ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei  giudizi  riuniti  di  legittimita' costituzionale dell'art. 22
 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (assicurazione obbligatoria  della
 responsabilita'  civile  derivante  dalla  circolazione  dei  veicoli a
 motore e dei natanti), promossi con le seguenti ordinanze:
     1) ordinanza emessa il 24 giugno 1971 dal giudice  conciliatore  di
 Napoli  nel procedimento civile vertente tra Esposito Matilde e Minucci
 Armando, iscritta al n. 267 del registro ordinanze  1971  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 15 settembre 1971;
     2)  ordinanza  emessa  il 22 febbraio 1972 dal pretore di Trani nel
 procedimento civile vertente tra Piliero Maria  e  Amoruso  Maria,  con
 l'intervento  della  Compagnia  Zurigo di assicurazione, iscritta al n.
 217 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 187 del 19 luglio 1972;
     3)  ordinanza  emessa  il  5  giugno  1972  dal pretore di Lodi nel
 procedimento penale a carico di Malguzzi Antonio, iscritta  al  n.  316
 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 279 del 25 ottobre 1972.
     Visti  gli  atti  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri e di costituzione della Compagnia Zurigo di assicurazione;
     udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1973 il Giudice relatore
 Giulio Gionfrida;
     uditi gli avvocati Giuseppe Fanelli e Gian Antonio Micheli, per  la
 Compagnia  Zurigo  di  assicurazione, ed il sostituto avvocato generale
 dello  Stato  Renato  Carafa,  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri.
                           Ritenuto In fatto:
     1.  - In un giudizio innanzi al conciliatore di Napoli, promosso da
 Matilde Esposito contro Armando Minucci per il risarcimento,  ex  artt.
 2043  e  2048  cod. civ., di danni di un suo autoveicolo in conseguenza
 dell'urto con una bicicletta montata da un  figlio  del  convenuto,  il
 conciliatore,    essendo    stata    proposta   dal   Minucci   domanda
 riconvenzionale per il danneggiamento della bicicletta  ed  essendosene
 dall'attrice  eccepita  la improponibilita' ai sensi dell'art. 22 della
 legge 24 dicembre 1969, n. 990,  ha,  con  ordinanza  24  giugno  1971,
 sollevato questione di legittimita' costituzionale di questa norma.
     Nell'ordinanza  di  rimessione  si rileva che il detto art.  22, in
 quanto statuisce che l'azione per  il  risarcimento  di  danni  causati
 dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, per i quali vi e' obbligo
 di  assicurazione,  puo'  essere  proposta  solo dopo che siano decorsi
 sessanta giorni da quello  in  cui  il  danneggiato  abbia  chiesto  il
 risarcimento  del  danno  all'assicuratore,  distingue gli utenti della
 strada in due categorie, l'una formata da coloro  che  sono  muniti  di
 polizza  di  assicurazione  e  l'altra  composta dai non assicurati: la
 prima  privilegiata  rispetto  alla  seconda;  che  la  disparita'   di
 trattamento,   la   quale   non   ha   ragionevole  fondamento,  appare
 particolarmente ingiustificata nell'ipotesi, ricorrente  nella  specie,
 di  collisione  di  veicoli  dalla  quale siano derivati danni tanto al
 soggetto tenuto all'assicurazione  obbligatoria  quanto  all'altro  non
 tenuto,  giacche',  mentre il primo puo' agire immediatamente contro il
 secondo, questi, per il menzionato disposto dell'art. 22, non  potrebbe
 fare  altrettanto  nei  confronti  del  primo;  e,  se  convenuto, vede
 compresso   il   suo   diritto   alla   difesa   con   l'eccezione   di
 improponibilita' della domanda riconvenzionale.
     Si osserva ancora nell'ordinanza che, nella ipotesi di procedimento
 penale  a  carico del conducente del veicolo assicurato, il danneggiato
 sarebbe, per il periodo  di  sessanta  giorni  previsto  dall'art.  22,
 sfornito  di  ogni  tutela e non potrebbe costituirsi parte civile, con
 possibile pregiudizio del proprio diritto  al  risarcimento  del  danno
 anche in dipendenza di un giudicato penale favorevole all'imputato.
     Per  queste  ragioni, nell'ordinanza si denuncia il contrasto della
 norma dell'art. 22  della  legge  con  gli  artt.  3,  24  e  25  della
 Costituzione.
     La  questione  di legittimita' costituzionale della norma dell'art.
