14.-   Conclusivamente,   deve    dichiararsi    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come
modificato dall'art. 1, comma 173, lettera b), della legge n. 296 del
2006, nella parte in cui stabilisce che «[p]er abitazione  principale
si intende quella nella quale il  contribuente,  che  la  possiede  a
titolo di proprieta', usufrutto o  altro  diritto  reale,  e  i  suoi
familiari  dimorano  abitualmente»,  anziche'  prevedere  che  «[p]er
abitazione principale si intende quella nella quale il  contribuente,
che la possiede a titolo di  proprieta'  usufrutto  o  altro  diritto
reale, dimora abitualmente».