ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  del  D.   P. R. 28
 dicembre 1952, n. 4379, promosso con ordinanza 14 dicembre  1960  della
 Corte  d'appello  di  Roma  nel  procedimento  civile tra l'Ente per la
 colonizzazione della Maremma tosco-laziale e Diamilla  Magnelli  Paolo,
 Pediconi  Giuseppe, Medici del Vascello Elvina e la Societa' per azioni
 "Marmorelle" iscritta al n. 5 del Registro ordinanze 1961 e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 4 febbraio 1961.
     Udita  nell'udienza  pubblica  del 24 gennaio 1962 la relazione del
 Giudice Gaspare Ambrosini;
     uditi l'avv. Michele Giorgianni, per  Diamilla  Magnelli  Paolo  ed
 altri,  e  l'avv.  Guido Astuti, per l'Ente per la colonizzazione della
 Maremma tosco-laziale.
                           Ritenuto in fatto:
     Con decreto del Presidente della Repubblica del 28  dicembre  1952,
 n. 4379, emanato in seguito al deposito in data  22 ottobre 1951 di due
 piani  particolareggiati  di  espropriazione  nei  confronti  di  Maria
 Carolina Misciattelli,  Guglielmo  Pallavicini  e  della  Societa'  per
 azioni  "Marmorelle",  quali  proprietari  pro  indiviso  di due tenute
 (Montetosto e  Centocorvi)  in  agro  di  Cerveteri,  si  disponeva  il
 trasferimento    all'Ente   per   la   colonizzazione   della   Maremma
 tosco-laziale di due accorporamenti della  estensione  complessiva,  il
 primo  (Montetosto)  di  ettari 511.48.80 ed il secondo (Centocorvi) di
 ettari 337.09.40.
     Con citazione  28  luglio  1954  i  tre  soggetti  espropriati  (la
 Societa'  "Marmorelle"  in persona dell'amministratore, il Pallavicini,
 quale assente, risultando disperso in guerra, e la di lui  madre  Maria
 Misciattelli,  rappresentati dall'avv.   Pediconi, curatore del primo e
 procuratore della seconda) ed inoltre l'avv. Diamilla  Magnelli,  quale
 curatore   della   prole  nascitura  di  Maria  Carolina  Misciattelli,
 convenivano l'Ente Maremma davanti al Tribunale di Roma chiedendo  che,
 previo accertamento della illegittimita' del decreto di espropriazione,
 esso  Ente  fosse  condannato alle relative restituzioni. Richiamato un
 loro atto di opposizione all'Ente Maremma, in data 15 ottobre  1951,  e
 un  ricorso  al  Consiglio  di  Stato in sede giurisdizionale avverso i
 piani particolareggiati, assumevano che  la  espropriazione  era  stata
 disposta  sul  presupposto che la tenuta "Montetosto" appartenesse alla
 Misciattelli  per  252,  al  Pallavicini  per  84   e   alla   Societa'
 "Marmorelle"  per  204/540, e la tenuta "Centocorvi"  alla Misciattelli
 per 42, al Pallavicini per 14 e alla Societa' "Marmorelle" per 25/81, e
 sul presupposto, altresi', che dei 252/540 della  prima  tenuta  e  dei
 42/81  della  seconda,  168/540 e 28/81, rispettivamente 84/540 e 14/81
 fossero pervenuti alla Misciattelli (che gia' aveva  ereditato  da  una
 zia  i  residui 84/540 e 14/81) quale unica erede legittima della madre
 Margherita Pallavicini vedova Misciattelli, morta  il  6  maggio  1937.
 Rilevavano che costei, invece, con testamento olografo in data 5 maggio
 1920, aveva lasciato alla figlia soltanto la meta' del suo patrimonio e
 disposto  dell'altra  meta'  mettendola  a  moltiplico per i nipoti (ex
 filia), dei quali il solo Guglielmo gia' nato all'epoca del testamento,
 e gli altri eventuali nascituri. Il testamento era stato pubblicato  in
 data  19  maggio  1951. Nel relativo atto di deposito si diceva che era
 stato ritrovato tra le carte di famiglia.