 22 e' stata anche sollevata dal pretore di Trani con ordinanza  del  22
 febbraio  1972  in  un  giudizio promosso da Maria Piliero contro Maria
 Amoruso per il  risarcimento  dei  danni  da  questa  arrecati  ad  una
 autovettura della prima in conseguenza di errata manovra di autoveicolo
 della   convenuta   e   da   lei   condotta.  La  Compagnia  Zurigo  di
 assicurazione, istituto assicuratore del  veicolo  della  Amoruso,  era
 intervenuta volontariamente ed aveva eccepito la improponibilita' della
 domanda per mancato decorso del termine previsto dalla norma su citata.
 Avendo   il   procuratore   dell'attrice   dedotto   la  illegittimita'
 costituzionale di tale norma, il pretore ha ritenuto non manifestamente
 infondata la questione, sia con riguardo all'art. 3 della Costituzione,
 in  quanto  la  norma  comporta  una   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento,  favorendo il danneggiante in pregiudizio del danneggiato,
 sia  con  riguardo  all'art.    24  della  Costituzione,   perche'   il
 danneggiato  viene  temporaneamente  privato  del  potere  di  agire in
 giudizio per la tutela  del  suo  diritto.  Ne',  secondo  l'ordinanza,
 potrebbe  invocarsi,  per  la questione de qua, la giurisprudenza della
 Corte costituzionale che  ha  riconosciuti  legittimi  taluni  casi  di
 subordinazione  della  tutela  giurisdizionale al previo esperimento di
 ricorsi amministrativi, giacche' in  quei  casi  si  tratta  di  azione
 contro  enti pubblici, il cui operato si presume conforme all'interesse
 pubblico, mentre tale presunzione non sussiste rispetto  agli  istituti
 assicuratori,  i  quali hanno carattere privatistico e perseguono scopi
 di lucro.
     Infine, in un procedimento penale a carico di Antonio Malguzzi  per
 lesioni  personali,  con  indebolimento  permanente  dell'organo  della
 fonazione, riportate da Giovanni Albini in conseguenza della collisione
 di un'autovettura da lui guidata con altra condotta dal  primo,  avendo
 l'Albini  -  che  si  era  costituito  parte  civile  -  richiesto  una
 provvisionale di dieci milioni di lire ai sensi  dell'art.    24  della
 legge  n. 990 del 1969 ed essendosi il difensore dell'imputato opposto,
 instando per la declaratoria di inammissibilita' della costituzione  di
 parte  civile  per  mancato  decorso  del termine previsto dall'art. 22
 della legge medesima, il pretore di Lodi, con ordinanza  del  5  giugno
 1972,  ha  sollevato  di  ufficio  la  stessa questione di legittimita'
 costituzionale di tale norma per contrasto con gli artt. 3 e  24  della
 Costituzione,      prospettando      argomentazioni     sostanzialmente
 corrispondenti a quelle enunciate nell'ordinanza  del  conciliatore  di
 Napoli con riguardo ad un ipotetico processo penale contro l'assicurato
 e   concernenti   soprattutto   gli   effetti  pregiudizievoli  per  il
 danneggiato in conseguenza  della  preclusione  della  costituzione  di
 parte  civile  ex art. 93 c.p.p., nel caso di apertura del dibattimento
 prima del decorso del predetto termine di giorni sessanta.
     Le tre ordinanze sono state ritualmente  notificate,  comunicate  e
 pubblicate.
     2. - Dinanzi a questa Corte, nel giudizio promosso dal conciliatore
 di  Napoli, mentre non v'e' stata costituzione di parti, e' intervenuto
 il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  a  mezzo  dell'Avvocatura
 generale  dello  Stato, la quale, con deduzioni depositate il 5 ottobre
 1971, ha osservato che  le  questioni  prospettate  nell'ordinanza  con
 riguardo  ad  un  ipotetico  processo  penale sono estranee rispetto al
 giudizio civile pendente innanzi al conciliatore e irrilevanti  per  la
 definizione  di  esso;  che  il  termine  di  sessanta  giorni  per  il
 promovimento dell'azione di risarcimento del danno ai sensi della norma
 denunciata e' dettato per rendere possibile agli istituti  assicuratori
 di  liquidare  gli  indennizzi  a seguito degli opportuni accertamenti,
 evitandosi l'azione giudiziaria e l'aggravio dei costi di gestione  del
 servizio,  il che e' in armonia con le finalita' sociali perseguite dal
 legislatore  con  l'istituzione  dell'assicurazione  obbligatoria;  che
 l'eventuale  impedimento  alla  proposizione di domanda riconvenzionale
 contro l'assicurato da parte di chi sia convenuto, per il  risarcimento
 dei  danni  da questo subiti, non importa alcun pregiudizio sostanziale
 del suo diritto, ben potendo egli  esercitarlo  in  separato  giudizio.
