SENTENZA
     nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 38 delle
 disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, promosso con
 ordinanza emessa il 9 maggio 1969 dal giudice conciliatore  di  Mortara
 nel  procedimento  civile  vertente  tra Mezzasalma Emilia e Santamaria
 Luigi, iscritta al n. 41 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970.
     Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del   Consiglio   dei
 ministri;
     udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1972 il Giudice relatore
 Michele Fragali;
     udito  il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti,
 per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     1.  -  Il  Conciliatore  di  Mortara  ha  sollevato  questione   di
 legittimita'   costituzionale   dell'art.   38  delle  disposizioni  di
 attuazione del codice di procedura civile, in riferimento specifico  al
 d.P.R.  25  giugno  1953,  n. 492, e successive modifiche, per cio' che
 riguarda  l'imposta  di  bollo  sugli  atti  giudiziari,   nonche'   in
 riferimento  al  r.d.  10  marzo  1910,  n.  149,  relativo ai depositi
 giudiziari in valori bollati ed in danaro,  ed  altresi'  in  relazione
 alle norme sui diritti di cancelleria di cui alla tabella D della legge
 14  marzo  1968,  n. 157. La disposizione denunziata e' impugnata nella
 parte in cui prescrive  che  la  costituzione  in  giudizio  obbliga  a
 consegnare  al  cancelliere  la  carta  bollata  per lo svolgimento del
 procedimento ed una somma per spese di cancelleria.
     Il giudice a quo ha rilevato che la giustizia e'  l'estrinsecazione
 di  una  delle  funzioni  fondamentali  dello  Stato,  che  deve essere
 totalmente libera da ogni gravame fiscale ed a carico  esclusivo  dello
 Stato.  Gli  oneri fiscali processuali ledono gli artt. 2, 3 e 24 della
 Costituzione.
     E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio, il quale ha osservato
 che la Costituzione non ha disposto l'eliminazione generale  di  quegli
 oneri,  ma  vuole  che  i  non  abbienti  siano  posti in condizione di
 sopportarli; gli oneri, se mai, non possono essere  di  tal  misura  da
 rendere    praticamente    impossibile    il    ricorso   alla   tutela
 giurisdizionale.  Vengono  richiamate  la  conforme  giurisprudenza  di
 questa Corte e le leggi sul gratuito patrocinio.
     2.  -  All'udienza  del 12 gennaio 1972 l'Avvocatura dello Stato ha
 confermato le conclusioni prese con l'atto d'intervento.
                         Considerato in diritto:
     Il  giudice  a  quo  ripropone,  con  riferimento  ad  una  diversa
 disposizione, questioni gia' decise.
     Fin  dalla  sua  sentenza  13  marzo  1964,  n. 30, la Corte ebbe a
 respingere la tesi secondo cui l'interesse generale all'esercizio della
 funzione giudiziaria crea la necessita' del suo svolgimento senza oneri
 fiscali per le parti; e nella successiva sentenza 15  giugno  1967,  n.
 93,  ha  pure  negato  che quell'interesse imponga di liberare le parti
 dall'onere di anticipazione delle spese.
     Non v'e' dubbio  che  la  giustizia  e'  l'estrinsecazione  di  una
 funzione  fondamentale dello Stato; ma cio' non porta a ravvisare nella
 Costituzione l'esistenza di una garanzia di gratuita' nella  protezione
 giudiziaria  civile o penale. La Corte deve ribadire che il terzo comma
 dell'art. 24 della Costituzione, con il fare obbligo di  assicurare  ai
 non  abbienti  i  mezzi  per  agire e per difendersi in giudizio, muove
 ovviamente dal presupposto che sia legittimo imporre oneri patrimoniali
 a carico di coloro nei  cui  riguardi  e'  esercitata  un'attivita'  di
 giustizia.  Di  cio'  deve  tenersi  conto  quando  si  sostiene che la
 funzione giudiziaria  deve  essere  a  carico  esclusivo  dello  Stato;
 cosicche'  le  leggi  ordinarie,  quando  gravano di oneri patrimoniali
 coloro che agiscono o resistono nel processo, non  ledono  norme  della
 Costituzione.
     Il  giudice  a  quo  ritiene che il principio della gratuita' della
 funzione giudiziaria e' implicito nell'ordinamento  costituzionale;  ma
 non  puo'  esistere  tale  principio  se  l'ordinamento stesso contiene
 l'altra regola che garantisce ai non abbienti i  mezzi  per  la  difesa
 giudiziaria, e che quindi permette di sollevare dalla spesa processuale
 soltanto alcuni di coloro che richiedono la protezione del giudice, non
 tutti.   Contrariamente percio' a quanto afferma l'ordinanza, gli oneri
 patrimoniali che condizionano l'azione e la difesa giudiziaria non sono
 ostacoli  che  limitano  di  fatto  la  liberta'  e  l'eguaglianza  dei
 cittadini; quegli ostacoli che l'art. 3 della Costituzione vuole che si
 eliminano.  Impedimenti  del  genere non esistono nel processo, perche'
 l'ordinamento appresta  il  rimedio  del  gratuito  patrocinio  ai  non
 abbienti;  i  quali,  com'e' noto, non sono i poveri, ma coloro che non
 sono in grado di sopportare il costo  di  un  processo.  Possono  anche
 muoversi  critiche  al  funzionamento  di  tale  rimedio; ma il modo di
 attuazione di una norma o di un gruppo di  norme  non  e'  di  per  se'
 indice  di  un  contrasto  con  la  Costituzione  (v. a tal riguardo la
 predetta sentenza 15 giugno 1967, n. 93).