     Si erano,  pertanto,  attribuiti  alla  Misciattelli  84/540  della
 tenuta  Montetosto  e  14/81  della  tenuta  Centocorvi,  appartenenti,
 invece, alla sua prole nata e nascitura,  con  conseguente  errore  nel
 calcolo  della  percentuale  di  reddito  dominicale e violazione della
 tabella di scorporo di cui all'art. 4 della legge stralcio. Di  qui  il
 diritto   dei   condomini  alla  retrocessione  della  parte  dei  beni
 espropriati  corrispondente  alla  suddetta   differenza   di   reddito
 dominicale.
     La  domanda  giudiziale  veniva  trascritta  a  favore  della prole
 nascitura di Maria Misciattelli, con nota 5 marzo 1955.
     L'Ente di riforma si costituiva in giudizio obiettando, in linea di
 fatto (comparsa conclusionale 30 maggio 1955)  che,  alla  morte  della
 madre,  la  Misciattelli  ne  aveva  accettato l'eredita' - quale unica
 erede legittima - trascrivendo  a  suo  favore.  Su  tale    titolo  di
 acquisto  ineccepibile  era  stata,  appunto,  computata la consistenza
 della  sua   proprieta'   terriera   nella   compilazione   del   piano
 particolareggiato.
     La difesa del convenuto accennava, inoltre, circa i figli nascituri
 di Maria Misciattelli - tuttora tali - alla possibilita' di produrre un
 certificato  anagrafico.  In linea di diritto opponeva, quindi, diverse
 eccezioni (difetto di giurisdizione dell'Autorita'  giudiziaria  ecc.).
 In   particolare,  l'Ente  riconosceva  che  certi  atti,  cui  avevano
 partecipato  il  curatore  dell'assente  e  il  curatore  dei  suddetti
 nascituri  (richiesta  di  assegnazione  del  terzo  residuo in data 22
 dicembre 1951, contratto condizionato di permuta di alcuni terreni  con
 lo  stesso  Ente  Maremma in data 24 giugno 1952, impugnativa del piano
 particolareggiato  in  Consiglio   di   Stato),   avrebbero   importato
 un'accettazione   tacita  dell'eredita',  se  il  relativo  diritto,  a
 quell'epoca, non si fosse ormai prescritto.  L'Ente sosteneva,  quindi,
 nella  specie,  la inopponibilita' ad esso del testamento di Margherita
 Pallavicini.
     Queste  eccezioni  venivano  pero'  respinte  con   sentenza   (non
 definitiva)  5  luglio  - 19 settembre 1955, riguardo alla prescrizione
 suddetta, fondandosi il  Tribunale  sull'art.  252  delle  disposizioni
 transitorie  del  Cod.  civile.  Osservava,  altresi', il Tribunale che
 risalendo, a norma sia dell'art. 933 del vecchio che dell'art. 459  del
 nuovo  Codice  civile,  al momento dell'apertura della successione, non
 era a dubitare che le accettazioni di eredita' compiute  posteriormente
 al  15 novembre 1949, ma relative a successioni apertesi anteriormente,
 abbiano piena efficacia anche nei  confronti  degli  Enti  di  riforma.
 Pertanto,  non essendosi tenuto conto del suddetto testamento olografo,
 si erano lesi, fino alla concorrenza di un maggior  reddito  dominicale
 complessivo  di  L.  38.959,  33  i  diritti di proprieta' sia di Maria
 Misciattelli che di Guglielmo Pallavicini, ed eventualmente della prole
 nascitura della prima.
     Pertanto, il Tribunale, dichiarata la  illegittimita'  del  decreto
 legislativo   di   espropriazione,   condannava   l'Ente  Maremma  alla
 restituzione dei frutti.