 L'Avvocatura dello Stato ha quindi concluso per la dichiarazione di non
 fondatezza della questione.
     Nello  stesso  senso  ha  concluso  la  Societa' per azioni Zurigo,
 costituitasi nel giudizio promosso dal pretore di Trani, con  deduzioni
 depositate il 29 luglio 1972, poi ribadite e illustrate con memoria.
     Secondo  la difesa della Zurigo, l'art. 22 della legge in questione
 sarebbe applicabile soltanto all'azione  esperita  innanzi  al  giudice
 civile  in  via  principale,  e  non  a quella riconvenzionale ne' alla
 richiesta di danni  mediante  costituzione  di  parte  civile  in  sede
 penale.  Nell'ambito  della  sua  applicabilita',  la norma non sarebbe
 affatto in  contrasto  ne'  con  l'art.  3  ne'  con  l'art.  24  della
 Costituzione: quanto al primo, perche' al diverso trattamento, rispetto
 all'osservanza   del   termine   di  giorni  sessanta  per  l'esercizio
 dell'azione di danni,  corrisponde  la  diversita'  di  situazioni  per
 l'esistenza,  nell'un caso e non nell'altro, dell'obbligo, a tutela del
 danneggiato,  dell'assicurazione  obbligatoria;  quanto   al   secondo,
 perche'   la   improponibilita'  temporanea  della  domanda  giudiziale
 risponde ad esigenze di interesse sociale, non  dissimili,  secondo  la
 Zurigo,  da  quelle che le pronunce di questa Corte n. 107 del 1963, n.
 57  del  1964  e  n.  130  del  1970,  hanno  ritenute  sufficienti   a
 legittimare,  rispetto  ai  principi costituzionali, il condizionare la
 proponibilita'  della  domanda  giudiziale  al  previo  esperimento  di
 procedimenti  amministrativi  o al decorso di termini per l'esaurimento
 di essi.
     Nel  giudizio  promosso  dal  pretore  di  Lodi  non  vi  e'  stata
 costituzione  di  parti ne' intervento del Presidente del Consiglio dei
 ministri.
                         Considerato in diritto:
     1. - I tre giudizi, discussi congiuntamente alla pubblica  udienza,
 vanno  riuniti  e  decisi  con  unica  sentenza, riferendosi tutti alla
 medesima disposizione di legge e a questioni che,  pur  se  prospettate
 sotto profili parzialmente diversi, sono sostanzialmente identiche.
     2. - L'art. 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, la quale detta
 la  disciplina  sull'assicurazione  obbligatoria  della responsabilita'
 civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti,
 statuisce che l'azione per  il  risarcimento  di  danni  causati  dalla
 circolazione  dei  veicoli  o dei natanti, per i quali vi e' obbligo di
 assicurazione,  puo'  essere  proposta  solo  dopo  che  siano  decorsi
 sessanta  giorni  da  quello  in  cui  il  danneggiato abbia chiesto il
 risarcimento del danno, a mezzo  lettera  raccomandata  con  avviso  di
 ricevimento  all'assicuratore  o,  nelle ipotesi previste dall'art. 19,
 comma primo, lettere a) e b), all'impresa designata a  norma  dell'art.
 20  o all'Istituto nazionale delle assicurazioni, gestione autonoma del
 "Fondo di garanzia per le vittime della strada".
     E' controverso in dottrina e giurisprudenza se questa  prescrizione
 debba  intendersi  dettata soltanto per l'esercizio dell'azione diretta
 nei confronti dell'assicuratore ai sensi dell'art. 18  della  legge,  o
 dell'impresa  designata di cui all'art. 19, ovvero anche per il caso in
 cui il danneggiato intenda  promuovere  l'azione  di  risarcimento  nei
 confronti  del responsabile ai sensi degli artt. 2043 e 2054 del codice
 civile. Non puo' dirsi, anche per il breve tempo  decorso  dall'entrata
 in  vigore  della  legge,  che l'un indirizzo abbia nettamente prevalso
 sull'altro.  E  questa  Corte  ritiene  che  l'esame delle questioni di
 legittimita' costituzionale devoluto al proprio giudizio  debba  essere
 condotto  alla stregua della interpretazione piu' ampia, esplicitamente
 accolta o implicitamente presupposta dalle ordinanze di rimessione.
     3. - Come gia' precisato nella esposizione in fatto  relativa  allo
 svolgimento dei giudizi civili nei quali sono state emesse le ordinanze
 del  conciliatore  di  Napoli  e  del pretore di Trani, il dubbio sulla
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  22  della   legge   e'   stato
 prospettato   con   congiunto   riguardo   agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione, ma, poiche' il  profilo  concernente  la  violazione  del
 principio  di eguaglianza e' strettamente dipendente da quello relativo
 alla tutela giurisdizionale garantita dall'art.  24 della Costituzione,
 l'indagine della Corte va anzitutto accentrata sulla dedotta violazione
 di questo secondo precetto costituzionale.
     4.  -  L'introduzione  nel  nostro  ordinamento  dell'assicurazione
 obbligatoria  di  cui alla legge n.  990 del 1969 e' l'espressione e il
 risultato di un ampio movimento di idee, di  studi  e  di  proposte  di
 legge,  ispirati  dall'esigenza  di garantire il risarcimento del danno
 alle vittime della circolazione stradale, esigenza ritenuta di pubblico
 interesse,  non  solo  in  Italia,  ma  anche  all'estero,  tanto   che
 l'obbligatorieta'   dell'assicurazione   aveva   formato   oggetto   di
 affermazione  di  principio   nella   convenzione   internazionale   di
 Strasburgo del 20 aprile 1959.
     A  base  di  questo  movimento  di  idee e della legge che ne e' la
 realizzazione, sta la constatazione che l'odierno enorme  sviluppo  del
 fenomeno  dell'uso  del  mezzo  motorizzato  di circolazione, mentre si
 risolve in uno strumento  di  progresso  dell'intera  collettivita'  in
 dipendenza dello sviluppo dei traffici, delle conoscenze e dei contatti
 umani,  implica  anche, per la stessa vastita' del fenomeno, un rischio
 immanente di carattere generale. Onde,  la  vera  finalita'  del  nuovo
 sistema  non  sta  nel salvaguardare il patrimonio del responsabile, ma
 piuttosto, attraverso una distribuzione mutualistica del  rischio,  nel
 garantire il risarcimento del danneggiato.
     Per ragioni di ordine economico sociale e tecnico che qui non mette
 conto  di  esporre,  il  legislatore  ha preferito, anzicche' ricorrere
 all'assicurazione   contro   i   danni,   servirsi   dello    strumento
 dell'assicurazione  di  responsabilita' civile, rendendola obbligatoria
 ed apportando alcuni  correttivi  che,  pur  alterandone  in  parte  la
 fisionomia,  valgono  a  garantire  una  piu'  rafforzata  tutela della
 vittima.  Cio'  soprattutto  attribuendole   il   diritto   di   essere
 indennizzata   dall'istituto  assicuratore  mediante  l'azione  diretta
 prevista dall'art. 18 della legge: diritto che, concorrendo con  quello
 verso  il  responsabile  del fatto illecito ex art. 2054 cod. civ., non
 solo pone il  danneggiato  al  riparo  dal  pregiudizio  dell'eventuale
 insolvibilita'  di quest'ultimo, ma ne rafforza anche la protezione con
 la inopponibilita' delle eccezioni inerenti  al  rapporto  contrattuale
 assicurativo  (articolo  18,  secondo  comma) e - con l'istituzione del
 "Fondo di garanzia", mediante l'apporto  di  contributi  delle  imprese
 assicuratrici   di   questo  ramo  particolare,  gestito  dall'Istituto
 nazionale delle assicurazioni - garantisce a tutti i danneggiati almeno
 un minimo di risarcimento nel caso in cui l'impresa che ha stipulato il
 contratto di assicurazione versi in stato  di  dissesto  e  perfino  in
 quello  in  cui  il  veicolo  che  ha  cagionato  il  sinistro  non sia
 identificato o non risulti coperto da assicurazione (art. 19 e segg.).