     Con sentenza (definitiva) 27  giugno-20  settembre  1957,  eseguiti
 vari  accertamenti  tecnici  (consulente  tecnico  dott. E. Barile) per
 individuare  i  terreni  corrispondenti  alla  quantita'   di   reddito
 dominicale  espropriato  in  eccesso,  il  Tribunale di Roma condannava
 l'Ente di riforma a restituire tali terreni.
     Con atto 7 novembre 1957 l'Ente Maremma proponeva appello.
     Nel corso del giudizio, essendosi gia'  fatta  richiesta  (comparse
 conclusionali  11  dicembre  e  20  dicembre  1959) per il rinvio della
 controversia - quanto alla  legittimita'  del  decreto  legislativo  di
 espropriazione - alla Corte costituzionale, alla udienza collegiale del
 22  dicembre  1959,  l'avvocato degli espropriati chiedeva che la causa
 fosse rinviata innanzi al Consigliere  istruttore  "per  consentire  la
 costituzione  degli eredi del Pallavicini, dichiarato morto". La Corte,
 in accoglimento dell'istanza, rinviava all'udienza istruttoria  del  28
 gennaio  1960.  Dopo  di che, all'udienza del 31 marzo 1960, l'avvocato
 degli espropriati si costituiva "per la principessa Elvina  Medici  del
 Vascello  ved.  Pallavicini  in  proprio  e  quale  esercente la patria
 potesta'  sulla  figlia  minore  Maria  Camilla,  entrambi  nella  loro
 qualita'  di  eredi del principe Guglielmo Pallavicini, gia' costituito
 in giudizio a mezzo del curatore avv.  Pediconi". A tal fine depositava
 vari  documenti.    La  difesa  dell'Ente  chiedeva   rinvio   per   la
 precisazione  delle  conclusioni;  il  che  avveniva  all'udienza del 5
 maggio 1960, passando, quindi, la causa, all'udienza collegiale del  28
 ottobre seguente, in decisione.
     Con  ordinanza  14  dicembre  1960,  la  Corte  di appello di Roma,
 esposti i fatti della causa, osservava che  sia  per  le  ragioni  gia'
 indicate   dal   Tribunale,  sia  per  la  sopravvenuta  giurisprudenza
 (sentenze nn. 8 e 57 del 1959) della Corte costituzionale - entrata  in
 funzione  nelle  more  del giudizio - la questione sollevata non poteva
 dirsi  manifestamente  infondata,  e  rimetteva  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale  per  decidere  se  il decreto di espropriazione potesse
 ritenersi  legittimo  per  avere  tenuto   conto   delle   intestazioni
 catastali,  e  se  non  avesse  dovuto  prevalere,  quale decisiva agli
 effetti  di  cui  trattavasi,  la  prova  del  diritto  di   proprieta'
 risultante dalla disposizione testamentaria.
     L'ordinanza  veniva  notificata  alle  parti  il  7  gennaio  1961,
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento il  5  gennaio
 1961  e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica del 4
 febbraio 1961, n. 31.
     Nelle deduzioni in  data  18  febbraio  1961,  davanti  alla  Corte
 costituzionale,   la   difesa  di  Maria  Misciattelli  e  degli  altri
 espropriati costituiti in appello, contestava anzitutto il giudizio  di
 rilevanza costituzionale erroneamente emesso, a suo avviso, dal giudice
 a  quo  (per  tardiva  produzione, davanti alla Corte di appello, della
 sentenza appellata) e  faceva  ogni  ampia  riserva  di  valersi  della
 eccezione nell'ulteriore corso della causa di merito. Indipendentemente
 da cio', aggiungeva, il decreto di esproprio era comunque illegittimo.
     A  sua  volta,  nelle deduzioni in data 21 febbraio 1961, la difesa
 dell'Ente Maremma insisteva  particolarmente  sulla  circostanza  della
 ritardata  pubblicazione  del  testamento,  e  sulla "evidente concorde
 pretesa, da parte degli eredi di Margherita Pallavicini di farne valere
 gli effetti solo in quanto essi comportavano una riduzione della  quota
 di  scorporo  della  esproprianda  Maria  Carolina  Misciattelli, senza
 peraltro rendere possibile un  correlativo  esproprio  a  carico  degli
 altri  ipotetici beneficiari, uno dei quali era 'assente' fin dal 1940,
 e gli altri ancora di la' da venire".
     Riguardo alla pubblicazione, in genere, del testamento olografo,  e
 alla  sua  pubblicita',  in  relazione  all'art.  620  del Cod. civile,
 sosteneva, inoltre, la difesa dell'Ente che quando la successione abbia
 ad  oggetto   beni   immobili,   "alla   pubblicazione   si   ricollega
 necessariamente  l'ulteriore  pubblicita' richiesta dalla legge per cui
 l'acquisto deve essere trascritto (cfr. art. 2648 Cod. civ.)".
     In via subordinata, la difesa dell'Ente rilevava che, in ogni caso,
 l'eventuale motivo di illegittimita' del decreto di espropriazione, non
 vizierebbe detto decreto  in  toto,  ma  soltanto  parzialmente,  nella
 misura  in  cui  l'errato  calcolo  della  consistenza della proprieta'
 Misciattelli alla data del 15 novembre 1949 avesse  potuto  determinare
 lo  scorporo  di  una  quota  superiore  a  quella  dovuta in base alla
 corretta applicazione dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841.
     Assumeva,  infine,  riferendosi  alla  commassazione  della   quota
 ereditaria della prole nascitura della Maria Carolina Misciattelli, che
 non sarebbe comunque possibile pronunziare l'illegittimita' del decreto
 di  espropriazione  emanato  nei  di  lei  riguardi, se prima non fosse
 accertato dal  giudice  di  merito  la  possibilita'  o  meno  di  tale
 sopravvenienza  di  prole. Al riguardo l'Ente si riservava di produrre,
 nella sede di merito, mezzi  di  prova  allo  scopo  di  dimostrare  la
 conseguita  certezza della non verificabilita' della conditio juris cui
 e' subordinata la istituzione testamentaria di erede prevista dall'art.
 462, ultimo comma, del Codice civile.
     In  difesa  di  Maria  Carolina  Misciattelli,  di Evina Medici del
 Vascello ved. Pallavicini, quale esercente  la  patria  potesta'  sulla
 figlia minore Maria Camilla ed in proprio per i diritti uxori, di Paolo
 Diamilla  Magnelli,  quale  procuratore  della prole nascitura di Maria
 Carolina Misciattelli e della Societa' per    azioni  "Marmorelle",  e'
 stata  presentata  dall'avv.  Aldo  Dedin  una  memoria, nella quale si
 ribadisce la tesi che in materia successoria gli eventi  relativi  alla
 successione  mortis  causa  si  ricollegano retroattivamente al momento
 dell'apertura della successione, onde e' opponibile all'Ente Maremma il
 testamento  olografo  di  Margherita   Misciattelli,   pur   pubblicato
 posteriormente al 15 novembre 1949.
     Si   mette   poi  in  rilievo  che  col  testamento  la  Margherita
 Misciattelli attribuiva meta' del suo patrimonio alla  figlia  Maria  e
 l'altra  meta'  a  tutti  i  nipoti  nati  e  nascituri,  mettendola "a
 moltiplico" tra loro. L'unico nipote nato  era  il  principe  Guglielmo
 Pallavicini,  disperso in azione di guerra nell'anno 1940, per il quale
 nel 1950 intervenne la dichiarazione di morte presunta. Eredi  del  suo
 patrimonio  divennero la figlia, signorina Maria Camilla Pallavicini, e
 la vedova Elena Medici del Vascello per i diritti uxori.