     In  questa  disciplina  e  con  riguardo  alle  finalita' di ordine
 sociale perseguite, si inquadra, non solo  il  sistema  previsto  dalla
 legge  di  un penetrante controllo sulle imprese assicuratrici da parte
 degli organi dello Stato, per quanto attiene, tra l'altro, alle tariffe
 dei premi e alle condizioni generali di polizza, alla costituzione e al
 calcolo  delle  riserve  tecniche  e  all'assolvimento  degli  obblighi
 connessi   alla   istituzione  del  fondo  di  garanzia,  ma  anche  la
 disposizione dell'art. 22, la quale, col subordinare la  proponibilita'
 dell'azione  del  danneggiato  alla  previa  comunicazione all'istituto
 assicuratore, o agli istituti previsti dall'art. 20, della richiesta di
 risarcimento del danno e al  successivo  decorso  di  sessanta  giorni,
 intende,  come  precisato  nei lavori preparatori della legge, porre le
 imprese e gli istituti predetti in  grado  di  istruire  la  pratica  e
 raccogliere   tutti   gli   elementi   di  valutazione  e  favorire  la
 possibilita' di liquidazione dell'indennizzo  in  via  di  composizione
 stragiudiziale,  evitando una troppo sollecita proposizione di giudizi,
 le cui spese, quando non finissero col gravare, almeno in parte,  sullo
 stesso   danneggiato,  nel  caso  di  eccessivita'  delle  sue  pretese
 risarcitorie, si risolverebbero comunque in un aggravio  del  costo  di
 gestione  delle  imprese,  con  riflessi  pregiudizievoli  per l'intero
 settore del servizio assicurativo.
     Ne' va  trascurato  il  rilievo  che  il  legislatore,  giustamente
 preoccupato  di  garantire  un  eguale  trattamento  a piu' persone che
 fossero danneggiate dal medesimo sinistro, ha nell'art. 27 dettata  una
 particolare disciplina. imponendo all'assicuratore, il quale riceva una
 richiesta   di   risarcimento,   di  esperire  diligenti  indagini  per
 l'accertamento della eventuale esistenza e per  la  identificazione  di
 altri  danneggiati,  al  fine  di  un proporzionale indennizzo entro il
 limite complessivo delle somme assicurate, e di attendere  comunque  il
 decorso  del  termine di trenta giorni dall'incidente. Anche l'onere di
 tali indagini, in relazione al giusto contemperamento  degli  interessi
 dei  danneggiati  da  un  medesimo  sinistro,  concorre  con  le  altre
 considerazioni sopra esposte, sotto il profilo della ragionevolezza,  a
 giustificare  una  norma che, come quella denunciata dell'art. 22, mira
 ad evitare che l'immediato esercizio dell'azione giudiziaria si risolva
 in pregiudizio di preminenti esigenze di interesse sociale.
     Soccorrono qui puntualmente le considerazioni gia' svolte,  proprio
 con  riguardo  all'asserita violazione dell'art. 24 della Costituzione,
 in altre decisioni di questa Corte richiamate dalla difesa  della  Soc.
 Zurigo,  nelle  quali si e' affermato che la tutela giurisdizionale "e'
 garantita sempre dalla Costituzione, ma non nel senso  che  si  imponga
 una  sua  relazione  di  immediatezza con il sorgere del diritto" e che
 sono  costituzionalmente  legittime  le  disposizioni  di   legge   che
 impongono  oneri  diretti ad evitare l'abuso o l'eccesso nell'esercizio
 del diritto "o a salvaguardare interessi generali che con tale  diritto
 sostanziale  non  contrastano"  (v.,  in ultimo, le sentenze n. 130 del
 1970 e n. 57 del 1972). Queste affermazioni di principio,  pur  essendo
 state  fatte  nelle  prime  decisioni  della  Corte  con  riguardo alla
 subordinazione della tutela giurisdizionale al  previo  esperimento  di
 procedimenti   amministrativi,   non   hanno   esclusivo   riguardo   a
 procedimenti del genere, ne' si fondano, contrariamente all'assunto del
 pretore di Trani,  su  ragioni  strettamente  dipendenti  dalla  natura
 pubblica  degli  enti,  ma,  come chiaramente si desume dalle decisioni
 piu' recenti sopra richiamate, hanno ampia portata, tale da comprendere
 ipotesi  come quella ia' esame, in cui la limitata remora all'esercizio
 dell'azione di  risarcimento  del  danno  si  inquadra  in  un  sistema
 legislativo  ispirato da finalita' di preminente interesse sociale e si
 risolve anche in una piu sicura  ed  efficace  protezione  del  diritto
 dello stesso danneggiato.