     Alla data del 15 novembre 1949, quindi,  l'eredita'  di  Margherita
 Misciattelli  apparteneva  alla espropriata Maria Carolina Misciattelli
 soltanto per meta', mentre l'altra meta' era di spettanza di  Guglielmo
 Pallavicini  e poi dei suoi eredi. Ne' la situazione patrimoniale della
 Maria Carolina  verrebbe  avvantaggiata  dalla  non  sopravvenienza  di
 figli,  giacche'  nel  suo  testamento la Margherita Misciattelli aveva
 istituito eredi di meta' del suo patrimonio i nipoti nati e  nascituri,
 mettendo tale meta' a moltiplico tra loro.
     La  memoria  conclude  insistendo  nel chiedere la dichiarazione di
 illegittimita' costituzionale del D.  P. R. del 28  dicembre  1952,  n.
 4379.
                         Considerato in diritto:
     La  Corte ritiene fondata la questione, proposta con l'ordinanza in
 esame, della legittimita' costituzionale  del  decreto  del  Presidente
 della   Repubblica   del  28  dicembre  1952,  n.  4379,  emanato,  per
 l'applicazione della legge delega di riforma  agraria  del  21  ottobre
 1950,  n.  841,  per  quanto  attiene  all'espropriazione  subita dalla
 signora Maria Carolina Misciattelli, nei riguardi della quale e'  stata
 sollevata la questione.
     Tale  decreto ed i corrispondenti anteriori piani di espropriazione
 approntati dall'Ente Maremma si basano sul  presupposto  che  tutto  il
 complesso  di  beni rispetto al quale si procedette allo scorporo, gia'
 appartenente alla signora Margherita Pallavicini  vedova  Misciattelli,
 fosse  interamente  passato  in  proprieta' della figlia, signora Maria
 Carolina Misciattelli, quale  unica  erede  ab  intestato  della  madre
 deceduta  il  6  maggio  1937, e che fosse ancora di sua spettanza alla
 data del 15 novembre 1949, alla data cioe' stabilita dall'art. 4  della
 legge  21 ottobre 1950, n. 841, per la determinazione della consistenza
 della proprieta' terriera soggetta a scorporo; cosicche' legittimamente
 sarebbe stato proceduto alla espropriazione nei  di  lei  confronti  in
 riguardo a tutto il complesso terriero suddetto.
     Senonche'  la  situazione reale del patrimonio della Maria Carolina
 Misciattelli apparve diversa quando il 19 maggio 1951 venne  pubblicato
 il testamento olografo, datato 5 maggio 1920,  della signora Margherita
 Misciattelli,  col  quale  aveva  lasciato  alla  figlia, signora Maria
 Carolina,  soltanto  meta'  del  suo  patrimonio, mentre aveva disposto
 dell'altra meta' a favore dei nipoti, figli  nati  e  nascituri,  della
 Maria Carolina, mettendola "a moltiplico" tra loro.
     Ora  risulta  dagli  atti  della causa, ed e' pacifico ormai tra le
 parti, in seguito alle ammissioni fatte dalla difesa dell'Ente  Maremma
 nella   discussione   orale,   che   un   figlio  della  signora  Maria
 Misciattelli,  Guglielmo  Pallavicini,  gia'  nato  al  momento   della
 redazione del testamento suindicato, e per cui era intervenuta prima la
 dichiarazione  di  "disperso" in azione di guerra nel 1940 e poi quella
 di morte presunta, aveva lasciato superstiti la figlia, signorina Maria
 Camilla Pallavicini, e la moglie Elvina Medici del Vascello, le  quali,
 in seguito a quest'ultima dichiarazione, acquistarono anche formalmente
 la  qualita'  di  beneficiarie  del  di  lui patrimonio, e che a questo
 titolo si costituirono nel giudizio avanti la Corte d'appello e,  dopo,
 avanti questa Corte.
     Quindi,  in base al testamento datato 5 maggio 1920 e pubblicato il
 19 maggio 1951, la signora Maria Carolina Misciattelli,  che  pur  alla
 data  del 15 novembre 1949 figurava proprietaria dell'intero patrimonio
 della madre, non lo  era,  in  effetti,  che  soltanto  per  la  meta',
 appartenendo  l'altra  meta'  al Guglielmo Pallavicini prima e poi alla
 signorina Maria Camilla Pallavicini e per i diritti uxori  alla  vedova
 Elvina   Medici   del  Vascello,  oltre  agli  eventuali  nipoti  della
 testatrice nascituri.
     Non occorre qui occuparsi dei nascituri, giacche' in ogni  caso  la
 mancata sopravvenienza di ulteriori nipoti gioverebbe, stante la natura
 congiuntiva   della   chiamata  ereditaria,  agli  eredi  di  Guglielmo
 Pallavicini.
     E certo, comunque, che, in base al testamento, alla  signora  Maria
 Carolina  Misciattelli  non  apparteneva alla data del 15 novembre 1949
 tutto il patrimonio ereditario della madre.
     Onde, stando al principio costantemente applicato da questa  Corte,
 che  deve  prendersi  a  base  del  procedimento  di  espropriazione la
 consistenza reale ed effettiva della proprieta' terriera alla data  del
 15  novembre  1949,  e  che  nel contrasto tra intestazioni catastali e
 giuridica prova del diritto di proprieta', quest'ultima deve  prevalere
 come  decisiva,  deve  considerarsi  costituzionalmente illegittimo per
 eccesso nell'esecuzione della delega il decreto legislativo  impugnato,
 in  quanto  ha  espropriato nei confronti della erede apparente signora
 Maria Carolina Misciattelli, dei beni, che, in base al testamento della
 di  lei  madre  Margherita   Misciattelli,   spettavano   a   Guglielmo
 Pallavicini,  e che, dopo la dichiarazione della di lui morte presunta,
 sono passati in proprieta' alla figlia Maria Camilla  Pallavicini,  con
 l'usufrutto  uxorio  della  madre di questa, salvo la sopravvenienza di
 altri figli della Maria Carolina.
     La  difesa  dell'Ente  Maremma,  nelle  sue  deduzioni,  aveva   in
 contrario  addotto  che il testamento della Margherita Misciattelli non
 e' opponibile ad esso Ente perche' fu pubblicato posteriormente  al  15
 novembre 1949 e conseguentemente accettato dopo tale data.
     Ma  l'assunto  e'  infondato,  giacche'  gli  eventi  relativi alla
 successione ereditaria, e quindi anche l'accettazione dell'eredita', si
 riconnettono con efficacia retroattiva al momento  dell'apertura  della
 successione.
     Il  verificarsi,  come  nel  caso in esame, di una condizione della
 chiamata ereditaria, sia pur posteriormente alla data del  15  novembre
 1949,  retroagisce  i  suoi  effetti  al  momento  dell'apertura  della
 successione,  conformemente  al  principio  dal  punto  di  vista  piu'
 generale  gia'  affermato  da  questa  Corte e ribadito da ultimo nella
 sentenza n.   25 del 12 maggio  1961,  "secondo  il  quale  l'efficacia
 riconosciuta  dalla  legge  comune  a  eventi  o  atti successivi al 15
 novembre  1949,  o  collegati  a  situazioni  in  via   di   formazione
 anteriormente  a  tale data, non trova ostacolo nella norma dell'art. 4
 della cosidetta legge stralcio".
     Il  testamento  della   signora   Margherita   Pallavicini   vedova
 Misciattelli,  la  cui  eredita'  si  apri' col suo decesso il 6 maggio
 1937, e', quindi, opponibile all'Ente Maremma, e  pertanto  illegittimo
 deve  considerarsi  il  decreto  legislativo che sottopose ad esproprio
 terreni che, in base a tale testamento, non appartenevano alla  signora
 Maria Carolina Misciattelli.