     Ne'  puo'  dirsi  che  le ragioni sopra esposte, le quali conducono
 alla esclusione della incostituzionalita' dell'art. 22 della legge  con
 riguardo  all'art.  24  della  Costituzione, non sussistano nel caso di
 esercizio dell'azione risarcitoria contro il responsabile del danno  ex
 art.  2054 cod. civ., al quale, secondo la interpretazione posta a base
 delle ordinanze di rimessione a questa Corte, la predetta norma sarebbe
 pur sempre applicabile. Basta al  riguardo  considerare  che  lo  scopo
 perseguito dalla norma, di rendere possibile, mediante gli accertamenti
 da  parte  della  impresa assicuratrice, la composizione stragiudiziale
 sulla pretesa del danneggiato, evitandosi che il costo di gestione  del
 servizio assicurativo subisca l'aggravio di spese giudiziali superflue,
 sarebbe  frustrato  se  il danneggiato potesse liberamente convenire in
 giudizio il responsabile, posto che questi potrebbe chiamare senz'altro
 in causa l'assicuratore ex art. 1917, ultimo comma, del codice civile.
     5. - La illegittimita' costituzionale dell'art. 22 della  legge  n.
 990  del 1969 e' prospettata dal pretore di Trani e dal conciliatore di
 Napoli  anche   in   riferimento   all'art.   3   della   Costituzione,
 esclusivamente sotto i profili che qui di seguito si espongono.
     Secondo  il  pretore,  la  disparita'  di trattamento consisterebbe
 "nell'assoggettamento del danneggiato al rispetto del termine per agire
 in giudizio, favorendo il danneggiante"; secondo il conciliatore  -  il
 quale  era  chiamato  a  conoscere,  in  seguito  a  collisione  di  un
 autoveicolo con una bicicletta, dell'azione  di  risarcimento  promossa
 dal  soggetto  coperto  dall'assicurazione  e della riconvenzionale del
 convenuto,  la  cui  proponibilita'  era  contestata  per  difetto  dei
 presupposti   previsti   dall'art.   22   -   la  norma  creerebbe  una
 ingiustificata disparita' di trattamento tra gli  utenti  della  strada
 coperti  dall'assicurazione  prevista  dalla legge e quelli non coperti
 dall'assicurazione: i primi privilegiati rispetto ai secondi,  perche',
 pur  potendo senza alcuna remora agire contro questi ultimi per i danni
 subiti, sono posti temporaneamente al riparo rispetto  alle  azioni  in
 dipendenza del danno che essi stessi hanno prodotto.
     Ora,  mentre  e'  ovvio che la disciplina che attiene all'esercizio
 dell'azione del danneggiato non puo' logicamente essere  dettata  anche
 nei  confronti  del  danneggiante,  il  quale,  non essendo a sua volta
 danneggiato, non abbia alcuna azione di  danni  da  esperire,  onde  il
 richiamo  del  principio  di  uguaglianza  nella  prospettazione  della
 questione contenuta nell'ordinanza del pretore di  Trani  e'  privo  di
 qualsiasi   fondamento,   la   disparita'  di  trattamento  prospettata
 nell'ordinanza del conciliatore trova  razionale  giustificazione,  con
 riguardo  alle  considerazioni  che  sono  state esposte sul fondamento
 dell'art.  22  della  legge,  nella  diversita'  obiettiva  delle   due
 situazioni,  in  una  delle  quali,  e  non  nell'altra, e' operante la
 disciplina dell'assicurazione obbligatoria.
     6. - L'ordinanza del conciliatore di Napoli, con riguardo specifico
 al caso di cui si occupava, ravvisa anche nella improponibilita'  della
 domanda   riconvenzionale   di  risarcimento  del  danno,  per  mancata
 osservanza  dell'art.  22  della  legge,   un   ulteriore   motivo   di
 illegittimita'  costituzionale della norma denunciata, rilevando che il
 convenuto "vede compresso il suo diritto alla difesa", ed aggiunge che,
 a  parte  il  fatto che la domanda riconvenzionale deve essere proposta
 nella prima udienza di trattazione, il  giudizio  potrebbe  rapidamente
 esaurirsi, prima del decorso del termine previsto dalla norma predetta,
 "senza  che  il  convenuto abbia potuto formulare per intero le proprie
 difese".
     La difesa della soc. Zurigo, che  pur  aveva  nel  giudizio  a  quo
 eccepito  la improponibilita' dell'azione riconvenzionale, sostiene ora
 la inapplicabilita', in tal caso, del disposto dell'art. 22,  il  quale
 dovrebbe  intendersi limitato a regolare la proposizione dell'azione di
 risarcimento con riguardo  ai  casi  in  cui  essa  sarebbe  altrimenti
 lasciata  alla  libera scelta e quindi alla libera determinazione anche
 del momento in cui promuoverla, non avendo il  congegno  alcuna  ragion
 d'essere  se  lo stesso legislatore fissa, con altra norma particolare,
 il momento in cui la pretesa risarcitoria deve essere fatta  valere  in
 giudizio.
     Tale  interpretazione,  che  contrasta  con  quella  implicitamente
 presupposta dall'ordinanza del conciliatore, non  puo'  dirsi  tuttavia
 pacifica,  ne'  appare  sufficientemente  sorretta  dalle ragioni sopra
 enunciate,  giacche',  come  rileva  l'Avvocatura   dello   Stato,   il
 legislatore  non impone al convenuto, il quale intenda far valere delle
 pretese contro l'attore  in  dipendenza  dal  titolo  gia'  dedotto  in
 giudizio,  di  proporle  in via riconvenzionale, ma lo lascia libero di
 agire in  separato  giudizio,  salva  l'applicazione  -  ove  si  renda
 possibile   il   simultaneus   processus   -   della  disciplina  della
 connessione, dettata per criteri relativi di economia processuale.
     Ne' e' decisivo il rilievo che, una volta che lo stesso  assicurato
 abbia  instaurato  il  giudizio  per  il  risarcimento dei danni da lui
 subiti per effetto della collisione, non sussisterebbero piu', riguardo
 alla proponibilita' dell'azione riconvenzionale di  danni,  le  ragioni
 che  giustificano la norma dell'art. 22 della legge. Potrebbe, infatti,
 obiettarsi, da un lato, che la legge non prescrive rispetto alle azioni
 promosse dall'assicurato un litisconsorzio attivo  con  l'assicuratore,
 cosicche',   potendosi   la   partecipazione   di  questo  al  giudizio
 determinare  solo   per   effetto   della   proposizione   di   domanda
 riconvenzionale  e  della  chiamata  in  causa  ex art. 1917 cod. civ.,
 potrebbe permanere' l'interesse ad evitare  l'aggravio  del  costo  del
 servizio  assicurativo  mediante  composizione stragiudiziale in ordine
 alla  pretesa  del  convenuto,  anche  se  il  raggiungimento  di  tale
 obiettivo puo' apparire meno probabile per le implicazioni col problema
 di    responsabilita'    gia'    coinvolto    nel   giudizio   promosso
 dall'assicurato;   e,   dall'altro,   che   la   proponibilita'   della
 riconvenzionale  indipendentemente  dall'osservanza  dell'art. 22 della
 legge potrebbe risolversi, con la chiamata in causa dell'assicuratore e
 la  sua  condanna,  in  un  ostacolo   a   quegli   accertamenti   (non
 necessariamente   gia'   coinvolti  nel  giudizio,  dato  il  carattere
 dispositivo, e non ufficioso, di questo) che  sono  previsti  dall'art.
 27  per  il  proporzionale parziale soddisfacimento dei danneggiati dal
 medesimo sinistro.
     Tuttavia,  pur  presupposta,  in  conformita'   dell'ordinanza   di
 rimessione,  l'interpretazione della norma dell'art. 22 nel senso della
 sua   applicabilita'   all'azione   riconvenzionale,   il   dubbio   di
 legittimita'  costituzionale  come  sopra  prospettato  non e' fondato,
 perche', come innanzi si e' detto, il diritto del convenuto di ottenere
 dall'attore  il risarcimento dei danni provocatigli non e' condizionato
 alla proposizione dell'azione in  via  riconvenzionale  e  puo'  essere
 esercitato in separato giudizio; ne' e' giuridicamente esatto l'assunto
 contenuto    nell'ordinanza   che   la   improponibilita'   dell'azione
 riconvenzionale incida  sulla  possibilita'  di  difesa  da  parte  del
 convenuto,  ben  potendo  egli  invece,  secondo  le  ordinarie  regole
 processuali, proporre eccezioni e avvalersi dei normali mezzi di  prova
 e di difesa al fine di ottenere il rigetto della domanda dell'attore.
     Le  questioni  sollevate  con  riguardo  al  giudizio  civile vanno
 pertanto dichiarate non fondate.
     7. - Con l'ordinanza del pretore di Lodi, chiamato a decidere,  nel
 giudizio  penale  per  lesioni  a  carico  del  conducente  del veicolo
 assicurato, sulla opposizione alla costituzione  di  parte  civile  del
 danneggiato per mancata osservanza delle prescrizioni dettate dall'art.
 22  della  legge  predetta, la questione di legittimita' costituzionale
 della norma e' sollevata, sempre con riguardo agli artt. 3 e  24  della
 Costituzione,   sotto   il   profilo  del  pregiudizio  per  la  tutela
 giurisdizionale  del  danneggiato,  il   quale,   per   la   temporanea
 improponibilita'  della  costituzione  di  parte  civile,  non potrebbe
 esercitare i relativi poteri processuali e, nel caso  di  pronuncia  di
 sentenza  di  assoluzione  dell'imputato con una delle formule indicate
 nell'art.  25 c.p.p., vedrebbe perfino precluso  anche  l'esercizio  in
 sede civile dell'azione per il risarcimento del danno patito.
     Questa  Corte  ritiene  che la corretta interpretazione della legge
 deve  indurre  ad  escludere  che  la   disposizione   denunciata   sia
 applicabile  all'esercizio  dell'azione  civile  nel  processo  penale.
 Questa e' retta da norme divergenti in piu' punti  da  quelle  relative
 all'esercizio  nel  processo  civile e, se il legislatore avesse inteso
 estendere ad essa la prescrizione dell'art. 22, non avrebbe mancato  di
 farlo  risultare  in  modo  espresso, cosi' come ha fatto, per cio' che
 attiene all'istituto  della  provvisionale,  nell'art.  24,  contenente
 esplicito riferimento tanto al giudizio civile che a quello penale: ne'
 tra  questo  particolare  istituto  e  la cosiddetta temporanea vacatio
 actionis  di  cui  all'art.  22  v'e'  un  legame   di   dipendenza   o
 correlazione,  in  modo  da potersi dire che dalla esplicita previsione
 dell'applicabilita' del primo nel caso di azione civile esercitata  nel
 processo  penale  si  desuma  la  corrispondente  estensione dell'altra
 norma. E' vero, piuttosto, il contrario.
     Questa interpretazione e' sorretta, oltre che dalla  lettera  della
 norma  in  questione,  dalla ratio innanzi esposta, giacche', mentre la
 preoccupazione di evitare con la costituzione di  parte  civile  contro
 l'imputato  e  la citazione dell'assicuratore ex art. 107 c.p.p., quale
 nuova figura di responsabile civile, che tale esercizio dell'azione  di
 risarcimento del danno si risolva in un possibile aggravio del costo di
 gestione  del  servizio  assicurativo  appare trascurabile di fronte al
 preminente  interesse  pubblico  inerente  all'accertamento  del  fatto
 costituente  reato  e  della responsabilita' dell'imputato, al che puo'
 validamente  concorrere  anche  l'esercizio  dei   poteri   processuali
 concessi  alla  parte  civile, la officialita' del processo penale e il
 principio della liberta' del giudice nella ricerca e  nell'acquisizione
 delle  prove  valgono  ad  assicurare  l'accertamento,  nel  modo  piu'
 completo possibile,  delle  modalita'  del  sinistro  e  qiuindi  della
 eventuale   esistenza   di   altri  danneggiati,  indipendentemente  da
 quell'onere di diligenti indagini da parte dell'assicuratore,  previsto
 dal  sopra  richiamato  art. 27 della legge ai fini della proporzionale
 riduzione degli indennizzi, che concorre a giustificare la disposizione
 dell'art. 22.
     Posto che  questa  norma  deve  intendersi  dettata  con  esclusivo
 riguardo  all'azione di risarcimento del danno in giudizio civile ed e'
 pertanto inapplicabile nell'ipotesi di costituzione di parte civile nel
 giudizio penale, risultano non fondate  le  questioni  di  legittimita'
 costituzionale proposte dal pretore di Lodi in riferimento agli artt. 3
 e   24   della   Costituzione,   col   che   resta   assorbito  l'esame
 dell'ammissibilita'  delle  stesse  questioni  prospettate,  anche   in
 riferimento  all'art. 25 della Costituzione, dal conciliatore di Napoli
 con riguardo a un ipotetico giudizio penale.